“molteplici presenze”. Dettaglio ribadito, con tanto direplica del testo all’interno del libro, e che lasciacomunque subito trapelare “luce” tra le ombrepermeando “realtà plurime e multimediali”, “nuovisegnali” che l’autore, da sempre attento a giovani econtemporaneità, coglie puntualmente. Ma insieme aquesti segnali, emerge anche una sospensione deltempo in un presente vacuo e privo di simboli propri, diquelle che rischiano di lasciare senza memoria eidentità le nuove generazioni. Con Simmetrie, c’è unpiano speculare fotografico e modernista che affiora, undesiderio di conoscenza che passa per la rivelazionedelle forme e, nell’analisi descrittiva del fenomeno,sonda il mistero in esse contenuto, un gioco dell’occhioche, in Vestire gli ignudi, denota volute in rimandi sullenudità dell’io con ulteriori connessioni novecentesche.Muretti ciclopici, a partire dal titolo, manifesta ilparadosso volto a ricomporre dimensioni ed emozioninell’ossimoro generato, insieme a Luglio palesa unluogo d’azione del poeta, nell’ordine la poltrona e lafinestra. Da qui il poeta si rivolge direttamente aicondomini, alla loro conclamata disattenzione per unidillio celeste che il poeta percepisce come “calore” e“sole”. Un sole dettagliato in un “baciointercomunicante”, nel riflesso di un iperrealismocromatico della luminescenza, “quello / che appare aicoltivatori / e ai bagnati” nell’amplesso con la madreterra.In Uno alla volta, tra “scarti cimiteriali”,“fanghiglie” ed altre immagini di più forte impatto,compare un terzo luogo d’azione: i balconi, da dove sipercepiscono artefatti papaveri “colorati all’ingrosso”,ma anche “ascensori della luna”. Noè, in questaplanimetria condominiale, è la constatazione di unprovincialismo reso mondano con un lessico che tornaad essere più discorsivo, mentre con Escamotage ilcolloquiale si fluidifica in una struttura di sovrappostipensieri estetizzanti il comico che, con la poesiadedicata Ad Alberto Savino, divengono memoriadialogica. La tematica famigliare si avverte in più puntie con diverse sfumature, c’è una cugina che insegue un“amore impossibile / scappato da un museo” mentreDaniela, definita “nomenclatura di base” con Lidia, “nelprecariato in corso” è colei che “dentro e fuori”preserva un “posto fisso d’onore” al poeta. Juli,“bisnonna, / bella fragile e danzante”, porta in dote un“nitore”, che è limpidezza lucente, e scavalca il tempoin correlazioni storiche che finiscono per frantumarlo erenderlo “unico” nel suo susseguirsi, quindi “Cartaginebrucia ancora” e, altrove, “il re Borbone” “visitaPotenza” tra nebbie mentali” e “metamorfosi nelpasso”. Ma anche in Sequenze, con “sessi” “mai fissi” e“scissi”, tutto, infine, vira all’unitario riconducibile a piùforme. Un senso nel non senso o piuttosto un “senso /che si dà al non senso”, come precisa l’autore nei suoiversi, dove ogni possibile destrutturazione ericonfigurazione sembrerebbe anche ricondurre adun’unica matrice, forzare le odierne “feritoie” del vivereper tentare ancora varchi arditi ma possibili che,attraverso lo sguardo del poeta, permettano tuttora disondare quell’oltre che ci vincola all’esistenza.En. Pi.- Roma -Nicholas ClaptonMORESCHI, L’ANGELO DIROMAEdizioni Controluce, 2008 € 15,00Esce un’opera di aperturainternazionale per i tipi di EdizioniControluce, in collaborazione conil locale coro intitolato aMoreschi, l’ “angelo”protagonista, e le strutture dellalocale comunità monticiana. Illibro, a dire il vero, vede una prima edizione inglese nel2004 curata dall’autore Nicholas Clapton e, soltanto nelnovembre del 2008, viene alla luce nella sua primastampa in lingua italiana con una puntuale traduzionecurata da Giuliana Gentili. L’entusiasmo dell’autore per“l’angelo di Roma” si estende, in quanto ampiamentetrattati nel saggio, verso i castrati e le loro particolaridoti canore, condivisibile fin dalle prima righe, con lafigura di Elsa Scammell, ed identificato nel finalesull’eco dell’ “evviva il coltello”, gratitudine di un tempopresumibilmente espressa per quante delizie ascoltatein melodie. Moreschi, oltre ad eccellere nella suacategoria in quanto a ottave, versatilità e timbrica,viene qui catalogato