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GERIATRIAORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.)ISSN: 1122-5807


GERIATRIAR I V I S TA BIMESTRALE - ANNO XXII n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong> 2010 – Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB RomaORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.)DIRETTORELUIGI DI CIOCCIODIRETTORE ESECUTIVOPIERLUIGI DAL SANTOCOMITATO DI REDAZIONEClaudia BaucoAndrea CorsonelloFilippo FimognariGianfranco FonteMassimo Marci(Cassino)(Cosenza)(Roma)(Torino)(Tivoli)Stefano RonzoniBernardo SalaniFrancesco VettaCristiana Vitale(Roma)(Firenze)(Roma)(Roma)Samuel Bravo WilliamsLuisa BartorelliPier Ugo CarboninTommy CederholmDomenico CucinottaFerdinando D’AmicoRodney FisherGiuseppe GalettiGiovanni GasbarriniWalter LutriVincenzo MariglianoJean-Pierre MichelLuciano MottaVittorio Nicita-MauroCOMITATO SCIENTIFICO(Mexico)Vincenzo Pedone(Roma)Franco Rengo(Roma)Jacques Richard(Stoccolma - Svezia) Felice Romano(Bologna)Mario Rubegni(Patti)L.Z. Rubenstein( Toronto - Canada)Pier Luigi Scapicchio(Monza)Sergio Semeraro(Roma)Italo Simeone(Siracusa)Giancarlo Stazi(Roma)Bertil Steen(Geneve - Suisse)Marco Trabucchi(Catania)Vincenzo Vassallo(Messina)(Bologna)(Napoli)(Geneve - Suisse)(Catania)(Siena)(Sepulveda - USA)(Roma)(Bologna)(Geneve - Suisse)(Roma)(Göteb<strong>org</strong> - Svezia)(Roma)(Noto)Direttore ResponsabileSegreteria ScientificaEditoreUfficio amministrativoe PubblicitàFotocomposizioneStampaProgetto di copertina: Gaia ZuccaroANTONIO PRIMAVERAVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 06.44.290.783C.E.S.I. - Via Cremona, 1900161 Roma - Tel. 06.44.290.783www.cesiedizioni.comE.mail: cesiedizioni@cesiedizioni.comVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 06.44.290.783 - Fax 06.44.241.598C.E.S.I.Litografica IRIDE - Via della Bufalotta, 224Roma • Finito di stampare per conto della C.E.S.I.nel mese di Dicembre 2010.Condizioni di abbonamento per il 2010: E 26,00 (Enti: E 5 2 , 0 0 ) da versare sul C/C N. 52202009 intestato a CESI - Estero E 70 •Un fascicolo singolo: E 11,00 - Estero E 15. Arretrato: E 22,00 • L'abbonamento non disdetto prima del 31 dicembre si intenderinnovato • Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 201/89 del 18/04/1989.ISSN: 1122-5807


Volume in brossura, Edizione 2009300 pagine circa E 30,00✄Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via faxS ì, desidero ricevere C O N D O T TA PROFESSIONALE MEDICA E RESPONSABILITÀ PENALE di Gaetano Siscaroal prezzo di E 3 0 , 0 0Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ………………………………………………Via .........................................................……………… CAP …………… Città ………………………………………………Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 5,00 TO TALE E . . . . . . . . . . . . . . … … . . . . . . . . . . .■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI■ A mezzo vers. C/C N. 5 2 2 0 2 0 0 9 intestato a CESI■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………)Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598Via Cremona, 19 - 00161 RomaPartita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura)


Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong> 69SOMMARIOFILO DIRETTO CON I SOCI – Di Cioccio L. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1AI LETTORI – Palleschi M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 3IDENTITÀ E MALATTIA DI ALZHEIMER: UNA RIFLESSIONE ANTROPOLOGICAGaspa F.N., Nieddu A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75IL PAZIENTE CON ICTUS CEREBRALEDi Meo C., Di Cioccio L. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79APPROCCIO CAPA C I TANTE AT T R AVERSO LA CONVERSAZIONE CON L’ANZIANOAFFETTO DA DECADIMENTO COGNITIVO IN RSAPeroli P., Vigorelli P. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87CURE DI FINE VITA IN PAZIENTI ANZIANI CON NEOPLASIA LIVELLI ASSISTENZIA-LI IN UN REPA RTO DI GERIAT R I A E IN UN SERVIZIO TERRITORIALE DI CURE PA L -LIATIVEG i r a rdello R., Fedrizzi A., Boni M., Camin M., De Colle P., Selmi S., Pertile R., Mariotti G. . . . 9 5IL TELEMONITORAGGIO NEL PAZIENTE ANZIANO: STUDIO DI FATTIBILITÀAimonino Ricauda N., Isaia G., Tibaldi V., Baracca M., Marinello R., Rocco M., Bergonzini M.,Bertone P., Cavallo S., D’Ercoli F., Larini G., Bestente G., Frisiello A., Isaia G.C. . . . . . . . . . . 101RUBRICHEVita agli anniSabatini D. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109Geriatria nel mondoZanatta A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110Calendario Congressi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111


XIII Convegno Nazionale Geriatrico “Dottore Angelico”Città di Aquino - Città di CassinoLa Geriatria Arte,Scienza e Cuore alservizio delle criticitàdell’Anziano:multimorbilità edanno cerebrale9 - 1 0D i c e m b r e2 0 1 0Segreteria OrganizzativaCONGRESS LINEVia Cremona, 19 – 00161 Roma • Tel. 0644290783 – 0644241343 Fax 0644241598E.mail: congressline@congressline.net www.congressline.net


Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong> 71FILO DIRETTO CON I SOCIa cura di:Luigi Di Cioccio – Presidente Nazionale S.I.G.Os.Ci avviamo verso la fine di questo 2010 che damolti sarà ricordato come l’anno della grande crisieconomica. In questo contesto non poteva la sanitàitaliana rimanere immutata, vuoi per le cambiatecondizioni socioeconomiche dei cittadini, vuoi perla necessità di fornire servizi sempre più efficaci ede fficienti e vuoi soprattutto per la necessità di darerisposte diversificate ad un’utenza sempre più esigente,tenuto conto dello sviluppo tecnologico edelle innovazioni mediche in campo diagnostico,terapeutico ed interventistico.Il paziente è diventato sempre più cittadino-utentee l’alleanza terapeutica tra medico e malato nons e m p re consegue gli obiettivi pro g r a m m a t i .Cresce una medicina difensiva, la centralità dellapersona malata tarda a soppiantare le concettualitàche hanno visto per anni al centro la malattiae non l’uomo.In questo contesto i soggetti più deboli, gli anzianisoprattutto, rischiano di essere sempre piùemarginati da una <strong>org</strong>anizzazione che ponendo alprimo posto la contrazione della spesa, li vedecome grandi utilizzatori di risorse.A nulla servono a volte i richiami alla realtà dellanostra società che invecchia sempre di più, chevedrà nei prossimi venti anni raddoppiare il numerodegli ultraottantacinquenni ed aumentare ladisabilità di una popolazione che spesso è tale perun errato approccio nella fase acuta di un evento.La metodologia geriatrica tesa ad individuarenella fase acuta la patologia a rischio di perditadell’autonomia del paziente è ancora privilegio dipochissimi ospedali dove la Geriatria è presente edi pochi centri nel vasto territorio nazionale.In questo scenario i vari piani di rientro che hannoimpegnato in quest’anno diverse regioni “non vir -tuose” non sempre hanno risparmiato le Unità Operativedi Geriatria.A tutto ciò si deve aggiungere “lo zelo” di alcuniDirettori Generali che al momento del pensionamentodei Direttori di SC tendono ad accorparepiù Unità Operative Omogenee o, peggio ancora,a declassare le Strutture da Complesse a Semplicio Dipartimentali, tagliando le legittime aspettativedi tanti nostri validi collaboratori e determinandospesso un clima di disaffezione con effettinegativi e deleteri sulle prestazioni erogate.La nostra Società a livello Nazionale è impegnata as e n s i b i l i z z a re gli <strong>org</strong>anismi ministeriali per uni n c remento del numero degli specializzandi, peruna maggiore attenzione ai problemi degli anzianisia in ambito ospedaliero che territoriale, a rilanci a re la ricerca scientifica, a ricerc a re nuovi indicatoridi disabilità, a stimolare la ricerca farmacologicanell’anziano, a ridefinire le attribuzioni dire t-tive dei Geriatri stessi (una recente conquista è lapossibilità, prima interdetta, del Geriatra a dirigeres t ru t t u re di Riabilitazione destinate agli anziani).Ma la grande partita si giocherà a livello delleRegioni e per questo è necessario rilanciare il ruoloe le funzioni delle nostre Sezioni Regionali,troppo spesso rimaste attive solo sulla carta.La mia Presidenza e questo Consiglio Direttivohanno posto come impegno prioritario la valorizzazionee l’operatività delle Sezioni Regionali.Si sta procedendo al rinnovo delle Sezioni scadutee, personalmente, sto curando i rapporti con lenuove Presidenze per un’azione di raccordo, distimolo, di programmazione, di collaborazionescientifica e soprattutto di disamina delle criticità.Sono state rinnovate le Sezioni di Calabria, Siciliae Campania. In particolare mi preme registrare ilforte impegno dimostrato dalla sezione calabrache appena dopo otto mesi dal rinnovo ha <strong>org</strong>anizzatoun ottimo Congresso Regionale con grandepartecipazione di ospedalieri e territoriali.Allo stesso modo i rinnovi consentono di registrarei livelli di eccellenza raggiunti da alcune Geriatrie:è il caso dell’UGA di Catanzaro, diretta dalcollega Ruotolo e soprattutto di Avellino, dove inun modernissimo Ospedale credo si trovi unarealtà unica: due UGA, con due Primari (i colleghiPolicicchio e Di Grezia), di cui una per iperacuticon 16 letti monitorizzati.Entro la fine di Febbraio si procederà al rinnovodei Consigli Regionali di Marche, Abruzzo, Veneto,Liguria, Toscana ed Emilia e Romagna.L’obiettivo è quello di avere a maggio 2011, aRoma, per il XXV Congresso Nazionale di Geriatria,tutti i Presidenti delle Sezioni Regionali, perfesteggiare i venticinque anni di vita della NostraSocietà e per delineare la politica strategica per iprossimi anni.Il successivo appuntamento di A l g h e ro, nell’ottobre 2011, per il XXV Seminario S . I . G . Os., servirà ad a re il via al nuovo corso della manifestazione chedovrà vedere presenti, a carico della S . I . G . Os. Nazionale,tutte le realtà regionali per un esame edibattito delle varie criticità.Per rendere operativi gli incontri è necessario:– promuovere una nuova campagna di sensibilizzazionee di iscrizioni;


72 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>– effettuare un censimento delle varie realtà regionali,suddivise per ogni provincia;– analizzare i vari piani di rientro regionali, evidenziandoe ponendo massima attenzione ainuovi Presidi o Complessi Ospedalieri che verrannorealizzati. I Piani Regionali avranno caden -za biennale e nulla è definitivo. Per essere propositi -vi bisognerà avere le carte in regola e soprattuttoavere Consigli Direttivi Regionali “forti” e “rappre -sentativi”;– evidenziare le criticità;– attivare le iscrizioni Nursing;– promuovere incontri con le altre realtà presentiin ambito regionale.A partire dal prossimo numero, nella Rivista Geriatria,verranno attivate due Nuove Rubriche perdare voce alle Sezioni Regionali ed al Nursing Geriatrico:– “Geriatria Regioni”;– “Nursing Geriatrico”.Ritengo altresì che sia anche necessario avere sempre più una maggiore attenzione alle varie re a l t àterritoriali ed ai Geriatri impegnati in quel diff i c i l ee spesso non ben definito dedalo della continuitàa s s i s t e n z i a l e .Diverse sono poi le realtà positive di crescita e disviluppo della Geriatria (Veneto, Emilia Romagna,Lazio, Basilicata, ecc.) e soprattutto mi preme porrein risalto la definizione delle pro c e d u re di accre d i-tamento deliberate dalla Regione Emilia Romagna,grazie al lavoro coeso di un valido e pro d u t t i v oConsiglio Regionale guidato dal collega Ferrari.Ci sono altre realtà in crescita, nuove realtà conmodelli <strong>org</strong>anizzativi e sarebbe interessante poterdare voce a tutte: per questo nasce l’idea di “Ge -riatria Regioni”, affidata a voi, carissimi soci, con lacertezza che non mi lascerete solo dietro a questemie idee.Inviatemi i vostri suggerimenti, le vostre critiche,i vostri consigli, i vostri problemi: ne farò tesoro esoprattutto sarà il lievito che farà crescere le progettualitàe soprattutto mi aiuterà a dare concretezzaalle mie idealità.I programmi e le idee si realizzano sulle gambedelle persone e noi Geriatri, per DNA, siamo tenaci,forti, motivati, passionali, determinati, propositivi,combattivi fino all’ultimo giorno di lavoro:abbiamo la responsabilità del futuro dei nostricollaboratori, non abbassiamo mai la guardia.Siamo Geriatri.Roma, 18.11.2010


Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong> 73AI LETTORIProf. Massimo PalleschiRicevo dalla Dott.ssa Maria Cristina Manca (Presidente S.I.G.Os. Lombardia eD i re t t o re Sanitario Azienda Ospedaliera della Valtellina) un interessante contributodal titolo “Dove va il Geriatra?”, da cui traspare tutta la competenzanel settore della dottoressa, per lungo tempo stimata Geriatra ospedaliera.Ecco qui di seguito la sua lettera.DOVE VA IL GERIATRA?Dott.ssa Maria Cristina MancaTutti i giorni si parla di invecchiamento della popolazione e delle conseguentiricadute sull’<strong>org</strong>anizzazione e sulla spesa sanitaria, sulla bioetica, sul tessutosociale.In questi ambiti si colloca l’operato del Geriatra, specialista di riferimento perla cura dell’anziano.Tutti curano gli anziani (chirurghi, internisti, neurologi, medici di medicinagenerale, psichiatri ecc.) e tutti pensano di esserne capaci e di non doverricorrere alla collaborazione di altre figure professionali.Resta, allora, da chiedersi: chi sono gli anziani che necessitano del Geriatra?Cosa fa quest’ultimo di diverso dagli altri? Se sapremo rispondere a queste duedomande, potremo finalmente capire quale è il ruolo di questo specialista.Gli anziani, i vecchi (senza alcuna connotazione negativa) erano consideratigrosso modo gli ultrasessantacinquenni, limite dell’età pensionabile.È noto come, con il prolungamento dell’aspettativa di vita, questo limitetenda a spostarsi in avanti; non credo però che sia così importante l’età anagrafica,penso piuttosto si debbano considerare le caratteristiche del singolopaziente in rapporto alle patologie ed al livello di autonomia.Lo spazio nel quale si colloca il Geriatra è quello della “complessità”, chenasce da un insieme di concause non solo sanitarie, ma anche ambientali,sociali, economiche ecc. che rendono l’individuo maggiormente esposto allafragilità e conseguentemente alla disabilità.Cosa fa, dunque, il Geriatra? Fa quello che qui altri colleghi non fanno, si spogliadella presunzione di poter far tutto da solo e lavora in équipe. Équipe checomprende tutte quelle figure necessarie ad applicare la metodologia dellavalutazione multidimensionale, unica, a mio parere, in grado di garantire l’analisicompleta del bisogno e le possibili soluzioni in proposito.Così, senza nessuna paura di sminuirsi, il Geriatra diventa indispensabile emette a frutto le sue vere competenze, allontanandosi dal continuo confrontocon l’internista e caratterizzandosi come la figura che gestisce l’anziano nellarete dei servizi.In Sanità va ora di moda il termine “RETE”, ma a questa si devono dare deicontenuti.È compito della parte politica proporre e finanziare un sistema a rete, ma ècompito del Geriatra gestirlo con appropriatezza sfruttandone tutte le opportunità.Bisogna uscire dalla logica “ospedalocentrica” e convincersi che l’ospedale,pur costituendo un punto essenziale della rete, non è l’unico.Sarà, così, un Geriatra a tutto campo, che garantirà la continuità tra Geriatriaospedaliera con i suoi percorsi assistenziali specifici (ortogeriatria, oncogeriatria,delirium room unit) e Geriatria territoriale (assistenza domiciliare, RSA,centri diurni, ecc.), innovativo e propositivo, disposto al confronto e all’ascoltodi tutti quelli che si occupano di anziani.


74 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>Prof. Massimo PalleschiCarissima Cristina,tu non hai certamente bisogno dei miei complimenti e quindi in perfetta sinceritàti dico che sono del tutto d’accordo con quello che hai così bene espressonei riguardi del ruolo e degli obiettivi del Geriatra.Prestandosi però l’argomento ad una miriade di possibili diversificazioni esfaccettature, consentimi di aggiungere qualche mia piccola riflessione.Più esattamente vorrei intervenire sul tratto del tuo elaborato dove sottolineiche il Geriatra si spoglia della presunzione di poter fare tutto da solo e lavorain équipe.Il concetto è pienamente condivisibile.Questo ovviamente non significa che il Geriatra in proprio non sa fare nulla,anzi io ritengo che in alcuni settori abbia una competenza superiore (come siverifica per tutte le discipline) a quella degli altri colleghi. Mi riferisco soprattuttoalla capacità di identificare e quindi eventualmente di rimuovere tutti ifattori che incidono sfavorevolmente sull’autonomia delle persone anziane.In fin dei conti la VGM (Valutazione Geriatrica Multidimensionale), dellaquale tu giustamente hai richiamato l’importanza e la specificità geriatrica,serve anche o soprattutto a questo obiettivo.Credo che questa puntualizzazione non sia inutile, se si considera che ancoroggi vi è una quota significativa di colleghi che non conosce e quindi non puòapprezzare le competenze specifiche del Geriatra.In sostanza il fatto che la nostra disciplina attribuisca tanta importanza allavoro di équipe, ad una nostra funzione di raccordo tra i vari specialisti, aduna sapiente gestione del collegamento tra ospedale e territorio, ad unanostra tendenza alla continuità assistenziale, non significa che i Geriatri nonabbiano competenze specifiche più dirette, cioè esercitate anche in manieraautonoma.Perché qualcuno dei nostri Soci non interviene in questo colloquio tra laDottoressa Manca e il sottoscritto?


75IDENTITÀ E MALATTIA DI ALZHEIMER:UNA RIFLESSIONE ANTROPOLOGICAGaspa F.N., Nieddu A.*Assegnista di ricerca in Antropologia, Dipartimento di Teorie e Ricerche dei Sistemi Culturali, Università degli Studi, Sassari* Direttore U.O.C. di Geriatria, Responsabile U.V.A., Policlinico sassarese, SassariRiassunto: La malattia di Alzheimer è stata generalmente analizzata dal punto di vista clinico, trascurando il suoversante socio-antropologico. Tuttavia, la malattia ha un carattere polisemico che richiede diverse competenze.Questo studio evidenzia come lo sguardo clinico, avulso da ogni ancoraggio socio-culturale, andrebbe integratocon quello antropologico che vede la malattia in primo luogo come un’esperienza incarnata di un corpo viventeche si manifesta nel “mondo della vita”. La biomedicina, focalizzando la sua attenzione sull’<strong>org</strong>anismo, trascural’esperienza diretta che noi abbiamo del nostro corpo come fenomenicamente ci si rivela. In questa terribile malattiail corpo non dispone più di quell’intenzionalità che “dischiude un mondo”, di conseguenza non è più in gradodi interagire con esso, di abitarlo con il proprio corpo e quindi di conoscerlo. L’aspetto forse più tragico di questapatologia è la scomparsa della memoria e con essa la perdita di quella immensa ricchezza di esperienze che gliuomini accumulano lungo l’arco della loro esistenza. Con la perdita della memoria si sgretola inesorabilmente l’identitàdella persona poiché viene reciso il legame con il proprio io, con le proprie radici, con i propri affetti, coni propri luoghi; viene a cadere, infatti, la continua possibilità d’incontro e di relazione con gli altri e, quindi, anchel’esperienza e il senso che possiamo dare alla nostra vita; viene cancellata la possibilità di progettare la propriaesistenza, di aprirsi al futuro.Parole chiave: Alzheimer, corpo, incorporazione, identità, memoria.Summary: The Alzheimer’s disease has been generally analyzed from the clinical point of view, neglecting its anthropologi -cal aspect. Its implications demands various competences. This study emphasizes like the clinical would be integrated withanthropological analysis. For the anthropology the disease is an embodiment experience of a body thrown in the “world ofthe life”. The biomedicine, focusing its attention on the <strong>org</strong>anism, neglects the phenomenological experience that we have ofour body. In this terrible disease the body does not interact with the “world of the life”, and therefore to know it. The loss ofthe memory is the most tragic event of this pathology because the patients f<strong>org</strong>et the experience of their life. The identity ofthe person is lost with the memory because is cut the tie with oneself, with own roots, own affections, own places; it comes tofall, in fact, the possibility of relation with the others and, therefore, the sense of life; it comes cancelled the possibility to planown existence, to open themselves to the future.Key words: Alzheimer, body, embodiment, identity, memory.INTRODUZIONEIndirizzo per la corrispondenza:Dott. Francesco Nicola GaspaVia Luna e Sole, 70 – 07100 SassariTel. 3408776180E.mail: fgaspa@uniss.itDal punto di vista clinico la malattia di A l z h e i-m e r, come è noto, è una patologia degenerativa delsistema nervoso centrale la cui eziologia è, atutt’oggi, sconosciuta. Essa rappresenta il 50-60%dei casi di declino mentale ad esordio tardivo collocandosi,pertanto, al primo posto fra le cause didemenza nella popolazione anziana dei paesi occidentaliindustrializzati. Questa malattia ha undecorso contrassegnato inizialmente da un d e f i c i tdi memoria associato al graduale decadimento dia l t re funzioni cognitive quali il linguaggio, l’orientamento,le abilità visuo-spaziali, la capacità diastrazione e p roblem solving, la prassia (1). Le alterazionicomportamentali quali deliri di gelosia, agitazione,allucinazioni, aggressività, depressione rappresentano, oltre che un’importante causa di istituzionalizzazione,un fardello veramente gravosoper i familiari che generalmente assistono questimalati (2). Per questo motivo essa è stata definita inchiave socio-antropologica come una “malattiaf a m i l i a re”. Il malato ha bisogno di una continua,complessa e sempre più stressante assistenza.L’ a v a n z a re della malattia rende la persona colpitadal male completamente indifesa e dipendentedagli altri, mentre la pro g ressiva perdita dellamemoria sgretola con il passare del tempo la suaidentità. Questa patologia comprende una serie divariabili molto complesse d’ordine sanitario, psicologico,socio-antropologico ed economico, ancoranon sufficientemente interpretabili che, pertanto,complicano quegli interventi programmati chepossano essere di una qualche efficacia (3). É questoil motivo per il quale lo sguardo clinico, chea p p a re slegato da qualsiasi ancoraggio socio-culturale,andrebbe integrato da quello antro p o l o g i c oche vede la malattia in primo luogo come un'esperienzaincarnata di un corpo vivente che si manife-


