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Mensile di<br />
attualità e cultura<br />
Anno 2 N. 6<br />
<strong>Giugno</strong> <strong>2015</strong><br />
L’ARTE DEL LIUTAIO<br />
COZZE<br />
ALLA PUEPP(E)TEDDE<br />
Una ricetta fra storia e modi di dire<br />
L’ARCA DELL’ALEANZA<br />
Un mistero che viene dalla Bibbia<br />
TERZO TEMPO LIGABUE TRIBUTE<br />
Come nasce una band<br />
LA TRADIZIONE ORAFA<br />
DI VALENZA<br />
Una mostra sull’arte del gioiello<br />
I GRANDI DELLA FOTOGRAFIA: MARIO DE BIASI
2 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 3
IN PRIMO PIANO<br />
6 L’arte del liutaio.<br />
12 I Terzo Tempo Ligabue Tribute:<br />
come nasce una band.<br />
CULTURA<br />
20 La tradizione Orafa di Valenza<br />
Una mostra sull’arte del gioiello.<br />
26 Dalla rivista Ouroboros<br />
L’Arca dell’Alleanza.<br />
36 I grandi della fotografia:<br />
Mario De Biasi.<br />
NOTIZIE E CURIOSITÀ<br />
18 Nuovi Volti all’<strong>Orizzonte</strong><br />
Casting e selezioni <strong>2015</strong>.<br />
RUBRICHE<br />
34 Gli antichi mestieri:<br />
l’arte del fabbro.<br />
41 Fotografando<br />
45 <strong>Orizzonte</strong> Food<br />
Cozze alla puepp(e)tedde.<br />
50 San Benedetto Po<br />
Tortelli di zucca<br />
con sugo di salsiccia.<br />
52 Lo sapevate che<br />
L’asparago selvatico.<br />
57 Oroscopo del mese.<br />
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna<br />
parte della pubblicazione può essere<br />
riprodotta, rielaborata o diffusa senza<br />
espressa autorizzazione. della Direzione.<br />
Le opinioni espresse negli articoli<br />
impegnano solo gli autori e non coinvolgono<br />
né rappresentano il pensiero<br />
della Direzione.<br />
4 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
EDITORIALE<br />
In genere si crede che l’arte della liuteria sia cosa<br />
d’altri tempi. Stradivari, Guarnieri del Gesù, Gaspare<br />
da Salò sono nomi sepolti nella polvere dei secoli, legati<br />
a personaggi quasi da favola che, chiusi nei loro<br />
laboratori da alchimisti, modellavano legni, studiavano<br />
forme e inventavano vernici con l’unico scopo di rendere<br />
quanto più puro possibile il suono degli strumenti<br />
che andavano a creare.<br />
Cose da Rinascimento. Oggi si suppone che i moderni<br />
strumenti a corda nascano in aziende specializzate:<br />
Fender, Gibson, Yamaha, e non s’immagina che<br />
esista ancora chi li produce a mano, curvando legni<br />
e studiando forme nella sua bottega, sperduta nella<br />
provincia di Reggio Calabria; e che faccia questo lavoro<br />
non per tradizione familiare ma per passione. E<br />
parliamo ancora di musica per vedere come nasce una<br />
una tribute band, come si evolve, conquistando giorno<br />
dopo giorno briciole di notorietà fino a giungere all’attenzione<br />
del grande pubblico.<br />
Lo spazio dedicato alla cultura questa volta prende<br />
in considerazione l’Arca dell’Alleanza, con le sue implicazioni<br />
bibliche, e un’interessante mostra sull’arte orafa<br />
valenzana. Infine l’immancabile angolo del food, che<br />
sempre cultura è, con le ricette della tradizione, che<br />
riportano agli antichi sapori e alle consuetudini delle<br />
nostre radici.<br />
Franco Ardito<br />
ORIZZONTE MAGAZINE<br />
Mensile di attualità e cultura<br />
Anno 2 n. 6 - <strong>Giugno</strong> <strong>2015</strong><br />
Reg. trib. di Bari n° 19/2014<br />
Franco Ardito<br />
Direttore Responsabile<br />
Angelo Ferri<br />
Direttore Editoriale<br />
Redazione<br />
via dei Mille, 50/A - 70126 Bari (BA)<br />
tel.: 080 9697552<br />
e-mail: direzione@orizzontemagazine.it<br />
www.orizzontemagazine.it<br />
La collaborazione avviene su invito.<br />
Articoli e materiali non si restituiscono.<br />
La Direzione si riserva di adattare<br />
testi, illustrazioni e fotografie alle<br />
esigenze della pubblicazione.<br />
Gli articoli sulle Aspiranti Modelle<br />
continuano su<br />
Articoli e immagini vanno inviati per<br />
e-mail a:articoli@orizzontemagazine.<br />
it Gli articoli dovranno pervenire in<br />
formato doc o docx e le immagini in<br />
formato jpeg, con una risoluzione<br />
non inferiore a 300 ppi.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 5
L’ARTE DEL LIUTAIO<br />
di Maurizio Chionno<br />
di Filippo Latella<br />
B<br />
asta un sapiente tocco<br />
sulle corde giuste,<br />
lì proprio sulla buca,<br />
per creare la magia.<br />
Una magia possibile solo grazie<br />
alla chitarra. Sei corde, una cassa<br />
armonica, la tastiera e il gioco è<br />
fatto. Sembra semplice ma solo le<br />
sapienti mani di un esperto liutaio<br />
possono costruire una chitarra<br />
capace di emettere un suono unico,<br />
perfetto.<br />
Nel nostro terzo appuntamento<br />
con gli antichi mestieri conosceremo<br />
un giovane che ha deciso<br />
di abbracciare un’arte che risale<br />
al Rinascimento, per la precisione<br />
al XVI secolo, quella del liutaio,<br />
appunto. Ma cosa fa un liutaio?<br />
Semplicemente costruisce e restaura<br />
strumenti a corda ad arco<br />
6 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
e a pizzico come chitarra, mandolino<br />
e violino.<br />
E per carpire i segreti del mestiere<br />
abbiamo incontrato Francesco<br />
Rappoccio nella sua bottega di<br />
Cannitello, in provincia di Reggio<br />
Calabria.<br />
Francesco, quando nasce la passione<br />
per la liuteria?<br />
“Tutto è iniziato in Irlanda. Lì ho<br />
studiato per anni in diverse scuole,<br />
dove ho avuto la possibilità di fare<br />
apprendistato. Infatti, le tante ore<br />
di laboratorio mi hanno permesso<br />
di mettere in pratica gli elementi di<br />
teoria acquisiti in precedenza.”<br />
Perché proprio in Irlanda?<br />
“Perché l’Irlanda ha una buona<br />
tradizione nella costruzione degli<br />
strumenti acustici, con tante scuole<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 7
prestigiose. E poi lì vivono dei miei<br />
parenti, così ho colto l’occasione, anche<br />
per imparare la lingua inglese.”<br />
La tua arte è eredità di famiglia?<br />
“No, sono il primo liutaio in famiglia.<br />
Mio nonno era un bravo chitarrista,<br />
mio zio un batterista, ma entrambi<br />
si sono limitati a suonare lo strumento.<br />
Io ho deciso di andare oltre,<br />
di carpirne i segreti.”<br />
Quali strumenti in particolare<br />
ami costruire?<br />
“Mi sono specializzato nella costruzione<br />
della chitarra classica ed elettrica.<br />
Al rientro dall’estero ho frequentato<br />
una scuola di Bisignano,<br />
con i maestri De Bonis, approfondendo<br />
lo studio della chitarra classica.<br />
È quella che mi dà maggiori<br />
soddisfazioni costruire.”<br />
Da quanto tempo hai avviato<br />
la tua bottega?<br />
“Ho avviato l’attività da circa<br />
quattro anni e per rendere<br />
riconoscibile il mio lavoro ho<br />
ideato un brand, “FRANK”,<br />
con il quale marchio ogni<br />
strumento prodotto.”<br />
La bottega è semplice: un<br />
tavolo da lavoro, gli attrezzi<br />
del mestiere appesi alle pareti<br />
o accomodati su mensole,<br />
alcune creazioni esposte,<br />
uno stereo acceso con<br />
musica che ispiri musica.<br />
Costruisci da solo ogni<br />
parte dello strumento?<br />
“Potrei farlo e per alcune<br />
commissioni l’ho fatto ma,<br />
in verità, anche se pratico<br />
8 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
un antico mestiere, oggi<br />
la tecnologia aiuta, perfeziona<br />
il lavoro. E così<br />
a volte compro alcune<br />
parti dello strumento ma<br />
tutto il resto lo costruisco<br />
a mano, tengo molto a<br />
lasciare la mia impronta,<br />
il mio stile.”<br />
Ti ispiri a qualche liutaio<br />
in particolare?<br />
“Non uno in particolare.<br />
Ho studiato volutamente<br />
con diversi maestri, proprio<br />
perché credo che<br />
non sia un bene seguirne<br />
sempre e solo uno. Variare<br />
mi ha aiutato ad apprendere<br />
tecniche diverse,<br />
stili diversi, cosi sono<br />
riuscito a crearne uno mio.<br />
Poi i diversi corsi di aggiornamento,<br />
anche on-line, con importanti maestri<br />
americani, mi aiutano a stare<br />
al passo con i tempi, con la parte<br />
moderna di questo lavoro.”<br />
Che tipo di legno usa un liutaio?<br />
“Per il mondo acustico classico si<br />
usa in genere palissandro indiano,<br />
abete o cedro: tutti legni stagionati<br />
di una certa qualità. Invece, per<br />
quanto riguarda l’elettrico, si ha più<br />
scelta: noce, acero, frassino, ontano,<br />
ebano.”<br />
E gli strumenti? No, non li abbiamo<br />
dimenticati. Il bello di questa<br />
arte è che non ci sono attrezzature<br />
particolari ma semplici<br />
utensili come morse, scalpelli da<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 9
legno, la fresa elettrica o la piastra<br />
riscaldata per piegare le fasce<br />
delle chitarre classiche.<br />
Gli unici strumenti indispensabili<br />
sono le mani e le idee del liutaio.<br />
È lì che nasce la magia. Vero,<br />
Francesco?<br />
10 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Studio Vangi<br />
commercialisti in Modugno<br />
via S. Teresa, 14 - 70026 Modugno (BA)<br />
www.studiovangi.it<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 11
I TERZO TEMPO<br />
LIGABUE TRIBUTE<br />
COME NASCE UNA BAND<br />
di Sabrina Rosa<br />
Foto di Marco Baldi<br />
E’<br />
il 2010 quando tutto<br />
ha inizio e i primi<br />
componenti della cover<br />
band dei Terzo<br />
Tempo Ligabue Tribute si incontrano,<br />
dando così vita a quello<br />
che, oggi, è uno dei più affermati<br />
gruppi della Capitale e non solo.<br />
Ma come nasce una cover band?<br />
E, soprattutto, quant’è difficile la<br />
strada da percorrere per arrivare<br />
al successo? Lo abbiamo chiesto<br />
direttamente a lui, Simone Liga,<br />
voce dei Terzo Tempo, in un’intervista<br />
esclusiva, che il cantante<br />
romano ha concesso a <strong>Orizzonte</strong><br />
<strong>Magazine</strong>, in occasione dell’ultimo<br />
concerto tenutosi a Roma<br />
qualche giorno fa.<br />
Approfittiamo, quindi, del momento<br />
prima dell’inizio dell’esibizione<br />
della band per parlare un<br />
po’ con lui. Simone, 36 anni, trasmette<br />
sempre una grandissima<br />
energia dal palco, conquista il suo<br />
pubblico facilmente, di serata in<br />
serata, tra battute e canzoni interpretate<br />
con una voce profonda<br />
che riporta immediatamente a<br />
quella del Liga nazionale. Aspetto<br />
sicuro di sé quando ha un microfono<br />
in mano, ma sempre senza<br />
montarsi la testa, senza atteggiarsi<br />
a grande divo; lo abbiamo visto,<br />
però, anche infervorarsi, a fine<br />
concerto, di nuovo con i jeans<br />
e la giacca a vento sportiva, parlando<br />
della morte del suo cane,<br />
ucciso anni fa, fino ad arrivare a<br />
sostenere la causa di un’associazione<br />
animalista (Angeli a 4 zampe),<br />
proprio grazie ai suoi tour.<br />
Una personalità articolata, quindi,<br />
che riserva sorprese a ogni nuova<br />
domanda e, in particolare, a ogni<br />
nuova risposta. Dunque, iniziamo<br />
proprio dall’origine, ossia dal domandare<br />
a Simone come nascono<br />
i Terzo Tempo.<br />
“I Terzo Tempo nascono nel 2010,<br />
