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I preadolescenti come oggetto di studio della Psicologia Sociale

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1Modulo 1- <strong>Psicologia</strong> socialeI PREADOLESCENTI COME OGGETTO DI STUDIO DELLAPSICOLOGIA SOCIALEPatrizia SelleriIn<strong>di</strong>ce1. Introduzione (Scheda 1 - Tante psicologie, un solo Uomo)2. Chi sono gli psicologi sociali? (Scheda 2 - Autoritarismo e democrazia )3. Un grande interrogativo: chi è l’uomo? (Scheda 3 Ciao mamma, <strong>come</strong> stai?)4. Conoscere gli altri (Scheda 4 - Chi lavora <strong>di</strong> più in casa?)5. Gli atteggiamenti sociali (Scheda 5 – Atteggiamenti, valori, conflitti))6. L’amicizia (Scheda 6 – L’aggressività: fattore innato o acquisito?)7. I gruppi (Scheda 7 – La coerenza nei gruppi )8. Riferimenti bibliografici per approfon<strong>di</strong>mentiGuida per la letturaNel testo troverete i seguenti avvertimenti:Attenzione! In<strong>di</strong>ca un punto importante su cui riflettereConfronta In<strong>di</strong>ca i collegamenti con altre parti del testoIn<strong>di</strong>ca un brano tratto dalla Fattoria degli Animali <strong>di</strong> G. OrwellIn<strong>di</strong>ca una scheda che contiene esempi sull’argomento trattato


3SCHEDA N.1Tante psicologie, un solo UomoIl campo d'indagine <strong>della</strong> psicologia è da sempre lo stu<strong>di</strong>o dell'uomo, del suomodo <strong>di</strong> pensare , <strong>di</strong> agire e <strong>di</strong> provare sentimenti, sia in relazione alla crescita edallo sviluppo del singolo in<strong>di</strong>viduo sia in relazione alla vita nei gruppi sociali.Sulla base degli interessi che hanno stimolato nei ricercatori l'approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>alcuni <strong>di</strong> questi temi, nel panorama <strong>della</strong> psicologia contemporanea si possonoin<strong>di</strong>viduare molte correnti <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o che rendono complessa una illustrazionesistematica <strong>della</strong> materia, ma rispetto alle quali occorre sottolineare i rischi <strong>di</strong>un’applicazione troppo rigida <strong>di</strong> eventuali schematizzazioni.Un possibile criterio per delineare un quadro <strong>di</strong> riferimento in cui inserire iprincipali contributi <strong>di</strong> ricerca è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguerli sulla base degli argomentiattorno ai quali si raccoglie il maggior numero <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e <strong>di</strong> ricerche:- la psicologia fisiologica affronta in modo specifico le relazioni esistenti tra ilcomportamento e le caratteristiche neurofisiologiche degli in<strong>di</strong>vidui; infatti oltreallo stu<strong>di</strong>o dei gran<strong>di</strong> processi psicologici (appren<strong>di</strong>mento, memoria, motivazioneed attenzione) sulla base del funzionamento cerebrale, viene approfon<strong>di</strong>to anche ilmodo in cui la chimica del cervello riesce ad influenzare l'umore o le emozioni. Inaltre parole, sapere <strong>come</strong> funziona il nostro corpo, approfon<strong>di</strong>re il progettobiologico che attraverso un lungo processo evolutivo ci porta ad essere quello chesiamo ed anche pensare al nostro cervello <strong>come</strong> ad un sofisticato sistema <strong>di</strong>controllo, stimolato da agenti chimici, costituisce un approccio utile e<strong>di</strong>nteressante allo stu<strong>di</strong>o del comportamento in<strong>di</strong>viduale;Orwell G. (1945) Animal Farm. Tr.it. La fattoria degli animali, Milano, Mondadori1947.


4- la psicologia dello sviluppo, o dell’arco <strong>di</strong> vita, stu<strong>di</strong>a i cambiamenti che siverificano dalla nascita fino all e ultime fasi <strong>della</strong> vita, con particolare attenzioneagli appren<strong>di</strong>menti caratteristici dell'infanzia e dell'adolescenza; in questo senso,considerando il potenziale <strong>di</strong> novità legato ad ogni età <strong>della</strong> vita, si potrebbeparlare più correttamente <strong>di</strong> psicologia dell’arco <strong>di</strong> vita. In ogni caso il maggiornumero <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> è stato condotto sui neonati, sui bambini e sugli adolescenti,affrontando i temi relativi allo sviluppo del pensiero e del linguaggio, delle abilitàespressive, rappresentative e motorie;- la psicologia clinica prende in esame il problema del <strong>di</strong>sagio psichico, cioè delle<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> natura in<strong>di</strong>viduale e relazionale che impe<strong>di</strong>scono alle persone <strong>di</strong>vivere una vita serena insieme agli altri. Il lavoro clinico, accanto alla ricerca sullaeziologia dei <strong>di</strong>sturbi, prevede la formulazione <strong>di</strong> ipotesi <strong>di</strong> intervento <strong>di</strong>retto,sull'in<strong>di</strong>viduo o sul nucleo familiare <strong>di</strong> appartenenza, volte ad alleviare le<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> chi vive momenti <strong>di</strong>fficili;- la psicologia sociale approfon<strong>di</strong>sce il rapporto tra il singolo in<strong>di</strong>viduo ed i gruppisociali a cui appartiene, <strong>come</strong> la famiglia, i coetanei, le associazioni politiche oreligiose. Hanno ampio risalto i problemi legati al modo in cui le persone dannogiu<strong>di</strong>zi sugli altri, attribuendo ad essi alcune caratteristiche che servono amantenere salde le <strong>di</strong>stanze psicologiche, così <strong>come</strong> è interessante lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>alcune particolari forme <strong>di</strong> conoscenza, chiamate rappresentazioni sociali,strumenti <strong>di</strong> interpretazione <strong>della</strong> realtà con<strong>di</strong>visi tra gli in<strong>di</strong>vidui appartenenti adun medesimo gruppo sociale;- la psicologia dell'educazione si occupa dei processi psicologici che avvengonoin un particolare contesto, appunto quello scolastico o meglio e più in generale neicontesti formativi; principalmente sono <strong>oggetto</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o i rapporti tra insegnanteed alunni, le strategie <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento e le <strong>di</strong>fficoltà incontrate dai ragazzi nellematerie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o;- la psicologia del lavoro è un ambito relativamente recente, che rapidamente staassumendo molta rilevanza, soprattutto per le richieste che giungono dal mondoeconomico, interessato ad ottimizzare il rapporto tra risorse umane e sistemi <strong>di</strong>


5produzione, sia per quanto riguarda la selezione delle persone più idonee aricoprire determinati incarichi e mansioni sia per migliorare il funzionamentodelle organizzazioni;la psicologia <strong>di</strong> comunità stu<strong>di</strong>a i funzionamenti psico-sociali e relazionaliesistenti nelle comunità umane, siano esse scuole, ospedali o centri <strong>di</strong> accoglienzaper minori, trattando l'ambiente <strong>come</strong> un elemento su cui agire per mo<strong>di</strong>ficare icomportamenti delle singole persone.2. Chi sono gli psicologi sociali?La psicologia sociale è una <strong>di</strong>sciplina che ha punti <strong>di</strong> contatto con molte altre<strong>di</strong>scipline tra cui la sociologia, per quanto riguarda gli stu<strong>di</strong> sulla struttura el’organizzazione <strong>della</strong> società; l’antropologia, in relazione all’approccio transculturale;la linguistica, per tutto ciò che attiene al linguaggio <strong>come</strong> strumento <strong>di</strong>comunicazione sociale. Questo non significa che la psicologia sociale manchi <strong>di</strong>una propria identità, quanto piuttosto che i confini <strong>della</strong> <strong>di</strong>sciplina si definiscononel rapporto costruttivo e dal confronto con ambiti <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong>versi.D’altro canto la psicologia sociale stu<strong>di</strong>a da decenni i mo<strong>di</strong> in cui i processiintrain<strong>di</strong>viduali, riferiti ad ognuno <strong>di</strong> noi <strong>come</strong> singolo in<strong>di</strong>viduo, si articolano nelmondo sociale <strong>di</strong>venendo processi interin<strong>di</strong>viduali, riferiti quin<strong>di</strong> ad insiemi <strong>di</strong>in<strong>di</strong>vidui che con<strong>di</strong>vidono luoghi, ruoli sociali, idee ed ideologie.“…Dunque, compagni, non è chiaro <strong>come</strong> il cristallo che tutti i mali <strong>della</strong>nostra vita nascono dalla tirannia dell’uomo? Eliminiamo l’uomo e ilprodotto del nostro lavoro sarà nostro. Prima <strong>di</strong> sera potremmo <strong>di</strong>venirericchi e liberi (…) Questo è il mio messaggio a voi, compagni:Rivoluzione!” (Cap.1, pag.8)


6Nel 1895 il giornalista Gustave Le Bon pubblica un lavoro ormai passato allastoria, La psicologia delle folle, in cui egli esamina l’agire degli in<strong>di</strong>vidui che sitrovano in gruppi numerosi: parla <strong>di</strong> capi e gregari, <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong>pendenza, <strong>di</strong>comportamenti che emergono solo nei momenti <strong>di</strong> grande eccitazione collettiva; ilsuo fantasma è il socialismo che avanza, sono le lotte proletarie, è il timore che laborghesia perda i propri privilegi, ma è comunemente accettato che il lavoro <strong>di</strong> LeBon sia l’origine <strong>della</strong> psicologia sociale europea.Negli Stati Uniti il clima politico e culturale dell’epoca è ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>verso; èun paese in espansione, ben <strong>di</strong>sposto ad accettare le novità dove l’idea <strong>di</strong> industriae <strong>di</strong> progresso accelera enormemente lo sviluppo sociale. Fortissime sono state leondate immigratorie ed in breve tempo la società si trova organizzata in gruppi piùo meno numerosi, importanti, potenti: c’è la nazionalità, la religione, il cetosociale; il mito del self-made-man è realtà, il benessere si può raggiungere anchepartendo da con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sperate, il sogno americano avanza. Comportamentoin<strong>di</strong>viduale e caratteristiche <strong>della</strong> collettività sono il capo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sociologi epsicologi; gli psicologi entrano nelle fabbriche, stu<strong>di</strong>ano le con<strong>di</strong>zioni lavorativedei <strong>di</strong>pendenti per migliorare la produzione; il behaviorismo 2 è l’ambito culturaleda cui gli psicologi sociali prendono lentamente, ed un po’ faticosamente, le<strong>di</strong>stanze.La prima metà del XX secolo è stato comunque il periodo <strong>di</strong> affermazione <strong>della</strong>psicologia sociale, soprattutto attraverso l’apporto <strong>di</strong> personaggi illustri <strong>come</strong>Kurt Lewin, nato nel 1890 in un paesino prussiano e morto nel 1947 negli StatiUniti, dove era emigrato prima <strong>della</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale a causa <strong>della</strong>persecuzione contro gli ebrei.Egli elabora la Field-Theory, o teoria <strong>di</strong> campo, una rappresentazione geometricadei rapporti fra in<strong>di</strong>viduo e mondo sociale, una configurazione <strong>di</strong> elementi e <strong>di</strong>


