<strong>Insieme</strong> <strong>per</strong>ché <strong>insieme</strong> <strong>per</strong> <strong>chi</strong>Massimo Aprile, Luca Anziani, Letizia Tomassone«È troppo poco che tu sia mio servo<strong>per</strong> rialzare le tribù di Giacobbee <strong>per</strong> ricondurre gli scampati d’Israele;voglio fare di te la luce delle nazioni,lo strumento della mia salvezzafino alle estremità della terra»(Isaia 49, 6)La quarta assise congiunta del Sinodo delle <strong>chi</strong>esevaldesi e metodiste con l’Assemblea generaledell’Ucebi ha luogo con due anni di ritardo rispettoa quella che appariva come la naturale scadenzadel 2005, avendo avuto gli altri incontri un cadenzaquinquennale.Ci siamo subito interrogati sulla ragione di questoritardo.Siamo di fronte a un differimento motivato essenzialmenteda questioni organizzative interne alle<strong>chi</strong>ese? O si è trattato di un prolungamento in attesache le <strong>chi</strong>ese riuscissero a dire le une alle altrequalcosa di teologicamente nuovo, inedito? O sitratta di un po’ di «stanchezza» <strong>per</strong> mancati traguardiraggiunti? In questi sette anni, le rispettive<strong>chi</strong>ese hanno seguito <strong>per</strong>corsi convergenti, parallelio divergenti?In verità le risposte non sono affatto indifferentie, in assenza di una analisi puntuale e al contempogenerale di quel che comunemente <strong>chi</strong>amiamo «processobmv», non possiamo che azzardare qualcheipotesi. Ci è sembrato infatti doveroso, da parte dellanostra commissione, tentare una diagnosi teologicae pastorale di questo cammino comune, nellas<strong>per</strong>anza che altri, sulla base delle loro informazionied es<strong>per</strong>ienze, possano integrare e laddove necessariocorreggere le nostre.Le <strong>chi</strong>ese evangeliche battiste, metodiste evaldesi in Italia si riconoscono unite in una comunevocazione ricevuta da Cristo; nello stesso ministerodi predicazione e servizio; nella medesimamissione, che nel corso degli anni le ha viste partecipinella testimonianza dell’Evangelo e nell’interventodi soccorso rivolto agli ultimi e alle ultime.Tutte e tre le <strong>chi</strong>ese, inserite nella comunionedella <strong>chi</strong>esa universale quale corpo di Cristo, sonopartecipi di una profonda comunione in quanto, aldi là delle reciproche prassi ecclesiastiche, delle diversetradizioni e specifiche spiritualità, sanno diessere sottoposte all’o<strong>per</strong>a di Dio, della sua Parola,in particolar modo realizzata nell’Evangelo dellagrazia in Cristo Gesù. Questa azione di Dio è continuamenteattualizzata nel dono alle <strong>chi</strong>ese delloSpirito Santo.Nel tempo, queste <strong>chi</strong>ese hanno risposto alla<strong>chi</strong>amata di Dio e hanno sviluppato la propriaecclesiologia cercando di rimanere fedeli a questaspecifica vocazione in cui si trovano unite. Infattila <strong>chi</strong>esa, dalla morte e resurrezione di Cristo, comedalla sua predicazione, riceve un messaggio di giustizia,salvezza, s<strong>per</strong>anza e amore che riguarda ilmondo e <strong>chi</strong>ama la <strong>chi</strong>esa a essere attiva nellapredicazione del Regno di Dio e nel serviziodell’agape. Da questa vocazione e dallo sviluppostorico della propria vita di <strong>chi</strong>esa sono sorte identitàdel tutto particolari che caratterizzano ciascunadelle tre realtà di <strong>chi</strong>esa. Non riteniamo <strong>per</strong>ò che lesingole identità possano essere un ostacoloinsormontabile alla comunione; né che si debbaevidenziare la propria identità quale bandiera irrinunciabile.Ci possiamo <strong>per</strong>ciò impegnare a rinsaldare lacomunione che lega le nostre reciproche identità di<strong>chi</strong>ese fino alla realizzazione di un’unità visibile?Crediamo che la <strong>chi</strong>esa sia in missione nel mondo.Anche questo è un legame che unisce le nostrecomunità. Tutte abbiamo interpretato il nostro ministerocome una vocazione a essere <strong>chi</strong>esa <strong>per</strong> ilmondo e non a essere <strong>chi</strong>use in noi stesse. Fortisono, in questo senso, le radici comuninell’evangelizzazione del nostro paese a partiredalla metà del XIX secolo. Comuni sono state lelotte che negli anni ci hanno visti uniti <strong>per</strong> la salvaguardiadella libertà, dei diritti e dell’ambiente.2