come l’ultimo dei “menomati” delcoro della cappella Sistina. Una vita ed una carrierache, dalle vicende risorgimentali, approda all’ascesamussoliniana traversando, a cavallo tra i due secoli,quei profondi mutamenti socio-politico-culturali checaratterizzarono il nostro paese. Un’esistenza spessodecisa, come rimarca l’autore, “da coincidenzestoriche”. Tra le sue tracce più tangibili, restano quellelasciate nel solco in cera lacca, rappresentando, a tuttigli effetti, un raro documento realizzato attraverso leallora neo-acquisite tecniche di registrazione. Aimmortalare la sua voce sarà Owen che, nel 1902, sitrovava a Milano per registrare Caruso ed opta per unavariante recandosi a Roma. All’arrivo di Moreschi nelcoro, c’erano già altri sei “capponi sacri”, cosi come aitempi furono denominati i “menomati” nella Romapapalina. Per i coristi, a fianco di taluni privilegi – comequello di essere esentati dai digiuni – permaneva unostipendio piuttosto contenuto, circa 118 lire nel 1871per un impegno a tempo pieno. Va tuttavia menzionatoun coerente orgoglio vaticano che, allora, rifiutavastanziamenti da parte dello stato italiano. Nel lungoexcursus tra “origini e relazioni”, si affrontano le varietecniche di castrazione. Quella dei più promettentitalenti cantori si era evoluta in un bagno d’acqua caldacon assunzione d’oppio intorno al XVI secolo. Di lì a piùtardi, il fenomeno stesso dei castrati diverrà“esclusivamente italiano”. Col Novecento resterà la solamemoria – definita “archeologica” – dell’ “insegna di unbarbiere di via dei Banchi Vecchi”: “Qui si castranofanciulli per la Cappella papale”. Sul fronte dell’altrosecolo, l’Ottocento, a rimarcare povertà e squalloresociale della Roma pontificia, vengono riportate alcunenote di Mark Twain e il suo The innocents abroad, in uncontesto che vede la popolazione spesso analfabeta el’inserimento della prima scuola d’obbligo solo a partiredal 1877. Una condizione che, certamente, vedeva perMoreschi una concreta speranza d’impiego edinserimento attraverso la procurata preservazione delle40<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>ANNO</strong> <strong>XIII</strong>/<strong>XIV</strong> – NN. 71/72 NOV.-DIC./GENN.-FEBBR. 2009/2010
sue capacità vocali. Libro ricco di aneddoti interessanti,come quello su Clemente VIII, che vedeva unadesignazione in onore di Dio quella dei castrati in senoal coro considerando il caffé, in una matriceproibizionista, bevanda di Satana. Ma Leone <strong>XIII</strong>, daquanto si evince dal testo, non indugiò ad approvareuna mistura popolare a base “di vino e cocaina”, assaiin voga ai tempi e denominata Vin Mariani. Unabevanda che, oltremodo, riscosse anche più nobiliconsensi, come quello della regina Victoria d’Inghilterra.Adeguato spazio viene considerato nell’opera pertrattare l’aspetto anatomico, nonché disfunzioni epatologie tipiche della categoria, dalla più scontatatendenza all’obesità a taluni sviluppi anomali assaimeno facilmente relazionabili, come la cifosi.Nell’istituzione ecclesiastica l’autore trova posizioni che,nei stravolgimenti del Novecento, definiscecaratterizzate da “irrequietezza”, ma, da quantoriportato a sintesi di più secoli, si va da Nicea e le sueposizioni proibitive verso l’auto-castrazione, intesa comescelta, all’affermazione del fenomeno dei castrati chesegnerà il corso di oltre tre secoli per la cappellaSistina, un contesto dove l’elemento cromatico edemozionale viene a prevalere sui modelli di “purezza esemplicità”. Ciò nonostante a prevalere, infine, sarannoi cecilianisti e la tradizione polifonica gregorianadesignando l’estinzione dei castrati dal coro. Ad usciredi scena sarà il consolidato direttore e musicistaMustafa, emblematico di un mondo che, con Perosi,assumerà tutt’altri contorni e direzioni. Mustafa è ancheil personaggio cardine della stessa vita di AlessandroMoreschi ed i suoi esiti professionali, caratterialmentedifficile e che, soprattutto negli ultimi tempi, soloattraverso protratte assenze seppe manifestare i suoidissensi. Oltre la vita di Alessandro, resta in sospeso unulteriore presunto e mai accertato “menomato”, ovveroDomenico Mancini, con