7forze che costituiscono un sistema <strong>di</strong> relazioni umane; il campo è l’insieme deglielementi presenti in un certo momento dell’esperienza in<strong>di</strong>viduale: un primogruppo <strong>di</strong> elementi rappresenta lo spazio <strong>di</strong> vita del s<strong>oggetto</strong> quin<strong>di</strong> l’esperienzasoggettiva, un secondo gruppo lo spazio, conosciuto ed oggettivo, che in quelmomento è esterno all’esperienza soggettiva, un terzo gruppo rappresenta ilconfine fra la <strong>di</strong>mensione soggettiva e quella oggettiva ed è il luogo in cui ils<strong>oggetto</strong> agisce concretamente.In questa prospettiva il comportamento dell’uomo è sempre spinto da desideri emotivazioni, da scelte e decisioni, da bisogni ed aspirazioni e l’in<strong>di</strong>viduo, inquanto appartenente ad un campo, non può quin<strong>di</strong> essere stu<strong>di</strong>ato senzaconsiderare il contesto in cui egli si trova in quel preciso momento. Cosìl’in<strong>di</strong>viduale ed il sociale si trovano sempre articolati fra loro in modo <strong>di</strong>namicopoiché, riprendendo le parole dell’autore“ Tale proce<strong>di</strong>mento rispecchia una delle fondamentali proprietà <strong>della</strong> vita <strong>di</strong>gruppo. Qualsiasi tipo <strong>di</strong> azione <strong>di</strong> gruppo o <strong>di</strong> azione in<strong>di</strong>viduale, compresaquella del folle, è regolato da processi causali circolari del seguente tipo: lapercezione in<strong>di</strong>viduale o la “rilevazione dei fatti” – <strong>come</strong> ad esempio, unproce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> clacolo – è connessa con l’azione in<strong>di</strong>viduale o con quella <strong>di</strong>gruppo in modo tale che il contenuto <strong>della</strong> percezione o <strong>della</strong> rilevazione dei fatti<strong>di</strong>penda dal modo in cui la situazione viene mutata attraverso l’azione. Il risultato<strong>della</strong> rilevazione dei fatti influenza a sua volta l’azione o la guida” (Lewin 1951,tr.it 1972, pag. 261). 3Stimolati dalla riflessione <strong>di</strong> Lewin gli psicologi sociali in<strong>di</strong>rizzano quin<strong>di</strong> i lorointeressi sui rapporti fra in<strong>di</strong>viduo e gruppo; si stu<strong>di</strong>a il sistema <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi e <strong>di</strong>2Il termine è molto usato in psicologia per riferirsi alla corrente comportamentista(para<strong>di</strong>gma Stimolo-Risposta) e neo-comportamentista, (para<strong>di</strong>gma Stimolo-Risposta-Stimolo)3Lewin K. (1951) Field Theory in Social Science, New York, Harper & Row. Tr. itTeoria e sperimentazione in psicologia sociale, Bologna, Il Mulino, 1972.


8pregiu<strong>di</strong>zi, l’attribuzione causale, l’autoritarismo, l’interazione sociale, ilprocesso <strong>di</strong> socializzazione, la <strong>di</strong>namica dei gruppi ed i processi <strong>di</strong> influenza fragruppi sociali.Attorno agli anni ’60, però, la strada <strong>della</strong> psicologia sociale torna ad essereseparata dall’oceano.Negli Stati Uniti si sviluppa la corrente del cognitivismo, che cerca <strong>di</strong> ricostruire iprocessi <strong>di</strong> elaborazione del pensiero attraverso la realizzazione <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong>funzionamento, fino a teorizzare che l’uomo elabori le informazioni attraverso unproce<strong>di</strong>mento sequenziale simile a quello compiuto dal computer; in Europa c’èinvece un rinnovato interesse per le componenti sociali dell’esperienza umana, sistu<strong>di</strong>ano i processi <strong>di</strong> categorizzazione all’interno dei gruppi e fra gruppi <strong>di</strong>versi,le rappresentazioni sociali costruite nella vita quoti<strong>di</strong>ana e con<strong>di</strong>vise dai gruppisociali, il linguaggio <strong>come</strong> costruzione sociale del pensiero e delle idee.SCHEDA N.2Autoritarismo e democraziaNel 1939 Lewin Lippitt e White, probabilmente stimolati dal clima dell’epoca,condussero una ricerca sugli effetti dello stile <strong>di</strong> conduzione dei gruppi.Furono formati dei gruppi <strong>di</strong> ragazzi <strong>di</strong> 10-11 anni, tutti maschi ed omogenei peretà, scuola frequentata e con<strong>di</strong>zione socio-economica, ai quali fu dato il compito<strong>di</strong> costruire insieme degli oggetti, durante ore pomeri<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> attività extrascolastiche;ogni gruppo era guidato da un responsabile che, seguendo il <strong>di</strong>segnosperimentale, poteva comportarsi in modo <strong>di</strong>rettivo ed autoritario (deciderel’attività, assegnare i ruoli, dare premi e punizioni senza spiegare il perché);oppure in modo democratico lasciando spazio alle idee dei ragazzi, favorendo laloro organizzazione, facendo valutazioni positive con fare scherzoso; oppure


9poteva limitarsi a intervenire solo su richiesta, lasciando fare i ragazzi, senzaaiutare nei momenti <strong>di</strong>fficili (laissez-faire è il termine usato per in<strong>di</strong>carlo). A metàdegli incontri il responsabile veniva cambiato e sostituito da un altro, che adottavauno stile <strong>di</strong> conduzione del gruppo <strong>di</strong>verso.Dalle osservazioni condotte apparve subito evidente <strong>come</strong> i gruppi “democratici”favorissero la collaborazione fra i membri ed un clima <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione generaleper il lavoro svolto, mentre nei gruppi “autoritari” le tensioni erano moltofrequenti e sfociavano spesso in fenomeni <strong>di</strong> aggressività manifesta nei confronti<strong>di</strong> alcuni membri, i “capri espiatori” <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong>fficile per tutti; oppure neigruppi “autoritari” si assisteva gradatamente all’emergere <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> apatia e<strong>di</strong>sinteresse per i membri del gruppo e per il lavoro.Per quanto riguarda il lavoro prodotto, mentre all’inizio furono i gruppi aconduzione “autoritaria” ad avere risultati migliori, dopo breve tempo i gruppi“democratici” riuscirono a realizzare più lavoro ed anche <strong>di</strong> qualità migliore; igruppi “autoritari” si irrigi<strong>di</strong>vano nelle procedure, cominciavano a “soffrire” semancava il leader o se c’erano novità e cambiamenti imprevisti.I gruppi a conduzione laissez-faire si <strong>di</strong>mostrarono <strong>di</strong>sorganizzati, in <strong>di</strong>fficoltànell’arrivare a concludere i lavori, senza una strategia generale <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visione deicompiti, carenti quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una guida.L’esperimento è stato condotto 60 anni fa, ma i risultati ci possono far riflettereanche oggi.Gli operatori sociali sono in grado <strong>di</strong> affrontare un problema adottando un’ottica“<strong>di</strong> campo lewiniano”? In altre parole, quando in classe, in un centro giovanile, inun soggiorno estivo ve<strong>di</strong>amo un gruppetto <strong>di</strong> ragazzi apatici e <strong>di</strong>sinteressati, siamoin grado <strong>di</strong> non giungere subito a conclusioni in<strong>di</strong>vidualiste (“non gli interessaniente”, “non è motivato”) ma <strong>di</strong> considerare, per esempio, il clima sociale creatoda chi ha la responsabilità del gruppo?E inoltre, quante volte la conduzione democratica si confonde con quella laissezfaire?Siamo tutti sicuri che……


10Approfon<strong>di</strong>remo il nostro percorso affrontando altri temi.NOTA: per un maggior dettaglio dell’esperimento si veda Carugati F., Selleri P.(1996) <strong>Psicologia</strong> sociale dell’educazione. Bologna, Il Mulino, pag.230 -231.3 . Un grande interrogativo: chi è l’uomo?La psicologia si è da sempre interrogata su una delle domande fondamentali <strong>della</strong>vita e cioè “ Chi sono io?”“..Ho do<strong>di</strong>ci anni e ho avuto più <strong>di</strong> quattrocento figli. Questa è lanaturale vita <strong>di</strong> un maiale. Ma nessun animale sfugge infine al coltellocrudele. Voi, giovani lattonzoli che mi sedete <strong>di</strong>nanzi, voi tutti entro unanno griderete per il fuggir <strong>della</strong> vita.” (Cap.1, pag.7-8)Per la psicologia sociale un contributo importante è quello offerto da G.H. Meadnel 1934. Partendo dall’analisi del comportamento sociale degli in<strong>di</strong>vidui, l’autorericostruisce le tappe dello sviluppo dell’identità, che inizia nei primi anni <strong>di</strong> vita,quando attraverso la relazione con gli adulti il bambino interiorizza una sorta <strong>di</strong>"conversazione a gesti" ed impara a con<strong>di</strong>viderne i l significato; sono i gesti e leparole che si riferiscono proprio a lui, che hanno lui <strong>come</strong> <strong>oggetto</strong>. E’ questoprocesso che dà origine al Sé, poiché il bambino impara gradualmente ad essereconsapevole <strong>di</strong> se stesso, a riconoscersi <strong>come</strong> <strong>di</strong>verso e separato dagli altri,acquistando un’in<strong>di</strong>vidualità via via sempre più precisa. Quin<strong>di</strong> il Sé e la Mentenon esistono alla nascita, ma sono il frutto delle relazioni e dell’esperienza sociale;lo sviluppo dell’identità è quin<strong>di</strong> favorito dalla qualità delle relazioni familiari,


11dai gruppi <strong>di</strong> riferimento, dalle istituzioni che accolgono il bambino nel corsodello sviluppo.Il gioco dei bambini ha una funzione costruttiva in questo processo; il gioco “libero” èquello in cui il bambino gioca “a qualcosa”, al poliziotto, alla mamma, alla maestraassumendo ruoli <strong>di</strong>versi; spesso gioca considerando se stesso un personaggio, peresempio quando “si offre un dolce” o “si parla” <strong>come</strong> se fosse una seconda persona;possiamo <strong>di</strong>re che queste sono le prime <strong>di</strong>mostrazioni dell’aver compreso che nelmondo sociale esistono altri in<strong>di</strong>vidui, quasi delle comparse nella sua attivitàrappresentativa. Il <strong>di</strong>scorso cambia quando il gioco da libero <strong>di</strong>venta “organizzato”; cisono ruoli precisi da ricoprire in accordo con i compagni, ci sono regole da rispettarereciprocamente, non è più sufficiente trattare gli altri <strong>come</strong> comparse, ma occorrericonoscere loro un ruolo <strong>di</strong> attori, accettando la loro visione del gioco. Mead parla aquesto proposito <strong>della</strong> necessità <strong>di</strong> assumere la prospettiva <strong>di</strong> un “Altrogeneralizzato”, cioè del gruppo o <strong>della</strong> comunità sociale cui il bambino appartiene, inquesto modo il bambino <strong>di</strong>venta un membro cosciente nel gruppo dei compagni e, piùin generale, <strong>della</strong> società.E’ a partire da questa tappa importante che il Sé del bambino inizia a costruirsi <strong>come</strong><strong>oggetto</strong>, riconoscibile nel tempo e nelle situazioni; in esso si possono riconoscere dueaspetti <strong>di</strong>versi, in costante <strong>di</strong>alogo fra loro:- l’Io che rappresenta il Sé <strong>come</strong> s<strong>oggetto</strong> vero e proprio; è la parte creativa del Sé,quella capace <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarsi in relazione agli altri,- il Me che rappresenta il Sé <strong>come</strong> <strong>oggetto</strong>; è la parte che raccoglie i giu<strong>di</strong>zi ricevutidagli altri sull’Io.L’articolazione fra le due componenti ne rispetta le specificità; il Me in<strong>di</strong>rizza l’Ioverso i comportamenti più adeguati nelle <strong>di</strong>verse situazioni; l’Io possiede le risorseper porsi agli altri in modo tale da far variare anche i reciproci giu<strong>di</strong>zi.L’identità è la nozione che offre al Sé la <strong>di</strong>mensione spazio-temporale: sono e restome stesso nel tempo ( quando ero piccolo, l’anno scorso e l’anno che verrà) e nellospazio (a casa, a scuola, con gli amici).


