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Arte e propaganda tra rivoluzione e stalinismo - Sei

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<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong><strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>CULTURA,CIVILTÀE RELIGIOSITÀIPeRTeSToAvanguardia e <strong>rivoluzione</strong>Nel decennio 1910-1917, numerosi artisti russi aderirono o diedero vita a varie forme diavanguardia, che in comune avevano in primo luogo il rifiuto del realismo figurativo (inpittura) e delle forme metriche <strong>tra</strong>dizionali (in poesia). Al di là delle molteplici differenzee divergenze, essi rifiutavano il passato ed erano ansiosi di ricostruire tutto da capo: nonsolo l’arte, ma anche le strutture sociali, i valori morali e le gerarchie consolidate. Pertanto,subito dopo la vittoria della <strong>rivoluzione</strong>, vari poeti e pittori si misero immediatamente adisposizione del governo, a cominciare da Vladimir Majakovskij, capo riconosciuto delfuturismo russo, e furono collocati a guida delle istituzioni culturali più importanti, siaa livello cen<strong>tra</strong>le che in periferia.Ben presto, però, emersero i primi con<strong>tra</strong>sti fra gli artisti più politicizzati e quelli che,pur guardando con simpatia al nuovo governo, volevano sviluppare in modo autonomoil proprio lavoro artistico. Si pensi, ad esempio, a Marc Chagall, che aveva respintoil realismo riempiendo le sue tele di animali colorati e di figure leggere, che si libravanonell’aria, oppure a Vassilij Kandinskij, con la sua arte as<strong>tra</strong>tta e geometrica. Nel giro dipochi anni, en<strong>tra</strong>mbi furono destituiti dai ruoli prestigiosi che erano stati loro affidati,rispettivamente a Vitebsk (città natale di Chagall) e a Mosca. Il problema stava nelfatto che, nella nascente Russia sovietica, governo e artisti più in<strong>tra</strong>nsigenti erano convintiche l’arte dovesse essere rigidamente subordinata alle necessità politiche e ideologichedel partito-Stato, cioè <strong>tra</strong>sformarsi in un efficace strumento di educazione dellemasse e costruzione del consenso intorno alla <strong>rivoluzione</strong> e ai suoi obiettivi.Nei primi anni dopo la conquista del potere, i mezzi più usati furono il treno e il manifesto.I due oggetti erano strettamente connessi, visto che i cosiddetti treni d’agitazioneerano vistosamente decorati ed erano dei veri poster in movimento. Tramite la ferrovia, i➔Treni e manifestiUno dei cosiddetti trenidi agitazionedi cui si servivanoi bolscevichi per<strong>propaganda</strong>re in tuttoil Paese i messaggi della<strong>rivoluzione</strong> d’ottobre.IPERTESTO B1<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


IPeRTeSTo➔As<strong>tra</strong>ttismobolscevichi cercavano di raggiungere gli angoli più sperduti del Paese, di far arrivare ovunqueil messaggio del nuovo governo e di presentarsi come portatori di progresso e di modernizzazione.Gli artisti futuristi erano convinti che le masse fossero perfettamente in grado di comprendereil linguaggio e gli strumenti espressivi dell’avanguardia. l’esempio più famoso di questotipo di arte – a un tempo sperimentale, politicamente schierata e comprensibile nel suomessaggio di fondo – fu Batti il bianco con il cuneo rosso!, un manifesto di <strong>propaganda</strong> elaboratoda el lissitzky nel 1919, al tempo della guerra civile. Al centro dell’immagine, unenorme triangolo rosso pene<strong>tra</strong>va in un cerchio bianco, a segnalare che gli eserciti comunistiavrebbero sconfitto quelli controrivoluzionari.Non sempre, tuttavia, il messaggio era altrettanto facile da cogliere; si pensi, ad esempio, almonumento dedicato alla Terza Internazionale, dello scultore Vladimir Tatlin: progettatonel 1919-1920, consisteva solo in un’ampia struttura a forma di spirale, che si innalzava versol’alto. Ben presto, si cominciò a criticare queste opere, definendole spaventapasseri futuristi,e si smise di sostenerle finanziariamente. Intuendo l’inizio imminente di un nuovo cor-UNITÀ III2IL COMUNISMO IN RUSSIAIl poema Lenin, di Vladimir MajakovskijDOCUMENTIMajakovskij compose il lungo poema Lenin nel 1924. Il poeta fece un notevole sforzo per coniugareinnovazione stilistica e capacità di essere compreso dalle masse. L’accusa che sempre più spesso leautorità sovietiche muovevano agli artisti d’avanguardia era di essere privi di legami con il proletariatoe quindi, in un’ultima analisi, di fare poesia o pittura solo per se stessi. Sempre più isolato e deluso,Majakovskij infine si suicidò il 14 aprile 1930. Per ragioni di spazio, del poema riportiamo solo pochibrevi frammenti, a titolo esemplificativo.Scriverò un giornotante cosee tante,ma non è tempodi amorosechiacchiere.La miaforza poeticasquillantetutta la dono a te,classe all’attacco.Proletarioè parola goffa e angustaper quelliai qualiil comunismo è <strong>tra</strong>ppola.Per noial con<strong>tra</strong>rioè una possente musica,che puòsvegliare i mortiper combattere.Quando io<strong>tra</strong>ggo le sommedi ciò che ho vissutoe frugo nei giorniil momento più nitido,sempre ricordolo stesso minuto:il venticinque,l’inizio. […]«A tutti!A tutti!A tutti i reietti,Ai frontidi sangue ubriachi,agli schiavidi ogni genere,ai poveridai ricchi conculcati:Il potere ai Sovieti!Ai contadini la terra!Ai popoli la pace!Il pane agli affamati! […]Sia pace alle capanne,ed ai palazzi guerra,guerra,guerra!»V. MAjAKoVSKIj, Vita, poetica, opere scelte, Il Sole 24 ore, Milano 2008,pp. 423, 507, 513-517, <strong>tra</strong>d. it. A.M. RIPellINoLo scrittore russoVladimir Majakovski.Dal punto di vista stilistico, quale effetto ha ottenuto il poeta, per mezzo della sua <strong>rivoluzione</strong> graficad’avanguardia?Lo sperimentalismo stilistico e linguistico, in questo caso, non è portato all’eccesso. Per qualemotivo, a vostro giudizio, il poeta si è posto dei limiti?F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


