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Ulisse_october

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ECCELLENZA MODE“Moore”, francesina in vitello marrone“Wilson” in vitello nero lucidato a manodi casa. Corrono gli Anni 70 e mentre Milano vive la violenzaterrorista, nella tranquillissima Corridonia il signor AndreaSantoni - capofabbrica in un’azienda di calzature a macchina- sogna di fabbricarne di sue, a mano. La moglie Rosa cuceabiti da sposa, ma è disposta a seguire il marito nell’impresa.Con la liquidazione, comprano qualche macchina e assumonole prime orlatrici. Andrea Santoni inizia subito a brevettaremetodi di costruzione della calzatura; fa fresare suole e tacchisingolarmente, consapevole dei danni alla postura che anche unerrore di un millimetro può provocare. Ogni giorno, Giusepperientra dalle lezioni all’Istituto tecnico per ragionieri e s’infila inlaboratorio. «Non ho mai pensato di fare altro», dice, e sebbenesia tuttora in grado di orlare una scarpa da solo (saper costruirequel che si vende è il tratto tipico di una certa imprenditoriainternazionale), è alle relazioni con l’estero che si applica dasubito: adolescente, traducendo i fax che arrivano dagli Usa;appena diplomato e subito amministratore unico, aprendo unmercato dopo l’altro: «Il Giappone, innanzitutto, e poi HongKong, Taiwan, la Cina. Dagli americani avevo imparato il rispettodelle tempistiche, ma partivo da un grande prodotto, elo sapevo raccontare». Nel 1990, quindici anni dopo il debutto,il trasloco nel primo vero stabilimento - mille metri quadratie 30 addetti - e l’inevitabile innesto della tecnologia in alcunefasi della produzione, sebbene la maggior parte dei passaggisia tuttora fatta a mano, compresa la lucidatura, sulla quale sivede affaccendato un gruppo multietnico, concentrato fra spugne,pezzuole e chiacchiere. I dipendenti ora sono 500, di cui iquattro quinti addetti alla produzione, relativamente giovani equasi tutti formati in azienda: «perché scuole che insegnino lenostre tecniche non esistono». Anche la distribuzione si è equilibrata:25% Europa, 15% rispettivamente Stati Uniti, EstremoOriente, Europa Orientale. Nell’ultimo anno, Giuseppe Santoniha dovuto assumere le deleghe alla finanza e controllo affidatealla sorella Ilenia, scomparsa dopo una breve e tragica malattia:tante decisioni avrebbe ancora voluto prenderle con lei, nonchèmostrarle ognuna di quelle calzature femminili mai lezioseche escono dalla matita dei direttori creativi. Per ogni scarpa civogliono sei settimane di lavorazione e Giuseppe tratta personalmentecon le concerie su spessore, mano, grane delle pelli.Nel sancta sanctorum della Santoni, un caveau a temperaturacostante, si conservano migliaia di pezze pregiate al naturale:coccodrillo, cordovan texano. «Lavoriamo con una scorta dinove mesi». Nel mondo, c’è una clientela che di oscillazioni delmercato, rifornimenti e frontiere non s’interessa. Bisogna solooffrirle il bello.first real facility - a thousand square metres and 30 employees- and inevitably introduced technology in some stages of production.Most steps are still done by hand, including polishing,by a multi-ethnic group busied with sponges, rags and gossip.There are now 500 employees, four-fifths of them productionworkers, relatively young and almost all trained on-site: “Thereare no schools that teach our techniques”. Distribution wasalso balanced: 25% in Europe, with 15% in the United States,the Far East and Eastern Europe, respectively. In the last year,Giuseppe Santoni has had to take on finance and control dutiesfrom his sister Ilene, who died after a short and tragic illness:many decisions he would still have wanted to share with her,and show her each of these women’s shoes, never affected, asthey come from the creative directors’ drawing boards. Eachshoe takes six weeks to make, and Giuseppe deals personallywith tanneries on leather thickness, finish and grain. In theSantoni inner sanctum, a vault kept at a constant temperature,thousands of precious natural leathers are kept, including crocodileand Texas cordovan. “We work with a margin of ninemonths”. There is a world clientele uninterested in fluctuationsof market, supplies and borders. You just have to offer themsomething beautiful.Giuseppe SantoniULISSE OTTOBRE 2014 31

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