Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006
Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006 Rumeni a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006
“Difficoltà della lingua, difficoltà di...Allora Bergamo è una città unpo’ più particolare, nel senso che sono un po’ chiusi, abbastanzachiusi direi. E uno straniero quando arriva, ci sono delle barriereda scavalcare. Perciò chiedo che per superare queste cose ci vuoledel tempo, perché ti devono conoscere, non so. Però ho avuto delledifficoltà, nel senso che non avevo amici, non avevo nessuno, ero dasola, però in questa struttura (le cliniche Gavazzeni) sono riuscitacomunque a farmi degli amici, dei conoscenti, mentre i 10 mesi zerototale, guardavo la tv, imparavo la lingua, niente altro”.Le cose sono andate meglio una volta che sei arrivata alla Gavazzeni?“Una volta che ho iniziato alla Gavazzeni, avevo paura di parlare,perché giustamente...è vero che sono stata 10 mesi per conto mio,ho studiato italiano, mi sono portata un sacco di libri, ma all’inizioavevo paura di aprire la bocca. Eppure ho lavorato, mi hanno messoalla reception, cioè il posto peggiore per uno straniero. Perché vuoldire che se sei alla reception, vuol dire che tu conosci benissimo lalingua, sia a capirla che a risponderla. Mi ricordo ancora all’inizio,io ho iniziato a settembre, nel 2000, a lavorare qua. Mi ricordo chela gente era gentilissima. Quando si sono avvicinate le vacanze diNatale quando andavano via mi dicevano buon Natale e buone feste,solo che io non sapevo come dire anche a voi...voi mi sembrava un po’dispregiativo, non mi dava quella...non so. Qui si usa la terza personadel singolare e del plurale, mentre in Romania è la seconda sia alsingola che al plurale e mi sembrava un po’...non sapevo rispondere.Prendevo un po’ di tempo...intanto loro uscivano, dicevo anche e sifermava lì. Poi ho sentito le ragazze che dicevano anche a voi e hodetto ecco, la risposta è questa che devo dire. Però ero molto attentaalle domande, alle richieste, perché avevo tantissima paura, dico, mimandano via perché non è che conosca benissimo l’italiano. Poi pianpiano, lì al pubblico credo che mi ha atto molto bene, perché sonostata obbligata a parlare a rispondere. Poi va beh, dopo sono stataal centralino, adesso al servizio clienti e così via, non ho più questiproblemi della lingua”.E con i tuoi colleghi?“All’inizio c’erano ragazzi, maschi, erano l’unica...no, prima di me42
sono state altre due ragazze, però sono state anche loro assunte inGavazzeni. Perché io lavoravo in una cooperativa, non ero assuntada Gavazzeni. Le hanno prese e sono rimasta sola come ragazza, poisono arrivati altre ragazze, una ragazza russa, una ragazza italiana epian piano...però a quel punto non avevo più paura, perché erano giàpassati due anni quando sono venute le altre ragazze. Poi ho iniziatol’università e a quel punto, sì, il lavoro era importantissimo, però erofelicissima quando andavo a studiare, anche perché facendo i turnilavoravo anche al sabato, anche alla domenica, riuscivo...avevo duegiorni alla settimana liberi ed ero sempre in città alta. Poi quandofinivo alle due, perché iniziavo alle sei del mattino, avevo tutto ilpomeriggio da passare...oppure al mattino ero libera e cominciavoalle due. Niente, così sono riuscita a frequentare, mentre adesso vabeh, è un po’ difficile perché l’orario d’ufficio...poi non riuscivo più afrequentare, però...[...] Nel mio futuro vedo un dottorato di ricerca,ma non so se si avvererà. Finirò la specialistica poi se farò un dottoratosarò la donna più felice del mondo. Il lavoro va beh, adesso va,continua e va bene...non so, farò un figlio” (int. 2).“La mia storia è una lunga storia...ho conosciuto mio marito attraversoil folklore, ci siamo conosciuti...lui faceva parte di un gruppofolkloristico che si chiamava San Pellegrino, di Bergamo, e attraversoil folklore ci siamo conosciuti in Romania, due anni di fidanzamentoe sabato facciamo dodici anni di matrimonio. Poi va beh, mi sonotrasferita in Italia, dopo un anno e mezzo di casalinga e centinaia dicurriculum in giro sono riuscita ad entrare in questa azienda, superando62 candidati maschi e sono stata fortunata più che altro perl’esperienza che avevo acquisito in Romania. Perché avevo 18 anni discuola, 6 di università, ma l’università l’ho fatta serale, quindi lavoravoin fabbrica, dove sono partita praticamente dall’operaia, ma proprio,cioè, che lavoravo di brutto, alla catena, fino al tecnico, all’ufficiotecnico, poi ingegnere responsabile di un reparto dal punto di vistatecnico. Cioè proprio...ero arrivata proprio attraverso tutte questetappe anche a una...quando ho finito l’università ero già responsabiledi reparto. Era una cosa graduale, praticamente man mano che arrivavanoil secondo, il terzo, il quarto anno di università io poi anche43
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sono state altre due ragazze, però sono state anche loro assunte inGavazzeni. Perché io lavoravo in una cooperativa, non ero assuntada Gavazzeni. Le hanno prese e sono rimasta sola come ragazza, poisono arrivati altre ragazze, una ragazza russa, una ragazza italiana epian piano...però a quel punto non avevo più paura, perché erano giàpassati due anni quando sono venute le altre ragazze. Poi ho iniziatol’università e a quel punto, sì, il lavoro era importantissimo, però erofelicissima quando andavo a studiare, anche perché facendo i turnilavoravo anche al sabato, anche alla domenica, riuscivo...avevo duegiorni alla settimana liberi ed ero sempre in città alta. Poi quandofinivo alle due, perché iniziavo alle sei del mattino, avevo tutto ilpomeriggio da passare...oppure al mattino ero libera e cominciavoalle due. Niente, così sono riuscita a frequentare, mentre adesso vabeh, è un po’ difficile perché l’orario d’ufficio...poi non riuscivo più afrequentare, però...[...] Nel mio futuro vedo un dottorato di ricerca,ma non so se si avvererà. Finirò la specialistica poi se farò un dottoratosarò la donna più felice del mondo. Il lavoro va beh, adesso va,continua e va bene...non so, farò un figlio” (int. 2).“La mia storia è una lunga storia...ho conosciuto mio marito attraversoil folklore, ci siamo conosciuti...lui faceva parte di un gruppofolkloristico che si chiamava San Pellegrino, di <strong>Bergamo</strong>, e attraversoil folklore ci siamo conosciuti in Romania, due anni di fidanzamentoe sabato facciamo dodici anni di matrimonio. Poi va beh, mi sonotrasferita in Italia, dopo un anno e mezzo di casalinga e centinaia dicurriculum in giro sono riuscita ad entrare in questa azienda, superando62 candidati maschi e sono stata fortunata più che altro perl’esperienza che avevo acquisito in Romania. Perché avevo 18 anni discuola, 6 di università, ma l’università l’ho fatta serale, quindi lavoravoin fabbrica, dove sono partita praticamente dall’operaia, ma proprio,cioè, che lavoravo di brutto, alla catena, fino al tecnico, all’ufficiotecnico, poi ingegnere responsabile di un reparto dal punto di vistatecnico. Cioè proprio...ero arrivata proprio attraverso tutte questetappe anche a una...quando ho finito l’università ero già responsabiledi reparto. Era una cosa graduale, praticamente man mano che arrivavanoil secondo, il terzo, il quarto anno di università io poi anche43