la certezza di una tomba alcimitero monumentale del Verano, sepolcro peraltronon facilmente identificabile da quanto riportato in unacronaca della visita dello stesso Clapton. Oggigiorno, incui si dibatte tanto di castrazione chimica per pedofili estupratori, non può non restare un briciolo di nostalgiaper il fascino e l’eleganza che contraddistinse unacategoria del tutto onorata nella tradizione vocale.Moreschi, forse, è l’epilogo di questa memoria rispettoquanto viene ormai ordinariamente considerato conriluttanza o, tutt’al più, come estrema ratio percontrastare patologie sessuali. Ma già nell’antichità,come sottomissione od espiazione, e nel dettaglio inCina, dove si praticava come “alternativa alla pena dimorte”, la castrazione assunse connotati punitivi comepure risvolti di prestigio sociale che in India, ma nonsolo, si caratterizzarono persino in valenze di tipoascetico.EPi- Roma -Melinda Tamás-Tarr BonaniDA ANIMA AD ANIMAAntologia di traduzioni: Poesieungheresi, francesi, spagnole,latineEdizione Osservatorio Letterario<strong>Ferrara</strong> e l’Altrove / O.L.F.A. <strong>Ferrara</strong>,febbraio 2009 pp. 150A partire dal titolo, semplice e diretto, privo di ognipretenziosità, si percepisce l’effettivo impegno arendere poesia alla poesia attraverso lo strumento dellatraduzione, cosa mai abbastanza del tutto evidente eche spesso sfugge ai più deviando dall’autenticitàdell’espressione poetica originaria. Un titolo comunquepreso in prestito dai versi di Árpád Tóth, che esploracosmiche distanze alla ricerca di una spontaneacomunicazione. Eventuali imperfezioni linguisticheravvisabili nel testo non degenerano mai latrasmigrazione del sentire, semmai denotano l’assenzadi strutture nel sostenere interessanti iniziative culturalipiuttosto che carenze da parte di chi, coraggiosamente,si cimenta con ottima padronanza verso una linguaacquisita. Va oltremodo precisato che, attraverso larivista Osservatorio Letterario, da molti anni l’autrice siprodiga nell’interscambio culturale tra Italia e Ungheria.Tra quante poesie riportate, ci sono versi che,frequentemente, incorrono nell’anafora, ma ricorronoanche rime e assonanze che la traduttrice ricostituiscescrupolosamente in italiano. L’analessi, soprattuttoquella del “bacio” e delle “labbra”, caratterizza più poetimettendo in rilievo quegli artisti dalle più accertateradici romantiche. Endre Ady testimonia subito tuttoquesto, soggiorna in Francia, dove scrive Autunno aParigi, e qui assorbe talune tendenze tracciate daimaudit, che meglio si palesano nel grottescomanifestato ne L’ultimo sorriso: “ho vissuto molto male/ che bel cadavere sarò”. Più datate, ma nondimenoefficaci, sono le quartine amorose di Mihály CsokonaiVitéz: “Mi tormenta il fuoco ardente / dell’immensoamore rovente”. Amore che si sublima nei versi delgrande Attila József: “ci fonderemo, in color rovente /sull’altare fragrante ardendo / nell’immensofirmamento”. Gyula Juhász, che muore suicida come A.József nello stesso anno (1937) e, al pari diquest’ultimo, presenta evidenti disturbi psichici, è pureun altro illustre poeta lirico che nelle parole dell’amatascorge “il vento di marzo” tra le sepolture. Con FerencKölcsey, autore dell’inno nazionale ungherese, prendecorso un’anamnesi storica del magiaro e la sua “sorteavversa”, popolo che “già espiò / il passato e il futuro”,tra “l’altera reggia di Vienna”, “mongoli rapaci” e turchi.Una sofferenza storica rimarcata da Dezső Kosztolányi:“splende il sol, ma non ti vedo / per il mondo il magiaro/ è orfano”, ma è Sándor Petőfi l’emblema del patriota,nonché eccelso poeta nazionale, immolandosi, poco piùche ventenne [N.d.R. a 26 anni], alla causa: “alzati,magiaro, la patria ti chiama!”. L’Esistere, “ovunqueinvisibile” e “in ogni cosa visibile” volge al metafisicocon Gyögy Rónay, mentre è una kafkiana rinascitaquella di Lőrinc Szabó, che nel baco intravede unangelo e un rifugio. Tematiche religiose ricorrono con<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>ANNO</strong> <strong>XIII</strong>/<strong>XIV</strong> – NN. 71/72 NOV.-DIC./GENN.-FEBBR. 2009/2010 41
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