76 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>sta nel mondo della vita. L'esperienza di malattia,anche se ridotta a mera patologia dalla biomedicina,non è un'entità ma un “modello esplicativo”,una rappresentazione (4). La biomedicina, focalizzandola sua attenzione su quel modello rappresentazionaledi k ö r p e r, “accantona l'esperienzad i retta che noi abbiamo del nostro corpo comefenomenicamente ci si rivela, per studiare un <strong>org</strong> a-nismo nelle sue stru t t u re, nelle sue funzioni e neisuoi <strong>org</strong>ani che si possono benissimo pensare comea sé stanti e anche di fatto separare, isolando leregioni dell'<strong>org</strong>anismo fino a legittimare la domandache si chiede se l'oggetto di questa ricerca siaancora il corpo umano e soprattutto il mio corpo.Non si può pensare infatti che, ricomponendo lesingole parti che l'anatomia ha diviso e re s t i t u e n d ola dinamica alle funzioni che la fisiologia ha isolatoio posso ottenere quell'unità corporea che quotidianamentevivo” (5).IL CORPO E L’ESPERIENZA DELLAMALATTIAL’Alzheimer è l’esempio paradigmatico dicome la malattia sia un evento estremamentecomplesso, caratterizzato da molteplici significati,i cui risvolti sociali e culturali difficilmente possonoessere di esclusiva pertinenza del sapere biomedico.La biomedicina, infatti, per le sue esigenzeprettamente metodologiche, sottrae al corpoogni significato intenzionale riducendolo così apuro <strong>org</strong>anismo; per essa il corpo di riferimento èil cadavere sul quale traccia la sua anatomia normalee patologica. In proposito Michel Foucaultscrive: «Dall’alto della morte si possono vedere edanalizzare le dipendenze <strong>org</strong>aniche e le sequenzepatologiche. Invece d’essere quel ch’essa era statacosì a lungo, la notte in cui s’annulla la vita, in cuila malattia stessa si confonde, viene dotata ormaidel grande potere di schiarimento che domina emette in luce insieme lo spazio dell’<strong>org</strong>anismo e iltempo della malattia… Il privilegio della suaintemporalità, che è probabilmente antico come lacoscienza della sua imminenza, si cangia per laprima volta in strumento tecnico che dà presasulla verità della vita e la natura del suo male. Lamorte è la grande analista che mostra le connessionidispiegandole, facendo balzar fuori le meravigliedella genesi nel rigore della decomposizione»(6). Questo orientamento della biomedicinaha trasformato il corpo in körper, cioè “corpooggetto” o “corpo rappresentazione” annullando,quindi, l’esperienza del “corpo che sono”, il vissutodel leib (7). In antropologia, pertanto, si è sentital’esigenza di riconsiderare il corpo in unadimensione unitaria “bio-culturale”; il corpo,infatti, nella sua nudità biologica rivela quantol’uomo sia “l’animale più disperatamente dipendenteda meccanismi di controllo extragenetici edextracorporei, i programmi culturali appunto, perdare ordine al suo comportamento” (8). Essereammalati è uno di quegli eventi che, più di altri,mostra l’inadeguatezza di tutta una serie di antinomieconcettuali, come quelle tra natura e cultura,tra spirito e materia, tra soggettività e oggettività.La malattia, infatti, è in prima istanza un’esperienzavissuta da un “essere-nel mondo” che,sempre nel mondo, incorpora sofferenza e patiscedisagio. Sebbene la malattia colpisca il corpo biologico,tuttavia, si manifesta “nel tempo, in unluogo, nella storia, nel contesto dell’esperienzavissuta e nel mondo sociale” (9). La malattia ècontemporaneamente il più individuale e il piùsociale degli eventi. “Ognuno di noi la sperimentanel proprio corpo e può morirne. Avvertendolacrescere minacciosamente dentro di sé un individuopuò provare un senso di distacco dagli altri eda tutto ciò che costituiva la sua precedente vitasociale. Eppure, tutto in essa è allo stesso temposociale, non solo perché un certo numero di istituzionisi fanno carico delle diverse fasi della suaevoluzione, ma anche perché gli schemi di pensieroche permettono di individuarla, di darle unnome e di curarla, sono eminentemente sociali:pensare alla propria malattia significa fare giàriferimento agli altri” (10). In ambito antropologico,la malattia è principalmente un’esperienzaincarnata di un corpo vivente che si manifesta“nel mondo della vita” e subisce diversiordini e gradi di rappresentazione o oggettivazione.Il concetto di “mondo della vita”, formulato inambito fenomenologico da Edmund Husserl, è ilmondo che “esiste qui per me, è dato immediatamente,immediatamente visto e afferrato, è saputoper via mediata come visibile e afferrabile e, suquesta base, è per via mediata pensato” (11). Il“mondo della vita” non è il mondo naturalistico,ma il mondo che ognuno di noi incorpora comepresupposto dell’esistenza umana, cioè stare almondo abitandolo con il proprio corpo. Tale concettodefinisce le modalità mediante le quali gliesseri umani vivono l’esperienza del corpo nelmondo e ne danno una rappresentazione. Il corpo,al contrario dell’<strong>org</strong>anismo, non è soltanto unqualcosa di naturale, ma anche un prodotto culturale,cioè una costruzione storicamente data chevaria a seconda delle situazioni. Esso è espressionedi intricati processi sociali, culturali e linguisticiche influiscono sia sul carattere biologico sia sulpotenziale simbolico e retorico (12). Il corpo, diversamentedall’<strong>org</strong>anismo, dispone di un’intenzionalitàche incessantemente dischiude un mondoe si colloca nel mondo in modo proprio inquanto caratterizzato da quell’“apertura originaria”chiamata presenza (13).


Gaspa F.N., Nieddu A. - Identità e malattia di Alzheimer: una riflessione antropologica 77DISABITARE IL MONDOIn questa terribile malattia il corpo non disponepiù di quell’intenzionalità che “dischiude unmondo”, di conseguenza non è più in grado dii n t e r a g i re con esso, di abitarlo con il proprio corpoe quindi di conoscerlo. Infatti, come aff e r m aUmberto Galimberti, “solo abitandolo col corpoposso conoscere il mondo e la giusta forma dellesue cose, il mondo e le sue cose, a loro volta, invianoinformazioni sul mio corpo. Sono infatti glioggetti del mondo a indicare al corpo le sue possibilità,è la loro fisionomia ad allontanarlo o adavvicinarlo, è il loro mistero ad attrarlo. Il significatodelle mie mani non è nella loro struttura scheletrica,muscolare, e nervosa, ma è negli oggettiche riesco ad aff e r r a re e in quelli che mi sfuggono,la potenza ambulatoria delle mie gambe non ènella loro posizione anatomica, ma nelle cose chevoglio raggiungere e in quelle da cui voglio fuggire;le possibilità del mio sguardo non mi sono indicatedalle leggi dell’ottica, ma dalla prossimità odalla lontananza delle cose, dalla loro bellezza, odalla loro ripugnanza. Per disporre del pro p r i ocorpo non è sufficiente una perfetta <strong>org</strong> a n i z z a z i o-ne anatomica e fisiologica, ma è necessario unmondo dove il corpo possa muoversi ed esprimersicon senso” (14). Nel malato di A l z h e i m e r, invece,il gesto, che nelle persone normali appare comeuna risposta adeguata a una particolare situazionein cui si intravvede lo scopo e l’intenzione, e quindiun senso, si risolve in un semplice movimentoinsignificante e scoordinato. Il malato non riesce ap e rc e p i re pienamente la realtà che gli sta attorno,a darle un senso secondo la propria esperienzap e rcettiva, inducendolo così a reazioni in cui imeccanismi difensivi, condizionati dall’ansia edall’angoscia, risultano svincolati dal significatodegli stimoli. Per contro l l a re gli stimoli sensoriali,si avvale di meccanismi che lo inducono al disconoscimentodella realtà. La perdita delle capacitàcognitive fa riaff i o r a re pre g ressi schemi mentalisulla base dei quali fa propri determinati comportamenti.L’aspetto forse più tragico della malattia èla scomparsa della memoria e con essa la perd i t adi quella inestimabile ricchezza di esperienzeaccumulate lungo l’arco della vita. Con la perd i t adella memoria si dissolve pro g ressivamente l’identitàdella persona poiché viene spezzato illegame con il proprio io, con le proprie radici, coni propri affetti, con i propri luoghi; viene a mancare,infatti, la continua possibilità d’incontro e direlazione con gli altri e, quindi, anche l’esperienzae il senso che possiamo dare alla nostra vita; vienecancellata la possibilità di pro g e t t a re la pro p r i aesistenza, di aprirsi al futuro. “Il corpo è pro g e t t osul mondo”, ma il corpo del malato di A l z h e i m e rha dimenticato questo progetto. Nell’individuosano la sua unità, in quanto “sé”, viene garantitadal gruppo sociale di appartenenza (15).L’esperienza che la persona fa di sé è mediata dall’ a l t ro in un processo d’interazione continua da cuiorigina il senso e permette la comunicazione intersoggettiva.In tale contesto intersoggettivo e re l a-zionale, basato su un complesso sistema di segni,senso soggettivo e senso oggettivo confluisconoper immettersi in un unico tragitto, il “decorso delnoi comune”. Ognuno di noi, nella sua quotidianità,intesse una trama di rapporti con gli altri,venendo così influenzato dalle loro idee, pensieri ecomportamenti. Noi, di converso, possiamo influiresul loro mondo vitale con la nostra personalità,le nostre esperienze, le nostre azioni che possonop ro v o c a re negli altri delle risposte. La comunicazioneo la comprensione dei gesti avviene attraversola re c i p rocità delle proprie intenzioni e dei gestia l t rui, dei propri gesti e delle intenzioni espre s s edalla condotta altrui. “Tutto avviene come se l’intenzionedell’altro abitasse il mio corpo o come sele mie intenzioni abitassero il suo” (16). A t t r a v e r s ogli atti e lo scambio re c i p roco, ciascuno di noic o s t ruisce un proprio sé, forma la propria personalità,ricerca la propria identità sociale, appare aglialtri, comunica al mondo esterno segni di ciò chevuole esprimere. L’interscambio tra persona eambiente, nella vita quotidiana, si snoda su insiemidi teorie che l’uomo si costruisce sul mondo esu se stesso al fine di agire, di cambiarsi e cambiarele cose. Si tratta di sistemi che trascendono il privato,in quanto si combinano con schemi di giudiziopiù generali, con sistemi collettivi di cre d e n z ee di scopi. La personalità di ciascun individuo siarricchisce costantemente di contenuti che si stru t-turano, s’influenzano e si modificano sulla basedell’osservazione e interpretazione dei re c i p ro c ivissuti. È la “re c i p rocità delle prospettive” che,consentendo l’interscambiabilità dei punti di vista,induce la consapevolezza della propria intersoggettivitàe permette in una “comunità di tempo” dip a r t e c i p a re allo scorre re della vita dell’altro, perc e-pendo l’altro e gli altri, quali individualità uniche.Del resto, anche il termine incontro sta a significarela possibilità dialogica fra un “andare verso”,quindi, verso l’esterno e il “venire contro”, ossia ilv e n i re verso l’interno, dal di fuori, superando quellimite che si pone come “spazio virtuale” nel qualesi fondono le istanze interne ed esterne. Confinecome interfaccia che talora facilita, altre volte complica,talvolta impedisce la comunicazione esprimendo,comunque, una possibilità di re l a z i o n e .Nel malato di A l z h e i m e r, invece, questa rete dirapporti, più o meno lentamente, si logora; il disfacimentodella memoria confina il suo comportamentoin uno spazio-tempo marginale, c’è indiff e-renza per il mondo, c’è il disconoscimento dellepersone, anche le più care. C’è indiff e renza per ilpassato come per il futuro; ma se viene a cadere latensione verso il futuro viene a mancare anche


78 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>quello “slancio vitale”, la radice più pro f o n d adella persona che dona alla vita un senso, cioè una v v e n i re. Se il tempo vissuto è tensione e ro t t averso l’avvenire, è anche tensione verso un senso oun significato che la vita reclama con forza. Perquesti malati non c’è più domani, non c’è più tensioneverso un significato; il mondo che abitavanoè divenuto ormai inospitale. Accanto alla perd i t adella memoria compaiono, già all’inizio dellamalattia, lievi alterazioni del linguaggio che, con ilp a s s a re del tempo, si accentuano fino ad impedireal malato di tro v a re le parole appropriate perc o m u n i c a re agli altri i suoi tormenti, i suoi disagi,le sue paure. Dal punto di vista etimologico,c o m u n i c a re significa “mettere in comune”, istituireun rapporto con qualcosa che non ci appartiene,per cui “essere con” implica l’esistenza di unadistanza, e la volontà di un legame, che sia però ingrado di conservare quella distanza che consentealla comunicazione di non risolversi in una identificazione(17). Nel malato di Alzheimer si interrompequel canale di comunicazione tra l'uomo eil mondo, poiché, come scrive Martin Heidegger,“il linguaggio appare come quel mezzo attraversocui l’essere si annuncia all’uomo e l’uomo corrispondeall’essere” (18). Con l’avanzare della malattiala parola diventa sempre più flebile, semprepiù muta. I familiari, pertanto, devono modificarei loro modi abituali di comunicare per adattarsialle difficoltà e alle nuove esigenze del malato; inquesta nuova situazione la comunicazione nonverbale, costituita dai gesti del corpo, è fondamentaleper conservare ancora un minimo di spaziodialogico. Comunicare con il malato attraverso illinguaggio che egli è in grado di parlare è, forse, lapiù profonda e autentica maniera di riconoscere lasua identità di persona in un modo che ha qualcosadi antico e originario, naturale e innato. Questadrammatica malattia, oltre alla perdita dellamemoria e ai disturbi del linguaggio, pre s e n t aanche alterazioni motorie. Nel corpo c’è qualcosache rende insicuro il suo rapporto con il mondo.Nell’individuo normale, infatti, ogni azione delcorpo che stabilisce un contatto con il mondo, provocauna risposta del mondo sul corpo che influiscesulla spontaneità del movimento stesso nel suop rosieguo. Questa minima esitazione, che chiedeal corpo una rielaborazione del messaggio giuntodal mondo, è l’inizio della coscienza che dunque ègià rintracciabile nell’atto motorio come perturbazionedel suo incedere spontaneo (19). Nel malatodi A l z h e i m e r, di contro, la normale coord i n a z i o n edei movimenti viene a mancare, ogni suo attomotorio non viene agito né avvertito, annullandocosì l’auto-avvertimento in cui ha sede la rispostaal mondo che origina la coscienza. La coscienza èmemoria, poiché ricorda la reazione ottenuta ep repara l’atto motorio successivo finalizzato alrisultato che si vuole ottenere; inoltre, è futuro e,muovendo proprio dal futuro, ridefinisce l’intenzionalitàmotoria che affiora già nel più sempliceatto motorio che è, comunque, sempre orientato.Nel malato, invece, l’esperienza tattile, dove incondizioni normali la mano che tocca sente di tocca re e ricevere impressioni, pro g re s s i v a m e n t eviene a mancare; non c’è più la mano che significaqualcosa e che rimanda e sottintende qualcosa, maabbiamo la mano-cosa, tramutata in un puro esemplice atto meccanico. Non c’è più la perc e z i o-ne soggettiva, interiore. La mano, annullata inogni sua dimensione intersoggettiva e intenzionale,non è più s<strong>org</strong>ente di comunicazione, disignificato e di dialogo. Si dissolve la rielaborazionedel messaggio che giunge dal mondo, quell’esp ressione del corpo che nasce dall’incontro - s c o n-t ro delle cose con i movimenti del corpo e cheriverbera lo spettacolo del mondo. Questi pazientip e rdono il ricordo dell’esperienza del mondo ma,come scrive David Le Breton, “gli uomini non possonoevitare di farla” (20).BIBLIOGRAFIA1. BRACCO L., PICCINI C.: La malattia di Alzheimer. In: Trabucchi M. (acura di): Le demenze. Milano, Utet, 2000; 207.2. BORSON S., RASKIND M.A.: Clinical features and pharmacologic tre a t -ment of behavioral symptoms of Alzheimer disease. Neurology 1997; 48(Suppl6):S 1 7 - 2 4 .3. GALLAGHER-THOMPSON D., POWERS D.V.: Primary Stressors andDepressive Symptoms in Caregivers of Dementia Patients. Aging MentalHealth 1997; 1: 248-255.4. KLEINMANN A.: The illness narrative: suffering, ealing and the humancondition. New York, Basic book, 1988.5. GALIMBERTI U.: Il corpo. Milano, Feltrinelli, 2005; 284-285.6. FOUCAULT M.: La nascita della clinica. Torino, Einaudi, 1998; 157.7. HUSSERL E.: Le meditazioni cartesiane e discorsi parigini. Milano,Bompiani, 1989.8. GEERTZ C.: Interpretazione di culture. Il Mulino, Bologna, 1987; 58.9. GOOD B.: Narrare la malattia. Lo sguardo antropologico sul rapportomedico-paziente. Torino, Edizioni di comunità, 1999; 204.10. AUGÉ M.: Ordine biologico, ordine sociale. La malattia, forma elementa -re dell'avvenimento. In: Augé M., Herzlich C.: Il senso del male, Milano, IlSaggiatore, 1986; 34.11 . H U S S E R L E.: Fenomenologia e Teoria della conoscenza. Milano,Bompiani, 2000; 195.12. CRAPANZANO V.: Riflessioni frammentarie sul corpo, il dolore e lamemoria. In: Pandolfi M. (a cura di): Roma, Meltemi, 1996; 159.13. GALIMBERTI U.: Il corpo. Milano, Feltrinelli, 2005; 117.14. Ivi, 127-136.15. 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79IL PAZIENTE CON ICTUS CEREBRALEDi Meo C., Di Cioccio L.*Responsabile SS, *Direttore, UOC Geriatria, Ospedale “Santa Scolastica” CassinoRiassunto: Ictus cerebrale è stato definito dal OMS come “la comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focalee/o globale delle funzioni cerebrali, della durata superiore alle 24 ore o a esito infausto”. La necessità di proporreuna classificazione eziologica dell’ictus ischemico è emersa nel momento in cui si è osservato come la prognosi,il rischio di ricorrenza e le diverse opportunità di trattamento fossero fortemente influenzati dai differenti sottotipieziologici. Per quanto riguarda la classificazione si possono utilizzare criteri topografici, clinici, anatomopatologicied eziologici. L’incidenza dei vari tipi di ictus sono correlati all’età: gli ictus ischemici (età media ampiamentesuperiore ai 70 anni), le emorragie sub-aracnoidee colpiscono in età più giovanile (età media tra 48 e 50anni); le emorragie intraparenchimali (età tra i 50 e 70 anni). A livello mondiale, l’ictus rappresenta una patologiagrave per la società, sia per l’elevata mortalità sia per altrettanta elevata invalidità. Ogni anno si verificano in Italiacirca 196.000 ictus, di cui l’80% sono nuovi episodi (157.000) ed il 20% sono recidive (39.000), che colpiscono soggettigià precedentemente affetti.Parole chiave: ictus, invecchiamento, fattori di rischio, classificazione.Summary: The traditional definition of stroke, devised by the World Health Organization in the 1970s, is a "neurologicaldeficit of cerebrovascular cause that persists beyond 24 hours or is interrupted by death within 24 hours”. The need to propo -se an etiologic classification is due to the diverse therapeutic interventions capable of influencing different etiologic subtypes.Proposed cathegories include topographic, clinical, histological and etiological subtypes. The incidence of the various types ofictus is correlated with age: ischemic (mean age > 70 years), subarachnoid hemorrhage younger adults (mean age between 48-50 years), intraparenchymal hemorrhage (between 50 and 70 years of age). On a world-wide scale, ictus represents a crucialclinical disease state for society due to an elevated mortality and equal disability rate. Each year in Italy there are 196,000strokes in which 80% are new events (157,000) and 20% are relapses (39,000) in those that already have undergone a stroke.Key words: stroke, aging, risk factors, cathegory.DEFINIZIONEIl termine ictus, secondo l’OMS, indica l’improvvisacomparsa di segni e/o sintomi riferibilia deficit focale e/o globale (coma) delle funzionicerebrali, della durata superiore alle 24 ore o aesito infausto (1).EPIDEMIOLOGIAMolti sono gli studi epidemiologici effettuati intutto il mondo per quantificare una patologia cosìgrave, dal grande impatto sulla società e con unaelevata mortalità ed altrettanta elevata invalidità.La proporzione delle diverse tipologie di ictus,come desumibile da studi metodologicamenteomogenei, varia dal 72% all’86% per gli ictusischemici, tra l’8% ed il 15% per le emorragieintraparenchimali e tra l’1% ed il 5% per le emorragiesubaracnoidee.La percentuale di ictus non classificabili varianegli studi considerati da 0% al 15% (2)L’età è globalmente più elevata per gli ictusischemici (età media ampiamente superiore ai 70Indirizzo per la corrispondenza:Prof. Luigi Di CioccioOspedale “Santa Scolastica”Via San Pasquale – 03043 Cassinoanni), mentre le emorragie sub-aracnoidee colpisconoin età più giovanile (età media tra 48 e 50anni); le emorragie intraparenchimali si situano inuna posizione intermedia (3).Per quanto riguarda il sesso, mentre gli infarticerebrali e le emorragie intraparenchimali sonopiù frequenti nei maschi, l’emorragia sub-aracnoideaprevale nelle donne con un rischio relativosignificativo di 1,6.Le forme trombotiche, riguardanti il circolovenoso, sono relativamente rare (1,8%): la trombosivenosa cerebrale è più frequente nelle donne(80% circa), soprattutto in età giovanile, associandosispesso a gravidanza, puerperio, coagulopatieed uso di contraccettivi orali.Nei paesi industrializzati, fra cui l’Italia, l’ictusè la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolarie le neoplasie, essendo responsabile del10%-12% di tutti i decessi per anno (circa 400.000)e rappresenta la principale causa di invalidità.La prevalenza e l’incidenza dell’ictus cerebralecambiano molto da studio a studio, in relazionead una serie di aspetti non sempre facilmenteidentificabili. In senso generale, la prevalenzaaumenta in relazione all’età raggiungendo valori,in studi internazionali basati su popolazione, tra4,61% e 7,33% abitanti nei soggetti di età superiorea 65 anni (4).La mortalità acuta (a 30 giorni) dopo ictus è


