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I tesori nascosti di Impruneta - Il Reporter

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36 Aprile 2009Sara Ghilar<strong>di</strong>culturaARTE CONTEMPORANEA. Bagarre tra Accademia e ExTre per l’aggiu<strong>di</strong>cazione dell’appaltoEx Quarter, una storia infinita<strong>Il</strong> giallo <strong>di</strong> un documento <strong>di</strong> identitàmisteriosamente sparito sta <strong>di</strong>etrola gestione contesa dell’ ex Quarter,il centro per l’arte contemporanea<strong>di</strong> Viale Giannotti. <strong>Il</strong> Quarter <strong>di</strong> Gavinanachiuso dal 2006 e lasciato al degrado,è stato l’oggetto <strong>di</strong> un bando del Comune,per riqualificarlo e rimetterlo in funzione.Una gara alla quale hanno partecipato l’Accademiadelle Belle Arti e l’associazioneExtre Toscana. Ma il progetto presentatodall’Accademia non era stato neanche valutatoa causa della documentazione arrivataincompleta per ben due volte alla commissionegiu<strong>di</strong>cante. Una vicenda complicatada questioni esclusivamente burocratiche: lafotocopia <strong>di</strong> un documento smarrita ha fattoaccantonare un’idea potenzialmente moltointeressante per la città. Un pasticcio, unrompicapo che ha mandato su tutte le furieil presidente dell’Accademia Paolo Targettiche quel documento riven<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> averloconsegnato. Fatto sta che l’aggiu<strong>di</strong>cazionedella gara è andata all’Associazione ExtreToscana che ha già pronto il programma <strong>di</strong>eventi, mostre ed esposizioni .Un esito cheha suscitato malumori per l’esclusione <strong>di</strong>una realtà storica importante come l’Accademia,bisognosa <strong>di</strong> nuovi spazi, che peròha annunciato l’intenzione <strong>di</strong> ricorrere al Tarper andare fino in fondo a questa vicenda.Di come sono andate le cose si era rammaricatoanche il Presidente della CommissioneCultura Dario Nardella. <strong>Il</strong> fatto evidente èche una gara senza almeno due alternativeda prendere in considerazione non è unagara, almeno dal punto <strong>di</strong> vista dei conte-nuti. Per salvare capra e cavoli è intervenutol’Assessorato alla Cultura con la proposta<strong>di</strong> nuovi spazi.“Ancora deve essere tutto aggiu<strong>di</strong>cato”ha messo le mani avanti l’AssessoreGiani “Io spero comunque <strong>di</strong> prevenireeventuali riscorsi al Tar trovando anche perl’Accademia una giusta collocazione per leesigenze <strong>di</strong>dattiche che ha prospettato”. Allostu<strong>di</strong>o c’è infatti la proposta <strong>di</strong> assegnare all’Accademiaun paio <strong>di</strong> pa<strong>di</strong>glioni del Parterre,che ben si adatterebbero allo scopo<strong>di</strong>dattico. Niente gestione in tandem quin<strong>di</strong>,come si era pensato in un primo momento,ma una soluzione che lascerebbe a ciascunoi suoi spazi, trovando una soluzione per ilQuarter senza ulteriori ritar<strong>di</strong>, visto che damarzo la struttura avrebbe dovuto entrarenuovamente in funzione se non ci fosse statol’intoppo <strong>di</strong> una fotocopia.Ex-QuarterLA RECENSIONE. <strong>Il</strong> volume del regista e giornalista Gabriele ParentiLeader e politici, in un libro le istruzioni per l’usoe elezioni amministrative sono vicine, molti can<strong>di</strong>dati sono già inLpista e alle prese con le strategie per un’efficace e, si spera, vincentecampagna elettorale. Questione delicata, con cui gli aspiranti sindacie presidenti dovranno fare i conti, è il fondamentale rapporto con lastampa e i me<strong>di</strong>a in generale. Per quelli un po’ a <strong>di</strong>giuno, can<strong>di</strong>dati enon, viene in soccorso un recentissimo libro e<strong>di</strong>to dall’e<strong>di</strong>tore fiorentinoMauro Pagliai: “Napoleone in sala stampa”, strategie d’immaginenella storia, scritto dal giornalista e regista Rai Gabriele Parenti. <strong>Il</strong> volumetto(pagg. 176, euro 10) ripercorre a gran<strong>di</strong> linee la storia dei gran<strong>di</strong>politici e comunicatori del passato. Scopriamo così che “spin doctor”è il termine coniato dal giornalista americano William Safire nel 1984per definire i consulenti politici che elaborano strategie d’immagine.Nei secoli scorsi molti statisti sono stati anche degli ottimi spin doctorper la capacità <strong>di</strong> rendere popolari alcune scelte politiche, <strong>di</strong> volgerea proprio favore un evento negativo. Giulio Cesare e Napoleone