so, fin dal 1922, un gruppo di pittori <strong>tra</strong>dizionalisti si fece avanti con un programma alternativopreciso: «Dobbiamo proporre con la nos<strong>tra</strong> pittura fatti reali e non costruzioni as<strong>tra</strong>tteche screditano la nos<strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> agli occhi della classe operaia». l’ultima mos<strong>tra</strong> d’artesperimentale si tenne nel 1923; da quel momento, accusata sempre più spesso di esserepiccolo-borghese, e privata del sostegno economico statale, l’avanguardia russa iniziò rapidamentea declinare e infine si spense. Al suo posto, trionfò di nuovo la <strong>tra</strong>dizione realista, ritenutapiù idonea a <strong>tra</strong>smettere la <strong>propaganda</strong> del partito.➔Un nuovo realismoIPeRTeSToCulto di Lenin e mito di StalinSubito dopo la morte, avvenuta il 21 gennaio 1924, lenin fu oggetto di un vero e proprioculto, consapevolmente con<strong>tra</strong>pposto alla religione ortodossa, che soprattutto nelle campagneera ancora molto viva, malgrado gli sforzi compiuti dal regime per estirpare la fede <strong>tra</strong>dizionale.Il corpo del capo bolscevico fu imbalsamato ed esposto alla contemplazionedei cittadini sovietici, come se fosse la reliquia di un santo. In un secondo tempo, vennecostruito nella Piazza Rossa, davanti al Cremino, unmausoleo a forma di cubo, nel quale la salma mummificatafu collocata, e che fu per vari decenni metadi pellegrinaggio da parte di singoli e di comitive.Di lenin, poi, si celebravano l’aspetto fisico (la frontealta, simbolo di intelligenza), la modestia e la sobrietàdi vita, e soprattutto le incomparabili doti umanee morali, <strong>tra</strong>lasciando ovviamente la disponibilitàall’assassinio su grande scala e la furia da cui erapervaso, quando si scagliava contro i propri avversario contro chi, semplicemente, aveva opinioni diversedalle sue. lo slogan di maggior successo fu quelloche insisteva su un punto cen<strong>tra</strong>le: Lenin, in realtà,non era morto, perché il suo spirito viveva ancorae la sua opera veniva proseguita dai nuovi dirigentidel partito e dello Stato.Questa insistenza sull’immortalità di lenin fu ampiamentesfruttata, a partire dalla fine degli anniVenti, da Stalin. Nella mitologia che ben prestocomparve intorno alla figura del potente successoredi lenin, si amava ricordare che egli avrebbecompiuto un vero giuramento al cospetto del leaderrivoluzionario: proseguire l’opera del fondatore,là dove lui era stato costretto a interromperla. Stalin,insomma, cercò sempre di presentare la sua politicanon come una propria originale creazione, bensìcome la fedele prosecuzione della linea leninista.Tuttavia, nel corso degli anni Trenta, il numero deiri<strong>tra</strong>tti e delle statue di Lenin diminuì, a tutto vantaggiodi quelli in cui Stalin appariva da solo o insiemeal leader bolscevico. Al con<strong>tra</strong>rio, tutti queicompagni e collaboratori di lenin che erano caduti in disgrazia, o addirittura erano statiprocessati e uccisi, scomparvero dalle fotografie e dalle ricostruzioni ufficiali della <strong>rivoluzione</strong>.Trockij, in particolare, grazie alla tecnica del fotomontaggio, fu cancellato dalleimmagini che lo ri<strong>tra</strong>evano vicino a lenin nell’ottobre 1917. A livello ideologico, l’operazionetrovò infine il proprio compimento nel 1938, allorché fu pubblicato l’ufficialevolume Storia del Partito Comunista dell’Unione Sovietica: un breve corso, scritto da Stalinin persona. Come ha scritto l’intellettuale dissidente polacco leszek Kolakowski, «leninè sempre presentato all’avanguardia della storia e Stalin immediatamente dietro di lui.Pochi individui di secondo o terzo piano, che furono così fortunati da morire prima del-F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010Manifestopropagandisticoin cui Lenin indicala via da seguire aStalin. Quest’ultimocercò sempre diaccreditarsi comeil naturalecontinuatore del“padre” della<strong>rivoluzione</strong> d’ottobre.IPERTESTO B3<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>


IPeRTeSToUNITÀ III4IL COMUNISMO IN RUSSIA➔Manifestiper le campagneRiferimento1 storiograficopag. 10Lo scrittore sovieticoDemjan Bednyj(al centro dell’immaginementre sorride) in visitaal canale che collegavail Mar Bianco al MarBaltico. Insieme ad altriintellettuali, Bednyjcontribuirà poi allastesura di un librocelebrativo dell’opera.le grandi purghe, sono menzionati brevemente in punti appropriati della storia. Quantoai leaders che veramente aiutarono lenin a creare il partito, ad attuare la Rivoluzionee a fondare lo stato sovietico, o non se ne parla affatto, oppure sono presentati come degliinfidi <strong>tra</strong>ditori e sabotatori che si infil<strong>tra</strong>rono nel partito e vi condussero tutta una carrieradi sabotaggi e di cospirazioni. Al con<strong>tra</strong>rio Stalin fu fin dal principio un leader infallibile,il miglior allievo di lenin, il suo aiutante più fedele e il suo più intimo amico».In molte occasioni, i cittadini sovietici compresero da soli quanto occorreva fare. Sono numerose,infatti, le testimonianze di fotografie o di altre immagini alterate da persone comuni,che cancellavano o coprivano con macchie di inchiostro figure diventate scomode e pericolose.In certi casi, può essere stata la paura, a indurre simili comportamenti; altre volte,invece, essi sono l’evidente segno di un’interiorizzazione del messaggio <strong>propaganda</strong>to.Il Paese più felice del mondoMan mano che la <strong>rivoluzione</strong> dall’alto staliniana <strong>tra</strong>sformava l’economia e la società sovietica,la <strong>propaganda</strong> di regime fu mobilitata per celebrare i successi del regime e nascondernei drammi. la collettivizzazione delle campagne fu accompagnata non solo da una martellantecampagna ostile nei confronti dei kulaki, ma anche da un’invasione di manifestiche raffiguravano contadini gioiosi e festanti, che esortavano a en<strong>tra</strong>re nei kolchoz. Al centrodella scena, troviamo spesso un <strong>tra</strong>ttore, simbolo di quella modernizzazione e di quellaefficienza che, invece, mancava clamorosamente alle fattorie collettive. Un altro frequentesimbolo della modernizzazione nelle campagne era una giovane figura femminile, che campeggiavaal centro dell’immagine e che recava sul capo un fazzoletto rosso. Dettaglio importante,mentre nel costume contadino tipico della <strong>tra</strong>dizione russa il fazzoletto era allacciatosotto al mento, il collo della giovane comunista che faceva <strong>propaganda</strong> per il kolchozera libero, in quanto il copricapo era allacciato sulla nuca, secondo una modalità deltutto inedita, simbolo – appunto – della nuova esistenza che (secondo le affermazioni delregime) sarebbe di lì a poco iniziata per la classe contadina.la <strong>propaganda</strong> sovietica celebrò apertamente anche il canale del Mar Bianco-Mar Baltico.Il ruolo di regista dell’operazione fu assegnato a Maksim Gor´kij, che nell’estate del 1933guidò un gruppo di scrittori a visitare il canale. Insieme, questi intellettuali stesero poiun libro (intitolato Kanal imeni Stalina – Il canale Stalin) che narrava in tono epico la costruzionedell’opera. Difficoltà e carenze tecniche non vennero taciute, ma l’accento fuF.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


