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2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 4osMARCO PARINIoerIl più grandedei restauri: L’Aqu<strong>il</strong>ao avutaia eonele hodaedataldi,iialingaeditorialeIl 5 maggio all’Aqu<strong>il</strong>a si sono riunitistorici dell’arte da tutta <strong>Italia</strong>;un’adesione enorme, oltre unmigliaio di tecnici. La presenza el’opera d’<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> nell’organizzazionedell’evento è stata fondamentale.A distanza di anni <strong>il</strong> centrostorico della città permane incondizioni drammatiche e con quest’iniziativain oltre m<strong>il</strong>le abbiamointeso sottolinearlo. Dopo <strong>il</strong> sismaall’Aqu<strong>il</strong>a si realizzarono delle cittàsatellite, quartieri dormitorio, definite“new town” ma che di questaesperienza inglese nulla hanno a chevedere; senza servizi, né luoghi diaggregazione sociale che ne connotanouna mera temporaneità.L’Aqu<strong>il</strong>a deve tornare a vivere com’erae dov’era. Un grande cantieredi restauro ove le indispensab<strong>il</strong>iopere di messa in sicurezza antisismicadovevano e debbono accompagnarsial restauro degli edifici. Lavita della città, la sua storia ed <strong>il</strong> suofuturo non possono prescindere dalritorno della popolazione nelle suecase, nel suo centro storico. La residenza,le attività commerciali, artigianali,ricreative debbono ritornarea vivere. Nel centro storico debbonorientrare al più presto le funzionipubbliche amministrative, culturali,religiose dando così un segnaleimportante ed incontrovertib<strong>il</strong>esul futuro del centro storico.Non possiamo accettare una fintaricostruzione fatta di facciate storicheed interni finti, quasi fosseuna <strong>qui</strong>nta teatrale. L’Aqu<strong>il</strong>a è uncorpo vivo con pietre e persone vereche devono tornare nei luoghi diuna storia e di un’identità costruitanei secoli; non deve diventare unaPompei ma una città martire chevede un futuro. Le norme vigentiprevedono finanziamenti sino al100% per la prima casa e del 60%per la seconda. Quindicim<strong>il</strong>a pratichedi restauro giacciono però negliuffici comunali: pratiche istruite,pronte per l’avvio, ma ferme permancanza di finanziamento del capitolodi spesa. Oltre settecento m<strong>il</strong>ionisono stati stanziati dal CIPEma non erogati. Il Governo deveprocedere immediatamente alla loromessa a disposizione. Ma saràsolo un inizio. Altre somme, ingenti,dovranno essere stanziatecon un piano pluriennale di finanziamentoreale e puntualmente resodisponib<strong>il</strong>e a scadenze certe.Quale opera pubblica più importante,quale fonte di lavoro ed occupazionepiù ut<strong>il</strong>e e considerevoledella ricostruzione di una città.Dobbiamo forse comparare tale iniziativacon altri interventi, qualchech<strong>il</strong>ometro in più di autostrada odi alta velocità? No davvero. Il Governoindividui nel restauro dell’Aqu<strong>il</strong>auna priorità o, meglio, lapriorità tra le opere pubbliche dafinanziare. Il restauro dell’Aqu<strong>il</strong>anon può aspettare oltre.Si sono ipotizzati grandi piani,complessi contenuti per la ricostruzionedella città. Anche <strong>Italia</strong><strong>Nostra</strong> ne formula uno, semplice esintetico: come era e dove era.4ettosi


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 5Tanti indiziper la parola restauroPausia di Scione, nel quartosec. a.C, restaurò a Tespie idipinti di Polignoto, considerato<strong>il</strong> maggiore pittore dell’antichità.Nel 2013 a Firenze LuisPierelli e Gabriella Tonini hannocompletato <strong>il</strong> restauro dello pseudoNerone fanciullo, custodito nellagalleria degli Uffizi. Tra <strong>il</strong> lavorodi Pausia e quello sul piccolo Neronesono passati tanti anni, lungoi quali la parola restauro ha avvoltointorno a sé innumerevoli significati,a seconda della cultura delperiodo e delle vicende storiche:tanti princìpi, tante maniere, cosìche la loro comprensione ha richiestoinfinite parole e molti sdegni,oltre a dibattiti, convegni, decreti,leggi più o meno efficaci.Tanto per orientarci, <strong>il</strong> Codice deibeni culturali e del paesaggio affermache, con <strong>il</strong> termine restauro,s’intende: “l’intervento diretto sulbene, attraverso un complesso dioperazioni finalizzate all’integritàmateriale e al recupero del benemedesimo, della protezione e trasmissionedei suoi valori culturali”.Sembrerebbe tutto chiaro, mentregià ci si chiede cosa si è intesoe cosa si intende oggi con un beneche meriti restauro da parte dellacomunità dei cittadini. Le voci pitturae scultura sono forse le primeche vengono alla mente seguite peròdalla domanda: sì, ma come? Vistoche princìpi e tecniche di queirestauri sono cambiati nel tempo,anche recente. Inoltre sappiamoche nel passato la “cultura” o “gliesperti” ora davano valore ai fondioro, ora alle opere rinascimentalie poco al manierismo, per poiricredersi e stimolare la ricerca ditecniche e materiali ut<strong>il</strong>i al restaurodi quelle opere. Se un bene èun’opera che arriva a noi carica diinterventi diacronici, come sceglierecosa mantenere e cosa demolire?Sapremmo, oggi, accettare unintervento come quello di Stern eValadier sull’arco di Tito (1818-24) liberandolo dalle costruzioniaddossate dal tempo? Come giudichiamooggi l’intervento ottocentescosulle facciate di S.Croce eS.Maria del Fiore a Firenze (coprendola testimonianza Arnolfiana),S.Domenico a Siena, S.Francescoa Bologna e poi sul Duomodi M<strong>il</strong>ano? Eppure chi ha partecipatoa quei progetti non era unosqualo famelico e ignorante. Anzi,al concorso per <strong>il</strong> duomo di Firenze,partecipò anche Cam<strong>il</strong>lo Boitoche molto intervenne nel dibattitodell’epoca a proposito di teorie delrestauro architettonico. Convintosostenitore del restauro f<strong>il</strong>ologico,che prevedeva rimanessero leggib<strong>il</strong>igli interventi fatti sulla costruzioneoriginale e in assoluto rifiutodelle teorie di Viollet-le-Duc, cheperaltro ebbe gran seguaci, e di cuioggi osserviamo con interesse le suearbitrarie ricostruzioni del passato.Vediamo ancora Boito tra i redattoridella prima carta italianadel restauro nel 1883. D’altra parte,inoltrandoci nel labirinto dellepolemiche, leggiamo quanto contrariofosse al restauro f<strong>il</strong>ologicol’architetto Renato Bonelli. Segretarionazionale di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> dal1960 al 1964, grande teorico delrestauro, nel ‘59 scriveva che laposizione f<strong>il</strong>ologica considera <strong>il</strong>monumento come testimonianzastorica, ignorandone la valenza artisticasottolineando che “un’operaarchitettonica non è solo un documento,ma è soprattutto un attoche nella sua forma esprime totalmenteun mondo spirituale eche, essenzialmente per questo, assumeimportanza e significato”.Diffic<strong>il</strong>e oggi dire quando e perché“una costruzione” diventa “operadi architettura”. Forse quando ènotificata? Molte le teorie che hannoacceso <strong>il</strong> dibattito novecentescoa proposito di restauro architettonico.Si comincia a discutere giàdal luglio 1902, subito dopo <strong>il</strong> crollodel campan<strong>il</strong>e di S.Marco a Venezia,quando <strong>il</strong> sindaco F<strong>il</strong>ippoGrimani assicurò che sarebbe risorto“dov’era, com’era”. Si puòessere d’accordo, ma “com’era,quando?”, visto che era sorto comefaro, nel IX sec. e su fondamentaromane, ritoccato per secoli,e in tempi che ignoravano l’usodel cemento armato, usato poi per<strong>il</strong> rifacimento. Già allora molti, anched’oltre oceano, si opposero all’iniziativa.E oggi continuiamo adomandarci quand’è che un restaurodiventa copia dell’originale,qual è <strong>il</strong> confine tra restauro ericostruzione? La risposta è di chiha grande competenza.FRANCESCA MARZOTTOCAOTORTAVENEZIAIl Campan<strong>il</strong>e di S.Marco. Foto di D. ColaNella pagina precedenteL’AQUILAImmagine scattatadurante lamanifestazione del 5maggio 2013. A quattroanni dal terremoto lasituazione è ancoradrammatica. Foto diSara Zorzinoopinione5


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 6DossierCome cambiala “maniera” del restauroRiflessione sui marmi antichi dal XVI al XX secoloFIRENZEAntiquarium di V<strong>il</strong>laCorsini, sala dei marmide-restaurati. Foto delPolo museale Fiorentino,che ringraziamo per lagent<strong>il</strong>e concessioneFABRIZIO PAOLUCCIDirettore del DipartimentoAntichità Classicadella Galleria degli UffiziSino alla fine del XIX secolo non è esistito <strong>il</strong> gusto del frammento. Esporre un oggetto antico così comeusciva dal terreno, fosse esso una ceramica, un bronzo o un marmo, era impensab<strong>il</strong>e. Tutte le partimancanti della figura (membra, attributi o parti delle vesti) erano <strong>qui</strong>ndi reintegrate con elementi cherispettassero, con la maggior fedeltà possib<strong>il</strong>e, le antiche iconografie. In particolare, per quanto riguarda imarmi, a Firenze e a Roma vennero costituendosi, a partire dal XVI secolo, scuole di scultori specializzatenel restituire forma e significato a frammenti talora così esigui da mettere alla prova le capacità e l’immaginazionedegli artisti. Un caso esemplare è <strong>il</strong> gruppo di Ercole e Nesso che campeggia alla testata del primocorridoio degli Uffizi. Se <strong>il</strong> visitatore si soffermerà un istante a ripercorrere la complessa rete di frattureche attraversano l’opera, constaterà, non senza stupore, che della figura di Ercole solo i piedi sono antichi.L’intera figura dell’eroe greco è, <strong>qui</strong>ndi, frutto dello scalpello di Giovanni Foggini che, sulla scorta dei confrontinoti da sarcofagi o gemme, aveva ridato vita a un gruppo scultoreo iconograficamente assai vicino all’originale.Lo studio dell’arte antica si univa a una non banale conoscenza dell’anatomia umana; semplicementedal r<strong>il</strong>ievo di un tendine o dal turgore di un muscolo del petto, gli ab<strong>il</strong>i restauratori dell’antico eranoin grado di ricostruire con esattezza sorprendente la precisa torsione di teste e di braccia perdute. Integrarei marmi antichi non rappresentava, del resto, solo una sfida per l’artista moderno, ma offriva l’opportunitàdi penetrare le tecniche di lavorazione del marmo greco-romane fino ad impossessarsene. Non stupisce, <strong>qui</strong>ndi,che anche grandi nomi della scultura cinque o seicentesca, da Michelangelo a Bernini, si siano cimentatinell’integrazione dei marmi classici, che, ai loro occhi, offrivano una palestra formidab<strong>il</strong>e per comprendere<strong>il</strong> linguaggio dell’arte classica.<strong>Per</strong> secoli, dunque, i marmi usciti frammentari dalle vigne romane sono stati oggetto di questi amorevoli processidi ricomposizione grazie ai quali ritrovavano quell’integrità formale considerata essenziale per <strong>il</strong> godimentodell’opera. Non solo la figura doveva recuperare la sua completezza, ma persino l’omogeneità dellacromia dei marmi era oggetto della massima attenzione. Dove possib<strong>il</strong>e, infatti, si realizzavano integrazionicon la stessa varietà di marmo del pezzo antico; dove questo non era possib<strong>il</strong>e, invece, si procedeva a periodichescialbature della superficie destinate a rendere uniforme l’epidermide della statua.Come spesso capita nella storia del gusto e, di conseguenza, anche del restauro, a questa tendenza “ricostruttiva”subentrò, nel XX secolo, una f<strong>il</strong>osofia di intervento del tutto diversa. Adesso era <strong>il</strong> frammento cheandava valorizzato e esaltato per la “purezza” di lettura che offriva all’archeologo. Sintesi e manifesto del“derestauro” dei marmi antichi fu <strong>il</strong> frontone di Egina, conservato alla Glyptothek di Monaco. Lo splendidocomplesso di sculture, realizzato alla fine del VI secolo a.C. per <strong>il</strong> tempio di Athena Aphaia ad Egina, era statoaccuratamente reintegrato agli inizi del XIX secolo dalla mano di Thorvaldsen, indiscusso protagonista delneoclassicismo europeo. Negli anni Cinquanta del Novecento si procedette alla rimozione di ogni elemento6


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 8INDAGINE SUL RESTAUROGALLERIA DEGLI UFFIZIParticolare del soffittodella Sala della Tribuna(immagine intera incopertina). Foto diAntonio Quattrone, cheringraziamo per lagent<strong>il</strong>e concessionesaggio dalla Sala di Leonardo. E da lì s’apprezzerà, insieme alle pareti della Tribuna che volgono a mezzogiorno,tutta l’inf<strong>il</strong>ata delle porte fino al secondo corridoio: quello che, vibrat<strong>il</strong>e di riverberi d’acqua, sisporge sul fiume. Il terzo affaccio si guadagnerà infine dal varco che, prima del restauro, consentiva <strong>il</strong> transitodalla Tribuna alle piccole stanze dedicate alle scuole italiane e straniere fra Quattro e Cinquecento. <strong>Per</strong>accedere ad esse senza più traversare la Tribuna è stato ripristinato l’accesso che in origine direttamente lecollegava al primo corridoio. Da tre punti di vista si potrà godere allora di quello spazio fantastico ch’è <strong>il</strong>cuore degli Uffizi. E tutto agli occhi si paleserà, da quelle soglie, alla stregua di un’epifania mirab<strong>il</strong>e: luogodove s’avvera <strong>il</strong> sogno d’un principe appassionato.Ma l’invenzione originaria della Tribuna era indissolub<strong>il</strong>mente legata all’esigenza di creare una camera perl’esibizione d’oggetti di collezionismo raffinato e colto. Dal 1589, anno del primo inventario del patrimoniolì collocato, molti sono stati gli ordinamenti museografici che si sono susseguiti, con rassegne d’opere che negliultimi due secoli sono andate sempre più a rarefarsi. Mai però la sala ottagona ha perso <strong>il</strong> suo ufficio d<strong>il</strong>uogo deputato all’esposizione. Non era tuttavia possib<strong>il</strong>e – dopo averne inibito al pubblico l’ingresso – mantenervii capi d’opera per i quali si traversano gli oceani. Bisognava in ultima analisi studiare una selezionedi dipinti che non guastasse l’aulicità e <strong>il</strong> pregio del luogo, ma che al contempo non contemplasse nessuno diquei quadri cui ogni visitatore aspira e che palesemente esigono una lettura dettagliata. Non era cioè ammissib<strong>il</strong>eche vi restassero le creazioni vibranti e poetiche di Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino, Pontormo, Bronzino,Giulio Romano, Salviati, Vasari. Creazioni che ora, conforme ai progetti di rinnovamento della Galleria,sono o saranno ospitate nelle sale appositamente per esse allestite al piano nob<strong>il</strong>e degli Uffizi. Una diversaantologia d’opere s’è dunque composta, cavando dagl’inventari della Tribuna quei dipinti che avessero ire<strong>qui</strong>siti funzionali a questo suo inedito approccio. Considerato che quanto esposto nella sala sarebbe statoosservato soltanto da tre punti e dunque più con uno sguardo d’insieme che con una lettura pezzo per pezzo,sono stati scelti quei quadri ch’erano capaci di sostenere la vivida eleganza che impronta l’ambiente; in quest’ufficiocorroborati dalla magnificenza di dorate cornici secentesche, le quali, riquadrandoli, avrebbero spiccatosul cremisi delle pareti. L’unica condizione cui ci siamo attenuti è che ogni dipinto fosse nel novero diquelli che avessero goduto almeno d’una stagione in Tribuna. E fra gl’inventari si sono priv<strong>il</strong>egiati quelli chegià includevano i bei marmi antichi (venuti da Roma a partire dal 1677), così da rispettare, in una qualchemisura, anche la disposizione culturale di chi aveva selezionato i quadri da esporvi, cosciente che con quellestatue essi avrebbero coabitato e dialogato.8


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 9L’autenticità nel restauroarchitettonico e urbanisticodossierma non dov’era” o “dov’era maNON com’era” sono modi dire che riflettono<strong>il</strong>legittimi interventi. Falsano la fisio-“Com’eranomia dell’ambiente. Distruggono l’identità del luogostorico. “Com’era dov’era” traduce invece, pur in modogrossolano, forse improprio, <strong>il</strong> concetto di restauro intesoquale restituzione, ripristino dell’opera guastata. Se <strong>il</strong>guasto è grave, l’intervento “restaurativo” o ricostruttivo,finisce per assumere <strong>il</strong> significato di copia conformeall’originale. Se l’opera restaurata/copiata è un’operad’arte mob<strong>il</strong>e è (forse) corretto definirla per quello che è:una contraffazione e/o alterazione dell’originale. Se c‘èdolo, è un “falso”. (E tuttavia: nel caso che la copia siafatta dallo stesso artista, com’è spesso avvenuto nel passatoe anche nel presente, è ugualmente falsa?).Nell’arte muraria considerare vero “autentico” un fabbricatostorico, è un’autentica menzogna. Non esistonofabbricati storici integri, tali da non essere stati mairestaurati pur con interventi tesi al mantenimento dell’assettoformale. Le modanature in pietra lesionate sonostate chissà quante volte sostituite con altre d’identicafattura. Murature pericolanti, sostituite con la stessacapacità costruttiva e così per volte e coperture. Certo.Venivano anche costruiti nuovi fabbricati. E gli stessi“monumenti” assumevano forme differenti senza conciò creare dissonanze o alterazioni poiché la città – nonancora considerata “centro storico” – nell’ancien régimerimaneva inalterata nel suo processo di sedimentazionee di organismo che cambiava con l’evolversi dellasocietà. Le testimonianze del passato remoto eranocurate, studiate, ricostruite o rinforzate. Falsificate ancheda grandi artisti rimanendo opera d’arte.Con l’avvento dell’urbanizzazione moderna si è cercatodi modernizzare la città storica producendo lesionigravissime. <strong>Per</strong>sino i monumenti, classificati tali,erano spesso sottoposti a interventi di scarnificazionee di ricostruzione, alla ricerca di presunte permanenzeoriginali. Quant’arte barocca o liberty è statadistrutta nella vana ricerca di architetture medioevalio del primo rinascimento! E quanti quartieri e cintemurarie sono stati abbattuti all’insegna della modernità!E quanti monumenti sono stati isolati da quelcontesto poi riconosciuto indispensab<strong>il</strong>e per la comprensionedello stesso monumento. Quanto piccone demolitoresi è accanito sulle nostre storiche città! Quantisventramenti sono stati e sono tuttora – nonostantele leggi vigenti – oggetto di dibattito culturale, mentrealtro non sono che vandaliche speculazioni.Irrita, e a un tempo annoia, dover ripetere sempre questesemplici considerazioni. Soffermarsi sull’ignoranzadi chi afferma che <strong>il</strong> moderno o <strong>il</strong> contemporaneo ha <strong>il</strong>diritto di affermarsi anche nell’ambito del restauro architettonicoe ancor più in quello urbanistico, nei luoghiche per legge, lo si ripete, sono vincolati, tutelati, dasalvaguardare. Il dibattito culturale si ripete e <strong>il</strong> restauroè trattato alla stregua di un atto delinquenziale.L’equazione “restauro = falso” si sostiene dopo ogni disastro.Dopo bombardamenti o terremoti. E a sostenerlosono anche gli stessi ministeri ai beni culturali. <strong>Per</strong>ché?Dei tanti drammatici terremoti avvenuti dopo la guerrac’è un solo caso – Venzone, in Friuli – in cui sia stato rispettato<strong>il</strong> restauro in modo corretto. <strong>Per</strong>ché <strong>il</strong> penultimoscempio post-terremoto – L’Aqu<strong>il</strong>a – si sta ripetendo talee quale in Em<strong>il</strong>ia. Quali ragionamenti culturali stannoalla base della selezione di torri e campan<strong>il</strong>i da abbatteree non più ripristinare? Quali criteri tecnici (e culturali)suggeriscono di costruire chiese nuove invece di restaurarequelle vecchie lesionate? <strong>Per</strong>ché fare nuove case,consumando – come all’Aqu<strong>il</strong>a con le famigerate newtown o le meschine MAP – terreno agricolo e paesaggio?Chi ha interesse a distruggere anche quello che <strong>il</strong> terremotoha solo lesionato? A chi giova costruire nuove caselà dove c’erano fabbriche fac<strong>il</strong>mente ripristinab<strong>il</strong>i?Il dibattito culturale fa da paravento al potere economico.Copre scandalose speculazioni. Maschera l’insipienzapolitico-amministrativa delle amministrazionipubbliche. Impedisce la partecipazione dei cittadini.Il post-terremoto dell’Aqu<strong>il</strong>a è diventato unmodello per dimostrare che territorio, città storica,beni culturali sono un affare quando crollano.PIER LUIGI CERVELLATIArchitetto Urbanista9TERREMOTO IN EMILIALa chiesa di San Felicesul Panaro quasicompletamente distrutta.Foto ricevuta da MariaPia Guermandi