80 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>pari a circa il 20% mentre quella ad 1 anno è parial 30% circa; le emorragie (parenchimali e subaracnoidee)hanno tassi di mortalità precoce piùalta (30% e 40% circa dopo la prima settimana;50% e 45% ad 1 mese).La malattia cere b ro v a s c o l a re ha pro v o c a t onegli USA circa 130.000 morti nel 2003 con unaspesa, tra costi diretti ed indiretti, pari a 30 miliardidi dollari (5).In Italia, i dati nazionali di prevalenza e di incidenzasono quelli dello studio Italian LongitudinalStudy on Aging (ILSA), che riguardano l’etàcompresa tra i 65 e gli 84 anni (6).I dati relativi alla mortalità sono un indice impreciso della realtà degli accidenti cere b ro v a s c o l a-ri, visto che risentono molto del livello assistenziale,dell’affidabilità della certificazione di morte,della struttura della popolazione studiata. In tuttigli studi, comunque, la prevalenza, l’incidenza e lamortalità aumentano al cre s c e re dell’età e soprattuttonelle classi di età più avanzate. Nella popolazioneanziana (65-84 anni) italiana il tasso di pre v a-lenza è pari a 6,5%, lievemente superiore neimaschi (7,4%) rispetto alle femmine (5,9%) (6).L’incidenza di episodi ischemici cerebrali è stre t-tamente correlata con l’età con indice di raddoppioper ogni decade di vita, passando da 0,1-0,3 per1000 abitanti/anno, nei soggetti di età inferiore ai 45anni a 12,0-20,0 per 1000 abitanti/anno nei soggettitra 75 ed 84 anni. Raggiunge il valore massimo neisoggetti con età > 85 anni e pertanto il 75% degliictus colpisce soggetti ultrasessantacinquenni.L’ictus ischemico, che colpisce soggetti con età mediasuperiore a 70 anni e con una leggera pre v a l e n-za per il sesso maschile, rappresenta con l’80% laforma più frequente di patologia cere b ro v a s c o l a re ,m e n t re le emorragie intraparenchimali si attestanotra il 15-20% e quella subaracnoidea al 3% (7).L‘ictus emorragico intraparenchimale colpiscesoggetti meno anziani, sempre con lieve prevalenzaper il sesso maschile. L’emorragia subaracnoideacolpisce più spesso soggetti di sesso femminile,di età media inferiore a 50 anni.Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000ictus, di cui l’80% sono nuovi episodi (157.000) edil 20% sono recidive (39.000), che colpiscono soggettigià precedentemente affetti (8).I dati relativi ai ricoveri per malattie cere b ro v a-scolari acute, effettuati nei Presidi OspedalieriAziendali nel quinquennio 2000-2004, in pro v i n c i adi Frosinone, non si discostano da quelli nazionali.Nei cinque anni presi in esame, nei ProntoSoccorso dei nostri Ospedali sono stati ricoverati12.265 pazienti per patologie cere b ro v a s c o l a r i ,così distinte:– emorragie cerebrali (5,5%);– ischemie cerebrali (32,5%);– M.C.V mal definite (60,5%);– postumi per M.C.V. (1,5%).FATTORI DI RISCHIOGli studi epidemiologici hanno individuatomolteplici fattori che aumentano il rischio di ictus(9-12). Alcuni di questi fattori non possono esseremodificati, principalmente l’età, ma costituisconotuttavia importanti indicatori per definire le classidi rischio.Altri fattori possono essere modificati con misurenon farmacologiche o farmacologiche. Il lororiconoscimento costituisce la base della prevenzionesia primaria sia secondaria dell’ictus.Fattori di rischio modificabili ben documentatisono:– ipertensione arteriosa;– alcune cardiopatie (in particolare, fibrillazioneatriale);– diabete mellito;– iperomocisteinemia;– ipertrofia ventricolare sinistra;– stenosi carotidea;– fumo di sigaretta;– eccessivo consumo di alcool;– ridotta attività fisica.Gli attacchi ischemici transitori costituisconoun fattore di rischio ben documentato per evenienzadi ictus. Sono stati descritti altri fattori cheprobabilmente aumentano il rischio di ictus mache al momento non appaiono completamentedocumentati come fattori di rischio. Fra questi:– dislipidemia;– alcune cardiopatie (forame ovale pervio, aneurismasettale);– placche dell’arco aortico;– uso di contraccettivi orali;– terapia ormonale sostitutiva;– sindrome metabolica ed obesità;– emicrania;– anticorpi antifosfolipidi;– fattori dell’emostasi;– infezioni;– uso di droghe.L’ipercolesterolemia è da considerare il piùimportante fattore di rischio modificabile per lamalattia coronarica, mentre l’associazione conl’ictus resta non del tutto definita. L’età è il maggiorefattore di rischio per l’ictus. È possibile chevenga ereditata una predisposizione ad essere colpitida ictus. Il ruolo dei fattori genetici nelladeterminazione del rischio di ictus non è tuttoradefinito.I fattori di rischio interagiscono in modo fattorialee non semplicemente additivo e il rischio dimorte per ictus aumenta all’aumentare del numerodei fattori, anche quando il rischio attribuibilea ciascuno di essi sia limitato.


Di Meo C., Di Cioccio L. - Il paziente con ictus cerebrale 81STORIA NATURALE DEI PRINCIPALIACCIDENTI CEREBROVASCOLARIIl concetto di “storia naturale” fa riferimentoall’evoluzione spontanea di una forma morbosain assenza di interventi sanitari atti a modificarela prognosi; in tal senso la vera ”storia naturale”della malattia cere b ro v a s c o l a re è diff i c i l m e n t evalutabile soprattutto in quelle Nazioni in cui l’assistenzae la terapia sono particolarmente diffuseed efficienti.Molto spesso sono infatti disponibili dati diprognosi piuttosto che di “storia naturale”.È chiaro comunque che anche i dati di pro g n o s ihanno una notevole rilevanza per la pianificazionesanitaria e per l’elaborazione di “linee guida” inrelazione alla prevenzione primaria e secondaria,al trattamento ed alla riabilitazione dell’ictus.Con lo sviluppo delle Stroke Unit e con il miglioramentogenerale dell’assistenza ai soggetticon patologie acute e gravi come l’ictus, il fatalityrate per ictus è in progressivo calo dagli anni ’70in avanti (13).CLASSIFICAZIONELa necessità di proporre una classificazioneeziologica dell’ictus ischemico è emersa nel momentoin cui si è osservato come la prognosi, ilrischio di ricorrenza e le diverse opportunità ditrattamento fossero fortemente influenzati dai differentisottotipi eziologici. Una precoce identificazionedel sottotipo di ictus è vantaggiosa sia per lagestione clinica del paziente sia per il disegno deiprotocolli. Per quanto riguarda la classificazionesi possono utilizzare criteri topografici, clinici,anatomopatologici ed eziologici.Con questo intento, Madden et al. nel 1995 (14)hanno proposto la classificazione TOAST (Thetrial of ORG 10172 in acute therapy), che prevedecinque categorie principali:– aterosclerosi (malattia dei grossi vasi);– cardioembolismo;– s. lacunare (malattia dei piccoli vasi);– altra eziologia determinata;– eziologia indeterminata.La Tabella 1, prende in considerazione, invece,i quadri clinici in rapporto alla sede.La semplice classificazione su base clinica èriportata nella Tabella 2.ICTUS ISCHEMICO MINORE O TIA(TRANSIENT ISCHEMIC ATTACK)È caratterizzato da una improvvisa comparsadi segni e/o sintomi riferibili a deficit focale ovisivo attribuibile ad un insufficiente apporto disangue di durata inferiore a 24 ore (15).Gli episodi ischemici cerebrali transitori siTab. 1 – Diagnosi sindromica (topografico-patologica)dell’ictus ischemicoSindromi del circolo posteriore (POCS) uno dei seguenti:– paralisi di almeno un nervo cranico omolaterale con deficitmotorio e/o sensitivo controlaterale;– deficit motorio e/o sensitivo bilaterale;– disturbo coniugato dello sguardo (orizzontale e verticale);– disfunzione cerebellare senza deficit di vie lunghe omolaterale;– emianopsia isolata o cecità corticale.Sindrome completa del circolo anteriore (TACS) tutti iseguenti:– emiplegia controlaterale alla lesione;– emianopsia controlaterale alla lesione;– nuovo disturbo di funzione corticale superiore (esempio:afasia o disturbo visuospaziale).Sindrome parziale del circolo anteriore (PACS) uno deiseguenti:– deficit sensitivo/motorio + emianopsia;– deficit sensitivo/motorio + nuova compromissione di unafunzione corticale superiore ;– nuova compromissione di una funzione corticale superiore+ emianopsia;– deficit motorio/sensitivo puro meno esteso di una sindromelacunare (es. monoparesi);– deficit di una nuova funzione corticale superiore isolata.Sindrome lacunare (LACS) uno dei seguenti:– ictus motorio puro;– ictus sensitivo puro;– ictus sensitivo motorio;– emiparesi atassica.manifestano in circa un terzo dei soggetti che inseguito presenteranno un ictus ischemico definitivoe rappresentano perciò un importante fattoredi individuazione dei soggetti a rischio di malattiacerebrovascolare.Il rischio di ictus in soggetti con TIA o minorstroke è di oltre 10 volte più alto rispetto alla popolazionegenerale di pari età e sesso nel primoanno seguente all’episodio iniziale.È inoltre presente un aumentato rischio pereventi vascolari importanti anche in altri distretti(cuore, arti inferiori, etc.), trattandosi per lo più disoggetti affetti da vasculopatie pluridistrettuali oportatori di multipli fattori di rischio per aterosclerosi.Il rischio assoluto di ictus nei soggetti con TIAo minor stroke varia da 7% a 12% il primo anno eda 4% a 7% per anno nei primi 5 anni dopo l’eventoiniziale.Tab. 2 – Classificazione su base clinica– Ictus ischemico minore o TIA.– Ictus ischemico maggiore.– Ictus emorragico o emorragia intraparenchimale.– Emorragia subaracnoidea (ESA).


82 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>La sintomatologia delle malattie neurologichenon è semplice ed è legata alla sede della lesione.I sintomi neurologici del TIA sono in relazionealla sede del territorio interessato dalla lesioneischemica: amaurosi fugace monoculare (TIAcarotidei), emiparesi (a. cerebrale anteriore), afasia,acalculia e stato confusionale (a. cerebrale media),riduzione del visus, disturbi della visione,disturbi motori e sensitivi in varie combinazioni(TIA vertebro-basilari).La diagnosi di TIA prevede il verificarsi improvvisodi segni e sintomi focali con caratteristichedi reversibilità, ma di non definita quantificazionetemporale per la risoluzione.Infatti, fino al 2002, si è sempre dato alla temporaneitàun limite arbitrario di 24 ore, limiteentro il quale osservare la scomparsa della sintomatologianeurologica ed elemento fondamentaleper la diagnosi differenziale con l’ictus ischemicomaggiore (16).Secondo i dati recenti della letteratura scientifica,per TIA bisogna intendere la comparsa impro v-visa di segni e sintomi neurologici focali, caratterizzatadalla risoluzione degli stessi in un arc otemporale che varia da 1 ad oltre 24 ore, indipendentementedal fatto che la TAC cerebrale di controllo evidenzi o meno una lesione.La diagnosi di Transient Ischemic Attack è quindisostanzialmente clinica e la presenza all’esameTAC di una lesione neuroradiologica ischemica congrua non modifica l’inquadramento diagnostico.ICTUS ISCHEMICO MAGGIORESecondo il Ministero della Salute “l’ictus ischemicoè una sindrome caratterizzata dall‘impro v-viso e rapido sviluppo di sintomi e segni riferibili adeficit focale delle funzioni cerebrali, senza altracausa apparente, se non quella vascolare; la perd i-ta della funzionalità cerebrale può essere globale(paziente in coma profondo). I sintomi durano piùdi 24 ore o determinano il decesso” (1).Il deficit neurologico può essere o meno associatoad evidenza neuroradiologica di lesioneischemica.L’ictus ischemico con infarcimento emorragico,o infarto rosso, è invece un ictus con evidenzaneuroradiologica di lesione ischemica che presentauna emorragia nel proprio ambito.L’infarto lacunare è dovuto a sofferenza arterioscleroticadei piccoli vasi arteriosi cerebrali(arterie perforanti) su base ipertensiva.L’ictus ischemico globalmente considerato hauna mortalità a 30 giorni oscillante, nei vari studi,tra 10% e 15% circa; se si eliminano quelli lacunarila prognosi a breve termine è leggermente peggiore,dato che questi ultimi hanno una frequenzadi decessi trascurabile (16).Nell’ambito dei vari tipi di infarto, quelli aprognosi acuta peggiore sia in termini di mortalitàche di entità di esiti sono quelli globali del circoloanteriore, mentre meno grave è la prognosi diquelli parziali del circolo anteriore e di quelli delcircolo posteriore.Per ciò che riguarda la prognosi a lungo termine,la mortalità ad 1 anno dei pazienti con ictusischemico è pari a circa il 30% mentre la fre q u e n z adi recidiva è tra il 10% e il 15% nel primo anno e trail 4% e il 9% nei primi 5 anni dopo l’evento iniziale.La sintomatologia è legata al territorio in cui èavvenuta la lesione, cui corrispondono segni esintomi specifici, come riportato nelle Tabelle 3-7.ICTUS EMORRAGICO O EMORRAGIAINTRAPARENCHIMALEÈ un evento caratterizzato da un deficit neurologico,ad esordio acuto, con evidenza neuroradiologicaesclusivamente emorragica. L’emorragiacerebrale parenchimale comporta una mortalitàacuta (50% circa ad 1 mese) nettamente piùalta rispetto alle forme ischemiche globalmenteconsiderate, simile, peraltro, a quella che è presentenegli infarti totali del circolo anteriore (39% a 30giorni). La mortalità acuta è pertanto molto piùprecoce nelle forme emorragiche. Nella prima settimana,infatti, circa il 40% dei soggetti con emorragiacerebrale decede contro il 17% dei soggetticon infarti totali anteriori (17).Superata la fase acuta, la mortalità a lungo terminenon differisce molto rispetto all’infarto cerebrale(34% ad 1 anno).La presentazione classica dell’emorragia cerebralesi evidenzia con un deficit neurologico focale,che pro g redisce in minuti ed ore e si accompagna acefalea, agitazione, nausea, vomito, elevazione dellapressione arteriosa e crisi epilettiche.Tab. 3 – Arteria cerebrale mediaStrutture interessate– Lobo parietale – area motoria.– Lobo temporale – area linguaggio (nei destrimani a sx)radiazioni ottiche.– Lobo frontale – controllo della deambulazione e del comportamento.Segni e sintomi– Paralisi ed ipoestesia controlaterale della faccia, dell’artosup. ed inf.– Afasia motoria (di Broca).– Afasia sensoriale (di Wernicke). Localizzazione inaccuratain un emicampo, ridotta capacità a valutare le distanze,emianopsia o quadrantopsia omonima, paralisi dellosguardo controlaterale, atassia degli arti controlaterali,aprassia della marcia, agitazione.– Emiplegia motoria pura.– Respiro di Cheyne-Stokes, iperidrosi controlaterale, taloramidriasi controlaterale.


Di Meo C., Di Cioccio L. - Il paziente con ictus cerebrale 83Tab. 4 – Arteria cerebrale anterioreStrutture interessate– Lobo parietale-porzione anteriore.– Corteccia premotoria.– Lobo frontale.– Corpo calloso.Segni e sintomi– Paralisi ed ipo-anestesia del piede e dell’arto inf. controlaterale.– Incontinenza urinaria.– Abulia (mutismo acinetico), rallentamento, inerzia, vocebisbigliante, aprassia della marcia e/o dell’arto inferiore .– Paraplegia cerebrale (occlusione bilaterale dell’arteria cerebraleanteriore).Tab. 6 – Sindrome bulbare mediale: arteria vertebrale odel tratto inf. della basilareStrutture interessate– Nucleo del XII n.c. o fibre che ne emergono.– Fascio piramidale.– Lemnisco mediale.Segni e sintomi– Omolateralmente alla lesione: paralisi con atrofia dellametà della lingua.– Controlateralmente: paralisi degli arti con risparmio dellafaccia.– Deficit della sensibilità tattile e propriocettiva di un emisoma.Tab. 5 – Arteria cerebrale posterioreStrutture interessate– Corteccia calcarina.– Lobo occipitale.– Lobo temporale (porzioni infero-mediali).– Nuclei talamici.– Ponte (parte superiore, media ed inferiore).– Tetto del mesencefalo.Segni e sintomi– Emianopsia omonima, emianopsia omonima bilaterale ocecità corticale.– Dislessia senza agrafia.– Anosmia per i colori.– Deficit della memoria, disorientamento topografico.– Allucinazioni visive.– Sindrome talamica: anestesie per tutte le modalità, dolorespontaneo, disestesie,coreoatetosi.– Paralisi del III n.c. ed emiplegia controlaterale (S. di Weber).– Paralisi o paresi dei movimenti oculari verticali, disturbidella motilità oculare coniugata, risposte pupillari torpidealla luce, lieve miosi e ptosi.– Tremore atassico o posturale controlaterale.– Allucinazioni peduncolari (strutturate, colorate).– Attacchi di decerebrazione.La riduzione dello stato di coscienza più omeno grave va messa in relazione alle dimensionie localizzazione dell’ematoma.Circa il 51-63% dei pazienti ha una lieve progressionedel deficit, il 34%-38% ha un massimodi sintomi all’esordio e solo il 15-20% mostra sintomiprogressivi.La progressione clinica è legata alla persistenzadel sanguinamento con allargamento dell’ematoma.All’esordio circa il 50% dei pazienti hadisturbi della vigilanza ed il 30% è in coma.Le cause più frequentemente responsabili diuna emorragia intracranica, comprese le intracerebrali,le subaracnoidee, le ventricolari e le sottoduralisono segnalate nella Tabella 8.Il tipo più comune di emorragia intracerebrale èdovuto alla rottura di una arteria perforante checausa, con la fuoriuscita di sangue, un immediatodanno del parenchima cerebrale circostante. Leemorragie che originano da putamen, globo pallido,talamo capsula interna, sostanza bianca perive n t r i c o l a re, ponte e cervelletto sono tipiche dipazienti ipertesi ed attribuite a patologia dei piccolivasi. Le emorragie lobari dei pazienti anzianisono spesso dovute ad angiopatia amiloide, re s p o n-sabile del 15%-20% di emorragie dell’anziano. Sistima che la presenza di angiopatia cerebrale amiloideasia approssimativamente del 5%-8% nelleemorragie dei pazienti di più di 70 anni di età e del55%-60% in quelle dei pazienti ultranovantenni.Il quadro clinico varia in relazione alla entitàdella emorragia e alla sede interessata dell’ictus:– Striato (putamen, il più frequente) 34%– Lobare (più frequente la zona temporoparieto-occipitale)24%– Talamica 20%– Cerebellare 7%– Pontina 6%– Caudato 5%– Putamino-talamica 4%Tab. 7 – Sindrome bulbare laterale: a. vertebrale,a. cerebellare post-inferiore, a. bulbareStrutture interessate– Tratto discendente e nucleo del V n.c.– Emisfero cerebellare e tratto spino-cerebellare.– Nuclei vestibolari.– Tratto discendente del simpatico.– Nucleo del IX e X n.c. e fibre che ne emergono.– Nucleo e tratto solitario.– Nucleo gracile e cuneato.– Fascio spino-talamico.Segni e sintomi– Omolateralmente alla lesione: dolore ed intorpidimentoemifaccia, tronco ed arti, atassia e tendenza a cadere dallato della lesione, vertigine, nausea, vomito. Sindrome diHorner (miosi, ptosi, anidrosi), disfagia, disfonia, singhiozzo,perdita del gusto (rara).– Controlateralmente alla lesione: ipoestesia emisoma.


