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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII/XIV ...

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sue capacità vocali. Libro ricco di aneddoti interessanti,come quello su Clemente VIII, che vedeva unadesignazione in onore di Dio quella dei castrati in senoal coro considerando il caffé, in una matriceproibizionista, bevanda di Satana. Ma Leone <strong>XIII</strong>, daquanto si evince dal testo, non indugiò ad approvareuna mistura popolare a base “di vino e cocaina”, assaiin voga ai tempi e denominata Vin Mariani. Unabevanda che, oltremodo, riscosse anche più nobiliconsensi, come quello della regina Victoria d’Inghilterra.Adeguato spazio viene considerato nell’opera pertrattare l’aspetto anatomico, nonché disfunzioni epatologie tipiche della categoria, dalla più scontatatendenza all’obesità a taluni sviluppi anomali assaimeno facilmente relazionabili, come la cifosi.Nell’istituzione ecclesiastica l’autore trova posizioni che,nei stravolgimenti del Novecento, definiscecaratterizzate da “irrequietezza”, ma, da quantoriportato a sintesi di più secoli, si va da Nicea e le sueposizioni proibitive verso l’auto-castrazione, intesa comescelta, all’affermazione del fenomeno dei castrati chesegnerà il corso di oltre tre secoli per la cappellaSistina, un contesto dove l’elemento cromatico edemozionale viene a prevalere sui modelli di “purezza esemplicità”. Ciò nonostante a prevalere, infine, sarannoi cecilianisti e la tradizione polifonica gregorianadesignando l’estinzione dei castrati dal coro. Ad usciredi scena sarà il consolidato direttore e musicistaMustafa, emblematico di un mondo che, con Perosi,assumerà tutt’altri contorni e direzioni. Mustafa è ancheil personaggio cardine della stessa vita di AlessandroMoreschi ed i suoi esiti professionali, caratterialmentedifficile e che, soprattutto negli ultimi tempi, soloattraverso protratte assenze seppe manifestare i suoidissensi. Oltre la vita di Alessandro, resta in sospeso unulteriore presunto e mai accertato “menomato”, ovveroDomenico Mancini, con la certezza di una tomba alcimitero monumentale del Verano, sepolcro peraltronon facilmente identificabile da quanto riportato in unacronaca della visita dello stesso Clapton. Oggigiorno, incui si dibatte tanto di castrazione chimica per pedofili estupratori, non può non restare un briciolo di nostalgiaper il fascino e l’eleganza che contraddistinse unacategoria del tutto onorata nella tradizione vocale.Moreschi, forse, è l’epilogo di questa memoria rispettoquanto viene ormai ordinariamente considerato conriluttanza o, tutt’al più, come estrema ratio percontrastare patologie sessuali. Ma già nell’antichità,come sottomissione od espiazione, e nel dettaglio inCina, dove si praticava come “alternativa alla pena dimorte”, la castrazione assunse connotati punitivi comepure risvolti di prestigio sociale che in India, ma nonsolo, si caratterizzarono persino in valenze di tipoascetico.EPi- Roma -Melinda Tamás-Tarr BonaniDA ANIMA AD ANIMAAntologia di traduzioni: Poesieungheresi, francesi, spagnole,latineEdizione Osservatorio Letterario<strong>Ferrara</strong> e l’Altrove / O.L.F.A. <strong>Ferrara</strong>,febbraio 2009 pp. 150A partire dal titolo, semplice e diretto, privo di ognipretenziosità, si percepisce l’effettivo impegno arendere poesia alla poesia attraverso lo strumento dellatraduzione, cosa mai abbastanza del tutto evidente eche spesso sfugge ai più deviando dall’autenticitàdell’espressione poetica originaria. Un titolo comunquepreso in prestito dai versi di Árpád Tóth, che esploracosmiche distanze alla ricerca di una spontaneacomunicazione. Eventuali imperfezioni linguisticheravvisabili nel testo non degenerano mai latrasmigrazione del sentire, semmai denotano l’assenzadi strutture nel sostenere interessanti iniziative culturalipiuttosto che carenze da parte di chi, coraggiosamente,si cimenta con ottima padronanza verso una linguaacquisita. Va oltremodo precisato che, attraverso larivista Osservatorio Letterario, da molti anni l’autrice siprodiga nell’interscambio culturale tra Italia e Ungheria.Tra quante poesie riportate, ci sono versi che,frequentemente, incorrono nell’anafora, ma ricorronoanche rime e assonanze che la traduttrice ricostituiscescrupolosamente in italiano. L’analessi, soprattuttoquella del “bacio” e delle “labbra”, caratterizza più poetimettendo in rilievo quegli artisti dalle più accertateradici romantiche. Endre Ady testimonia subito tuttoquesto, soggiorna in Francia, dove scrive Autunno aParigi, e qui assorbe talune tendenze tracciate daimaudit, che meglio si palesano nel grottescomanifestato ne L’ultimo sorriso: “ho vissuto molto male/ che bel cadavere sarò”. Più datate, ma nondimenoefficaci, sono le quartine amorose di Mihály CsokonaiVitéz: “Mi tormenta il fuoco ardente / dell’immensoamore rovente”. Amore che si sublima nei versi delgrande Attila József: “ci fonderemo, in color rovente /sull’altare fragrante ardendo / nell’immensofirmamento”. Gyula Juhász, che muore suicida come A.József nello stesso anno (1937) e, al pari diquest’ultimo, presenta evidenti disturbi psichici, è pureun altro illustre poeta lirico che nelle parole dell’amatascorge “il vento di marzo” tra le sepolture. Con FerencKölcsey, autore dell’inno nazionale ungherese, prendecorso un’anamnesi storica del magiaro e la sua “sorteavversa”, popolo che “già espiò / il passato e il futuro”,tra “l’altera reggia di Vienna”, “mongoli rapaci” e turchi.Una sofferenza storica rimarcata da Dezső Kosztolányi:“splende il sol, ma non ti vedo / per il mondo il magiaro/ è orfano”, ma è Sándor Petőfi l’emblema del patriota,nonché eccelso poeta nazionale, immolandosi, poco piùche ventenne [N.d.R. a 26 anni], alla causa: “alzati,magiaro, la patria ti chiama!”. L’Esistere, “ovunqueinvisibile” e “in ogni cosa visibile” volge al metafisicocon Gyögy Rónay, mentre è una kafkiana rinascitaquella di Lőrinc Szabó, che nel baco intravede unangelo e un rifugio. Tematiche religiose ricorrono con<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>ANNO</strong> <strong>XIII</strong>/<strong>XIV</strong> – NN. 71/72 NOV.-DIC./GENN.-FEBBR. 2009/2010 41

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