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 10INDAGINE SUL RESTAUROLa restituzionedella memoriaMARIA PIA GUERMANDIConsigliere Nazionaledi <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>TERREMOTO IN EMILIAUn assurdo progettoproposto per laricostruzione di torricampanarie o civiche.Foto ricevuta da M.P.GuermandiLe immagini per raccontareeventi, denunce, proposte:le mostre fotografiche sono,fin dalle sue origini, uno deglistrumenti che <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> ut<strong>il</strong>izzacon maggiore successo per diffonderele proprie idee. Un vero eproprio evento fu in tal senso “<strong>Italia</strong>da salvare”, la mostra che nel1969 costituì uno dei primi argomentatiatti di denuncia del degradocui una ricostruzione senza“La restituzione della memoria”è una mostra itinerante:dal 5 apr<strong>il</strong>e al 5 maggioè stata allestita presso l’auditoriumdella Regione Abruzzo, a L’Aqu<strong>il</strong>a.riflessioni condannava <strong>il</strong> nostro patrimonioculturale. Ben prima degliallora deboli organismi di tutelaistituzionali, quelle immagini,che fecero <strong>il</strong> giro del mondo, rivelaronouna realtà che la mitologiadel Bel Paese aveva fino a quel momentooccultato.Pur a distanza di molti anni, lamostra fotografica a cura del ConsiglioRegionale dell’Em<strong>il</strong>ia Romagna,“La Restituzione della memoria”,si pone, si parva licet, inlinea di diretta continuità con quell’iniziativa.La mostra, inauguratalo scorso 28 marzo, in occasionedel Salone del Restauro di Ferrara,si articola in tre sezioni: nellaprima si pone in evidenza comenel dopoguerra siano stati recuperatialla memoria dei cittadini monumentidi grande valore simbolicodistrutti o fortemente danneggiatidalla guerra. Nella seconda simettono a confronto altri edificisimbolici che hanno subito dannianaloghi a seguito degli eventi sismici.Nella terza si mostra la forteestraneità al contesto di alcuniinterventi ispirati al “dov’era, manon com’era”, con effetti di dissonanzaurbana ed estetica che rimangonoinalterati a distanza didecenni.L’obiettivo principale è stato quellodi ribadire la necessità del restaurof<strong>il</strong>ologico come strumentoprincipe nelle ricostruzioni dellezone terremotate, non solo perchèè l’unica modalità ammissib<strong>il</strong>e perla tutela, ma anche perchè la restituzionedel “dov’era e com’era”è esigenza fortemente sentita daglistessi cittadini. Metodo e praticascientifica del restauro dovranno<strong>qui</strong>ndi governare così come èavvenuto negli altri casi di ricostruzionidi “successo” (Friuli,Marche-Umbria) non solo <strong>il</strong> recuperodei monumenti vincolati, mal’insieme del tessuto urbano deicentri storici, così come ci ha insegnatola Carta di Gubbio.Sembrerebbe ovvio, ma purtropponon lo è affatto, tanto è vero chela stessa Direzione Regionale dell’Em<strong>il</strong>iaRomagna, l’organo delMibac che coordina le operazioniper quanto riguarda l’insieme delpatrimonio culturale, ha nelle scorsesettimane sposato lo slogan “dov’era,ma non com’era” a ribadirela possib<strong>il</strong>ità che molti dei monumentidanneggiati dal sisma di unanno fa, soprattutto se gravementedanneggiati, possano anche esserericostruiti con forme e tecnichedel tutto differenti da quelleprecedenti.In quest’apertura (o per meglio dire,cedimento culturale) gli organismidi tutela si accodano all’impostazionedella locale accademia,in particolare l’Università di Ferrara,che nel nome della supremaziadel “progetto” pretende di archiviarela pratica del restauro f<strong>il</strong>ologicoquasi che quest’ultimaprescinda da ogni progettualità enon implichi invece sempre, a priori,uno studio e una ricerca storicof<strong>il</strong>ologica, fondata su una precisa,scientifica metodologia che necostituisce <strong>il</strong> tratto distintivo dimodernità. Il restauro ed <strong>il</strong> recuperodel patrimonio sono essi stessiinnovazione, tanto nell’uso dell’artigianato,quanto nell’uso e nell’evoluzionedi strumenti e di tecnologieper l’analisi, la conoscenzae la conservazione.Il vero dramma del post-terremotodiventa allora, ancor più dellamancanza di risorse economiche,l’incapacità di una visione coerentedel destino e della funzione delnostro patrimonio culturale: tristein ambito accademico, inammissib<strong>il</strong>eda parte di chi è demandatoistituzionalmente a tutelare questostesso patrimonio.Gravissimo infine che a questo ossimorodella ricostruzione senzarestauro gli amministratori regionaliabbiano prontamente fornitole armi giuridiche: quella leggesulla ricostruzione (n.16/2012)frutto di micidiale, ma non casuale,amnesia storica nei confrontidi una tradizione di tuteladei centri storici della RegioneEm<strong>il</strong>ia-Romagna. La legge cancellando,nei comuni colpiti dal sisma,la vigente e gloriosa normativadei piani regolatori, “svincola”dalla regola del ripristino f<strong>il</strong>ologicogli edifici crollati o gravementedanneggiati dal terremotoe addirittura affida a “piani di ricostruzione”la facoltà di riprogettareradicalmente gli insediamentiurbani storici.10


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 11dossierIl restauro di S.Maria Bressanoro a CastelleoneAntiche tradizioniper interventi “timidi”Il tempo dei grandi restauri spettacolari non sembrapiù opportuno e sostenib<strong>il</strong>e. Serve inveceuna cura e una nuova sensib<strong>il</strong>ità che ponga alcentro un nuovo atteggiamento morale. Un esempiosperimentato in questo senso riguarda <strong>il</strong> concettodi “manutenzione”, oggi perlopiù ignorato, senon addirittura osteggiato, a partire dalla tassazione,dalla perdita delle regole, dalle costose opereprovvisionali imposte dalla normativa per la sicurezza.Come nel caso di un semplice ripasso del tetto: sidevono adottare costosissimi ponteggi, che potrebberoessere giustificati solo nel caso si debba fare unintervento complessivo anche sulle facciate ma certamentenon per la sola manutenzione della copertura.Il tetto è un elemento di lunga durata e spessoè costituito da materiali, ad es. travi di rovere,che funzionano meglio rispetto ai nuovi; inoltre lecoperture sono spesso dimenticate, mentre sono propriocome una <strong>qui</strong>nta facciata dell’edificio e un elementoimportantissimo che ne permette la conservazione.La mancata manutenzione provoca <strong>qui</strong>nd<strong>il</strong>’inevitab<strong>il</strong>e e costoso intervento di restauro, spessoeseguito in modo affrettato e non intelligente, con<strong>il</strong> ricorso alla sostituzione massiccia di gran partedegli elementi.MARCO ERMENTINIArchitettoRESTAURO “TIMIDO”Immagine di S. MariaBressanoro a Castelleonericevuta da M.Ermentini11


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 12INDAGINE SUL RESTAUROIl restauro dei tetti della magnifica chiesa rinascimentaledi S.Maria Bressanoro a Castelleone,diretto dagli architetti Marco e Laura Ermentini,ha vinto la Menzione Speciale del III Premio internazionaleDomus Restauro decretato da una giuria compostada eminenti studiosi in questo campo<strong>il</strong> 20 marzo a Ferrara nell’ambito del Salone del Restauro(vedi www. premiorestauro.it)Abbiamo allora studiato delle prassi per proporre lamanutenzione delle coperture dei monumenti ut<strong>il</strong>izzandometodi più um<strong>il</strong>i, meno dispendiosi. Abbiamocioè eseguito quello che potremmo definire un “restaurotimido”: si pone cioè al centro <strong>il</strong> carattere “timido”visto come una virtù che propone una giustaum<strong>il</strong>tà, attenzione, cautela e la saggezza di farci comprenderei nostri limiti. La vera ricchezza infatti èquella di saper intervenire con poco ut<strong>il</strong>izzando la conoscenzacon intelligenza e parsimonia.A S. Maria in Bressanoro a Castelleone (CR), magnificotempio rinascimentale del 1460 su disegnoforse del F<strong>il</strong>arete, da poco abbiamo terminato <strong>il</strong> restaurotimido del tetto riscoprendo la vecchia “praticadel ripasso” secondo la tradizionale figura del“conciatetti” (che un tempo si occupava della manutenzioneperiodica delle coperture). Abbiamo <strong>qui</strong>ndiselezionato gli ultimi addetti e cercato di creareuna piccola scuola per riprendere quest’importantepratica. Così in collaborazione con l’AssociazioneGiovanni Secco Suardo di Lurano (BG), intitolata alnoto teorico del restauro ottocentesco, abbiamo organizzatocorsi, pubblicazioni e convegni, con l’ideadi riqualificare la formazione di molti giovani chepotrebbero impossessarsi del vecchio mestiere aggiornatoalle tecnologie più attuali. Nel contempoabbiamo studiato gli accorgimenti per eseguire inperfetta sicurezza tutti i lavori installando delle appositelinee vita sui colmi a cui gli addetti si colleganoper eseguire <strong>il</strong> lavoro. Il risultato è quello di unintervento consapevole ed efficace a costi nettamenteinferiori (nell’ordine del 30%) rispetto ad un lavorodi tipo tradizionale con l’adozione di estese sostituzioni.Il progetto è stato finanziato per <strong>il</strong> 50%dalla fondazione Cariplo.Sono state <strong>qui</strong>ndi effettuate ricerche storiche del monumentoe sulle tecniche tradizionali, analisi scientifichedello stato di conservazione dei materiali, sperimentazionedi apparecchiature per la sicurezza dichi lavora e la realizzazione di appositi comodi e sicuripercorsi fissi per garantire la manutenzione periodica.La manutenzione è compresa nel progetto peri cinque anni successivi all’intervento e risulta fac<strong>il</strong>ee poco costosa con le nuove dotazioni che permettonoun’ispezione di tutto <strong>il</strong> manto e del sottotetto inIl tetto è un elemento di lunga duratae spesso è costituito da materiali,ad es. travi di rovere,che funzionano meglio rispetto ai nuovi;le coperture però sono quasi sempredimenticate, mentre sono propriocome una <strong>qui</strong>nta facciata dell’edificioe un elemento importantissimoche ne permette la conservazione.La mancata manutenzione di un tettoprovoca <strong>qui</strong>ndi l’inevitab<strong>il</strong>e e costosointervento di restauro,spesso eseguito in modo affrettatoe ricorrendo alla sostituzione massicciadi gran parte degli elementiinvece di usare metodi più “timidi”tempo reale. La pratica è fac<strong>il</strong>itata e incentivata dallasemplicità e praticità e potrebbe essere eseguita daun apposito “custode del tetto”. Figura che se venisseistituita per ogni monumento del nostro territoriodarebbe <strong>il</strong> via a una vera “rivoluzione s<strong>il</strong>enziosa” che,in poco tempo, potrebbe evitarci le dolorose emergenzea cui siamo abituati.Il progetto realizzato a S. Maria in Bressanoro non èun semplice restauro, vuole costituire un punto dipartenza, una sperimentazione di una nuova concezionedell’intervento sui monumenti che non si limitial solo lavoro eseguito, ma ambisca ad allargare <strong>il</strong>campo verso un pensiero generale che coinvolga tuttigli attori e i livelli della tutela. Si tratta di un “cantieresperimentale di resistenza” che si oppone allaspoliazione del nostro patrimonio per mere esigenzedi mercato, si oppone alla superficialità, alla fretta ealla troppa disinvoltura nelle scelte, si oppone all’applicazionesolo quantitativa delle normative, sioppone all’ostentazione e alla spettacolarizzazione dimolti restauri.Chissà, proprio in questi tempi di crisi così diffic<strong>il</strong>i, icantieri di resistenza come questo potrebbero costituireuna prima risposta alla necessità di cambiamentoche risulta sempre più necessario. È giunto <strong>il</strong> tempo,anche nel settore del restauro, di operare una sincerarevisione di spesa che possa orientare le poche risorsea quelle pratiche che sappiano guardare al futurodel nostro patrimonio con un atteggiamento in cui <strong>il</strong>passato sia veramente amico del presente. Ciò è possib<strong>il</strong>equando <strong>il</strong> presente è lo sv<strong>il</strong>uppo del passato, <strong>il</strong>prodotto del passato. Quando siamo in grado di sentirne<strong>il</strong> respiro.12


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 13Progettare un paesaggioche fu industrialeSaggioSe ancora vi fossero perplessità sull’interesse perl’archeologia industriale, sull’ut<strong>il</strong>ità di conservaretestimonianze di fabbriche, di impianti industriali,di macchine create per la produzione di merci oper l’estrazione di minerali, ebbene i recenti viaggi organizzatida <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, e guidati con intelligenzadall’amico Claudio Canetti, mettono in fuga queste perplessitàe confermano quanto sia fecondo per la cultura,sia generale che specializzata, conservare e proteggeredalla distruzione gli esempi di complesse struttureproduttive non più funzionanti ma ancora sopravissute.La tutela di queste strutture ed <strong>il</strong> loro restauro,che della tutela è la necessaria premessa, formano unramo dell’attuale conoscenza di Storia materiale destinataad assumere importanza via via maggiore.In un primo tempo l’interesse dei conservatori era rivoltoquasi esclusivamente agli edifici; la definizionedi “archeologia industriale” si riferiva essenzialmenteai fabbricati industriali, agli opifici, ai capannoni. Oggitale interesse riguarda anche, e sempre più, ciò chenegli edifici era conservato e racchiuso: i macchinari,gli impianti, le attrezzature. E successivamente ciò che,all’esterno degli edifici, faceva a loro da necessariocomplemento: i tralicci metallici, le gru di sollevamento,i nastri trasportatori, le escavatrici e perforatrici di terreniminerari. Se ci si vuole rifare ad una definizioneusata dallo storico francese Braudel, ciò che oggi interessaconservare, tutelare, e dove necessario restaurare,è <strong>il</strong> complesso di “beni materiali” che accompagnanoe connotano <strong>il</strong> corso di una civ<strong>il</strong>tà.Quali sono le ragioni che inducono al restauro ed allaconservazione? Ragioni storiche, anzitutto; ragioni scientifiche;ragioni antropologiche. E tuttavia dai viaggi di<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> in Germania orientale è parso evidente chealle ragioni sopra elencate vanno aggiunte, e non comeultime né come accessorie, ma come prioritarie e determinanti,anche ragioni estetiche. Che fossero ragioni estetichea motivare la conservazione di edifici industriali risalentiad epoche passate lo si era già riconosciuto e assodato;ma non altrettanto diffusamente si era compresoed accettato che potessero suscitare interesse esteticoi macchinari, gli impianti, le attrezzature. Ebbene i viaggidi <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> ci hanno consentito e confermato anchequesta realtà; e ci hanno aperto una nuova visualeJACOPO GARDELLAArchitetto, Consiglieredella Sezione di M<strong>il</strong>ano13


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 14INDAGINE SUL RESTAUROARCHEOLOGIAINDUSTRIALENella pagina precedenteMacchina scavatricetrasportatriceperl’estrazione del carboneda giacimenti a cicloaperto (campagna fraWittenberg e Lübbenau)e confronto grafico fra lalunghezzadell’imponente strutturametallica e l’altezza dellaTorre Eiffel, adagiata aterra. Costruita durante<strong>il</strong> Governo Comunistadella Repubblicademocratica, lamacchina ha cessato difunzionare dopol’unificazione delle dueGermanie; ed è diventataun esempio unico diarcheologia industriale.In questa paginaA Ferropolis, località fraDessau e Wittenberg,sono state costruitecinque giganteschemacchine scavatrici perestrarre <strong>il</strong> minerale d<strong>il</strong>ignite. Attive finoall’unificazione dellaGermania, oggi restanoabbandonate neldesolato paesaggio dellecave ormai morte. Il loromostruoso aspetto dienormi animali chesembrano agitarsi nellalanda priva divegetazione suscitain<strong>qui</strong>etanti visioni dimondi extraterrestri.Foto e didascaliericevute da J. Gardellasui vari prodotti di ingegneria – meccanica, idraulica,elettro-meccanica, termica – che in precedenza eravamoabituati ad osservare solo come documenti storici oarcheologici; e mai pensavamo di considerare come opereestetiche, come oggetti di valore artistico.Dopo aver visto, con stupore e quasi con sgomento, leenormi escavatrici delle miniere di lignite da pochi anniabbandonate in località Ferropolis; dopo essere salitisull’immenso traliccio orizzontale costruito per <strong>il</strong> trasportodel minerale di carbone in località Lauch-Hammer;dopo esserci arrampicati in cima alle alte ed imponentitorri di evaporazione biologica sempre in localitàLauch-Hammer; e dopo aver visitato la centrale elettricadi Plessa, ancora intatta sebbene inattiva da qualchedecennio; dopo aver vissuto tutte queste esperienze,del tutto inusuali ed inattese nel corso di un tradizionaleviaggio turistico, e forse, proprio perché inusuali,ancora più sorprendenti, ci si è accorti che un nuovocampo di esperienze estetiche, inimmaginab<strong>il</strong>e ed inaspettato,si apriva alla nostra conoscenza e ci offriva stimolantimotivi di contemplazione e di ammirazione.Nessuno dei partecipanti al viaggio avrebbe potuto aspettarsiuno spettacolo così straordinario come l’elevarsiverso <strong>il</strong> cielo delle enormi macchine usate nelle due miniere.E nessuno avrebbe immaginato che la vista diquegli ordigni colossali avrebbe potuto suscitare una cosìforte emozione estetica. Il processo è analogo a quelloadottato dagli artisti “Dada” quando selezionavanoun banale oggetto, di uso industriale o domestico, e necapovolgevano <strong>il</strong> significato facendolo diventare una sorgentedi emozioni estetiche. Con <strong>il</strong> movimento “Dada”lo spettacolo che si presentava ai nostri occhi aveva duepuntuali e sorprendenti analogie: anzitutto gli elementiusati per ottenere una nuova composizione: oggetti diuso quotidiano, attrezzi per scopi pratici, prodotti perfini esclusivamente ut<strong>il</strong>itaristici, ben lontani da qualsiasipretesa artistica e da ogni banalità estetica; in secondoluogo l’inusuale, e poco ortodossa, presentazione di queglistessi oggetti, del tutto estraniati dalla loro collocazioneabituale, privati del loro significato corrente, rigeneratiper offrire un servizio non più materiale, maper suscitare un’emozione esplicitamente intellettuale.Le grandi macchine metalliche, installate nella miniera,erano nate per esclusivi usi industriali, per specificheesigenze produttive; e ora quelle stesse grandimacchine ci venivano mostrate in una situazione deltutto diversa da quella originale per la quale eranostate concepite (e costruite), avevano perso ogni connessionecon la macchina produttrice di cui erano glielementi motori; si ergevano isolati, o piuttosto abbandonati,in un mondo diventato estraneo e diversoda quello che inizialmente li aveva ospitati.Occorre sottolineare che l’efficacia della loro nuovacollocazione era dovuta soprattutto alla configurazionepaesaggistica assunta dal sito dopo lo smantellamentodelle miniere e la demolizione di tutti i servizinecessari all’estrazione del materiale minerario. Legrandi macchine oggi si elevano solenni, imponenti,minacciose, in mezzo ad un paesaggio angoscioso equasi lunare, formato da cavità, da dune, da pozzanghere,da pietraie, da stagni. Esiste un rapporto intimofra colossale oggetto meccanico e ampio ambientenaturale; una stretta correlazione fra opera dell’Uomoe creazione della Natura. <strong>Per</strong> ottenere questacorrelazione occorre modificare, plasmare, trasformarela Natura; (occorre) adattare <strong>il</strong> paesaggio all’oggettodi cui diventa la cornice; eliminare gli elementi secondari,le strutture minori, un tempo indispensab<strong>il</strong>ial funzionamento delle macchine-oggetto, oggi – a minieraabbandonata – divenute inut<strong>il</strong>i e di disturbo.L’oggetto d’ingegneria meccanica, una volta che siastato privato dell’appartenenza allo stato precedente,avulso dall’organismo di cui faceva parte, estraniatodal mondo per cui era stato concepito, assumerà unanuova forma, un nuovo significato, una nuova funzione,non più ut<strong>il</strong>itaristica ma artistica. Si introduce, aquesto punto, <strong>il</strong> concetto di restauro del paesaggio; intendendorestauro non tanto come pedante conservazionedel preesistente quanto come ingegnosa invenzionedi ciò che è nuovo, e non ancora visto, di un uni-14


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 15In un primo tempo l’interesse dei conservatori era rivolto quasi esclusivamente agli edifici:la definizione di “archeologia industriale” si riferiva essenzialmente ai fabbricati industriali, agli opifici,ai capannoni. Oggi tale interesse riguarda anche, e sempre più, ciò che c’è all’esternoe ciò che negli edifici era conservato e racchiuso: i macchinari, gli impianti, le attrezzature15verso inedito in aperta opposizione a ciò che è normalee scontato. Nel caso dei luoghi visitati in Germaniala trasformazione del paesaggio non è consistita inun’operazione di ingent<strong>il</strong>imento, di abbellimento intesoin senso tradizionale, allo scopo di rendere <strong>il</strong> paesaggiopiù grazioso e piacevole, ma è consistita anzituttoin una radicale soppressione degli elementi artificialiconsiderati di occultamento e di disturbo allamacchina che si voleva conservare e valorizzare; in secondoluogo in un coraggioso abbandono della minierae in una rigida proibizione di modificarne lo stato dinaturale desolazione in cui lentamente stava cadendo.L’astenersi da ogni azione, così come viene tassativamenteosservato nei grandi Parchi Naturali, consistenella rinuncia di ogni modifica dello stato attuale: si èlasciato che le cavità formatesi nel terreno venisseroriempite di acqua piovana; fino a diventare un estesolago, là dove prima si vedevano numerose buche e larghecavità. Il paesaggio si è abbellito ed arricchito pereffetto di una trasformazione non operata dall’uomoma dalla spontanea azione della stessa Natura. La grandeintelligenza dell’intervento è stata la decisione dinon attuare nessun intervento.Che gli edifici, gli impianti, le attrezzature circostantie addossate alle macchine o ai volumi da salvare, fosserodi disturbo e di fastidio lo dimostra una foto, espostanel piccolo capannone-museo all’ingresso della zonaarcheologica; nella foto si vede come le costruzionisecondarie ostacolassero la vista, piena ed immediatae dei volumi che si intendevano valorizzare ne impedissero<strong>il</strong> pieno apprezzamento. Eliminate le superfetazionie le sovrastrutture complementari, le macchine,ed i volumi rimasti solitari ed isolati, si elevano ogg<strong>il</strong>iberi ed imponenti in mezzo all’aperta campagna.Che <strong>il</strong> paesaggio, lasciato nello stato originario e sopravvissutoalla cessazione delle attività minerarie,conservi oggi un fascino rude e conturbante, lo dimostral’immediata percezione della consonanza tramacchinario metallico ormai in totale abbandono epaesaggio naturale ormai in progressivo degrado.Analoghe considerazioni si possono fare per le torri diraffreddamento dell’immenso impianto siderurgicopoco distante dalla cittadina di Lauch-Hammer edoggi non solo abbandonato ma quasi interamente distrutto.Le torri, uniche testimonianze, volutamenteconservate dell’intero impianto, si elevano, alte e robuste,in mezzo ad un’estesa spianata di prato, sottola quale sono sepolte le fondazioni dei fabbricati industrialidemoliti. Sembrano dei totem misteriosi, colossalibaluardi di una fortezza, altissime colonne diun tempio gigantesco. L’essere intervenuti sul paesaggiocon decisione e coraggio; avere spianato tuttele fitte costruzioni industriali addossate alle torri; averelasciato la campagna nuda ed estesa tutto all’intorno;ed avere impedito la costruzione di nuovi edifici;tutto ciò è stato un intervento sul paesaggio daconsiderarsi in un primo tempo come atto di sottrazionedel superfluo, cioè di edifici privi di qualsiasiinteresse; ed in un secondo tempo come atto di astensionedall’inopportuno, cioè di costruzioni lesive delpaesaggio e della sua voluta solitudine ambientale.L’intervento sul paesaggio ha restituito non solo interessestorico ad un complesso produttivo altrimentidestinato all’oblio, ma ha anche conferito attrazioneturistica ad una plaga di territorio in precedenza pococonosciuta e di scarso interesse monumentale.TORRI BIOLOGICHEUltimo “residuo” delcomplesso industrialepresso Lauchhammer,località fra Berlino eGörlitz. Le torri,imponenti e maestose, sielevano solitarie in unavasta prateria oggibordata da boschi maprecedentemente copertada fitti fabbricatiindustriali. Foto ricevutada Francesca MarzottoCaotorta