posto sul fatto che migliaia di cittadini sovietici erano riusciti a superare tutti i problemie a completare l’impresa in tempi record. Mentre non si parlava, ovviamente, dei morti,non fu nascosto neppure il contributo del lavoro forzato: anzi, i detenuti vennero presentaticome dei penitenti, che grazie al duro lavoro finalmente avevano compreso i loroerrori politici e guardato al canale come ad un’eccezionale occasione di riscatto personale.Dopo queste prove generali, a partire dal 1934, a pittori e a scrittori (definiti da Stalin«ingegneri di anime») fu imposto un canone estetico ben preciso, che ricevette il nomedi realismo socialista. Romanzi, manifesti e quadri dovevano esprimere ottimismo e presentarel’URSS come il «Paese più felice del mondo», all’interno del quale ciascun lavoratoreoffre con gioia ed entusiasmo il suo contributo all’edificazione del socialismo. Parallelamenteall’azione degli artisti, la stampa diede molto risalto a quei lavoratori che siimpegnavano con ritmi da assalto nel proprio settore. la prima figura celebrata fu quelladel minatore Aleksej Stachanov, che il 31 agosto 1935 riuscì a es<strong>tra</strong>rre 102 tonnellatedi carbone (il 10% dell’intera produzione giornaliera della miniera) in un turno di6 ore. Stachanov fu imitato da molti altri, ma non sempre per desiderio di emulazione oentusiasmo per la causa. Questi eccezionali lavoratori, infatti, ricevevano ricompense estremamentegratificanti, in termini sia di salario e di generi di consumo, sia di successo e diprestigio, a livello nazionale e internazionale.Negli anni Trenta, la <strong>tra</strong>sformazione urbanistica di Mosca divenne uno dei veicoli più eloquentidella <strong>propaganda</strong> staliniana. Nel 1931, venne abbattuta l’imponente cattedrale diCristo Salvatore, completata nel 1883, dopo un lavoro durato 45 anni; questo simbolo,a un tempo, dello zarismo e della Chiesa ortodossa, secondo i progetti di Stalin avrebbedovuto essere sostituito da un Palazzo dei Soviet di dimensioni ciclopiche: la sua mole,infatti, avrebbe dovuto essere sei volte quella dell’empire State Building e portare sullapropria cima una statua di lenin alta 100 metri e pesante 6000 tonnellate. Compresa lastatua, il palazzo avrebbe dovuto raggiungere un’altezza di 415 metri.Questo tempio della nuova religione politica non fu mai eretto, in quanto il terrenoprescelto dimostrò subito di non essere in grado di reggere un edificio di tali dimensioni.I progetti di Stalin, allora, si indirizzarono verso la metropolitana della capitale,impresa che rese un effettivo servizio a una città in piena espansione, ma rivestìanche una s<strong>tra</strong>ordinaria funzione ideologica, dal momento che le stazioni più importantierano riccamente decorate di affreschi o mosaici che celebravano la <strong>rivoluzione</strong>, isuoi capi e i suoi trionfi.➔Un rigido canoneesteticoRiferimentostoriografico 2pag. 11➔MoscaPer esaltarel’industrializzazioneforzata, la macchinapropagandisticasovietica diede ampiorisalto alle figure degli“eroi del lavoro”.Tra questi vasicuramente ricordatoAleksej Stachanov(al centro della foto)che in un giorno riuscìa es<strong>tra</strong>rre una quantitàdi carbone 14 voltesuperiore alla media.Ancora oggi il terminestacanovistasta a indicare unapersona che lavoramoltissimo e coneccessivo zelo.IPeRTeSToIPERTESTO B5<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


IPeRTeSToUNITÀ III6IL COMUNISMO IN RUSSIA➔AvanguardiaManifesto russo deglianni Venti delNovecento chepubblicizza il filmLa corazzata Potëmkin.Cinema e potere in URSSl’intera industria cinematografica russa (25 case produttrici, concen<strong>tra</strong>te per il 90 per centoa Mosca) fu nazionalizzata nel 1919, cosicché l’unico committente di film divenne loStato, o meglio il Commissariato del popolo per la cultura, che controllava anche la letteraturae le arti. lenin stesso dichiarò che il cinema era, da un punto di vista comunista,«la più importante delle arti»: e questo era ancora più vero, dal momento che solo unaminima parte dei russi, negli anni Venti, sapeva leggere e scrivere. Portato nei più sperdutivillaggi dal treno di <strong>propaganda</strong>, il cinema fu presentato come il simbolo della modernità,che finalmente arrivava anche in Russia, grazie al nuovo governo proletario.la vicenda del cinema sovietico ricalca in larga misura quella delle arti figurative e dellaletteratura. Negli anni Venti, anche in questo ambito la <strong>propaganda</strong> e la celebrazione delnuovo regime furono affidate ad artisti d’avanguardia, cioè a registi che sperimentarononuove tecniche espressive, prima <strong>tra</strong> tutte quella del montaggio, cioè l’associazione di immaginie inquadrature girate separatamente, unite poi le une altre, al momento della realizzazionefinale del film. Quest’ultimo non era più un insieme continuo di scene, al puntoche a volte poteva anche assumere un andamento decisamente frammentario: nel suoeffetto finale, tuttavia, questa tecnica riusciva a suscitare nello spettatore impressioni visiveed emozioni che, a quell’epoca, nessun film prodotto in europa o in America riuscivaa comunicare.Nel 1924, si avvicinò al vivacissimo mondo dei cineasti sovietici Sergej Ejzenštejn (1898-1948), figlio di un architetto ebreo, celebre soprattutto per gli s<strong>tra</strong>ordinari palazzi in stileliberty che aveva realizzato a Riga, in lettonia. Nella fase iniziale della sua produzione,le sue più famose realizzazioni furono La corazzata Potëmkin (1925) e Ottobre (1927).Il primo film narrava un episodio della <strong>rivoluzione</strong> del 1905, iniziato con l’ammutinamentoverificatosi nel porto di odessa di un equipaggio di marinai, <strong>tra</strong>ttati in modo altezzosoe disumano dai loro aristocratici ufficiali; il secondo ricostruiva l’assalto al Palazzod’Inverno, nel decimo anniversario della presa del potere da parte dei bolscevichi. Peren<strong>tra</strong>mbi i film, ejzenštejn fece ampio ricorso sia ad attori non professionisti, presi dallas<strong>tra</strong>da in virtù delle loro caratteristiche fisiche, sia alla tecnica del montaggio. Nella sce-Un celebre fotogramma del film La corazzata Potëmkin: i cosacchi dello zarsparano sulla folla che si trovava sulla scalinata di Odessa. Come si puòintuire dall’immagine, anche la madre del bimbo sulla carrozzinanon è riuscita a sopravvivere al massacro e per il piccolo inizia una<strong>tra</strong>gica corsa lungo la scalinata.F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