sonostati dei veri maestri in questo campo. Ci sono state poi situazioni incui campagne <strong>di</strong> stampa hanno determinato le scelte politiche o personaggiil cui reale profilo è sublimato nel mito (da Lawrence d’Arabia aChe Guevara). Gabriele Parenti ha realizzato vari programmi per le retinazionali della Rai e per Rai International. Autore <strong>di</strong> documentari e <strong>di</strong>docu-fiction, attualmente coor<strong>di</strong>na i programmi culturali della sede Rai<strong>di</strong> Firenze./Ciro BecchimanziL’avvocato Aldo Fittante rispondeA cura del Prof. Avv. Aldo FittanteSono titolare <strong>di</strong> un’azienda toscana i cui prodotti, interamente realizzatiin Italia, riscuotono un notevole successo. Constatando che nel mercatovengono sempre più spesso offerti prodotti recanti l’etichetta “Made inItaly” la cui realizzazione è però riconducibile al nostro Paese solo in misuraridotta se non nulla, sono a chiederle delucidazioni in or<strong>di</strong>ne alla regolamentazionegiuri<strong>di</strong>ca dell’utilizzo <strong>di</strong> tale marchio.Gentile lettore, il tema che mi richiede <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re è <strong>di</strong> estrema attualità e coinvolgeda vicino l’oggetto del Corso <strong>di</strong> Laurea in Disegno Industriale della Facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong>Firenze nell’ambito del quale sono docente in Diritti d’Autore. <strong>Il</strong> Corso <strong>di</strong> Laurea in DisegnoIndustriale dell’Ateneo fiorentino, istituito con la consapevolezza che Firenze e la Toscanarappresentino l’origine della moda del brand e del design – come da sempre sostenuto dalProf. Massimo Ruffilli e dal Presidente Prof. Vincenzo Legnante – offre un percorso formativocompleto per coloro che vogliano intraprendere la professione <strong>di</strong> designer. In quest’otticail problema della tutela del Made in Italy non può non costituire un focus nell’ambito dellaformazione degli studenti.L’espressione anglosassone “Made in Italy” identifica tra<strong>di</strong>zionalmente il prestigio dellaproduzione artigianale ed industriale italiana, ed un conseguente primato dei nostri prodottinella competizione commerciale internazionale. È chiaro a tutti infatti che l’utilizzazione <strong>di</strong>questo marchio induce nel consumatore una garanzia <strong>di</strong> qualità, creatività, stile e design taleda costituire un valore aggiunto in termini <strong>di</strong> vantaggio concorrenziale delle nostre impresenella competizione globale.È anche vero però che spesso il valore suggestivo che il marchio “Made in Italy” è in grado <strong>di</strong>evocare può prestarsi a forme <strong>di</strong> abuso dannose sia per il consumatore sia, a ben guardare,per le imprese che <strong>di</strong> esso si avvalgono nel pieno rispetto delle regole del gioco.Infatti, riferendomi alla nostra realtà economica, è un dato <strong>di</strong> fatto la tendenza soprattuttodella grande impresa a competere nel mercato globalizzato trasferendo parte della propriaproduzione al <strong>di</strong> fuori del nostro Paese, usufruendo <strong>di</strong> un sensibile vantaggio soprattuttoin termini <strong>di</strong> costo del lavoro. Ne deriva per il consumatore il concreto rischio <strong>di</strong> fareaffidamento sulle qualità che il marchio “Made in Italy” è in grado <strong>di</strong> evocare, acquistandoperò un prodotto nel quale il contributo apportato in termini <strong>di</strong> realizzazione dal nostro Paeseè davvero modesto.In controtendenza invece le piccole e me<strong>di</strong>e imprese italiane che, non <strong>di</strong>sponendo dellastessa facilità <strong>di</strong> reperire risorse, non sono in grado con la stessa facilità <strong>di</strong> esternalizzarela propria produzione e, dovendo sopportare costi produttivi più elevati, si trovano in unasituazione concorrenzialmente svantaggiata.Facile comprendere le ragioni per le quali da un lato le gran<strong>di</strong> imprese hanno interesse a cheprevalga una regolamentazione giuri<strong>di</strong>ca dell’uso del marchio “Made in Italy” meno restrittivae, viceversa, le piccole e me<strong>di</strong>e imprese sono favorevoli ad una <strong>di</strong>sciplina maggiormenterigorosa.Un problema a ben guardare <strong>di</strong> politica economica prima ancora che strettamente giuri<strong>di</strong>co.Sotto quest’ultimo profilo mi preme comunque segnalare che l’intervento recente maggiormenterilevante in materia si è avuto con la