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 16DossierCosa vuol dire restaurare un paesaggio storico:la Tenuta dei SS. Giacomo e F<strong>il</strong>ippoRitrovare i luoghi di un tempoIn <strong>Italia</strong> ancora oggi possiamo godere di paesaggidalla straordinaria bellezza, che come nel passatosanno con<strong>qui</strong>stare gli animi e coinvolgeretutti i più grandi artisti. Un sorprendente esempiodi continuità tra paesaggio rappresentatoe quello reale lo troviamo nella campagna urbinateche ha fatto da sfondo a tanti capolavori rinascimentaliMASSIMO BOTTINIConsigliere nazionaledi <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>PAESAGGIO STORICOFotomontaggio chepermette di riconoscerecome oggi <strong>il</strong> paesaggioripercorra ancora <strong>il</strong>prof<strong>il</strong>o di quello anticodal capolavoro diRaffaello “La Madonnadi Pasadena”. Immaginericevuta da M. BottiniLa Tenuta dei SS. Giacomo e F<strong>il</strong>ippo si trova nellacampagna urbinate lungo <strong>il</strong> fiume Foglia,trecentosessanta ettari di terre che nei secolihanno consacrato la professione di un culto agricolo echiamano al rendiconto di uno stato dell’arte del paesaggio.Qui infatti, secondo studi recenti, si ritrovanoi paesaggi che Piero della Francesca dipinse sullo sfondodei ritratti del Duca di Urbino e di sua moglie BattistaSforza. Qui ritroviamo la tradizione rinascimentaledelle colture del contado urbinate di rinnova nellaterra vineata e nel viridarium di mandorli, castagni,meli, fichi, melaranci, noci, peri, c<strong>il</strong>iegi, susini e melograni.Le pianure d’orzo, avena e frumento. Le piantumazionidi ulivi e le piccole terre di erbe mediche.La campana della trecentesca chiesa rurale scandisceun tempo del lavoro antico e sacro della terra. Restaurarequesta tenuta, con le numerose case coloniche,i locali di servizio, i fien<strong>il</strong>i, la chiesetta e la casapadronale, ha significato restaurare un “paesaggio”.La prima fase è stata infatti di censimento e r<strong>il</strong>ievo dell’esistente,alla quale sarebbe poi dovuta seguire quelladi progettazione ed infine di realizzazione. Tuttaviauna volta concluse le r<strong>il</strong>evazioni, in fase di traduzionedei dati raccolti, ci siamo accorti che qualcosa non tornava,i numeri non erano abbastanza rappresentativi efedeli alla realtà che meticolosamente avevamo esaminato.È stato allora necessario fermarsi. Abbiamo iniziatoa fare ciò che mancava, guardarsi attorno, ascoltare,passeggiare, sedersi. E lo abbiamo fatto per un lassodi tempo che ci permettesse di seguire i mutamentidelle stagioni. In questi mesi di “non azione” <strong>il</strong> tempopareva scorrere più lentamente, ma anche più significativamente:siamo riusciti ad intercettare l’anima delluogo, <strong>il</strong> suo respiro, attraverso i cinque sensi abbiamoregistrato dati preziosissimi che nessuno strumento seppurtecnologicamente avanzato avrebbe potuto misurare,informazioni che riescono ad essere lette solo attraversola percezione. Gli edifici da restaurare avevanoun così perfetto rapporto con la natura da obbligarcia non poter immaginare alcun tipo d’intervento chenon includesse anche quest’ultima. Ecco perché si puòparlare di un vero e proprio “restauro del paesaggio”.Il principio su cui l’intero progetto si è basato è stato<strong>il</strong> rispetto del patto uomo-natura alla base del paesaggio,ben consapevoli che solo grazie alla “buonasalute” di quel patto l’area è arrivata a noi quasi integra.Oltre a procedere al restauro dei manufatti alloraabbiamo contemporaneamente iniziato un’azionedi conservazione delle colture, ripristinato f<strong>il</strong>ari divigne e siepi, riallocato giovani querce e alberi da16


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 17dossierfrutto antichi ma ormai del tutto scomparsi nella campagnacoltivata, riattivando così quel rapporto natura-culturache è paesaggio e che è alla base della sceltadi qualsiasi malta o muratura da ut<strong>il</strong>izzare. È statoun lavoro che si è basato in gran parte sulla capacitàdi leggere <strong>il</strong> territorio nella sua interezza, in cu<strong>il</strong>’“aggiunto” ac<strong>qui</strong>siva senso solo nel legame profondocol contesto naturale, in cui l’insieme non è la semplicesomma della parti. Agire su un solo elementoha significato farlo su tutti in virtù di quella proprietàfondamentale che ogni paesaggio “vivo” ha: quelladi essere organismo attivo. Le azioni di conservazione,di ripristino e di restituzione hanno percorso viediverse l’una dall’altra, si sono intrecciate ed hannoformato una trama <strong>il</strong> cui disegno si percepisce soloperdendo di vista i singoli punti. La nostra consapevolezzaè sempre stata quella di agire nel pieno rispettodi ciò che c’era ed era già quel luogo, sapendodi riattivare un ambiente capace anche di mutaree di trovare nel mutamento la base e la forza dellapropria conservazione. Fino a quando dopo averpercorso le colline e le vallate per giungere alla Tenutadei SS. Giacomo e F<strong>il</strong>ippo nella campagna urbinatesi riuscirà a leggere <strong>il</strong> territorio e si avrà la sensazionedi esserne accolti e avvolti, di farne parte, sipotrà essere certi che nulla è ancora perduto.CEDRO SECOLARELo storico albero di V<strong>il</strong>laLe Mozzette e particolaredella grave situazione incui verteva. Immaginiricevute da D. ZanziGli alberi che curiamoIl Cedro del Libano di V<strong>il</strong>la Le Mozzete a San Piero in SieveNel parco di V<strong>il</strong>la Le Mozzete a San Piero in Sieve,un piccolo paese del Mugello sugli Appennini,i Medici nel XIV sec. costruirono una delleloro numerose residenze di campagna, che passatapoi per le mani di varie prestigiose casate fiorentine, èoggi una proprietà Corsini. Qui spicca uno stupendoed unico esemplare di Cedrus libani piantato nel parconel 1861 a commemorare l’Unità d’<strong>Italia</strong>. Curiosala sua storia: la pianta è nata da una pigna raccolta suimonti del Libano e portata in Europa come dono perla Famiglia Corsini dal poeta francese Alphonse de Lamartinea ricordo di un suo pellegrinaggio in Terra Santaalla ricerca della fede perduta.Si tratta di un vero colosso, uno tra i più maestosi di questaspecie presenti in <strong>Italia</strong>. Radicato isolato, in splendidasolitudine, ha avuto modo di espandersi in libertà raggiungendoun’altezza di oltre 30 metri e una circonferenzadel fusto di ben 9,50 metri. L’albero è visib<strong>il</strong>e anchea ch<strong>il</strong>ometri di distanza. Nel corso degli anni ha subitoparecchi danni da folgorazione, l’ultimo particolarmentedevastante l’8 agosto del 1995. Quando un alberoviene colpito da un fulmine due sono le possib<strong>il</strong>ità:l’enorme quantità di energia (fino a 100 m<strong>il</strong>ioni di volt)e di calore lo distruggono riducendolo in schegge, oppure– come nel nostro caso – la folgore lo attraversa raggiungendocosì <strong>il</strong> terreno, passando per le branche, <strong>il</strong> troncoe le radici. In questo caso i tessuti legnosi vengono danneggiatidal calore e dalla modifica improvvisa degli elettroliti.Inoltre, l’eccessiva perdita d’acqua dei tessuti rendela pianta più vulnerab<strong>il</strong>e ai parassiti e viene messa inpericolo la stab<strong>il</strong>ità del tronco per la presenza di fratture,di solito associate a microfratture delle fibre che scorronoparallele: l’albero potrebbe <strong>qui</strong>ndi cedere di schiantosia sotto carichi esterni – come vento o neve – ma ancheper “scivolamento” delle fibre, così come farebbe unlibro appoggiato su altri in una libreria.Non si poteva rischiare di perdere un tale esemplaree così ci è stato chiesto di provvedere a un suo “restauro”.Ecco in breve cosa è stato fatto. Negli annipassati lo storico cedro era già stato sottoposto a lavoridi rinforzo e consolidamento, ma prevalentementesolo sulle branche. È stato necessario sostituire gli obsoletie insufficienti cavi esistenti con funi statiche piùfunzionali (corde in dyneema* con portata di 14 tonnellate).Si è poi proceduto ad un consolidamento delmassiccio tronco principale, che presentava evidentifratture aperte, con otto bande avvolgenti a distanzaregolare per aumentarne la coesione. <strong>Per</strong> finire, in oltre200 fori aperti nel terreno sono stati iniettati sostanzaorganica e batteri biostimolanti e antagonistidi marciumi radicali. Il cedro dovrà essere monitoratoperiodicamente, ogni anno andrà controllata la tensionedei cavi e delle cinghie, nonché verificati i ritmidi accrescimento e le capacità di immagazzinare amidoed energia all’interno delle cellule x<strong>il</strong>ematiche.DANIELE ZANZIAgronomo Titolare Fito-Consult17* fibra sintetica particolarmente adatta alla produzione di cavi da trazione


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 18INDAGINE SUL RESTAUROIl muro a seccoè un bene culturaleAntiche tradizioni per restaurare,ricostruire e costruire nel XXI secoloDONATELLA MURTAS*Il paesaggio rurale italiano sarebbedavvero poca cosa se sipensasse di eliminare, per giocoe simulazione o per follia, gli innumerevolimanufatti in pietra asecco che nel corso dei secoli sonostati realizzati – praticamente inogni regione d’<strong>Italia</strong> – da ab<strong>il</strong>i costruttoricapaci di trovare nell’ut<strong>il</strong>izzodella pietra la risposta più immediataed adatta per le loro diverseesigenze di vita e di lavoro.Sono così nati ricoveri per i pastorie per le greggi, muri come elementidivisori di proprietà terriere,muri frangivento, canalizzazioniper l’acqua, pozzi e cisterne, muridi contenimento per le terre terrazzate,sentieri e percorsi lastricati,piccole costruzioni stagionali di servizioper <strong>il</strong> lavoro nei campi, cantine,luoghi dedicati alla sacralità,piccole costruzioni per proteggerele sorgenti d’acqua. Prese nel loroinsieme queste opere costituisconoun vero e proprio patrimonio cap<strong>il</strong>laree diffuso che ha poco a chefare con l’eccezionalità, ma che bensi sposa piuttosto con una dimensionedi cruciale importanza per laqualità e la vitalità dei luoghi: laquotidianità, dove quotidianità nonsignifica approssimazione del faree superficialità, ma bensì dedizione,professionalità e civ<strong>il</strong>tà.Le costruzioni in pietra a secco, indipendentementedalle loro dimensioni,affascinano per la loro impeccab<strong>il</strong>ee raffinata semplicità, per leperfette soluzioni formali prima ideatee poi messe in opera, per <strong>il</strong> lorolinguaggio universale e al tempo stessounico e speciale, per la loro innatacapacità di sapersi mirab<strong>il</strong>menteintegrare con <strong>il</strong> paesaggio naturalein cui sono state costruite, un paesaggioche non negano ma a cui siispirano, affiancandolo, arricchendolo,assecondandone regole ed equ<strong>il</strong>ibri.Ogni manufatto, e questo moltoprima che facessero <strong>il</strong> loro ingressonei discorsi comuni i termini disostenib<strong>il</strong>ità e di bioed<strong>il</strong>izia, è statoinfatti spesso costruito avvalendosidi ciò che <strong>il</strong> luogo metteva a disposizione:pietre del posto spesso ricavatedal dissodamento del terrenoche poi sarebbe stato coltivato, pietrerecuperate ai bordi di scarpate oin piccole cave locali. Insomma, dinecessità virtù.La percezione e <strong>il</strong> riconoscimentodel valore rappresentato dalle costruzioniin pietra a secco e dal paesaggioche queste contribuiscono acreare, non sono sempre stati positivi.Alla quotidianità e fam<strong>il</strong>iaritàsi è sostituita, con <strong>il</strong> passare del tempo,l’indifferenza. Così per molti anni,a parte rare eccezioni, si è distrattamenterinunciato a tramandare<strong>il</strong> sapere tradizionale del costruttorein pietra a secco, credendoche questo mestiere fosse ormaidestinato ad essere oltrepassato danuove professionalità legate all’ut<strong>il</strong>izzodei nuovi materiali della contemporaneità:acciaio e cemento armatoprimi su tutti. Si è poi ancheaccettato, e sempre con grande miopia– e si accetta tutt’ora, a parterare eccezioni – che i crolli di murie di strutture in pietra fossero inevitab<strong>il</strong>iperché conseguenze di st<strong>il</strong>idi vita del passato, che si facesserodegli interventi ricostruttivi e di recuperoinappropriati (dei veri e propritacconi o rappezzi), che si prendesserodelle scorciatoie costruttivebanali e squalificanti in nome di costipiù bassi (ma che poi sarannocomplessivamente più alti), che unmuro in cemento rivestito in pietrae<strong>qui</strong>valesse ad un muro in pietra asecco e che un canale cementificatoe<strong>qui</strong>valesse ad un canale in pietrao in terra battuta, confondendocosì contenuti e apparenze. Complessivamente,lentamente ma inesorab<strong>il</strong>mente,si è accetatto un impoverimentocollettivo dato dallasomma della perdita di conoscenze,di capacità, di qualità paesaggisticae costruttiva, di una gestione delterritorio che non consideri <strong>il</strong> tuttocome la semplice somma delle parti.Ma un patrimonio non più vissutoe che non si riesce a manteneree neppure a rinnovare rischia diessere perso per sempre, un paesaggioche non può più contare supersone che sanno come fare per restaurarloe ricostruirlo rischia di esserecompromesso per sempre, cosìcome lo sarebbe un’opera d’artemessa nelle mani di restauratori improvvisati.Queste considerazioni riportanooggi al centro dell’interesse i manufattiin pietra a secco e i maestridella pietra a secco. I primi perchési è finalmente riconosciuto <strong>il</strong> lorocontributo quale componenti fondamentalidel paesaggio rurale storicoitaliano in termini di risorsaculturale, ambientale, economicae sociale per <strong>il</strong> futuro; i secondiperché se ne è compreso <strong>il</strong> ruoloindispensab<strong>il</strong>e e imprescindib<strong>il</strong>enon solo per la realizzazione dinuove costruzioni, ma soprattuttoper la cura e per <strong>il</strong> mantenimentodi quegli elementi e di quei saperiche rendono <strong>il</strong> paesaggio ruraletradizionale italiano unico e distintivo,testimonianza della civ<strong>il</strong>tàdi un popolo che fa tesoro delsuo passato in chiave attuale e contemporanea.Architetto, è consulente in progetti di sv<strong>il</strong>uppo locale a matrice culturale. È stata l’ideatrice e la coordinatrice dell’Ecomuseoregionale dei Terrazzamenti e della Vite, Cortem<strong>il</strong>ia (CN), dal 1999 al 2010. Dal giugno 2011 è la coordinatrice della Sezione<strong>Italia</strong>na dell’Alleanza Mondiale per <strong>il</strong> Paesaggio Terrazzato (www.paesaggiterrazzati.it), di cui <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> fa parte18


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 19dossierMURI A SECCOA Lamole, sui monti delChianti, si è svolto unprogetto innovativo ditutela del paesaggio cheha comportato <strong>il</strong>restauro deiterrazzamenti. Fotoricevuta da PaoloBaldeschi, curatore delprogetto, cheringraziamo per lagent<strong>il</strong>e concessione19In <strong>Italia</strong> come in Europa e nel mondoesistono da alcuni anni associazioniche hanno collocato la pietraa secco e le conoscenze ad essa collegateal centro dei loro obiettivi.Riuniscono appassionati di vari settori,artigiani e contadini, studentie accademici, uomini e donne, giovanie anziani accomunati da unostesso sentire e dalla volontà di trasmetteread altri non solo capacitàe tecniche costruttive, ma ancor prima<strong>il</strong> loro significato più profondo euniversale. Aumentano gli incontri,le ricerche, le pubblicazioni tematichee i momenti di sensib<strong>il</strong>izzazionerivolti ad un pubblico che non è solopiù specializzato, ma che è compostoda cittadini attenti e sempredi più attratti dal fascino dei temiproposti, dalla riscoperta del propriopatrimonio locale e dai legami chequesto ha con le altre civ<strong>il</strong>tà delmondo. Si creano sempre più spessooccasioni per imparare a costruirei muri in pietra a secco, coinvolgendoartigiani che hanno fatto questomestiere per una vita, <strong>il</strong> più dellevolte avendolo imparato dai loropadri. Sono corsi introduttivi chepermettono di avvicinarsi al mondodella pietra a secco con naturalezza;un pò di teoria e soprattutto tantapratica, si impara facendo e rifacendo,come sempre è stato. A parteciparesono persone che hanno dellaterra e vogliono realizzare da sèle migliorie necessarie (es. ricostruiremuri crollati), ma anche artigianied<strong>il</strong>i che hanno capito l’importanzadi una specializzazione legataall’uso di tecniche costruttive tradizionali,pensate per un preciso luogo,affinate cioè nel tempo, valide epreziosissime per la gestione sostenib<strong>il</strong>edel paesaggio tradizionale econtemporaneo.Il prossimo passo potrebbe esserequello di costituire delle reti nazionalidi scuole dedicate alla costruzionein pietra a secco, che siano ingrado di garantire tanto la bontà ela serietà delle conoscenze trasferiteche la professionalità ac<strong>qui</strong>sitadai partecipanti. In Gran Bretagnal’Associazione onlus per la costruzionedei Muri a Secco (Dry StoneWalling Association of Great Britain),nata 40 anni fa, ha sv<strong>il</strong>uppatocon gli anni non solo numerosissimeoccasioni per far conoscere etrasmettere le varie tecniche costruttivelegate all’uso della pietraa secco in tutto <strong>il</strong> territorio dellaGran Bretagna, ma ha anche saputoriunire e rafforzare l’importanzadella professionalità dei costruttoriin pietra a secco organizzando corsia vari livelli, esaminando e certificandoi professionisti, promuovendola tecnica costruttiva pressoprogettisti e pubbliche amministrazioni,redigendo un registro che permettedi sapere, regione per regione,dove trovare i maestri artigiani(recapiti) e quali lavori questi sianoin grado di realizzare. Da loro hacopiato dieci anni fa la Francia, dovel’Associazione Artigiani in Pietraa Secco ha riunito singoli artigianirafforzandone l’importanza, organizzanocorsi professionali, esaminandoe r<strong>il</strong>asciando certificati riconosciutia livello nazionale, promuovendol’importanza e la validitàodierna della tecnica dell’uso dellapietra a secco. Il testimone orapassa all’<strong>Italia</strong> che, facendo propriele esperienze maturate negli anni daGran Bretagna e Francia, si sta accingendoda alcuni mesi – grazie adun progetto approvato all’internodel programma europeo LEONAR-DO – a sv<strong>il</strong>uppare una sua propostaformativa dedicata gli artigianidella pietra a secco.A piccoli passi l’impossib<strong>il</strong>ità si statrasformando in possib<strong>il</strong>ità, l’indifferenzain attenzione, <strong>il</strong> non valorein valore. La condivisione diun progetto collettivo di lungo periodoaiuterebbe a intrecciare mirab<strong>il</strong>menteruoli, capacità e competenzeritrovate.