12La conoscenza <strong>di</strong> Sé è poi <strong>di</strong>versa dalla consapevolezza <strong>di</strong> Sé; il secondo terminein<strong>di</strong>ca un livello <strong>di</strong> elaborazione cognitiva superiore al primo, poiché implica “sapere..<strong>di</strong> sapere chi sono”! In altre parole la consapevolezza <strong>di</strong> Sé entra in gioco quandodobbiamo fermarci a riflettere su noi stessi, sulle nostre idee e sulle nostre azioni.La conoscenza <strong>di</strong> Sé, invece, si articola attraverso <strong>di</strong>verse componenti, tutte delmedesimo livello:- la percezione <strong>di</strong> sé, con le proprie caratteristiche in<strong>di</strong>viduali, fisiche e psichiche;- la rappresentazione <strong>di</strong> sé, legata al riconoscimento fisico;- il concetto <strong>di</strong> sé, comprendente ciò che ogni s<strong>oggetto</strong> conosce su se stesso anche inrelazione al giu<strong>di</strong>zio degli altri;la presentazione <strong>di</strong> sé, relativa alle caratteristiche che ogni in<strong>di</strong>viduo sceglie <strong>di</strong> “farconoscere” agli altri nelle <strong>di</strong>verse situazioni sociali.Per fare un esempio, pensiamo alle persone che subiscono un serio intervento <strong>di</strong>chirurgia plastica al volto: la conoscenza <strong>di</strong> Sé ne viene inevitabilmente riorganizzata,poiché cambia la percezione e la rappresentazione <strong>di</strong> sé, tanto che spesso dopol’intervento i soggetti <strong>di</strong>chiarano “<strong>di</strong> non riconoscersi più”.Vorremmo richiamare il lettore sull’eco che la prospettiva psico-sociale <strong>di</strong> G.H Meadpuò avere “nella parte <strong>di</strong> memoria in cui sono accatastate le informazioni sullapsicologia”; <strong>di</strong>ciamo questo in tono scherzoso perché è molto <strong>di</strong>fficile immaginare apriori le conoscenze che il pubblico può avere nell’ambito <strong>di</strong> un settore scientifico.Chi ha stu<strong>di</strong>ato psicologia sarà riuscito a collocare “ al posto giusto” il pensiero <strong>di</strong>Mead, ad altri saranno venuti in mente altri autori, per esempio Piaget, che ha stu<strong>di</strong>atonei medesimi anni il gioco dei bambini (i suoi figli!) ed ha in<strong>di</strong>viduato l’imitazione<strong>di</strong>fferita <strong>come</strong> momento in cui ha inizio l’attività rappresentativa, caratteristica delpassaggio ad uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo seguente; ma attenzione, Piaget stu<strong>di</strong>a losviluppo cognitivo, per lui il riconoscimento <strong>di</strong> se stessi è un’espressione <strong>di</strong>intelligenza; oppure Freud, quando parla <strong>di</strong> Es, Io e Super Io, ma in questo caso siamo<strong>di</strong> fronte ad una teoria dello sviluppo affettivo ed emozionale e non dell’identità.


13Ciò che ci preme sottolineare è che sul medesimo in<strong>di</strong>viduo possono coesistere piùteorie che lo riguardano; alcune teorie sono più in<strong>di</strong>viduali <strong>di</strong> altre, ognuna <strong>di</strong> essetratta un aspetto dell’in<strong>di</strong>viduo; parlare <strong>di</strong> un qualsiasi s<strong>oggetto</strong> utilizzando una solateoria (o un solo approccio interpretativo) significa compiere un’operazione riduttiva;la <strong>di</strong>fficoltà del lavoro sociale risiede anche nella <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> poter considerare gliin<strong>di</strong>vidui in una prospettiva longitu<strong>di</strong>nale: ciò che io sono oggi va messo in relazionecon ciò che sono stato e con le mie aspettative sul futuro.Naturalmente il <strong>di</strong>battito scientifico sull’identità e sullo sviluppo del Sé, nei settantaanni seguenti il contributo <strong>di</strong> G.H.Mead, si è arricchito <strong>di</strong> molti contributi importanti;per esempio in ambito cognitivista 4 il Sé viene descritto <strong>come</strong> un sistema <strong>di</strong>conoscenze reticolare, in grado <strong>di</strong> guidare l’elaborazione delle informazioniprovenienti dall’esterno e <strong>di</strong> immagazzinarle in memoria all’interno <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong>rappresentazione concettuale centrato sul Sé; più è forte il legame fra l’informazioneraccolta e la rappresentazione <strong>di</strong> Sé, più rapidamente l’informazione entrerà a far partedel “Chi sono io”. Facendo un esempio: se io so <strong>di</strong> essere una brava cuoca ed usoquesta informazione per rispondere alla domanda “Chi sono io?”, essere riuscita apreparare una cena per venti persone sarà immagazzinata <strong>come</strong> “ complimenti ricevutidagli ospiti” e l’informazione potrà essere usata per confermare una caratteristica <strong>della</strong>mia identità a cui tengo molto.Vale la pena <strong>di</strong> sottolineare che, ancora una volta, gli approcci teorici non siescludono a vicenda, ma lo sforzo dei ricercatori dovrebbe proprio essere quello <strong>di</strong>favorirne l’integrazione.4Markus H., Sentis K.P. (1982) The self in social information processing, in J. Suls(a cura <strong>di</strong>) Psychological perspectives on the self, vol. I, Hillsdale (NJ) Erlbaum.


14SCHEDA 3Ciao mamma, <strong>come</strong> stai?Il brano seguente è tratto da un volume un po’ particolare, scritto da un agente <strong>della</strong>Polizia <strong>di</strong> Stato che ha lavorato per un certo periodo <strong>di</strong> tempo a contatto con l’UfficioMinori <strong>della</strong> Questura <strong>di</strong> Bologna. Vi si raccontano le due facce <strong>della</strong> stessamedaglia: la <strong>di</strong>fficoltà degli agenti e dei minorenni nel cercare vie d’uscita in percorsi<strong>di</strong> vita spesso segnati da tanti problemi. Chi scrive è un ragazzo <strong>di</strong> 17 anni, che hafinto una falsa identità per abbandonare una famiglia in cui non si era mai sentitoaccettato; affidato ai servizi sociali decide dopo qualche mese <strong>di</strong> scrivere alla madre:“ Ciao mamma, <strong>come</strong> stai? Ti scrivo per farti sapere che sto benissimo eche non mi manca niente. Vi sarete domandati dove sia finito e perché,fini adesso non mi sono fatto sentire, con questa mia lontananza ti<strong>di</strong>mostro che ormai so cavarmela da solo. Non potevo più vivere con voi,stavo impazzendo: non venivo mai ascoltato e nessuno si curava dei mieiproblemi (…) Io non riuscivo mai ad avere la mia tranquillità e non avevomai un momento per pensare a me stesso, tu sapendo dei miei problemi ascuola <strong>di</strong>cevi che i problemi me li inventavo io e volevi avere per forzaragione. Tutti mi <strong>di</strong>cevate che ero fissato, e poi gli stessi problemi allavoro per cui venivo trattato male in tutti i posti. (…) Crescendo sicambia, sia il carattere che il modo <strong>di</strong> vedere le cose e si hanno altreesigenze (…) Avevo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> decidere <strong>della</strong> mia vita e ti parlavo dellemie aspirazioni, tutti però mi scoraggiavate e mi <strong>di</strong>cevate <strong>di</strong> lasciareperdere. Sono partito quella famosa mattina <strong>di</strong> primavera senza <strong>di</strong>re nientein modo da non dover aver paura <strong>di</strong> essere trovato, era tutto preme<strong>di</strong>tato.Da mesi ci pensavo e ho aspettato per vedere se ci sarebbero stati deicambiamenti che non ci sono stati e ho preso la grande decisione. (…) Quivengo seguito da educatori e assistenti sociali che mi hanno fatto avereuna borsa lavoro in una fattoria che mi permette <strong>di</strong> lavorare dalle 9.00


15all’una e <strong>di</strong> andare a scuola la sera (…) a <strong>di</strong>ciotto anni lavorerò in uncanile, che mi permetterà <strong>di</strong> essere in<strong>di</strong>pendente e <strong>di</strong> gestire bene la miavita. (…) Questa gente ha influito molto sulla mia personalità, sonocambiato <strong>come</strong> persona insicura ma sono un altro: non cammino piùrigido e quando vado per strada non mi sento più osservato <strong>come</strong> prima.(…) Questa è la mia nuova vita….”Il lettore è invitato a fare un esercizio ed a trovare traccia, nelle parole <strong>di</strong> questoragazzo, <strong>di</strong> quanto è stato detto a proposito <strong>della</strong> costruzione sociale dell’identità.IL compito è piuttosto facile!Nota: il brano è tratto da Matrone M. (1995) Poliziotti e minorenni. Bologna, Cleub,pag. 66-67-68.Anche gli animali <strong>della</strong> fattoria, dopo l’inizio <strong>della</strong> rivoluzione devono trovare unanuova identità ed il primo passo riguarda l’abolizione degli abbellimenti a cui ilpadrone li obbligava“…Palla <strong>di</strong> Neve gettò pure sul fuoco i nastri con cui la signora Jones usava ornarele criniere e le code dei cavalli nei giorni <strong>di</strong> mercato.“I nastri – <strong>di</strong>sse – vanno considerati <strong>come</strong> i vestiti che sono il segno dell’essereumano. Tutti gli animali devono andare nu<strong>di</strong>.” (cap.2, pag.18)Attenzione!Per il <strong>di</strong>scorso che qui ci interessa, cioè i <strong>preadolescenti</strong>, il tema dell’identità ècertamente da ritenersi <strong>di</strong> cruciale importanza; i cambiamenti che intervengono nellavita dei ragazzi sono talmente <strong>di</strong>rompenti da richiedere più <strong>di</strong> una riorganizzazione delSé. Pensiamo al corpo che cambia quasi fino a non essere più riconoscibile, pensiamo


16al varco che nella loro vita si apre con lo sviluppo sessuale, pensiamo al passaggiodalle scuole elementari alle me<strong>di</strong>e inferiori e poi all’ingresso nelle scuole superiori;nella loro esperienza quoti<strong>di</strong>ana tutto cambia così rapidamente da dare la sensazione<strong>di</strong> non avere punti fermi a cui aggrapparsi.Ricor<strong>di</strong>amolo sempre, prima <strong>di</strong> trovarli “strani” o “<strong>di</strong>versi”!4. Conoscere gli altriNella nostra vita <strong>di</strong> relazione, fatta <strong>di</strong> scambi sociali e <strong>di</strong> conoscenza vecchie e nuove,ci interroghiamo molto spesso sulle persone con cui entriamo in contatto, cercando <strong>di</strong>in<strong>di</strong>viduarne i gusti, le opinioni, i tratti <strong>di</strong> carattere, la fede politica o le intenzionimesse in atto nei nostri confronti. Il percorso che porta dalla conoscenza generica <strong>di</strong>“un altro “ <strong>di</strong>verso da noi è sempre un processo appassionante, costellato <strong>di</strong> confermee <strong>di</strong> delusioni, <strong>di</strong> sentimenti piacevoli e <strong>di</strong> dubbi, ma che la termine offre, <strong>come</strong>premio, la possibilità <strong>di</strong> stabilire una relazione sufficientemente sicura con un exsconosciutoche ne frattempo è <strong>di</strong>ventato una persona che riteniamo “<strong>di</strong> conoscere”.Nella Fattoria Padronale, trasformata in Fattoria degli Animali, tutti si conosconoabbastanza bene:“..tutti lavoravano secondo la loro capacità (…) Nessuno schivava oquasi nessuno. Mollie, è vero , stentava ad alzarsi al mattino e aveva unmodo tutto suo <strong>di</strong> lasciar presto il lavoro (…) E il comportamento delgatto aveva pure qualcosa <strong>di</strong> strano. Fu presto notato che quando c’eralavoro da fare il gatto era introvabile. Spariva per ore intere (…) maportava sì eccellenti scuse e faceva le fusa tanto gentilmente che eraimpossibile non credere alle sue buone intenzioni…” (Cap.3, pag.25)