un po’ per gioco - ci risponde -<br />
All’epoca, infatti, stavo cercando un<br />
mixer e ne ho trovato uno in vendita<br />
su un giornale locale; l’ho acquistato<br />
e, una volta provato, sembrava<br />
davvero non funzionare. Quindi ho<br />
contattato il venditore, che poi era<br />
12 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Fabio Mel, chitarrista del gruppo, e<br />
per testare lo strumento, abbiamo<br />
fatto partire una base, di quelle già<br />
registrate, che era proprio di Ligabue.<br />
Io per scherzo mi sono messo<br />
a cantare e sia Fabio che un altro<br />
musicista presente, sono rimasti<br />
colpiti dalla mia voce, ossia da<br />
come era straordinariamente simile<br />
a quella del cantautore emiliano. Io,<br />
all’epoca, già cantavo da 20 anni,<br />
loro suonavano da tempo, così abbiamo<br />
deciso di mettere su una<br />
cover band di Ligabue, per vedere<br />
come andava. Da qui è nato il nostro<br />
viaggio, che è partito da Roma,<br />
ma poi ha visto coinvolte anche altre<br />
realtà diverse, incontrando nel<br />
proprio percorso personaggi famosi,<br />
come Marco Baldini o l’entourage<br />
di Linus. Abbiamo provato anche<br />
a fare della musica nostra, ma con<br />
questa non abbiamo avuto quella<br />
scintilla, che ci ha, invece, sempre<br />
guidati nel cammino, come tribute,<br />
facendo le canzoni di Luciano.”<br />
E così la storia dei Terzo Tempo<br />
prende origine cinque anni<br />
fa, dopo di che come procede la<br />
vostra avventura?<br />
”Le battaglie per arrivare fin qui<br />
sono state tantissime: dal guadagnare<br />
soli venti euro e chiedere uno<br />
spazio minimo di mezz’ora per esibirsi<br />
al doversi accontentare di locali<br />
scadenti pur di farsi conoscere<br />
al pubblico. Ci rimettevano invece<br />
che guadagnare. E qui si apre tutta<br />
un’altra questione, perché la situazione<br />
dei locali di Roma è davvero<br />
complessa e articolata; nella nostra<br />
città non è facile, infatti, trovare<br />
spazi di esibizione se non si ha un<br />
certo nome; alcuni locali accettano<br />
solo tribute che siano note a livello<br />
nazionale, come oggi lo siamo<br />
noi. Però non abbiamo mai mollato,<br />
perché ci credevamo in questo<br />
sogno e l’impatto con la gente era<br />
ed è tutt’ora davvero particolare.<br />
Ricorderò sempre la frase del proprietario<br />
del primo locale - l’Angel’s<br />
Beer sulla Casilina - che, alla fine<br />
della prima serata mi disse: «Simone<br />
è incredibile, voi non cantate, ma<br />
trasmettete una magia, che rotola<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 13
giù dal palco e arriva alla gente».<br />
Questa frase ce la siamo sempre<br />
portata dietro. Probabilmente perché<br />
siamo pieni di energia o perché<br />
io non mi limito a cantare, ma voglio<br />
essere uno show man, perché<br />
amo scherzare, parlare con la gente,<br />
interagire. I Terzo Tempo hanno<br />
quindi iniziato a ridefinirsi; è cambiata<br />
la formazione, perché spesso<br />
per raggiungere obiettivi specifici<br />
occorre fare tagli drastici, piccole<br />
rivoluzioni, e così è stato anche per<br />
noi. Oggi, dopo cinque anni, suono<br />
con professionisti che sono anche<br />
amici, e che mi hanno dato tantissime<br />
soddisfazioni.<br />
Insieme abbiamo superato anche<br />
momenti di crisi; una band, passando<br />
tantissimo tempo insieme, deve<br />
condividere i più diversi aspetti organizzativi<br />
ed economici, e tutto ciò<br />
comporta impegno e sacrifici. Se<br />
manca l’amicizia e la coesione, la<br />
tribute muore.<br />
La nostra forza è quella di non sentirci<br />
mai arrivati, anche se qualche<br />
grossa soddisfazione ce la siamo già<br />
tolta. Cinque anni fa sognavamo<br />
di poterci esibire<br />
al Locanda Blues, il primo<br />
step importante per una<br />
band capitolina, e ci siamo<br />
arrivati davvero. Non<br />
solo, siamo andati oltre,<br />
fino a essere chiamati da<br />
Stazione Birra, perché il<br />
fenomeno dei Terzo Tempo<br />
si stava espandendo<br />
a macchia d’olio. Quella<br />
sera per noi fu il battesimo<br />
del fuoco: 512 paganti.<br />
Così oggi Stazione Birra<br />
per la nostra band è una<br />
seconda casa.<br />
Ovviamente il problema<br />
di Roma e del rapporto<br />
tra locali e musicisti esiste<br />
e va sottolineato, perché<br />
il mercato è saturo per<br />
ogni tipo di situazione; di<br />
tribute ne esistono tantissime<br />
e spesso non viene<br />
premiata la qualità. I Terzo<br />
Tempo forse costano<br />
un po’ di più rispetto ad<br />
altri gruppi, ma abbiamo<br />
un buon seguito, collaboriamo con<br />
musicisti famosi, ci impegniamo<br />
tantissimo; eppure questo sembra<br />
ancora non bastare, per cui spesso<br />
siamo costretti ad estenuanti trattative<br />
economiche.<br />
Il vantaggio di avere una tribute<br />
di qualità, che richiama gente, che<br />
probabilmente tornerà ancora in<br />
quel locale in cui si è trovata bene,<br />
anche senza concerto, è un valore<br />
aggiunto che il mercato romano, al<br />
momento, non sembra ancora voler<br />
recepire. Al Nord questo non lo ab-<br />
14 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
iamo vissuto; dall’Emilia Romagna<br />
in su sembra esserci una maggiore<br />
attenzione allo spettacolo, mentre<br />
qui stiamo vivendo una condizione<br />
di profonda crisi non solo economica,<br />
ma soprattutto culturale”.<br />
Chi è rimasto oggi della prima<br />
formazione dei Terzo Tempo?<br />
“Oggi della formazione iniziale rimangono<br />
Fabio Mel, chitarrista, e<br />
Valerio Nero, polistrumentista, che<br />
è stato un po’ l’artefice di quasi tutta<br />
l’escalation musicale dei Terzo<br />
Tempo, convincendomi a forzare la<br />
mano anche su questioni delicate.<br />
E, fino ad oggi ha avuto sempre<br />
ragione.<br />
A loro si aggiungono Alex De Carli,<br />
chitarrista solista, e Paolo El Paco,<br />
bassista, arrivato due anni fa, anche<br />
lui per caso, proprio nel momento<br />
in cui il bassista ci mancava.<br />
Una persona speciale Paco, sempre<br />
sul pezzo, con un groove eccezionale,<br />
ma soprattutto con un cuore<br />
immenso: è molto simile a Mel, generosità<br />
e dolcezza assolute!<br />
L’uso di tre chitarre insieme nel concerto<br />
crea un muro del suono incredibile,<br />
difficile da trovare in altri<br />
gruppi. Ma con noi suona spesso<br />
anche Josè Fiorilli, che per 8 anni si<br />
è esibito sul palco insieme a Ligabue<br />
come tastierista.<br />
Gli ultimi concerti sono stati per noi<br />
veri e propri eventi: l’esibizione di<br />
sabato 16 Maggio, alla festa della<br />
birra a Testaccio, ha visto un pubblico<br />
di 8.000 persone, che è rimasto<br />
ad ascoltare fino all’ultima canzone<br />
sotto al palco.”<br />
Che differenza c’è fra il Simone<br />
che sta sul palco e quello della<br />
vita di ogni giorno?<br />
“Il Simone che sta sul palco e quello<br />
che sta giù sono due persone<br />
che conducono vite parallele e, pur<br />
avendo molti lati simili, non si incontrano<br />
mai, non si toccano.<br />
Il Simone senza palco non farebbe<br />
la stessa vita di oggi; il primo palco<br />
io l’ho calcato a 16 anni, grazie<br />
a mio fratello Gianluca, che è<br />
un grande artista; dopo venti anni<br />
non è cambiato nulla: l’emozione è<br />
sempre forte come la prima volta.<br />
Il Simone sul palco è uno showman<br />
un po’ pazzo, che riesce in ogni si-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 15
tuazione a dare il meglio di sé. Il Simone<br />
senza palco è molto più timido<br />
ed introverso, pensa agli aspetti<br />
importanti della vita, si dedica alla<br />
famiglia e al lavoro, litiga per strada<br />
se qualcuno compie effrazioni in<br />
macchina.<br />
Anche di giorno mi capita d’intrattenere<br />
gente per lavoro, riesco a<br />
tenerla mezz’ora seduta intorno ad<br />
un tavolo, anche senza la musica;<br />
è per questo che vedo in me due<br />
Simone paralleli”.<br />
A questo punto è quasi d’obbligo<br />
chiedere quale sia il rapporto di<br />
Simone Liga con Luciano Ligabue.<br />
“Rapporti personali e privati - risponde<br />
- con Ligabue, purtroppo,<br />
non ci sono mai stati, a parte tre regali<br />
che mi sono arrivati direttamente<br />
a casa da parte sua, cosa che mi<br />
ha fatto tantissimo piacere. In più c’è<br />
stata una citazione, che lui stesso<br />
ha fatto nella sua pagina, sui Terzo<br />
Tempo, ma non si è mai andati oltre.<br />
Da quanto ci hanno raccontato<br />
Ligabue non ha mai avuto un occhio<br />
particolarmente dolce nei confronti<br />
delle tribute band, forse anche perché<br />
ce ne sono troppe e tante che lo<br />
interpretano male, scimmiottandolo,<br />
tentando di creare una copia fedele.<br />
Questo ci ha sempre differenziato:<br />
i Terzo Tempo non sono una copia,<br />
ma un vero e proprio tributo, che ha<br />
la fortuna di avere grandi musicisti<br />
che suonano a livello di quelli di Ligabue<br />
e un front man con una voce<br />
molto simile alla sua, ma noi diamo<br />
del nostro sempre, cambiando anche<br />
i pezzi, rendendoli rock o soft, in<br />
un locale in cui ci esibiamo in versione<br />
acustica.<br />
Ci teniamo molto a mantenere la<br />
nostra identità di Terzo Tempo,<br />
viviamo un minimo di esaltazione<br />
nelle grandi serate, ma in ogni<br />
modo restiamo sempre con i piedi<br />
per terra. Interpretiamo, quindi, Ligabue<br />
in maniera fedele, ma anche<br />
personale”.<br />
Quali sono le emozioni su un<br />
palco?<br />
“Ogni volta che sali su un palco le<br />
emozioni sono tantissime. Quando<br />
parte la sigla è sempre come se<br />
nascessi per la prima volta in una<br />
dimensione nuova, nuovissima, anche<br />
se è un’emozione che hai già<br />
vissuto. Il batticuore dura almeno<br />
per due canzoni e il primo approccio<br />
con il pubblico, anche se è un<br />
pubblico amico, è comunque sempre<br />
un primo approccio, quindi ogni<br />
volta è diversa dalla precedente.<br />
Questa cosa spero rimanga sempre<br />
e, quando svanirà, ci chiederemo se<br />
sarà davvero il caso di continuare”.<br />
L’intervista volge alla fine; non<br />
rimane altro da domandare a Simone<br />
se c’è qualcos’altro che voglia<br />
dire ai nostri lettori.<br />
“Voglio concludere - dice - con un<br />
grande ringraziamento a Zio Alex,<br />
così è noto il nostro manager, che<br />
da sempre ha creduto in noi, ci ha<br />
16 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
aiutati, rimettendoci anche dei soldi<br />
pur di sostenerci: ha curato la pubblicità,<br />
ha creato, stampato e diffuso<br />
poster e locandine, ha contattato<br />
la gente, i Comuni, le Pro Loco, ha<br />
organizzato eventi.<br />
Una volta che è saltata una serata<br />
è andato in depressione per tre<br />
giorni, perché davvero è immenso<br />
l’entusiasmo che mette in quello<br />
che fa, l’energia che spende per seguire<br />
i Terzo Tempo.<br />
Questo per lui è un sogno che vede<br />
realizzarsi giorno dopo giorno, e ci<br />
tengo a regalargliene un pezzo in<br />
più ogni sera”.<br />
Salutiamo, così, Simone Liga e<br />