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 20INDAGINE SUL RESTAUROCosa significa per meri-costruire pietra su pietra…LUCA ZUCCONI*Abbiamo chiesto a Luca Zucconi, esperto di manutenzione del verdee del ripristino degli antichi terrazzamenti, una riflessione sulla sceltapersonale che può portare a dedicare la propria vita a questo lavoro.Anche le pietre hanno un’anima, un desiderio nascosto di movimento, un anelito alla posa in opera... C’èsempre <strong>il</strong> posto giusto per ogni pietra, la sintonia recondita tra <strong>il</strong> disegno costruttivo dell’artefice e <strong>il</strong> coacervoapparentemente informe di un mucchio di sassi accatastati ai piedi di un muro da ri-costruire. Si cominciacosì, per gioco, come i bambini sulla sponda di un fiume che si divertono a erigere dighe o a realizzare piccolicanali con <strong>il</strong> ciotolame tondo che l’acqua ha levigato e <strong>il</strong> sole ha arroventato. Ci si ritrova poi nella campagnaaspra dei monti, dove la terra “sta su” solo perché l’uomo antico ha saputo e voluto mettere un argine al d<strong>il</strong>avamento.Monti a picco sul mare o ai piedi di massici rocciosi dove si arrampicano gli stambecchi. Dieci, cento, m<strong>il</strong>lescalini che trasformano la pendenza in pianura. Si prende una pietra in mano e la si rimette al suo posto. Ci siprova, almeno. Si tenta di ridare un senso alla geometria degli incastri, laddove l’incuria umana, lo scorrere deltempo, l’imperversare delle bufere, lo scorazzare degli ungulati hanno inferto zampate crudeli al paesaggio terrazzatodisegnato dalle generazioni contadine che non ci sono più. Può essere solo <strong>il</strong> trastullo di un momento, unriverente tributo alle fatiche immani di un qualcuno che non si conosce, ma a cui si guarda con quel “timor” checompete agli artisti. Il gesto di cittadini, magari con sangue di avi contadini nelle vene, che “sentono” qualcosa,ma non riescono a decifrarne <strong>il</strong> senso... Oppure può essere una presa di coscienza, la riscoperta di un valore intrinseco,un impulso irrefrenab<strong>il</strong>e ad agire: quel mettersi in contatto con l’interiore invisib<strong>il</strong>e di un’arenaria o di uncalcare o di un granito e dare loro la giusta collocazione. Forse è un’inconscia aspirazione all’ordine quella che muovechi ri-costruisce i muretti a secco, una voglia di mondo in cui ogni “cosa” trovi la giusta valorizzazione. Un sentimentocreatore che dal caos fa scaturire l’opus mirab<strong>il</strong>is del costruito. Una linearità armonica che si libera dallabizzarria delle forme. L’instab<strong>il</strong>ità precaria che si sublima nel legame statico degli incastri. Può finire per diventareun lavoro, in cui la ripetizione motona del movimento è bandita, l’intelligenza acuta del muovere e del sapermuovere diventa la cifra delle giornate passate nella polvere o nel fango, nell’ombra argentea degli ulivi o nella frescuradei frutteti. Un lavoro faticoso per <strong>il</strong> corpo che si piega e per l’occhio che scruta, ma che ripaga l’autore capacecon la sapienza del gesto e la bellezza del risultato. Un lavorare oggi per costruire un qualcosa che andrà oltre<strong>il</strong> nostro domani. E in un’epoca di incertezza li<strong>qui</strong>da del vivere, non è poco. Forse.L’attenta scelta delle pietre, anche nelle dimensioni e nelle sfaccettature,così da ottenere l’incastro perfetto, fanno di questo antico lavoro manuale una vera e propria arte,sim<strong>il</strong>e al restauro di un antico mosaicoOGNI PIETRA AL SUO POSTO: L’ESPERIENZA DI CALOPEZZATIA Calopezzati, un piccolo paese medioevale in provincia di Cosenza, sono stati restaurati tre fabbricati rurali inseritiin un suggestivo paesaggio collinare ricco di uliveti. Lì è stata riconosciuta la presenza di terrazzamenti oramaiabbandonati e in parte franati. Il loro recupero ha significato ridare stab<strong>il</strong>ità ai fabbricati, regimentare e drenare leacque meteoriche e ricomporre l’originario assetto paesaggistico del luogo. Complesso però è stato individuare chipotesse realizzare <strong>il</strong> restauro. Il passa parola nel paese ha riportato alla memoria <strong>il</strong> nome di don Riguardo Giudiceandrea,che aveva pratica di muri a secco. Grazie a un suo operario e <strong>qui</strong>ndi al ricordo della sua esperienza e delsuo insegnamento è stato possib<strong>il</strong>e ritrovare la trama dei muretti, ricomposta pietra dopo pietra, ridisegnare nuovamente<strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o del pendio e degli uliveti, riscoprire percorsi pedonali, piani coltivati e prati. Impiegando la tecnicatradizionale di costruire con le pietre a secco si è riusciti a ristab<strong>il</strong>ire equ<strong>il</strong>ibri e armonie ambientali andate perdute.DA UN DOCUMENTO DI MASSIMILIANO EUSTACHIO BURGI**Luca Zucconi (daimuriagliorti.weebly.com) insegna alla scuola dei muretti di Arnasco (Sv) ed è socio dell’Alleanza mondialeper <strong>il</strong> paesaggio terrazzato.20


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 21dossierMuri a seccoL’<strong>Italia</strong> nei secoli è stata modellata anche dai muri a secco,un particolare tipo di muro realizzato con pietre opportunamente disposte senzauso di leganti o malte. Sono tra i più antichi modelli di manufatto umanoe sono presenti in ogni civ<strong>il</strong>tà, rappresentano infatti uno dei primi tentatividi modificare l’ambiente con costruzioni di vario tipo e scopo.La loro struttura permette di drenare l’acqua in eccesso, captare l’umiditàper le radici delle piante, proteggere i pendii, nonché creare superfici coltivab<strong>il</strong>idove un tempo non esistevano. La secolare pratica di manutenzione dei muria secco non rappresenta <strong>qui</strong>ndi solo <strong>il</strong> valore storico di legame con questo beneculturale, col paesaggio e con le antiche tradizioni,ma costituisce anche un’importante difesa del suolo e prevenzione dalle frane.Esempio di muro a secco da restaurare perché presenta degli spanciamentiANTICHI SAPERILe immaginirappresentano alcunedelle tipologie di muriesistenti e <strong>il</strong> caso di uno“spanciamento” cherichiede un accuratorestauro. Immaginiricevute da PaoloBaldeschi21 Nella pagina precedente** M.E. Burgi, architetto, è stato anche docente per <strong>il</strong> Laboratorio per <strong>il</strong> restauro dei muretti a secco di AGEFORMAorganizzato presso <strong>il</strong> Centro di Educazione Ambientale Mario Tommaselli di Matera. Il cantiere didattico hasperimentato <strong>il</strong> recupero di muretti a secco nel Parco della Murgia Materana (vedi www.ceamatera.it).


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 22INDAGINE SUL RESTAUROCome avvicinarcial restauro dell’arte modernae contemporaneaGALILEO PELLION DI PERSANOZORIO“Pelle con stella”(1973/2012) pellee acciaio. Foto ricevutada G.Pellion di <strong>Per</strong>sano,che ringraziamoSul restauro dell’arteantica è già stato quasi tuttostudiato e scritto, mentreper l’arte moderna e contemporaneaci troviamo di fronte a una continuaricerca: spesso si deve interveniresu un materiale, in una certacondizione, per la prima volta.In questi casi solo uno specialistadel settore, come può essere un lattoniere,un marmista, un fabbro o unfalegname ad esempio, può saperequale sia <strong>il</strong> metodo migliore per trattarequel determinato materiale. Cisi deve appoggiare alla loro esperienzae imparare. Oggi si organizzanosempre più spessoconferenze e convegni sucasi e materiali specifici, che si basano appuntosempre sui risultati dell’esperienzae condividono le conclusioni diun certo lavoro. Possono <strong>qui</strong>ndi esserepresi a modello, ma solo fino aun certo punto, dipende dal casosu cui ci si troverà a intervenire: ogni interventodi restauro diventa <strong>il</strong> tassello di un enorme puzzle,che serve a comprendere, un pezzo alla volta, comesia meglio approcciarsi a nuove tecniche e materiali. Ioper esempio lavoro molto sulle opere dell’Arte Povera e<strong>qui</strong>ndi conosco bene le tecniche ut<strong>il</strong>izzate da Zorio, Merz,Pistoletto, Anselmo, solo per citarne alcuni, e spesso li ho contattatidirettamente per indagare significati e materiali ut<strong>il</strong>izzaticosì da poter agire correttamente. Prendiamo <strong>il</strong> caso in cui <strong>il</strong> processo di deterioramento dell’opera siaparte concettuale dell’opera stessa, per conservarla al meglio dovrei solo rallentarne <strong>il</strong> deperimento, ma dicerto non bloccarlo.Quando abbiamo restaurato “Pelle con stella” di Zorio (1973/2012) ci siamo dovuti limitare al recupero dellapelle che risultava molto secca, irrigidita e sporca, ed aveva preso delle forme ondulate irregolari. La fortunaè stata infatti che la parte in ferro in realtà sia in acciaio inox e <strong>qui</strong>ndi non aveva creato quei problemidi corrosione attraverso ruggine che si sarebbero poi riversati anche sulla pelle. Dopo aver eseguito l’asportazionedello strato di sporco depositato, è bastato così effettuare una spianatura della pelle per renderla dinuovo planare, farle un trattamento di ammorbidimento e nutrimento. In questo caso siamo stati fortunati,ma è proprio questa la difficoltà di agire sull’arte moderna e contemporanea: la molteplicità di materiali ut<strong>il</strong>izzatie che spesso se accostati risultano essere poco o per niente compatib<strong>il</strong>i diventando molto dannosi perl’opera. È più o meno dalla fine degli anni ’50 infatti che si è iniziato a creare opere con i materiali più disparati,inusuali per l’arte, di recupero o industriali, quali plastiche, resine, gomme, cere e prodotti sintetici,fino ad arrivare a prodotti organici altamente degradab<strong>il</strong>i. Sono tutti elementi nati per altri scopi e poco durevoli.Si sono cioè create opere senza badare troppo alla loro durata nel tempo, al loro “tempo di vita”, cosainvece molto ricercata nell’arte antica. Pensiamo alle gomme piume di G<strong>il</strong>ardi, alle plastiche di Burri, aitagli di Fontana, ai neon inseriti nelle opere di Mario Merz, alle sculture di cioccolato di Aldo Mondino o al-22


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 23dossier“GIRASOLI” DI PISTOLETTO, serigrafia su acciaio lucidatoa specchio (1969): dopo aver eseguito numerose opere specchiantiapplicando le immagini sull’acciaio con carta velinacolorata (molto delicati), Pistoletto ha poi continuato questa serie diopere ut<strong>il</strong>izzando un processo di serigrafia, impressa sulla lastra di acciaio,per eseguire i propri soggetti. Il danno era rivolto sull’immagineserigrafata: la parte inferiore risultava in parte distaccata, probab<strong>il</strong>menteper un contatto con acqua che aveva fatto perdere completamenteuna striscia di colore. Oltre ad aver r<strong>il</strong>ucidato tutta la lastra diacciaio – che essendo molto sott<strong>il</strong>e se subisce urti si ammacca, deformae rende molto diffic<strong>il</strong>e eliminare eventuali graffi – è statoripristinato <strong>il</strong> colore perso tramite ritocco pittorico.lo squalo in formaldeide di Hirst, che a un certo punto iniziò addiritturaa marcire… Questo per dire che spesso queste opere risultano delicatissime,necessitano di molti restauri, manutenzione, conservazione e studidi prevenzione. La diagnostica dei materiali ut<strong>il</strong>izzati è essenziale, sonomolto importanti gli ambienti dove le opere vengono esposte o conservate,così come le sottovalutate casse di protezione per i trasporti (seinvece venissero fatte delle casse ad hoc, su misura per l’opera, e venisserovendute con quest’ultima, si limiterebbero molti danni).Nel nostro laboratorio di Torino* abbiamo <strong>qui</strong>ndi creato ambienti specificiper le varie operazioni di restauro e analisi, come la stanza completamenteschermata dal piombo e oscurata, in cui svolgere analisi multispettrali(infrarosso, fluorescenza UV e radiografia digitale) che permettono,senza alcun tipo di prelievo, di conoscere la tecnica esecutiva elo stato di conservazione delle opere. O l’area climatizzata, con temperaturae umidità costanti e controllate, per le opere che richiedono <strong>il</strong> mantenimentodelle stesse condizioni microclimatiche presenti nell’ambiente espositivo (ad es. un museo) o chesono caratterizzate da supporti o materiali compositivi che si alterano a causa di sbalzi di temperatura e umidità.C’è poi un ambiente neutro, molto pulito, con un certo tipo di <strong>il</strong>luminazione, per <strong>il</strong> restauro della maggiorparte delle opere contemporanee che si sporcano anche solo al contatto con la polvere, pensiamo a quellesu carta, monocrome, fotografie, tele grezze non preparate… Uno dei fattori di maggiore degrado per quelche riguarda la conservazione di un disegno o una serigrafia ad esempio sono certamente l’esposizione allaluce e all’umidità. Potrei andare avanti ancora molto a lungo, ma come si può già cogliere da queste mie breviriflessioni, certamente non esaustive, e da alcuni accenni alle complessità che si possono incontrare, parlaredi restauro per l’arte moderna e contemporanea significa trattare una materia “in continuo divenire”.PISTOLETTOI “Girasoli” prima edopo <strong>il</strong> restauro(particolare della parteinferiore). Foto ricevuteda G.Pellion di <strong>Per</strong>sano23 Laboratorio di restauro e analisi “<strong>Per</strong>sano Radelet” a Torino, ndr


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 24INDAGINE SUL RESTAUROIl risanamento dei Sassi:<strong>il</strong> caso “La Martella”LA MARTELLAImportantetestimonianza dellastoria dell’architetturaitaliana. Immaginiantiche ricevute dal Prof.Amerigo Restucci. Lefoto di La Martella oggisono di FrancescaMarzotto CaotortaAMERIGO RESTUCCIRettore UniversitàIuav di VeneziaDal momento della pubblicazionedel “Cristo si è fermatoa Eboli” di Carlo Levinel 1945, per la città di Matera eper <strong>il</strong> suo storico quartiere dei Sassiinizia una storia che vede la città,ancora oggi, oggetto di attenzioneculturale, politica, sociale. Tuttol’ambiente urbano di Matera, i suoiedifici storici come la Cattedrale delXIII secolo e la Chiesa di S. Giovanni,<strong>il</strong> Castello del XVI secolo, lecostruzioni del settecento, i segni architettonicidegli anni trenta del novecento,sono stati studiati e valorizzatiper renderli partecipi di unastoria, quella di una città del mezzogiornod’<strong>Italia</strong> che dalla miseriacontadina dell’immediato dopoguerradel 1946, è diventata oggiprotagonista di messaggi culturali,di un’articolata offerta turistica, diuna socialità nuova e moderna.Va ricordato che sulla scorta del librodi Levi, Matera e i Sassi vengonovisitati da giornalisti, fotografi,sociologi, e che le forze locali a partiredal 1945 hanno affrontato i problemidella gestione di una città tantosingolare quanto estremamentecaratterizzata da un suo passato. Èproprio dal 1945 che si cercò di migliorarele condizioni di vita di chiviveva nei Sassi e porsi <strong>il</strong> problemadel loro risanamento. I finanziamentiche arrivano a Matera dal1945 in avanti permettono di iniziareuna politica di svuotamentodei Sassi dando ai loro abitanti nuovecase e nuove forme di vita.Il primo e maggiore esempio attuatoè quello del v<strong>il</strong>laggio La Martella<strong>il</strong> cui progetto, del 1952, è redattoda importanti personaggi dellastoria dell’architettura italiana qualiLudovico Quaroni, Federico Gorio,Michele Valori e Agati. Si dettevita alla costruzione di un v<strong>il</strong>laggioa sette ch<strong>il</strong>ometri dalla città, legatoall’orografia del luogo, attento ai segnidel paesaggio che sembra ampiamenterispettato quando le case,ricreando l’atmosfera delle corti dell’ambientedei Sassi, si inserisconosulle curve di livello del terreno proprioin una singolare continuità traarchitetture e paesaggio. Anche l’uso24


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 25dossierdi materiali quali <strong>il</strong> tufo e i conci diarg<strong>il</strong>la usati per i tetti richiamano icolori e le tradizioni degli antichirioni dei Sassi, ai quali interessati eaffascinati ad un tempo, guardanoi progettisti. I progettisti si ispiranoal modello delle greenbelt citiessappia dare poche e precise regoleper rispettare quello che <strong>il</strong> quartiereoffre. Si tratta di un bene culturalefatto di frasi architettonichesemplici e di materiali “poveri”. Gliabitanti de La Martella sono attenticustodi del loro recente passato, peramericane, e in particolare alla cittàNorristown nel Tennessee deglianni tra <strong>il</strong> 1935 e <strong>il</strong> 1940. Se l’impiantourbano de La Martella richiamai modelli americani, perl’architettura si legge uno st<strong>il</strong>e deltutto particolare rivolto a mantenerefunzioni agricole. Infatti le singoleabitazioni mostravano fien<strong>il</strong>irealizzati al di sopra del vano terreno,caratterizzati da traforatureut<strong>il</strong>i ad arieggiare i foraggi, e nellostesso tempo le abitazioni mostravanoun aspetto rivolto alla case dicampagna, con tetto a falde e sobrieforature determinate da portee finestre. Nel quartiere poi emergela chiesa di Ludovico Quaroni,anch’essa costruita con materiali25locali, tufo e pietra, e vero segnoidentitario di tutto <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio.Oggi accanto alla presenza leggib<strong>il</strong>edei segni degli anni cinquanta appaionoperò alcune modifiche, chesenza stravolgere l’impianto architettonico,alterano le sobrie caratteristicheiniziali. La chiusura dei foridei fien<strong>il</strong>i, la sostituzione degli infissi,le delimitazioni degli spaziaperti, sono tutti segnali che impongono,oggi, <strong>il</strong> rispetto di regoleche garantiscano l’immagine delquartiere a cui la cultura architettonicae sociale è molto legata. E allorase giustamente, per la sua storia,per le sue attuali capacità di esseregovernata, la città di Matera ècandidata ad essere capitale dellacultura europea nel 2019, altrettantova posto, accanto al risanamentodei Sassi, <strong>il</strong> rispetto di unapagina dell’architettura modernadella quale La Martella è testimone.L’invito è rivolto a chi avendo acuore l’immagine de La Martella,questo vanno aiutati ad evitare erroriquali ristrutturazioni improvvideoggi in parte visib<strong>il</strong>i, e conservareinvece tutti gli altri segni.Se dunque <strong>il</strong> Cristo di Levi servìnel lontano 1945 a porre dei problemisull’arretratezza dei modi divita di una comunità meridionale,oggi quella comunità può essere ingrado di conservarci un’importantetestimonianza della storia dell’architetturaitaliana: regole e normerivolte alla conservazione si leganoa quei valori storici del territorionazionale che fanno dell’<strong>Italia</strong>un paese tanto importantequanto bisognoso di continua attenzioneal suo patrimonio fatto ditanti e articolati segni.


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 26SegnalazioniMARIARITA SIGNORINIConsigliere nazionalee Responsab<strong>il</strong>e dei restauridi <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>IL “NERONE FANCIULLO”Prima e dopo <strong>il</strong> restauro.Foto di Maria Brunori,che ringraziamo per lagent<strong>il</strong>e concessioneRestauri recenti<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> per gli UffiziIl terzo restauro di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> perla Galleria degli Uffizi in meno diun anno è stato concluso da pochigiorni e presto sarà ricollocato nelTerzo Corridoio del museo. Dopo <strong>il</strong>recupero della scultura dello pseudo‘Seneca morente’ presentato nel luglioscorso e <strong>il</strong> restauro della cosiddetta‘Julia Mesa’ agli inizi di febbraio,è stata la volta del ritratto dellopseudo ‘Nerone fanciullo’. Si trattadi una scultura di eccellente fatturarisalente alla prima metà del Isec. d.C., presente in Galleria dal1704 e appartenente al nucleo piùantico della collezione medicea.Un’opera che è sempre stata consideratad’eccellenza per <strong>il</strong> patrimoniogranducale al punto di averlacollocata nel luogo più prestigiosodi Galleria: nella Tribuna, come testimoniatodal dipinto di JohannZoffany eseguito verso <strong>il</strong> 1772, sucommissione della regina Carlottamoglie di re Giorgio III d’Ingh<strong>il</strong>terra,dipinto che fa parte della Royalcollection del Castello di Windsor.La scultura raffigura <strong>il</strong> ritratto diun ignoto fanciullo di epoca giulioclaudiadell’età di circa tre anni,convenzionalmente ritenuto Neronefanciullo. La caratteristica tenagliao biforcazione dei due ciuffi dicapelli sulla fronte (detta anche forcipe)è infatti tipica della dinastiagiulio-claudia di cui Nerone è stato<strong>il</strong> <strong>qui</strong>nto e ultimo imperatore. Lascultura è straordinariamente elegante:testa e collo sono in marmobianco, <strong>il</strong> busto in onice, la veste inmarmo orientale, la cintura nera inpietra di paragone, mentre la baseè in breccia. Il restauro è stato quantomai provvidenziale, poiché, propriodurante la rimozione della sculturadalla sua sede espositiva, si sonostaccati un pezzo consistente delcollo e uno della base per l’indebolimentodei vecchi fissativi con cuierano stati in precedenza incollati.L’opera aveva inoltre un aspetto disomogeneoa causa dei depositi disporco nelle porosità del marmobianco e della perdita di lucentezza,sempre causata dai depositi dipolvere e di vecchi fissativi sui marmipolicromi.Una scrupolosa pulitura ha ridatol’originario nitore dei marmi, ne èseguito <strong>il</strong> consolidamento delle zonefrag<strong>il</strong>i, la rimozione delle vecchiestuccature decoese e alteratecon nuove stuccature sul naso e sulleorecchie, lievi velature ad acquerellohanno ridato unità allepiccole integrazioni, infine la sculturaè stata protetta con un f<strong>il</strong>m dicera d’api dato a protezione sul solomarmo bianco.Il recupero dell’opera è stato fattoda Nike restauro di Luis Pierelli eGabriella Tonini, sotto la direzionedi Fabrizio Paolucci Direttore deldipartimento di Antichità classicadegli Uffizi. Anche questa volta <strong>il</strong>restauro è stato finanziato da <strong>Italia</strong><strong>Nostra</strong> Firenze, tra i cui soci FabioBasagni è stato <strong>il</strong> principale sostenitoredell’iniziativa.Prosegue dunque a spron battuto <strong>il</strong>progetto “<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> per gli Uffizi”dando seguito al ciclo di restaurinel quadro del più ampio progettodi pulitura e valorizzazione deimarmi antichi dei tre Corridoi diGalleria. <strong>Per</strong> finanziare i prossimirestauri sono in programmazioneuna serie di nuove visite guidate allascoperta dell’Antiquarium di V<strong>il</strong>laCorsini, preziosa raccolta dellesculture antiche un tempo al MuseoArcheologico Nazionale di Firenze.Mentre all’interno degli Uffizi visiteremola ‘Galleria dei marmi’ oltrealle nuove sale da poco inaugurate:la Tribuna, la Sala della Niobe e laSala di Michelangelo, per promuoverela diffusione della storia dell’arte,la cultura del restauro e dellaconservazione del patrimonio nelpieno rispetto dei principi dell’Associazione.26