84 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>Tab. 8 – Cause di emorragia intracranica– Emorragia intracerebrale primaria (ipertensiva).– Rottura di aneurisma sacciforme.– Rottura di malformazione arterovenosa.– Angiopatia amiloide.– Infarto emorragico.– Trauma, compresa l’apoplessia post-traumatica tardiva.– Disturbi emorragici: terapia anticoagulante con warfarin,leucemia, anemia aplastica, porpora trombocitopenica,epatopatie, complicanze della terapia anti-trombotica,iperfibrinolisi, iperfibrinogenemia, emofilia, malattia diChristmans ecc.– Emorragia nell’ambito di un tumore primitivo o secondario.– Embolia settica, aneurisma micotico.– Forme miste rare: da farmaci vasopressori, da sforzo, incorso di arteriografia, meningite da Pseudomonas. Nell’avvelenamentoda morso di serpente è possibile osservarela presenza di sangue nel liquor.– Causa indeterminata (pressione arteriosa normale; assenzadi malformazioni arterovenose, aneurismi o coagulopatie).Tab. 9 – Sintomatologia delle emorragiecapsulo-putaminali– Cefalea.– Vomito.– Emiplegia evolvente in 5-30 minuti.– Deviazione degli occhi verso il lato della lesione.– Stato confusionale fino a stupor e coma.– Miosi, segno di compromissione del troncoencefalo.Tab. 10 – Sintomatologia delle emorragie lobari– Occipitale Dolore ipsilaterale all’occhio edemianopsia omonima.– Temporale Dolore in sede auricolare, emianopsiaominima parziale ed afasiafluente.– Frontale Emiplegia controlaterale e cefaleafrontale.– Parietale Cefalea temporale anteriore ed emisindromesensitiva controlaterale.Tab. 11 – Sintomatologia della emorragia talamica– Emisindrome sensitiva, talora associata ad emiparesi.– Afasia se l’emorragia interessa l’emisfero dominante.– Deviazione degli occhi verso il basso (frequente).– Miosi, scarsa reattività o areattività pupillare(frequente).Tab. 12 – Sintomatologia della emorragia pontina– Coma.– Paralisi completa.– Rigidità da decerebrazione.– Pupille miotiche ma reattive.La sintomatologia clinica e i segni e sintomin e u rologici dell’emorragia intrapare n c h i m a l esono schematizzati nelle Tabelle 9-12.La sopravvivenza è possibile solo per emorragiedi lieve entità.La letteratura pertinente individua come fattoriprognostici negativi l’età, lo stato di coscienza, lap ressione arteriosa, il diabete, l’estensione intrave n t r i c o l a re dell’emorragia > 20 ml, il volume dell’ematoma>50 ml e la formazione di idro c e f a l o .EMORRAGIA SUBARACNOIDEA (E.S.A.)È un evento acuto caratterizzato da uno spandimentoemorragico nello spazio subaracnoideoed è la quarta malattia cerebrovascolare in ordinedi frequenza (17).L’emorragia subaracnoidea, pur rappresentandosolo il 3% di tutti gli ictus, è responsabile del5% degli esiti fatali.La mortalità acuta ad un mese è simile a quelladell’emorragia intraparenchimale, attestandosia circa il 34%. Anche per le emorragie subaracnoidee,il tasso di fatalità acuta riguarda soprattuttola prima settimana, periodo in cui si verifica circail 75% dei decessi del primo mese.L’ E S A spontanea e non traumatica è causata,nell’80-90% dei casi, dalla rottura di un aneurisma,generalmente nel punto di biforcazione di un’arterianel circolo di Willis o dei rami delle arterie carotidiinterne, non necessariamente correlata allap resenza o al grado di ipertensione arteriosa. Nel10% dei casi l’ESA è idiopatica, non aneurismaticae a localizzazione perimesencefalica e nel re s t a n t e5% è legata a cause meno frequenti, come dissezionearteriosa, malformazioni artero-venose (MAV )e fistole artero-venose durali.La cefalea nell’ESA può essere a “scoppio”, conacme in pochi secondi, intensa e diffusa, diversa daaltri tipi di dolore sperimentati in pre c e d e n z a .È presente nell’85-100% dei casi ed in circa 1/3dei pazienti può essere l’unico sintomo.Il dolore tende, in pochi minuti o ore, a concentrarsia livello occipitale, nucale e rachideo manmano che il sangue si spande verso gli spazi subaracnoideipiù bassi.Di solito dura 1-2 settimane o poche ore, incaso di piccole emorragie.Quando la causa dell’ESA è un aneurisma vipossono essere degli improvvisi episodi di cefalea(cefalea sentinella), espressione, probabilmente difissurazioni dell’aneurisma (Warning leak).Il vomito accompagna l’inizio della cefalea ecostituisce un elemento di diagnostica differenzialecon l’emicrania, ove il vomito è successivo.La rigidità nucale non è considerata un segnoprecoce, in quanto può comparire a 3-12 ore dall’esordiodell’ESA, indipendentemente dalla gravità,e la sua assenza non esclude la diagnosi.


Di Meo C., Di Cioccio L. - Il paziente con ictus cerebrale 85La fotofobia, associata a facile irritabilità, èspesso presente per alcuni giorni.La perdita di coscienza può verificarsi nel 60%dei casi all’esordio e può essere legata alla quantitàdi sangue, piuttosto cospicua, presente nellospazio subaracnoideo o a complicanze come ladislocazione dell’encefalo per un ematoma o a unidrocefalo acuto.Le crisi epilettiche possono essere presenti incirca il 10% dei casi all’esordio o successivamente,quasi sempre in prima giornata, per irritazione odanno della corteccia cerebrale; in 1/3 dei casi lacrisi convulsiva può manifestarsi a sei mesi dall’esordio.I segni focali generalmente non sono presentinella fase acuta dell’ESA, ma, qualora si verifichino,va sempre valutata la presenza di un dannostrutturale del parenchima cerebrale, come unaMAV, un aneurisma che comprima un nervo cranicoo sanguini nell’encefalo.Le manifestazioni sistemiche come febbre, leucocitosi,ipertensione arteriosa, albuminuria, glicosuriae modificazioni dell’ECG, possono esserepresenti in fase acuta.In particolare la febbre, nei primi 2-3 giorninon supera i 38-38,5°C, fino a raggiungere e superarei 39°C successivamente.L’ESA è forse l’unico tipo di ictus che può causaremorte improvvisa in pochi minuti, in circa il15% dei casi, e si ritiene sia causata da un rapidoaumento della pressione endocranica o da aritmiacardiaca o da edema polmonare acuto.


86 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>BIBLIOGRAFIA1. WORLD HEALTH ORGANIZATION: The World Health Report. Geneva,Switzerland: WHO 1999.2. SUDLOW C.L., WARLOW C.P.: Comparable studies of the incidente ofstroke and its pathological types: results from an international collaboration.Stroke 1997; 28: 491-499.3. FEIGIN V.L., LAWES C.M., BENNETT D.A., et al.: Stroke epidemiology:a review of population-based studies of incidence, prevalence, and case- fatalityin the late 20th century. Lancet Neurol. 2003; 2: 43-53.4. HACHINSKI V.: Stroke: The Next 30 Years. Stroke 2002; 33: 1-4.5. ROSAMOND W., FLEGAL K., FRIDAY G., et al.: Heart Disease and Stro k eStatistics – 2007 Updata. A Report From the American Heart AssociationStatistics Committee and Stroke Statistics Subcommittee Circulation 2006.6. THE ITALIAN LONGITUDINALY STUDY ON AGING WORKINGGROUP: Prevalence of chronic diseases in other Italians comparing self-repor -terand clinical diagnoses. Int. J. Epidemiol. 1997; 26: 995-1002.7. DI CARLO A., BALDERESCHI M., GANDOLFO C., et al.: Stroke in anElderly Population. Incidence and impact con Survival and Daily Function.The Italian Longitudinal study on Aging. Cere b rovasc. Dis. 2003; 16: 141-150.8. ISTAT: dati reperibili sul sito web dell’ISTAT = http:/ionio.cineca.it/ DiCarlo A., Inzitari D., Galati F., et al.: A prospective community-based study ofstroke in southern Italy: the Vibo Valentia incidence of stroke study (VISS).Methodology, incidence and case fatality at 28 days, 3 and 12 months.Cerebrovasc. Dis. 2003; 16: 410-417.9. ROTHWELL P.M., COULL A.J., GILES M.F., et al.: Oxford VascularStudy. Change in stroke incidence, mortality, case-fatality, severity, and riskfactors in Oxfordshire, UK from 1981 to 2004 (oxford Vascular study). Lancet2004; 363: 1925-1933.10. PESSIN M.S., ADAMS H.P. JR, ADAMS R.J., et al.: American HeartAssociation Prevention Conference. IV. Prevention and Rehabilitation ofStroke. Acute interventions. Stroke 1997; 28: 1518-1521.11. O’DONNELL H.C., ROSAD J., KNUDSEN K.A., et al.: ApolipoproteinE genotype and the risk of recurrent lobar intracerebral hemorrhage. N. Engl.J. Med. 2000; 342: 240-245.12. ARBOIX A., MASSONS J., GARCIA-EROLES L., et al.: Diabetes is anindependent risk factor for in-hospital mortality from acute spontaneous intra -cerebral hemorrhage. Diabetes Care 2000; 23: 1527-1532.13. KASTE M., SKYOI OLSEN T., ORGOGOZO J., BOGOUSSLAVSKY J.,HACKE W.: For the EUSI Executive Committee. Organization of Stroke Care:Education, Stroke Units and Rehabilitation. http://www.eusi-troke.com/ Re -commendations/rc_overwieuw.shtml14. MADDEN K.P., KARANJIA P.N., ADAMS H.P. Jr, CLARKE W.R.:Accuracy of initial stroke subtype diagnosis in the TOAST study. Trial ofORG 10172 in Acute Stroke Treatment. Neurology. 1995; 45: 1975-1979.15. ALBERRS G.W., CAPLAN L.R., EASTON J.D., et al.: TIA WorkingGroup. Transient ischemic attack-proposal for a new definition. N. Engl. J.Med. 2002; 347: 1713-1716.16. WARLOW C., SUDLOW C., DENNIS M., et al.: Stroke. Lancet 2003;362: 1211-1224.17. INGALL T., ASPLUND K., MAHONEN M., et al.: Multinational com -parison of subarachnoid hemorrhage epidemiogy in the WHO MONICA strokestudy. Stroke 2000; 31: 1054-1061.


87APPROCCIO CAPACITANTE ATTRAVERSO LACONVERSAZIONE CON L’ANZIANO AFFETTO DADECADIMENTO COGNITIVO IN RSAPeroli P., Vigorelli P.*I Geriatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona* Gruppo Anchise, MilanoRiassunto: La Capacitazione è una tecnica d’intervento che cerca di creare le condizioni per cui la persona anzianacon deficit cognitivi possa svolgere le attività di cui è ancora capace, così come è capace, senza sentirsi in errore.La Capacitazione si basa sul riconoscimento delle Competenze Elementari del paziente e utilizza come strumentil’ascolto e l’uso consapevole della parola. L’impiego di alcune Tecniche Conversazionali favorisce l’espressionee il mantenimento delle Competenze Elementari. In base all’analisi dei testi ottenuti dalla sbobinatura dellaregistrazione di quindici colloqui abbiamo individuato nei turni verbali degli anziani fragili i segni dell’emergeredelle Competenze Elementari. Studiando poi le parole del conversante nei turni verbali che precedono immediatamentequelli dell’anziano fragile abbiamo individuato le Tecniche Conversazionali adottate.Parole chiave: capacitazione, competenze elementari, tecniche conversazionali.Summary: The Capacitation is a technique that through the creation of proper conditions enables elderly people with cogni -tive deficits to perform activities of which they are still capable without feeling inadequate. The Capacitation requires a pro -per assessment of the patient’s elementary capabilities and is used through listening skills and a conscious use of speech.Conversation techniques are employed to promote and maintain elementary capabilities in the patient. Analyzing the 15 inter -views with fragile elderly people we detected signs of emerging elementary capabilities in the patients. Studying the wordsused by the interviewer during the sessions we have identified the conversation techniques adopted.Key words: capacitation, elementary capabilities, conversation techniques.BACKGROUNDNella casa di riposo si concentrano gli utentiche, per ragioni anagrafiche, sociali, di salute efunzionali, esprimono la fragilità al massimolivello. Infatti, le condizioni che rappresentano unpotenziale rischio di ricovero in casa di ripososono l’età elevata, la solitudine (o la scarsità disupporti sociali e familiari), la presenza di un’elevatacomorbidità, la disabilità fisica o mentale(demenza) (1). D’altra parte è anche vero che proprioin questa specifica situazione trovano significatoed efficacia massima gli interventi per la prevenzionedel passaggio dalla fragilità alla disabilità.La mancata stimolazione delle competenzeresidue o la frustrazione nel caso di competenze aelevato valore simbolico per l’individuo – si pensiall’uomo abituato alla relazione di gruppo o alladonna abituata alla gestione autonoma dei proprispazi domestici – comportano una rapida perditaIndirizzo per la corrispondenza:Dott.ssa Paola PeroliI Geriatria, Azienda Ospedaliera Universitaria IntegrataPiazzale Stefani, 1 – 37126 VeronaTel. 0458122569-8122659E.mail: paola.peroliazosp@vr.itdelle stesse e, con un meccanismo a cascata, lariduzione del livello di autonomia della persona(2,3). Quindi si può affermare che in questo ambientela fragilità trova una precipua espressioneche rende indispensabili e ineludibili quegli interventimedici, ambientali, di supporto psicologicoed educativo in grado di rallentarne o ritardarnela comparsa o l’aggravamento (4,5).Gli obiettivi perseguiti dai professionisti rigu a rdano il potenziamento delle abilità re s i d u e ,onde rallentare il processo involutivo associato alles i n d romi dementigene, nonché la stimolazione dimeccanismi alternativi per compensare la perd i t adi alcune abilità (6). Gli ambiti di intervento presuppongonouna visione olistica e multidimensionaledel soggetto, infatti, ci si rivolge alle capacitàn e u romotorie, cognitive, comunicative, affettive esociali. Le strategie di intervento compre n d o n otrattamenti farmacologici e trattamenti non farmacologici:tra di essi riconosciamo trattamenti fisiochinesiterapici,interventi logopedici, trainingcognitivi ed aff e t t i v o - relazionali eseguiti da specialistie interventi informali attuati dalle varie figurep rofessionali addestrate in tal senso (7).Chi assiste una persona affetta da demenzasperimenta talvolta la sensazione di non potercostruire significato con l’altro poiché percepisceuna barriera di ascolto, di comprensione e di tra-


88 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>duzione dei linguaggi. Di conseguenza, la difficoltàdi comprendere l’effetto delle azioni assistenziali,in termini di maggiore o minore felicitàprodotta, è motivo di frustrazione e demotivazionerispetto al proprio lavoro e di riflesso del propriovalore personale (8).Il problema della comunicazione con il pazientedemente va affrontato considerando due importantifattori ostacolanti: il decadimento dellefunzioni cognitive e l’inesorabile pro g re s s i o n edella malattia. Le funzioni cognitive sono necessarieper comunicare; è possibile quindi comunicarecon il paziente demente? È possibile che questicomunichi con noi? Il danno neuropatologico dellademenza di Alzheimer comporta oltre ai notideficit di memoria anche disturbi del linguaggioche vanno dalle semplici anomie delle fasi inizialiall’afasia fluente della fase intermedia, fatta dilunghe frasi senza senso, intercalate da alcuneparole congrue, ma soprattutto da parole chiave(dette passe-partout) usate per sostituire i sostantividimenticati o le intenzioni spuntate. In unafase successiva subentra il “mutacismo demenziale“,una sorta di quasi totale afasia, di mutismoacinetico, intervallato in modo imprevedibile daqualche parola, magari perfettamente confezionata(9,10). Il Conversazionalismo di Giampaolo Laidistingue due funzioni del linguaggio, quellacomunicativa (scambio di significato) e quellaconversazionale (scambio di parole). Nei pazientiAlzheimer tali funzioni sono distinte e quellacomunicativa decade precocemente mentre quellaconversazionale persiste più a lungo. In particolare,quando le parole del paziente sembrano perdereil loro significato, il paziente è ancora in gradodi conversare secondo le abituali regole di cortesiaconversazionale, prima tra tutte quella di dare eprendere la parola a tempo debito, rispettandol’alternanza dei turni verbali. La perdita dellacompetenza comunicativa porta a frustrazione,rabbia, depressione fino all’isolamento del pazientecon deterioramento aggiuntivo che non è inmisura corrispondente al danno neuropatologico,ma va oltre: è un deterioramento funzionale ed èin parte reversibile. Quindi i disturbi del linguaggiodella persona con demenza tendono a far perderel’uso della parola quando questa sarebbeancora possibile (11). Pertanto si può ipotizzareche interventi indirizzati all’ambiente (i curanti)possano essere utili per tener vivo l’uso dellaparola nel paziente demente (12). A questo puntoviene da chiedersi: come si può tener vivo l’usodella parola nel paziente demente quando questitende ad isolarsi e a evitare gli scambi verbali? IlConversazionalismo ha cercato di rispondereidentificando alcune tecniche che i curanti possonoutilizzare quando interagiscono con i pazienti:usare frasi dichiarative (non fare domande), seguireil discorso del malato, accompagnarlo nelsuo mondo possibile, restituire il tema del suodiscorso, fare eco alle sue parole, focalizzare l’attenzionesul tema più importante, ampliare ildiscorso restando vicini al tema principale, mettersinei panni del malato, parlare di sé, fare la sintesidel suo discorso (13).L’approccio conversazionale è importante maha bisogno di essere inserito in un approccio piùampio che tenga conto di tutte le attività della vitaquotidiana e che sia applicabile da tutti i curantiin tutti i contesti assistenziali. Vigorelli P. hamesso a punto l’approccio Capacitante che tieneconto non solo delle parole ma anche dei gesti edei comportamenti sia dei malati che dei curanti.Tale approccio deve essere alla base di ogni attivitàassistenziale rivolta agli anziani ma trova unaapplicazione specifica nella cura delle personecon demenza. L’obiettivo è sempre lo stesso: crearele condizioni per cui il malato con deficit cognitivipossa essere felice. In questa ottica l’approccioconversazionale risulta un esempio, un aspettodell’approccio Capacitante (14).La Capacitazione è una tecnica d’interventoche cerca di creare le condizioni per cui l’anzianofragile possa svolgere le attività di cui è ancoracapace, così come è capace, senza sentirsi in errore.L’obiettivo della Capacitazione è che la personapossa essere felice, per quanto possibile, di farequello che fa, così come lo fa, nel contesto in cui sitrova, prescindendo dalla correttezza dell’azioneda svolgere. Gli interventi capacitanti sono leazioni che il curante mette in atto a questo scopo.Dalla definizione risulta chiaro che il fine ultimonon riguarda la correttezza dell’azione svolta mariguarda l’anziano stesso e la sua felicità. Questocambiamento di obiettivo è il fondamento dellaCapacitazione e ne rappresenta la sostanzialenovità rispetto alle tecniche d’intervento e di curache si prefiggono invece il raggiungimento dirisultati fattuali come per esempio il camminareper un certo numero di metri o il partecipare aun’attività di animazione. Gli interventi Capacitantisi basano sul riconoscimento delle competenzeelementari della persona anziana che sono:la competenza a parlare, la competenza a comunicare,la competenza emotiva, la competenza acontrattare, la competenza a decidere.Le Competenze Elementari sono necessarie perl’acquisizione, il mantenimento e l’impiego di competenzedi grado superiore (Competenze di Base eCompetenze Complesse. Le prime sono quellenecessarie per lo svolgimento delle attività dellavita quotidiana come sono indicate nella scala diBarthel, le seconde sono quelle necessarie allo svolgimentodelle attività sociali, professionali e ludiche).Questa caratteristica delle CompetenzeElementari va tenuta ben presente quando ci sioccupa di anziani fragili, malati di demenza in parti c o l a re. Spesso infatti nelle RSA ci si occupa di atti-


Peroli P., Vigorelli P. - Approccio capacitante attraverso la conversazione con l’anziano… 89vità della vita quotidiana o di attività ludiche senzaprima occuparsi delle Competenze Elementari. Intal modo tanti sforzi riabilitativi vengono vanificatie non ottengono alcun risultato.Osservando le persone che si ammalano diAlzheimer o di altre forme di demenza dobbiamochiederci: che cosa è successo riguardo alle CompetenzeElementari? Persistono? Sono state perse?si sono eclissate? Consideriamole in dettaglio,partendo dalla competenza a parlare e a comunicareche era già stata oggetto d’attenzione a propositodell’Approccio Conversazionale (15).LA COMPETENZA A PARLARE EA COMUNICARELa malattia di Alzheimer, come è noto, si manifestacon disturbi di memoria e di linguaggio.Uno dei primi fenomeni che si evidenzia è l’anomia:il paziente vorrebbe dire una parola ma nonci riesce perché non la trova, ce l’ha “sulla puntadella lingua”. Questo fenomeno inizialmente dipendeda un deficit della funzione di recupero,solo successivamente dipende da una riduzionedel magazzino dei nomi. Il paziente ha un’idea daesprimere, ma non trova nel suo cervello le paroleadatte per esprimerla. Il disturbo è ben conosciuto,anche tra le persone sane, soprattutto incondizioni di affaticamento. È più frequente con ilcrescere dell’età. Chi si ammala comincia col nonricordare i nomi propri, poi ha difficoltà a trovareanche i nomi comuni, quelli che usiamo per denominaregli oggetti. Il parlare diventa fonte di frustrazioneperché il paziente si rende conto che nonriesce ad esprimersi con le parole così come vorrebbe.Con l’aggravarsi del disturbo si arriva allasituazione in cui il malato parla ma non vienecapito e quando ascolta non riesce a capire quelloche gli viene detto. Si innesca così un circolo viziosoche parte dal disturbo del linguaggio e attraversole frustrazioni ripetute arriva ad aggravareil disturbo stesso del linguaggio: il paziente perevitare di incorrere in ulteriori situazioni frustrantinon parla più. La sua competenza a parlare sieclissa. È ancora presente ma non viene utilizzata.L’adulto che non riesce a parlare correttamentetende a isolarsi e a deprimersi.LA COMPETENZA EMOTIVANei vecchi trattati di medicina si diceva che lapersona che si ammala di demenza diventa privadi emozioni e di sentimenti. Per descrivere questasituazione ancora oggi qualcuno parla di “appiattimentoemotivo” del malato di demenza. Larealtà è tutt’altra cosa. Chi si ammala di demenzane è consapevole e soffre della sua situazione.D’altra parte, se vede, per esempio, un nipotino,gioca e gioisce con lui. Se aspetta una visita e nonsa quanto tempo deve aspettare va in ansia. Seprende un gelato lo mangia con gusto. Al mattinomagari è di buon umore e quando il tempo cominciaa farsi buio diventa triste.Questi esempi vogliono mostrare che non èv e ro che l’appiattimento emotivo faccia partedella malattia, che sia una conseguenza del dannocerebrale.Come mai si è arrivati a sottovalutare la competenzaemotiva delle persone con demenza? Unaspiegazione deriva dal fatto che le persone chevivono accanto a un malato tendono a vedere inlui solo un malato, una persona cioè che ha persodelle capacità, che ha una vita impoverita. Neconsegue che le sue reazioni emotive non sianoprese in seria considerazione, siano spesso considerateinadeguate o vengano addirittura ignorate.L’attenzione costante ai deficit, a quello che manca,provoca un impoverimento del rapporto personalee un mancato riconoscimento di tantiaspetti della personalità del malato che contribuiscono,col passar del tempo, a impoverirla ulteriormente.La competenza emotiva della personamalata di demenza c’è ma è eclissata.LA COMPETENZA A CONTRATTARE E ADECIDEREQuando una persona viene colpita dalla malattiadi Alzheimer e comincia ad avere probleminella gestione della vita quotidiana la normalereazione dell’ambiente che la circonda, l’ambientefamiliare, consiste nel proteggerla e nel sostituirsia lei per quello che non è in grado di fare.Purtroppo succede spesso che questa reazionediventi invasiva e eccessiva. Rapidamente la personamalata viene esautorata. La sua capacità discegliere, già ridotta dalla malattia, viene ulteriormenteridotta a causa dell’atteggiamento iperprotettivoe svalutante dell’ambiente.Quando questo fenomeno si verifica, la personamalata non viene più interpellata per decideree scegliere circa le cose che la riguardano. Anchese viene interpellata il suo parere non viene presoin grande considerazione, la sua capacità contrattualesi riduce e in pratica viene ignorata e azzerata.In questo modo viene meno anche la competenzaa contrattare e a decidere (16,17). Partendoda queste considerazioni dobbiamo interrogarcisulle possibilità concrete di contrastare quel circolovizioso che parte dalla malattia e, attraverso l’eclissidelle Competenze Elementari, porta a unpeggioramento delle manifestazioni della malattiastessa e a uno scadimento della qualità di vitadel paziente e dei suoi familiari.Il metodo di cura che Vi g o relli propone è laTerapia del Riconoscimento, una terapia che si re a-lizza in colloqui in cui il terapeuta riconosce leCompetenze Elementari della persona con demen-


