Dimensione Fumettodi Mario PasqualiniSatoshi Kone la differenza fra così e cosìDieci anni fa trovaiin un videonoleggiouna Vhs con in copertinauno splendido disegnovirato in blu raffiguranteuna ragazzadistesa fra fiori, peluche,telefoni, microfoni, foglie,bottiglie, nastri e roba elettronicache mi conquistòall’istante.Il f<strong>il</strong>m era ancor più bello dellacopertina e <strong>il</strong> suo titolo è PerfectBlue, opera prima del registagiapponese Satoshi Kon: lastoria della idol Mima, del suo fanstalker e dei misteriosi omicidi cheaccadono intorno a lei. Ma più ancoradella trama di Perfect Blue, è interessantesapere che questo thr<strong>il</strong>lerè stato realizzato a cartoni animatiper puro caso, visto che in originedoveva essere girato “live action”,con attori in carne e ossa, e poiper problemi pratici si è scelta l’animazione.Questa informazione è assolutamenterivelatrice del livello di considerazione dicui gode l’animazione in estremo Orientee che diffic<strong>il</strong>mente sarebbe concepib<strong>il</strong>ealtrove: la differenza fra azione dal vivo eanimazione è che l’azione dal vivo ha certecaratteristiche tecniche e l’animazionealtre, ma questo non prescinde <strong>il</strong> genere, <strong>il</strong>soggetto, <strong>il</strong> ritmo o altro.Satoshi Kon ha capito perfettamente questoconcetto e la sua esigua produzionene è la dimostrazione lampante: cinquef<strong>il</strong>m che sono indagini sul comportamentoumano messo di fronte a un evento che èesattamente <strong>il</strong> contrario di quanto si credeva.Ecco quindi pellicole come M<strong>il</strong>lenniumActress, la vita di un’attrice in cui <strong>il</strong> ricordo siconfonde con la realtà e soprattutto le dueeccellenze Tokyo Godfather e Paprika doveKon dimostra in maniera inoppugnab<strong>il</strong>eche <strong>il</strong> cartone animato non è un generee non ha limiti espressivi.Nel primo f<strong>il</strong>m ci troviamo nel remake delwestern In nome di Dio di John Ford con lavicenda di tre senzatetto che tentano di riportarealla madre una neonata, mentre nelsecondo assistiamo alle avventure di unapsicologa che si trova a contrastare dei criminaliin possesso di una tecnologia per <strong>il</strong>controllo delle persone per via onirica.In entrambi i casi si sarebbe benissimo potutorealizzare i f<strong>il</strong>m dal vivo, ma la fantasiavisiva di Kon ci ha invece consegnato deigioielli d’inventiva grafica in cui s’esprimeal meglio la potenza straordinaria del cartoneanimato, l’ultima frontiera dell’espressionismoperché niente potrà esprimerecosa esattamente vuole un regista megliodi un suo disegno diretto. Il miglior attoredel mondo non è in grado di raggiungerel’esatta idea del regista, mentre invece<strong>il</strong> disegno sì. Paprika, in particolare, con isuoi mondi surreali e le tematiche preludioper quelle di Inception, trasporta lo spettatoreall’interno della più sconvolgente frenesiacoloristica per accumulazione vistasul grande schermo dai tempi di Fantasia2000. Kon è considerato fra i maestri assolutidell’animazione mondiali e la sua prematurascomparsa lo scorso agosto, subito dopola conclusione della sua ultima fatica, ciha privati di chissà quanti altri fiori, peluche,telefoni, microfoni, foglie, bottiglie, nastri eroba elettronica.VIA CESARE BATTISTI, 18 - ASCOLI PICENO (DIETRO PIAZZA DEL POPOLO)matrixmg@libero.it - TEL. 0736.25484926 |
di Paolo SciamannaIl nome può essere fuorviante:Marina and the Diamonds non éun gruppo. È una ragazza nata in Gallese “Fam<strong>il</strong>y Jewels” é <strong>il</strong> suo album d’esordio.Un cd con la C, composto da tredicitracce, nessuna di queste fuori luogo,anonima o semplicemente brutta. Sonovenuto a conoscenza di Marina vedendosu YouTube <strong>il</strong> suo video forse più commerciale:“Shampain”. Non male. Poi, comesempre, ho spulciato <strong>il</strong> suo canale emi sono accorto che “Shampain” è in realtà<strong>il</strong> suo ultimo singolo, <strong>il</strong> quinto. Sonodiventato Marina-dipendente dopo averascoltato “Satisfied”, primo brano del cd.Se avete letto i miei precedenti articoli,sarete a conoscenza della mia sconfinatadelusione riguardo le non-novità che civengono propinate dai discografici (<strong>il</strong> solitomore of the same insomma). Qualcunopare avermi ascoltato dopotutto: “Fam<strong>il</strong>yJewels” è la mia arca di Noè. So cheè una goccia in mezzo al mare, ma sonofelicissimo.L’album non si lascia ascoltarecon grande semplicità: parecchidei miei amici hanno storto<strong>il</strong> naso dopo un paio di canzoni.Sì, l’impatto è, come dire,strano, diffic<strong>il</strong>mente troveremoqualcosa di sim<strong>il</strong>e in giro. “Fam<strong>il</strong>yJewels” è come <strong>il</strong> sushi: oti piace o ti fa schifo. La voce diMarina è la punta di diamantedell’intero operato, riuscendo ariprodurre acuti limpidi ma soprattuttopotenti note basse. Il paragone a Björkci può stare, se aiuta a farvi un’idea, manon è nemmeno così vero. A mio parere,l’impatto sonoro del disco ha qualcosadi bucolico, di fresco intriso di una leggerapazzia senza però stravolgere troppola consuetudine pop, se così si puòdefinire. Il bello è che è un nuovo pop.Ovviamente tutto ciò, ha avuto successo,ma non quanto ne avrebbe dovuto avere.Ovviamente. Ad esempio, “Mowgli’sRoad” campiona, a inizio canzone, <strong>il</strong> rumoree <strong>il</strong> verso di una scimmietta meccanicae tutto <strong>il</strong> ritmo e la melodia dellacanzone prendono le sembianze quasidi una marcetta. So che è diffic<strong>il</strong>e da capiresolo leggendo una mera spiegazione,ma non è fac<strong>il</strong>e fare di più. Quello cheposso dire è che finalmente c’è qualcosache va ascoltato, nonostante non siateappassionati del genere.