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 27segnalazioniIl nostro impegno per la CarraraIn vista della chiusura per restauridella Pinacoteca dell’AccademiaCarrara di Bergamo, dal 2007 la sezionedi <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> ha promossovarie iniziative a sostegno, cura e valorizzazionedel prezioso patrimoniod’arte del museo. Tra le tante attività,sono stati organizzati un ciclo diconferenze “Civici Musei d’Arte –Spazi, funzioni, forme di gestione.Esperienze e prospettive”, <strong>il</strong> progetto“Aspettando la nuova Carrara. Restauroe storia dell’arte”, la tavola rotondasul generale tema di “Investiresulla cultura” e <strong>il</strong> più specifico casodi Bergamo e della Carrara. Sonostati anche promossi restauri e studi:– nel 2010 delle due tavolette diDefendente Ferrari (c.a 1480-1540), “Cristo in meditazione sedutosulla croce” e “Flagellazionedi Gesù Cristo”, che con la“Crocefissione” custodita a PalazzoMadama di Torino creanoun prezioso trittico¹;– nel 2011 della grande tavola diAndrea Previtali (1480-1528) cherappresenta la “Madonna conBambino e Santi”, anche chiamata“Madonna Baglioni” essendogiunta alla Carrara nel 1900 conlegato di Francesco Baglioni (comele tavolette precedenti). L’operapresentava gravi problemi diconservazione, è stato <strong>qui</strong>ndi necessarioin primo luogo recuperarela tavola di supporto della pellicolapittorica fortemente assottigliatada precedenti interventi eresa così particolarmente frag<strong>il</strong>e²;– nel 2012 del “Ritratto di GiulianoDe Medici”, uno dei tre dipintidi Sandro Botticelli (1445-1510), giunti all’Accademia perlegato Morelli nel 1891, espostidal 27 luglio al 4 novembre nellasala delle Capriate in Palazzodella Ragione³.SERENA LONGARETTIConsigliere Nazionalee della Sezione di BergamoACCADEMIA CARRARA“Madonna Baglioni” diAndrea Previtali, dopo <strong>il</strong>restauro, e “Ritratto diGiuliano de’ Medici” diBotticelli. Immaginiricevute da S. LongarettiL’ACCADEMIA DI BERGAMOLa peculiare vicenda dell’Accademia Carrara di Bergamo testimonia una storia d’amore verso la propria città,ma anche una storia di consapevolezza dell’importanza dell’arte quale espressione dell’essere di una comunità.Nata come scuola di Belle Arti nel 1793 per volere del conte Giacomo Carrara che alla sua morte nel 1796 halasciato la sua collezione di opere d’arte alla scuola come una sorta di libro tangib<strong>il</strong>e per la formazione dellenuove generazioni di artisti, la Carrara è rimasta un’istituzione privata gestita da una Commissarìa di nob<strong>il</strong>i finoal 1958, quando è stata immessa nella titolarità del comune di Bergamo. Nel 1991 alla Scuola di Belle Arti e allaPinacoteca s’è aggiunta la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. Il patrimonio custodito dalla Pinacotecae dalla Gamec è pervenuto per collezioni attraverso lasciti e donazioni e dunque, pur contando circa 1800 opere,molte assolutamente straordinarie, non costituisce una testimonianza esaustiva di tutta la storia dell’arte maben esprime le peculiarità del collezionismo d’arte in una città piccola per dimensioni ma grande per passioni.27 ¹ Restauro di Carlotta Beccaria, direzione dott.ssa Amalia Pacia; studio condotto da Massim<strong>il</strong>iano Caldera e Paola Manchino² Restauro di Roberta Grazioli, direzione dott.ssa Amalia Pacia; studio condotto da Antonio Mazzotta³ Restauro di Carlotta Beccaria e Roberta Buda<strong>Per</strong> maggiori informazioni <strong>consultare</strong> “Quaderni di Restauro” (vol. 2, 3, 4), Lubrina EditoreS.L.


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 28INDAGINE SUL RESTAURONumerosi interventinella Pieve di CascinaLUCIA CASAROSAPresidente della Sezionedi CascinaCASCINAL’architrave del portaledella pieve S.Mariae S. Giovanni restauratoe <strong>il</strong> dipinto “SantaCaterina da Siena cheassiste gli infermi”. Fotodi L. CasarosaFRANCA GUELFI<strong>Per</strong> la Sezione di GenovaGENOVAL’Edicola restauratadalla Sezione. Fotoricevuta dalla Sezione diGenovaLa Sezione di Cascina, negli oltre15 anni di attività, ha promosso,ed in alcuni casi finanziatodirettamente, importanti restauriche hanno contribuito allatutela ed alla valorizzazione delleopere d’arte del territorio. Il primorestauro (1999-2004) ha riguardato<strong>il</strong> recupero del seicentescoOratorio di Santa Croce, chiusoal culto da oltre 30 anni pergravi lesioni al tetto ed alle struttureportanti. Durante i lavori, resipossib<strong>il</strong>i grazie a finanziamentiprivati (istituti bancari ma anchecomuni cittadini), sono stati consolidatiarchi, volte e murature.Successivamente, sono stati restauratigli affreschi settecenteschi,attribuiti al pisano DomenicoTempesti, gli stucchi di Carlo AntonioFerri, già attivo nella Certosadi Pisa, e gli arredi marmorei.Più recentemente (2011), la sezioneha promosso <strong>il</strong> restauro dell’architravedella medievale Pievedi S.Maria Assunta e S.GiovanniEvangelista minacciato da unaprofonda lesione; in questo caso <strong>il</strong>restauro ha previsto l’impiego dimoderne tecnologie, tramite l’inserimentodi barre f<strong>il</strong>ettate in acciaioinox, ancorate alla pietra attraversoun reagente chimico. Talemetodologia ha garantito <strong>il</strong> completorisanamento del manufattonel rispetto dei principi del restauroconservativo, ed è stato possib<strong>il</strong>egrazie alla collaborazionedell’Opera Primaziale di Pisa.Sempre nella pieve la sezione hapromosso <strong>il</strong> restauro di tre teled’altare: la prima raffigurante SanSebastiano e San Rocco, l’altraSan Carlo Borromeo e San Ranierientrambe di autori ignoti attiviUn importante ricordonella metà del XVII secolo; ma lavera scoperta è stato <strong>il</strong> recuperodel dipinto con Santa Caterina daSiena che assiste gli infermi, cheha ritrovato una smagliante cromiaed una profondità di impaginazioneprospettica per cui è statoattribuito al noto pittore pisanoAurelio Lomi, attivo tra <strong>il</strong> XVIe <strong>il</strong> XVII secolo. Attualmente la sezionesta raccogliendo fondi peraltri “restauri d’urgenza” nellaconsapevolezza che ogni restauroè un’occasione per promuovere laconoscenza del nostro patrimonio.La Sezione di Genova negli ultimi anni ha realizzato <strong>il</strong> restauro della“Deposizione” nella Chiesa di San Matteo (scultura lignea diA.M. Maragliano), la fontana di Piazza Marsala, <strong>il</strong> piccolo ninfeo e lafontana di via Luccoli, <strong>il</strong> monumento al Bal<strong>il</strong>la in Portoria e di tre edicole:della Madonna e di S. Zaccaria in via Ponte Reale, di S. GiovanniBattista in via Balbi e della Madonna in via Tomaso Reggio. Vorremmoperò parlarvi di quest’ultimo restauro, nato dal desiderio di ricordareun giovane sedicenne, Francesco Conenna, che era figlio di unnostro socio. L’edicola è sul muro di un edificio comunale, lungo <strong>il</strong> percorsodella Cattedrale al Chiostro dei Canonici, che ospita <strong>il</strong> MuseoDiocesano. Ne sono stati ripristinati gli stucchi, <strong>il</strong> tettuccio e la mensolabasamentale. Nella nicchia è stata sostituita la statua mancantecon una copia ricavata da un calco realizzato nel corso di recenti restauridi altre edicole del centro storico (datazione sec. XVII-XVIII).L’edicola oggi ha così ritrovato <strong>il</strong> suo splendore, nella ricchissima decorazionea motivi floreali, spirali, volute, riccioli, tralci, conclusa insommità da un cerchio con al centro la stella simbolica e due cherubinia raccordare <strong>il</strong> tutto.28


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 29segnalazioniAdorazione del Bambino e AngeliIn occasione del quarantesimo anniversario di fondazione della Sezione (1972-2012) abbiamo promosso <strong>il</strong>restauro, attualmente in corso nel Laboratorio C.R.D di Lazzate, di un affresco strappato e riportato su tela,della fine del Quattrocento, raffigurante la Vergine adorante col Bambino e Angeli.L’affresco fu tolto nel 1909 dall’Oratorio di San Rocco ubicato di fronte al cimitero di Mortara e del quale eraprevista la demolizione, oggi è custodito nella Bas<strong>il</strong>ica di San Lorenzo. Si ritiene fosse stato realizzato per votocomunale nel 1487 in occasione di un’epidemia pest<strong>il</strong>enziale. Nel dipinto la Vergine indossa una veste rossacon piccoli fregi sotto un mantello azzurro soppannato di verde, sul capo porta un fazzoletto chiaro ed èinginocchiata di fronte al Bambino, adagiato sull’erba e vig<strong>il</strong>ato da due piccoli angeli.L’opera, pervasa da una grazia ingenua, di impronta popolare e di carattere devozionale, è certamente di manodi un artista locale riconducib<strong>il</strong>e per affinità st<strong>il</strong>istica ad altri dipinti murali presenti nella stessa chiesa.L’affresco, che dal tempo dello strappo non è mai stato sottoposto ad interventi conservativi, non gode di ottimasalute a causa dello sporco accumulatosi negli anni e dell’usura naturale. L’intervento è attualmente nellafase di pulitura.SEZIONE LOMELLINALa Breccia di Porta Pia… a M<strong>il</strong>anoFin dalla sua fondazione la Sezione di M<strong>il</strong>ano hacontribuito a importanti restauri, ma dalla metàdegli anni ’90 ha rafforzato ulteriormente quest’attivitàcostituendo <strong>il</strong> Fondo Enzo Monti (legatoa un lascito testamentario) grazie al quale restauraopere d’arte, piccole o grandi, dal portale maggioredel Duomo all’affresco della parrocchiale di ZibidoSan Giacomo (per maggiori dettagli vai suwww.italianostra-m<strong>il</strong>ano.org).In occasione del 150esimo anniversario dell’Unitàd’<strong>Italia</strong>, la Sezione ha scelto <strong>il</strong> dipinto, poi restauratonel 2012, “La Breccia di Porta Pia” diCarlo Ademollo, artista fiorentino che partecipòin prima persona alle vicende m<strong>il</strong>itari risorgimentalie che si guadagnò la nomina del re di “pittoredell’armata italiana”.Come ne preannuncia <strong>il</strong> titolo, l’opera (olio su teladel 1880 circa, 200 x 377 cm) simboleggia la fase29Sono <strong>il</strong> realismo e i tanti particolaria rendere quest’opera unadelle più riuscite dedicate al soggettoconclusiva dell’epopea risorgimentale: la presa diPorta Pia a Roma <strong>il</strong> 20 settembre del 1870.Durata poco più di quattro ore, la battaglia viene descrittada Ademollo con dovizia di particolari, sia nellaresa dell’azione m<strong>il</strong>itare che nella definizione di ognisingolo personaggio: <strong>il</strong> taglio compositivo, l’accentuazionevoluta sul movimento, le mura aureliane evocatesullo sfondo, i volti dei giovani soldati, la fedeltàdella resa delle uniformi e delle armi ut<strong>il</strong>izzate, l’atmosferadi realismo e enfasi insieme ricreata, rendonol’opera una delle più riuscite dedicate al soggetto.L’opera è conservata a M<strong>il</strong>ano a Palazzo Moriggia,sede del Museo del Risorgimento.SEZIONE DI MILANODall’altoMORTARAIn questa immaginedella “Vergine adorantecol Bambino e Angeli” sievidenzia la parte che ègià stata oggetto di unprimo intervento dipulitura. Foto ricevutadalla Sezione LomellinaMILANOLa Breccia di Porta Piadi Carlo Ademollo.Immagine ricevuta dallaSezione di M<strong>il</strong>ano


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 30INDAGINE SUL RESTAUROSEZIONE MILANO NORD OVESTCORNAREDO“Cristo in croce tra laMadonna e Sant’Antonioda Padova”, immaginericevuta dalla SezioneM<strong>il</strong>ano Nord OvestSANTORSOLa Chiesa di Sant’Orsoin un’immagine ricevutada Marialberta DeMarchi Fantelli e PierLuigi Tortima per laSezione di SchioKISITO PRINELLIPresidente della SezioneM<strong>il</strong>ano Sud EstRIOZZO“Il martirio di SantaEurosia”, foto ricevutada K. PrinelliUn dono per Cornaredo<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> ha ricevuto in donazione, tramite la Sezione di M<strong>il</strong>anoNord Ovest, un dipinto di pittore ignoto di ambito lombardo, seguacedel Magatti, raffigurante “Cristo in croce tra la Madonna e Sant’Antonioda Padova” (olio su tela, 272x180 cm). La tela, proveniente dall’exOratorio della famiglia Dugnani di Cornaredo demolito tra gli anni’50 e ’60, reca in basso a destra la data “1736”, anno di edificazionedell’Oratorio stesso. Il dipinto è stato donato alla nostra Associazioneperché procedesse al restauro, rimanendo però vincolato al territorio diCornaredo. Il restauro, autorizzato dal Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali e curato dalla restauratrice Gabriella Mantovani, è stato finanziatodalla nostra sezione e dalla Parrocchia SS Giacomo e F<strong>il</strong>ippodi Cornaredo, che ora è la custode dell’opera. La tela è stata infatti collocatanella Chiesa dedicata alla Santa Croce, sita nella frazione di CascinaCroce di Cornaredo, ed è sempre visib<strong>il</strong>e in occasione di tutte le attivitàdi Culto.Il martirio di Santa EurosiaIl dipinto raffigurante <strong>il</strong> “Martirio di Santa Eurosia” è un’operad’arte datab<strong>il</strong>e tra <strong>il</strong> 1673 e <strong>il</strong> 1675, di autore anonimo,che fu appositamente realizzata per la comunità di Riozzo,frazione di Cerro al Lambro (MI). Era destinato a pala d’altaredella chiesa dedicata alla Santa presso la cascina Fornaci.Nel 2009 la locale Pro Loco si fece carico di reperire i fondiper <strong>il</strong> delicatissimo restauro e nel 2011 la Sezione di M<strong>il</strong>anoSud Est di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> si è affiancata all’associazione localeper reperire i 14.500 euro necessari per completare i lavori*.Eurosia è una Santa del IX secolo, figlia del Duca diBoemia, doveva andare sposa al Principe di Aragona, fu martirizzatadai saraceni poco prima del suo matrimonio all’etàdi 16 anni. Una storia che attraversa tutta l’Europa dell’epoca.Il culto della Santa si diffuse nel nord <strong>Italia</strong> con la dominazionespagnola e veniva invocata per proteggere i raccoltidalle tempeste. Un culto ormai scomparso, ma che era moltoimportante per l’epoca. Data la natura agricola del sud M<strong>il</strong>anovi è, o vi era, una rappresentazione della Santa in quasiogni chiesa, rendendola di fatto una delle figure più importantidella devozione popolare dei territori agricoli fino allametà del XIX secolo. Oggetto di una prossima pubblicazionea cura della Pro Loco di Cerro al Lambro e di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>M<strong>il</strong>ano Sud Est, <strong>il</strong> dipinto in questione è anche una delle migliorirappresentazioni iconografiche che siano mai state realizzatesulla Santa.CHIESA DI SANT’ORSO È giunta a buon fine la nostrasollecita e appassionata promozione del restauro dellafacciata della chiesa di Sant’Orso a Santorso in provinciadi Vicenza, opera insigne di Ottone Calderari, architettodel ‘700. È considerata una delle più belle chiese neoclassichedel Vicentino e custodisce una preziosa Madonna con Bambinodi Scuola veronese del ‘300. Tra breve inizieranno i lavori con<strong>il</strong> contributo di vari donatori, tra cui anche la nostra Sezione. Abbiamoinfatti offerto 5.000 euro in memoria della nostraPresidente onoraria e co-fondatrice prof.ssa Livia Letter.SEZIONE DI SCHIO* Il restauro è durato quasi due anni ed è stato eseguito dalla ditta Conservart snc di Tavazzano con V<strong>il</strong>lavesco(LO) sotto ladirezione della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici di M<strong>il</strong>ano.30


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 31La centrale idrodinamica di TriestesegnalazioniLa Centrale idrodinamica(tre piani fuori terra, 13 metridi altezza e 24.000 mc)è stata fino al 1988 <strong>il</strong> sistemageneratore centralizzatoper la movimentazionedelle attrezzature elettromeccanichedel porto. Fu costruita nel 1890con due torri e una ciminierae fu collegata successivamentealla Sottostazione elettricadi riconversione (1913)TRIESTERestauro della centraleidrodinamica del portovecchio di Trieste, fotodella sala macchinericevuta da AntonellaCaroliIl porto di Trieste fu uno dei primi porti al mondo, assieme ad Amburgo, Buenos Aires, Calcutta e Genova,a dotarsi di una Centrale idrodinamica. Realizzata nel 1890, la Centrale è da considerarsi un capolavorodell’archeologia industriale*; ancor oggi conserva intatte e funzionanti le sue prestigiose macchine per la produzionedi energia idrodinamica al servizio dei mezzi meccanici del porto. L’acqua sotto pressione, prodottadalla Centrale idrodinamica, veniva distribuita in tutto <strong>il</strong> porto attraverso 6.500 metri di condotte sotterranee,andando ad alimentare direttamente le gru da banchina, da capannone e i montacarichi.Come gli altri edifici storici del Porto vecchio è stata abbandonata al degrado, ma la sua struttura è rimastaintegra e le macchine di movimentazione si sono conservate, come buona parte delle attrezzature dell’officinadi riparazione. Il restauro della Centrale con funzioni museali, promosso e indirizzato già nel 2004 da <strong>Italia</strong><strong>Nostra</strong>, è <strong>il</strong> risultato di un Accordo di programma del 2007 tra Autorità Portuale, Ministero per i Beni e leAttività Culturali e Regione Friuli Venezia Giulia. Il 18 giugno 2012 è stata aperta al pubblico per le visitealle macchine storiche e in seguito diventerà <strong>il</strong> Polo museale del porto di Trieste assieme alla Sottostazioneelettrica di riconversione, attualmente in fase di restauro.Archeologi per un giorno a VetuloniaIl Museo archeologico Isidoro Falchi di Vetulonia, attraverso la sua Associazione degli Amici del Museo, questaprimavera ha organizzato una serie di escursioni nella vastissima necropoli etrusca che si estende nei boschicollinari intorno al paese, con lo scopo di ripulire una serie di tombe e tumuli. La giornata di domenica28 apr<strong>il</strong>e è stata riservata alla Sezione di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> di Castiglione della Pescaia, che già contribuisce al restaurodi un prezioso calderone del Museo. Ai tanti soci della Sezione se ne sono aggiunti da quella di Firenze,compresa la Consigliera nazionale Mariarita Signorini. Ci siamo recati nel bosco di Colle Valli, a tre quarti d’oradi cammino a sud-ovest da Vetulonia, dove ci sono due tumuli di diametro di circa 9 mt, ridotti a circa 1 mtdi altezza dal livello del terreno, con i resti di una camera rettangolare di 1,75x3,50 mt, limitata da 2 o 3 f<strong>il</strong>aridi conci di pietra. Ci siamo dedicati a quello superiore, lasciandoci l’altro per una nuova escursione. Il gruppoera naturalmente guidato da archeologi, fra i quali la Direttrice del Museo Dott.ssa Simona Rafanelli. Vi èstato un impegno di tutti con le trowel (piccole cazzuole a forma solitamente romboidale), con palette, scope,bad<strong>il</strong>i. Il risultato è stato esaltante, perché alla fine della giornata abbiamo completamente messo in luce lacrepidine (<strong>il</strong> basamento dell’edificio, ndr) del tumulo, cioè <strong>il</strong> cerchio di pietre – in questo caso soltanto la base– che conteneva l’alzato in arg<strong>il</strong>la e terra. Un’esperienza da far conoscere e da ripetere.SEZIONE DI TRIESTEMARIO PRETIPresidente della SezioneCastiglione della Pescaia31*<strong>Per</strong> saperne di più: A. Caroli, “La Centrale idrodinamica del porto di Trieste”, ed. Italo Svevo, Trieste, 2012


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 32INDAGINE SUL RESTAUROE un po’ meno recenti...S. Stefano a <strong>Per</strong>no di Monforte d’Alba:restauro dell’antica cappella campestreWALTER ACCIGLIAROConsigliere della Sezione di AlbaALBAImmagine ricevuta da W.Accigliaro e B. Ghiglioneper la Sezione di AlbaNella frazione <strong>Per</strong>no di Manforte,nell’ambito di varieopere per <strong>il</strong> restauro promossedalla Sezione di Alba (in accordocon la Parrocchia e con le autorizzazionidi Comune, Curia ecompetenti Soprintendenze statali),è dal 1977 che viene prestatauna particolare attenzione all’anticacappella campestre di S. Stefano(sec. XII, c. 1757*). In originechiesa parrocchiale del luogo,poi fu soltanto sacello di pertinenzacimiteriale. All’internodell’abside romanica già dal1973 avevo r<strong>il</strong>evato frammentidi antichi affreschi, datab<strong>il</strong>i dalXIV al XV secolo. È stato propriofra le diverse operazioni direstauro attuate a cura della Sezione(risistemazione del sito alberato,restauro strutturale dellacappella, manutenzione), primanel 1980, poi definitivamentetra <strong>il</strong> 2007 e 2008, che questisono stati attentamente riscopertie restaurati, insieme alle altredecorazioni murali tardo-ottocentesche.Tra <strong>il</strong> 1980 e <strong>il</strong> 1982vari soci di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> avevanoanche compiuto mirati scaviarcheologici nel sito circostanteed all’interno del sacro edificio,ovviamente sotto la direzione dellacompetente Soprintendenza.Sempre a cura della Sezione albese,nel corso delle rispettive fasid’intervento sono stati reperitisia <strong>il</strong> progetto tecnico, sia i fondiper i vari lavori, concessi dalComune, dalla Provincia di Cuneoe da privati molto sensib<strong>il</strong>i egenerosi.SEZIONE DEL GOLFO DI GAETAGOLFO DI GAETATorre del Monte diScauri. Confronto tra lafabbrica negli anniTrenta del XX secolo e lostato ante e postrestauro. Foto ricevutada Cesare Crova per laSezione Golfo di GaetaLa Torre del Monte di ScauriNel 1987 grazie all’azione incisiva e sistematica della Sezione del Golfo di Gaeta, che lo ha ideato contribuendoalla stesura della legge istitutiva, è stato creato <strong>il</strong> Parco Regionale Suburbano di Gianola e delMonte di Scauri.L’opera di salvaguardia di questo polmone di macchia mediterranea di 290 ha da parte di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, è poiproseguita con molteplici iniziative mirate alla protezione, conservazione e valorizzazione del paesaggio e delpatrimonio culturale, archeologico e architettonico presente al suo interno.Nel 2007 un importante lavoro di restauro è stato portato a termine su uno dei resti più importanti dell’architetturastorica presente, la Torre del Monte di Scauri, facente parte del sistema di difesa costiero del regnodi Napoli, costruita nella seconda metà del XVI secolo e che versava in un tale precario stato di conservazioneda presagirne la sua definitiva perdita**.Con un sapiente intervento di r<strong>il</strong>ettura delle fasi costruttive, la fabbrica è stata consolidata, riconfigurandolain un aspetto che solo idealmente ne ricostruisce l’ingombro, garantendo la lettura delle varie stratificazionistoriche, conservando nella loro interezza e leggib<strong>il</strong>ità i singoli elementi ancora evidenti, con un’azioneche richiamando i moderni principi del restauro storico-critico, ne rispetta i criteri di minimo intervento, reversib<strong>il</strong>itàe compatib<strong>il</strong>ità, nel rispetto dell’autenticità dell’opera d’arte.*navata e facciata ricostruite a metà del 1700, ndr** Da sempre auspicati dalla sezione, i restauri sono stati progettati e diretti dall’architetto Cesare Crova, Specialista inRestauro dei Monumenti e docente di Restauro all’Università, attuale Presidente Regionale del Lazio dell’Associazione.32


