Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006
Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006 Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006
di non essere assidui consumatori di prodotti tipici rumeni acquistatiin Italia: qualcuno si è detto non interessato a consumarli;altri non si fidano della condizioni igieniche in cui versano questiprodotti, specie se importati dalla Romania; altri, ancora, si fannoportare ciò di cui hanno bisogno direttamente dai loro parenti cheli vengono a trovare o quando loro stessi tornano in patria per levacanze. La presenza del business dei prodotti tipici, dunque, confermain qualche modo la duplicità di un collettivo di passaportola cui numerosa presenza in Italia va di pari passo con l’apparenteindividualismo dei suoi membri.Un punto cruciale per questo tipo di riflessione è considerare ilruolo che l’associazionismo riveste all’interno dell’esperienza migratoriadi questo collettivo di passaporto. Questo perché, tradizionalmente,la propensione all’associazionismo viene collegataal prolungarsi del soggiorno nel Paese di arrivo e all’aumento delnumero di connazionali presenti sul territorio. Questi due elementi,infatti, dovrebbero favorire il sorgere di associazioni perrivendicare riconoscimenti e diritti sociali (F. Decimo, G. SciortinoG. (a cura di), 2006). Eppure il caso dei Rumeni è più complicato.Questo perché è possibile ipotizzare che un soggiorno di lungoperiodo nel Paese di arrivo produca, a certe condizioni, la privatizzazionedelle relazioni sociali e dei percorsi migratori e, dunque, ilvenir meno della centralità dell’identità etnica e del conseguentebisogno di associarsi. Ancora, variabili cruciali possono essereil diversificarsi dei progetti migratori o la distanza geografica eculturale tra il Paese di partenza e quello di arrivo: migranti connazionalità e culture più simili a quelle del Paese ospitante, comequelli provenienti dall’Est europea, avrebbero una minore esigenzadi associarsi ed uscire dai circuiti solidaristici informali. Infine,un incentivo all’associarsi può essere rappresentato dalla presenzadi un tessuto associativo relativamente sviluppato già in patria(ibidem). Una ricerca del 2001 svolta dal Cnel sulle associazionidegli stranieri in Italia rivela come solo il 6% delle associazionirilevate appartengano a gruppi nazionali provenienti dall’Europadell’Est; tra queste la maggior parte sono di matrice albanese, enon rumena (ibidem). Gli elementi sopra citati possono contribuire64
a spiegare il perché di questo scarso tessuto associativo; tuttavia,quello che sembra più utile è riflettere non tanto sul numero diassociazioni fondate, quanto sulle loro caratteristiche. Per farequesto verranno presentate due associazioni, una a livello nazionale,La Lega dei Rumeni in Italia (Lri), e una appena fondata aBergamo, l’associazione Dacia.La Lega dei Rumeni in Italia nasce il 28 maggio 2005 a Milano, duranteil suo primo congresso. La Lega è un’organizzazione senzacolore politico e scopo di lucro, che raduna molte della associazionirumene presenti in Italia. A far parte della Lega, insiemea queste associazioni, sono anche alcune delle principali realtàche contribuiscono alla comunità rumena in Italia, come giornali,imprenditori, chiese ortodosse, e alcune persone fisiche che nonappartengono a nessun ente od associazione ma che svolgono unlavoro a favore della comunità. Lo scopo della Lri è di diventarel’interlocutore privilegiato delle autorità italiane e il principalerappresentante dei Rumeni in Italia, per difenderne i diritti e gliinteressi, promuovere una corretta immagine della Romania eprendere posizione nelle situazioni ufficiali che interessano la comunitàrumena. Il presidente della Lri per la zona nord-ovest èMarian Mocanu, uno dei membri fondatori della Lega.L’associazione Dacia, fondata da poco a Bergamo, fa parte dellaLri ed è presieduta da Emilia Stoica, ingegnere residente a Bergamo.Il vice presidente è il dottor Marco Baratto. La sede si trovapresso la Cisl, in via Carnovali. Lo scopo dell’associazione non èsolo quello di rivolgersi ai Rumeni presenti a Bergamo, ma anchee soprattutto quello di essere un ponte che favorisca conoscenzae dialogo tra Italiani e Rumeni. Le attività che Dacia si proponedi intraprendere sono la promozione e il sostegno di iniziative dicarattere culturale e sociale per diffondere ed incrementare le relazionistoriche e culturali tra Italia e Romania; la collaborazionecon enti pubblici e privati per promuovere attività di promozione ediffusione delle tradizioni rumene; il coordinamento delle attivitàdi promozione culturale sul territorio lombardo per incrementarel’integrazione tra i popoli. Per creare questo dialogo l’associazionesi propone di promuovere iniziative di gemellaggio tra le città lom-65
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di non essere assidui consumatori di prodotti tipici rumeni acquistatiin Italia: qualcuno si è detto non interessato a consumarli;altri non si fidano della condizioni igieniche in cui versano questiprodotti, specie se importati dalla Romania; altri, ancora, si fannoportare ciò di cui hanno bisogno direttamente dai loro parenti cheli vengono a trovare o quando loro stessi tornano in patria per levacanze. La presenza del business dei prodotti tipici, dunque, confermain qualche modo la duplicità di un collettivo di passaportola cui numerosa presenza in Italia va di pari passo con l’apparenteindividualismo dei suoi membri.Un punto cruciale per questo tipo di riflessione è considerare ilruolo che l’associazionismo riveste all’interno dell’esperienza migratoriadi questo collettivo di passaporto. Questo perché, tradizionalmente,la propensione all’associazionismo viene collegataal prolungarsi del soggiorno nel Paese di arrivo e all’aumento delnumero di connazionali presenti sul territorio. Questi due elementi,infatti, dovrebbero favorire il sorgere di associazioni perrivendicare riconoscimenti e diritti sociali (F. Decimo, G. SciortinoG. (a cura di), <strong>2006</strong>). Eppure il caso dei <strong>Rumeni</strong> è più complicato.Questo perché è possibile ipotizzare che un soggiorno di lungoperiodo nel Paese di arrivo produca, a certe condizioni, la privatizzazionedelle relazioni sociali e dei percorsi migratori e, dunque, ilvenir meno della centralità dell’identità etnica e del conseguentebisogno di associarsi. Ancora, variabili cruciali possono essereil diversificarsi dei progetti migratori o la distanza geografica eculturale tra il Paese di partenza e quello di arrivo: migranti connazionalità e culture più simili a quelle del Paese ospitante, comequelli provenienti dall’Est europea, avrebbero una minore esigenzadi associarsi ed uscire dai circuiti solidaristici informali. Infine,un incentivo all’associarsi può essere rappresentato dalla presenzadi un tessuto associativo relativamente sviluppato già in patria(ibidem). Una ricerca del 2001 svolta dal Cnel sulle associazionidegli stranieri in Italia rivela come solo il 6% delle associazionirilevate appartengano a gruppi nazionali provenienti dall’Europadell’Est; tra queste la maggior parte sono di matrice albanese, enon rumena (ibidem). Gli elementi sopra citati possono contribuire64