na più famosa della Corazzata Potëmkin, si alternano le inquadrature dei soldati che scendonouna scalinata per reprimere la rivolta popolare, con i primi piani dei volti terrorizzatidi coloro che, nel giro di pochi istanti, saranno <strong>tra</strong>volti dai soldati stessi. In Ottobre,invece, le immagini in cui i cosacchi disperdono con la violenza le manifestazioni bolscevichedel luglio 1917 sono intercalate da altre in cui si vede un cavallo bianco precipitare daun ponte: simbolo del potere militare e della dittatura bonapartista, l’animale stava a indicarel’imminente disfatta di Kerenskij, Kornilov e di tutti i generali bianchi che avrebberotentato di opporsi alla volontà bolscevica di conquistare il potere.Nel 1928, alla prima conferenza del partito sul cinema, ejzenštejn e gli altri registi d’avanguardiafurono accusati di formalismo, cioè di preoccuparsi più della forma estetica del prodottocinematografico, che del suo contenuto politico. Inoltre – come agli artisti – ancheai registi si contestò di fare opere incomprensibili per le masse. Al posto di film capacidi coinvolgere solo pochi spettatori qualificati, si impose ai registi di realizzareun cinema intelligibile per milioni. Gli anni Trenta, pertanto, videro l’URSSinvasa da moltissime pellicole d’in<strong>tra</strong>ttenimento, in cui banali storie d’amoresi realizzavano sullo sfondo di un’Unione Sovietica in cui l’industrializzazionee la collettivizzazione delle campagne permettevanoa ogni individuo di vivere felice e di trovare appagamentoa ogni sua aspirazione. In pratica, era l’equivalente cinematograficodel realismo socialista. la commedia più famosa(Volga, Volga) fu realizzata nel 1938: pare che sia statoil film più apprezzato da Stalin, e che egli lo abbia visto centinaiadi volte. Al centro di queste opere vi era un eroe o un’eroinain cui ciascun cittadino sovietico poteva identificarsi,o meglio, che doveva essere preso come esempio e come modello,perché stachanovista, lavoratore d’assalto o instancabiledifensore di Stalin e delle sue realizzazioni.emarginato e pesantemente criticato, ejzenštejn tentò diadeguarsi al nuovo corso cinematografico sovietico realizzandonel 1936-1937 un film intitolato Prato di Bezin, destinato acelebrare la figura di Pavilk Morozov, un bambino-martire che,secondo la versione ufficiale, aveva denunciato il proprio padre perchési era opposto alla liquidazione dei kulaki e alla collettivizzazionedelle campagne, ne aveva provocato l’arresto e quindi era stato uccisodai suoi parenti. la sceneggiatura del Prato di Bezin fu preparata da ejzenštejn insiemea Isaak Babel´; tuttavia, il film fu accusato di «scarsa coscienza bolscevica» e addiritturadi essere «oggettivamente nocivo» in varie singole scene: per spezzare la resistenzadei kulaki, ad esempio, i comunisti demolivano la chiesa di un villaggio, evocandol’idea che la collettivizzazione non aveva avuto nulla di gioioso e spontaneo, bensì erastata un’imposizione dall’alto.Il leader infallibileTutti i negativi del Prato di Bezin furono bruciati; ejzenštejn e Babel´, tuttavia, grazie auna tempestiva autocritica non subirono conseguenze. Il regista, anzi, nel 1938 ricevetteil prestigioso incarico di girare il dramma storico Aleksandr Nevskij, dedicato alla figuradel principe russo che nel 1242 aveva sconfitto i cavalieri teutonici, i quali avevano tentatodi invadere la Russia. Fu il primo film sonoro di ejzenštejn, che per la colonna sonorasi giovò del contributo di Sergej Prokof´ev (1891-1953); fu commissionato da Stalinperché, sulla scena internazionale, la Germania si faceva sempre più arrogante e pericolosa.Il dittatore apprezzò moltissimo il prodotto finito, che trova il suo momento culminantein una spettacolare scena di battaglia che si svolge su un lago interamente gelato:sconfitti dai russi, i cavalieri tedeschi invasori sono annientati e ingoiati dalle acqueche si aprono sotto di loro. Tuttavia, poco tempo dopo la realizzazione del film, Stalindecise di stipulare con la Germania un patto di non aggressione (23 agosto 1939), cosicchéAleksandr Nevskij fu ritirato dalla circolazione.F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010➔Accusedi formalismo➔Film didatticiSergei Ejzenštejn.IPeRTeSToIPERTESTO B7<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>