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 33Arte barocca recuperata: la Pala MezucellisegnalazioniLa pala d’altare cosiddetta “Mezucelli”, componentedell’arredo barocco (smantellato nel 1933) dellaCattedrale di Teramo, fu salvata dal rischio di dispersionedalla prof.ssa Maria Manetta Di Pancrazio, allorapresidente della Sezione di Teramo di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>.Ne venne subito chiesta la collocazione in sicurezza, ea cura della sezione fu restaurata e restituita alla CuriaVescov<strong>il</strong>e della Diocesi di Teramo-Atri nell’estatedel 2008*. Ormai è definitivamente battezzata “PalaMezucelli”, in ragione della dedica del donatore (anzi“testator”) che appare “scolpita” alla base del tronodella Madonna. Si realizzò così <strong>il</strong> sogno della compiantaProf.ssa Di Pancrazio, che scoprì <strong>il</strong> grande dipinto (circa6 mq) nei locali della Cattedrale, che ne apprezzòla raffinata fattura ed <strong>il</strong> grandissimo valore documentario,che cominciò quasi da sola la lunghissima traf<strong>il</strong>adel costoso restauro.Dopo 400 anni si scopre che la monumentale pala, dovutaalla devozione di “D. Andrea Mezucelli / Testator”,così dedicata e datata nel 1598, reca forse ancheuna firma, che quasi coperta da incauti restauri precedentie dalle patine del tempo finora era sfuggita atutti. L’autore si qualifica “DVRANTES FR. EXEC. TOR ”e gli storici dell’arte dovranno identificare questo artistache sembra non aver lasciato nel teramano altretracce conosciute. A meno che non prevalga la tesi chevorrebbe quell’«executor» qualificare non già l’artista,ma un vero e proprio esecutore testamentario.PEPPINO SCARSELLI<strong>Per</strong> la Sezione di TeramoTERAMOPala Mezucelli”restaurata dalla sezionenel 2008. Immaginericevuta da P. ScarselliRestauri da segnalareL’eremo di San Marco: monumento in rovinaIl turista che, attratto dall’incantevole paesaggio, si incamminaverso <strong>il</strong> Colle San Marco, che dall’alto dominala città delle cento torri, giunto nella frazione diPiagge, come spinto da una forza misteriosa, inizierà apercorrere un romantico sentiero che si inoltra in un bosco,giungendo ai piedi di una parete rocciosa, sim<strong>il</strong>e adun’inaccessib<strong>il</strong>e fortezza che sembra voler custodire segretie bellezze inenarrab<strong>il</strong>i. Quest’impressione si consolideràquando, superato un profondo fossato, potràaccedere allo stupefacente edificio addossato alla paretedi travertino, che ospitava <strong>il</strong> convento di San Marco,fondato all’inizio del 1200 dai monaci cistercensi. Scopriràcosì, in una magica grotta, resti di tombe, altari eaffreschi: <strong>il</strong> tutto però in una condizione di abbandonoindicib<strong>il</strong>e tra la presenza ossessiva di scritte sui muri.La Sezione di Ascoli Piceno ha sollecitato ripetutamente<strong>il</strong> recupero e <strong>il</strong> restauro di tanta bellezza. A piùriprese è stato confermato l’inizio dei lavori, sin dallavisita, avvenuta circa due anni or sono, del DirettoreRegionale dei Beni Culturali delle Marche. Purtroppotutto è rimasto come prima, con <strong>il</strong> pericoloche un monumento così prezioso crolli definitivamente.La Sezione, per evitare che ciò accada, da tempopropone la realizzazione del Parco Culturale edAmbientale degli Eremi, sollecitando altresì l’iniziodei lavori, per cui risultano già stanziati circa 900m<strong>il</strong>a euro.GAETANO RINALDIConsigliere Nazionale,Presidente della Sezionedi Ascoli PicenoASCOLI PICENOL’Eremo di San Marco,imbrattato dai graffiti.Foto ricevuta da G.Rinaldi per la Sezione diAscoli Piceno33 *Dipinto restaurato dalla società PRAXIS di Roma, per iniziativa e cura di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, con la generosa assunzione dell’onerefinanziario da parte della Fondazione TERCAS


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 34INDAGINE SUL RESTAUROEREMIEcco alcuni eremi particolarmente affascinanti che vorremmosegnalarvi, pur ricordando che l’<strong>Italia</strong> ne è piena:- S. Paolo a Arco (Trentino Alto Adige)- S. Spirito, Roccamorice (La Maiella, Abruzzo)- S. Nicola di Fano a Corno (Teramo, Abruzzo)- S. Terenziano, Corfinio (L’Aqu<strong>il</strong>a, Abruzzo)- S. Maria in Val di Sasso (Valleremita, Marche)- SS. Trinità (Gole del Melfa, Lazio)- S. Cassiano a Lumignano (Vicenza, Veneto)- Dei Frati Bianchi, Cupramontana (Marche)- S. Maria Giacobbe (Foligno, Umbria)- S. Nicola (Ischia, Campania)- S. Cataldo (Cottanello, Lazio)- S. Bartolomeo (Roccamorice, Abruzzo)- S. Onofrio al Morrone (Sulmona, Abruzzo)- S. Michele Arcangelo (Maranola, Lazio)- S. Colmbano a Tramb<strong>il</strong>eno (Trentino AA)- Calomini in Garfagnana (Toscana)- S. Caterina al Sasso (Varese, Lombardia)I luoghi del s<strong>il</strong>enzioPrendendo spunto dalla segnalazione della Sezionedi Ascoli Piceno della pagina precedente, vorremmofarvi “riscoprire” un patrimonio architettonicoassolutamente unico, che ci narra secoli di storiae arte, di spiritualità e s<strong>il</strong>enzio, di solitudine e fatica,di luoghi inaccessib<strong>il</strong>i alla ricerca di Dio: parliamodegli eremi, e in particolare di quelli che “emergono”dalle rocce. Alla ricerca infatti di un rifugiospirituale, i primi monaci – dati i pochi mezzi a lorodisposizione – cercarono di sfruttare i ripari naturali,le rientranze della roccia e le piccole grotte,per poi attrezzarli per viverci costruendo muri sui latiaperti. Con l’aumento dei fedeli e l’arricchimentodegli ordini religiosi, le strutture iniziarono a cresceredi dimensioni, ospitando le celle degli eremitianche su più piani, gli esterni e gli interni si abbellironocon affreschi e decorazioni, in alcuni casi sitrasformarono in vere e proprie chiese. Solo in Abruzzosi conta più di un centinaio di eremi, in particolaregrazie all’opera di Pietro dal Morrone (che diverràPapa Celestino V) che ne fece erigere soprattuttotra le montagne della Majella, ma se ne trovanoin tutta <strong>Italia</strong>. Eccone alcuni esempi, per mostrarv<strong>il</strong>a varietà e <strong>il</strong> valore di questo patrimonio.Dall’alto a sinistraARROCCATI SULLE ROCCEEremo di S. Cataldo,Eremo di S. Bartolomeo(Roccamorice), Eremo diS. Colombano aTramb<strong>il</strong>eno e Eremo deiCalomini in Garfagnana34


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 35segnalazioniCasa Bianchi:quando <strong>il</strong> razionalismo incontra<strong>il</strong> futurismoDurante tutto <strong>il</strong> 2012 è stato vivace <strong>il</strong> dibattito intornoal progetto di intervento su un edificio che,ormai abbandonato da più di dieci anni, continua adaffascinare tecnici e non, a dispetto del proprio statodi degrado e dei numerosi atti vandalici subiti. Si trattadi casa Bianchi.L’edificio e <strong>il</strong> giardino vengono portati a compimentonel 1935 su progetto dell’ingegner Pietro Grignani (1906- 1988) e su commissione della famiglia Bianchi. Il lottoprescelto, triangolare e caratterizzato da curve altimetrichedigradanti verso <strong>il</strong> piede del colle Eghezzonesu cui venne fondata Lodi, si trova esattamente all’imboccodella strada che, uscendo dal Centro Storico, portaa M<strong>il</strong>ano. I resti delle mura medievali, insieme a campie ad una fitta rete irrigua, costituiscono ancor oggi <strong>il</strong>contesto paesaggistico della v<strong>il</strong>la.A seguito di lunghe controversie ereditarie, la proprietàè ora interamente nelle mani di una società che ne hainteso, fin da subito, sfruttare le potenzialità volumetrichee localizzative, complice <strong>il</strong> Piano di Governo delTerritorio che, pur riconoscendo <strong>il</strong> valore della v<strong>il</strong>la,non ha saputo formulare un’adeguata normativa a suatutela. Ecco spiegata la significativa sequenza di istanzerivolte alla competente Soprintendenza da parte dell’Ordinedegli Architetti di Lodi, della Società StoricaLodigiana, della stessa famiglia Grignani, del FAI, delTouring Club <strong>Italia</strong>no e, non ultima, quella della localesezione di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, tutte volte a ottenere ladichiarazione di interesse culturale.Si è cercato soprattutto di far comprendere, sia alleistituzioni che alla proprietà, <strong>il</strong> valore del manufatto,ancora leggib<strong>il</strong>e ed affidato alla sua matericità. Anchein assenza cioè di documenti cartacei che comprovinolo stretto legame del progettista con gli esponenti piùinsigni della cultura architettonica del tempo, non possiamoche leggere e toccare innanzitutto la qualità delprogetto. Essa è immediatamente riscontrab<strong>il</strong>e nell’articolazionedistributiva per piani, nei percorsi diaccesso differenziati (scalinata che porta al piano “nob<strong>il</strong>e”e scala di servizio), nell’impiego di elementi linguisticicari alla cultura architettonica coeva (finestraad angolo) e di materiali rinnovati rispetto alla tradizione(ceramica per rivestimenti e pavimenti, parapettiin ferro), nello stretto rapporto tra lo spazio internoed <strong>il</strong> giardino, nella serramentistica progettata erealizzata su misura ed infine nell’attenzione al contesto,espressa nella collocazione del manufatto <strong>il</strong> piùpossib<strong>il</strong>e lontano dall’asse viario, con le camere da lettoche si affacciano sull’aperta campagna.Nel panorama non solo lodigiano ma anche lombardo,l’edificio costituisce un “unicum” che trova soloal di fuori dei confini regionali un sim<strong>il</strong>e esempio: casaMazzotti ad Albissola Marina (SV), progettata daDiulgheroff per Tullio d’Albisola. Lodi come Albissoladunque: in un ambiente fortemente legato alla tradizionesi manifesta questo “caso architettonico”, chedà corpo ad un’intesa tra committenza aggiornata edun tecnico ai primi passi della vita professionale.In casa Bianchi l’armonia e la proporzione, unitamentealla suddivisione rigorosa degli spazi, sposano i principidel futurismo attraverso l’ut<strong>il</strong>izzo di elementi tipicamentedinamici: <strong>il</strong> gioco dei volumi sottolineatodal colore, le terrazze che espandono gli spazi interni,le numerose ringhiere metalliche, le ampie finestre,gli angoli smussati. Pure <strong>il</strong> giardino, con i suoidiversi piani che si raccordano alla v<strong>il</strong>la, concretizza<strong>il</strong> rapporto dinamico con lo spazio interno della residenza.Proprio come accade per casa Mazzotti anchein v<strong>il</strong>la Bianchi <strong>il</strong> razionalismo incontra <strong>il</strong> futurismo,nella sua seconda fase.Nonostante la competente Soprintendenza non abbiaaccolto le istanze di cui si è detto, ad oggi <strong>il</strong> progettoapprovato non prevede più quel volume che, nella primaversione, sovrastava la v<strong>il</strong>la, rendendola minoranzaarchitettonica del nuovo. Si è deciso piuttosto disfruttare una parte di quello che fu <strong>il</strong> giardino, una sceltache, anche se non incontra <strong>il</strong> favore dei firmatari deidiversi appelli, risparmia almeno l’edificio esistente,che ci si augura venga al più presto recuperato, nel rispettodi quanto ancora è in grado di trasmetterci.MARGHERITA CERRI<strong>Per</strong> la Sezione di LodiCASA BIANCHIEsempio di architetturarazionalistica concaratteri di interesse edunicità a livellonazionale. Foto ricevuteda M. Cerri35


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 36INDAGINE SUL RESTAURORiqualificazionedell’ex-depuratore di CabrasSEZIONE DI SINIS CABRASRECUPERO INDUSTRIALEIl progetto di recuperodell'ex-depuratore lungole sponde del Rio Tanui elo stato attuale.Immagini ricevute daPaolo Abis per la Sezionedi Sinis CabrasLa scelta di recuperare e ricomporre gli spazi di relazionedei contesti urbani ai margini delle rivelacustri, nasce dalla volontà forte ed importante deicomuni di Cabras, Oristano, Riola Sardo e Santa Giusta,riuniti nella rete “Riberas”, che hanno voluto puntaresu una nuova opportunità di governance e di sostenib<strong>il</strong>itàper <strong>il</strong> territorio.L’ex-depuratore, ubicato su un’area che lambisce lesponde del Rio Tanui, collegato direttamente allo stagnodi Cabras, rappresenta uno degli interventi realizzatidalla rete nell’ambito di un progetto integrato.La struttura, realizzata in cemento armato e acciaio,in disuso da diversi decenni, pur essendo rimasta intattanei suoi elementi tipologici e connotativi, versavain uno stato avanzato di degrado.Le grandi vasche circolari, circa 1.100 mq di superficiecoperta, costituivano una grande opportunità: ridarevita ad uno spazio inusuale adibito fino a pochidecenni fa ad un servizio marginale ma fondamentaleper la collettività, riappropriandosi di quei luoghinon più accessib<strong>il</strong>i ai margini dell’acqua.Una scelta in controtendenza con le consuete proceduredi approccio nei confronti di strutture di questogenere, ma perfettamente allineata alla cultura europeistadi ri-valorizzazione dei fabbricati industrialidismessi.Il progetto prevedeva la riqualificazione paesaggisticae urbana e <strong>il</strong> recupero della struttura finalizzatoall’attività canoistica di livello nazionale.Progetto vincitore del Premiodel Paesaggio Regione Sardegna 2010Categoria D – Interventidi riqualificazione paesaggisticaIl rapporto con <strong>il</strong> mondo acqueo delle zone umide(SIC/ZPS), la sistemazione di un percorso esterno lungo<strong>il</strong> rio per le attività ambientali/naturalistiche, maanche aerobiche e per <strong>il</strong> jogging, <strong>il</strong> pont<strong>il</strong>e galleggianteper canoisti, contribuiscono a ricucire <strong>il</strong> rinnovato rapportocon Rio Tanui.Nell’ambito dell’intervento si è puntato a garantirel’autosufficienza energetica della struttura, con la realizzazionedi un impianto fotovoltaico integrato.36


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 37segnalazioniIl complesso monumentaledei Padri TeatiniNegli ultimi anni la Sezione di Piazza Armerina si èmolto impegnata per sollecitare <strong>il</strong> restauro del complessomonumentale dei Padri Teatini, uno degli angolipiù suggestivi del centro storico armerino. L’ex Conventosulla via Santo Stefano, esempio di tardo-baroccosic<strong>il</strong>iano, con i resti medievali della chiesa della Madonnadel Gorgo Nero sulla Piazza Martiri d’Ungheria,col portale barocco della Chiesa di San Lorenzo sullavia Umberto, oltre a presentare notevoli valenze storicoartistiche ed architettoniche di epoche diverse, conservanomemoria della fervente e pia attività religiosoformativache svolsero nella città l’Ordine Teatino dall’iniziodel Seicento e fino al secolo scorso le congregazionireligiose. La chiesa e <strong>il</strong> convento, non più ut<strong>il</strong>izzatida decenni, presentano gli esterni degradati e infestatida parassiti e folta vegetazione, con sconnessioni ediscontinuità nei paramenti murari, la torre campanariadenuncia dissesti statici, inoltre si ravvisano processidi deterioramento con fenomeni di marcescenza neglielementi lignei degli infissi e delle strutture di copertura,oltre che numerose finestre con vetri divelti chelasciano alla pioggia, al vento ed ai piccioni di completarel’opera di degrado sulle strutture. Al momento, inseguito alla denuncia di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> (maggio 2012),la Soprintendenza ha effettuato un sopralluogo. Unaprima speranza per <strong>il</strong> recupero di questo bene.GIUSEPPE ALBERTO ANZALDIPresidente della Sezionedi Piazza ArmerinaSecoli di storia per la Cattedrale di BariBARIIl “mosaico di Timoteo”emerso con i primi lavoridi risanamento degliambienti sotterraneidella Cattedrale.Foto di FrancescoDicarlo, che ringraziamoper la gent<strong>il</strong>e concessioneDedicata da sempre a S. Maria Assunta e successivamente anche a S. Sabino, la Cattedrale di Bari è situata nelcuore del Centro antico e conserva, sul suo grande corpo di pietra e nei suoi sotterranei, i segni della più chem<strong>il</strong>lenaria storia della città. Ad un primo vescovo Concordio, presente al Conc<strong>il</strong>io Romano del 465, risale infatti forsela costruzione della grande bas<strong>il</strong>ica di cui rimangono l’impianto e <strong>il</strong> pavimento a mosaico. Sopravvissuta al dominiodei Longobardi di Benevento e all’occupazione saracena (845 c.a.), secondo le fonti si deve al primo arcivescovoBisanzio l’abbattimento nel 1034 dell’antico complesso episcopale e la fondazione della nuova cattedrale, costruita,sempre in forme bas<strong>il</strong>icali, dai suoi successori Nicola e Andrea II. Nel 1156 poi la città venne duramente punitadal re Guglielmo I che fece abbattere le case ed es<strong>il</strong>iare gli abitanti. La cattedrale, saccheggiata e abbandonata,venne restaurata a partire dal 1170 dall’arcivescovo Rainaldo e dai suoi successori, che progressivamente la ade-EMILIA PELLEGRINO<strong>Per</strong> la Sezione di Bari37


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 38INDAGINE SUL RESTAUROBARIVista del succorpo dopo<strong>il</strong> restauro. Foto diFrancesco DicarloRiaperto al pubblico <strong>il</strong> 2 apr<strong>il</strong>e 2009 <strong>il</strong> succorpo con un interessantepercorso museale è un esempio di un ottimo progetto di restauroguarono al modello della Bas<strong>il</strong>ica di S. Nicola. Ormai integrata nel quadro del Romanico pugliese, attraversò con alternevicende i secoli seguenti sino alla metà del XVIII, quando l’arcivescovo Muzio Gaeta Juniore la volle adattareal nuovo gusto tardobarocco affidando l’impresa all’architetto napoletano Domenico Antonio Vaccaro, che ne mutò<strong>il</strong> volto rivestendo l’interno di stucchi. E se così la Cattedrale è giunta fino a noi come risultato di secoli di storia,vorrei raccontarvi di come ne sono stati recuperati anche gli ambienti sottostanti: la cripta, i vani retroabsidali e ivasti ambienti denominati comunemente ‘succorpo’, nel quale sono racchiuse le testimonianze più antiche della Cattedralee di alcune fasi della storia della città di Bari, e che la trasformazione in luogo di sepolture ne aveva provocato<strong>il</strong> degrado ed <strong>il</strong> progressivo abbandono. Dopo le prime ricognizioni effettuate a fine Ottocento, si è dovuto attenderegli anni tra <strong>il</strong> 1966 ed <strong>il</strong> 1975 per un risanamento di queste aree, che tuttavia ha implicato la rimozione deiresti umani accumulati nei secoli: vennero <strong>qui</strong>ndi svuotati gli ossari e realizzati <strong>il</strong> consolidamento delle strutture murariee l’isolamento dall’acqua di falda che invadeva quasi tutti i vani. Durante questi lavori fu rinvenuto <strong>il</strong> mosaicodi Timoteo, ed emersero i solidi muri posti a sostegno del colonnato superiore e i resti dei più antichi muri dell’edificiopaleocristiano. A distanza di altri trent’anni poi, tra <strong>il</strong> 2004 ed <strong>il</strong> 2009, è stato finalmente possib<strong>il</strong>e realizzareun organico progetto di restauro e musealizzazione del succorpo, con una completa indagine archeologica stratigrafica,<strong>il</strong> consolidamento strutturale dell’ambiente a tre navate, <strong>il</strong> risanamento dall’umidità ambientale e dall’acquadi falda, nonché <strong>il</strong> restauro dei pavimenti musivi e delle superfici lapidee. È stato <strong>qui</strong>ndi creato un percorso divisita, arricchito da pannelli didattici e da un’esposizione di reperti rinvenuti durante gli scavi, che si snoda a circacinque metri di profondità rispetto al pavimento della cattedrale, tra strutture murarie, piani pavimentali e sepolturedi epoche diverse. Si è reso così possib<strong>il</strong>e comprendere la secolare stratificazione storica che <strong>qui</strong> si è sedimentatanei quattro momenti principali della vita del monumento: la fase romana, la fase paleocristiana e altomedievale,la fase medievale e la fase moderna avvenuta anche con sovrapposizioni di strutture ed usi diversi (strade, luoghi diculto, sepolture, etc..). Infine, affiancata al succorpo ed ora inserita nel percorso, si trova la Chiesetta altomedievalescoperta sotto la piazza Arcivescovi Bisanzio e Rainaldo negli scavi fra <strong>il</strong> 1995 ed <strong>il</strong> 1998.Gli interventi di restauro sono stati anche l’esito di una complessa organizzazione tecnicae finanziaria. Ai finanziamenti erogati negli anni dal Ministero per i Beni e le Attività Culturalisi sono aggiunti, per <strong>il</strong> succorpo, fondi del Progetto per <strong>il</strong> Sud, ACRI di cui fanno parte le FondazioniCariverona e Cassa di Risparmio di Puglia, la C.E.I. ed i fondi propri dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto38