con lui Valerio Nero, Fabio Mel<br />
e Paolo El Paco, presenti all’intervista.<br />
Ringraziamo Fabio, gestore<br />
del Risto-Birreria “Sott’an Treno”,<br />
che ci ha ospitati per l’occasione,<br />
concedendoci lo spazio per l’incontro<br />
con i Terzo Tempo.<br />
Questa è la storia della nascita<br />
di una cover band, tra successi e<br />
difficoltà, sogni e disillusioni. Nel<br />
prossimo numero vi parleremo<br />
invece di come nasce un fan club,<br />
perché il mondo della musica ha<br />
mille sfaccettature diverse e qui<br />
vogliamo proporne alcune inconsuete,<br />
che vivono lontane dai riflettori<br />
e dalla musica del palco<br />
ma che ne costituiscono parte<br />
integrante e vitale.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 17
CASTING E SE<br />
www.orizzontem<br />
<strong>Orizzonte</strong> Model Agency, struttura<br />
professionale rivolta al mondo<br />
della moda, riparte con le<br />
selezioni per arricchire il proprio<br />
catalogo professionale e coprire<br />
le diverse esigenze del settore.<br />
Dopo l’ottimo risultato riscontrato<br />
lo scorso anno, promuove<br />
nuovamente il suo progetto<br />
NUOVI VOLTI ALL’O-<br />
RIZZONTE, nato<br />
nei primi mesi<br />
del 2014 e rivolto<br />
a ragazze e ragazzi<br />
che vogliono affacciarsi<br />
al mondo della<br />
moda come indossatrici,<br />
fotomodelle/i,<br />
ragazze/i immagine per<br />
pubblicità, cataloghi e<br />
progetti fotografici.<br />
Nella prima edizione<br />
del 2014 sono stati<br />
selezionati otto<br />
nuovi volti, (Erika<br />
da Silva, Miriana<br />
Giustolisi,<br />
Hugo Ferreira,<br />
Valentina Mecca,<br />
Eleonora<br />
Marziello, Lorenzo<br />
Laraspata,<br />
Maria Colucci e<br />
Gema Bercelò)<br />
che, prima<br />
di essere proposti ad aziende e<br />
case di moda, parteciperanno<br />
gratuitamente a un Corso di Portamento<br />
da noi organizzato presso<br />
la nostra sede.<br />
Il Corso, che per i non selezionati<br />
18 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
LEZIONI <strong>2015</strong><br />
odelagency.it<br />
o per altri partecipanti è a pagamento,<br />
ha lo scopo di completare<br />
la formazione dei partecipanti<br />
per metterli in grado di presentarsi<br />
alle aziende col massimo<br />
della qualità e professionalità.<br />
La seconda edizione di NUOVI<br />
VOLTI ALL’ORIZZONTE seguirà<br />
le stesse procedure del precedente:<br />
tutti coloro che vorranno<br />
partecipare alle selezioni dovranno<br />
registrarsi sul sito www.orizzontemagazine.it/partecipa,<br />
compilando tutti i campi<br />
obbligatori. Verranno<br />
quindi contattati per<br />
un incontro conoscitivo<br />
e per gli<br />
scatti di prova<br />
in sede o in<br />
esterna.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 19
LA TRADIZIONE<br />
ORAFADI VALENZA<br />
UNA MOSTRA SULL’ARTE DEL GIOIELLO<br />
di Fabrizio Capra<br />
D<br />
al 12 giugno fino al<br />
2 agosto Valenza, in<br />
provincia di Alessandria,<br />
ospita una interessante<br />
mostra dedicata ai gioielli.<br />
Organizzata dal Comune in<br />
collaborazione e con il contributo<br />
della Fondazione Cassa di Risparmio<br />
di Alessandria, l’esposizione<br />
ha sede presso la Villa Scalcabarozzi,<br />
splendido gioiello liberty<br />
già sede storica dell’Associazione<br />
Orafa Valenzana.<br />
Titolo della mostra: “Valenza e<br />
l’arte del gioiello. Damiani e la tradizione<br />
orafa. Gioielli d’artista a cura<br />
di Vittorio Sgarbi”. Ed è proprio il<br />
titolo della mostra che anticipa la<br />
20 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
sua suddivisione in tre parti:<br />
• la storia dell’oreficeria, con la<br />
ricostruzione di un laboratorio<br />
orafo dei primi del Novecento<br />
e alcune delle migliori<br />
creazioni degli artigiani valenzani;<br />
• una selezione degli splendidi<br />
gioielli della Maison Damiani,<br />
accompagnati da alcune rare<br />
immagini, per raccontare i<br />
novant’anni della prestigiosa<br />
azienda valenzana;<br />
• una raccolta di oltre cinquanta<br />
gioielli realizzati da artisti<br />
moderni e contemporanei,<br />
alcuni mai esposti, selezionati<br />
dal critico Vittorio Sgarbi.<br />
Alla storia dell’Oreficeria valenzana<br />
è stata destinata parte del<br />
piano interrato, dove è stato ricostruito<br />
un laboratorio di oreficeria<br />
degli inizi del novecento, completo<br />
di tutte le attrezzature e le<br />
apparecchiature che ne facevano<br />
parte. In questo piano è esposto<br />
il materiale dell’Associazione<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 21
“Amici del Museo d’Arte Orafa di<br />
Valenza” e dei Fondi storici della<br />
Scuola Orafa For.Al “Vincenzo Melchiorre”,<br />
ed inoltre gessi, disegni,<br />
modelli, registri di fabbrica e altro<br />
prezioso materiale d’archivio.<br />
Sono anche esposti manufatti di<br />
alta gioielleria realizzati da alcune<br />
storiche ditte valenzane, i gioielli<br />
realizzati da aziende del Gruppo<br />
Aziende Orafe Valenzane (Confindustria<br />
Alessandria) e prodotti delle<br />
aziende artigianali aderenti al consorzio<br />
del marchio DiValenza.<br />
Trovano spazio, infine, le immagini<br />
di Carlo Lenti, un orafo-fotografo<br />
che ha documentato - con<br />
uno splendido bianco e nero a<br />
tratti impreziosito da lamine d’oro<br />
- le varie fasi di lavorazione del<br />
gioiello.<br />
22 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Foto a sinistra:<br />
una immagine di Carlo Lenti.<br />
A destra in alto:<br />
Damiani, Flash<br />
(Oscar 1992)<br />
In basso:<br />
Damiani, Bloody Mary<br />
(Oscar 1896)<br />
Il piano terra della Villa è dedicato<br />
alla storia della Maison Damiani<br />
con la presentazione di una selezione<br />
di prestigiosi oggetti e rare<br />
immagini raccolti in occasione<br />
della mostra “Damiani 90 years of<br />
excellence and passion”.<br />
Sono esposti i Masterpiece dedicati<br />
alle creazioni che hanno<br />
caratterizzato i novant’anni di<br />
Damiani, alcune opere orafe pluripremiate<br />
e i pezzi unici che hanno<br />
vinto il Diamonds International<br />
Awards, considerato l’Oscar della<br />
Gioielleria, che Damiani è stato<br />
l’unico gioielliere al mondo a conquistare<br />
diciotto volte.<br />
La Maison Damiani nasce nel<br />
1924 a Valenza, in Piemonte, grazie<br />
a Enrico Damiani, un orafo di<br />
grande talento, al quale fece poi<br />
seguito seguito il figlio Damiano<br />
che, sempre rispettando la tradizione<br />
artigiana, seppe creare<br />
uno stile orafo moderno e riconoscibile.<br />
Oggi i nipoti di Enrico,<br />
Guido, Silvia e Giorgio Damiani,<br />
sono tutti attivamente impegnati<br />
nell’azienda che, oltre ad essere<br />
di proprietà italiana, è anche l’unica<br />
azienda orafa internazionale<br />
ancora nelle mani della famiglia<br />
del fondatore.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 23
Il piano superiore è infine dedicato<br />
ai gioielli creati da artisti moderni<br />
e contemporanei.<br />
Molti sono i maestri che, nel tempo,<br />
hanno utilizzato il gioiello come<br />
strumento creativo del proprio<br />
linguaggio: da Lucio Fontana<br />
a Arnaldo Pomodoro, da Salvador<br />
Dalì a Giorgio de Chirico, da<br />
Mimmo Rotella a Giacomo Balla,<br />
a molti altri.<br />
Vittorio Sgarbi con Renata Cristina<br />
Mazzantini ha selezionato per<br />
questa sezione una cinquantina<br />
di opere, molte delle quali pezzi<br />
unici e mai esposti, provenienti<br />
anche da collezioni private.<br />
Questa mostra è altresì un’occasione<br />
per la città orafa per attirare<br />
visitatori dalla vicina Expo<br />
di Milano, rientrando in un pacchetto<br />
che prevede l’ingresso al<br />
Museo del Cappello Borsalino di<br />
Alessandria, la visita alla scuola<br />
orafa del For.Al (dove sarà pos-<br />
sibile vedere le diverse fasi della<br />
costruzione di un gioiello) e,<br />
appunto, quella all’esposizione<br />
valenzana.<br />
Pierangelo Taverna, presidente<br />
della Fondazione Cassa di<br />
Risparmio di Alessandria dichiara:<br />
“E’ un momento particolarmente<br />
positivo per quanti<br />
vogliano conoscere il contributo<br />
della provincia di Alessandria<br />
all’arte del secolo scorso e contemporanea.<br />
Alessandria è il<br />
fulcro di fenomeni artistici dal<br />
‘600 al ‘900; Acqui Terme, Casale<br />
Monferrato, Novi Ligure, Ovada,<br />
Tortona si apprestano a creare<br />
un percorso virtuoso di eventi<br />
culturali e Valenza mette in mostra<br />
quanto ha di più prezioso: i gioielli<br />
frutto della creatività, dell’ingegno<br />
e delle capacità dei suoi artigiani”.<br />
“Con questa mostra - prosegue Taverna<br />
- Valenza riscopre le proprie<br />
radici, o meglio, permette al grande<br />
pubblico, quello<br />
nazionale che ben<br />
conosce le sue peculiarità,<br />
ma soprattutto<br />
quello internazionale<br />
atteso in Italia<br />
in concomitanza con<br />
Expo <strong>2015</strong>, di apprezzare<br />
il talento<br />
dei maestri orafi valenzani.<br />
Una tradizione,<br />
quella valenzana,<br />
che risale agli anni<br />
Cinquanta del 1800,<br />
al piccolo laboratorio<br />
allestito da Vincenzo<br />
Morosetti al ritorno<br />
dalla sua esperienza<br />
SCHEDA<br />
“Valenza e l’arte del gioiello<br />
ielli d’artista a cura di Vittori<br />
Luogo: Valenza - Villa Scalcab<br />
Durata: dal 12 giugno al 2 ago<br />
Orari: giovedì e venerdì ore<br />
11.00-19.00 – lunedì, martedì e<br />
Ingresso: intero euro 7,00 - rid<br />
euro 5,00<br />
Visite guidate gratuite: sabato e<br />
Informazioni:<br />
cultura@comune.valenza.al.it<br />
telefono 0131949287<br />
www.museodelgioiellovalenz<br />
facebo<strong>ok</strong>: Museo del Gioie<br />
parigina e alle migliaia<br />
di artigiani<br />
orafi che ne<br />
hanno seguito<br />
le orme<br />
trasformando<br />
Valenza nella ‘città dell’oro’ per<br />
eccellenza e dando vita ad un vero<br />
e proprio brand DiValenza”.<br />
“Non solo arte e creatività, quindi,<br />
ma l’immagine di un intero distretto -<br />
conclude il Presidente - che per anni<br />
ha rappresentato una percentuale a<br />
due cifre nel panorama dell’esportazione<br />
italiana del settore e che continua<br />
ad essere una delle principali<br />
24 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
INFORMATIVA<br />
. Damiani e la tradizione orafa. Gioo<br />
Sgarbi”<br />
arozzi - Via Mazzini 42<br />
sto <strong>2015</strong><br />
15.00-19.00 – sabato e domenica ore<br />
mercoledì chiuso<br />
otto (under 18, over 70, visitatori Expo)<br />
domenica ore 11.30 e 17.00<br />
a.it<br />
llo Valenza<br />
voci<br />
del ‘made<br />
in Italy’ nel<br />
mondo”.<br />
Il gruppo di v o -<br />
lontari dell’Associazione Amici del<br />
Museo dell’Arte Orafa di Valenza<br />
fin dal 1993 ha raccolto reperti<br />
attinenti la produzione di gioielli,<br />
macchinari, attrezzi, disegni, al<br />
fine di mantenere la memoria di<br />
un lavoro artigianale raffinato e di<br />
eccellenza altrimenti destinato a<br />
perdersi.<br />
Sono ora esposti in mostra molti<br />
degli oggetti, donati negli anni,<br />