IPeRTeSToUNITÀ III8IL COMUNISMO IN RUSSIAUn fotogramma delfilm Alexander Nevskij,girato da Ejzenštejn nel1938.➔Film su Ivanil TerribileRiferimento3 storiograficopag. 13Alla fine degli anni Trenta, il mito di Stalinera giunto al culmine del successo. Il realismosocialista riuscì a convincere milionidi sovietici che vivevano davvero nel Paesepiù felice del mondo. Tutto quello chemancava al momento attuale, seguendo ilcammino <strong>tra</strong>cciato da Stalin sarebbe statopresto raggiunto in un prossimo futuro; disfunzionie carenze del sistema, al con<strong>tra</strong>rio,erano facilmente attribuite ai suoi subordinati,mentre era opinione condivisa cheil Capo, se fosse stato informato, sarebbetempestivamente intervenuto in favore deilavoratori o di chi invocava fiduciosamenteil suo aiuto. Negli anni 1938-1939, standoalle testimonianze dei detenuti più criticinei confronti del sistema staliniano, solopochissimi dei comunisti arrestati, processati e condannati ai lavori forzati nel GUlag assunseroatteggiamenti ostili al regime. In genere, approvavano la repressione generalizzata,ritenevano che Stalin e le autorità fossero nel giusto e che solo nel loro caso specifico avesserocommesso un clamoroso errore.Consapevole dei malumori e delle perplessità che, comunque, avrebbero potuto suscitarele periodiche purghe, condotte contro esponenti del partito, dell’apparato economicoe persino dell’esercito, Stalin decise di assegnare ad ejzenštejn il compito di realizzareun film su Ivan IV, lo zar che – nel xVI secolo – per rafforzare la forza e la potenza dell’imperorusso non aveva esitato a uccidere moltissimi nobili, al punto da ricevere l’appellativodi Terribile. Secondo le intenzioni di Stalin, il film avrebbe dovuto spiegare airussi che Ivan era stato crudele per necessità, per la sicurezza dello Stato e dell’impero. Ilregista, invece, <strong>tra</strong>sformò lo zar in una figura <strong>tra</strong>gica, che verso la fine dei suoi giorni erasempre più tormentata dai rimorsi per i crimini commessi, al punto da inginocchiarsi sottoun affresco del giudizio universale e chiedere perdono, mentre un monaco leggeva l’interminabilelista delle persone giustiziate dietro suo ordine.Profondamente deluso, Stalin proibì l’uscita del film, che sarebbe stato proiettato nellesale sovietiche solo nel 1958, dieci anni dopo la morte del regista. l’ultimo film di ejzenštejn,dunque, non riuscì nell’intento che si era proposto di scalfire l’immagine trionfante di Stalin,che nel 1940 era al vertice della popolarità e del successo. Nel giugno 1941, tuttavia,il mito della infallibilità del Capo rischiò di dissolversi di colpo, al momento dell’invasionenazista. l’offensiva tedesca colse i sovietici completamente alla sprovvista e riuscì apene<strong>tra</strong>re per centinaia di chilometri all’interno del Paese. Per circa due settimane, Stalinrimase silenzioso. Solamente il giorno 3 luglio, per radio, lanciò un accorato appelloai cittadini dell’URSS e, soprattutto, al popolo russo. Nei dodici minuti in cui parlò convoce monotona e lenta, il dittatore lasciò <strong>tra</strong>pelare un respiro pesante e affaticato, sicchéebbe bisogno di bere più volte.Insieme al <strong>tra</strong>uma dell’invasione (che lasciava ipotizzare un clamoroso errore di valutazione),quella voce che non riusciva a nascondere angoscia e preoccupazione per la gravitàdel momento costituì il punto più basso del mito di Stalin. Solo nel 1943, dopo lavittoria russa di Stalingrado, la sua figura riprenderà tutto il proprio smalto, e anzi potràpersino presentarsi come geniale e vittorioso s<strong>tra</strong>tega. Tuttavia, gli studiosi che hanno esaminatola <strong>propaganda</strong> sovietica hanno notato un significativo cambiamento; fino alla guerra,Stalin appare sempre vestito sobriamente, con una semplice giacca militare. Dopola vittoria, ostenterà cappotti con mostrine, cappelli ricchi di fregi, giubbe cariche di decorazionie addirittura una giacca bianca da gran maresciallo. Dopo la momentaneacaduta di tono dell’estate 1941, sentì il bisogno di arricchire la sua immagine di nuovielementi, che in passato – quando pure era padrone incon<strong>tra</strong>stato dell’URSS – non avevaritenuto necessari, per puntellare il suo prestigio e la sua autorità.F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


La mentalità dei militanti comunistiin URSS negli anni TrentaDOCUMENTIMargarete Buber Neumann era una comunista tedesca. Riparò in Unione Sovietica per sfuggireal nazismo, ma fu arrestata e spedita nel campo di lavoro di Karaganda, nel Kazakistan siberiano.Le sue memorie vennero pubblicate a Stoccolma nel 1948. Il passo che riportiamo descrive lamentalità dei comunisti sovietici (in questo caso un gruppo di donne, imprigionate insieme all’autrice)coinvolti nelle purghe staliniane degli anni Trenta. La Buber Neumann rimase colpita, soprattutto,dal fatto che pochissime delle sue compagne di sventura assumevano un atteggiamento apertamentecritico e polemico nei confronti del partito e della dittatura di Stalin. La <strong>propaganda</strong> di regime, evidentemente,aveva funzionato alla perfezione e convinto persino le vittime di vivere nel «Paese piùfelice del mondo».A poco a poco feci conoscenza con le mie compagne di cella russe. Certo, erano delleben s<strong>tra</strong>ne detenute politiche. A parte Tasso, durante la mia carcerazione alla Butirka [uncarcere di Mosca, n.d.r.] non udii mai una russa pronunciare una sola parola di critica neiconfronti del regime sovietico. Avrei potuto capirle se avessero taciuto per timore delle delazioni,ma si coalizzavano addirittura in cricche che gareggiavano nel proclamare devozionee fedeltà al Partito. Loro portavoce era Katja Semjonova. [...] Le chiesi per quale motivoera stata arrestata. «Sono vittima di una congiura trockista. Ma questi criminali me lapagheranno. Sentiranno ancora parlare di me!», si scaldò. «Allora anche tu sei innocentecome tutte noi?», continuai. Replicò eccitata: «Come puoi dire una cosa simile! Conoscosolo il mio caso e quello di alcune amiche. [...]». «Ma Katia, non credi che anche le altredetenute di questa cella siano innocenti quanto te? Molte ti hanno già parlato delle accusemosse contro di loro. Non hai avuto l’impressione che siano state condannate ingiustamente?»Con un’espressione fanatica sibilò: «Non ne arrestano abbastanza! Dobbiamoproteggerci dai <strong>tra</strong>ditori! Che importa se anche un paio di innocenti cadono nellarete? Non si fa una frittata senza rompere le uova!».Katja non aveva imparato nulla dalla sua esperienza. Era certa di non aver commessoalcun reato e comunque non era disposta a credere all’innocenza delle altre recluse. Avevasubito un torto ma il responsabile non era il regime, no, erano i <strong>tra</strong>ditori trockisti. Pur nonessendo membro del Partito era una fervente comunista. Considerava gli arresti in massadi persone innocenti come un male inevitabile che bisognava mettere in conto per il raggiungimentodel grande obiettivofinale. A quell’epoca, l’insensibilitàper le sofferenzealtrui e l’incapacità di cogliere leconnessioni reali costituivanoun <strong>tra</strong>tto caratteristico di moltecomuniste arrestate. Talvoltaquesto atteggiamento mi oppressecon maggior acutezzadell’esistenza miserabile condottain prigione.M. BUBeR NeUMANN, Prigionieradi Stalin e Hitler, il Mulino,Bologna 1994, pp. 32-34,<strong>tra</strong>d. it. M. MARGARASpiega il significatodel proverbio «Nonsi fa una frittatasenza rompere leuova!».Per quale motivol’autrice affermache le suecompagne diprigionia erano delledetenute politiche«ben s<strong>tra</strong>ne»?Quale <strong>tra</strong>tto tipicodella mentalitàcomunista deltempo emergechiaro, secondol’autrice, dal mododi ragionare dellesue compagne dicella?IPeRTeSToIPERTESTO B9<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>Marcia orgogliosa di un gruppodi donne staliniste. Fotografiadegli anni Trentadel Novecento.F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