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 39segnalazioniNotizie dall’EuropaI cinquant’annidi Europa <strong>Nostra</strong>Europa <strong>Nostra</strong>, come prima iniziativa fra le numeroseprogrammate nel 2013 per <strong>il</strong> suo50ntenario, ha scelto la sede emblematica diVenezia per l’incontro dello scorso 15 marzo con “laMadre” <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, per discutere con i rappresentantidi ONG italiane su come dare un nuovo impetoalla mob<strong>il</strong>itazione per spronare l’Unione Europea alanciare un programma di vasto impatto economico,sociale e culturale per la rinascita del nostro Patrimonioculturale e naturale.Moderato da Sneska Miha<strong>il</strong>ovic (Segretario GeneraleEN), <strong>il</strong> dibattito è stato introdotto dal Presidenteesecutivo di Europa <strong>Nostra</strong> Denis de Kergorlay,che ha dimostrato che <strong>il</strong> nostro Patrimonio culturaleè la nostra miniera d’oro, la maggiore risorsa d’Europa.È un settore chiave delle attività culturali e creativeche garantisce lavoro a 6.7 m<strong>il</strong>ioni di persone nell’UnioneEuropea, contribuendo per oltre <strong>il</strong> 3.3% delPIL. Nonostante la crisi, <strong>il</strong> turismo culturale è cresciutosignificativamente negli ultimi anni e rappresentaoggi <strong>il</strong> 40% del turismo mondiale. Occorre <strong>qui</strong>ndiche i Governi europei riconoscano l’immensa potenzialitàdi questo Patrimonio che non è solo una risorsaper lo sv<strong>il</strong>uppo economico, ma uno stimolo allacoesione sociale ed alla crescita culturale.Marco Parini, Presidente nazionale di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, haespresso la sua convinzione che una via d’uscita dalla crisisia un “New Deal per l’Europa” ed ha assicuratol’impegno dell’Associazione a contribuire attivamente altema del Patrimonio culturale sottolineando che i Paesi39europei hanno responsab<strong>il</strong>ità collettive e devono lanciaresfide comuni (vedi box nella pagina successiva).Il noto critico d’arte, Ph<strong>il</strong>ippe Daverio, é entrato nelvivo del dibattito con la sua stimolante conversazione,proponendo una sorta di “Piano Marshall” per la Rinascitadel Patrimonio Culturale e Naturale d’Europa.Francesco Bandarin, Assistente Direttore Generaleper la Cultura, rievocando la riunione del 1963 istitutivadi Europa <strong>Nostra</strong> avvenuta nella sede di Parigi,ha sottolineato come l’UNESCO (di cui <strong>il</strong> Presidentedi E.N. Plácido Domingo è stato nominato“Goodw<strong>il</strong>l Ambassador”), stia seguendo un modellodi cooperazione che punta a far diventare <strong>il</strong> Patrimonioun p<strong>il</strong>astro del dialogo Europeo, della riconc<strong>il</strong>iazionee della pace.Il Dibattito si é <strong>qui</strong>ndi svolto in due sessioni. La primaincentrata sulla responsab<strong>il</strong>ità comune del Patrimoniocon i contributi di Rossana Bettinelli (Europa<strong>Nostra</strong>), Antonio Foscari (Touring Club <strong>Italia</strong>no),Lucia Borromeo (FAI), che hanno ribadito che peruscire dalla grave crisi economica i Beni culturali sonola risorsa strategica per l’Europa, dei suoi Statimembri, delle sue Regioni e Città. E di Erminia Sciacchitano(MiBAC) e Alberto D’Alessandro (CoE- Venezia)che hanno <strong>il</strong>lustrato l’importanza della Convenzionedi Faro per incentivare la partecipazione dellacollettività alla salvaguardia dei Beni comuni (vedipag. 42). La seconda sessione “Focus su Venezia”, conUmberto Marcello del Majno (Comitati Privati Internazionaliper la Salvaguardia di Venezia), FrancescoROSSANA BETTINELLIPresidente della Sezionedi Brescia, Membrodel Consiglio Direttivodi Europa <strong>Nostra</strong>VENEZIALa Serenissimae le grandi navida crociera, immaginericevuta da CristianoGasparetto, cheringraziamo


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 40NOTIZIE DALL’EUROPAEuropa <strong>Nostra</strong> – La voce del patrimonio culturale in Europa –rappresenta un movimento in rapida espansione di cittadiniimpegnati per la salvaguardia del Patrimonio culturale e naturaleeuropeo. Include almeno 50 Paesi dentro e fuori l’Europa. Insiemeai suoi soci individuali, associazioni e partner, Europa <strong>Nostra</strong> costituisceun’importante lobby per <strong>il</strong> patrimonio culturale in Europa e celebra l’eccellenzainsieme all’Unione Europea organizzando ogni anno i Premi europeidel Patrimonio. Europa <strong>Nostra</strong> si batte inoltre per la salvaguardiadi siti, monumenti storici e paesaggi culturali in pericolo. PlácidoDomingo, <strong>il</strong> cantante d’opera più famoso nel mondo, è <strong>il</strong>Presidente di Europa <strong>Nostra</strong>. Vai su www.europanostra.orgCalzolaio (Faro- Venezia), Lidia Fersuoch (<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>Venezia) che hanno evidenziato le gravi criticità diVenezia e della sua Laguna: dalla difesa della residenzialità,alla pressione turistica, all’impropria destinazionecommerciale di edifici monumentali, all’oltraggiosa pericolositàdel transito delle grandi navi nel bacino di SanMarco. Nelle Conclusioni che hanno visto l’autorevolepartecipazione di Antonia Pasqua Recchia (SegretarioGenerale del MiBAC), Europa <strong>Nostra</strong>, raccogliendole istanze delle Associazioni presenti, si éimpegnata a lanciare al suo Congresso di giugno adAtene, un Appello per la Salvaguardia di Venezia.VENEZIAIl passaggio delle grandinavi è un tema per cui sibatte da tempo la nostrasezione veneta. Alcongresso di giugno adAtene sarà un argomentoche verrà affrontatoanche da Europa <strong>Nostra</strong>,che lancerà un appelloproprio per lasalvaguardia di Venezia.Foto ricevuta da C.GasparettoUN NEW DEAL PER LA CULTURAIn occasione del dibattito dedicato alla rinascita del patrimonio culturale e naturale d’Europa, promosso da Europa<strong>Nostra</strong> a Venezia per <strong>il</strong> suo cinquantenario, ho inteso sottolineare la necessità di modificare l’approccio della politicanei confronti della cultura. La cultura come bene immateriale ed espressione materiale è un valore fondamentaleed imprescindib<strong>il</strong>e di una comunità. Testimonianza della civ<strong>il</strong>tà e del suo progressivo sv<strong>il</strong>uppo ne divienevalore identitario. L’Europa conserva, nella sua storia e nel presente che ne deriva, valori che ove non tutelati rischianodi scomparire in un appiattimento dato da una globalizzazione confusa e mercificata ove tutto ha un valorevenale e risponde alla convenienza di mercato. Salvaguardare <strong>il</strong> patrimonio culturale, costituito dai beni culturalie dal paesaggio, significa anche salvaguardare la nostra storia e la nostra identità. La sua tutela e valorizzazionenon è un costo ma un investimento per <strong>il</strong> presente ed <strong>il</strong> futuro. Basti pensare al valore nella b<strong>il</strong>ancia commercialeche apporta l’opera d’ingegno che nasce dalla ricerca e dalla cultura storica, dalla ricerca scientifica, al design, allamoda, all’enogastronomia, all’artigianato di qualità, e si potrebbe continuare. Basti pensare al valore che apportaun turismo compatib<strong>il</strong>e ed equ<strong>il</strong>ibrato con la conoscenza di centinaia di m<strong>il</strong>ioni di visitatori ai beni culturali e paesaggisticieuropei, valori <strong>qui</strong>ndi da tutelare. Tutto ciò produce anche risorsa economica e posti di lavoro. L’Europaè connotata da un’economia di trasformazione, senza risorse significative nel campo delle materie prime e deveaffidare <strong>il</strong> suo sv<strong>il</strong>uppo all’ingegno. Da <strong>qui</strong> l’improcrastinab<strong>il</strong>e necessità d’invitare i governi europei a collocare lacultura tra le priorità dei rispettivi programmi politici, investendo risorse economiche e destinandovi risorse umane.Un “new deal” della cultura quale valore comune ed identitario. Un invito alle 400 Associazioni aderenti ad Europa<strong>Nostra</strong> affinchè sollecitino i Governi dei loro Paesi a considerare tutto ciò una priorità nella loro azione politica edamministrativa. <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, stiamone certi, lo farà nei confronti del Governo del Bel Paese.MARCO PARINI40


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 41segnalazioniSalviamola “Montecassino del nord”<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> candida <strong>il</strong> monasterodi San Benedetto Po tra “I 7 siti più a rischio” in EuropaS. BENEDETTO POLa Biblioteca durante<strong>il</strong> restauro e com’eraprima. Foto del Comunedi S. Benedetto Po,che ringraziamo per lagent<strong>il</strong>e concessioneASan Benedetto Po, comune di poco più di 7m<strong>il</strong>a abitanti a pochi ch<strong>il</strong>ometri da Mantova, si erge un’imponenteabbazia risalente all’anno m<strong>il</strong>le. La cosiddetta “Montecassino del nord” o “Cluny lombarda”fu fondata da Tebaldo di Canossa per controllare, spiritualmente e non, <strong>il</strong> territorio dell’Oltrepo mantovanodivenendo in breve uno dei più ricchi monasteri italiani e dove operarono alcuni tra i maggiori artistidel Rinascimento. Celebre per la tomba di Mat<strong>il</strong>de di Canossa, i suoi chiostri, le cantine cinquecentesche, cosìcome la chiesa abbaziale di impianto quattrocentesco, restaurata da Giulio Romano nel 1539 e con mosaicidell’XI secolo, la parete affrescata del refettorio monastico attribuita al Correggio o <strong>il</strong> Museo Civico Polironiano(una delle più importanti ed estese raccolte etnoantropologiche italiane), questo complesso è statosottoposto a importanti restauri fin dagli anni ’70. Nel 2011 si erano conclusi i lavori quando <strong>il</strong> terremotodello scorso anno ha reso gli edifici inagib<strong>il</strong>i. L’amministrazione comunale si è subito attivata con interventidi messa in sicurezza delle strutture pericolanti. Dopo quasi un anno però negli interni la situazione è rimastapressoché la stessa, col rischio di perdere per sempre un patrimonio così faticosamente conservato e restauratonegli anni. Considerata dunque l’urgenza e la grande importanza storica, artistica, religiosa e turisticadi questo complesso monastico, <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> ha deciso di candidarlo tra “I 7 siti più a rischio in Europa”nella speranza che possa portare al suo recupero: è un programma lanciato lo scorso gennaio da Europa<strong>Nostra</strong>*, che si ispira all’iniziativa di successo gestita dalla US National Trust for Historic Preservation, con<strong>il</strong> quale individuare alcuni siti in pericolo e un “piano per salvarli”. In stretta collaborazione con gli ent<strong>il</strong> locali,cioè, verranno valutati i problemi esistenti e tracciati dei piani di azione praticab<strong>il</strong>i per ciascuno di essi,iniziando da come reperire i finanziamenti (ad es. da fondi europei). Su 40 candidature presentate da organizzazionisociali ed enti pubblici di 21 paesi, un comitato internazionale di eminenti esperti ha selezionato iprimi 14 siti a rischio, tra cui sono rientrati per l’<strong>Italia</strong> <strong>il</strong> monastero di San Benedetto Po da noi segnalato ela cittadella di Alessandria, una delle più grandi fortificazioni m<strong>il</strong>itari rimanenti del XVIII sec. L’elenco definitivocon i 7 “prescelti” sarà annunciato <strong>il</strong> 12 giugno in vista del 50° Anniversario del Congresso di Europa<strong>Nostra</strong> in programma ad Atene (vedi pag. 43). Entro settembre partiranno <strong>qui</strong>ndi le missioni di salvataggioe piani di azione preliminari che si concluderanno a dicembre.41*Partner Banca per gli investimenti europei (EIB) e Istituto EIB


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 42NOTIZIE DALL’EUROPAS. BENEDETTO POFoto aerea del monasteroricevuta dal Comune diS. Benedetto Po, cheringraziamoI 14 siti a rischio selezionati:Albania: anfiteatro romano a Durrës;Armenia: chiesa di S. Paolo e S. Pietro, Aragatsotn;Cipro: la zona cuscinetto del centro storico di Nicosia;Francia: fortificazioni di Vauban a Briançon;Germania: luci e lampade a gas a Berlino;Grecia: l’ex Tenuta reale di Tatoi, nei pressi di Atene;<strong>Italia</strong>: monastero di San Benedetto Po;<strong>Italia</strong>: Cittadella di Alessandria;Portogallo: monastero in st<strong>il</strong>e Manuelino e chiesa di Gesùa Setúbal;Romania: paesaggio Roşia Montană Mining in Trans<strong>il</strong>vania;Serbia: sito archeologico neolitico di Vinča-Belo Brdo;Spagna: El Cabanyal-Canyamelar a Valencia;Turchia: chiesa armena di San Giorgio a Mardin;Turchia: la storica città di Hasankeyf e i suoi dintorni.L’<strong>Italia</strong>e la Convenzione di FaroERMINIA SCIACCHITANOReferente per i rapporticon <strong>il</strong> Consiglio d’Europa,Segretariato generale, Ministeroper i beni e le attività culturaliIl 27 febbraio 2013 l’<strong>Italia</strong> ha firmato la ConvenzioneQuadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’ereditàculturale per la società, aperta alla firmanel 2005 a Faro, in Portogallo, ed entrata in vigore <strong>il</strong> 1giugno 2011. Le sue radici affondano nel dibattito apertodal conflitto balcanico: la distruzione di siti dalla spiccatanatura identitaria, come <strong>il</strong> Ponte di Mostar, svelòinfatti la matrice antropica dei danni al patrimonio maconsentì anche di individuare una strada per “disinnescare”questo potenziale distruttivo: promuovere la consapevolezzadel valore sociale del patrimonio nei cittadiniattraverso la loro partecipazione attiva.La Convenzione invita <strong>qui</strong>ndi gli Stati a promuovereun processo di valorizzazione fondato sulla sinergiafra i portatori di interesse: “un insieme di persone cheattribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale,e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica,sostenerli e trasmetterli alle generazioni future”.Le fondamenta di quest’approccio risiedono nelriconoscimento del diritto-responsab<strong>il</strong>ità del cittadinoa partecipare liberamente alla vita culturale dellacomunità e di godere delle arti, sancito nella Dichiarazioneuniversale dei diritti dell’uomo del 1948.I primi ad aderirvi furono gli Stati del sud est europeo,dove i conflitti etnici hanno causato ingenti distruzionial patrimonio culturale, ma non c’è bisogno di unaguerra per comprendere l’analogia con le forze che causano<strong>il</strong> degrado del nostro territorio: quel progressivo“scollamento” fra cittadini e patrimonio culturale chefa percepire <strong>il</strong> patrimonio come ostacolo più che comerisorsa, producendo disinteresse, incuria e comportamenti<strong>il</strong>leciti. <strong>Per</strong> questo la firma italiana ha un valorelungimirante e di “apripista” verso i paesi della “vecchiaEuropa”*. Il prossimo passo è ora la ratifica dellaConvenzione, che non creerà sostanziali mutamential quadro normativo e istituzionale, ma metterà adisposizione un nuovo strumento per la governance ela partecipazione democratica, che punta sul nostroprestigioso e consolidato associazionismo, accordandotutti gli attori attorno ad un quadro etico e valorialecondiviso per lo sv<strong>il</strong>uppo culturale, ecologico, economico,sociale e politico del nostro Paese.*Gli Stati firmatari, ad oggi, sono 21, su 47 Stati membri del Consiglio d’Europa: Armenia, Bosnia e Herzegovina, Croazia, Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, Georgia, Lettonia, Lussemburgo, Moldavia, Montenegro, Norvegia, Portogallo, Serbia,Slovenia, Ungheria hanno firmato e ratificato la Convenzione, mentre Albania, Belgio, Bulgaria, <strong>Italia</strong>, Repubblica Slovacca,San Marino, Ucraina l’hanno solo firmata ma non ancora ratificata.42


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 43segnalazioniEUROPEAN HERITAGE CONGRESS 2013ATHENS 13 – 17 JUNEOn the occasion of EUROPA NOSTRA’s 50 th AnniversaryEuropean CommissionCulture ProgrammeThursday, 13 June 201310.00-14.00 Elliniki Etairia offices in PlakaBOARD MEETING18.00-19.00 Elliniki Etairia offices in PlakaWELCOME RECEPTION AND INAUGURATION OF THEEXHIBITION: “European Union Prize for CulturalHeritage/Europa <strong>Nostra</strong> Awards: Winners from Greece1978-2013”21.45-23.00 Old University Bu<strong>il</strong>ding in PlakaTHEATRE PERFORMANCE OF “SOCRATES POLOGY”Directed and performed by Ioannis Simonides (inEnglish)Friday, 14 June 201309.00-12.45 Elliniki Etairia offices in PlakaWORKING SESSION of the SCIENTIFIC COUNCIL10.30-11.00 New Acropolis MuseumWELCOME ADDRESS by the President of the NEWACROPOLIS MUSEUM, Professor Dimitrios Pandermalis11.00-13.00 / 14.00-16.00 New Acropolis MuseumCOUNCIL MEETING18.00-19.30WELCOME by Deputy Director Dr George Kakavas andGUIDED TOUR of the main exhibits in the NATIONALARCHAEOLOGICAL MUSEUM20.00-20.30 Averoff Bu<strong>il</strong>ding - AuditoriumWELCOME ADDRESS by the Head of the SCHOOL OFARCHITECTURE, Professor Eleni Maistrou, followed bythe LOCAL AWARD CEREMONY for the AVEROFFBUILDING, a 2012 Grand Prix winner of an EU Prize forCultural Heritage / Europa <strong>Nostra</strong> Award (categoryconservation), in the presence of Mrs Androulla Vass<strong>il</strong>iou,European Commissioner for Education, Culture,Mult<strong>il</strong>ingualism and Youth20.30-21.15 Averoff Bu<strong>il</strong>ding - AuditoriumPUBLIC LECTURE by the renowned <strong>Italia</strong>n architect,Professor Andrea Bruno“Keeping the Memory – Why and for whom to preserve?”Saturday, 15 June 201309.00-10.30 Museum CourtyardGUIDED TOUR of the main exhibits in the BYZANTINEAND CHRISTIAN MUSEUMWELCOME ADDRESS by the Museum Director, MsAnastasia Lazaridou11.15-14.00 Benaki Museum Pireos Bu<strong>il</strong>dingWELCOME ADDRESS by the Museum Director, ProfessorAngelos DelivorriasEXCELLENCE FAIR: PRESENTATIONS BY THE 2013AWARD WINNERS15.15-16.15 Benaki Museum Pireos Bu<strong>il</strong>ding - Foyer HallINAUGURATION OF THE EXHIBITION and PRESENTATIONOF THE BOOK “ATHENIAN HOUSES OF THE MODERNMOVEMENT”16.00-17.00GUIDED TOUR of the INDUSTRIAL GAZ MUSEUM at theTechnopolis City of Athens18.45-20.00PILGRIMAGE TO ANCIENT ATHENIAN DEMOCRACY.GUIDED WALK from ANCIENT AGORA to the PNYX,including visit to AGORA MUSEUM in STOA OF ATTALOS21.00-23.00WELCOME ADDRESS by Professor Christos Zerefos, formerPresident of the NATIONAL OBSERVATORY and Presidentof the MARIOLOPOULOS-KANAGINIS FOUNDATIONSunday, 16 June 201308.30-10.00GUIDED VISIT of the ACROPOLIS and the THEATRE OFDIONYSOS10.00-10.30 Ancient Theater of Dionysos50 TH ANNIVERSARY GROUP PHOTO OPPORTUNITY11.00-14.00 New Acropolis Museum - Auditorium50 th ANNIVERSARY GENERAL ASSEMBLY21.00-24.00 Odeion of Herodes Atticus2013 EUROPEAN HERITAGE AWARDS CEREMONYCo-presided by Mrs Androulla Vass<strong>il</strong>iou, EuropeanCommissioner for Education, Culture, Mult<strong>il</strong>ingualism andYouth, and Maestro Plácido Domingo, President of Europa<strong>Nostra</strong>. Under the auspices and in the presence of H.E. thePresident of the Hellenic Republic Dr. Karolos Papoulias43<strong>Per</strong> saperne di più www.europanostra.org/programme


