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Le relazioni familiari dei detenuti - Amministrazione in Cammino

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<strong>in</strong>vece non è funzionante), nonostante una legge riconosca l’<strong>in</strong>compatibilità della detenzione per ledonne madri con figli s<strong>in</strong>o a 10 anni 34 . L’esigenza di dare soluzione a questo problema ha sp<strong>in</strong>tol’associazione “A Roma <strong>in</strong>sieme”, la Consulta penitenziaria del Comune di Roma e la Comunità diSant’Egidio, sostenute da molte altre realtà del volontariato e della cooperazione sociale, a cercarerisposte legislative adeguate per spostare la pena fuori dal carcere per le madri e dare una rispostadef<strong>in</strong>itiva alla drammatica situazione che a tutt’oggi vede la permanenza di bamb<strong>in</strong>i <strong>in</strong> carcere. Inquesto senso le associazioni hanno elaborato proposte di legge che prevedono modifiche alla leggeBossi-F<strong>in</strong>i sull’immigrazione, alla F<strong>in</strong>i-Giovanardi sulle droghe, alla ex Cirielli sulla recidiva e lariformulazione dell’articolo 275, comma 4, del Codice di procedura penale (ricorso alla custodiacautelare) per rimuovere quegli ostacoli che non permettono alle donne-madri di scontare la penacon i propri figli f<strong>in</strong>o al 10 anno di età fuori dal carcere. Occorre, <strong>in</strong>oltre, favorire l’applicazionedell’esecuzione della pena <strong>in</strong> case famiglia protette (Icam) gestite dal M<strong>in</strong>istero della Giustizia (perle quali, tra l’altro, non è necessaria alcuna legge considerando che possono esser istituite con lalegislazione vigente). <strong>Le</strong> associazioni suddette da sempre sostengono che le donne devono scontareil periodo di pena <strong>in</strong> case famiglia gestite dagli enti locali, perché conv<strong>in</strong>te per esperienza che solocosì si possono realizzare effettivi percorsi di re<strong>in</strong>serimento sociale e di recupero della maternità.Del resto, la possibilità consentita dall’articolo 11 della legge 354/75 di riforma penitenziaria cheprevede la permanenza del bamb<strong>in</strong>o f<strong>in</strong>o a tre anni accanto alla madre <strong>in</strong> carcere, è una prospettivaalla quale le donne quando possono si sottraggono volentieri, cioè quando hanno all’esterno delcarcere una qualche rete famigliare e sociale di riferimento a cui affidare il figlio. Infatti, il carcereper i propri figli – come già sottol<strong>in</strong>eato - è l’ultima delle soluzioni che una madre ricerca ed èquella che vive con più ansia e paura poiché significa esporre il bamb<strong>in</strong>o a qualcosa di cui non solonon conosce esattamente le d<strong>in</strong>amiche, ma della cui realtà percepisce l’assoluta precarietà emancanza di diritti sia come persona che come madre.Alcune novità sono state <strong>in</strong>trodotte con il d.d.l. n. 2568 riguardante le modifiche del Codice diProcedura Penale e dell’Ord<strong>in</strong>amento penitenziario a favore delle detenute madri, approvatodef<strong>in</strong>itivamente il 30 marzo 2011. L’art. 1, modificando l’art. 275 comma 4° del Codice diprocedura penale, prevede che per una donna <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta o che ha figli f<strong>in</strong>o ai sei anni di età il giudicenon potrà più disporre la custodia cautelare <strong>in</strong> carcere, se non quando “sussistano esigenze cautelari34 Cfr. L.di Mauro, lo scandalo <strong>dei</strong> bimbi <strong>in</strong> carcere; per “case famiglia protette” non serve nuova legge, Terra, 11giugno 2010

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