IPeRTeSToUNITÀ III10La costruzione delCanale del Mar Biancoda parte dei condannatiai lavori forzati neilager sovietici.Riferimenti storiografici1La costruzione del Belomorkanal<strong>tra</strong> <strong>propaganda</strong> e realtàArcipelago Gulag, di Alexandr Solzenicyn (pubblicato a Parigi nel 1973), fu un pionieristico tentativodi riunire in forma narrativa le prime testimonianze relative ai campi sovietici. Nelle pagine di in cuidescrive la costruzione del canale Mar Bianco-Mar Baltico, l’autore imita volutamente il tono retoricocon cui essa fu celebrata dalla <strong>propaganda</strong> di regime. Nel contempo, svela la drammatica realtà di quellagrandiosa opera di ingegneria, costruita praticamente a mani nude, dal duro lavoro dei prigionieri.Intanto, senza posa, risuona nelle orecchie: «IL CANALE VIENE COSTRUITO PER INIZIATIVA E SU OR-DINE DEL COMPAGNO STALIN». La radio nelle baracche, sul cantiere, presso un ruscello, nell’isbadella Carelia, dall’autocarro, la radio che non dorme né di giorno né di notte (immaginatevelo!),quelle innumerevoli bocche nere, maschere funeree prive di occhi (bella immagine!) urlano incessantementequello che pensano del canale i cekisti dell’intero paese, quello che ha dettoil partito. Pensalo anche tu, pensalo anche tu. «Natura domata, libertà acquistata!». Evviva l’emulazionee il lavoro d’urto! Emulazione fra le brigate! Emulazione fra le falangi (250-300 uomini)!Emulazione fra collettivi di lavoro! Emulazione fra le chiuse! Infine, emulazione anche frala scorta armata e i detenuti! (La scorta s’impegna a custodirvi meglio?) [...]All’inizio del 1933, nuovo ordine di Jagoda: dividere tutta l’amminis<strong>tra</strong>zione in statimaggiori di settori di combattimento. Mandare il 50% della forza nei cantieri (ma le pale bastano?).Lavorare in tre turni (è quasi la notte polare). Dar da mangiare direttamente sul postodi lavoro (cibo freddo)! Processare per la tufta [far solo finta di lavorare, per non sprecarepreziose energie, n.d.r.].Nel gennaio è l’ASSALTO DELLO SPARTIACQUE. Tutte le falangi con le cucine e le attrezzaturesono <strong>tra</strong>sferite in un unico luogo. Le tende non bastano, si dorme sulla neve, poco importa,CE LA FACCIAMO! Il canale si costruisce su iniziativa...IL COMUNISMO IN RUSSIAF.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


Da Mosca giunge l’ordine n. 1: «Annunziare l’assalto ininterrotto fino alla fine della costruzione!».Quando finisce la giornata lavorativa mandano nel cantiere le dattilografe, le lavandaie,le impiegate. In febbraio si proibiscono le visite in tutto il BelBaltLag [Lager Mar Bianco-Mar Baltico,n.d.r.], non si sa se per una minaccia di tifo petecchiale o per premere sui detenuti.In aprile è un assalto ininterrotto di 48 ore – urrah! TRENTAMILA UOMINI NON DORMONO!E per il 1 o maggio 1933 il commissario del popolo Jagoda può riferire all’amato Maestroche il canale è stato fatto entro il termine indicato. [...]Per quanto tetre paressero le Solovki, i suoi abitanti, mandati a terminare la pena (e forsela vita) sul mar Bianco sentirono solo allora che la cosa diventava seria, solo allora si scoprìche cosa fosse un autentico lager quale lo conoscemmo a poco a poco tutti noi. Invecedel silenzio delle Solovki, un incessante turpiloquio, il selvaggio rumore di liti, misto all’agitazioneeducativa. Perfino nelle baracche del lager di Medvezegorsk presso l’amminis<strong>tra</strong>zionedel BelBaltLag si dormiva sui pancacci a castello (già inventati), non quattro a quattroma in otto: due su ogni tavola, i piedi dell’uno verso la testa dell’altro. Invece degli edificidi pie<strong>tra</strong> del monastero vi erano baracche provvisorie dove tirava vento, oppure tende,quando non si dormiva semplicemente sulla neve. [...] D.P. Vitkovskij, che era stato alle Solovkie aveva lavorato sul canale come capomastro salvando la vita a molti con la tuchta,ossia regis<strong>tra</strong>ndo volumi di lavoro inesistenti, descrive così una serata:«Alla fine della giornata lavorativa sul cantiere rimangono dei cadaveri. La neve ricopre leloro facce. Qualcuno si è rannicchiato sotto una carriola capovolta, ha nascosto le mani in tascaed è morto così. Là sono congelati in due, appoggiati uno alla schiena dell’altro. Sono giovanicontadini, i migliori lavoratori che si possano immaginare. Li spediscono sul canale a decinedi migliaia alla volta, e cercano di far sì che nessuno capiti nel medesimo lager con il padre:vengono separati. Viene loro subito assegnato un quantitativo di ghiaia e massi che non si potrebbees<strong>tra</strong>rre neppure d’estate. Nessuno può insegnare loro, avvertirli, essi spendono perintero le proprie forze da gente di campagna, si indeboliscono rapidamente e così muoionoassiderati, abbracciati a due a due. Di notte parte una slitta per raccattarli. I carrettieri buttanoi corpi sulle slitte con un tonfo, legno contro legno. D’estate si trovano le ossa dei cadaverinon raccolti per tempo, capitano insieme alla ghiaia nella betoniera. Così sono finiti nel calcestruzzodell’ultima chiusa presso la città di Belomorsk e là si conserveranno per sempre».A. SolzeNICyN, Arcipelago Gulag 1918-1956. Saggio di inchiesta narrativa, Mondadori, Milano 1995,pp. 97-103, <strong>tra</strong>d. it. M. olSùFIeVA2L’impostazione del realismo socialistaCon l’avvento di Stalin al potere, l’emarginazione degli artisti d’avanguardia divenne condanna senzaappello. A partire dal 1934, fu imposto a tutti i pittori e gli scrittori di attenersi a un unico canone,molto legato alla <strong>tra</strong>dizione e denominato «realismo socialista».Nell’agosto 1934 il realismo socialista venne formulato in modo definitivo in un discorsotenuto da Andrej Zdanov al Congresso generale degli scrittori sovietici. Zdanov, un funzionarioil cui nome fu implicato in tutte le grandi epurazioni di personaggi della cultura sovieticanegli anni Trenta e Quaranta, lo impose come una conseguenza delle sagge indicazionidi Stalin: «Il compagno Stalin ha definito i nostri scrittori ingegneri dell’animoumano. Cosa vuol dire? Che obblighi implica? Prima di tutto vuol dire che dovete conoscerela vita per poterla rappresentare fedelmente nella produzione artistica, per rappresentarlanon accademicamente, come una cosa morta, non semplicemente come un fattooggettivo, ma interpretando la realizzazione nel suo sviluppo rivoluzionario. La fedeltà ela concretezza storica della rappresentazione artistica devono conciliarsi nel contempo colcompito di plasmare ideologicamente e istruire il popolo a operare nello spirito del socialismo.Questo metodo è ciò che noi chiamiamo realismo socialista nella letteratura artisticae nella critica letteraria». Cosa singolare, Zdanov, benché si rivolgesse a un pubblicodi scrittori, si servì più volte dei termini rappresentare e rappresentazione, nonostante questotermine sembri meno applicabile alla letteratura che alle arti visive. Ma è improbabileche si sia <strong>tra</strong>ttato di una svista.In questo periodo decisivo la politica culturale in Germania si occupò soprattutto dellearti visive, mentre in URSS si occupò soprattutto di letteratura. […] Nella prima fase ebberoparticolare importanza i metodi di condizionamento delle masse e, sotto questo aspetto, lapittura, il disegno e la scultura presentavano alcuni vantaggi sulla letteratura. Nel 1918 Leninpartì da questo presupposto, facendo del suo piano di <strong>propaganda</strong> scultoreo-monumentaleil perno della politica culturale sovietica. Negli anni Trenta, però, le arti visive eranogià state adattate, sotto molti aspetti, a servire le esigenze del regime: gran parte degli artistisovietici avevano già adottato quale loro credo una fedele rappresentazione della realtàSpiega le seguentiespressioni:«La radio che nondorme né di giornoné di notte» e«Pensalo anche tu,pensalo anche tu».Che significato hail termine «assalto»nella <strong>propaganda</strong>sovietica?Descrivisinteticamentele differenzeesistenti <strong>tra</strong><strong>propaganda</strong>e realtà, nellacostruzione delcanale.IPeRTeSToIPERTESTO B11<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