17Nei fatti, però, le cose non vanno sempre via lisce, perché il tempo a nostra<strong>di</strong>sposizione per la conoscenza dell’altro è spesso molto scarso e la verifica dellenostre ipotesi può avvenire solo a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> mesi se non ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> anni.Quando gli in<strong>di</strong>vidui cercano <strong>di</strong> sistematizzare le informazioni che possiedono suaspetti <strong>della</strong> realtà, nel caso specifico con le persone, elaborano i dati a <strong>di</strong>sposizionecercando <strong>di</strong> dare loro coerenza, utilizzando anche in<strong>di</strong>catori che derivanodall’esperienza in<strong>di</strong>viduale e collettiva.Infatti c’è chi non si fida dei cambiamenti; quando nella Fattoria i maiali fondano i”Comitati <strong>di</strong> Rieducazione dei Compagni Selvatici” scoprono che non è poi così facilerieducare, perché le bestie selvatiche“..continuavano a comportarsi <strong>come</strong> prima, e, se trattate con generosità,non facevano che approfittarsene. Il gatto si unì al “Comitato <strong>di</strong>Rieducazione” e per qualche giorno si mostrò molto attivo. Lo si vide unavolta seduto sopra un tetto mentre arringava dei passeri che erano al <strong>di</strong>fuori <strong>della</strong> portata delle sue grinfie. Diceva loro che tutti gli animalierano ora compagni e che qualunque passero avrebbe potuto adessovenirsi a posare sulle sue zampe; ma i passeri si mantennero a rispettosa<strong>di</strong>stanza” (Cap. 3, pag.27 )Il processo <strong>di</strong> categorizzazione è un modo per organizzare la propria esperienzasensoriale, cognitiva e sociale.Gli elementi che appartengono ad una categoria fanno riferimento ad un prototipo inessa contenuto, che possiede il maggior numero <strong>di</strong> caratteristiche comuni a tutti glialtri elementi.Per quanto riguarda le categorie <strong>di</strong> persone e le relative immagini prototipiche , lecaratteristiche comunemente rilevate si riferiscono all’aspetto fisico, alcomportamento ed ai tratti <strong>di</strong> personalità <strong>come</strong> la gentilezza, l’accuratezza o l’incuria.Per esempio, gli attributi che costituiscono il prototipo <strong>della</strong> “segretaria” <strong>di</strong>fferiscono


18da quelli del prototipo <strong>di</strong> “artista” non solo immaginandone l’aspetto fisico (portare onon portare una <strong>di</strong>visa) ma anche dovendone immaginare la casa (ben curata – in<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne), le abitu<strong>di</strong>ni nel tempo libero ( palestra – serate <strong>di</strong> teatro d’avanguar<strong>di</strong>a), igusti e le preferenze.La capacità <strong>di</strong> attribuire un elemento ad una categoria <strong>di</strong>pende quin<strong>di</strong> dalla maggioreo minore congruenza dell’elemento con la nostra esperienza relativa al prototipo <strong>della</strong>categoria stessa; le conoscenze contenute in una categoria sono poi organizzategerarchicamente, sistemate in classi e legate da rapporti <strong>di</strong> inclusione.Alcune caratteristiche <strong>di</strong> un elemento hanno poi una rilevanza maggiore nel processo<strong>di</strong> categorizzazione, poiché permettono <strong>di</strong> decidere più velocemente se l’esemplare inesame appartiene alla categoria; inoltre i confini fra una categoria ed un’altra sonomolto influenzati dal contesto sociale e culturale in cui si trova il s<strong>oggetto</strong> che devedecidere. Per esempio una ricerca condotta nell’ambito <strong>della</strong> psichiatria 5 ha mostrato<strong>come</strong> gli psichiatri tendano ad avere immagini prototipiche molto ricche circa alcunipazienti, <strong>come</strong> i maniaco-depressivi, usando però una serie <strong>di</strong> caratteristiche chederivano loro dalle definizioni presenti nei manuali <strong>di</strong> psichiatria; la categorizzazionein questo caso è quin<strong>di</strong> il prodotto <strong>di</strong> una ridefinizione <strong>di</strong> tipo professionale e pratico,guidato dalla conoscenza e dall’esperienza.Per quanto riguarda più <strong>di</strong>rettamente le persone, ci viene i aiuto la nozione <strong>di</strong> schema<strong>di</strong> persona, inteso <strong>come</strong> l’insieme delle conoscenze relative ad fenomeno sociale;questa struttura può funzionare <strong>come</strong> un modello <strong>di</strong> riferimento per un particolareaspetto <strong>della</strong> realtà e permette quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> riconoscere nelle nuove informazioni lecaratteristiche che le fanno appartenere a schemi <strong>di</strong>versi.Ogni schema ha una parte costante, che definisce le caratteristiche costitutive delconcetto a cui si riferisce, ed una parte che può variare.Facciamo un esempio: quale può essere lo schema riferito al concetto <strong>di</strong> “pompiere”?Un uomo, fra i trenta ed i quarant’anni, muscoloso, che non ha paura ne dell’acqua ne5 Cantor e col. (1980) in Arcuri L. (1985) Conoscenza sociale e processi psicologici.Bologna, Il Mulino.


19del fuoco ne <strong>di</strong> salire sulle scale ad altezze vertiginose; ora ve<strong>di</strong>amo invece la partedello schema che può variare: indossare una bella <strong>di</strong>visa arancione, trovarsi in mezzoalle fiamme o su una barca, <strong>di</strong>rigere i getti d’acqua sulle fiamme o recuperare dai tettidelle case gli alluvionati.Inoltre quando le informazioni raccolte su una persona sono lacunose, lo schema offrela possibilità <strong>di</strong> completare i dati mancanti.Continuiamo l’esempio precedente: se ve<strong>di</strong>amo una uomo, con una bella <strong>di</strong>visaarancione e l’elmetto salire una scala appoggiata ad un palazzo e <strong>di</strong>rigersi verso unafinestra da cui esce fumo….attiviamo lo schema del pompiere e….gli attribuiamo lacaratteristica <strong>di</strong> saper governare la paura!Le persone con cui entriamo in contatto equivalgono, per i nostri processi cognitivi,ad unità concettuali, poichè vi confluiscono un gran numero <strong>di</strong> informazioni; questosignifica che, per esempio, nel ricordare una serie <strong>di</strong> eventi le persone in essi coinvoltifungono da in<strong>di</strong>catori e ci permettono <strong>di</strong> effettuare le prime categorizzazioni (siamo acasa – al lavoro; la <strong>di</strong>scussione era accesa – pacata; ero d’accordo –in <strong>di</strong>saccordo).Inoltre alcune ricerche hanno in<strong>di</strong>cato <strong>come</strong> il potere <strong>di</strong>agnostico delle informazioni,nei termini <strong>di</strong> organizzazione gerarchica delle conoscenze e <strong>di</strong> funzione-guida nelloschema <strong>di</strong> persona costruito a partire dalla produzione <strong>di</strong> ipotesi sugli in<strong>di</strong>vidui, siamaggiore se si parte da tratti a valenza negativa, in quanto sono soprattutto icomportamenti percepiti <strong>come</strong> “anormali” dall’osservatore ad essere consideratiin<strong>di</strong>cativi <strong>di</strong> caratteristiche in<strong>di</strong>viduali negli osservati. In altre parole ilcomportamento aggressivo <strong>di</strong> un ragazzino potrebbe essere considerato <strong>come</strong> una suacaratteristica “innata”: è solo lui che…; è il suo temperamento..; è l’unico <strong>della</strong>famiglia che…..!(Attenzione! Si vada a confrontare la scheda 6 sull’aggressività!)Però la variabilità presente nella vita <strong>di</strong> tutti i giorni è tale che spesso noi manchiamodegli schemi interpreatativi adeguati, per cui dobbiamo compiere ulteriori processi <strong>di</strong>


20generalizzazione , <strong>come</strong> le inferenze <strong>di</strong> tipo causale, a cui facciamo ricorso quandocerchiamo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le origini <strong>di</strong> un fenomeno, per poi tentarne una spiegazione.In molte situazioni quoti<strong>di</strong>ane, dovendo fare scelte, esprimere giu<strong>di</strong>zi o gestire unevento sociale per noi nuovo, siamo costretti a far ricorso ad alcune proceduresemplificate <strong>di</strong> ragionamento dette euristiche.Quando dobbiamo decidere se un in<strong>di</strong>viduo appartiene o meno ad una categoriaprofessionale (quest’uomo è un pompiere sì o no?) possiamo utilizzare l’euristica<strong>della</strong> rappresentatività, valutando in quale grado la persona che abbiamo <strong>di</strong> frontepossieda le caratteristiche salienti <strong>della</strong> categoria (è maschio; è muscoloso; ha la<strong>di</strong>visa..) e quin<strong>di</strong> vi appartenga.Un’altra euristica comunemente utilizzata è quella <strong>della</strong> <strong>di</strong>sponibilità, una strategiache permette <strong>di</strong> prevedere, per esempio, il comportamento <strong>di</strong> una persona a partiredalle informazioni sulla categoria già possedute (è un pompiere, quin<strong>di</strong> si comporterà<strong>come</strong> tutti gli altri pompieri che ho visto all’opera..).Trattandosi, <strong>come</strong> è già stato detto, <strong>di</strong> procedure semplificate <strong>di</strong> tipo empirico, le fontid’errore sono naturalmente molto numerose utilizzando entrambe le strategie e perquanto riguarda l’euristica <strong>della</strong> <strong>di</strong>sponibilità alcuni stu<strong>di</strong> hanno mostrato <strong>come</strong> vengafrequentemente utilizzata in modo tendenzioso soprattutto se ci viene chiesto <strong>di</strong>esprimere un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> natura socialeDa un alto, coerentemente col fatto che la nostra attenzione è attratta in modo selettivodagli stimoli inconsueti, rispetto alle persone che per qualche ragione si trovano in unacon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> maggiore visibilità, è possibile che si verifichi una sovrastima delleloro qualità, per esempio la partecipazione all’evento, dovuta in realtà al maggiornumero <strong>di</strong> informazioni raccolte e <strong>di</strong>sponibili per essere utilizzate; dall’altro lato c’è ilproblema <strong>della</strong> valutazione dell’altro espressa in una situazione che mette in giocoanche la valutazione <strong>di</strong> noi stessi o del nostro operato, quin<strong>di</strong> la sovrastima potrebbein questo caso avere una valenza fortemente egocentrica e riguardare solo l’evidenza<strong>di</strong> aspetti negativi.