90 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>za, le riconosce così come sono presenti nonostantela malattia, contribuisce a tenerle in vita, favorisceil loro riemerg e re qualora siano eclissate.Ogni volta che utilizziamo la Terapia del Riconoscimentocon i malati di Alzheimer ne constatiamol’efficacia: i pazienti partecipano volentieriai colloqui; nonostante i disturbi di linguaggioe gli altri deficit provocati dalla malattia parlano,parlano a lungo e volentieri. Anche la competenzaemotiva e quella a contrattare e a decideresi risvegliano rapidamente (18).SCOPO DELLO STUDIOIl nostro studio ha per scopo di individuarealcune Tecniche Conversazionali utili per tenervive le Competenze Elementari dell’anziano fragilericoverato in RSA (la competenza emotiva, aparlare, a comunicare, a contrattare, a decidere).MATERIALI E METODISono stati arruolati cinque anziani fragili ricoveratiin RSA, in condizioni di relativa stabilitàclinica, senza gravi disturbi del linguaggio népatologie psichiatriche né BPSD che ostacolasserola possibilità di realizzare le conversazioni. Leconversazioni sono state registrate con il registratorebene in vista, dopo avere ottenuto il consensoinformato dal familiare di riferimento e, neimodi di volta in volta possibili, del paziente stesso.Il nome del paziente e ogni altro dato chepossa permetterne l’identificazione è stato alteratoper rispettarne la privacy.Per ogni ospite sono stati effettuati tre colloquidella durata di quindici-venti minuti a cadenzaquindicinale. I colloqui (5 x 3 = 15) sono statiaudioregistrati e sbobinati parola per parola. Lostudio è stato effettuato sui testi. In ogni testosono stati ricercati i segni dell’emergere delleCompetenze Elementari e si sono messe in evidenzale Tecniche Conversazionali impiegate perfarle emergere. Il riferimento culturale per l’individuazionedelle Tecniche Conversazionali è ilConversazionalismo di Giampaolo Lai, così comeè evoluto nell’ambito del Gruppo Anchise.RISULTATIESEMPI DI FRAMMENTI IN CUIEMERGONO LE COMPETENZEELEMENTARICompetenza a parlareLa competenza a parlare si evidenzia nel fattoche Piera parla volentieri come dichiara nei seguentiframmenti:– 50 Medico: capisco. Posso farle una domandasignora Piera?– 51 Piera: vorrei proprio che me la facesse.– 52 Medico: secondo lei è importante parlare?– 53 Piera: è… è importante… però bisogna che cisi capisca. Siamo sempre... Se uno dice… è…quella dice tante bugie per modo di dire allorason cose… io non dico cose strambe.– 57 Medico: sì, speriamo. Sa cosa mi piace di leisignora Piera?– 58 Piera: sì…– 59 Medico: quando lei esprime ciò che pensa.– 60 Piera: sì.– 61 Medico: è una bella cosa.– 63 Medico: bene, brava, torniamo giù.– 64 Piera: sì e lei quando può mi dia sempre unaparola, io sono contenta perché lei mi piacecome persona, mi piace come parla con me,accetta quello che dico.– 65 Medico: bene.Anche Elisa, Franca e Gemma parlano volentieri:– 87 Medico: sì. Bene signora se lei è d’accordosmetterei e ci rivediamo tra quindici giorni.– 88 Elisa: abbiamo chiacchierato abbastanza?– 89 Medico: sì e mi racconta altre cose.– 90 Elisa: d’accordo.– 81 Medico: io adesso vorrei lasciarla convincendolache il futuro sarà diverso senza ingannarla.– 82 Franca: va bene.– 83 Medico: è più contenta?– 84 Franca: sì, abbiamo fatto una chiacchierata.– 73 Medico: bene abbiamo fatto una bella chiacchierata.– 74 Gemma: sì che abbiamo chiacchierato forsenon abbiamo detto cose importanti ma semprequalcosa abbiamo tirato fuori da questo cuore…– 75 Medico: sì ha detto una cosa molto bella.– 76 Gemma: sì.– 77 Medico: vero, proprio, perché le cose vannotirate fuori da dentro… vero?– 78 Gemma: sì.– 79 Medico: perché lei dice quello che veramentesente dentro.– 80 Gemma: sì.TECNICHE CONVERSAZIONALI CHEHANNO FAVORITO L’EMERGERE DELLACOMPETENZA A PARLAREIn questi frammenti il conversante fa pochedomande e quando le fa si tratta di richieste dichiarimento.Il conversante risponde alle domande, esempioal turno 88-89 di Elisa.Il conversante non interrompe. Anche quandoPiera nel turno 53 lascia in sospeso le frasi senza


Peroli P., Vigorelli P. - Approccio capacitante attraverso la conversazione con l’anziano… 91concluderle, il medico aspetta che Piera riprendala parola.Il conversante restituisce il motivo narrativo peresempio nel frammento 73-80 di Gemma; ascolta lep a role dell’anziano fragile, cerca di coglierne l’unitàminima di senso e gliela re s t i t u i s c e .Competenza a comunicareLa competenza a comunicare si manifesta quandoil paziente riesce a trasmettere al suo interlocuto re un messaggio, quando cioè la parola mantienela sua funzione comunicativa.Elisa comunica di vivere in RSA:– 11 Medico: allora è stata lei a scegliere…– 12 Elisa: sì perché ho cominciato io ad esseresola in un appartamento ma la mia paura piùgrande era: e se mi succede qualcosa? Anchecadere e se cado. Oppure magari preparavo ilmangiare con la pentola a pressione, se mi scotto.Sono tutte quelle cose che mi vengono inmente e cerchi di evitare.– 13 Medico: e quindi ha scelto…– 14 Elisa: ho scelto di poter essere tranquilla.– 15 Medico: di stare con qualcuno.– 16 Elisa: che sono quelli che dopo mi seguonoinsomma se ho bisogno di qualche cosa.Almeno dal mio punto di vista l’ho guardatacosì la faccenda.Franca comunica di non sentirsi bene e chenon ama la pasta in bianco:– 1 Medico: signora Franca parliamo anche oggi?– 2 Franca: sì anche se oggi non mi sento bene mipare persino di morire.– 63 Medico: ma intanto lei ha espresso ciò chepensa, per esempio dire che è stufa di mangiarepasta in bianco.– 64 Franca: sì, mi è tanto pesante mangiare lapasta in bianco così asciutta…Gemma comunica di preferire un ambientetranquillo senza troppi rumori:– 5 Medico: cos’è che la colpisce?– 6 Gemma: la tranquillità che c’è qui. Perché disolito c’è chiasso e non mi piace.– 7 Medico: là nel salone?– 8 Gemma: sì.– 9 Medico: infatti io l’ho portata qui per parlareperché di là ci sono troppi rumori.– 10 Gemma: sì c’è tanto rumore e qui c’è silenzioche non mi dispiace anzi preferisco essere tranquillae pensare anche a me stessa.Angela comunica la paura della morte:– 73 Medico: ah…non le piacerebbe dire quelloche pensa?– 74 Angela: non vorrei morire.TECNICHE CONVERSAZIONALI CHEHANNO FAVORITO L’EMERGERE DELLACOMPETENZA A COMUNICAREIl conversante fa poche domande e quando lefa si tratta di richieste di chiarimento. Ciò è evidentein tutti i frammenti.Restituzione del motivo narrativo: il conversanteascolta le parole dell’anziano fragile, cerca dicoglierne l’unità minima di senso e gliela re s t i t u i-sce. Ne è un esempio il frammento 11-16 di Elisa.Competenza emotivaL’istituzionalizzazione tende ad oscurare lereazioni emotive. Dobbiamo pertanto imparare ariconoscerle, ad accettarle e legittimarle.Angela esprime l’amore e l’affetto per la madre:– 123 Medico: sì.– 124 Angela: mi diceva la mamma: parla come tiho insegnato. Era severa ma aveva i sentimentigiusti (la paziente si commuove). Quando èmorto il papà eravamo piccoli. Ci ha fatto filare.Non ci ha messo in collegio, ci ha sempre tenuticon sé, ha fatto sacrifici ma non ci sono statediscordie.– 125 Medico: è un bel ricordo questo.– 126 Angela: sì, la mamma ci ha tenuto uniti.Gemma ha paura di soff r i re ed è addolorata peraver perso i genitori in giovane età e tutti i fratelli:– 23 Medico: ha paura di soffrire?– 24 Gemma: ho paura… credo che tutti abbiamopaura di soffrire, che la sofferenza diminuiscal’ambiente della vita. Va bene che anche il tropposilenzio non mi va, mi piace anche il rumore.Sono nata in campagna e mi piace la campagna.– 28 Gemma: quello che mi addolora è aver persola mamma e il papà molto presto.– 29 Medico: sì? Che età avevano quando sonomorti?– 30 Gemma: sui cinquanta, erano giovani ancora,tutti e due. Uno dietro l’altro si può dire, questoricordo mi addolora tanto, mi fa soffrire mi fa ed’altra parte non posso cambiare tante cose. Mipiacerebbe vivere in alto, alto in montagna.– 23 Medico: ho capito, ci sono ancora i suoi fratelli?– 24 Gemma: io sola.– 25 Medico: è rimasta sola ho capito.– 26 Gemma: son sola per quello, anche che sonoabbastanza pessimista, se avessi qualche altrofratello da confidarmi, da chiacchierare, da parlare,mi sembrerebbe di essere… la vita fosseleggera invece purtroppo è pesante… è dolorosa…


92 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>Franca si sente “vecchia” e le manca il marito:– 16 Medico: come si sente signora Franca?– 17 Franca: io? Come vuole che mi senta, vecchiami sento, non ho mio marito.– 18 Medico: è la cosa che le manca di più?– 19 Franca: sì, era funzionario di banca.TECNICHE CONVERSAZIONALI CHEHANNO FAVORITO L’EMERGERE DELLACOMPETENZA EMOTIVAIl conversante in questi frammenti segue ildiscorso dei pazienti: per esempio al turno verbale125-126 di Angela, più volte restituisce il temadei loro discorsi e focalizza l’attenzione sul temapiù importante, per esempio al turno verbale 25-26 di Gemma.Competenza a contrattareLa competenza a contrattare spesso non riescead esprimersi nella realtà quotidiana degli anzianifragili ricoverati in RSA.Franca vorrebbe fare qualche passo ma necessitadi particolare assistenza:– 45 Medico: ho capito, ho capito… cos’altro lepiacerebbe fare signora Franca?– 46 Franca: essere libera andare a casa mia tranquilla,vivere tranquillamente assieme a personecare.– 47 Medico: e fare qualche passetto…– 48 Franca: ah… sì ma è difficile.– 49 Medico: perché? Dal letto scende con le propriegambe vero?– 50 Franca: sì ma aiutata.– 51 Medico: e se avesse un girello?– 52 Franca: si potrebbe provare ma dicono che ionon ho la forza alle gambe.– 53 Medico: e lei la forza la sente o no?– 54 Franca: la sento ma non viene adoperata.– 55 Medico: se tutti i giorni le gambe le adoperiamosi irrobustiscono e non sarebbe bello fare,signora Franca, dei passetti?– 56 Franca: sì è mio desiderio.– 57 Medico: ho capito.– 58 Franca: volevo provare a camminare con ilgirello ma non trovo la persona che si dedica ame, ci vuole un po’ di pazienza a starmi vicinoe aiutarmi a provare.TECNICHE CONVERSAZIONALI CHEHANNO FAVORITO L’EMERGERE DELLACOMPETENZA A CONTRATTAREFranca nella vita quotidiana non è in grado dicontrattare riguardo alle cose che la riguardano.Nello spazio conversazionale invece, nel mondodelle parole, è stata in grado di parlare di questiproblemi. Noi consideriamo la negoziazione delmotivo narrativo una forma minima di espressionedella competenza a contrattare che altrimentiresta silente e tende a spegnersi. In questi frammentiil conversante accetta di negoziare il motivonarrativo scelto dalla paziente. Di fronte ad unproblema <strong>org</strong>anizzativo il conversante non giudicama resta sull’argomento, chiedendo chiarimenti,proponendo soluzioni, mettendosi in posizioneempatica con la paziente.Competenza a decidereA s c o l t a re la “voce” del paziente, quella voce chemanifesta le sue scelte, è fondamentale poiché cosìfacendo riconosciamo la sua dignità. Quando non èopportuno assecondare la volontà del paziente possiamocerc a re un “punto d’incontro felice”.Il medico discute con Gemma l’argomento dellaconversazione:– 1 Medico: di che cosa vogliamo parlare oggisignora Gemma? Si ricorda che abbiamo giàparlato l’altra volta?– 2 Gemma: sì.– 3 Medico: e oggi di che cosa vogliamo parlare?– 4 Gemma: della vita che faccio qui.– 5 Medico: ecco e allora che cosa mi vuole raccontare?– 6 Gemma: che come mi alzo progetto che cosafarò, cosa non farò, a chi penserò, a chi rivolgeròi miei pensieri, ai miei familiari, ai miei amici, aimalati, ai sofferenti, un po’ tutto insomma perchéla vita non è soltanto essere seduti qui sullasedia ma si diffonde dappertutto.TECNICHE CONVERSAZIONALI CHEHANNO FAVORITO L’EMERGERE DELLACOMPETENZA A DECIDERENel frammento 1-6 Gemma ha potuto contrattareil motivo narrativo della conversazione, hacioè scelto l’argomento di cui parlare.DiscussioneLa Capacitazione è una tecnica d’interventoche cerca di creare le condizioni per cui la personaanziana con deficit cognitivi possa svolgere leattività di cui è ancora capace, così come è capace,senza sentirsi in errore. Gli interventi capacitantisono le azioni che il curante mette in atto a questoscopo. La Capacitazione si basa sul riconoscimentodelle Competenze Elementari del paziente (lacompetenza emotiva, a parlare, a comunicare, acontrattare, a decidere) e utilizza come strumentil’ascolto e l’uso consapevole della parola. L’impiegodi alcune Tecniche Conversazionali favoriscel’espressione e il mantenimento delle CompetenzeElementari: non fare domande, seguire ildiscorso del paziente, accompagnarlo nel suomondo possibile, restituire il tema del suo discor-


Peroli P., Vigorelli P. - Approccio capacitante attraverso la conversazione con l’anziano… 93so, fare eco alle sue parole, focalizzare l’attenzionesul tema più importante, ampliare il discorsovicino al tema principale, mettersi nei panni delpaziente, parlare di sé, fare la sintesi del suodiscorso (18).In base all’analisi dei testi ottenuti dalla sbobinaturadella registrazione di quindici colloquiabbiamo individuato nei turni verbali degli anzianifragili i segni dell’emergere delle CompetenzeElementari. Studiando poi le parole del conversantenei turni verbali che precedono immediatamentequelli dell’anziano fragile abbiamo individuatole Tecniche Conversazionali adottate.Quelle più utilizzate sono state: la risposta in eco,la restituzione del motivo narrativo, la rispostaempatica, la contrattazione del motivo narrativo.L’emergere delle Competenze Elementari dell’anzianofragile nel corso dei colloqui studiati è precedutodall’impiego da parte del conversante dialcune Tecniche Conversazionali. In questo studioè quindi risultata una relazione di tipo temporaletra tecniche e competenze: le tecniche vengonoutilizzate prima, le competenze emergono dopo.Tale relazione temporale non è di per sé sufficientea dimostrare che tra tecniche e competenze cisia anche una relazione causale, tuttavia questostudio pilota permette di formulare tale ipotesi,da verificare su una casistica più ampia. L’interessedi tale ipotesi consiste nel fatto che leTecniche Conversazionali impiegate in questostudio possono essere impiegate facilmente dalmedico e non necessitano di particolari attrezzaturené di una particolare <strong>org</strong>anizzazione delleattività della struttura. Il medico può utilizzaretali tecniche in tutti gli incontri con le personeanziane fragili, sia quelli occasionali della vitaquotidiana in RSA che quelli specifici delle attivitàsanitarie.CONCLUSIONIL’impiego di alcune Tecniche Conversazionali,in particolare la risposta in eco, la restituzione delmotivo narrativo, la risposta empatica, la contrattazionedel motivo narrativo, ha favorito l’espressionee il mantenimento delle Competenze Elementarinei colloqui con gli anziani fragili ricoveratiin RSA.RingraziamentiRingrazio la Dott.ssa M. Mastella e la Sig.ra S.Dalla Tomba per avermi permesso di svolgere leconversazioni presso il centro servizi O.A.S.I.Conte Arturo Da Prato, Caldiero (VR).


94 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>BIBLIOGRAFIA1. BIANCHETTI A., ROZZINI R.: La “fragilità” dell’anziano. In: Scocco P.,Trabucchi M.: Counselling psicologico e psichiatrico nelle case di riposo.Centro Scientifico Editore 2007; 7-18.2. MICHELI G.: Anziani fragili: quale soglia di screening? Prospettive Socialie Sanitarie 2007; n. 14, 6-10.3. FORONI M., MUSSI C., ERZILI E., et al.: L’anziano fragile e il pazienteanziano: problema solo terminologico? G. Gerontol. 2006; 54: 255-259.4. GALLUCCI M.: Conoscere l’anziano fragile. In: Gallucci M.: L’anziano fra -gile. Antilia 2002; 81-85.5. PETRINI M.: I diritti dell’anziano fragile: una prospettiva etica. G. Geron -tol. 2007; 55: 15-19.6 . ROZZINI R., ZANETTI O.: Fragilità e malattie. In: Rozzini R., Morandi A.,Trabucchi M.: Persona, salute, fragilità. Milano: Vita e Pensiero 2006; 35-56.7. BUSATO V., BORDIN A.: Tecniche di stimolazione cognitiva, in Guidapratica per la stimolazione cognitiva, affettiva, relazionale delle persone anzia -ne istituzionalizzate. Cleup 2009; 23-29.8. PAVAN G.: Lavorare con i malati di demenza. In: Pradelli S., Faggian S.,Pavan G.: Protocolli di Intervento per le Demenze. Franco Angeli 2008; 29-39.9. BOTTURA R.: Il colloquio – La comunicazione in Alzheimer. Il sole dietrola nebbia. Guaraldi 2009; 81-83.10. CASTOLDI R., LONGONI B.: Le difficoltà nella comunicazione. In:Prendersi cura della persona con demenza. Casa Editrice Ambrosiana 2005;63-67.11. VIGORELLI P.: Comunicare con il demente: dalla comunicazione ineffica -ce alla conversazione felice. G. Gerontol. 2005; 53: 483-487.12. LUCCHI E., MAGNIFICO F.: La comunicazione con l’ammalato. In:Rozzini R., Morandi A., Trabucchi M.: Persona, salute, fragilità. Milano: Vitae Pensiero 2006; 131-136.13. VIGORELLI P.: L’algoritmo conversazionale di Lay e Lavanchy. In: Laconversazione possibile con il malato Alzheimer. F. Angeli 2004; 47-62.14. VIGORELLI P.: Dalla Riabilitazione alla Capacitazione: un cambiamentodi obiettivo e di metodo nella cura dell’anziano con deficit cognitivi. Geriatria2007; 4: 31-37.15. VIGORELLI P.: L’Approccio Conversazionale e Capacitante. In: Il GruppoABC. Un metodo di autoaiuto per i familiari di malati Alzheimer. FrancoAngeli 2010; 31-39.16. VIGORELLI P.: La Capacitazione: un’idea forte per la cura della personaanziana ricoverata in RSA. G. Gerontol. 2006; 55: 104-109.17. VIGORELLI P.: La Capacitazione come metodologia di empowermentnella cura del paziente affetto da demenza di Alzheimer. I luoghi della cura2006; n. 4, 15-18.18. VIGORELLI P.: La Capacitazione. In: Alzheimer senza paura. Rizzoli2008; 155-182.