IPeRTeSToUNITÀ III12IL COMUNISMO IN RUSSIAStephan Carpov, URSS,amicizia di popoli,1924. Il quadro è unottimo esempio direalismo socialista: ilsoggetto raffiguratosimboleggia l’unionedelle varie etnie delleRepubbliche socialistesovietiche.Spiega l’espressione«ingegneri dell’animoumano» e qualecompito era chiamatoa svolgere, sopra tuttigli altri, lo scrittoresovietico.Che cosamaggiormentecolpisce nelcomportamento degliscrittori sovieticiriuniti a congresso,nel 1934?Che giudizio davaGor´kij sul futurismoe sugli altri movimentid’avanguardia?sovietica molto prima del realismo socialista.Ora era necessario allineare anche la letteratura.Non deve quindi sorprendere se ilmetodo universale della cultura sovieticavenne proclamato a un’assemblea di scrittorianziché di pittori o architetti. Il primoCongresso generale degli scrittori sovietici,tenutosi a Mosca dal 17 al 31 agosto 1934,venne messo in scena secondo principi chesarebbero diventati vincolanti per tutti i congressie i convegni successivi. Proprio inquesto congresso furono elaborati per laprima volta i concetti fondamentali del realismosocialista. Merita quindi un esame unpo’ più approfondito.Il compito principale del congresso fu diincensare il capo. Ogni delibera, ogni candidaturadei futuri dirigenti del mondo letterario,ogni ordine del giorno fu approvato all’unanimità;nessuno dei seicento delegativotò contro, o si astenne, su qualcosa pertutta la durata del congresso. I principi delrealismo socialista, destinati, secondo glioratori principali, ad apportare mutamentiradicali nella cultura sovietica – e forse anchemondiale – erano fuori discussione.Tutto era già stato predisposto e ratificato,e gli ingegneri dell’animo umano non dovevanofare altro che alzare la mano e orientarei propri interventi secondo le sagge direttivedi Stalin, Zdanov e Gor´kij. […] Ilcongresso celebrò il culto di Stalin in un modo che non aveva precedenti. Tutti gli oratori principaligli attribuirono il ruolo di timoniere di tutti i settori della vita sovietica, ivi comprese l’artee la letteratura. In apertura venne indirizzato a Stalin un saluto che, a nome di tutti i convenuti,esprimeva l’essenza reale dell’estetica totalitaria: «La parola è la nos<strong>tra</strong> arma. Noi mettiamoquest’arma a disposizione dell’arsenale della lotta della classe lavoratrice. Vogliamoprodurre un’arte che educhi i costruttori del socialismo e instilli nel cuore delle masse certezzae fiducia, che le renda felici e ne faccia i veri eredi della cultura mondiale». Il messaggioterminava con le parole: «Evviva la classe operaia che ti ha generato, e il partito che tiha istruito per la felicità dei lavoratori di tutto il mondo». I sentimenti di lealtà arrivarono alpunto di attribuire alla classe operaia e al partito solo il merito di aver generato e istruito ilcompagno Stalin.Anche la letteratura sovietica aveva bisogno di un capo, e il partito propose Gor´kij. Qust’ultimo[…] inaugurò il congresso e poi, dopo Zdanov, fece un intervento lungo e magniloquente,parlando di sé e del congresso come di un tutt’uno in grado di giudicare l’umanitàda una posizione di verità assoluta: «Siamo i giudici di un mondo destinato a scomparire,siamo i difensori del vero umanesimo, l’umanesimo del proletariato rivoluzionario, l’umanesimodella forza chiamato dalla storia a liberare tutto il mondo dei lavoratori». Gor´kij e Zdanov,indossando le vesti dei giudici, pronunciarono sulla cultura contemporanea la stessa drasticasentenza pronunciata da Hitler e Rosenberg. Zdanov definì degenerata e decadente lasituazione della letteratura borghese, riferendosi al modernismo nel suo complesso. Gor´kijsi scagliò contro i modernisti russi, suoi vecchi nemici di prima della <strong>rivoluzione</strong>: «Il pensierorusso del periodo <strong>tra</strong> il 1907 e il 1917 fu uno dei più irresponsabili e oscuri, saturo della cosiddettalibertà creativa. Questa libertà si esprimeva nella diffusione delle idee più conservatricidella borghesia occidentale… Nel complesso il decennio 1907-1917 merita in tutto e pertutto di essere definito il più vergognoso e spregevole di tutta la storia dell’intelligencija [degliintellettuali, n.d.r.] russa». Con quest’ultima frase, che doveva costituire l’elemento di riferimentoper ogni successiva valutazione della storia sovietica, Gor´kij bollava d’infamia quelloche di fatto era stato il periodo argenteo della poesia russa, la prima esplosione creativa dell’avanguardianelle arti figurative e – soprattutto – lo spirito di libertà, di rinnovamento ed esplorazioneche permeò questo decennio più di ogni altro periodo nella storia della Russia.I. GoloMSToCK, <strong>Arte</strong> totalitaria nell’URSS di Stalin, nella Germania di Hitler, nell’Italia di Mussolinie nella Cina di Mao, leonardo, Milano 1990, pp. 105-108, <strong>tra</strong>d. it. A. GIoRGeTTAF.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