21Queste tendenze sistematiche all’errore sono in<strong>di</strong>cate con il termine inglese bias; essiagiscono in tutte le fasi del processo inferenziale, partendo dal momento in cuiraccogliamo informazioni su cui elaborare ipotesi e giu<strong>di</strong>zi, perché anche la scelta <strong>di</strong>una particolare teoria <strong>di</strong> riferimento (L’intelligenza <strong>di</strong> un alunno è un dono <strong>di</strong> natura oè una potenzialità che si sviluppa?), funzionante <strong>come</strong> una griglia <strong>di</strong> riferimento perscegliere le informazioni adeguate a verificarla, può essere un grave errore iniziale,che rende tendenzioso il processo <strong>di</strong> attribuzione <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio.SCHEDA 4Chi lavora <strong>di</strong> più in casa?In una ricerca condotta da Ross e Sicoly (1979) è stato affrontato il problema dei biasegocentrici utilizzando il problema dell’attribuzione <strong>di</strong> responsabilità fa i coniugi.Sono state esaminate le risposte <strong>di</strong> 37 coppie <strong>di</strong> coniugi date ad un questionario incui ognuno dei due doveva graduare su <strong>di</strong> una scala la quantità <strong>di</strong> responsabilitàattribuita a se stesso nello svolgimento <strong>di</strong> venti attività domestiche, oltreall’in<strong>di</strong>cazione del modo in cui egli stesso ed il proprio partner contribuivanoall’esecuzione dell’attività in esame. Considerando ogni coppia <strong>come</strong> unità d’analisigli Autori hanno in<strong>di</strong>viduato una precisa tendenza verso la sovrastima personale, siaper quanto riguarda la responsabilità sia per l’impegno in<strong>di</strong>viduale.In altre parole è possibile che un’attenzione <strong>di</strong>versa al proprio comportamento portiad una maggiore <strong>di</strong>sponibilità dell’informazione nel momento del recupero.Infatti la conoscenza <strong>di</strong> noi stessi è un processo <strong>di</strong> natura esperienziale, interpretabileanche in termini <strong>di</strong> schema e quin<strong>di</strong> articolato in ricor<strong>di</strong>, comportamenti, aspettative egiu<strong>di</strong>zi.(Attenzione! Rivedere gli aspetti relativi alla costruzione dell’identità nel paragrafo 3)E chi provasse a fare la domanda a due genitori a proposito del figlio (responsabilità,impegno, attività…)?


22Il risultato sarebbe interessante e dovrebbe farci riflettere quando ascoltiamo ciò che lepersone ci raccontano; raramente mentono consapevolmente, più spesso hanno delle<strong>di</strong>storsioni <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, così <strong>come</strong> accade a noi in circostanze analoghe.Sono meccanismi cognitivi che esistono, funzionano in ognuno <strong>di</strong> noi, devono soloessere conosciuti per contenerne gli effettiNota: i l lavoro <strong>di</strong> Ross e Sicoly (1979) si trova citato in Arcuri L. (1985) Conoscenzasociale e processi psicologici. Bologna, Il Mulino.5 . Gli atteggiamenti socialiQual è il mio atteggiamento verso lo stu<strong>di</strong>o? Dipende!Per esempio, poiché mi piace molto leggere e scrivere, mi piacciono i testi <strong>di</strong> storia e<strong>di</strong> letteratura, non mi piace il latino perché non lo capisco, <strong>della</strong> matematica mipiacciono solo i problemi. Questa potrebbe essere una risposta data da un ragazzinoqualsiasi interrogato sulla scuola frequentata e sulle abilità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.Il termine atteggiamento non è stato ancora definito, ma nessun lettore avràsicuramente avuto dubbi interpretativi.Cos’è un atteggiamento? Sono giu<strong>di</strong>zi valutativi che derivano da informazioni <strong>di</strong>natura cognitiva (cosa penso), affettive ( mi piace-non mi piace) e comportamentali (cosa ho fatto in passato – cosa farò in futuro); si esprimono nei confronti <strong>di</strong> un <strong>oggetto</strong>sociale esterno al s<strong>oggetto</strong> ed hanno una funzione regolatoria del comportamentoin<strong>di</strong>viduale.Avere un atteggiamento significa quin<strong>di</strong> mettere in atto una valutazione (favorevole osfavorevole) nei confronti <strong>di</strong> oggetti, persone, gruppi, ideologie e via <strong>di</strong> questo passo.Si potrebbe fare una semplice simulazione: occorrono alcuni amici riuniti a cenaattorno ad un tavolo ed il padrone <strong>di</strong> casa che introduca nella conversazione un tema<strong>di</strong> grande attualità. Poi sarà sufficiente seguire il concatenamento dei <strong>di</strong>scorsi:atteggiamenti favorevoli e sfavorevoli saranno sostenuti da argomentazioni logiche


23(ho sempre pensato che…), passeranno rapidamente ad esprimere punti <strong>di</strong> vistapersonali (a me fanno molta paura…), si concluderanno con in<strong>di</strong>cazioni sulcomportamento (io fare…); la serata si potrebbe intitolare “A cena con gliatteggiamenti!”Poi i maiali decidono <strong>di</strong> costruire un mulino a vento, per fornire l’energia elettricaalla fattoria“..Tutta la fattoria era profondamente <strong>di</strong>visa a proposito del mulino avento. Palla <strong>di</strong> Neve non negava che la sua costruzione sarebbe stata<strong>di</strong>fficile (…) E dopo, <strong>di</strong>chiarava, si sarebbe risparmiato tanto lavoro chegli animali non avrebbero avuto bisogno <strong>di</strong> affaticarsi che tre giorni allasettimana. D’altra parte Napoleon <strong>di</strong>mostrava che la grande necessità delmomento era quella <strong>di</strong> accrescere la produzione dei viveri (…) Glianimali si <strong>di</strong>visero in due fazioni (…) Benjamin fu l’unico che nonparteggiasse né per l’una né per l’altra fazione (…) Mulino o non mulino,<strong>di</strong>ceva, la vita andrà avanti <strong>come</strong> è sempre andata, cioè male. (Cap.5,pag.44)Nessuno <strong>di</strong> noi è esente da atteggiamenti positivi e negativi, che nell’esperienzain<strong>di</strong>viduale sono molto importanti essendo:- un’eco del processo <strong>di</strong> socializzazione, un po’ <strong>come</strong> <strong>di</strong>re che gli atteggiamenti “siimparano in famiglia”; a parte gli scherzi, con<strong>di</strong>videre gli atteggiamenti versodeterminati oggetti sociali è anche uno strumento <strong>di</strong> coesione dell’in<strong>di</strong>viduo nelsuo gruppo <strong>di</strong> riferimento, sia esso famiglia, scuola, lavoro o altro;- una tendenza a valutare “nello stesso modo” e quin<strong>di</strong> sul piano cognitivo sono unin<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> maggiore o minore flessibilità nell’accettare i cambiamenti;- uno strumento <strong>di</strong> conoscenza sociale, in quanto influenzano i processi <strong>di</strong> memoriae <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio;


24- un modo per consolidare l’immagine <strong>di</strong> sé, nel senso che l’<strong>oggetto</strong>dell’atteggiamento può essere un’idea politica, un valore etico-morale, un idealecivile o religioso;- un elemento che in<strong>di</strong>rizza il comportamento sociale, una pre<strong>di</strong>sposizione ad agirea favore o contro qualcuno o qualcosa.Forse non tutti siamo consapevoli del fatto che gli atteggiamenti si costruiscono inognuno <strong>di</strong> noi anche solo per “essere stati esposti” all’influenza dei mezzi <strong>di</strong>comunicazione; per esempio, quando un fatto <strong>di</strong> cronaca cruento viene trattato conmolta rilevanza da giornali e televisione, quando vengono riportate sistematicamentele interviste con i <strong>di</strong>retti interessati, con le madri dei bambini scomparsi, con i parentidelle vittime e degli accusati, ognuno <strong>di</strong> noi acquista sempre maggiori informazionisul fatto accaduto ed inizia a farsi un’idea del fatto (cosa penso), a cui si unisce unacomponente affettiva ed emotiva (sono inorri<strong>di</strong>to) ed una comportamentale (seaccadesse a me io..).Inoltre se si possiede un esperienza <strong>di</strong>retta dell’<strong>oggetto</strong> sociale, l’atteggiamento è piùpreciso e ra<strong>di</strong>cato nell’in<strong>di</strong>viduo, che lo <strong>di</strong>fende con maggiori argomentazioni.Attenzione!Da questo momento in avanti cercheremo <strong>di</strong> focalizzare il <strong>di</strong>scorso sui <strong>preadolescenti</strong>,poiché <strong>come</strong> abbiamo visto gli atteggiamenti sono il risultato <strong>di</strong> una costruzionesociale che inizia molto precocemente, forse oggi più precocemente <strong>di</strong> ieri sepensiamo, tanto per <strong>di</strong>rne una, a quanto i nostri ragazzini “sono esposti” alle fontid’informazione.Come può comportarsi un ragazzino <strong>di</strong> fronte ad un atteggiamento ra<strong>di</strong>cato in famigliao nel gruppo dei pari?Può accettarlo senza riflettere, per acquiescenza, senza interrogarsi molto su ciò chelui pensa; è un modo per mostrare un accordo, spesso più <strong>di</strong> sola facciata, con lepersone che lo circondano.Oppure il ragazzino può identificarsi con chi esprime l’atteggiamento, arrivando a“pensarla <strong>come</strong> lui” e questo si verifica quando è fondamentale mantenere la relazione


25con la fonte dell’atteggiamento, sia essa un familiare, un adulto significativo (unprofessore, un capo scout, un religioso, un capo clan), un amico; in questo casol’atteggiamento è stabile e manifestato dal s<strong>oggetto</strong> senza incertezze.In altri casi si ha un’interiorizzazione dell’atteggiamento, quando il ragazzino sullabase delle informazioni raccolte rivede i propri atteggiamenti e colloca quello nuovoin continuità o <strong>di</strong>scontinuità con i precedenti, compiendo una riflessione sociocognitivache riorganizza l’intero sistema.Va da sé che in questo processo si possono generare molte situazioni conflittuali;possono essere conflitti interpersonali, quando per esempio gli atteggiamenti trasmessiin famiglia sono in contrasto con gli atteggiamenti manifestati dal gruppo dei pari;possono essere <strong>di</strong> natura intra-in<strong>di</strong>viduale quando per esempio l’esperienza <strong>di</strong>rettadell’<strong>oggetto</strong> ne mette in <strong>di</strong>scussione l’atteggiamento.Immaginiamo una situazione: l’atteggiamento <strong>della</strong> famiglia verso la scuola è semprestato positivo ed il comportamento dei genitori improntato all’interesse; il ragazzinova alle scuole me<strong>di</strong>e e capita (il termine in<strong>di</strong>ca proprio la grande casualitàdell’inserimento!) in una sezione dove:a – gli alunni sono moto numerosib – sono stati fatti tre o quattro inserimenti <strong>di</strong> ”alunni <strong>di</strong>fficili”c – c’è un enorme cambio d’insegnanti nel corso dell’annod – un professore si <strong>di</strong>mostra molto “amico” dei ragazzi e per “tenerli buoni” non dàcompiti, non interroga e fa <strong>di</strong>scorsi sul fatto che “sarà poi la vita a premiare imigliori”.Il nostro ragazzino finisce col mettere in <strong>di</strong>scussione il proprio atteggiamento verso lascuola e lo stu<strong>di</strong>o; pensava che la scuola me<strong>di</strong>a (<strong>oggetto</strong> sociale) fosse una certa cosa,gli piace <strong>di</strong> più o <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> quanto si aspettava, <strong>come</strong> sceglie <strong>di</strong> comportarsi? Se simette a non far niente <strong>come</strong> gli altri entra in conflitto con la famiglia, ma se continua acomportarsi <strong>come</strong> “se niente fosse” si mette in antitesi con il clima complessivo <strong>della</strong>classe. Naturalmente la risoluzione <strong>di</strong> questi conflitti, personali e relazionali, puòessere migliore o peggiore in funzione dei <strong>di</strong>versi livelli delle variabili in gioco; sel’atteggiamento raccolto in famiglia non è <strong>di</strong> sola acquiescenza allora la riflessione del