95CURE DI FINE VITA IN PAZIENTI ANZIANICON NEOPLASIALivelli assistenziali in un reparto di geriatria e in unservizio territoriale di cure palliativeGirardello R., Fedrizzi A.*, Boni M., Camin M., De Colle P., Selmi S.**, Pertile R.***, Mariotti G.°A.P.S.S. TRENTO, U.O. Geriatria Ospedale Rovereto* Servizio Cure Palliative U.O.A.P. Distretto Vallagarina** U.O. Psicologia 2 Rovereto*** Servizio Osservatorio Epidemiologico° Direzione Medica Ospedale di RoveretoRiassunto: Le cure di fine vita rappresentano un problema fondamentale e una sfida sempre più attuale per lamedicina geriatrica. Scopo del nostro lavoro è quello di descrivere i livelli e le modalità assistenziali in due gruppidi pazienti anziani neoplastici nelle ultime settimane di vita, ricoverati in ospedale o seguiti a domicilio.Abbiamo valutato e confrontato retrospettivamente i pazienti anziani deceduti per neoplasia nel corso del 2007nell’Unità Operativa Geriatrica dell’Ospedale di Rovereto e quelli seguiti a domicilio dal Servizio di CurePalliative del locale Distretto della Vallagarina. I dati informativi e clinici sono stati raccolti e discussi dal geriatrae dal palliativista in forma anonima con le modalità della revisione tra pari.Le due popolazioni sono risultate abbastanza omogenee. Comorbilità e demenza hanno presentato una analogadistribuzione. Nei pazienti ospedalizzati sono risultate più frequenti le neoplasie della mammella. L’utilizzo diidratazione per via venosa, terapia antibiotica, esami ematochimici e strumentali nell’ultima settimana e nelle ultime48 ore di vita è risultato più elevato in ospedale che a domicilio. La prevalenza di sintomi refrattari è risultatala stessa. L’impiego di oppioidi è risultato più elevato a domicilio.La valutazione multidimensionale risulta un paradigma condiviso da Geriatria e cure palliative. Nonostante lanumerosità limitata della nostra casistica, il nostro lavoro conferma che nell’ambito ospedaliero si osserva frequentementeun atteggiamento più attivo e aggressivo rispetto alle cure domiciliari. Noi pensiamo che il dialogo e l’integrazionetra le cure primarie e i servizi ospedalieri siano armi strategiche per assicurare adeguati percorsi cliniciai pazienti anziani con neoplasia.Parole chiave: cure di fine vita, paziente anziano neoplastico, cure ospedaliere, cure domiciliari.Summary: End-of-life care is a major problem and a growing challenge for geriatric medicine. Aim of this survey is to descri -be patterns and management of care in two groups of elderly neoplastic patients in the last weeks of life, followed in hospitaland in home setting.We retrospectively evaluated and compared elderly patients who died of cancer in 2007 both in the Geriatric Unit of RoveretoHospital and at home treated by Primary Palliative Care. Administrative and clinical data were anonymously collected anddiscussed by the geriatrician and the palliativist with a peer review approach.The two cohorts were homogeneous. Comorbidities and dementia had similar distribution. In hospitalized patients were morefrequently observed breast tumors. Utilization of intravenous fluids, antibiotic therapy, blood tests and procedures in the lastweek and last 48 hours of life was more frequent in hospital than in home setting. The prevalence of refractory symptoms wasthe same. The use of opioids was higher in home setting.Multidimensional assessment is a shared paradigm for Geriatrics and Palliative Care. Although the limited number of casesin our study, our survey confirms that an active and aggressive choice is more frequently observed in hospitalized than inhome care patients. We think that the dialogue and the integration between primary care and hospital services are main stra -tegies to provide appropriate care pathways in neoplastic elderly patients.Key words: end-of-life care, neoplastic elderly patient, hospital care, home care.INTRODUZIONEIndirizzo per la corrispondenza:Dott. Renzo GirardelloDirettore U.O. Geriatria, Ospedale “S. Maria del Carmine”Corso Verona, 4 – 38068 Rovereto (TN)Tel. 0464 403997 Fax 0464 404559E.mail: renzo.girardello@apss.tn.itLe cure di fine vita rappresentano un pro b l e m afondamentale e una sfida sempre più attuale per lamedicina geriatrica. L’ O rganizzazione Mondialedella Sanità nel 2004 ha inserito il problema traquelli che richiedono maggiore applicazione daparte dei governi e degli stessi operatori sanitari,


96 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>invitandoli a “investire in ricerca sulle barriere cheriducono l’accesso alle Cure Palliative (…) per soddi s f a re le necessità anche degli anziani fragili (1)”.L’opzione delle Cure Palliative domiciliariviene sempre più spesso indicata come una sceltapraticabile anche per i pazienti anziani e costituisceun’alternativa valida e attuabile in molte re a l t àsocio-sanitarie evolute del nostro paese. Ci siamop roposti di valutare nel Distretto della Va l l a g a r i n ai livelli e le modalità assistenziali in una popolazioneomogenea di pazienti anziani affetti da patologiatumorale nelle ultime settimane di vita, ricoveratiin ospedale e seguiti a domicilio.MATERIALI E METODIAbbiamo valutato retrospettivamente la casisticadei pazienti deceduti nel reparto di Geriatriadell’Ospedale di Rovereto nel corso dell’anno2007 e i pazienti deceduti a domicilio seguiti dalServizio Territoriale di Cure Palliative nel corsodello stesso anno.Volendo pro c e d e re ad un valutazione il più possibileomogenea e raff rontabile delle due casistiche,abbiamo selezionato nei pazienti della Geriatriasolo quelli deceduti per patologie neoplastiche,rapportandoli con un campione numericamentec o n f rontabile dei pazienti ultrasettantenni seguitidalle Cure Palliative per analoga patologia.L’esame della documentazione clinica si èsvolto con modalità collegiale, raccogliendo i datiinformativi e clinici in forma anonima, e discutendoogni caso con approccio multidisciplinare. Idati sono stati raccolti e tabulati secondo indirizzicondivisi e utilizzati nella letteratura scientifica edalla buona pratica clinica nell’ottica della revisionetra pari.I dati raccolti hanno riguardato l’età, il sesso, ladurata della degenza o dell’assistenza a domicilio,la sede della malattia primitiva, la presenza dicomorbilità e l’eventuale diagnosi di demenza,l’effettuazione di: idratazione endovena, terapiaantibiotica, esami ematochimici e strumentali nell’ultimasettimana e nelle ultime 48 ore di vita, ladocumentazione di informazioni diagnostiche eprognostiche fornite al paziente e ai famigliari,l’ins<strong>org</strong>enza di sintomi refrattari, la somministrazionedi terapia con antalgici maggiori, la doseequivalente di morfina al decesso.ANALISI STATISTICAL’analisi descrittiva dei dati è consistita nellarappresentazione tabellare dei due campioni dipazienti per ciascuna variabile considerata. Indettaglio, per le variabili categoriali si è presentatala distribuzione di frequenze osservate con lerispettive percentuali, mentre per le tre variabilidiscrete analizzate (età, durata di degenza/followup e dosaggio di morfina) si sono presentati i valorimedi con la deviazione standard (DS), affiancatidal range (min.-max.). Si è successivamenteproseguito con il confronto tra i due campioni dipazienti, sempre per ciascuna variabile, attraversodue tipologie di test di significatività statisticasulla base che la variabile considerata fosse categorialeo discreta: nel primo caso si è scelto il testesatto di Fisher che valuta l’associazione tra duevariabili dicotomiche (es. gruppo di pazienti conla presenza o meno di terapia antibiotica nell’ultimasettimana); nel secondo caso il test t per duecampioni permette di confrontare i valori medidelle variabili in esame. In entrambi i test la significativitàstatistica è stata rappresentata da un p-value < 0,05.RISULTATIDue pazienti della casistica geriatrica sonostati esclusi per la eccessiva brevità del ricovero(pochi minuti in un caso, poche ore nell’altro). Unpaziente è stato trasferito nei letti ospedalieri disupporto alle CP ed è deceduto in ospedale seguitodall’équipe delle CP. Sono stati complessivamentevalutati 32 casi di pazienti deceduti inGeriatria e 31 casi di pazienti seguiti dalle CP. NellaTabella 1 sono sintetizzati i dati principali.Nella casistica ospedaliera è stata rilevataun’età media più alta rispetto a quella domiciliare.La durata media di degenza/follow up è risultatapiù bassa in Geriatria rispetto all’ADI CurePalliative. Per quanto riguarda la sede di malattiaabbiamo osservato una maggiore prevalenza ditumori della mammella in Geriatria. La presenzadi comorbilità e demenza è risultata simile.Nella casistica ospedaliera l’attuazione di terapiaidratante e antibiotica e l’effettuazione di e-sami ematochimici e strumentali è risultata significativamentepiù alta sia nell’ultima settimana chenelle ultime 48 ore di vita. L’informazione sugliaspetti diagnostici e prognostici fornita al pazientee ai famigliari e riportata nella documentazioneclinica è risultata più completa e dettagliata nellacasistica domiciliare rispetto a quella ospedaliera.L’ins<strong>org</strong>enza di sintomi refrattari è risultatasovrapponibile nelle due casistiche. La percentualedi pazienti in terapia con oppioidi al decesso èrisultata più alta in Cure Palliative.DISCUSSIONEPur basandosi sull’osservazione di un numerodi casi contenuto, la nostra ricerca consente di propo r re alcune considerazioni. La prima è re l a t i v aalla tipologia dei pazienti: nel complesso le duepopolazioni valutate risultano abbastanza omogenee,con alcune peculiarità condizionate principalmentedai diversi setting assistenziali. Entrambe


Girardello R., Fedrizzi A., Boni M. et al. - Cure di fine vita in pazienti anziani con neoplasia… 97Tab. 1 – Popolazione valutataGeriatria Cure P value per test P value per test tpalliative esatto di Fisher due campioniTotale 32 31 NSMaschi 13 (41%) 15 (48%) NSFemmine 19 (59%) 16 (52%) NSEtà media (SD) 82,6 (8,5%) 76,3 (6,2%) 0.002Media durata degenza/follow up (SD) 16,6 (11,9%) 28,5 (28,4%) 0.038Sede malattia:App. respiratorio 7 12 NSApp. digerente 13 10 NSApp. urinario 3 4 NSMammella 5 0 0.029Sangue/Linfatico 4 1 NSNon nota 0 4 NSComorbilità (Demenza) 22 (2%) 19 (1%) NSUltima settimana: Idratazione ev. 16 (50%) 0


98 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>più apertamente con pazienti e familiari gli obiettividelle cure (controllo dei sintomi e non possibilitàdi guarigione), la proporzionalità delle cure(intensità diagnostica e terapeutica) ed il settingassistenziale (domicilio versus ospedale e/ohospice).In questo contesto appare significativo ricord a-re come la proposta e la scelta della palliazione siaun momento fondamentale nel percorso assistenzialedi questi pazienti, anche di quelli che rimangonoin cura nel setting ospedaliero. La scelta diun approccio terapeutico più attivo e “aggre s s i v o ”è una evenienza abbastanza frequente in ospedalee confermata in letteratura (3). Anche nella nostrar i c e rca si conferma un atteggiamento di maggiore“interventismo” nei pazienti ricoverati rispetto aquelli seguiti a domicilio.L’assistenza che riceve il paziente inserito inun programma di cure palliative è infatti diversada quella che riceve in altri contesti, sia residenzialiche territoriali. L’approccio palliativistico suisintomi di difficile trattamento e sulle scelte difine vita di pazienti ricoverati rappresenta unaopportunità di confronto e di apertura verso unadimensione assistenziale diversa da quella normalmentemessa in atto in un reparto di degenza:un approccio centrato sul rispetto del principio diautonomia del paziente e sul controllo dei sintomipiù che sulla terapia causale della malattia.Per quanto riguarda gli aspetti di informazionesu diagnosi e prognosi sia al paziente che aifamigliari, in ospedale la situazione appare menoefficacemente presidiata. A questo proposito vaosservato che la segnalazione degli aspetti informativiin Geriatria è stata rilevata quando espressamentedichiarata nel diario clinico, e quindiappare verosimilmente sottostimata. Una maggioreattenzione al dialogo è comunque senz’altroauspicabile nella realtà ospedaliera.L’ i n s o rgenza di sintomi refrattari è risultata piùbassa rispetto ai dati della letteratura (3,4) e allacasistica generale del Servizio Cure Palliative. Itrattamenti attuati in ospedale e sul territorio sonostati diversi. A p p a re senz’altro utile appro f o n d i rel ’ a rgomento della sedazione palliativa (4,5), opzioneterapeutica presa in considerazione ancorararamente nei reparti ospedalieri. Sarà importantef a v o r i re l’aggiornamento e l’approfondimento suun problema di tale rilevanza clinica.L’impiego degli oppioidi per il controllo deldolore è risultato più frequente nella casisticadelle Cure Palliative e con un dosaggio medioequivalente più elevato rispetto ai pazienti decedutiin ospedale. Questo è un dato confermatodalla letteratura (3), che richiede investimenti formativiadeguati. Ancora una volta il dialogo e ilconfronto tra le discipline può aprire prospettivestimolanti e costruttive.Da questo punto di vista appare utile un impegnodi formazione degli operatori sanitari permigliorare la qualità e l’adeguatezza degli interventi,anche informativi. La comunicazione, ildialogo e la collaborazione tra i servizi sanitariappare la strada maestra da seguire in questo processoformativo. I pericoli legati al burn out dioperatori lasciati troppo soli con se stessi si possonoaffrontare e vincere solo con un approccio diformazione continua che vede in progetti di formazionesul campo gli strumenti più utili ed efficaci.L’atteggiamento degli operatori nei confrontidelle cure di fine vita è un aspetto utile da valutareed approfondire. Una recente indagine svoltanello stesso reparto di Geriatria di Rovereto attraversoun questionario rivolto a tutte le figure professionaliconferma l’interesse per l’argomento ela domanda di iniziative formative (11).Nell’ottica della medicina centrata sulla personaè auspicabile che l’approccio palliativisticopossa essere esteso anche alle patologie non neoplastiche.Murray e Sheikh, in un recente articolosul British Medical Journal (6), scrivono: “dobbiamomettere in pratica la lezione che abbiamoimparato dal cancro anche al crescente numero dipersone che oggi muoiono per malattie non maligne”.Nella Figura 1 gli Autori rappresentano letre principali traiettorie del declino di fine vita.Nel caso della linea continua, che rappresentala traiettoria di fine vita del paziente neoplastico,l’indirizzo clinico appare lineare e motivabile e leCP hanno in questo campo un percorso ed un ruolopiù semplice ed agevole. Diverso il caso dellalinea a tratteggio largo (malattie <strong>org</strong>aniche cronichecon riacutizzazioni periodiche, come scompensocardiaco e broncopneumopatia cro n i c aostruttiva) e di quella a tratteggio fine (progressivodeterioramento fisico e cognitivo, come nellademenza). In questi casi determinare il momentoin cui l’intervento palliativo sia validamenteattuabile risulta più difficile e problematico.L’incertezza clinica deve portare i medici allaP ro g re s s i v od e t e r i o r a-mento fisicoco g n i t i v oPaziente neoplasticoM a l a t t i ec ro n i c h econ riacuti z z a z i o n iFig. 1 – Le principali traiettorie del declino di fine vita.


Girardello R., Fedrizzi A., Boni M. et al. - Cure di fine vita in pazienti anziani con neoplasia… 99riflessione sulle prospettive e le possibilità terapeutichee alla programmazione di un adeguatopercorso di cura. Molti pazienti con scompensocardiaco cronico vanno incontro a morte quandola loro speranza di vita può essere di sei mesi opiù (7), ed una formulazione prognostica accuratarisulta virtualmente impossibile in molti pazienticon malattia ostruttiva polmonare avanzata (8).Benché questa incertezza possa essere frustrante,essa deve costituire la base per iniziare unadiscussione sulle problematiche di fine vita (9)con il paziente e la sua famiglia. È forse questa lasfida più importante che nei prossimi anni attendela geriatria nell’ambito delle cure dei pazientiterminali.


100 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>BIBLIOGRAFIA1. W.H.O. Europe (DAVIES E and HIGGINSON IJ Editors): Better PalliativeCare for Older People. Geneva 2004.2. EPSTEIN A.M., HALL J.A., BESDINE R., et al.: The emergence of geria -tric assessment units. The “new technology of geriatrics”. Ann. Intern. Med.1987; 106(2): 299-303.3. TOSCANI F., DI GIULIO P., BRUNELLI C., et al.: How people die inhospital general wards: a descriptive study. J. Pain Symptom Manage 2005;30: 33-40.4. DE GRAEFF A., DEAN M.: Palliative sedation therapy in the last weeks oflife: a literature review and recommendations for standards. J. Palliat. Med.2007; 10: 67-85.5. CLAESSENS P., MENTEN J., SCHOTSMANS P., et al.: Palliative seda -tion: a review of the research literature. J. Pain Symptom Manage 2008; 36:310-333.6. MURRAY S.A., SHEIKH A.: Making a difference. Palliative care beyondcancer. Reliable comfort and meaningfulness. BMJ 2008; 336: 958-959.7. COVENTRY P.A., GRANDE G.E., RICHARDS D.A., et al.: Prediction ofappropriate timing of palliative care for older adults with non malignant lifethreatening:a systematic review. Age Ageing 2005; 34: 218-227.8. GLARE P.A., SINCLAIR C.T.: Palliative medicine review: prognostication.J. Palliat. Med. 2008; 11: 84-103.9. REISFELD G.M., WILSON G.R.: Palliative care issues in heart failure. J.Palliat. Med. 2007; 10: 247-248.10. PERUSELLI C.: Benchmarking in CP. Congresso SICP 2006, Bologna.11. SAIANI M., SCARABELLO VETTORE S., DEBIASI M., et al.: Gli ope -ratori sanitari e le cure di fine vita: risultati di un questionario. 53° CongressoNazionale SIGG, Firenze 2008.


101IL TELEMONITORAGGIO NEL PAZIENTE ANZIANO:STUDIO DI FATTIBILITÀAimonino Ricauda N.*, Isaia G.*, Tibaldi V.*, Baracca M.*, Marinello R.*, Rocco M.*,Bergonzini M.*, Bertone P.*, Cavallo S.°, D’Ercoli F.°, Larini G.°, Bestente G.°°,Frisiello A.°°, Isaia G.C.*** S.S.C.V.D. Ospedalizzazione a Domicilio, A.O.U. San Giovanni Battista, Torino** Dipartimento di Discipline Medico-Chirurgiche, Sezione di Geriatria, Università degli Studi, Torino - A.O.U. San GiovanniBattista, Torino° Telecom Italia, Torino°° Istituto Superiore Mario Boella, TorinoRiassunto: Il lavoro riporta i risultati preliminari del MyDoctor@Home, uno studio sperimentale di telemonitoraggiodel paziente anziano affetto da patologie acute. Si tratta di un servizio che permette ai pazienti di eseguirele misurazioni di alcuni parametri clinici, mediante strumenti medicali portatili con tecnologia Bluetooth, inviandolein tempo reale, attraverso un normale telefono cellulare, ad una piattaforma on line accessibile al personalesanitario. Ai pazienti arruolati viene richiesto di usare il telefono cellulare per inviare le misure.I risultati preliminari mostrano come il telemonitoraggio di anziani fragili affetti da patologie acute sia fattibile eapprezzato dai pazienti e dai loro caregiver.Parole chiave: telemedicina, anziano, ospedalizzazione a domicilio.Summary: The present paper report the preliminary results of an experimental study of elderly telemonitoring by a systemcalled MyDoctor@Home. It is an e-health service that enables the patient to measure at home, with portable and Bluetoothconnected medical devices, his own physiological parameters and to transmit them in real time, through a mobile phone, to aplatform accessed by the sanitary structure. The patients use the mobile phone in order to transmit the measures, and theymay also receive messages reminding them to take measurements and/or to follow their medication schedule.The preliminary results show that telemonitoring of elderly acute and frail patients is feasible and appreciated by patients andtheir caregivers.Key words: telemedicine, elderly, hospital at home.INTRODUZIONEL’invecchiamento della popolazione è unarealtà in rapida crescita nella maggior parte deipaesi industrializzati e, per la rilevanza socio-economicae le conseguenze sulla salute, pone nuoviinterrogativi ed obiettivi nell’ambito della sanitàpubblica e delle risorse economiche.La popolazione anziana mondiale aumenteràdal 6,9% della popolazione totale nel 2000 al19,3% nel 2050 (1); in particolare, il gruppo chemostra la crescita più rapida è quello degliultraottantacinquenni (oldest-old), spesso caratterizzatida una condizione di fragilità.L’instabilità che è propria dell’anziano fragile èdovuta all’età molto avanzata, alla contemporaneapresenza di più patologie, all’esposizione amaggiori rischi di disabilità, e richiede un modellodi assistenza adeguato, basato soprattutto suIndirizzo per la corrispondenza:Dott. Isaia GianlucaGeriatria, A.O.U. San Giovanni BattistaCorso Bramante, 88 – 10126 TorinoTel: 3348815921diagnosi precoci e su scelte cliniche e riabilitativeefficaci. È in questo contesto che la Telemedicinapuò essere applicata con ricadute positive sullasalute e sulla qualità di vita del paziente.LA TELEMEDICINA E LE SUE APPLICAZIONILa Telemedicina rappresenta una possibilitàconcreta di applicare la tecnologia alla pratica clinica,all’interno di un contesto più ampio diTelehealth, termine con cui si identificano le strategiedi educazione alla salute pubblica e lo sviluppodi sistemi di salute.La definizione di Telemedicina oggi non è univoca,perché la nascita relativamente recente delletecnologie che essa impiega e del loro rapido e frequentemiglioramento tendono continuamente adampliarne i confini. L’Organizzazione Mondialedella Sanità (OMS) ha definito con il termineTelehealth “l’integrazione di sistemi di telecomunicazionenella pratica di protezione e promozionesanitaria” e con il termine Telemedicine “l’integrazionedi sistemi di telecomunicazione nellapratica clinica”.La varietà delle proposte e delle soluzioni tele-