3Il discorso di Stalin del 3 luglio 1941L’invasione tedesca dell’URSS iniziò il 22 giugno 1941. Per quasi due settimane, Stalin restò in silenziototale. Forse, era convinto che l’offensiva nazista avrebbe <strong>tra</strong>volto l’Armata rossa e sarebbe arrivatafino a Mosca. Il leader che si fece udire il 3 luglio era un uomo provato e insolitamente affaticato.Forse, in quell’occasione, Stalin superò la soglia che nessun leader carismatico, neppure il più democraticoe aperto alle masse, può superare, pena la perdita di fiducia in lui e <strong>tra</strong>sformazione in soggettodebole. Di qui il suo sforzo, nel corso della guerra e dopo la vittoria, di assumere atteggiamentipiù solenni e marziali, di quelli tenuti in precedenza.Fu la radio a portare in tutto (o quasi tutto) il paese le parole accorate e insolitamenteinformali del compagno Stalin il 3 luglio 1941. Radio Mosca era diffusa su un ampio territorio,ma molte zone periferiche erano ancora servite da stazioni locali. Fuori delle grandicittà il possesso di apparecchi pro capite era basso, ma l’ascolto collettivo in posti di lavoroe circoli ricreativi era consueto. Nei primi giorni di guerra fu ordinato che tutti gli apparecchiprivati venissero consegnati alle autorità; l’unica modalità di ascolto restava la rete di radiodiffusionevia cavo, collegata ad altoparlanti sistemati nelle s<strong>tra</strong>de e apparecchi riproduttorinelle case. Anche per questo il testo del discorso, pronunciato dopo due enigmatichee misteriose settimane di silenzio da parte del leader in seguito all’invasione tedesca del 22giugno, fu diffuso anche a mezzo stampa, proprio perché più capillarmente potesseraggiungere angoli e zone sperdute del paese. La guerra segnò unasvolta importante nel mezzo di comunicazione radiofonico: regole, tempie abitudini censorie, dopo una prima frenata all’efficienza del serviziod’informazione stesso, dovettero essere riviste e adattate allo stato diemergenza. […]Il paese fu colto impreparato dalla furia espansionistica tedesca: «Ci potràessere chi si chiede: come è potuto succedere che il Governo Sovieticoabbia concluso un patto di non aggressione con gente tanto fedifragae tirannica come Hitler e Ribbentrop? Non è che l’Unione Sovietica ha commessoun errore?». Dovette retoricamente domandare Stalin alla nazione daimicrofoni di Radio Mosca un paio di settimanedopo l’invasione. La sua risposta, altrettantoretorica, non poté che essere: «Certamenteno!». Ma assieme al tono, al lessico e al registroutilizzato nel breve discorso, anche dichiarazionicome questa sarebbero passatealla storia per la loro anomalia. […]Affrontata la situazione internazionale,Stalin sarebbe passato al punto più emotivamentecoinvolgente: l’appello al popolo perchiedere solidarietà e abnegazione totali. Maper capirne la portata e l’impatto su chi loascoltava è necessario tornare all’attaccodel suo discorso: a quel «Fratellie sorelle!» messo quasi di sfuggita<strong>tra</strong> i più consueti e scontatiappellativi: «Compagni! Cittadini!Combattenti del nostro esercito edella nos<strong>tra</strong> flotta!». E poi, contono familiare e domestico, purrestando ben conscio della propriaposizione e dell’effetto cheun tale atteggiamento avrebbesuscitato, il tocco finale nell’apertura:«Sono io che mi rivolgoa voi, amici miei!».Pronunciò parole inusitate:«Amici miei! Fratelli e sorelle!»,rimandando a una situazione dirapporto non politico ma familiare,non però della scontatagrande famiglia da cartolina di Stalinland.Questa volta c’è da Il leader sovietico Stalin fotografato durante un suo discorso.credereIPeRTeSToIPERTESTO B13<strong>Arte</strong> e <strong>propaganda</strong> <strong>tra</strong> <strong>rivoluzione</strong> e <strong>stalinismo</strong>F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010


IPeRTeSToUNITÀ III14IL COMUNISMO IN RUSSIAche gli accenti intimi e amichevoli mirassero altrove. «Fratelli e sorelle», con lessico e tonoche, nonostante gli anni passati, tutti avrebbero riconosciuto essere quelli della vecchiachiesa ortodossa, della <strong>tra</strong>dizione russa contadina. «Fratelli e sorelle», ostentando una vicinanza,una confidenza che lasciava <strong>tra</strong>pelare imbarazzo, insicurezza e paura, esplicitate dallepause per bere, nonostante la brevità dell’intervento. Tutto <strong>tra</strong> le righe, difficile da cogliereper quanto inatteso e improbabile. Pressoché inaccettabile da parte degli ascoltatori, del popolo,ma reale e inedito. Così evocato, negli anni <strong>tra</strong> il 1955 e il 1959 (in piena destalinizzazione),da Konstantin Simonov nel romanzo I vivi e i morti:«L’altoparlante era appeso nel corridoio, accanto al tavolino dell’infermiere di turno. Loaccesero al massimo volume e spalancarono le porte delle corsie. Stalin parlava con vocemonotona e lenta, con un forte accento georgiano. Una volta, durante il discorso, si potésentire il rumore di un bicchiere da cui beveva acqua. La voce di Stalin era bassa di tono edi volume; sarebbe potuto sembrare perfettamente calmo se non fosse stato per quel suorespiro pesante e affaticato e per quell’acqua che si era messo a bere durante il discorso.Ma, per quanto fosse agitato, l’intonazione del suo discorso restava uniforme, la voce sordarisuonava senza alti e bassi, né punti esclamativi».Jurij Lotman noterà che nel periodo bellico e anche dopo la guerra, nonostante la vittoria,ma proprio a causa di queste insicurezze e timori, Stalin muterà anche il proprio abbigliamento.Passerà dalla sobrietà della casacca militare di chi sta a guardare gli altri, sicurodel proprio potere e della propria forza, alla necessità del culto della personalità,sostenuta dalla solennità di una divisa, necessaria a chi si sente osservato e cerca modi emaniere per sostenere una posizione che si è, seppure lievemente, incrinata. Significativea questo proposito sono le fotografie che lo ri<strong>tra</strong>ggono sulla prima pagina della “Pravda”,in occasione dei festeggiamenti di novembre, nei diversi anni di guerra. Nel 1942, ormai citatocome commissario del popolo per la difesa, indossa ancora la classica giacca che loaveva con<strong>tra</strong>ddistinto da sempre. Nel 1943 appare con cappotto, cappello e mostrine. Nel1944 sul petto si affollano medaglie e decorazioni. Nel 1945 è in divisa solenne bianca dagran maresciallo.G.P. PIReTTo, Il radioso avvenire. Mitologie culturali sovietiche, einaudi, Torino 2001, pp. 175-178Quale domanda sulle scelte s<strong>tra</strong>tegiche del governo sovietico sorgeva spontanea, alla lucedell’invasione del giugno 1941? Perché il prestigio di Stalin e del gruppo dirigente sovietico nepoteva uscire compromesso?A quale lessico e a quali <strong>tra</strong>dizioni fece appello Stalin, nel rivolgersi al popolo sovietico nel suodiscorso radiofonico?Quale immagine di sé lasciò <strong>tra</strong>sparire Stalin, nel luglio 1941? Come poi cercò di porvi rimedio?F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010

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