26s<strong>oggetto</strong> lo porterà comunque a mantenere il nucleo forte dell’atteggiamento, variandosolo un po’ il comportamento (“la scuola è importante, ma poiché non mi chiedono <strong>di</strong>lavorare io mi adeguo”); in caso contrario potrebbe essere l’atteggiamento amo<strong>di</strong>ficarsi (ho sempre saputo che la scuola non mi piace, quin<strong>di</strong> adesso posso nonfare niente).L’esempio proposto è molto banale e semplicistico, ma il suo scopo è quello <strong>di</strong> farriflettere il lettore su <strong>come</strong> ogni comportamento, anche il più deprecabile, possaessere spiegato in vari mo<strong>di</strong> e partendo da aspetti <strong>di</strong>versi dell’esperienza soggettiva.Un’altra considerazione: nel paragrafo 2 abbiamo parlato <strong>di</strong> stili “autoritari” nellaconduzione dei gruppi; se provassimo a considerare la famiglia un piccolo gruppo così<strong>come</strong> la classe? Genitori autoritari ed insegnanti autoritari, oppure democratici olaissez-faire trasmettono i loro atteggiamenti ed i ragazzini……acquiescenza?Identificazione? Interiorizzazione? Difficile fare una corrispondenza termine a temine,però c’è spazio per riflettere!SCHEDA 5Atteggiamenti, valori, conflittiNel 1943 Newcomb stu<strong>di</strong>ò in un college americano il modo in cui si mo<strong>di</strong>ficano gliatteggiamenti in una situazione che vede l’influenza <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> riferimento conatteggiamenti e valori <strong>di</strong>versi. All’epoca <strong>della</strong> ricerca il college era frequentato quasiesclusivamente da studenti bianchi, protestati, <strong>di</strong> elevato ceto sociale, provenienti dafamiglie conservatrici; il college aveva uno stile <strong>di</strong> vita molto democratico, in cuierano favoriti i rapporti sociali e gli scambi fra studenti ed insegnati.Il ricercatore fu colpito dal fatto che mentre le matricole <strong>di</strong>mostravano ideeconservatrici, gli studenti più anziani mostravano atteggiamenti liberal-democratici;


27decise allora <strong>di</strong> seguire un gruppo <strong>di</strong> studenti dall’ingresso al college fino al <strong>di</strong>ploma,in una ricerca longitu<strong>di</strong>nale ed utilizzando questionari ed interviste.Nel gruppo stu<strong>di</strong>ato alcuni studenti <strong>di</strong>mostrarono un maggior cambiamento nei loroatteggiamenti politici; si trattava degli studenti meglio integrati nella vita del college,più rispettati dai loro compagni per le idee liberali professate, più <strong>di</strong>staccati dallafamiglia rispetto alla quale avevano assunto una posizione <strong>di</strong> messa in <strong>di</strong>scussione e <strong>di</strong>in<strong>di</strong>pendenza.E gli altri? Quasi l’esatto contrario: più marginali nella vita <strong>di</strong> college, meno sicuri <strong>di</strong>sé, più <strong>di</strong>pendenti dalla famiglia.Come si può notare il cambiamento è spesso produttivo! Ciò che non sappiamo è ilmodo in cui le famiglie d’origine abbiano accolto l’inizio <strong>di</strong> questo cambiamento, secon <strong>di</strong>sponibilità o chiusura, ma ancora una volta si coglie la stretta articolazione fra ilsociale e l’in<strong>di</strong>viduale.Nota: il brano è adattato da Trentin R. (1995) Gli atteggiamenti sociali, In L. ArcuriManuale <strong>di</strong> psicologia sociale, Bologna Il Mulino.Newcomb T.M (1943) Personality and social change:attitude formation in a studentcommunity. New York, Rinheart & Winston.Per ragioni <strong>di</strong> correttezza, non conoscendo personalmente i lettori e quin<strong>di</strong> per nonoffendere in nessun modo il loro punto <strong>di</strong> vista, gli esempi che abbiamo fatto fino adora sono stati volutamente “neutri”, hanno riguardato oggetti sociali (<strong>come</strong> la scuola)su cui esprimere un atteggiamento non richiama più <strong>di</strong> tanto la sfera dei valori e delleideologie. Però non possiamo non parlare anche <strong>di</strong> questo, infatti le ideologie vengonoconsiderate concezioni generali sul mondo sociale da cui derivano gli atteggiamenti.Pensiamo alla pena capitale: siamo favorevoli o contrari ? E l’Aids è solo unaterribile malattia o una sorta <strong>di</strong> punizione per aver avuto comportamenti sessuali<strong>di</strong>scutibili?Pensiamo alle ondate <strong>di</strong> immigrazione nel nostro paese: abbiamo mai avutoatteggiamenti razzisti? Quando e per chi in particolare?


28Ed infine politica liberale o conservatrice?Senza parlare poi dei pregiu<strong>di</strong>zi, cioè <strong>di</strong> un atteggiamento sfavorevole che tende adessere rigido e stereotipato, che induce forti emozioni e che <strong>di</strong>fficilmente si mo<strong>di</strong>ficaanche <strong>di</strong> fronte all’evidenza fornita da informazioni contrarie a quelle possedute daisoggetti. Per fare un esempio, su una scala a 7 punti (1= assolutamente in <strong>di</strong>saccordo ;7 = assolutamente d’accordo) provate a rispondere all’affermazione“Manderei via dall’Italia gli zingari perché sono tutti ladri”Poi provate a <strong>di</strong>scutere dell’argomento con chi ha segnato un punteggio pari a 6 o 7!Ad ogni argomentazione favorevole controbatterà con una contraria e <strong>di</strong> fronte ad casoconcreto, magari anche da lui ben conosciuto, lo liquiderà con la frase “E’ l’esempioche conferma la regola!”.D’altro canto il pregiu<strong>di</strong>zio che più orrore ha prodotto negli ultimi decenni èsicuramente quello razziale, dal quale nessun paese è stato indenne; anche oggiesistono forti pregiu<strong>di</strong>zi soprattutto nei confronti delle classi sociali più deboli esvantaggiate ( <strong>di</strong> cui gli immigrai sono solo una parte!)Lasciamo al lettore la riflessione, ma ricor<strong>di</strong>amo che al centro <strong>di</strong> essa dovrebbe essereposto un preadoloscente: quale <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> atteggiamento possiamo trovare neiconfronti <strong>di</strong> un ragazzino un tunisino o verso i compagni <strong>di</strong> nostro figlio? Esseresieropositivi non è certo una colpa, ma lasceremmo giocare nostro figlio con unragazzino sieropositivo?Domande senza risposta…risposte che generano domande!6 . L’amiciziaNella Fattoria degli animali, preparando la rivoluzione, ci si interroga su chi siano gliamici ed i nemici


29“… e fra voi animali ci sia perfetta unità <strong>di</strong> vedute, solidarietà perfetta inquesta lotta. Tutti gli uomini sono nemici. Tutti gli animali sonocompagni”. Avvenne qui un tremendo scompiglio. (…) Il Vecchiomaggiore alzò la zampa per imporre il silenzio.“Compagni – <strong>di</strong>sse – ecco un punto che deve essere chiarito. Le creatureselvatiche <strong>come</strong> i topi e i conigli sono nostri amici o nostri nemici?Mettiamo la questione ai voti. Propongo all’assemblea il seguentequesito: i topi sono compagni? (Cap.1, pag. 9)Essere amici significa “con<strong>di</strong>videre” un parte <strong>della</strong> vita: i <strong>di</strong>vertimenti, le confidenze, idrammi; vuol <strong>di</strong>re aiutarsi, non pensare solo a se stessi, a volte anche soffrire orischiare in prima persona.Ma cosa si può definire <strong>come</strong> amicizia in campo psicologico? Cosa cambia nelle<strong>di</strong>verse età <strong>della</strong> vita?Attenzione!Cercheremo <strong>di</strong> focalizzare il <strong>di</strong>scorso sui <strong>preadolescenti</strong>, offrendo soprattutto esempisu <strong>di</strong> loro; ovviamente gli stu<strong>di</strong> sull’amicizia sono molti <strong>di</strong> più e riguardano tutte lefasce d’età!Come si può rispondere alla domanda “Cosa mi aspetto da un amico”?I bambini (6-9 anni) col crescere dell’età ne danno una risposta in termini <strong>di</strong> :- “stare insieme”: mi aspetto che il mio migliore amico giochi con me, che passi ilsuo tempo con me ( i soggetti più giovani);- “regole”: mi aspetto che il mio amico rispetti <strong>come</strong> me le regole del gioco, checon<strong>di</strong>vida le idee sulle cose giuste e su quelle sbagliate; le caratteristiche del mioamico sono la simpatia, la generosità, i mo<strong>di</strong> gentili, non aggressivi;- “empatia”: mi aspetto che il mio amica mi capisca, che con<strong>di</strong>vida i miei sentimentie le mie emozioni; un amico mi deve piacere, mi deve parlare dei suoi problemi,<strong>di</strong>vertirsi con me.


30Come si può notare si passa dal bisogno <strong>di</strong> “stare insieme” al bisogno <strong>di</strong>“comprensione”; non si tratta però <strong>di</strong> un percorso rigidamente evolutivo, quantopiuttosto <strong>di</strong> una sistematizzazione dell’argomento, nel senso che le tre modalitàrelative all’amicizia coesistono anche negli adulti, perché certo un amico mi devecapire, ma per questo mi piace passare del tempo con lui.Relativamente invece al modo in cui “si <strong>di</strong>venta amici”, mentre i bambini più piccoli(6-7 anni ) sostengono che anche due estranei possono <strong>di</strong>ventare amici se “trascorronomolto tempo insieme” i <strong>preadolescenti</strong> sostengono invece che occorre prima scopriredelle somiglianze fra le persone, stabilire delle relazioni <strong>di</strong> reciprocità che <strong>di</strong>ventanola base per far nascere un’amicizia; queste relazioni sono fondamentalmente :con<strong>di</strong>videre attività, interessi e sentimenti personali.Inoltre vengono spesso scelti <strong>come</strong> amici i ragazzini percepiti <strong>come</strong> “più simili a sé”,e quin<strong>di</strong> percepiti già in partenza <strong>come</strong> più <strong>di</strong>sponibili.SCHEDA 6L’aggressività: fattore innato o acquisito?Aggressività è un termine <strong>di</strong> cui si fa un largo uso, ma non sempre lo si utilizza perin<strong>di</strong>care il medesimo fenomeno; si va dal bambino <strong>di</strong> asilo nido che morderipetutamente i compagni, si passa dai piccoli “bulli”, si arriva all’adulto “emergente”con un atteggiamento aggressivo nei confronti dei colleghi. Come riassume Caprara(1995), utilizzando il contributo <strong>di</strong> vari autori:“.. geni ed ambiente interagiscono fin dal concepimento assicurando all’organismonon solo <strong>di</strong> piegarsi alle esigenze dell’ambiente, ma <strong>di</strong> agire profondamente su <strong>di</strong>esso. Anche per il biologo le varie fonti <strong>di</strong> aggressione, <strong>come</strong> ogni altramanifestazione comportamentale, si iscrivono e trovano senso nel “<strong>di</strong>alogo continuotra l’organismo e l’ambiente”Ancor più oggi che in passato, i progressi <strong>della</strong> biologia e <strong>della</strong> genetica avvaloranola convinzione che “non vi è alcuna evidenza fisiologica a favore <strong>di</strong> una stimolazione