102 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>medicali testimonia una larga disponibilità tecnologicaal loro servizio. Gli apparecchi utilizzatisono funzionali al consumatore e la connettività èfornita da rete telefonica fissa o mobile. Sono stateadottate svariate soluzioni, che compre n d o n oapparecchi elettromedicali collegati via cavo, coninterfaccia wireless o Bluetooth, unità fornite ditouch-screen o altre modalità d’interazione, tutticollegati infine ad un modem con funzione digateway per la linea telefonica.La letteratura medica è ricca di studi sullaTelemedicina, in particolare sul telemonitoraggiodi pazienti in assistenza domiciliare. Sono statesperimentate svariate tipologie di telemonitoraggiodomiciliare per pazienti che hanno ricevuto untrattamento in acuto e che non necessitano di unmonitoraggio invasivo costante o visite quotidianein ospedale, ottenendo la possibilità di dimettere ilpaziente in tempi più brevi e ridurre le riammissioniospedaliere d’urgenza, aumentando quindi ladisponibilità di posti letto in ospedale (2).Due tipi di telemonitoraggio vengono particolarmenteesaminati ed utilizzati nei setting domiciliari:il tipo sincronizzato e il tipo non-sincronizzato.Nel primo tipo le tele-valutazioni in temporeale puntano ad ottenere la più fedele somiglianzacon la reale visita medica faccia a faccia: sia ilpaziente che il medico sono presenti contemporaneamentee interagiscono simultaneamente l’unl’altro attraverso video o audio. Nel secondo tipole immagini o i parametri vitali vengono raccoltidurante la giornata, immagazzinati e inviati alcentro medico di riferimento dove in un secondomomento li esaminerà uno specialista.Tuttavia, emerge una grande differenza fra glistrumenti utilizzati e i setting proposti nei differentiprotocolli di studio, e ciò rende difficile un’analisid’insieme. Inoltre, la maggioranza dei lavoripubblicati ha ottenuto risultati attraverso studinon-randomizzati, con campioni di numerositàridotta, e non ha quindi fornito un’evidenza cosìsolida in merito all’uso del telemonitoraggio nellaroutine clinica. Ciò che emerge dagli studi riguardoalla qualità dei dati ottenuti è unanime nel confermareche il livello di accuratezza e di affidabilitàè molto buono, e che l’esito del processo ditrasmissione riscontra solo in minima parte problemio errori. Inoltre, molti studi hanno evidenziatoun effetto positivo del telemonitoraggio sullecondizioni cliniche dei pazienti e sul globale approcciodi cura.Un recente studio osservazionale, compiutonegli Stati Uniti, ha illustrato i risultati a breve terminedell’efficacia della Telemedicina impiegatanell’immediato post-ricovero al domicilio deipazienti, perlopiù affetti da scompenso cardiacocronico, BPCO, ipertensione e diabete. Per unperiodo medio di 2 mesi è stato offerto a 851pazienti, soprattutto ultrasessantenni, un monitoraggiodomiciliare quotidiano (peso, pressione,frequenza cardiaca, glicemia, ossimetria) unitamentead una visita infermieristica domiciliarefino anche a 3 volte alla settimana. Si è osservatoun miglioramento della qualità di vita, una maggioreconsapevolezza del proprio stato di saluteed una migliore conoscenza della patologia di cuii pazienti sono affetti. Questo modello di cura haavuto una buona accettazione da parte deglianziani trattati, peraltro con alti livelli di soddisfazione(3).Una review pubblicata all’inizio del 2007 si èproposta di esaminare nella letteratura degli ultimi15 anni gli effetti sugli outcome analizzati neltelemonitoraggio di quattro diversi tipi di patologiecroniche: ipertensione arteriosa, diabete, patologiepolmonari e cardiovascolari. Sulla base di 65diversi lavori (18 su patologie polmonari, 17 suldiabete, 16 su patologie cardiache, 14 sull’ipertensionearteriosa) è emerso che importanti effettisugli outcome clinici (riduzione delle emergenze,delle riammissioni ospedaliere e della loro durata)sono molto più consistenti negli studi in ambitocardiaco e polmonare, rispetto a quelli sul diabetee l’ipertensione. È emerso, inoltre, che i progettidi telemonitoraggio di patologie cardiachehanno la maggiore numerosità campionaria e unadurata media più alta rispetto agli altri (4).Lo scompenso cardiaco, in particolare, rappresentauna delle patologie croniche in cui la Telemedicinatrova maggiore impiego. Infatti, ipazienti scompensati necessitano di fre q u e n t icontrolli di peso, frequenza cardiaca, pressionearteriosa, al fine di evitare o ritardare la possibileriacutizzazione, e quindi un nuovo ricovero (5,6).Clark e colleghi hanno analizzato 14 trial randomizzaticontrollati di monitoraggio remoto dipazienti con scompenso cardiaco cronico, includendostudi strutturati sia sul supporto telefonico,sia sul telemonitoraggio. I risultati pubblicatiin una review del 2007, su un totale di 4264 pazienti,evidenziano che un programma di monitoraggioremoto riduce del 21% il tasso di re-ospedalizzazionee del 20% la mortalità rispetto ai controlli,con un sostanziale abbattimento dei costisanitari per i pazienti in trattamento (7).Se consideriamo che in Italia nel 2001 sono statiricoverati circa 185.000 pazienti per scompensocardiaco (8) e che i costi per gestirli rappresentanol’1,4% della spesa sanitaria totale in quell’anno(9), si deduce che una riduzione in termini di reospedalizzazioneequivale ad un risparmio economicoper il sistema sanitario nazionale.Nell’ambito dello scompenso cardiaco, il telemonitoraggioè stato anche impiegato come sistemaper accre s c e re la compliance terapeutica deipazienti con scompenso cardiaco cronico. Si èimpiegato uno strumento in grado di inviare unsegnale nel momento in cui il paziente assume i


Aimonino Ricauda N., Isaia G., Tibaldi V., et al. - Il telemonitoraggio nel paziente anziano… 103medicinali, informando gli operatori dell’avvenutao, eventualmente, della mancata assunzione diterapia. Questo utilizzo ha permesso di aumentaresensibilmente la compliance terapeutica, ottenendodi conseguenza un significativo miglioramentodella salute fisica e mentale dei pazienti (10).I progetti di studio riguardanti pazienti conpatologie polmonari hanno dimostrato la capacitàdel telemonitoraggio di identificare cambiamentiprecoci nelle condizioni dei pazienti, al fine di fornireun tempestivo intervento ed evitare esacerbazioni.In una metanalisi del 2010 sono stati selezionati10 trial clinici, per un totale di 858 pazienti,relativi all’applicazione della Telemedicina inpazienti con BPCO. Quattro studi hanno confrontatole cure tradizionali con il telemonitoraggiodomiciliare, 6 studi randomizzati controllati hannoinvece confrontato le cure tradizionali con unsistema di supporto telefonico. Entrambe le metodichedi Telemedicina hanno dimostrato di ridurreil tasso di ospedalizzazione e di visite in urgenzaper questi pazienti. Inoltre, la Telemedicina haavuto risultati tendenzialmente superiori alle curetradizionali per quanto riguarda gli outcome relativialla qualità della vita e alla soddisfazione delpaziente (11).Tuttavia, sono ancora necessari studi randomizzatisu ampi campioni di pazienti per costru i re unasolida base di evidenze relative all’efficacia clinica,all’impatto sulla salute, al grado di accettazione daparte del paziente e del personale sanitario.LA TELEMEDICINA DOMICILIARE:MYDOCTOR@HOMEMateriali e metodiNel Novembre 2008, dalla collaborazione traTelecom Italia (TI), l’Azienda Ospedaliero-Universitaria(AOU) San Giovanni Battista di Torinoe l’Istituto Superiore Mario Boella (ISMB), è natala sperimentazione MyDoctor@Home, che ha resopossibile questo studio, attualmente ancora incorso, su pazienti ricoverati in regime di Ospedalizzazionea Domicilio (OAD). Lo studio è statoapprovato dal Comitato Etico del nostro ospedalee condotto nel rispetto della Dichiarazione diHelsinki.L’OAD è un servizio attivo dal 1985 pressol’AOU San Giovanni Battista di Torino (12-18). Ilservizio, attivo tutti i giorni, dalle ore 8 alle ore 20,con 4 medici, 13 infermieri professionali, 1 coordinatoreinfermieristico, 1 assistente sociale, 3 fisioterapiste,1 counsellor, si propone di portare acasa del malato i principali interventi diagnosticie terapeutici normalmente fruibili in ospedale.Per le emergenze notturne i pazienti fanno riferimentoal Servizio di Emergenza Regionale 118,con il quale il servizio ha stipulato un protocollod’intesa per la gestione notturna di situazioni diemergenza. Oltre all’attività di routine con visitedomiciliari programmate è garantita la possibilità,da parte del team di cura (medico+infermiere),di rispondere tempestivamente (20’-30’) allechiamate in emergenza e di effettuare accertamentidiagnostici complessi. Sono molteplici le prestazionisanitarie che si possono eseguire a casasenza trasferimenti in ospedale, dalle più sempliciquali prelievi ematici, medicazioni, esecuzionidi ECG, a prestazioni più complesse quali posizionamentodi cateteri vescicali, trattamento chirurgicodi piaghe da decubito, gestione di cannulevenose centrali e posizionamento di cateterivenosi tipo Midline e PICC, terapie infusionalicomprese infusioni di sangue ed emoderivati e difarmaci citostatici (previa preparazione delle soluzioniin ambiente protetto), paracentesi, posizionamentodi sondini naso-gastrici e di strumentitipo Holter per il monitoraggio pressorio e cardiaco,esecuzione di ecografie internistiche, ecocardiografie,ecoDoppler venosi ed arteriosi e teleradiografie.L’attivazione del servizio può avveniresu diretta richiesta del medico di Medicina Generalein alternativa all’invio del paziente inPronto Soccorso (15% dei casi), su richiesta deimedici dei reparti di degenza del nostro ospedale(dimissioni precoci ma protette, 25%) o direttamentedal Pronto Soccorso (PS) della nostra A-zienda (60%). Dal 1985 sono stati seguiti oltre11000 pazienti. Nel 2009, i pazienti seguiti in OADsono stati 452 (età media 80 anni); la durata mediadel ricovero è stata di 17 giorni. Da un’analisi deicosti diretti effettuata dalla nostra Azienda, è statacalcolata una spesa per paziente di circa 160 euroal giorno comprensiva del costo del personalemedico-infermieristico, riabilitativo, amministrativoe dei costi per farmaci, materiale sanitario enon, parco autovetture, trasporti in ambulanza.Nel marzo 2010 la Regione Piemonte ha prodottouna delibera (D.G.R. n. 85-13580 del 16 marzo2010) specifica per l’<strong>org</strong>anizzazione e la remunerazionedelle attività di assistenza specialistica diospedalizzazione domiciliare a carattere ospedaliero.Tale atto deliberativo rappresenta uno strumentofondamentale per lo sviluppo e la diffusionedi questo modello di cura.MyDoctor@Home è un servizio di Te l e m e d i c i n ache permette di misurare alcuni parametri fisiologicidei pazienti al proprio domicilio, e trasmetterli intempo reale alla struttura sanitaria di riferimento,per mezzo di appositi strumenti portatili, pro v v i s t idi un sistema di connettività Bluetooth.Obiettivo primario dello studio è verificare lafattibilità e l’usabilità di un servizio di telemonitoraggiodomiciliare su pazienti anziani affetti dascompenso cardiaco in fase di acuzie o broncopneumopatiacronica ostruttiva riacutizzata.In preparazione allo studio, per la messa a puntodel sistema sulla base del feedback da parte di


104 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>pazienti e operatori, sono stati condotti un corso diformazione per medici ed infermieri dell’OAD,finalizzato ad illustrare il progetto ed il funzionamentodegli strumenti in dotazione, uno studiop re l i m i n a re in cui è stato consolidato il modellodel servizio (studio pilota di 2 mesi su 5 pazienti),ed una valutazione indiretta della fruibilità delsistema, per mezzo di questionari e osservazionicompiute dal personale infermieristico.A tutti i soggetti coinvolti, pazienti ed operatori,è stato sottoposto un questionario orientato araccogliere informazioni in merito al livello di utilizzodella tecnologia, cercando di stabilire ilgrado di accettazione della tecnica di telemedicinaproposta. Il questionario, elaborato dall’ISMB,è stato concepito specificatamente per studiare larelazione tra le caratteristiche di un sistema e lasua accettazione da parte degli utenti, secondo ilcontesto in cui è utilizzato.Lo studio in corso è uno studio clinico randomizzatoe controllato nel quale i pazienti affetti daBPCO e/o Scompenso Cardiaco, ricoverati in OADdurante la fase acuta di malattia, sono randomizzatiin 2 gruppi: ad un gruppo sono consegnati glis t rumenti per eseguire il telemonitoraggio mentreil gruppo di controllo è seguito in maniera tradizionale,senza telemonitoraggio (Fig. 1).I criteri di inclusione nello studio sono: presenzadi scompenso cardiaco acuto classe NYHA II-III-IV e/o BPCO riacutizzata tipo I-II-III secondola classificazione di Anthonisen (19), con necessitàdi ricovero in ospedale; domicilio nell’area geograficadi appartenenza del Servizio di OAD; adeguatosupporto familiare e/o presenza di un caregiver;connessione telefonica al domicilio; consensoinformato del paziente e/o del familiare.Alla valutazione basale, per ogni pazientesono presi in esame: dati anagrafici e stato socioeconomico(età, sesso, stato civile, scolarità, condizioneeconomica, composizione del nucleofamiliare convivente), diagnosi motivante il ricovero,stato funzionale (ADL-Activities of DailyLiving e IADL-Instrumental Activities of DailyLiving) (20,21), stato cognitivo (MMSE-MiniMental State Examination) (22), tono dell’umore(GDS-Geriatric Depression Scale) (23), grado dicomorbidità (CIRS-Cumulative Illness RatingScale) (24), livello di complessità clinica in acuto( A PACHE II-Acute Physiology Score II) (25),caratteristiche del caregiver (età, sesso, grado diistruzione e di parentela, attività lavorativa) elivello di stress valutato mediante la RSS-Relatives'Stress Scale (26). Le stesse scale di valutazionesono ripetute alla dimissione.Al termine del ricovero in OAD il gruppo deipazienti assegnati alla telemedicina (casi) prosegueil telemonitoraggio al proprio domicilio utilizzandoi dispositivi medicali a disposizione edun telefono cellulare con funzione di gateway. IlArrivo del paziente inPronto SoccorsoValutazione criteri inclusione in OAD:• residenza nell’area geografica dell’OAD• presenza di un caregiver• presenza di un’utenza telefonicaR i c o v e ro in OADValutazione criteri inclusione nello studio:• Scompenso Cardiaco acuto NYHA I I - I I I - I V• BPCO I-II-III sec. A n t h o n i s e nCASI: trattamentotradizionale + telemonitoraggioR a n d o m i z z a z i o n eD i m i s s i o n eFig. 1 – Diagramma di flusso dello studio.CONTROLLI: solotrattamento tradizionalegateway è un applicativo che consente al cellularedi connettersi ai dispositivi medicali, tramite tecnologiaBluetooth integrata, durante la misurazionedei parametri fisiologici, e di inviare le misurazionirilevate al centro medico. Le misure rilevatedagli apparecchi elettromedicali sono trasferitevia Bluetooth al cellulare, che le inoltra, attraversouna rete dati (GPRS), ad un centro servizi, rendendolequindi accessibili via web nelle aree riservatedel portale MyDoctor@Home, dall’ospedalee dai pazienti stessi. Ogni invio di dati sensibili èprotetto da protocolli di criptazione, per garantirela privacy dei pazienti.Gli strumenti a disposizione sono elencati inFigura 2. A seconda della patologia del paziente,sono forniti differenti dispositivi medicali per larilevazione dei parametri fisiologici di interesse.Le diverse aggregazioni di strumenti vengonochiamate KIT e possono essere modificate, aggiungendoo ridefinendo le combinazioni a secondadelle esigenze.Gli strumenti consegnati rimangono stabilmenteal domicilio del paziente; l’unica eccezioneriguarda l’ECG e lo spirometro, portati e utilizzatisolo in presenza di un infermiere durante una


Aimonino Ricauda N., Isaia G., Tibaldi V., et al. - Il telemonitoraggio nel paziente anziano… 105BilanciaSfigmomanometroElettrocardiografoDISPOSITIVIOssimetroSpirometroGlucometroFig. 2 – Dispositivi di tele-monitoraggio in dotazione.visita domiciliare programmata.Al momento della consegna, l’infermiere incaricatoprovvede a mostrare al paziente ed al caregiveril funzionamento di ogni singola apparecchiatura,preoccupandosi di verificarne l’avvenutacomprensione. Dopodiché, al paziente ed alcaregiver viene richiesto di compiere le misurazionie completarne l’invio quotidianamente.Dopo le dimissioni dal ricovero in OAD il telemonitoraggioè protratto per un periodo non inferiorea 15 giorni. In questo periodo dall’ospedale sipuò accedere al database delle misurazioni, tramitelogin con nome utente e password, dall’URL:http://mydoctorathome.salute.telecomitalia.itQuotidianamente si osservano i valori inviatida ogni paziente e interpretati in base alla storiaclinica. Il portale offre anche la possibilità di visionarelo storico delle misurazioni per ogni paziente,e di refertare spirometrie ed ECG che vengonoeseguite a domicilio.In caso di decorso stabile, senza importanti alterazioninei parametri riscontrati, non sono programmatiinterventi di alcun tipo, eccetto un contattotelefonico con funzione di rinforzo positivo sulpaziente, a metà del periodo di telemonitoraggio,confermando l’ottimo andamento delle misurazioni.In caso di anomalie lievi o gravi dei parametri,riferibili a peggioramento della patologia in atto, siè scelto di adottare, in base alle situazioni, una tra leseguenti pro c e d u re: contatto telefonico con ilpaziente e/o caregiver per acquisire maggiori informazionio comunicare una variazione nella terapiain atto; visita infermieristica, per fornire un supportoterapeutico o diagnostico più avanzato (ECG,s p i rometria, etc.); visita medica, per una valutazionepiù completa su pazienti più gravi.In caso di visita infermieristica con esecuzionedi ECG o spirometria, è possibile coordinarsi conil medico in ospedale, in modo da ricevere intempo reale una refertazione telefonica e, adesempio, la conseguente variazione della terapiasulla base dei risultati.Anche i pazienti possono consultare le pro p r i emisurazioni. Ognuno riceve un nome utente ed unap a s s w o rd per accedere tramite il web alla pro p r i apagina personale sul portale MyDoctor@Home.È in corso anche una valutazione dei passaggimedico-infermieristici: si calcola il numero di visitemediche ed infermieristiche effettuate per ognipaziente durante il ricovero e la durata media diogni visita. Infine, vengono calcolate le misureeseguite per ogni strumento, le chiamate effettuateda ogni paziente durante il periodo di telemonitoraggioper problemi sia di ordine tecnico checlinico, indicando anche i provvedimenti adottatiin seguito alle chiamate, e le visite mediche e/oinfermieristiche evitate grazie a questa metodica.Il gruppo dei pazienti che non beneficiano deltelemonitoraggio (controlli), dopo il reclutamentonello studio e la prima valutazione mediante lascheda basale, seguono uno schema di ricoverotradizionale in OAD e al momento della dimissionevengono sottoposti alla stessa valutazione finaleofferta ai pazienti appartenenti al gruppo deltelemonitoraggio.RISULTATII dati preliminari riguardano un campionecostituito da 37 pazienti (24 donne e 13 uomini)ricoverati in Ospedalizzazione a Domicilio (OAD).Tali pazienti sono stati randomizzati in due gru p-pi: pazienti tele-monitorati (casi, n=18) e pazientinon tele-monitorati (controlli, n=19). Si tratta disoggetti di età molto avanzata: l’età media dell’inte ro campione è pari a 85,54 ± 7,35 anni (range 71-101). Non sono emerse diff e renze statisticamentesignificative per quanto riguarda le condizionianagrafiche tra i due gruppi presi in esame. Il24,32% dei pazienti era affetto da BPCO, il 75,68%


106 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>Tab. 1 – Caratteristiche basali del campioneCasi Controlli p(18 pz) (19 pz)N (%)Maschi 5 (13,52%) 8 (21,63%)Femmine 13 (35,13%) 11 (29,72%)Media ± DSEtà 86,28 ± 7,07 84,84 ± 7,74 0,559ADL 2,56 ± 2,08 3,26 ± 2,31 0,333IADL 6,50 ± 5,07 4,53 ± 3,45 0,173CIRS - Ic 3,00 ± 1,57 2,84 ± 1,01 0,717APACHE II 11,83 ± 2,77 13,74 ± 4,04 0,105MMSE 24,57 ± 5,72 23,12 ± 7,33 0,550GDS 20,71 ± 6,76 15,94 ± 3,46 0,014ADL: Activities of Daily Living.IADL: Instrumental Activities of Daily Living.CIRS: Cumulative Illness Rating Scale.APACHE II: Acute Physiology Score II.MMSE: Mini Mental State Examination.GDS: Geriatric Depression Scale.da scompenso cardiaco. Al momento del ricoverotutti i pazienti erano comorbidi e presentavano unmoderato grado di dipendenza e di non autonomia,un grado di complessità clinica di gradom o d e r a t o - s e v e ro, uno stato cognitivo mediamentec o m p romesso, senza diff e renze statisticamentesignificative tra i due gruppi. Per quanto riguard ail tono dell’umore, è emerso un livello di moderatadepressione dei pazienti, con una diff e renza statisticamentesignificativa al baseline tra i dueg ruppi. In particolare, è stato riscontrato un gradodi depressione più elevato nel gruppo dei casirispetto al gruppo dei controlli (20,71 ± 6,76 versus15,94 ± 3,46, p=0,014). Il grado di coinvolgimentoemotivo del care g i v e r, valutato mediante RSS, haevidenziato un punteggio medio di 23,50 ± 11 , 2 0n e l l ’ i n t e ro campione, indicante un livello di tensionepsichica moderato, senza diff e renze statisticamentesignificative tra i due gruppi (Tab. 1).Nel gruppo dei pazienti tele-monitorati, glistrumenti forniti sono stati utilizzati dal caregivernell’89% dei casi. I caregiver sono sia familiari delpaziente (72%), sia assistenti privati (28%), prevalentementedonne (94%), per lo più mogli o figlie,di età media intorno ai 58 anni e scolarità mediadi 10,2 anni.Dai dati sulle misurazioni, ottenuti attraversola piattaforma mydoctor@home, risulta che ilperiodo di telemonitoraggio è stato in totale di854 giorni. Durante questo periodo sono statecompiute 1110 misurazioni: 496 con lo sfigmomanometro,150 con il saturimetro, 310 con la bilancia,135 con il glucometro; inoltre, sono stati eseguiti15 ECG e 4 spirometrie da parte del personaleinfermieristico, senza la presenza del medico.L’esecuzione di ECG e spirometrie a domiciliosenza l’ausilio del medico, ma con refertazione intempo reale per via telematica, ha consentito dievitare 35 visite mediche.Durante il periodo di telemonitoraggio sonostati effettuati 38 contatti telefonici: 3 chiamate daparte dei pazienti per problemi tecnici relativi alfunzionamento della strumentazione, risolte facilmentenell’arco di 24 ore; 2 chiamate a cui è seguitauna visita infermieristica; 4 chiamate a cui èseguita una visita medica; 13 chiamate che hannoavuto una funzione di counselling; 16 chiamatecui è seguita una modificazione della terapia.Durante il periodo di ricovero sono state eseguitein totale 645 visite mediche. Si è osservato unt rend di riduzione delle visite mediche (n=253) nelg ruppo dei pazienti sottoposti a telemonitoraggiorispetto al gruppo di controllo (n=392), senza tuttaviaraggiungere la significatività statistica.Il tono dell’umore, al momento della dimissione,mostra un miglioramento statisticamentesignificativo solo nei pazienti tele-monitorati. Nelgruppo dei pazienti tele-monitorati, che risultavanopiù depressi dei controlli al baseline, il punteggiomedio della scala GDS si è ridotto alla valutazionefinale rispetto al valore basale (20,71 ± 6,76versus 16,21 ± 4,00, p=0,042).Inoltre, abbiamo rilevato una riduzione statisticamentesignificativa del livello di tensioneemotiva, misurato con la RSS, solo nel gruppo deifamiliari dei pazienti sottoposti a telemonitoraggio(14,44 ± 8,72, p=0,045).DISCUSSIONE E CONCLUSIONII pazienti anziani ricoverati sono quasi sempreaffetti da pluripatologie. In questi pazienti, chepossono essere considerati come fragili, spesso ilbuon esito del trattamento è condizionato, oltreche dall’intrinseca complessità clinica, anchedagli aspetti cognitivi, funzionali e sociali, considerandoche la casa e la famiglia possono rappresentareuna risorsa chiave nel successo delle cure.Pertanto, è necessario garantire a questi pazientiad alta complessità un modello di curabasato su approcci multidimensionali, con interventodi molteplici figure sanitarie di tipo medico,infermieristico ed assistenziale.In questo contesto la Telemedicina, applicatacome servizio di telemonitoraggio domiciliare,potrebbe risultare di grande utilità nel rilevaretempestivamente modificazioni anche lievi deiparametri vitali, spie di una possibile riacutizzazionedi malattia. Il fine è quello di fornire un tem-