di laboratori antichi dismessi,<br />
utensili soppiantati oggi dalle<br />
nuove tecnologie di lavorazione.<br />
Il banco da lavoro in legno<br />
è corredato da tutti gli<br />
strumenti di cui si avvaleva<br />
il maestro orafo nei primi<br />
decenni del Novecento:<br />
in mostra sono esposti in<br />
vetrina i ferri del mestiere,<br />
pinze da fuoco, tenaglie,<br />
morsetti, archetti, trapani,<br />
martellini, bulini. Sono inoltre<br />
da vedere macchinari<br />
anche di grandi dimensioni:<br />
laminatoi, trafilatrici, fornetti,<br />
trance, bilancieri oltre a<br />
stampi, calchi in scagliola.<br />
Accanto al banco da orafo si<br />
trova quello dell’incassatore, con<br />
tutti gli attrezzi specifici utilizzati<br />
dal maestro che aveva il compito<br />
di incastonare nei manufatti le pietre<br />
preziose, grandi o minuscole.<br />
Accanto ancora il banco della pulitrice,<br />
quasi sempre figura femminile,<br />
che rendeva brillanti i gioielli<br />
con spazzole e altri arnesi utilizzati<br />
con precisione e pazienza.<br />
Per finire, il percorso di visita approda<br />
a un ufficio tipico degli anni<br />
venti, dove la produzione veniva<br />
registrata, conservata nelle casseforti<br />
e consegnata ai viaggiatori,<br />
nelle cui borse da viaggio si mostravano<br />
in tutto il loro splendore<br />
i gioielli prodotti nella fabbrica.<br />
L’esposizione non vuole solo mostrare<br />
una ricostruzione certo<br />
falsa, anche se filologica, di un antico<br />
laboratorio orafo, quanto testimoniare<br />
la passione, l’estrema<br />
creatività e ricchezza inventiva<br />
degli abili maestri orafi che hanno<br />
reso Valenza famosa nel mondo.<br />
Foto al centro:<br />
Arnaldo Pomodoro,<br />
collana a catena.<br />
A sinistra:<br />
Giacomo Balla,<br />
Luce<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 25
ARTICOLO TRATTO<br />
DALLA RIVISTA “OUROBOROS”<br />
L’ARCA DELL’ALLEANZA<br />
di Rino Guadagnino<br />
L<br />
a scena si svolge<br />
su un monte sacro<br />
dell’antico Egitto, nella<br />
penisola del Sinai,<br />
lungo un sentiero il cui passaggio<br />
è proibito alla gente comune.<br />
Inginocchiato davanti ad un<br />
roveto ardente, il profeta Mosè<br />
sta ascoltando gli ordini del Dio<br />
di Israele. “Farai un’arca di legno<br />
d’acacia e la rivestirai di oro puro.<br />
E dentro vi porrai la Testimonianza<br />
che io ti darò”, comanda il Signore<br />
Jahweh. Mosè obbedisce. Aiutato<br />
dal fido Bezaleel e seguendo alla<br />
lettera le indicazioni del suo Dio<br />
il Patriarca costruisce una cassa<br />
lunga due cubiti e mezzo, larga<br />
un cubito e mezzo ed alta altrettanto<br />
(circa 125 x 75 x 75 cm)<br />
e la riveste di oro purissimo, sia<br />
internamente che esternamente.<br />
Il coperchio è di oro puro, chiamato<br />
Propiziatorio, sormontato<br />
da due cherubini (creature alate<br />
con il corpo di leone e il volto di<br />
sfinge che si ritrovano anche in<br />
rappresentazioni egizie) sempre<br />
d’oro, con le ali aperte verso l’alto<br />
ed i volti rivolti verso l’interno.<br />
Il Propiziatorio rappresenta il cielo,<br />
il contenitore la terra.<br />
Il “contenitore” è formato da tre<br />
26 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
L<br />
scatole distinte: la più esterna e la<br />
più interna sono entrambe d’oro,<br />
quella mediana è di legno d’acacia;<br />
un arbusto di origine africana<br />
ed australiana, della famiglia delle<br />
Mimosaceae, con foglie pennate.<br />
Ce ne sono circa 500 specie distribuite<br />
in tutto il mondo, e vanno<br />
dalle comuni robinie, come la<br />
mimosa, al carrubo e all’albero di<br />
Giuda. Il suo tipico colore verde,<br />
simbolo dell’esistenza e della vita,<br />
ne fa il simbolo dell’immortalità e<br />
dell’incorruttibilità.<br />
Ai lati della cassa Mosè incastra<br />
quattro anelli, che consentono di<br />
trasporla agevolmente senza toccarla,<br />
inserendovi due pali. All’interno<br />
dell’Arca della testimonianza<br />
depone un vaso contenente la<br />
Manna che nutrì gli Ebrei nel deserto,<br />
la magica verga con cui erano<br />
state scatenate le piaghe contro<br />
l’Egitto e separate le acque<br />
del Mar Rosso, ma soprattutto le<br />
Tavole dei Dieci Comandamenti<br />
(che però aveva spezzato in un<br />
gesto d’ira alla vista del Vitello<br />
d’Oro), il segno tangibile dell’alleanza<br />
con Dio.<br />
L’Arca era l’oggetto più sacro della<br />
tradizione religiosa ebraica, fu<br />
trasportata per tutti i 40 anni di<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 27
viaggio nel deserto e accompagnò<br />
Israele durante i lunghi anni<br />
di conquista della Terra Promessa,<br />
fino a venire posta nel Tempio<br />
costruito dal Re Salomone.<br />
Quando il popolo d’Israele si<br />
accampava, al centro dell’accampamento<br />
veniva eretto il Tabernacolo<br />
e nel Santo dei Santi era<br />
riposta l’Arca.<br />
La sua caratteristica più nota è<br />
costituita da una coppia d’angeli<br />
Cherubini, realizzata da un’unica<br />
fusione d’oro puro, che ne ornava<br />
il coperchio, ma il simbolismo<br />
dell’Arca è quanto mai ricco e vasto<br />
e cercheremo di metterne in<br />
luce gli aspetti principali. Innanzi<br />
tutto la forma: un parallelepipedo<br />
inferiore e un coperchio che lo<br />
chiude, a rappresentare la Terra<br />
e il Cielo. Pur se la terra è pressoché<br />
sferica e il suo movimento<br />
è ellittico, secondo la tradizione<br />
cabalistica la forma che meglio la<br />
rappresenta a livello spirituale è il<br />
cubo in quanto, si afferma, l’universo<br />
presente è dominato dalle<br />
forme sferiche, ma quello futuro,<br />
i “cieli nuovi e la terra nuova”, sarà<br />
sede soprattutto di forme cubiche.<br />
Questa è la trasformazione<br />
contiene il segreto del passaggio<br />
da un tempo circolare (che tende<br />
a ripetersi secondo il mito dell’Eterno<br />
Ritorno) a un tempo rettilineo,<br />
che porta invece verso un<br />
traguardo completamente diverso<br />
dal punto di partenza.<br />
L’aver concepito la storia come<br />
una serie d’eventi che porta da<br />
uno stato meno perfetto ad uno<br />
via via sempre migliore è una delle<br />
innovazioni del pensiero ebraico,<br />
diventata poi parte integrante<br />
della cultura occidentale. Oggi la<br />
troviamo sia nel concetto laico e<br />
mondano di “progresso”, che in<br />
quelli più sottili e raffinati di “evoluzione”.<br />
Dal punto di vista simbolico<br />
ciò viene rappresentato<br />
trasformando lo spazio fisico da<br />
una forma sferica ad una forma<br />
cubica.<br />
Quest’insegnamento viene riproposto<br />
anche dal Libro della Formazione<br />
- il più antico testo di Cabalà<br />
che si occupa, tra l’altro, delle<br />
corrispondenze tra segni zodiacali,<br />
pianeti e lettere dell’alfabeto<br />
ebraico - in cui si parla di un “cubo<br />
dello spazio” i cui dodici lati rappresentano<br />
i dodici segni zodiacali.<br />
Tuttavia l’Arca dell’Alleanza<br />
non era cubica,<br />
bensì un parallelepipedo,<br />
e ciò<br />
significa che essa<br />
rappresentava i<br />
“nuovi Cieli” e la<br />
“nuova Terra” in<br />
via di formazione,<br />
mentre erano<br />
ancora in movimento<br />
e non<br />
avevano ancora<br />
raggiunto uno stato di riposo.<br />
La Cabalà dice ancora che l’anima<br />
dei Maestri e degli Illuminati<br />
comprende due grandi categorie,<br />
una avvolgente e l’altra interna,<br />
ognuna delle quali è dotata<br />
di diversi gradi intermedi.<br />
Il contenitore dell’Arca<br />
rappresenta l’Anima<br />
avvolgente, le Tavole<br />
della Torà al suo interno<br />
costituiscono<br />
invece l’Anima interiore.<br />
Si tenga<br />
presente che<br />
l’Anima avvolgente<br />
è<br />
più rara e<br />
pr e zios a<br />
di quella<br />
interiore,<br />
in<br />
quanto<br />
quest’ultima è<br />
limitata mentre la prima<br />
si estende all’infinito.<br />
I due recipienti d’oro, di cui il<br />
contenitore è composto, costituiscono<br />
il primo e il secondo grado<br />
dell’Anima avvolgente: Chaià<br />
e Yechidà, l’Anima Vivente e l’A-<br />
28 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
nima della Perfetta Unione col<br />
Divino. Il legno intermedio fa da<br />
isolante, onde permettere a ciascuna<br />
delle due di costituire uno<br />
schermo separato; uno degli scopi<br />
dell’Anima avvolgente, infatti,<br />
consiste nel proteggere l’organismo<br />
da attacchi d’entità malvagie,<br />
pur presenti nella dimensione<br />
spirituale. In termini moderni<br />
potremmo considerare questo<br />
particolare dell’Arca alla stregua<br />
di una “doppia schermatura”, in<br />
grado di isolarla completamente<br />
dai campi energetici negativi<br />
e di<br />
captare solo quelli positivi; il materiale<br />
usato era infatti l’oro, che<br />
rappresenta il più alto stato di<br />
consapevolezza, quello che non a<br />
caso gli alchimisti chiamavano oro<br />
filosofico.<br />
Se tutto ciò riguarda il solo recipiente<br />
inferiore, la Terra, il coperchio<br />
superiore simboleggia il<br />
Cielo, che completa la Terra, ne<br />
chiude l’apertura e ne colma i bisogni.<br />
Il coperchio dell’Arca era<br />
fatto da un’unica piastra d’oro<br />
massiccio e questo suo essere costituito<br />
da un unico pezzo, mentre<br />
la parte inferiore era composta<br />
di tre pezzi distinti, allude<br />
all’insieme dello spaziotempo:<br />
alle<br />
tre dimensioni spaziali che descrivono<br />
lo spazio fisico si aggiunge<br />
un’unica dimensione temporale<br />
a comporre l’insieme quadridimensionale<br />
entro cui s’inserisce<br />
la realtà materiale. Secondo la sapienza<br />
esoterica esiste poi almeno<br />
una quinta dimensione, rappresentata<br />
dalle Tavole della Torà<br />
contenute nell’Arca, che definisce<br />
il livello della consapevolezza pura,<br />
la “quintessenza” così a lungo<br />
ricercata dagli alchimisti.<br />
La simbologia dei Cherubini posti<br />
sul coperchio, poi, è quanto<br />
mai vasta e interessante. E’ scritto<br />
nell’Esodo (25, 18-21): “Farai<br />
due cherubini d’oro: li farai lavorati<br />
al martello sulle due estremità del<br />
coperchio. Fa’ un cherubino ad una<br />
estremità e un cherubino<br />
all’altra<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 29
estremità. Farete i cherubini tutti<br />
di un pezzo con il coperchio, alle<br />
sue due estremità. I due cherubini<br />
avranno le due ali stese di sopra,<br />
ricoprendola, e i loro volti saranno<br />
rivolti l’uno verso l’altro, e verso il<br />
coperchio. E porrai il coperchio sulla<br />
parte superiore dell’Arca, e collocherai<br />
nell’arca la testimonianza<br />
che ti darò.”<br />
Secondo la tradizione ebraica essi<br />
avevano volti infantili, segno di<br />
purezza, di semplicità e sincerità<br />
emotiva, ed erano uno maschile e<br />
l’altro femminile. Questo significa<br />
la conjuncto oppositorum, il matrimonio<br />
mistico, lo hyeros gamos.<br />
Nel ricomporsi dell’unità primaria<br />
tra i poli opposti, tra il maschile<br />
e il femminile, si completa la copertura<br />
dell’Arca, si rinsalda la<br />