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 44RicordoMaria Luisa Astaldi,una borghese <strong>il</strong>luminataINTERVISTA DIDAFNE COLA A EDOARDO SASSIImbattermi nella figura di MariaLuisa Astaldi è stata una grandissimasorpresa. Da molti è ricordataper la collezione d’arte contemporaneache ha scelto di condividerecon <strong>il</strong> mondo donandola ai Musei Civicid’Udine. Da molti altri per i tant<strong>il</strong>ibri che ha scritto, tra romanzi,biografie e saggi di storia e culturadella letteratura italiana e inglese. Omagari per la rivista “Ulisse”, cheha fondato e diretto dal ’47, con laquale ha affrontato sempre temid’attualità, pure i più “caldi”, comel’era atomica, l’omosessualità e <strong>il</strong> divorzio,invitando a scrivere tutti i piùgrandi intellettuali del tempo, senzapaura di idee diverse o di scatenareaccesi dibattiti. Ma era ancheuna br<strong>il</strong>lante animatrice culturale,una mecenate e una benefattrice, enoi di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> non la potremomai ringraziare abbastanza per avercreduto nella nostra “missione” perla tutela del patrimonio culturale italiano.Fu una delle nostre prime finanziatricie ci donò la v<strong>il</strong>la di Roma.Quella v<strong>il</strong>la ai Parioli che trasformòinsieme al marito Sante inun “salotto intellettuale”, aperto atutti i più grandi artisti, letterati, politici,giornalisti, architetti, da Savinioo <strong>il</strong> fratello De Chirico a GiorgioBassani, Mario Praz o Palma Bucarelli,da Arbasino a Ridolfi, solo perindicare alcuni nomi. Doveva essereuna donna forte, energica, ostinata,di quelle persone che ami o odi,ma che non possono lasciare indifferenti.Molto generosa, dotata digrande forza morale e di curiositàintellettuale.Delineare un quadro completo diuna donna tanto affascinante quantocomplessa richiederebbe studimolto più approfonditi di quanto ioal momento abbia potuto fare, ringrazio<strong>qui</strong>ndi Edoardo Sassi, gior-44


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 45nalista del Corriere della Sera – Roma,per l’aiuto datomi concedendomiun’intervista dalla quale emergeun ritratto concreto e emozionantedi questa coppia, Maria Luisae Sante Astaldi, di borghesi <strong>il</strong>luminatie promotori di cultura.Mi racconti come ha “incontrato”Maria Luisa e Sante Astaldi.Stavo scrivendo un libro su PalmaBucarelli (“Palma Bucarelli. Immaginidi una vita”, di LorenzoCantatore e Edoardo Sassi, Palombi& Partner, ndr.), storica soprintendentedella Galleria Nazionaledi Arte Moderna di Roma, e daimiei studi è emersa la profondaamicizia che la legava a Maria Luisa.Mi ha incuriosito molto questorapporto, la loro era una vera ami-ria Luisa e Palma che sciano insiemea Cortina, dove passavano assiemele estati. Al tempo Cortinaera un vero crocevia di intellettuali.Ma ovviamente Palma e Paoloerano assidui frequentatori anchedella v<strong>il</strong>la degli Astaldi a Roma.Di Sante ho scoperto molto meno,ma le fonti narrano di un uomomolto cordiale, dal particolare gustoper la vita, molto intelligente.Con Maria Luisa c’è stato sicuramenteun grande sodalizio, un grandeamore nel senso pieno del termine.Ho in mente delle loro foto giovan<strong>il</strong>ie lui aveva una faccia simpatica,lei invece forse non era tradizionalmentebella ma di gran fascino,trasmetteva la forza dell’animo,la bellezza del pensiero. Con un piglioun po’ severo, in realtà.rio e artistico è passato da lì, da DeChirico e Savinio, a Giorgio Bassani,Mario Praz e Rodolfo Pallucchini,ma fare i nomi diventerebbeun mero elenco. È importantericordare che <strong>il</strong> loro salotto accoglievapersonalità anche molto diverse.Come animatrice culturaleMaria Luisa infatti aveva uno spiritoaperto, senza “paraocchi”.Lo stesso spirito che usava neldirigere la rivista “Ulisse”…Sì, assolutamente. Ha chiamato aconfrontarsi con punti di vista diversi– probab<strong>il</strong>mente spesso anchelontani dal suo modo di pensare –tutti gli intellettuali più importantidel tempo. Anche <strong>qui</strong> fare nomi sarebbesolo un elenco, ma Ulisse è statauna vera antologia del pensieroMARIA LUISA ASTALDIDa “Maria Luisa Astaldi.Collezionista e letteratadel ’900” (Atti delConvegno a cura diCarla Pederoda, IsabellaReale, Patrizia RosazzaFerraris), GAMUDGalleria d’Arte Modernadi UdineALCUNI CENNI BIOGRAFICIMaria Luisa Costantini (Tricesimo, 14 agosto 1899 – Roma, 22 dicembre 1982). Laureata in Giurisprudenza aRoma, consegue poi <strong>il</strong> diploma per l’insegnamento della lingua e letteratura inglese all’Istituto di Studi Superioridi Firenze. Nel 1923 sposa Sante Astaldi. Scrive numerosi libri, in particolare romanzi e saggi di storia e culturadella letteratura italiana e inglese. Alcuni titoli: Letteratura russa del dopo-rivoluzione (1929), Scrittori d’America(1930), Canta che ti passa (1931), La fatica di volersi bene (1933), Aspetti del romanzo oggi (1934), Una ragazzacresce (1935), Nascita e vicende del romanzo italiano (1939), Clienti e parassiti anglosassoni (1940), Voci sull’altipiano(1943), La torre del diavolo (1948), Letture inglesi (1953), La signora Gaskell (1954), Nuove letture inglesi(1958), Incontro con la Cina (1960), Il poeta e la regina e altre letture inglesi (1963), Tommaseo com’era(1966), Manzoni ieri e oggi (1971), Tre inglesi pazzi (1974), Amati libri (1976), Baretti (1977), Metastasio (1979).Come giornalista e critica letteraria ha collaborato con periodici e quotidiani, tra cui <strong>il</strong> Giornale d’<strong>Italia</strong>, L’Illustrazioneitaliana, L’Ora di Venezia e La Stampa, l’Avanti e <strong>il</strong> Giorno. Nel 1947 fonda e dirige “Ulisse”, rivista conintenti di divulgazione scientifica, dal taglio monografico. Nel 1949 fonda <strong>il</strong> Premio Europeo Cortina Ulisse perla saggistica di divulgazione scientifica. Dal 1956, conseguita la libera docenza, tiene corsi di lingua e letteraturainglese presso l’Università di Roma. Viene chiamata a partecipare a iniziative di livello internazionale, come a conferenzesu invito dell’UNESCO e interventi in Università e Istituti di Cultura esteri (Sorbona, Monaco, Colonia, Budapest,Bucarest, ecc.). Diviene componente del Comitato esecutivo della Societé européenne de Culture e dal‘62 fa parte della giuria del Premio Viareggio. Lascerà numerose proprietà ad istituzioni culturali, in particolare lacollezione di capolavori d’arte italiana del ‘900 (183 opere) ai Civici Musei di Udine e la v<strong>il</strong>la di Roma all’Associazione<strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>, realizzando così appieno, come aveva fatto già per tutta la vita, <strong>il</strong> suo ideale di promozionedella cultura “come strumento comune di civ<strong>il</strong>tà e vita e non patrimonio o retaggio di priv<strong>il</strong>egiati”.cizia intellettuale, fatta anche discontri, avevano spesso opinioni diverse,così come era molto diverso<strong>il</strong> loro gusto per l’arte. Ma non eranoamiche solo le due donne, anchei loro compagni Paolo Monelli eSante. Esistono numerosissime fotografiedi tutti e quattro o di Ma-45Ovviamente mi incuriosiscemolto l’atmosfera che si dovevacreare nel loro salotto quandoinvitavano intellettuali e artisti.Le loro case di Roma e Cortina, maanche quella di Capri, sono statidei crocevia per <strong>il</strong> mondo della culturaitaliana. Tutto <strong>il</strong> ‘900 lettera-italiano di quegli anni, pensiamo aGuido Aristarco, Ugo Pirro, i già citatiPraz e Bassani, Pier Paolo Pasolini,Elémire Zolla. Pensieri diversisu temi di scottante attualità, fin dalprimo numero dedicato all’era atomica.Questa dialettica del pensiero,senza “paraocchi” appunto, cre-


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 46MARIA LUISA ASTALDILuigi Bompard,“Ritratto di Maria LuisaAstaldi”, CollezioneAstaldi, Galleria d’ArteModerna di Udinedo sia una lezione molto moderna.Non c’è dubbio che gli Astaldi fosserodei protagonisti di questo belmondo, tra Roma, Venezia, Cortinae Capri, dove dominava l’aristocraziadel pensiero. E gli Astaldi eranodegli “<strong>il</strong>luminati”, facevano parte diquella certa borghesia per cui la culturava vissuta come “azione” e“promozione”. C’è una frase moltobella di Maria Luisa che dice tuttodel suo pensiero: “nella convinzioneche la cultura debba essere strumentocomune di civ<strong>il</strong>tà e di vita,non patrimonio e retaggio di priv<strong>il</strong>egiati”.Invece di limitarsi a fare lasignora “prestigiosamente” m<strong>il</strong>iardariache colleziona mob<strong>il</strong>ia del ’700e pezzi di ebanisteria rara (e comunquel’avremmo apprezzata lostesso) decide di mettersi in gioco eprodurre cultura. E così ci sono stat<strong>il</strong>a rivista Ulisse, <strong>il</strong> Premio Cortina-Ulisse(che ancora esiste grazie auna nipote che lo cura), i tanti libri,la cattedra all’Università e la collezioned’arte. E anche <strong>qui</strong> va sottolineatoche lei e Sante collezionavanosolo opere contemporanee, semprenell’ottica del mecenatismo, del favorirela produzione artistica. Anchecon scelte ardite. Penso ai duequadri di Ottone Rosai appesi in salotto,piuttosto stranianti. O all’ideadi chiamare Ridolfi per fare la sopraelevazionealla V<strong>il</strong>la. Non c’eranulla di “pantofolescamente” borghesein queste scelte.In questo pensiero della culturacome promozione e azione ciscorgo la scelta di donare la collezioned’arte ai Civici Musei diUdine e la v<strong>il</strong>la di Roma a <strong>Italia</strong><strong>Nostra</strong>.Assolutamente. Voleva che la collezionefosse lasciata a un istitutopubblico e scelse Udine, probab<strong>il</strong>menteessendo lei di origine friulanae grazie alla mediazione di RodolfoPallucchini, uno dei più importantistorici dell’arte del ‘900nonché per anni segretario generaledella Biennale di Venezia. La suaattenzione alla protezione della culturae dell’ambiente non è casuale,uno dei primi numeri della rivistaUlisse difatti fu interamente dedicatoal rivoluzionario tema dellatutela del patrimonio culturale. Comeinfatti mi spiegò in un’intervistauna delle fondatrici di <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong>,Desideria Pasolini dall’Onda,quest’Associazione è nata dall’ideadi fare qualcosa che all’epoca eraassolutamente all’avanguardia: adesempio non si parlava affatto ditutela dei centri storici, era un concettoche ancora non esisteva, sipensava anzi che la ricostruzionepost-bellica dovesse essere “ri-costruzione”nel senso materiale deltermine. Ma Maria Luisa aveva coltol’importanza di portare avantiquesto messaggio nuovo e fu unodei loro primi finanziatori.Mi stupisce che su una donnacosì poliedrica, che oltre ad esserstata un’importante collezionistae mecenate, ha scrittotanto e diretto anche una rivista,non sia stato fatto uno studio approfonditodelle sue opere.Sono passati 30 anni dalla suamorte e forse è giunto <strong>il</strong> momentodi studiarla con più attenzione, apartire anche dai suoi esordi letterari.Parliamo di una donna che siè laureata negli anni ’20, per giuntain Giurisprudenza, e probab<strong>il</strong>menteè stata una delle prime, hastudiato inglese, soggiornato a Londra…Non è affatto scontato perl’<strong>Italia</strong> dell’epoca.E tra l’altro leggevo che avevaadottato un modo “nuovo” discrivere biografie, meno basatosul semplice resoconto dei documentiper cercare di far emergerela personalità dei personaggi.Cosa che al tempo le ha fatto ricevereanche molte critiche.Era anche una scrittrice di narrativa,<strong>qui</strong>ndi ha curato molto l’aspettodescrittivo e di costruzione dell’atmosfera.L’elemento di narrazione,e non d’invenzione si badibene, rende i suoi saggi molto godib<strong>il</strong>i.Io non sono un esperto delcampo, ma certamente i suoi studisono di grande valore, le valserouna cattedra e la stima di MarioPraz, anglista di fama mondiale.Se penso poi a una delle prime edizionidel premio Cortina-Ulisse,quando fu premiato Lionello Venturi– uno dei pochi docenti che durante<strong>il</strong> Fascismo non firmò <strong>il</strong> famosoatto di obbedienza – colgo ladenuncia di una forte volontà, unimpegno civ<strong>il</strong>e importante in queglianni. O mi viene in mente cheuno dei suoi ultimi libri è dedicatoa Baretti, una figura straordinaria,letterato e viaggiatore del ‘700, unuomo per cui la conoscenza valemolto più del possesso del denaro.Torna anche <strong>qui</strong> l’idea della culturacome strumento di cambiamentodella società, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o rosso che halegato le attività della sua vita.46


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 47Attività svolte nel 2012<strong>Per</strong> uno spiacevole disguido non ci sono giunte in redazione le relazioni di alcune Sezioni con leattività svolte nel 2012. Non sono <strong>qui</strong>ndi comparse nello scorso numero del <strong>Bollettino</strong> (n. 475). Ciscusiamo molto e provvediamo a presentarvene una sintesi.Caltanissettacultura convegni “Archeologia e storia della Sic<strong>il</strong>ia centro-meridionale dal VII al IV sec. a.C.” e “Restauro della Chiesa di S.Maria degli Angeli (la Vetere) e del Convento dei frati minori nel quadro del recupero del Centro storico diCaltanissetta”turismo culturale visite numerosi viaggi e visite guidate, tra cui a: Anfiteatro Segesta e Monte Erice, Monte Capodarso e Valledell’Imera, Gib<strong>il</strong> Gabib, Chiesa S. Anastasia, Teatro Margherita, Parco dei Nebrodi, Parco archeologico diSabucina, miniera Gessolungo, Marsala e Mothiaformazione attività numerose, tra cui II incontro seminariale “Il paesaggio raccontato dai ragazzi” con le scuole, convenzionecon Università di Catania per tirociniterritorio progetti numerosi protocolli d’intesa PO FESR Sic<strong>il</strong>ia 2007-13: costituzione “Forum permanente per lo sv<strong>il</strong>uppo diCaltanissetta”; Provincia Regionale di Caltanissetta per progetto “La provincia da scoprire” e costituzionedel “Distretto turistico delle miniere”, Comune di Pietraperzia per progetto “Centri ricreativi e culturali”;Comune di Montedoro per progetto “Centri di promozione turistica, ricreativa e culturale del GAL Terre delNisseno”; B&B Antico Rione; Medsic<strong>il</strong>ia s.r.l.; Ditta Giordano Lucio di Santa Caterina V<strong>il</strong>larmosa; SocietàAlmada srl; Ditta Lo Piano Stefania per progetto “La Sic<strong>il</strong>ia dei Viceré”territorio iniziative per tutela dei ruderi dell’ex mulino Salvati e complesso architettonico e per promuovere l’ut<strong>il</strong>izzo della biciin cittàcultura attività varie, tra cui inaugurazione mostra “Lo spettacolo della Natura”, mostra “Ambiente e Sostenib<strong>il</strong>ità - Ognigesto conta” (accolta dalla Riserva Monte Capodarso), raduno “Osservazioni astronomiche”, incontri “LeMaccalube di Terrapelata” e “Pittori a Caltanissetta – da Paladini al Borremans”Sienabeni culturali e ambientali iniziative varie a tutela del patrimonio del territorio, in particolare contro alienazione e cementificazione dell’areaboscata di Busseto (anche affissione di manifesti in tutta la città, incontri in Comune e articoli di stampa);per la Via Francigena (tra cui contro lottizzazione “Cittadella dello Sport”) e Palazzo Diavoli; su restaurodell’antico Palazzo Pretorio di Rapolano Termeterritorio interventi vari su progetti di centrali a biomasse, tra cui osservazioni e incontri con comitato locale sulle due centralia Colle Val D’Elsa e attenzione rivolta anche a quelle previste a Buonconvento, San Quirico d’Orcia, SanGimignano e in Val di Paglia nel Comune di Abbadia S.Salvatoreterritorio iniziative numerose contro la Tangenziale di San Gimignano e compatib<strong>il</strong>ità con la stab<strong>il</strong>ità della collina di Santa Chiara;abusi ed<strong>il</strong>izi a Casole d’Elsa; trivellazioni in Valdelsa (per ricerche geotermiche o estrazione di anidridecarbonica); manifestazioni e ricorso al TAR Toscana (con WWF) contro l’ampliamento della Centrale “Bagnore4”; fotovoltaico a Neci (Asciano) nei pressi dell’Abbazia di Monteoliveto Maggiorebeni culturali e ambientali attività continuate le battaglie su questione “Aeroporto di Ampugnano” (anche esposti e ricorsi al TAR), per l’OperaMetropolitana di Siena e contratti <strong>il</strong>legittimi; nuova viab<strong>il</strong>ità e parcheggio davanti alla Bas<strong>il</strong>icadell’Osservanza; elettrodotto TERNA da Santa Barbara a Monte S.Savino (da Regione Toscana pronuncianegativa di VIA); questione “Cave di Montegrossi”turismo culturale gita al Parco Sculture del Chianti, cave di Montegrossi e Abbazia di Coltibuono, con l’Ass. GAIA Club di ColleVal d’ElsaVeneziabeni culturali e ambientali interventi a tutela della città e laguna, tra cui interventi sulla stampa e interviste (a organi di informazione locali,nazionali e internazionali) su portualità di Venezia e grandi navi da crociera, progetto Palais Lumière diPierre Cardin, vendita e cambio di destinazione d’uso del Fontego dei Tedeschi, vendita dell’Ospedale al Maree progetto di megadarsena al Lido, Piano di Assetto del Territorio in via di approvazione, metropolitana sublagunare, proliferare di bed & breakfast, gestione turistica della città, qualità delle bonifiche a Margherasezione attività aggiornamento del sito web con commenti quotidiani (nell’anno oltre mezzo m<strong>il</strong>ione di visitatori)cultura convegni organizzazione dell’incontro pubblico “Venezia patrimonio comune”, partecipazione a: “Grandi opere inut<strong>il</strong>i”(Firenze), Patrimoni artistici e culturali (Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti), Piano di assetto delTerritorio (Istituto di Architettura)territorio iniziative consegna di dossier sul Turismo al ministro Ornaghi; incontri con <strong>il</strong> senatore Casson per una nuova LeggeSpeciale per Venezia; Osservazioni al Piano di Assetto del Territorio; ricorso al Tar contro la vendita di Ca’Corner della Regina all’azienda Prada; esposti a Regione e Ministero sulle pratiche del Comune in materiadi tutela del paesaggio; lettere all’Unesco per chiedere l’inserimento di Venezia tra i siti a rischio;presentazione di commenti al progetto di Legge Speciale Casson-Molinari; ricorso al Tar contro la costruzionedel complesso di v<strong>il</strong>le nel sito protetto di Ca’ Roman; lettera pubblica al ministro Ornaghi sul progetto diTorre di Pierre Cardin; inoltre partecipazione ai lavori del comitato di cittadini Forum per l’Arsenale, delCoordinamento delle associazioni ambientaliste del Lido, a documentari su Venezia per televisioni di varipaesi europei, a manifestazioni acquee contro le grandi navi47


2669-0 <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Bollettino</strong> n. 476_Layout 2 13/06/13 16.43 Pagina 48ARTELIBRO FESTIVAL DEL LIBRO D’ARTEL’Arte di fare <strong>il</strong> Libro d’Arte10ª edizioneMUSICA PER GLI OCCHI. Collezionismo all’OperaBolognaPalazzo di Re Enzo e del Podestà19-22 settembre 2013DIECI ANNI. È <strong>il</strong> traguardo di Artelibro Festival del Libro d’Arte che dal 19 al 22 settembre 2013festeggerà la sua decima edizione nella sede storica di Palazzo Re Enzo e del Podestà a Bologna.Tema guida di Artelibro 2013 è MUSICA PER GLI OCCHI. Collezionismo all’Opera. Inoccasione del decennale del Festival che cade in concomitanza con <strong>il</strong> bicentenario dallanascita di Giuseppe Verdi, i librai antiquari A.L.A.I. Associazione dei Librai Antiquarid’<strong>Italia</strong>, tradizionali partner di Artelibro, presenteranno, come ogni anno, preziosi libri edocumenti antichi. Non mancheranno, inoltre, i libri d’artista e di pregio e le rivistespecializzate per arrivare alle sperimentazione multimediale dell’editoria digitale, a cuisarà dedicata una sezione indipendente della mostra-mercato.Il libro è l’assoluto protagonista di questa kermesse culturale che trasforma ogni annoBologna nella capitale internazionale del libro antico e di pregio. Celebri bibliof<strong>il</strong>i, collezionistie storici dell’arte danno vita a lezioni e cicli di conferenze gremite di pubblico, mentre gli artistioffrono <strong>il</strong> loro originale contributo “su carta”, per lo più inedito. Immancab<strong>il</strong>i le sezioni ArtelibroProfessionale a cui ogni anno collabora, tra le molte istituzioni, AIE Associazione <strong>Italia</strong>naEditori, e Artelibro Ragazzi con workshop e mostre dedicate ai più piccoli e agli adolescenti.Anche quest’anno <strong>il</strong> progetto Biblioteca d’arte diffusa offrirà ai visitatori la possib<strong>il</strong>ità discoprire <strong>il</strong> meglio dello straordinario patrimonio librario della città in itinerari speciali convisite guidate alle biblioteche e ai musei di Bologna.Artelibro Festival del Libro d’Arte è promosso da Associazione Artelibro, AIE Associazione<strong>Italia</strong>na Editori, Comune di Bologna, Provincia di Bologna, Regione Em<strong>il</strong>ia-Romagna,Alma Mater Università di Bologna, ed è sostenuto da Banca Etruria, main sponsor dellamanifestazione, Gruppo Unipol, Coop Adriatica, Librerie.coop, con <strong>il</strong> contributo di APTServizi Em<strong>il</strong>ia-Romagna. Il sito internet www.artelibro.it è attivo tutto l’anno come strumentodi supporto e di diffusione per, e con, l’editoria d’arte italiana e internazionale.Anche quest’anno <strong>Italia</strong> <strong>Nostra</strong> onlus sarà presente all’Artelibro Festival del Libro d’Arte con<strong>il</strong> suo <strong>Bollettino</strong>.<strong>Per</strong> informazioni:Comunicazione e promozione Irene Guzmanirene.guzman@artelibro.itmob<strong>il</strong>e +39 349 12 50 956Segreteria Organizzativa NoemaVia Orefici 4, 40124 Bolognatel. 051 230385 – fax 051 221894info@noemacongressi.it – www.noemacongressi.itwww.artelibro.it

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