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La borsa e la vita Dall'usuraio al banchiere

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«Oggi gli usurai sono onorati e difesi per le loro ricchezze dai signori del secolo, che<br />

dicono: “Sono i nostri ebrei” [cioè coloro che ci prestano del denaro, posti sotto <strong>la</strong><br />

nostra protezione], mentre sono peggiori degli ebrei, dato che questi non prestano ad<br />

usura ai loro fratelli. I nostri usurai sono divenuti gli intimi, i camerieri non solo dei<br />

principi seco<strong>la</strong>ri, ma anche dei pre<strong>la</strong>ti, a cui rendono servigi e prestano denaro perché<br />

inn<strong>al</strong>zino i loro figli ai benefici ecclesiastici. Quanto <strong>al</strong>le figlie, le danno in spose a<br />

cav<strong>al</strong>ieri e nobili, e tutto obbedisce <strong>al</strong> loro denaro. E mentre ai giorni nostri si<br />

disprezzano i poveri, loro sono tenuti in considerazione» 38 . Le parole di Giacomo di<br />

Vitry sono quelle di un predicatore mor<strong>al</strong>ista e pessimista, incline a vedere tutto nero.<br />

Non era però così onorevole né così sicuro fare l’usuraio nel tredicesimo secolo. Ciò<br />

che bisogna scorgere dietro questo quadro a tinte fosche è il fatto che <strong>la</strong> società<br />

cristiana del tempo è ben diversa d<strong>al</strong>l’immagine edificante di cui ci gratificano certi<br />

agiografi moderni del Medioevo.<br />

Al tempo di Francesco d’Assisi e di madonna Povertà, <strong>la</strong> verità è che i poveri sono<br />

disprezzati, e che l’usura può essere un mezzo di inn<strong>al</strong>zamento soci<strong>al</strong>e che lo<br />

spauracchio dell’inferno permette di tenere a freno. Non si cita più <strong>la</strong> ruota del<strong>la</strong><br />

fortuna, che discende e può ris<strong>al</strong>ire, ma <strong>la</strong> sca<strong>la</strong> da cui si precipita irrimediabilmente.<br />

Stefano di Bourbon trae l’esempio da un predicatore del suo tempo: «In una città<br />

giunse un fanciullo assai povero e rognoso, che venne perciò soprannominato “il<br />

rognoso” [le g<strong>al</strong>eux]. Essendo un po’ cresciuto divenne, per guadagnarsi il pane,<br />

garzone di un macel<strong>la</strong>io, ed accumulò una assai picco<strong>la</strong> somma di denaro con <strong>la</strong><br />

qu<strong>al</strong>e si mise a praticare l’usura. Poiché il suo denaro si era moltiplicato, comprò<br />

degli abiti un po’ più dignitosi. Poi stipulò un contratto con un t<strong>al</strong>e, e cominciò,<br />

grazie <strong>al</strong>le usure, a crescere in fama e in ricchezza. Cominciarono a chiamarlo<br />

Martino Ilrognoso [Leg<strong>al</strong>eux], trasformandosi il precedente soprannome in cognome;<br />

poi, divenuto più ricco, fu il signor Martino; e quando fu diventato uno dei più ricchi<br />

del<strong>la</strong> città, messer Martino. Infine, gonfiato d<strong>al</strong>le usure, divenne il primo per<br />

ricchezze, fu chiamato da tutti monsignor Martino e tutti lo riverivano come loro<br />

signore. A meno che egli non ridiscenda i gradini facendo delle restituzioni come li<br />

ha s<strong>al</strong>iti praticando l’usura, improvvisamente, in un istante, sprofonderà nei peggiori<br />

orrori dell’inferno» 39 .<br />

Quest’usuraio cristiano 40 è un peccatore. Di che tipo? L’usura è un furto, dunque<br />

l’usuraio è un <strong>la</strong>dro. In primo luogo, come ogni <strong>la</strong>dro, un <strong>la</strong>dro di proprietà, come<br />

ben dice Tommaso di Chobham: «L’usuraio commette un furto (furtum), o una usura<br />

(usuram), o una rapina (rapinam), poiché egli prende un bene <strong>al</strong>trui (rem <strong>al</strong>ienam)<br />

contro <strong>la</strong> volontà del “proprietario” (invito domino), cioè Dio» 41 . L’usuraio è un<br />

38 Predica ad status numero 58, exemplum 14. (N.d.A.)<br />

39 A. Lecoy de <strong>la</strong> Marche, op. cit., pagina 362. (N.d.A.)<br />

40 Questo usuraio cristiano è chiamato in <strong>la</strong>tino, <strong>la</strong> lingua del<strong>la</strong> maggior parte dei nostri documenti,<br />

usurarius o, con una paro<strong>la</strong> dotta mutuata d<strong>al</strong> <strong>la</strong>tino c<strong>la</strong>ssico dell’antichità e d<strong>al</strong> diritto romano,<br />

fenerator, «colui che presta a interesse», da fenus, “interesse”, vicino a fetus, “frutto del<strong>la</strong><br />

fecondazione”; ma è legittimo, questo prodotto, nel caso del fenus? (N.d.A.)<br />

41 Tommaso di Chobham, op.cit., pagina 509. (N.d.A.)<br />

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