frattura che ha causato la caduta<br />
dei mondi. E’ grazie alle ali dei<br />
cherubini che si toccano al di sopra<br />
del coperchio, cioè alle loro<br />
componenti spirituali, che è possibile<br />
“volare”, esplorare i mondi<br />
superiori. Il matrimonio alchemico<br />
tra l’adepto e la soror mistica è<br />
il motore che fornisce energia al<br />
cocchio celeste, sul quale avviene<br />
il viaggio verso il Divino.<br />
A sostegno di questa concezione<br />
interviene un altro versetto (Salmi<br />
18,11): “… e cavalcava il cherubino<br />
e volava” e sottolinea l’estrema<br />
importanza dell’equilibrio<br />
tra le varie componenti in ogni<br />
via d’evoluzione spirituale: il secco<br />
con l’umido, l’anima col corpo,<br />
l’emotivo con l’intellettuale, ecc.<br />
Infine la forma dei due cherubini<br />
e delle loro ali che si toccavano ricorda<br />
quella di un portale. Si tratta<br />
della “Porta del Signore, attraverso<br />
la quale entreranno i giusti”,<br />
la cinquantesima porta dell’Intelligenza.<br />
In termini generali l’Arca rappresenta<br />
il segreto di come una<br />
costruzione umana, se fatta seguendo<br />
particolari criteri, possa<br />
diventare la sede e il ricettacolo<br />
della rivelazione di uno stato superiore<br />
di consapevolezza, relativo<br />
a forze angeliche o anche<br />
divine. I criteri di costruzione riguardano<br />
innanzitutto le dimensioni,<br />
che devono essere proporzionate<br />
in modo opportuno,<br />
seguendo le antiche formule. Ad<br />
esempio il volume del recipiente<br />
centrale di legno è di 756 tefachim<br />
cubici, dove il “tefachim” (circa la<br />
lunghezza di un pugno chiuso) è<br />
una fondamentale unità di misura<br />
dell’Antico Testamento. Il numero<br />
756 è il valore numerico della<br />
parola Sefirot, le dieci costituenti<br />
principali dell’Albero della Vita,<br />
il riferimento centrale della Cabalà.<br />
Ciò indica come all’interno<br />
dell’Arca fosse contenuto l’intero<br />
Albero della Vita. Riducendo 756<br />
si ha 18, che è il numero della vita<br />
(Chai, Cheit-Yud). Riducendolo<br />
ulteriormente si ha 9, il numero<br />
della verità.<br />
I materiali con i quali viene eretta<br />
una costruzione sacra hanno una<br />
loro importanza fondamentale.<br />
Provenendo dai tre regni inferiori:<br />
minerale (metalli e pietre preziose),<br />
vegetale (legno o tessuti)<br />
30 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
e animale (pelli o lana) i materiali<br />
rappresentano una sintesi di tutto<br />
il meglio che il mondo materiale<br />
può dare. Tramite l’opera<br />
ingegnosa dell’uomo, tramite la<br />
sua sapienza arcana guidata dallo<br />
spirito divino, tutto viene trasformato<br />
nel “trono” sul quale si<br />
asside un livello super-umano di<br />
sapienza e bontà. Si noti come<br />
la parola “Arca”, che deriva dalle<br />
lingue indoeuropee col significato<br />
di “custodire”, è alla radice di<br />
“arcano”, cioè “esoterico, segreto”.<br />
L’Arca nel suo insieme rappresenta<br />
la sapienza esoterica;<br />
al suo interno sono custodite le<br />
due Tavole della Torà, la Sapienza<br />
e l’Intelligenza divine, che sul<br />
piano materiale corrispondono<br />
all’emisfero cerebrale destro e a<br />
quello sinistro, ad indicare la polarità<br />
fondamentale presente in<br />
ogni processo pensante.<br />
Le costruzioni degli esseri umani<br />
non dovrebbero dunque avere<br />
una mera funzione pratica, dovrebbero<br />
piuttosto esprimere<br />
principi superiori se si vuole che il<br />
loro uso diventi un’occasione per<br />
la crescita della consapevolezza.<br />
Le costruzioni realizzate secondo<br />
la sapienza “arcana” hanno un<br />
particolare effetto benefico su<br />
coloro che vi soggiornano, un vero<br />
e proprio effetto salvifico.<br />
Nella Bibbia il primo e più antico<br />
prototipo d’ogni contenitore o<br />
costruzione sacra è l’Arca di Noè,<br />
grazie alla quale il Patriarca, la sua<br />
famiglia e gli animali sopravvissero<br />
al cataclisma del Diluvio Universale.<br />
E si badi bene che certamente<br />
la generazione a cui apparteneva<br />
Noè era in grado di costruire altri<br />
tipi d’imbarcazioni, ma non sarebbe<br />
bastata una qualunque barca<br />
o rifugio; quella di Noè fu l’unica<br />
a sostenere la furia degli elementi<br />
scatenati poiché era stata costruita<br />
secondo le leggi del Cielo, metafisiche<br />
prima ancora che fisiche.<br />
L’Arca era identificata materialmente<br />
con Dio, nel senso che<br />
si riteneva realmente che Dio<br />
alloggiasse tra i due cherubini.<br />
Si racconta che fosse dotata di<br />
poteri soprannaturali, che emettesse<br />
potenti scariche contro chi<br />
le si avvicinava. Quando Nadab<br />
e Abihu, due dei quattro figli di<br />
Aronne, sommo sacerdote e fra-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 31
tello di Mosè, portarono<br />
degli incensieri di metallo<br />
alla presenza dell’Arca e<br />
le offrirono “strani fuochi”<br />
che erano stati vietati<br />
dal Signore, “Allora, dalla<br />
presenza di Yahweh una<br />
fiamma si sprigionò e li consumò<br />
ed essi perirono alla<br />
presenza di Yahweh” (Levitico<br />
10:2).<br />
A volte appariva una nuvola<br />
tra i due cherubini,<br />
e allora neanche Mosè<br />
aveva il coraggio di avvicinarsi<br />
ad essa; talvolta dallo<br />
spazio tra i cherubini si<br />
sprigionavano scintille che<br />
distruggevano gli oggetti<br />
circostanti. Occasionalmente<br />
essa inceneriva i<br />
suoi portatori, appartenenti<br />
alla sottotribù dei<br />
figli di Kohath, o li sollevava<br />
da terra senza alcuna<br />
ragione apparente per<br />
farli poi ricadere al suolo<br />
(sempre secondo leggende<br />
ebraiche e commentari<br />
del Vecchio Testamento).<br />
Infine il mistero fondamentale<br />
che ricorre intorno<br />
all’Arca (oltre a quello<br />
relativo alla sua natura) è<br />
costituito dalla sua scomparsa:<br />
nella Bibbia viene<br />
detto che essa era custodita<br />
nel Sancta Sanctorum,<br />
inizialmente una<br />
tenda e in seguito la parte<br />
più interna del tempio di<br />
Salomone a Gerusalem-<br />
32 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
me, ma poi se<br />
ne perdono le<br />
tracce ed essa<br />
non viene più<br />
citata se non indirettamente.<br />
Numerose sono<br />
le ipotesi riguardo<br />
alla sua<br />
collocazione<br />
attuale,<br />
e quasi<br />
tutte basate<br />
sull’interpretazione<br />
della Bibbia.<br />
Tra le più<br />
attendibili troviamo l’Egitto; nel<br />
secondo Libro delle Cronache<br />
si legge infatti: “L’anno quinto del<br />
regno di Roboamo, Sesac, Re d’Egitto<br />
marciò contro Gerusalemme...<br />
e portò via i tesori del tempio del<br />
Signore. Portò via ogni cosa...”; questo<br />
farebbe localizzare l’Arca a<br />
Bubasti, che allora era la capitale<br />
d’Egitto, ma altre ipotesi, sempre<br />
riguardanti saccheggi successivi<br />
subiti dal Tempio di Gerusalemme<br />
propongono la Palestina. Nel<br />
secondo libro dei Re si legge infatti<br />
che Ioas, re d’Israele, dopo<br />
aver sconfitto Amazia, re di Giuda,<br />
entrò in Gerusalemme, “…<br />
prese tutto l’oro, l’argento e tutti gli<br />
oggetti che si trovavano nel tempio<br />
del Signore e se ne tornò in Samaria”.<br />
Altre possibilità sono costituite<br />
da Babilonia, dopo il saccheggio<br />
del Tempio ad opera di Nabucodonosor,<br />
dal deserto del Sinai<br />
(Mosè sarebbe stato un iniziato<br />
del culto di Akhenaton e avrebbe<br />
rubato l’Arca portandola con<br />
sé durante l’esodo, sostituendola<br />
con una copia e nascondendo poi<br />
l’originale nelle viscere del monte<br />
Har Karkom) e dalla Francia,<br />
presso i Pirenei (dove sarebbe<br />
stata portata dai Visigoti che l’avrebbero<br />
presa ai romani che a<br />
loro volta la saccheggiarono dal<br />
Tempio) o nella cattedrale gotica<br />
di Chartres (dove sarebbe stata<br />
portata dai Cavalieri Templari).<br />
Inoltre Hailè Selassiè, ex Negus<br />
d’Etiopia e presunto discendente<br />
della regina di Saba (che avrebbe<br />
avuto in dono da Salomone l’Arca<br />
dell’Alleanza) potrebbe aver<br />
nascosto l’Arca in una banca svizzera<br />
insieme ai suoi altri tesori<br />
(ipotesi abbastanza improbabile).<br />
A riprova del retaggio egizio<br />
dell’Arca, nei “Testi delle Piramidi”<br />
una tradizione parla di una scatola<br />
d’oro nella quale Ra (il primo re<br />
degli dei Egiziani) avrebbe depositato<br />
un certo numero di oggetti.<br />
Questa scatola<br />
sarebbe rimasta<br />
chiusa in una<br />
fortezza sulla<br />
frontiera ad<br />
Est dell’Egitto<br />
per molti anni<br />
dopo la sua<br />
ascesa in<br />
cielo; quando<br />
Geb<br />
(dio della<br />
terra) andò al<br />
potere avrebbe<br />
ordinato<br />
che<br />
fosse portata alla sua presenza e<br />
dissigillata, ma nell’istante stesso<br />
in cui questo accadde una colonna<br />
di fuoco avrebbe incenerito<br />
i compagni di Geb, ustionando<br />
gravemente Geb stesso.<br />
Un’altra ipotesi è quella sostenuta<br />
dall’autore inglese Graham<br />
Hancock nel libro “The Sign and<br />
the Seal”, tradotto in “Il mistero<br />
del Sacro Graal” (Hancock afferma<br />
infatti che in realtà il Graal sia<br />
un’allegoria dell’Arca) e cioè che<br />
l’Arca (che sarebbe il prodotto di<br />
una antica tecnologia della quale<br />
gli egizi erano a conoscenza e che<br />
veniva trasmessa soltanto ad alcuni<br />
iniziati dei quali Mosè avrebbe<br />
fatto parte), sia stata portata<br />
in Etiopia per proteggerla dapprima<br />
da un re eretico di Israele e<br />
poi dai vari saccheggi. Attraverso<br />
un percorso durato millenni,<br />
ora si troverebbe in una cripta in<br />
Etiopia, sorvegliata tuttora da un<br />
monaco custode.<br />
Hancock documenta molto be-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 33
ne la sua ipotesi, rifacendosi anche<br />
ad una tradizione presente<br />
solo in Etiopia, il “Timkat”, nella<br />
quale simulacri dell’Arca vengono<br />
portati in processione lungo le<br />
vie, preceduti da un corteo danzante<br />
ed accompagnati da musica.<br />
Questa festa affonda le sue<br />
radici nell’antico Egitto (Festa di<br />
Apet) e viene citata nella Bibbia<br />
dove, a proposito del re Davide<br />
che porta l’Arca degli israeliti a<br />
Gerusalemme, così è descritto<br />
l’avvenimento: “Davide e tutta la<br />
casa di Israele portavano l’Arca del<br />
Signore con urla e con il suono di<br />
trombe e suonavano precedendo il<br />
Signore con ogni tipo di strumenti<br />
fatti di legno di abete, arpe, salteri<br />
, e con cornette, e con cimbali... e<br />
Davide danzò precedendo il Signore<br />
con tutta la sua forza... saltando e<br />
danzando prima del Signore”.<br />
Dall’Esodo scopriamo poi che<br />
Mosè impone al suo popolo, per<br />
la custodia del sacro oggetto, tutta<br />
una serie di disposizioni tanto<br />
precise ed insindacabili quanto<br />
incomprensibili. Dell’Arca si occuperanno<br />
i figli di Aronne e i leviti<br />
non vi si potranno avvicinare se<br />