Poiché oggi ancora sono evidenti e forti i <strong>per</strong>icoliche minacciano gli uomini e le donne, noi ciimpegniamo a confermare questo cammino di testimonianzacome un cammino che non vogliamoe non possiamo fare gli uni senza gli altri.Crediamo che la missione in questo mondo signifi<strong>chi</strong>prendersi cura degli sconfitti e offrire occasionidi salvezza a tutte e tutti. Rifiutiamo <strong>per</strong>tantouna testimonianza evangelica che non pongain crisi i cosiddetti valori della società odierna <strong>per</strong>lo più tesi all’autoaffermazione, al consumismo, all’appiattimentodelle coscienze e delle menti. Talecritica è rivolta anche a quei valori cosiddetti cristianiche nulla o poco hanno a che fare con l’annuncioevangelico e sono invece un arroccamentodi una parte del nostro mondo in difesa o <strong>per</strong> pauradella diversità.Al centro della nostra fede sta il Dio trinitarioche si è rivelato in Gesù Cristo, che ci parla attraversole Sacre Scritture <strong>per</strong> l’o<strong>per</strong>a dello SpiritoSanto, e che ci salva <strong>per</strong> grazia in Cristo Gesù. Lanostra comunione e il riconoscimento reciproco trale nostre <strong>chi</strong>ese sono dono di Dio e trovano pienaespressione nella vocazione all’unità, nel ministerodell’annuncio e nella capacità comune di o<strong>per</strong>arenella dimensione dell’agape.IL BATTESIMONon vogliamo che la questione sul riconoscimentodel battesimo sia centrale nel reciproco riconoscimentofra le nostre <strong>chi</strong>ese. Riteniamo infattiche questo sia solo uno dei nodi attorno a cuiruota la possibilità di collaborazione nei territorisui quali la volontà di Dio ci ha collocati <strong>per</strong>ché visiamo testimoni dell’Evangelo. D’altra parte ci collo<strong>chi</strong>amoin un cammino che è anche un processodi conoscenza e rispetto reciproco e non dobbiamoavere la tentazione di correre alle conclusionianzitempo.Inoltre riconosciamo che la connotazione delbattesimo cambia di segno, non solo <strong>per</strong> una comprensioneteologica che la lega da un lato alla graziadi Dio che ci <strong>chi</strong>ama e dall’altro alla confessione<strong>per</strong>sonale della fede di Gesù Cristo. Cambia anchese riferita a una situazione di <strong>chi</strong>ese che vivonodis<strong>per</strong>se in una società secolarizzata piuttosto chea <strong>chi</strong>ese territoriali. Per questo una riflessione rispettoalla scelta del battesimo dei piccoli o degliadulti si impone anche sul piano pastorale.Rilevante nel battesimo è la presenza e la funzionedella <strong>chi</strong>esa, cioè della comunità di coloroche hanno preceduto il/la battezzato/a nella fede.L’uomo e la donna nuovi nascono nell’ascolto dellafede, nella riflessione comune intorno alle Scritture,nell’esercizio del ministero della Parola. Il credentenon può essere tale se non nella comunità deicredenti. Così il/la battezzato/a, a qualsiasi età, entraa far parte di questo corpo, seppur con modalitàe secondo <strong>per</strong>corsi diversi. Il battesimo indica l’entratanella comunione con Cristo e una partecipazionenuova nella fede tra fratelli e sorelle. In Cristole differenze umane che costituiscono barrierevengono a cadere. (Galati 3, 27-28).Da anni oramai c’è una ri<strong>chi</strong>esta rivolta dalle<strong>chi</strong>ese valdesi e metodiste, anche <strong>per</strong> lo stimolo dellaConcordia di Leuenberg (oggi nominata Comunionedelle <strong>chi</strong>ese protestanti europee), di riaprire ladiscussione sul battesimo. Sostanzialmente queste<strong>chi</strong>ese non <strong>chi</strong>edono una rinuncia, o un cambiamentodi prassi delle <strong>chi</strong>ese battiste, ma che il riconoscimentoreciproco si estenda anche al battesimodegli infanti.In effetti si è giunti a un nodo che già il documentosul reciproco riconoscimento del 1990 <strong>chi</strong>edevadi affrontare nel futuro in quanto sostenevache sulla questione battesimale «il dialogo ed ilconfronto fra valdesi, battisti e metodisti dovrannocontinuare <strong>per</strong>ché la questione non è né risolta néaccantonata». Aggiungeva tuttavia che «malgradola sua serietà e il suo peso, non è una differenzache impedisca la piena comunione fra le nostre<strong>chi</strong>ese» (dal documento sul reciproco riconoscimentodella Assemblea Sinodo 1990 par. 3.8).Forse le <strong>chi</strong>ese aventi parte nell’Ucebi, visto ilcammino comune e i progetti realizzati nello spiritodi una comunione concreta, sia del giornale unicosia di diverse collaborazioni territoriali e commissionio<strong>per</strong>ative comuni, in questi anni hanno credutoche quanto affermato nel 1990 bastasse e nonsi rendessero necessari ulteriori confronti su questamateria tradizionalmente spinosa.Ma evidentemente le cose non stanno così. Per ivaldesi e <strong>per</strong> i metodisti la questione del battesimo,diversamente da quanto affermato nel documentodel 1990, è oggi un passaggio irrinunciabile <strong>per</strong> unacomunione piena tra le <strong>chi</strong>ese e le <strong>per</strong>sone. Talemessaggio è stato lanciato mediante articoli su Riformae, come si è detto, attraverso il camminoecumenico delle <strong>chi</strong>ese della Concordia di cuivaldesi e metodisti sono partecipi.D’altra parte, alcuni teologi e pastori battistihanno colto l’importanza del segnale cercando diapprofondire la proposta teologica formulata daPaul Fiddes, teologo battista inglese, il quale, sostanzialmente,individuava tutti gli elementi teologiciessenziali non più limitandosi al momento puntualedel battesimo, ma guardando all’intero processodi iniziazione alla fede cristiana. Tale propo-3