31alla lotta spontanea emergente all’interno dell’organismo” e che “ non è la naturadell’uomo, ma il modo in cui l’uomo viene cresciuto in questo mondo che richiede lanostra attenzione” (1)Quin<strong>di</strong>, in questa prospettiva i comportamenti aggressivi nell’uomo e nel bambinonon sarebbero mai prodotti “dall’istinto <strong>di</strong> sopravvivenza” o dalla forza <strong>della</strong>“selezione naturale”, quanto piuttosto dai contesti dello sviluppo edell’appren<strong>di</strong>mento; un ragazzino aggressivo non è quin<strong>di</strong> un s<strong>oggetto</strong> che cerca <strong>di</strong>affermare se stesso usando strategie ataviche, una sorta <strong>di</strong> “troglo<strong>di</strong>ta”comportamentale, quanto piuttosto il risultato <strong>di</strong> una cultura nella quale l’aggressivitàtrova spazio in forma <strong>di</strong>verse, ideali, verbali e fisiche.Seguendo un approccio psico-sociale occorre approfon<strong>di</strong>re la <strong>di</strong>mensione dei rapportiinterpersonali che interessano un s<strong>oggetto</strong>.Facile partire dalla famiglia (genitori autoritari i cui figli hanno spesso comportamentiaggressivi, ma anche genitori laissez-faire che non riescono a contenere l’aggressivitàmanifestata dai figli dentro le mura domestiche), più complesso è immaginare lafamiglia <strong>come</strong> un elemento <strong>di</strong> un sistema culturale che può fare <strong>della</strong> violenza, edell’aggressività <strong>come</strong> manifestazione <strong>di</strong>retta, un valore da rispettare; più tristeimmaginare che fratelli, parenti amici possano più o meno intenzionalmente rinforzarecomportamenti aggressivi; umiliante ascoltare i <strong>di</strong>aloghi <strong>di</strong> alcuni uomini adulti, equin<strong>di</strong> anche <strong>di</strong> alcuni ragazzini, quando parlano del genere femminile o <strong>di</strong> chi faticaa trovare un’dentità <strong>di</strong> genere; irritante assistere a quanto si verifica in classe se un“maschio” non ama giocare a pallone oppure non gra<strong>di</strong>sce i giochi fisici e preferiscegiochi tranquilli, anche in compagnia delle femmine.Ma la cultura è un prodotto sociale e noi tutti vi contribuiamo attivamente ed anchepassivamente, lasciando che le cose accadano senza intervenire; inoltre su questiaspetti gli adulti sono spesso ambivalenti, poiché allo sta<strong>di</strong>o “possono sfogarsi” e<strong>di</strong>rne <strong>di</strong> tutti i colori, magari in presenza dei figli, ai quali raccomandano la mattinadopo “<strong>di</strong> non <strong>di</strong>re parolacce e <strong>di</strong> ascoltare i professori”.


32(1) Caprara G. V. (1995) Aggressività ed altruismo, in L. Arcuri Manuale <strong>di</strong>psicologia sociale, Bologna, Il Mulino, pag.347. Il brano riportato contiene lacitazione <strong>di</strong> altri autori (Karli 1984; Scott 1958; Montagu 1968) per i qualiriman<strong>di</strong>amo al testo originale.Seguendo un approccio <strong>di</strong>verso, lo stu<strong>di</strong>o dell’amicizia si inserisce nell’ambito deglistu<strong>di</strong> relativi al processo <strong>di</strong> socializzazione, poiché entra a far parte <strong>di</strong> quella cheCorsaro 6 definisce “Cultura dei coetanei” e cioè un insieme stabile <strong>di</strong> attività, valori,interessi ed obiettivi comuni che i bambini con<strong>di</strong>vidono nel corso delle interazioni coni coetanei.Con questa prospettiva più contestuale e meno propensa ad in<strong>di</strong>viduare “tappeforzate” nello sviluppo dei bambini, è possibile cogliere <strong>come</strong> attraverso le relazioni<strong>di</strong> amicizia passino i conflitti ed i cambiamenti che interessano in modo ra<strong>di</strong>cale leprime età <strong>della</strong> vita; non si tratta <strong>di</strong> un gioco <strong>di</strong> parole per non usare il termine“adolescenza”, che ovviamente risuona tra le righe, ma <strong>di</strong> un’attenzione <strong>di</strong> chi scrive anon guidare il lettore verso conclusioni affrettate. I conflitti sono caratteristici <strong>di</strong> ognietà <strong>della</strong> vita; in alcuni perio<strong>di</strong>, fra questi l’adolescenza, si intensificano e spessocontrappongono il ragazzo alle regole <strong>della</strong> famiglia e <strong>della</strong> società; per gli adulti sonoepiso<strong>di</strong> “più salienti”, tutti i genitori se li aspettano, nei <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> tutti i giornil’adolescenza è descritta più in termini <strong>di</strong> conflitti che <strong>di</strong> acquisizioni. Ovviamente ilrapporto fra le due componenti è <strong>di</strong> maggiore equilibrio e l’adolescenza non è solo“un età <strong>di</strong>fficile”.Riprendendo il filo del <strong>di</strong>scorso, il primo in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> cambiamento anche neirapporti <strong>di</strong> amicizia è la separazione tra i sessi, che culmina nei <strong>preadolescenti</strong> per poiricomporsi in seguito; i gruppetti <strong>di</strong> amici ed amiche si incontrano o si sfiorano dentroe fuori dalla scuola, ma soprattutto <strong>di</strong>scutono al loro interno.Di cosa <strong>di</strong>scutono? Fanno pettegolezzi sugli assenti, <strong>di</strong>mostrando così anche quantosia forte per tutti il bisogno <strong>di</strong> stare fisicamente insieme ( le ricerche <strong>di</strong>cono che6Corsaro W.A., Eder D. (1990) Children’s Peer Cultures, American Review ofSociology, 16, pp.197-200.Il tema è approfon<strong>di</strong>to in:Carugati F., Selleri P (19959 Il processo <strong>di</strong> socializzazione. In L. Arcuri Manuale <strong>di</strong>psicologia sociale, Bologna, Il Mulino.


33questo riguarda <strong>di</strong> più le ragazzine….), si raccontano più e più volte gli episo<strong>di</strong>accaduti a scuola, accompagnati dai loro commenti e dalle valutazioni sui professori(costruiscono il loro significato dell’esperienza scolastica), confrontano le <strong>di</strong>verseregole familiari per in<strong>di</strong>viduare strategie <strong>di</strong> negoziazione con i genitori (mettono in<strong>di</strong>scussione le regole e l’autorità degli adulti).Essere amici implica quin<strong>di</strong> anche la capacità <strong>di</strong> adattarsi progressivamente aicambiamenti e questo compito è facilitato dal rispetto guadagnato presso gli altri edalla sicurezza sulla propria identità (Confronta con il paragrafo 3!).In altre parole ciò che conta è possedere uno status sociale positivo, godere peresempio <strong>di</strong> popolarità far i compagni, al contrario esistono ragazzini marginali se nonad<strong>di</strong>rittura rifiutati; su quest’ultimo tema si può ad<strong>di</strong>rittura parlare <strong>di</strong> una “carriera”dei ragazzi marginali, che sono tali fin dalla scuola elementare e così restano neglianni successivi. In questi bambini si trovano spesso due caratteristiche, in alcuni casiassociate pericolosamente fra loro: la scarsità <strong>di</strong> abilità sociali (entrare nei giochi,saper negoziare, argomentare…) e comportamenti più o meno aggressivi.Sono frequentemente questi ragazzini marginali a preoccuparci <strong>di</strong> più, perché in lorotemiamo <strong>di</strong> riconoscere i “sintomi” <strong>di</strong> problemi futuri o <strong>di</strong> devianza; maripercorriamo un attimo il <strong>di</strong>scorso fatto fino ad ora e chie<strong>di</strong>amoci dove sono gliadulti.Cosa dovrebbe fare un educatore quando si accorge delle scarse abilità sociali <strong>di</strong> unbambino? Dovrebbe aiutarlo a costruirle.Come, <strong>di</strong>rete? Per esempio facendogli vedere in atto le routine <strong>di</strong> accesso ai giochi(“se un gruppo <strong>di</strong> bambini gioca con la palla, l’ultimo arrivato non può inserirsi <strong>di</strong>colpo, ma deve prima osservare, poi raccogliere la palla caduta, poi avvicinarsilentamente fino a quando non gli verrà consentito <strong>di</strong> partecipare”), anticipando cosapuò accadere se si fa prendere dalla rabbia e <strong>di</strong>venta aggressivo (“ se tu faiquesto…allora..); in altre parole accompagnando il bambino marginale nel suopercorso <strong>di</strong> acquisizione <strong>di</strong> abilità sociali e <strong>di</strong> controllo dell’aggressività.E non basta farlo una sola volta; i bambini marginali devono essere in<strong>di</strong>viduatiprecocemente, osservati ed aiutati fin da piccoli, per evitare che si inneschino


34meccanismi “<strong>di</strong> carriera” (ricordate quanto è stato detto nel paragrafo 4 a propositodelle euristiche nella costruzione del giu<strong>di</strong>zio sugli altri? Se io penso che sia unragazzino prepotente….tutto ciò che accade mi serve per confermare la mia idea.. equin<strong>di</strong> la carriera è segnata!).Comunque riconoscere i propri amici è <strong>di</strong>fficile, anche nella Fattoria degli Animali; la<strong>di</strong>stinzione fra amici e nemici verrà poi riassunta dall’abile maiale Palla <strong>di</strong> Nevein un’unica massima, e cioè…“Quattro gambe, buono; due gambe cattivo”. Ciò, <strong>di</strong>sse, contiene il principioessenziale dell’Animalismo. Chi si fosse bene imbevuto <strong>di</strong> tale massima sarebbe statoal sicuro da ogni influenza umana…(Cap. 3, pag.28)7 . I gruppiNella Fattoria gli animali sono uniti nella lotta contro l’Uomo, oppressore e causa <strong>di</strong>tutti i mali; occorre però darsi delle regole:“… Essi spiegarono che , con lo stu<strong>di</strong>o dei tre ultimi mesi, i maiali eranoriusciti a concretare i principi dell’Animalismo in Sette Comandamenti.(…) I comandamenti furono scritti su un muro incatramato, a gran<strong>di</strong>lettere bianche che si potevano leggere alla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> trenta metri.Eccone il testo:I SETTE COMANDAMENTI1) Tutto ciò che va su due gambe è nemico2) Tutto ciò che va su quatto gambe o ha ali è amico3) Nessun animale vestirà abiti4) Nessun animale dormirà in un letto5) Nessun animale berrà alcolici6) Nessun animale ucciderà un altro animale7) Tutti gli animali sono eguali