finanziaria del 2003, quando il nostro Legislatoreha deciso <strong>di</strong> rendere maggiormente incisiva la tutela penale del cd. “Made in Italy”. Mo<strong>di</strong>ficandol’art. 517 c.p., concernente la “Ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> prodotti industriali con segni mendaci”, si èprovveduto ad includere nella condotta sanzionata dalla riferita norma penale incriminatriceanche la stampigliatura “Made in Italy” su prodotti e merci non originari del nostro Paesenonché l’uso, anche se accompagnato dalla specificazione dell’origine o della provenienzaestera del prodotto, <strong>di</strong> segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere cheil prodotto o la merce sia <strong>di</strong> origine italiana. Si pensi al caso, tutt’altro che infrequente, in cuinell’etichetta <strong>di</strong> un determinato prodotto non realizzato in Italia, accanto ad una in<strong>di</strong>cazioneinerente la reale origine del medesimo, si accompagni un riquadro recante la <strong>di</strong>citura “Italy” oi colori della ban<strong>di</strong>era italiana.Se l’intervento in questione, ed altri successivi, si mostravano astrattamente idonei ad offrireuna maggiore tutela, nell’applicazione concreta che della norma ha fatto la giurisprudenzane è derivato tuttavia un notevole svuotamento <strong>di</strong> contenuto. Mi riferisco a pronunce, ancherecenti, della Corte <strong>di</strong> Cassazione nelle quali i giu<strong>di</strong>ci italiani hanno mostrato <strong>di</strong> accogliere unorientamento particolarmente restrittivo dell’art. 517 c.p., privilegiando l’accezione <strong>di</strong> “provenienzagiuri<strong>di</strong>ca” rispetto a quella <strong>di</strong> provenienza materiale o geografica del prodotto. Inaltre parole si è ritenuto che relativamente ai prodotti industriali, la cui qualità <strong>di</strong>pende dallaaffidabilità tecnica del produttore, per origine o provenienza del prodotto debba intendersila sua origine impren<strong>di</strong>toriale, cioè la sua fabbricazione da parte <strong>di</strong> un impren<strong>di</strong>tore cheassume la responsabilità giuri<strong>di</strong>ca, economica e tecnica del processo produttivo: ne deriva lapossibilità che l’impren<strong>di</strong>tore affi<strong>di</strong> a terzi l’incarico <strong>di</strong> produrre materialmente un prodottosecondo le linee guida da lui stabilite, per poi apporvi regolarmente il proprio marchio.Di segno opposto tuttavia le recentissime novità che, ancora allo stu<strong>di</strong>o del Parlamento, sican<strong>di</strong>dano a sod<strong>di</strong>sfare le istanze <strong>di</strong> una regolamentazione più rigorosa e restrittiva dell’usodel marchio “Made in Italy”. Inparticolare nell’ambito del <strong>di</strong>segno<strong>di</strong> legge n. 1441 ter (A.S. n. 1195 alSenato) si prevede un interessanteemendamento specificamente de<strong>di</strong>catoalla materia. Si tratta dell’art. 11 bis delriferito A.S. nel quale si specifica cheun prodotto possa essere messo incommercio con la stampigliatura Madein Italy, solo qualora la sua produzionesia avvenuta esclusivamente o principalmente in Italia, e almeno il 70% dei relativi costi<strong>di</strong> manifattura siano imputabili a fasi <strong>di</strong> lavorazione avvenute in Italia. Alla proposta siaccompagna anche la previsione dell’obbligo dei produttori <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care in apposita etichetta,da accompagnare al marchio Made in Italy, la filiera produttiva del manufatto relativamenteal suo ciclo <strong>di</strong> produzione, specificando per ogni fase <strong>di</strong> lavorazione i Paesi che hannocontribuito alla sua realizzazione.Se la mo<strong>di</strong>fica dovesse essere licenziata dal Parlamento, ma allo stato i relativi lavoriparlamentari sono ancora in itinere, ne deriverebbe un notevole rafforzamento in termini<strong>di</strong> garanzia sia dell’affidamento che il consumatore ripone nel marchio “Made in Italy” siadella tutela del medesimo come strumento <strong>di</strong> vantaggio competitivo delle nostre impresesoprattutto piccole e me<strong>di</strong>e – fiore all’occhiello della nostra economia – nell’agone delmercato globale.Per contattare il Legale:Posta elettronica: fittante@fol.itTelefono: 055 2337651 • fax 055 2306552Prof. Avv. Aldo FittanteSTUDIO LEGALE FITTANTEVIA MICHELE DI LANDO, 6TEL. +39 055 2337651FAX +39 055 2306552E.MAIL: FITTANTE@FOL.ITWWW.STUDIOLEGALEFITTANTE.IT

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