non dopo che questa sia stata<br />
coperta dai sacerdoti; durante<br />
l’esodo la cassa sarà collocata<br />
all’interno della Tenda del Signore<br />
(una specie di tempio smontabile)<br />
nelle soste e portata alla testa<br />
del popolo durante le marce;<br />
nessuno dovrà mai toccarla. E soprattutto,<br />
in particolari momenti,<br />
spetterà solo a Mosè servirsene<br />
per lasciarvi comparire Dio in<br />
trono nello spazio fra i due cherubini.<br />
A nessuno era concesso di<br />
accedervi e l’Arca stessa veniva<br />
mostrata in pubblico solo in casi<br />
eccezionali. Il motivo di tanta cautela<br />
era legato alla pericolosa e<br />
incontrollabile potenza attribuito<br />
all’oggetto: si diceva che l’Arca, in<br />
particolari momenti, si aureolasse<br />
di luce e fosse in grado di scatenare<br />
la potenza divina, annientando<br />
migliaia di persone. In che modo<br />
questo avvenisse non è chiaro,<br />
ma è certo, se prestiamo fede alle<br />
cronache bibliche, che con l’Arca<br />
alla loro testa gli ebrei riuscirono<br />
ad annientare le decine di tribù<br />
ostili incontrate durante l’esodo<br />
nel deserto del Sinai.<br />
Il resoconto biblico rappresenta a<br />
riguardo un vero e proprio bollettino<br />
di guerra: le folgori dell’Arca<br />
avrebbero distrutto le armate<br />
degli Etei e dei Gergesei, dei<br />
Gebusei e degli Evei e di un’altra<br />
decina di popolazioni che vivevano<br />
nella fascia di Canaan nel 13º<br />
secolo a.C.. In che cosa consistessero<br />
queste folgori divine non<br />
è chiaro; in alcuni passi la Bibbia<br />
sottintende la presenza di un non<br />
meglio identificato angelo sterminatore,<br />
mentre in vari versetti<br />
dell’Esodo e nel Secondo libro di<br />
Samuele si dice chiaramente che<br />
chiunque toccava l’Arca moriva<br />
percosso da Dio. Come accadde<br />
ai figli di Aronne, sebbene fossero<br />
proprio loro gli esperti custodi<br />
della reliquia, e ad un certo Oza<br />
che, volendo impedire che l’Arca<br />
si rovesciasse durante un trasporto,<br />
la afferrò con le mani morendo<br />
all’istante, tra la costernazione<br />
generale.<br />
34 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Ma la più grande vittoria dell’Arca<br />
resta la distruzione della città<br />
di Gerico. Riguardo questo episodio<br />
il Libro di Giosuè è molto<br />
chiaro: per ordine di Dio per sei<br />
giorni le armate di Israele, guidate<br />
da sette sacerdoti che recavano<br />
sette trombe di corno d’ariete e<br />
l’Arca dell’alleanza, girarono attorno<br />
ai bastioni ciclopici, “e al<br />
settimo giorno, sonate le trombe,<br />
le mura crollarono”. Ammettendo<br />
la veridicità di questi episodi, che<br />
tipo di spiegazione possiamo dare,<br />
al di là della facile supposizione<br />
dell’intervento di Dio? Secondo<br />
lo scrittore francese Robert<br />
Charroux “l’Arca non era nulla<br />
di più che un’impressionante arma<br />
capace di sviluppare energia<br />
elettrica. Non dobbiamo<br />
dimenticare che Mosè, quando<br />
ancora veniva istruito come futuro<br />
faraone, aveva ricevuto dai<br />
sacerdoti egizi profonde nozioni<br />
alchemico-esoteriche di chimica,<br />
fisica e meteorologia tali da<br />
dare ragione di alcuni dei prodigi<br />
attribuitigli. L’Arca dell’Alleanza<br />
poteva essere una specie di<br />
forziere elettrico capace di produrre<br />
forti scariche dell’ordine<br />
dei 5-700 volt ...”. Il ricercatore<br />
continua sottolineando che<br />
“l’Arca era fatta di legno d’acacia<br />
e rivestita di oro all’interno<br />
e all’esterno. Con questo stesso<br />
principio si costruiscono i condensatori<br />
elettrici, separati da<br />
un isolante che in quel caso era<br />
il legno. L’Arca veniva posta in<br />
una zona secca, dove il campo<br />
magnetico naturale raggiunge<br />
normalmente i 600 volt per metro<br />
verticale, e si caricava. La sua stessa<br />
ghirlanda forse serviva a caricare<br />
il condensatore. Per spostarla i leviti<br />
passavano due stanghe dorate negli<br />
anelli, tanto che dalla ghirlanda<br />
al suolo la conduzione avveniva per<br />
presa di terra naturale, scaricandosi<br />
senza pericolo. Isolata, l’Arca talvolta<br />
si aureolava di raggi di fuoco, di<br />
lampeggi e, se toccata, dava scosse<br />
terribili. In pratica si comportava<br />
esattamente come una pila di<br />
Leyda...”<br />
La storia della sacra reliquia, nasce<br />
e muore all’interno della Bibbia<br />
stessa, senza alcun appello<br />
per le tesi appassionate dei cacciatori<br />
dell’Arca perduta. Ma non<br />
è il caso di perdere le speranze.<br />
Sempre nel testo biblico, nell’Apocalisse,<br />
è scritto che l’Arca riapparirà<br />
nei giorni del Giudizio<br />
Universale. In quel tempo “si riaprirà<br />
il tempio di Dio in cielo e l’Arca<br />
dell’alleanza apparirà fra le nubi”.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 35
I GRANDI<br />
DELLA FOTOGRAFIA<br />
MARIO DE BIASI<br />
di Angelo Ferri<br />
C<br />
uriosità, entusiasmo,<br />
passione, sentimento,<br />
fantasia, intuito e<br />
insieme anche scrupolosità,<br />
dinamismo, laboriosità,<br />
efficienza, premura, precisione;<br />
non basterebbe un vocabolario<br />
intero di qualità per descrivere<br />
la complessa personalità di Mario<br />
De Biasi, il maestro della fotografia<br />
italiana che ha trascorso<br />
una vita da fotoreporter, con la<br />
macchina fotografica a tracolla<br />
e la valigia pronta per partire in<br />
ogni momento per le più svariate<br />
destinazioni nel mondo.<br />
De Biasi è stato un fotografo eclettico,<br />
sempre eccellente in ogni genere<br />
di fotografia: dal reportage<br />
sociale e di guerra, alla fotografia<br />
di viaggio, documentaristica, passando<br />
per il ritratto e la natura,<br />
arrivando alla fotografia astratta.<br />
Chi lo ha conosciuto ed ha lavorato<br />
con lui racconta che De Biasi<br />
durante gli anni ad Epoca veniva<br />
quasi affettuosamente preso in giro<br />
proprio per la sua instancabile<br />
passione e curiosità: in viaggio si<br />
soffermava a fotografare ogni particolare<br />
e rimaneva indietro rispetto<br />
al gruppo. In ogni occasione di<br />
lavoro, durante le pause, si ritagliava<br />
sempre momenti creativi e di<br />
ricerca personale.<br />
Oggi i suoi viaggi non sono più in<br />
giro per il mondo, ma nei labirinti<br />
della memoria e della fantasia,<br />
dove con pezzi di carta, plastica<br />
e materiali da riciclo De Biasi crea<br />
splendide composizioni astratte,<br />
in cui il colore diventa protagonista,<br />
come a ricreare le migliaia<br />
di immagini, sensazioni e déjà-vu<br />
raccolti nella sua lunga carriera.<br />
Saper vedere<br />
fotograficamente<br />
De Biasi è un autodidatta, la sua<br />
formazione avviene soprattutto<br />
attraverso lo studio e l’osservazione<br />
dei grandi fotografi: “Non<br />
sono andato a bottega, non ho<br />
frequentato scuole di fotografia.<br />
La mia formazione è avvenuta soprattutto<br />
osservando e mettendomi<br />
alla prova. Passavo interi pomeriggi<br />
in una grande libreria specializzata<br />
in libri d’arte in Corso Vittorio<br />
Emanuele, sfogliavo libri e riviste;<br />
36 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
al momento di uscire, siccome non<br />
avevo soldi per fare acquisti, vergognandomi<br />
di non comprare nulla,<br />
chiedevo sempre se era già arrivato<br />
un tal libro, che era da poco stato<br />
recensito su Camera, ed era quindi<br />
impossibile fosse già arrivato. Ogni<br />
sabato andavo a vedere mostre<br />
di ogni genere, fotografia, scultura,<br />
pittura antica e moderna, e in un<br />
pomeriggio spesso visitavo cinque o<br />
sei gallerie. Con il tempo ho<br />
cominciato a formarmi<br />
la mia biblioteca, i<br />
primi libri li ho<br />
comprati sulle<br />
bancarelle” 1<br />
Uno dei primi<br />
libri di fotografia<br />
entrati nella<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 37
sua biblioteca è un manuale di<br />
Morandi e Cucchetti: La fotografia:<br />
nozioni e consigli, edito nel 1937.<br />
Questo manuale gli ha suggerito<br />
un’altra fotografia, più meditativa<br />
e autarchica: prevale in queste<br />
pagine la geometria delle immagini<br />
del “modernismo”, strutturate<br />
da energiche decontestualizzazioni,<br />
secondo punti di vista spesso<br />
zenitali, d’orientamento costruttivista<br />
e post-bauhaus.<br />
Già a partire dalle esperienze dei<br />
primi anni De Biasi manifesta in<br />
effetti uno spiccato interesse per<br />
le questioni formali, una tendenza<br />
ad inquadrature studiate e<br />
geometriche, con particolare attenzione<br />
all’equilibrio tonale, alla<br />
sintassi compositiva e alla scelta<br />
del punto di vista. L’attenzione<br />
alle questioni formali si sviluppa<br />
preminentemente nella rielaborazione<br />
dei particolari di oggetti<br />
e elementi naturali: le linee e le<br />
forme dei dettagli vengono decontestualizzate,<br />
destrutturate<br />
e trasformate in immagini in cui<br />
spesso i soggetti, non sono più<br />
riconoscibili. La sua capacità di<br />
“saper vedere fotograficamente”<br />
si traduce poi in atto poetico nella<br />
rappresentazione della natura;<br />
De Biasi attraverso l’obiettivo<br />
macro e inquadrature zenitali coglie<br />
strutture grafiche inconsuete<br />
nella registrazione della fitta trama<br />
di linee e forme naturali presenti<br />
nelle sabbie, nelle rocce, nei<br />
38 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
terreni e nei riflessi delle acque.<br />
“A proposito degli accorgimenti tecnici<br />
di come vedere fotograficamente,<br />
posso dire che un tempo preferivo<br />
pre-visualizzare l’inquadratura<br />
nel mirino, prima di scattare, mentre<br />
ora non ne sento più la necessità.<br />
Preferisco immaginare la foto,<br />
prevedendo il risultato finale prima<br />
di portare l’occhio alla fotocamera.<br />
Con il tempo l’istinto si è affinato<br />
ed ormai risulta automatico il saper<br />
valutare con esattezza l’angolo<br />
di campo che sarà inquadrato da<br />
ciascun obiettivo... La parte tecnica<br />
si può imparare da un comune<br />
negoziante e sui manuali. Personalmente<br />
posso dire di aver imparato<br />
quasi tutto leggendo libri e riviste<br />
fotografiche. Quello che occorre<br />
coltivare è una spiccata sensibilità<br />
al saper vedere fotograficamente.<br />
L’esperienza, la personalità e la cultura<br />
del singolo fanno il resto”. 2<br />
Nelle fotografie di De Biasi la sicurezza<br />
del risultato deriva dall’esperienza,<br />
dalla memoria, dall’intelligenza,<br />
dall’intuizione ma anche<br />
dalla determinazione, dalla meticolosità<br />
e dal non lasciare mai nulla<br />
al caso. Si tratta di saper vedere, di<br />
scorgere davanti a sé il particolare<br />
significativo e soprattutto di saperlo<br />
raccontare, attraverso non solo<br />
l’esperienza professionale tecnica,<br />
ma anche mediante la capacità di<br />
studiare il soggetto, scoprire gli<br />
equilibri, le tensioni, il che è possibile<br />
solo attraverso un’ampia<br />
cultura visiva. “Il nostro cervello, in<br />
