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Corriere della Sera - Laboratorio Storia Rovereto

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CORRIERE DELLA SERA/CULTURA lunedì 15 settembre 2003Il popolo scomparsonella Grande guerraI trentini si divisero: soldati per Francesco Giuseppe o l’ItaliaMolti conobbero la morte in trincea, i civili furono deportatidi SERGIO LUZZATTODella Grande guerra, credevamo di sapere molto, quasi tutto: salvo scoprire di recente, quasinovant'anni dopo il suo scoppio, che non ne sapevamo abbastanza. Perché non bastava avernericostruito le vicende militari dal fronte occidentale all'orientale, da Verdun a Vladivostok; nébastava farne la storia politica con il vecchio sistema <strong>della</strong> doppia lavagna, i buoni da una parte icattivi dall'altra, neutralisti o interventisti, pacifisti o guerrafondai. La Grande guerra fu molto piùe molto peggio di questo. Fu un immenso e tragico laboratorio dove si sperimentarono - consolerte incoscienza - i mali incurabili del Novecento: la morte inflitta su scala industriale, ledeportazioni di massa, l'universo concentrazionario. Per ritrovarla davvero, occorreva dunquerestituire una voce e un volto alle sue innumerevoli cavie: ai milioni di uomini donne vecchibambini che, quand'anche scampati all'esperienza di trincea, rimasero marchiati per sempredalle stigmate del conflitto.In Italia, gli studiosi che più hanno contribuito a scrivere questo nuovo racconto <strong>della</strong> Grandeguerra sono riuniti in un piccolo cenacolo di provincia, il <strong>Laboratorio</strong> di storia dì <strong>Rovereto</strong>. Doveappunto si è lavorato per raccogliere - presso istituzioni locali come il Museo storico italiano <strong>della</strong>guerra, o istituzioni contigue come il Museo storico in Trento - testimonianze scritte e figurate dichi provò a dire l'indicibile e a guardare l'inguardabile: in trincea, la convivenza forzata tra vivie morti, la poltiglia umana dei soldati disintegrati dagli obici; nelle retrovie, il trauma fisico epsicologico <strong>della</strong> deportazione: il paesaggio sinistramente uniforme delle baracche di un lager,lo sguardo spento dei profughi anziani, l'aria smarrita dei bambini. Adesso, a coronamento diuna ricerca decennale, scritture e immagini di guerra prodotte dalle genti del Trentino sonostate raccolte, per cura di Quinto Antonelli e Diego Leoni, in un volume di straordinariaricchezza, illustrato da oltre mille fotografie inedite e dolorosamente intitolato II popoloscomparso.Per chi voglia studiare l'inferno <strong>della</strong> Grande guerra, il Trentino rappresenta un involontarioparadiso: non soltanto in quanto teatro di duri scontri militari, ma anche in quanto frazione diquella problematica realtà multietnica che era l'Impero austroungarico. Dal 1914 in poi, aitrentini successe di tutto. Gli uomini ritenuti in grado di portare le armi - quelli dai diciotto aicinquant'anni - si divisero tra soldati dell'imperatore e volontari del re: tra una maggioranza disudditi asburgici che volenti o nolenti si mobilitarono sotto le bandiere di Francesco Giuseppe, euna minoranza di irredentisti che disertando vestirono il grigioverde di Vittorio Emanuele III. Alloscopo di tenerli lontani dall'Italia, quasi tutti i soldati dell'imperatore furono assegnati alfronte orientale. Combatterono in Galizia.1


Se sfuggiti all'ecatombe, vennero fatti (o si diedero) prigionieri in Russia, dove finì per coglierli larivoluzione bolscevica. Allora, ve ne furono che decisero di unirsi all'Armata rossa di Trockij, perriscattare se stessi in nome del proletariato. Mentre quelli rimasti fedeli all'Intesa si ritrovarono -chi libero chi prigioniero, chi arruolato chi sbandato - sotto i cieli sterminati dell'Asia: in Siberia,in Turkestan, addirittura in Cina. Indipendentemente dalle picaresche avventure dei combattenti,quasi nessuno dei loro familiari - genitori, mogli, figli - poté attenderne a casa il sospirato ritorno,o l'odiato telegramma che li dichiarava deceduti. Per ragioni economiche e politiche oltrechémilitari, varie decine di migliaia di trentini vennero evacuati dalle autorità asburgiche verso leprovince centrali dell'Impero: in Tirolo, in Boemia, in Moravia. Ventimila di loro furono invececoncentrati in lager austriaci, «città di legno» dove restarono tre lunghi anni e dove la miseria, lasporcizia, la fame concorsero a decimarli.Come per una beffarda rivincita <strong>della</strong> vita sulla morte, le scritture dei soldati e dei profughi,vergate con grafia più o meno sicura sulle pagine di sdruciti quadernetti di diario o affidateall'incerto destino <strong>della</strong> corrispondenza epistolare, sono nondimeno giunte fino a noi. Edocumentano nel più parlante dei modi il vissuto di guerra del «popolo scomparso». Peresempio, il pregiudizio antisemita di un soldatino precipitato nella bolgia galiziana, che si vedeoffrire cibo e donne da «un Abreo furbo come il diavolo». O la rabbia misogina di un sacerdote inservizio presso un ospedale dietro le linee, disgustato per l'arrivo di quattro intraprendenticrocerossine («alle loro case non avranno proprio niente da fare»). O ancora, il residuod'innocenza dell'internato a Mauthausen che riesce a descrivere un paese «bellino», con levillette «coperte di pergolato di rose o di viti americane».Ma quel che rende questo splendido libro qualcosa di unico nel suo genere, sono le fotografie chegli storici di <strong>Rovereto</strong> hanno saputo ritrovare nelle cantine e nei solai delle case trentine, e hannoqui pubblicato per la prima volta: quasi tutte scattate dai soldati e dai profughi stessi, con undilettantismo più rappresentativo di qualunque professionismo. Prevedibili, eppureimpressionanti le immagini del conflitto combattuto in alta quota, tra le nevi dell'Adamello e lerocce delle Dolomiti, da valligiani trasformati in eschimesi. Più sorprendenti le foto dellemacchine e degli animali, confusi nell'impasto di modernità e di arcaismo che fu tipico <strong>della</strong>Prima guerra mondiale: telefoni da campo e cani da slitta, mezzi corazzati e piccioni viaggiatori,aerei da incursione e orsi siberiani... Commoventi le immagini dei bambini deportati nei lager,intorno a cui si cercò di allestire il simulacro di un'infanzia normale: la foto di classe, il servizioda chierichetti. Più di tutti inquietanti, i ritratti di gruppo dei soldati prigionieri spogliati dalleguardie per la disinfestazione. Uomini nudi davanti a uomini vestiti, che con burocratico zelone registrano i nomi: le prove generali di uno spettacolo a venire.Mille foto inediteIl volume «II popolo scomparso. Il Trentino, i Trentini nella prima guerra mondiale (1914-1920)»è stato curato dal <strong>Laboratorio</strong> di storia di <strong>Rovereto</strong> coordinato da Quinto Antonelli e Diego Leoni.Il volume, pubblicato da Nicolodi (pagine 646, euro 70), raccoglie oltre mille fotografie inedite,disegni, immagini devozionali. Le fotografie sono in gran parte di gruppi, per cui riuniscononell'insieme migliaia di volti, soldati italiani, austriaci e tedeschi.2

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