18 Aprile 2009amarcordUSI E COSTUMI. Sono poche le botteghe artigianali sopravvissute al tempo che passaC’erano una volta gli antichi mestieriGiu<strong>di</strong>tta Boetiuna volta il ciabattino,c’era unavolta l’arrotino, c’eraC’erauna volta il civaiolo.C’erano una volta antichi mestieried oggi non ci sono più, o quasi.Anche se ancora, a fatica, in qualcheangolo della città rimane traccia delnostro passato, <strong>di</strong> quei lavori manualiche senza l’ausilio dell’elettronica edella tecnologia premiavano ingegnoe sudore. Oggi, il mestiere del ciabattinonon è considerato attuale eppure,Firenze <strong>di</strong> botteghe umide, dovei ciabattini insegnavano ai garzonia torcere lo spago a suon <strong>di</strong> scap-L’INTERVISTAStefano Poggesi, titolareVia Taddea,60 anni <strong>di</strong> civaieQuando nasce la vostraattività?“<strong>Il</strong> nostro Civaiolo nasce in viaTaddea nel settembre del 1948grazie ai mie genitori. Sessant’annifa mio babbo Alfredo Poggesie mia mamma Dina, iniziaronol’attività con la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> fieno ebiada per i cavalli delle carrozze.Erano gli stessi fiaccherai a venirein bottega a comprare <strong>di</strong>eci, ventichili <strong>di</strong> avena. In negozio si vendevanoanche scal<strong>di</strong>ni con la bracedentro, trabiccoli, preti, lumi adolio, tegami e pentole <strong>di</strong> coccio,fagioli e ceci. Poi, negli anni successivi,l’attività fu incrementatacon sempre con più articoli”.Cos’è cambiato oggi inbottega?Oggi la bottega, che continua adessere a conduzione familiare,vanta un vastissimo assortimento<strong>di</strong> civaie fra cui i famosi e ricercatifagioli <strong>di</strong> Sorana e gli zolfinidel Valdarno, spezie da tutto ilmondo, erbe aromatiche della Jamaicae peperoncini piccanti chearrivano dalla Nuova Guinea. Maanche baccalà, aringhe e lampa<strong>di</strong>ne!Ciò che è davvero cambiatoè che non ci sono più i pischelliche organizzano gli scherzi <strong>di</strong> unavolta… Mio babbo mi raccontavache i ragazzini venivano in bottegaa comprare “la terra dell’ombradel Campanile <strong>di</strong> mezzogiorno” elui <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> averla terminata e <strong>di</strong>possedere solo quella <strong>di</strong> un quartoal tocco! Oggi, queste scene allaUgo Tognazzi nel film “Amicimiei” non esistono più, ma cisono i flash dei turisti che incuriositiimmortalano nei loro scattila nostra bottega, squarcio <strong>di</strong> unaFirenze immutata. Mi piacerebbeche i miei figli continuassero aportare avanti l’attività del nostroCivaiolo, per conservarne l’identitàstorica e la tra<strong>di</strong>zione. Ma ancorasono dei bambini. Un domani sivedrà!”./G.B.Donne, è arrivatol’arrotino!Arrota coltelli,forbici, forbicine:chi non se nericorda?pellotti, ne ha avute. Ma non solo,figure come l’impagliatore <strong>di</strong> se<strong>di</strong>e,l’ombrellaio, il restauratore, l’orologiaiosono sempre più rare. Mestieriaffascinanti in via <strong>di</strong> estinzione, travoltidall’incalzare del tempo, spesso<strong>di</strong>menticati salvo ricordarceneall’improvviso, quando scatta quellaparticolare esigenza che solo alcunispecialisti sono in grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare.Come non menzionare l’arrotino chepassava in tutte le strade con il suotrabiccolo che spesso consisteva inuna bicicletta mo<strong>di</strong>ficata trasformatain mezzo <strong>di</strong> lavoro con cui affilava lelame dei coltelli. <strong>Il</strong> famoso “Donne,è arrivato l’arrotino! Arrota coltelli,forbici, forbicine, forbici da seta, coltellida prosciutto! Donne è arrivatol’arrotino e l’ombrellaio. Aggiustiamogli ombrelli. Ripariamo cucine aLo storico civaiolo <strong>di</strong> via TaddeaTante le figure che oramai sono <strong>di</strong>venute assai rare: gli orologiai, gli ombrellai, gli arrotinicon il loro rumoroso megafono, ma anche gli impagliatori <strong>di</strong> se<strong>di</strong>e e i ciabattini. E sifinisce per ricordarsi <strong>di</strong> loro quando servirebbero ma non si trovano piùgas: abbiamo i pezzi <strong>di</strong> ricambio perle vostre cucine a gas. Se avete per<strong>di</strong>te<strong>di</strong> gas noi le aggiustiamo, se lacucina fa fumo noi togliamo il fumodella vostra cucina a gas”, echeggiavaun tempo anche tra le strade <strong>di</strong> Firenze.E poi c’era il civaiolo, questafigura antica nata per vender tegamie pentole <strong>di</strong> coccio, fagioli, ceci, fienoe biada per i cavalli dei fiaccherai,scal<strong>di</strong>ni, trabiccoli, preti e lumi adolio. Per civaie, appunto, si intendevanoi semi <strong>di</strong> leguminose usatiquando in città si trovavano ancoratanti orti e campicelli dove molte famiglieallevavano un paio <strong>di</strong> galline.Spesso, erano gli stessi civaioli chevendevano uccelli da compagnia checinguettavano nelle gabbiette appeseall’esterno della bottega, in un’atmosferache oggi parrebbe surreale.Sembra <strong>di</strong> raccontare un mondo chenon esiste più, la pellicola <strong>di</strong> un filmin bianco e nero, ma fortunatamentequalcosa è rimasto ancora vivo, a tinteforti, negli angoli <strong>di</strong> quella Firenzecustode e vigile della propria storiae della propria identità. Certo, neglianni è cambiata la merce in ven<strong>di</strong>ta,non più o non solo civaie, ma anchealimenti come il farro, i funghi, i fagioli,il pesce e le spezie. Antiche botteghe,tramandate da babbo a figliolo,che ancora operano in locali storici eche portano avanti l’attività <strong>di</strong> famiglia,<strong>di</strong>ventando veri e propri punti <strong>di</strong>riferimento nella vita <strong>di</strong> un quartieree nella salvaguar<strong>di</strong>a della tra<strong>di</strong>zione.Tirando su il bandone tutte le mattine,con costanza e passione.
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