automatismo, mette a fuoco vicino<br />
e lontano e da solo decide se soffermarsi<br />
su un dettaglio o sull’insieme<br />
generale, annullando<br />
quanto<br />
non l’interessa:<br />
la macchina fotografica<br />
non<br />
sceglie, esegue<br />
sulla base di alcune<br />
semplici<br />
regole fondamentali...<br />
Semplificate,<br />
semplificate<br />
quanto<br />
più possibile<br />
abituandovi a<br />
comporre con<br />
pochi elementi<br />
ben orchestrati geometricamente...<br />
Pensate alla foto prima di scattarla<br />
e poi non distraetevi più...” 3<br />
E di nuovo: “devi avere in testa<br />
chiara l’idea; il tempo agisce da sé<br />
e ti capita di incontrare all’improvviso<br />
sul tuo cammino quell’idea, che<br />
si fa fotografia. Senza assilli, ovviamente,<br />
ma abbandonandoti all’idea<br />
amica” 4<br />
Determinante per lo sviluppo di<br />
questa capacità di saper vedere,<br />
quindi di saper trasformare i<br />
dettagli, saperli rielaborare assegnando<br />
loro un nuovo significato,<br />
è stato il rapporto con Bruno<br />
Munari, conosciuto durante la<br />
collaborazione con Epoca, di cui<br />
era responsabile delle immagini<br />
grafiche. Di De Biasi, Munari ha<br />
scritto: “Ha fotografato rivoluzioni,<br />
personaggi famosi, paesi sconosciuti.<br />
Ha fotografato vulcani in eruzione<br />
e distese bianche al Polo a 65°<br />
sotto zero. La macchina fotografica<br />
fa parte ormai della sua anatomia<br />
come il naso e gli occhi” 5<br />
Testo tratto dal catalogo:<br />
Mario De Biasi. Dal fotogiornalismo<br />
alla fotografia astratta<br />
(Marsilio, 2010)<br />
1. Dall’intervista Mario De Biasi: non<br />
penso a come vivere senza foto in “La<br />
Padania”, 1-2 marzo 2009<br />
2. Dall’intervista Trent’anni di fotografia:<br />
Mario De Biasi, a cura di Maurizio<br />
Capobussi, in “Progresso Fotografico”,<br />
aprile 1976, pp.45-46.<br />
3. Mario De Biasi consiglia, a cura di<br />
Alberto Piovani, in “Fotopratica”,<br />
aprile 1985, p. 52.<br />
4. Dall’intervista Mario De Biasi. Un<br />
maestro irripetibile fra reportage e<br />
visioni, a cura di Amanzio Possenti,<br />
in “La Rivista di Bergamo”, gennaiofebbraio-<br />
marzo1997, pp.17-19.<br />
5. Bruno Munari, citazione riportata<br />
in Attilio Colombo, I grandi fotografi.<br />
Mario De Biasi, Gruppo Editoriali<br />
Fabbri, Milano, 1982; Attilio Colombo,<br />
Mario De Biasi. Fotografia,<br />
professione e passione, Federico<br />
Motta Editore, Milano 1999; Mario<br />
De Biasi. I grandi della fotografia, a<br />
cura di Alberto Piovani, Fototeca,<br />
Edizioni Aprile, Torino 1995; Italo<br />
Zannier, Neorealismo e realtà, Photology,<br />
Milano, 1994.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 39
L’ABBONAMENTO SOSTENITORE AD<br />
ORIZZONTE MAGAZINE<br />
PERMETTE DI RICEVERE A CASA<br />
LA VERSIONE CARTACEA DELLA RIVISTA<br />
E DI PUBBLICIZZARE LA PROPRIA ATTIVITÀ<br />
PER TUTTO UN ANNO<br />
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40 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Foto di Savatore Brontolone<br />
1 a Classificata 16°Selezione<br />
<strong>Giugno</strong> <strong>2015</strong><br />
Ogni mese la Redazione selezionerà una serie di immagini che saranno pubblicate su<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>, sul sito web e sulla pagina Facebo<strong>ok</strong> della rivista.<br />
Le foto, che dovranno essere in formato jpeg e senza watermark o scritte,<br />
vanno inviate alla casella e-mail: orizzontemagazineit@gmail.com<br />
corredate di nome e cognome dell’autore e di una breve didascalia.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 41
SALVATORE BRONTOLONE<br />
1°<br />
ROBERTA GIANNITTO<br />
5°<br />
FABIO SANFILIPPO<br />
7°<br />
ALMA TURATO<br />
8°<br />
CHRISTIAN DELEDDA<br />
6°<br />
42 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
GIANLUCA MANELLA<br />
2°<br />
MAURIZIO FERRI<br />
3°<br />
FILIPPO LATELLA<br />
4°<br />
8°<br />
ANTONELLA SCALISI<br />
9°<br />
ALESSIO CRISTIAN LENZI<br />
10°<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 43
44 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
COZZE ALLA PUEPP(E)TEDDE<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 45
COZZE ALLA<br />
PUEPP(E)TEDDE<br />
di Ornella Mirelli<br />
L<br />
a ricetta di questo mese<br />
è originaria di Taranto,<br />
la città delle cozze<br />
per eccellenza, dove<br />
i mitili trovano l’ambiente ideale<br />
per riprodursi in un mix di salinità<br />
e temperatura garantito dalle<br />
sorgenti sottomarine d’acqua dolce,<br />
i “citri”, che sboccano sui fondali<br />
del Mar Piccolo.<br />
La preparazione è semplice, come<br />
s’addice alle antiche ricette di<br />
tradizione popolare, ma oscura è<br />
la sua origine, in particolare per<br />
quel che concerne il nome. Luigi<br />
Sada, medico tarantino trapiantato<br />
a Bari e grande estimatore della<br />
cucina pugliese, chiama questa<br />
ricetta “cozze all’uso tarantino” o<br />
“alla peppetedda”, senza tuttavia<br />
null’altro aggiungere.<br />
“Pueppetedde” secondo alcuni<br />
deriverebbe dal tarantino<br />
“Puèppete”, dialettizzazione del<br />
termine “Pòppito”, diffuso nell’alto<br />
Salento per indicare i salentini<br />
dell’estremo sud. La parola<br />
avrebbe una derivazione latina:<br />
“post oppidum”, oltre la cinta muraria,<br />
e inizialmente avrebbe contraddistinto<br />
il forestiero, colui che<br />
46 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
proveniva dall’esterno della città.<br />
Ma la lingua si evolve con l’evolversi<br />
dei costumi e delle situazioni<br />
sociali. Dopo l’unificazione d’Italia<br />
del 1860 le condizioni di vita nel<br />
Salento erano piuttosto precarie;<br />
se l’alto Salento stava conoscendo<br />
un notevole sviluppo agricolo,<br />
il basso Salento non riusciva ancora<br />
a riscattarsi dalla marginalizzazione:<br />
ad una ristretta cerchia<br />
di nobili, sempre più impoverita e<br />
oberata da debiti e interminabili<br />
liti giudiziarie, corrispondeva un<br />
elevato numero di braccianti, che<br />
costituivano la maggior parte della<br />
popolazione attiva e lavoravano<br />
dall’alba al tramonto solo nei mesi<br />
estivi ed autunnali, percorrendo a<br />
piedi lunghi tratti e nutrendosi di<br />
“friselle”, pomodori, frutta e di<br />
quanto offriva la terra a seconda<br />
della stagione.<br />
Il termine “pòppito” diventò così<br />
Continua la collaborazione<br />
di <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> con<br />
Ammodomio, uno fra i più seguiti<br />
blog di cucina del web.<br />
Ammodomio è all’indirizzo<br />
www.ammodomio.blogspot.it<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 47
un’espressione spregiativa, sinonimo<br />
di “zotico”, “campagnolo”, “bifolco”,<br />
al pari del romanesco “burino”<br />
o del napoletano “cafone”.<br />
Il vocabolo è adoperato in tutto<br />
il Salento; se da un lato i leccesi<br />
gratificano con tale epiteto gli<br />
abitanti “campagnoli” dei paesi<br />
dell’estremo sud, i brindisini indicherebbero<br />
in tal modo i paesani<br />
del sud che venivano nel brindisino<br />
per lavorare nei frantoi. Addirittura<br />
ci sarebbe un vecchio<br />
detto brindisino, “a mari ca è pòpputu”,<br />
ad indicare che è preferibile<br />
gettarli a mare piuttosto che<br />
starci insieme. I tarantini, dal loro<br />
canto, definiscono in tal modo gli<br />
abitanti dei paesi dell’entroterra<br />
in genere, dediti al lavoro dei<br />
campi e piuttosto grezzi nel loro<br />
modo di porgersi.<br />
Ne discende che la senominazione<br />
di Cozze alla Puepp(e)tedde<br />
potrebbe individuare più un metodo<br />
di preparazione che un’origine<br />
geografica, stando ad indicare<br />
un modo piuttosto grossolano<br />
e “cafone”, di cuocere le cozze.<br />
E’ infatti impensabile che, dopo<br />
una faticosa giornata nei campi, i<br />
“pòppiti” preferissero andare in<br />
cerca di cozze da cucinare piuttosto<br />
che buttarsi in un canto mangiando<br />
pane e pomodori.<br />
Cozze alla Puepp(e)tedde<br />
Ingredienti<br />
1 kg di cozze nere<br />
6-8 piccoli pomodori rossi oppure<br />
qualche filetto di pomodoro pelato<br />
1 spicchio di aglio<br />
1 peperoncino piccante (*)<br />
4 cucchiai di olio extravergine<br />
prezzemolo q.b.<br />
(*) Su cozze, crostacei, molluschi e<br />
pesce, io preferisco un po’ di pepe<br />
che trovo profumato, ma più delicato.<br />
Questione di<br />
gusto personale.<br />
Tuttavia, in questa<br />
ricetta un po’ rozza<br />
e “cafona”, il peperocino<br />
ci sta tutto,<br />
quindi se vi piace<br />
non omettetelo.<br />
Lavare le cozze,<br />
strofinandole bene<br />
con una paglietta<br />
di acciaio<br />
(nuova) per togliere<br />
tutte le concrezioni,<br />
quindi tirare<br />
il bisso.<br />
In una capace casseruola<br />
a due manici (non padella)<br />
mettere l’olio, l’aglio, i pomodorini<br />
spaccati a metà o pochi<br />
filetti di pelati, il peperoncino, le<br />
cozze. Accendere il fornello quasi<br />
al massimo della potenza, coprire<br />
la pentola con suo coperchio<br />
e impugnare i due manici.<br />
Basteranno non più di 5 minuti a<br />
fuoco vivo, scuotendo energicamente<br />
la pentola dal basso verso<br />
l’alto, per far aprire tutte le<br />
cozze. Aggiungere il prezzemolo<br />
spezzettato a mano, mettere in<br />
una zuppiera e portare in tavola.<br />
Le cozze alla puépp(e)tedd sono<br />
ottime anche tiepide o a temperatura<br />
ambiente.<br />
48 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
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SULLE STRADE DELLE<br />
DE.CO. MANTOVANE<br />
SAN BENEDETTO PO<br />
TORTELLI DI ZUCCA<br />
CON SUGO DI SALSICCIA<br />
di Fabrizio Capra<br />
N<br />
el nostro viaggio tra<br />
le De.Co. Mantovane<br />
in questo mese<br />
di giugno facciamo<br />
tappa a San Benedetto Po, che<br />
vanta ben tre denominazioni comunali:<br />
Tortelli di zucca con sugo di<br />
salsiccia, Ragù d’anatra e la Torta<br />
di tagliatelle.<br />
Tortelli di zucca con sugo<br />
di salsiccia<br />
I tortelli sono uno dei piatti tipici<br />
della cucina mantovana, il tradizionale<br />
piatto della vigilia di Natale,<br />
che nel basso mantovano si sposa<br />
con la salsiccia di maiale, laddove<br />
si abbina il rosso della zucca con<br />
il rosso del sugo, quell’insieme di<br />
dolce e brusco che sembra caratterizzare<br />
la gente dell’oltrepò.<br />
Si pensa che i tortelli di zucca<br />
abbiano origine rinascimentale,<br />
ideati dopo la conquista europea<br />
dell’America, vista la gran quantità<br />
di zucca utilizzata, importata in<br />
Europa dai coloni spagnoli.<br />
Ingredienti per quattro persone.<br />
Per la sfoglia:<br />
600 gr. di farina bianca tipo 00, sei<br />
uova.<br />
Per il ripieno:<br />
800 gr di zucca Mantovana, 160<br />
gr di Parmigiano Reggiano, aggiunta<br />
di Mostarda Mantovana a pezzetti,<br />
un pizzico di noce moscata, un po’<br />
di sale, 100 gr di amaretti, 150 gr di<br />
burro, aggiunta di scorza di limone<br />
non trattato, pane grattugiato q.b.<br />
Per il condimento:<br />