Aimonino Ricauda N., Isaia G., Tibaldi V., et al. - Il telemonitoraggio nel paziente anziano… 107pestivo intervento ed evitare nuove esacerbazioni,ottenendo quindi una più sicura gestione delpaziente al proprio domicilio ed un possibile contenimentodelle risorse economiche sanitarie.Analogamente la tele-radiologia domiciliare aprenuovi orizzonti all’integrazione ospedale-territorioed alla continuità assistenziale dei pazienti piùcomplessi e fragili (27).Il nostro studio è ancora in corso, tuttavia irisultati preliminari sono molto incoraggianti,poiché dimostrano come la Telemedicina, applicataa pazienti molto anziani e comorbidi, affetti dapatologie croniche con frequenti riacutizzazioni,possa essere un mezzo efficace per migliorare laqualità dell’assistenza, il tono dell’umore deipazienti, alleviando la tensione di chi li assiste,senza influire sulla sopravvivenza rispetto allecure tradizionali.I risultati preliminari dello studio permettonodi dimostrare la fattibilità e l’usabilità di strumentazionidi telemonitoraggio applicate a pazientianziani con patologie croniche riacutizzate. Afronte di un possibile scetticismo iniziale, abbiamopotuto osservare una facilità di utilizzo daparte dei pazienti e dei loro caregivers, dimostrataanche dall’elevato numero di misure effettuate.Questo dato, per quanto limitato da un campioneridotto di pazienti, concorda con le sempre piùfrequenti esperienze positive di applicazioni deltelemonitoraggio in diversi ambiti di cura riportatein letteratura (28-33).


108 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>BIBLIOGRAFIA1. GAVRILOV L.A., HEUVELINE P.: Aging of population. In: P. Demenyand G. McNicoll (Eds): The encyclopedia of population. Macmillian ReferenceUSA, New York 2003.2. CLARKE M., JONES R.: A telemonitoring architecture to support chronicdisease management and acute episode monitoring. Conf. Proc. IEEE Eng.Med. Biol. Soc. 2005; 4: 3711-3713.3. CARDOZO L., STEINBERG J.: Telemedicine for recently discharged olderpatients. Telemed. J. E. Health 2010; 16: 49-55.4. PARÈ G., JAANA M., SICOTTE C.: Systematic Review of Home Telemo -nitoring for Chronic Diseases. Journal of the American Medical InformaticsAssociation 2007; 14: 269-277.5. DAR O., RILEY J., CHAPMAN C., et al.: A randomized trial of home tele -monitoring in a typical elderly heart failure population in North West London:results of the Home-HF study. Eur. J. Heart Fail. 2009; 11: 319-325.6. 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Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong> 109VITA AGLI ANNIa cura di:Sabatini D.VITA AGLI ANNI OVVERO IL VALORE DELPRESENTE-PASSATO“Lunga vita ed eterna giovinezza sono i duedesideri più diffusi tra gli uomini. Un terzo (desiderio)è proprio quello di conseguire i primi dued’assalto, come nella fiaba, non per strade lunghee dolorose” (1). In un’epoca di vuoti riempiti dascemenze funziona sempre il mito “giovani persempre”.Viceversa la proposta del futuro alla terza ealla quarta età è assennata, fatta non solo di speranzae di ottimismo, ma utile geragogicamente.Francesco Maria Antonini invitava a non guardaremai indietro come fece la moglie di Lot, trasformatain una statua di sale; Piero Ottone ci provocavaa imparare il cinese, e poi ad andare inCina ad esercitarci con la lingua; Eugenio Scalfariconsiglia di progettare il presente-futuro.Dunque la vecchiaia tutta tesa in avanti, e tuttadilatata sul detto ciceroniano che a nessun anzianopuò essere negata la vita di un nuovo giorno.Ci ho creduto anch’io, e ho sempre proposto (esognato) una vecchiaia senza porto, cioè senzacustodie e ormeggi, sempre in mare aperto, sempredentro la vita.M’è ripassato tra le mani Seneca (2) con i suoipensieri sulla brevità della vita. E ho cambiatoidea.Il futuro – dice Seneca – non è nostro perché èin mano al fato. Traduzione: il futuro è una speranza,un sogno.P rova a chiedere ad un centenario – diceSeneca – di ricontare i suoi anni, sottraendo adessi il tempo regalato ai creditori, alle donne, aipadroni, ai clienti, ai litigi con la moglie, al castigodei servi, alle visite d’obbligo e di cortesia; invitaloa togliere il tempo che gli hanno preso le malattieche si è procurato da sé.Alla fine, quanti anni restano?Il più grande ostacolo al vivere è l’attesa, chedipende dal domani e perde l’oggi.Meglio vivere il presente guardando al passato,perché il passato è tutto nostro.Il passato è la parte del nostro tempo sacra edinviolabile, al di sopra di tutte le vicende umane;non è turbato né dalla fame, né dalla paura, nédall’assalto delle malattie. Esso non può essere nécontaminato né sottratto; il suo possesso è eternoe inalterabile.Nel passato costruiamo momento dopo momento(presente dopo presente) la nostra storia ela nostra laica immortalità, se la nostra storiarimane anche nel ricordo degli altri.Il futuro – ho già detto – non è nostro.P roiettarsi nel futuro certamente aiuta i miraggie la psicologia: piantare le piante che vedranno inipoti, <strong>org</strong> a n i z z a re i viaggi a caccia di impre s s i o n i ,a s p e t t a re qualunque prossimo anniversario che ès e m p re una festa.Ma vivere il presente nella certezza che stiamocostruendo la nostra vita, per noi e per chi rimarrà,m’appare, ora che incomincio a sentire la miavecchiaia, la migliore prospettiva.FONTI1. ERNST BLOCH, citato da FRANCESCO BELLI-NO: Bioetica e qualità della vita, su web.2. SENECA: De brevitate vitae; Lettere a Lucilio.


110 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>GERIATRIA NEL MONDOa cura di:Zanatta A.PREDITTIVITÀ DEL D-DIMERO PER LARECIDIVA DI TROMBOEMBOLISMO NELPAZIENTE CHIRURGICO VERSUSINTERNISTICODouketis J., Tosetto A., Marcucci M., Baglin T., Cush -man M., Eichinger S., Palareti G., Poli D., Campbell Ta i tR., Iorio A. Ann. Intern. Med. October 19, 2010; 153:5 2 3 - 5 3 1 .Background: Nei pazienti internistici con precedenteprimo episodio di tromboembolia venosa(TEV), il riscontro di un elevato livello di D-dimero,dopo la sospensione della terapia anticoagulante,è associato a recidiva. Tuttavia, permangonodubbi sull’utilità della misurazione del D-dimeronel follow up per la continuazione o menodella terapia e sul cut off di D-dimero utilizzabileper predire la recidiva.Obiettivo: Determinare se il timing del test, l’etàdel paziente e il cut off utilizzato incidono sullapredittività del test.Ricerca dei dati: Ricerca completa dei databaseelettronici (MEDLINE, EMBASE, CINAHL, e laCochrane Central Register of Controlled Trials)fino al luglio 2010, integrata da abstracts e consensusconferences.Studio di selezione: 7 studi prospettici che hannoindagato l’associazione tra il valore del D-dimero(misurato dopo la sospensione di terapia anticoagulante)e recidiva di malattia.Estrazione dei dati: i dati dei pazienti in studiosono stati trasferiti in un unico database.Materiali e metodi: 1818 pazienti internistici con unprimo episodio di TEV sono stati seguiti per unamedia di 26,9 mesi (SD, 19.1). Uno studio stratificatoha incluso come fattori di confondimento possibili:l’età del paziente, il sesso, la terapia ormonale inuso al momento dell’evento, l’indice di massa corpo rea, i valori di D-dimero dopo sospensione dellaterapia anticoagulante e la trombofilia ere d i t a r i a .Il risultato ha indicato che la predittività di D-dimero (positivo vs negativo) è stato 2,59 (95% CI,1,90-3,52). Il modello di regressione di Cox e illog-rank test hanno confermato che il rischio direcidiva per la tromboembolia venosa è maggiorenei pazienti con un valore positivo di D-dimerorispetto a quelli con un valore negativo, a prescinderedal timing del dosaggio di D-dimero doposospensione della terapia anticoagulante o dall’etàdel paziente. Non è stato possibile individuareun cut off di D-dimero predittivo di recidiva.Limitazioni: le variabili non misurate possono incideresul rischio di recidiva di tromboemboliavenosa. La popolazione in studio era prevalentementebianca.Conclusioni: Nei pazienti internistici con un primoepisodio di TEV, in cui è stato dosato il D-dimero dopo la sospensione di terapia anticoagulante,il timing dei tests, l’età del paziente, il rangedi dosaggio ed il cut off utilizzato non permettonodi stratificare il rischio di recidiva di tromboemboliavenosa (alto versus basso).Commento: ci sono evidenze che un D-dimeropermanentemente alto alla sospensione di terapiaanticoagulante è un elemento predittivo per recidivadi tromboembolia venosa.Poiché la terapia anticoagulante presuppone monitoraggioe compliance elevata sarebbe auspicabileche gli studi futuri possano determinare uncut off utile per proseguire la terapia solo nei casiad elevato rischio.


Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong> 111CALENDARIO CONGRESSIXXII Congresso Nazionale S.I.G.Os.Gestione e Trattamento delle Malattie GeriatricheRoma 12-15 <strong>Maggio</strong> 2010Per informazioni:Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: congressline@congressline.netWeb: www.congressline.netConvegno Regionale S.I.G.Os.La Geriatria sarda nella terra della longevitàSassari 12 <strong>Giugno</strong> 2010Per informazioni:Congress LineVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: congressline@congressline.netWeb: www.congressline.netCorso Nazionale SIC SportSan Daniele del Friuli 10-11 Settembre 2010Per informazioni:Congress LineVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: congressline@congressline.netWeb: www.congressline.net6° Corso Nazionale Teorico-Pratico per Medici,Ingegneri, Tecnici e Infermieri del Laboratoriodi AritmologiaConegliano 20-22 Ottobre 2010Castelbrando - Cison di Valmarino TVPer informazioni:Congress LineVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: congressline@congressline.netWeb: www.congressline.net5° Congresso Nazionale FIMeGInvecchiare bene si puòRoma 14-16 <strong>Giugno</strong> 2010Per informazioni:Congress LineVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: congressline@congressline.netWeb: www.congressline.net55° Congresso SIGGInvecchiamento e longevità:più geni o più ambiente?Firenze 30 Novembre 2010 - 4 Dicembre 2010Per informazioni:Promo Leader Service CongressiVia della Mattonaia 17, 50121 FirenzeTel. +39 055 2462201Fax +39 055 2462270E.mail: sigg@promoleader.comWeb: www.promoleader.com21 st International Congress on thrombosis 2010Milano 6-9 Luglio 2010Per informazioni:ARSEducandi SrlViale Gian Galeazzo20136 MilanoTel. 02 58189242/62Fax 02 8373448E.mail: info@thrombosis2010.<strong>org</strong>registration@thrombosis2010.<strong>org</strong>Web: www.arseducandi.itXIII Convegno Nazionale Geriatrico “DottoreAngelico” Città di Aquino - Città di CassinoLa Geriatria Arte, Scienza e Cuore al serviziodelle criticità dell’Anziano: multimorbilità edanno cerebraleCittà di Aquino 9 Dicembre 2010Città di Cassino 10 Dicembre 2010Per informazioni:Congress LineVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598E.mail: congressline@congressline.netWeb: www.congressline.net


Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong> 113NORME PER GLI AUTORILa rivista GERIATRIA prende in esame per la pubblicazionearticoli contenenti argomenti di geriatria. Icontributi possono essere redatti come editoriali, articolioriginali, review, casi clinici, lettere al direttore.I manoscritti devono essere preparati seguendo rigorosamentele norme per gli Autori pubblicate di seguito, chesono conformi agli Uniform Requirements for ManuscriptsSubmitted to Biomedical Editors editi a cura dell’InternationalCommittee of Medical Journal Editors(Ann Intern Med 1997; 126: 36-47).Non saranno presi in considerazione gli articoli che nonsi uniformano agli standards internazionali.I lavori in lingua italiana o inglese vanno spediti in triplicecopia (comprendente pagina di titolo, riassunto ininglese, parole chiave in inglese, testo, figure, tabelle,didascalie, bibliografia) con relativo dischetto a:Geriatria - C.E.S.I. - Casa Editrice ScientificaI n t e r n a z i o n a l eVia Cremona, 19 - 00161 RomaTel. 06 44241343-44290783 Fax. 06 44241598cesiedizioni@cesiedizioni.comwww.cesiedizioni.comIn caso di invio on-line si prega di salvare il testo inrich text format (rtf).L’invio del dattiloscritto sottintende che il lavoro non siagià stato pubblicato e che, se accettato, non verrà pubblicatoaltrove né integralmente né in parte.Tutto il materiale iconografico deve essere originale.L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve esserecorredata da permesso dell’Editore.La rivista recepisce i principi presentati nella Dichiarazionedi Helsinki e ribadisce che tutte le ricercheche coinvolgano esseri umani siano condotte in conformitàad essi.La rivista recepisce altresì gli International GuidingPrinciples for Biomedical Research Involving Animalsraccomandati dalla WHO e richiede che tutte le ricerchesu animali siano condotte in conformità ad essi.Il lavoro deve essere accompagnato dalla seguentedichiarazione firmata da tutti gli Autori: “I sottoscrittiAutori trasferiscono la proprietà dei diritti di autorealla rivista Geriatria, nella eventualità che il lorolavoro sia pubblicato sulla stessa rivista.Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è statoinviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non èstato già pubblicato.Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, chehanno progettato e condotto e di aver partecipato allastesura e alla revisione del manoscritto presentato, dicui approvano i contenuti.Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoroè stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione diHelsinki e dei Principi Internazionali che regolano laricerca sugli animali”.Gli Autori accettano implicitamente che il lavoro vengasottoposto all’esame del Comitato di Lettura. In caso dirichiesta di modifiche, la nuova versione corretta deveessere inviata alla redazione o per posta o per via e-mailsottolineando ed evidenziando le parti modificate. Lacorrezione delle bozze di stampa dovrà essere limitataalla semplice revisione tipografica; eventuali modificazionidel testo saranno addebitate agli Autori. Le bozzecorrette dovranno essere rispedite entro 10 giorni a G e-riatria - C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale,Via Cremona, 19 - 00161 Roma. In caso diritardo, la Redazione della rivista potrà correggere d’ufficiole bozze in base all’originale pervenuto.I moduli per la richiesta di estratti vengono inviati insiemealle bozze.Gli articoli scientificipossono essere redatti nelle seguenti forme:Editoriale. Su invito del Direttore, deve riguardare unargomento di grande rilevanza in cui l’Autore esprimela sua opinione personale. Sono ammesse 10 pagine ditesto dattiloscritto e 50 citazioni bibliografiche.A rticolo originale. Deve portare un contributo originalea l l ’ a rgomento trattato. Sono ammesse 14 pagine di testodattiloscritto e 80 citazioni bibliografiche. L’ a r t i c o l odeve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materialie metodi, risultati, discussione, conclusioni.Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopodello studio. Nella sezione materiali e metodi descriverein sequenza logica come è stato impostato e portatoavanti lo studio, come sono stati analizzati i dati (qualeipotesi è stata testata, tipo di indagine condotta, come èstata fatta la randomizzazione, come sono stati reclutatie scelti i soggetti, fornire dettagli accurati sulle caratteristicheessenziali del trattamento, sui materiali utilizzati,sui dosaggi di farmaci, sulle apparecchiature noncomuni, sul metodo stilistico...). Nella sezione dei risultatidare le risposte alle domande poste nell’introduzione.I risultati devono essere presentati in modocompleto, chiaro, conciso ed eventualmente correlati difigure, grafici e tabelle.Nella sezione discussione riassumere i risultati principali,analizzare criticamente i metodi utilizzati, confrontarei risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura,discutere le implicazioni dei risultati.Review. Deve trattare un argomento di attualità edinteresse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento,analizzare le differenti opinioni sul problema


114 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 3 <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>trattato, essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura.Sono ammesse 25 pagine di testo dattiloscrittoe 100 citazioni bibliografiche.Caso Clinico. Descrizioni di casi clinici di particolareinteresse. Sono ammesse 8 pagine di testo e 30 citazionibibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nellesezioni: introduzione, caso clinico, discussione, conclusioni.P reparazione dei lavoriI lavori inviati devono essere dattiloscritti con spaziodue, su una sola facciata (circa 28 righe per pagina)e con margini laterali di circa 3 cm. Gli Autori devonoinviare 3 copie complete del lavoro (un originale e duefotocopie) e conservare una copia dal momento che idattiloscritti non verranno restituiti. Le pagine vannonumerate progressivamente: la pagina 1 deve contenereil titolo del lavoro; nome e cognome degli Autori; l’istituzioneove il lavoro è stato eseguito; nome, indirizzocompleto di C.A.P. e telefono dell’Autore al qualedovrà essere inviata ogni corrispondenza.Nella pagina 2 e seguenti devono comparire un riassuntoe le parole chiave in inglese; il riassunto deveessere al massimo di 150 p a r o l e .Nelle pagine successive il testo del manoscrittodovrà essere così suddiviso:I n t ro d u z i o n e, breve ma esauriente nel giustificarelo scopo del lavoro.Materiali e metodi di studio: qualora questi ultimirisultino nuovi o poco noti vanno descritti dettagliatamente.R i s u l t a t i .D i s c u s s i o n e .C o n c l u s i o n i .B i b l i o g r a f i a: le voci bibliografiche vanno elencate enumerate nell’ordine in cui compaiono nel testo e compilatenel seguente modo: cognome e iniziali dei nomidegli Autori in maiuscolo, titolo completo del lavoro inlingua originale, nome abbreviato della Rivista comeriportato nell’Index Medicus, anno, numero del volume,pagina iniziale e finale. Dei libri citati si deve indicarecognome e iniziali del nome dell’Autore (o degli A u-tori), titolo per esteso, nome e città dell’editore, anno,volume, pagina iniziale e finale.Ta b e l l e: vanno dattiloscritte su fogli separati e devonoessere contraddistinte da un numero arabo (con riferimentodello stesso nel testo), un titolo breve ed unachiara e concisa didascalia.Didascalie delle illustrazioni: devono essere preparatesu fogli separati e numerate con numeri arabicorrispondenti alle figure cui si riferiscono; devonocontenere anche la spiegazione di eventuali simboli,frecce, numeri o lettere che identificano parti delle illustrazionistesse.I l l u s t r a z i o n i: tutte le illustrazioni devono recarscritto sul retro il numero arabo con cui vengono menzionatenel testo, il cognome del primo Autore ed unafreccia indicante la parte alta della figura.I disegni ed i grafici devono essere eseguiti in nerosu fondo bianco o stampati su carta lucida ed avere unabase minima di 11 cm per un’altezza massima di 16 cm.Le fotografie devono essere nitide e ben contrastate.Le illustrazioni non idonee alla pubblicazione sarannorifatte a cura dell’Editore e le spese sostenute sarannoa carico dell’Autore.I lavori accettati per la pubblicazione diventano diproprietà esclusiva della Casa editrice della Rivista enon potranno essere pubblicati altrove senza il permessoscritto dell’Editore.I lavori vengono accettati alla condizione che nonsiano stati precedentemente pubblicati.Gli Autori dovranno indicare sull’apposita scheda,che sarà loro inviata insieme alle bozze da correggere,il numero degli estratti che intendono ricevere e ciòavrà valore di contratto vincolante agli effetti di legge.Gli articoli pubblicati su G E R I AT R I A sono redattisotto la responsabilità degli A u t o r i .N.B.: I lavori possono essere inviati via e-mail a cesiedizioni@cesiedizioni.com oppureper posta su CD o pen drive salvati in word.


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