35(Cap.2, pag.21)Si deve a Kurt Lewin (confronta paragrafo 2) la definizione psico-sociale del gruppo,intesa non solo <strong>come</strong> somiglianza o <strong>di</strong>fferenza fra gli in<strong>di</strong>vidui che ne fanno parte, ma<strong>come</strong> un insieme <strong>di</strong> soggetti legati da forme <strong>di</strong> interazione sociale; si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>un insieme che ha <strong>come</strong> forza l’inter<strong>di</strong>pendenza dei suoi membri. Inoltre il gruppodeve essere riconosciuto <strong>come</strong> tale da altri gruppi, deve quin<strong>di</strong> avere una sorta <strong>di</strong>identità specifica, che metta in luce verso l’esterno le <strong>di</strong>fferenze e verso l’interno lesomiglianze.I membri <strong>di</strong> un gruppo con<strong>di</strong>vidono un “destino comune”, che ne rappresenta la forza<strong>di</strong>namica.Ve<strong>di</strong>amo ora quali sono le <strong>di</strong>namiche principali che attraversano i gruppi:- lo status dei membri, cioè la posizione sociale che ognuno <strong>di</strong> essi occupa. I membri<strong>di</strong> status più elevato sono coloro che godono <strong>di</strong> maggior rispetto, guadagnato con leazioni in funzione del gruppo, quelli che “pensano” per il gruppo e dai quali gli altrimembri si aspettano che...si comportino in un certo modo, ma sempre per il bene delgruppo;- il ruolo dei membri, cioè la posizione occupata nella gerarchia; c’è l’ultimo arrivatoe quello che ha il ruolo “<strong>di</strong> guida”, a cui gli altri si rivolgono; c’è il “capro espiatorio”con la funzione <strong>di</strong> raccogliere su <strong>di</strong> sé le <strong>di</strong>namiche negative, c’è l’anziano e il saggio;spesso i ruoli producono molti conflitti, ma servono anche a dare chiarezza e sicurezzaal gruppo;- le regole e le norme del gruppo, in alcuni casi imposte ed in altri definite insieme;hanno lo scopo <strong>di</strong> contenere le <strong>di</strong>fferenziazioni e le <strong>di</strong>fferenze interin<strong>di</strong>viduali, per cuidalle norme sul comportamento si può arrivare anche a quelle sull’abbigliamento; laloro funzione è in ogni caso <strong>di</strong> coesione fra i membri;- la comunicazione, per quanto riguarda i membri (centrali – periferici), lo stilecomunicativo ( più formale o informale), il gergo utilizzato (serve perriconoscersi!).


36Attenzione!Dopo queste poche righe varrebbe la pena che il lettore “si guardasse intorno”,in<strong>di</strong>viduando un qualsiasi preadolescente ed osservandolo per un po’ <strong>di</strong> tempo,raccogliendo un po’ <strong>di</strong> informazioni:- quale scuola frequenta?- Come si valuta nelle materie: bravo, me<strong>di</strong>ocre, insufficiente?- Chi sono i suoi migliori amici?- Qual è il compagno più” ascoltato”- In quale modo non potrebbe mai andare vestito a scuola?- Qual è l’offesa più frequente che sente in<strong>di</strong>rizzare a ragazzini <strong>di</strong> una scuola<strong>di</strong>versa o <strong>di</strong> una razza <strong>di</strong>versa?- Quando sta con gli amici, <strong>di</strong> cosa parlano più spesso?Ovviamente non si tratta <strong>di</strong> un’indagine scientifica, ma <strong>della</strong> possibilità <strong>di</strong> prendersiuna pausa nello stu<strong>di</strong>o, per vedere se le cose lette e stu<strong>di</strong>ate fino ad ora … riguardanoveramente i <strong>preadolescenti</strong>. Inoltre occorre riflettere sul fatto che spesso i ragazziniche incontriamo e che cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> conoscere appartengono a contesti molto ristretti:se è nostro figlio è stato socializzato nella nostra famiglia e ne rispecchia in largamisura le caratteristiche; se lo abbiamo incontrato in un centro ricreativo loosserveremo sempre in relazione alle caratteristiche <strong>di</strong> quel particolare contesto; se cisiamo occupati <strong>di</strong> lui in quanto “a rischio” ci troviamo <strong>di</strong> fronte a casi estremi e lecaratteristiche del suo gruppo <strong>di</strong> appartenenza ci potrebbero essere sconosciute.E’ vero ancora una volta che le euristiche possono venirci in aiuto (confrontaparagrafo4).. ma a questo punto nessuno <strong>di</strong> noi cadrebbe più ingenuamente in questotrabocchetto.Scheda 7


37La coerenza nei gruppiNel film Il verdetto <strong>di</strong> Sidney Lumet do<strong>di</strong>ci giurati devono decidere sull’innocenza ola colpevolezza <strong>di</strong> un giovane accusato dell’assassinio del padre; uno solo <strong>di</strong> essi(interpretato da Henry Fonda) ha un dubbio e resistendo passivamente ai tentativi fattidagli altri un<strong>di</strong>ci per convincerlo riesce a far sorgere “il ragionevole dubbio” cheporta al verdetto <strong>di</strong> non colpevolezza (1) . Il comportamento <strong>di</strong> questo membro <strong>di</strong> ungruppo certamente particolare (i giurati non si sono scelti, sono molto <strong>di</strong>versi fra loro,hanno idee <strong>di</strong>verse ma hanno un destino comune che deriva da un principio eticomorale)è improntato alla serietà, è risoluto, argomentativo, sicuro <strong>di</strong> sé; il suo ruolo èidentico a quello degli altri, ma il suo status cambia lentamente e “ viene ascoltato” ,per la sua luci<strong>di</strong>tà e per la sua coerenza. Serge Moscovici nel suo volume su influenzasociale e il cambiamento (1976) afferma che la forza dei singoli o dei piccoli gruppi(quin<strong>di</strong> delle minoranze!) va ricercato nel loro stile <strong>di</strong> comportamento, capace <strong>di</strong>influenzare (Positivamente? Negativamente?) gli altri. Una minoranza deve avere unaposizione ben definita su <strong>di</strong> un problema, rimanendovi “fedele nel tempo”, resistendoalla pressione <strong>della</strong> maggioranza.E i nostri <strong>preadolescenti</strong>? Si possono formulare ipotesi sul perché, nei casi <strong>di</strong>fficili,non sia sufficiente spiegare che un certo comportamento è ”a rischio”, oppure che èconsigliabile non frequentare troppo una certa compagnia <strong>di</strong> amici? Il processo <strong>di</strong>influenza nei gruppi è una <strong>di</strong>namica molto sottile, ma potente; la fonte d’influenzapotrebbe essere anche negativa, con tutte le conseguenze del caso.


38Nota – Adattato da: Hewstone M., Stroebe W., Codol J-P., Stephenson G. (1988)Introduzione alla psicologia sociale, Tr. it Bologna, Il Mulino, pag.401.I gruppi, in quanto entità sociale, ripropongono con alcune variazioni dei fenomeniche si incontrano nei singoli; per esempio assistiamo a fenomeni <strong>di</strong> categorizzazioneverso gli “altri gruppi”:- noi siamo studenti <strong>della</strong> scuola XYZ, nella quale andavano anche i nostri genitorie molti <strong>di</strong> loro erano ad<strong>di</strong>rittura compagni <strong>di</strong> scuola poi hanno fatto il liceoinsieme;- poi in un certo anno scolastico alla nostra scuola ne viene accorpata un’altra, chesi trova in un quartiere <strong>di</strong>verso.- Allora NOI, che ci pensiamo in un certo modo e ci giu<strong>di</strong>chiamo positivamente,attribuiamo a LORO caratteristiche negative (sono peggio <strong>di</strong> noi, sono vestiti malee peggio….), usiamo più facilmente stereotipi ed i pregiu<strong>di</strong>zi;- se ci mettono in competizione <strong>di</strong>ventiamo aggressivi.Nel famoso campeggio stu<strong>di</strong>ato da Sherif 7 (1966), i due gruppi <strong>di</strong> ragazzini che eranostati contrapposti sperimentalmente (Aquile contro Serpenti a Sonagli) riuscirono aridurre la loro ostilità intergruppo solo introducendo (in modo altrettantosperimentale) uno scopo sovraor<strong>di</strong>nato. Venne chiusa la conduttura dell’acqua ed airagazzi fu detto che avrebbero dovuto coor<strong>di</strong>nare i loro sforzi per eliminare ilproblema e permettere alla vacanza <strong>di</strong> continuare. I ragazzi lentamente iniziarono acooperare ed in poco tempo i reciproci giu<strong>di</strong>zi negativi si attenuarono.Ancora una volta ci sembra <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re che occorre conoscersi prima <strong>di</strong> dare giu<strong>di</strong>zisugli altri.7 Sherif M. (1966) Group conflict and cooperation: their social psychology. Londra,Routledge.


39Nella Fattoria degli animali, però, le cose stanno lentamente cambiando; leregole dell’Animalismo, idea fondamentale del gruppo, subiscono lievi mo<strong>di</strong>fiche, chegli animali sembrano non notare“…Tuttavia gli animali furono turbati nell’u<strong>di</strong>re che i maiali non soloprendevano i pasti in cucina e usavano il salotto <strong>come</strong> luogo <strong>di</strong>ricreazione, ma che anche dormivano nei letti (…) “Muriel – <strong>di</strong>sse Berta– leggimi il quarto comandamento. Non <strong>di</strong>ce qualcosa in merito al nondover dormire mai in un letto?”(…) Muriel compitò “Dice: Nessun animale dovrà dormire in un letto conlenzuola – annunziò finalmente (Cap. 6, pag. 57).Poi fra scopi sovraor<strong>di</strong>nati ( deve essere sempre costruito e ricostruito un mulino avento nei momenti <strong>di</strong> crisi!), adesione completa alla causa, in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un caproespiatorio, un giorno i comandamenti <strong>di</strong>ventarono uno soloTUTTI GLI ANIMALI SONO EGUALI MA ALCUNI ANIMALI SONO PIU’EGUALI DEGLI ALTRIEd i maiali, seduti a tavola con i nuovi amici Uomini, non si <strong>di</strong>stinguevano più dailoro commensali.


40Bibliografia <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento1 - E’ utile cercare gli approfon<strong>di</strong>menti che più interessano riguardo ai temi <strong>della</strong>psicologia sociale utilizzando alcuni manuali:- Amerio P. (1995) Fondamenti teorici <strong>di</strong> <strong>Psicologia</strong> sociale. Bologna, Il Mulino.- Arcuri L. (1995, a cura <strong>di</strong>) Manuale <strong>di</strong> <strong>Psicologia</strong> sociale. Bologna, Il Mulino.- Zani B. (1995, a cura <strong>di</strong>) Le <strong>di</strong>mensioni <strong>della</strong> psicologia sociale. Roma, LaNuova Italia Scioentifica.2 - Notizie dettagliate sui lavori <strong>di</strong> Lewin si possono trovare in:Marrow A.J. (1969) Kurt Lewin tra teoria e pratica, Firenze, La Nuova Italia,1977.3 - Un approfon<strong>di</strong>mento dello sviluppo dell’identità si trova in :Carugati, Palmonari, Cavazza (1999) Lo sviluppo dell’identità. In M.W.Battacchi (a cura <strong>di</strong>) Trattato enciclope<strong>di</strong>co <strong>di</strong> psicologia dell’età dello sviluppo ,Piccin Padova.Identità ed etnia:Cacciaguerra F. (1994) Il contagio razzista nei figli, Torino, Oasi E<strong>di</strong>trice.4 – Sull’adolescenza:Palmonari A. (1997, a cura <strong>di</strong>) <strong>Psicologia</strong> dell’adolescenza. Bologna, Il Mulino.5- In generale, per leggere, passarsi il tempo e riflettere:Potok C. (1999) Zebra ed altre storie. Milano , Garzanti.

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