cipolla, conserva di pomodoro, salamelle<br />
di San Benedetto Po.<br />
Preparazione:<br />
lessare una zucca in poca acqua<br />
oppure cuocerla in forno, togliere<br />
la buccia, lavorare la polpa in<br />
una terrina con la forchetta fino<br />
a ridurla in crema; aggiungere i<br />
vari ingredienti: amaretti secchi<br />
polverizzati, Parmigiano Reggiano<br />
grattugiato, noce moscata,<br />
mostarda a pezzetti, scorza grattugiata<br />
di limone, sale; lasciare ri-<br />
50 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
posare il tutto per qualche ora in<br />
luogo fresco. Preparare la sfoglia<br />
con sei uova e sei etti di farina<br />
di grano duro; tagliarla in striscie<br />
rettangolari e poi in quadrati di<br />
circa 7 centimetri di lato; porre<br />
al centro di ognuno un cucchiaio<br />
abbondante di ripieno, ripiegare<br />
la pasta a triangolo, unendo le<br />
due punte più lunghe e dando la<br />
forma di cappello.<br />
Preparare a parte un ragù facendo<br />
soffriggere un poco di cipolla, aggiungendo<br />
la salciccia sbriciolata e<br />
infine un po’ di conserva di pomodoro;<br />
lessare i tortelli in acqua salata,<br />
quando risalgono pescarli con<br />
un mestolo forato, sistemarli in una<br />
zuppiera di ceramica alternando<br />
strati di tortelli, ragù di salciccia e<br />
abbondante Parmigiano Reggiano.<br />
Ragù d’anatra<br />
Prodotto con l’anatra muta (nèdar<br />
muta), è un piatto tradizionale di<br />
San Benedetto Po dove, ogni prima<br />
domenica di ottobre, si celebra<br />
da quarantatre anni la “Sagra<br />
dal Nèdar”. Nelle famiglie locali<br />
si preparava alla domenica pasta<br />
fatta in casa condita con il ragù di<br />
anatra muta. La De.Co. è riconosciuta<br />
solo per il sugo prodotto<br />
all’interno del territorio comunale.<br />
Questa specie di anatra trova il<br />
suo habitat naturale negli stagni,<br />
canali ed acquitrini tipici del paesaggio<br />
mantovano. Un tempo era<br />
allevata anche nelle corti con gli<br />
altri animali domestici.<br />
Ingredienti:<br />
anatra muda (nèdar mut) meglio se<br />
selvatica; carote; sedano; cipolla; un<br />
bicchiere di vino bianco;<br />
olio; burro o lardo per<br />
soffritto.<br />
Non è consentito l’uso<br />
di alcun altro ingrediente,<br />
ed in particolare<br />
amido, grassi<br />
vegetali, siero di latte e<br />
derivati, lecitina di soia,<br />
coloranti, conservanti.<br />
Preparazione:<br />
mettere il “nèdar” in<br />
acqua calda per spennarlo,<br />
quindi farlo bollire<br />
in acqua per cinque<br />
minuti con un po’ di<br />
cipolla, per togliere il<br />
sapore di selvatico.<br />
Preparare a parte in un pentolino<br />
d’olio, una noce di lardo, le verdure<br />
(carote, sedano, cipolla) e<br />
sfumare con un bicchiere di vino<br />
bianco. Quando l’anatra è cotta la<br />
si spolpa e si pesta sull’asse con un<br />
coltello grosso. Passare al setaccio<br />
le verdure del soffritto, aggiungere<br />
l’anatra pestata e lasciare cuocere<br />
il tutto per qualche minuto.<br />
Torta di tagliatelle<br />
E’ un piatto che viene dalla tradizione<br />
rurale ma la cui origine è<br />
sconosciuta. Riportato in un ricettario<br />
di cucina mantovana dell’ottocento,<br />
sicuramente era presente<br />
sulla tavola dei Gonzaga.<br />
Si tratta di una sfoglia di pasta<br />
classica, ridotta in tagliatelle sottili,<br />
mescolate a strati alterni con<br />
mandorle tritate, zucchero, burro<br />
e cotta al forno.<br />
Ingredienti:<br />
farina di grano tenero, uova fresche,<br />
zucchero semolato, burro, mandorle<br />
pelate.<br />
Varianti documentate: aggiunta di<br />
amaretti o cioccolato nell’impasto;<br />
aggiunta di liquore (sassolino<br />
o maraschino) a fine cottura.<br />
Preparazione: si prepara la classica<br />
sfoglia con la farina e le uova<br />
per poi ricavare sottilissime<br />
tagliatelle da far essiccare un<br />
po’ prima dell’uso. In una ciotola<br />
si mescolano le mandorle, lo<br />
zucchero ed eventualmente gli<br />
amaretti o il cioccolato. In una<br />
tortiera imburrata si mette uno<br />
strato di tagliatelle, lo si cosparge<br />
con l’impasto di mandorle distribuendo<br />
qualche ricciolo di burro<br />
sparso. Si continua alternando<br />
questi strati sino all’esaurimento<br />
degli ingredienti. Si cuoce in<br />
forno a temperatura moderata<br />
per circa 40 minuti, fino a quando<br />
il colore diventerà dorato in<br />
superficie.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 51
LO<br />
SAPEVATE<br />
CHE<br />
L’ASPARAGO SELVATICO<br />
(Asparagus acutifolius)<br />
FAMIGLIA LILIACEAE.<br />
NOME SCENTIFICO:<br />
Asparagus acutifolius<br />
REPERIBILE IN TUTTO IL BACINO<br />
DEL MEDITERRANEO<br />
di Angelo Ferri<br />
Gli asparagi sono uno scrigno di<br />
1.<br />
nutrienti benefici, tra i quali possiamo<br />
trovare fibre vegetali, acido<br />
folico e vitamine, con particolare<br />
riferimento alla vitamina A, alla<br />
vitamina C ed alla vitamina E. Presentano inoltre un<br />
interessante contenuto di sali minerali, tra i quali è<br />
bene evidenziare il cromo, un minerale che permette<br />
di migliorare la capacità dell’insulina di trasportare il<br />
glucosio dal flusso sanguigno verso le cellule del nostro<br />
organismo.<br />
A tale proposito, studi recenti hanno indicato gli<br />
asparagi tra gli elementi indicati per il consumo alimentare<br />
al fine di attuare una prevenzione del diabete<br />
di tipo 2 che inizi proprio dalla tavola. I principi<br />
attivi contenuti negli asparagi tramite esperimenti di<br />
laboratorio si sono rivelati in grado di agire favorendo<br />
la produzione di insulina e diminuendo i livelli di<br />
glucosio nel sangue.<br />
52 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Gli asparagi, così come l’avocado,<br />
2.<br />
i cavoli ed i cavolini di Bruxelles,<br />
risultano essere particolarmente<br />
ricchi di una sostanza denominata<br />
glutatione, utile a favorire la<br />
depurazione dell’organismo, migliorando la sua capacità<br />
di liberarsi di sostanze dannose e componenti<br />
cancerogeni, oltre che dei radicali liberi.<br />
E’ per tale motivo che il consumo<br />
3.<br />
di asparagi potrebbe essere giudicato<br />
utile nella prevenzione di alcune<br />
forme di cancro, con riferimento<br />
soprattutto al cancro alle<br />
ossa, al seno, al colon, alla laringe ed ai polmoni. Gli<br />
asparagi sono inoltre ricchi di antiossidanti, una caratteristica<br />
che li rende tra i vegetali maggiormente<br />
utili a contrastare i segni dell’invecchiamento. Secondo<br />
alcuni studi preliminari, gli asparagi potrebbero<br />
essere utili per rallentare il processo di avanzamento<br />
dell’età biologica.<br />
Un’altra proprietà benefica attribuita<br />
agli asparagi riguarda la lo-<br />
4.<br />
ro potenziale capacità di aiutare<br />
il nostro cervello a contrastare il<br />
declino cognitivo. L’acido folico in<br />
essi contenuto, in associazione con la vitamina B12,<br />
permette la prevenzione dei disturbi che potrebbero<br />
affliggere la sfera cognitiva con l’avanzamento<br />
dell’età. Inoltre, gli asparagi contengono elevati livelli<br />
di un amminoacido denominato asparagina, che<br />
costituisce un diuretico naturale, permettendo in<br />
questo modo all’organismo di espellere il sodio in<br />
eccesso. Si tratta di una proprietà particolarmente<br />
benefica per coloro che soffrono di ritenzione idrica,<br />
edema o ipertensione.<br />
Gli asparagi presentano un elevato contenuto di potassio,<br />
un sale minerale prezioso per la regolazione<br />
della pressione sanguigna e per il funzionamento dei<br />
muscoli, compreso il cuore. Il consumo di asparagi<br />
è indicato nella prevenzione delle patologie cardiocircolatorie,<br />
oltre che per favorire il buon funzionamento<br />
del sistema nervoso.<br />
Varieta’ degli asparagi<br />
5.<br />
La varietà più comune degli asparagi<br />
è costituita da ortaggi di colore<br />
verde scuro o verde chiaro<br />
ma, a seconda delle zone d’Italia<br />
da noi frequentate, potremo trovare asparagi di colore<br />
bianco, rosa e viola. I differenti colori caratterizzano<br />
le punte degli asparagi e ne determinano la<br />
varietà. E’ inoltre bene differenziare tra l’asparago<br />
coltivato (Asparagus officinalis) e l’asparago selvatico<br />
(Asparagus acutifolius) conosciuto anche come<br />
asparagina, la cui presenza può essere individuata in<br />
aree di campagna, pascoli e boschi.<br />
Frittata di asparagi selvatici<br />
Ingredienti per 6 persone<br />
600 g di asparagi selvatici<br />
8 uova<br />
olio di oliva q.b.<br />
sale q.b.<br />
Procedimento<br />
Lavate bene gli asparagi selvatici lasciandoli a bagno<br />
per qualche minuto in modo che non vi siano più<br />
tracce di terra quindi rompeteli con le mani, partendo<br />
dalla loro punta, a tronchetti di un paio di cm.<br />
Quando sentite che non si rompono più significa<br />
che la parte rimanente è da scartare. Conservate<br />
questi tronchetti di asparagi ( vi serviranno per fare<br />
un ottimo risotto), e fate saltare le punte in un po’<br />
di olio per circa 3 minuti. Versatele poi nella ciotola<br />
dove avete sbattuto le uova con un po’ di sale e,<br />
dopo avere mescolato bene, versate il tutto in una<br />
padella antiaderente unta con un po’ di olio. Mescolate<br />
subito con un cucchiaio di legno e appena la<br />
frittata incomincia a rapprendersi scuotete la padella<br />
per staccare bene la parte sotto la frittata. Se non<br />
dovesse staccarsi aiutatevi con una spatola dalla lama<br />
lunga. Per girarla fatela scivolare su un piatto, capovolgetela<br />
nella padella e finite di cuocere dall’altra<br />
parte. Il tutto sempre a fuoco vivace. Questa frittata<br />
è ottima mangiata sia fredda che calda.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 53
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56 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
OROSCOPO<br />
GIUGNO <strong>2015</strong><br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 57
ARIETE TORO GEMELLI<br />
Ci sono molte novità importanti<br />
che ti aspettano a giugno. Cambiamenti<br />
attesi oppure a sorpresa,<br />
nella sfera affettiva o in quella<br />
familiare, in quella lavorativa o<br />
nella tua vita sociale. Da qualche<br />
parte, qualcosa cambierà nella tua<br />
vita: non farti sfuggire l’opportunità<br />
di imprimere una svolta, di girare<br />
pagina se vivi una situazione<br />
frustrante in uno di questi ambiti.<br />
Le stelle vogliono lanciarti un<br />
messaggio preciso: non aspettare<br />
passivamente che qualcosa muti,<br />
ma agisci in prima persona e decidi<br />
tu che cosa fare. Vedrai che il<br />
destino ti sarà amico!<br />
<strong>Giugno</strong> sarà un mese abbastanza<br />
sereno, caratterizzato da tanta<br />
voglia di proseguire sulla strada<br />
già intrapresa. In famiglia, attorno<br />
a te e nel tuo cuore, regna equilibrio<br />
e serenità.<br />
Solo verso gli ultimi giorni potrebbero<br />
far capolino alcune<br />
tensioni, ma si tratta di situazioni<br />
che potresti agevolmente affrontare<br />
e risolvere, in qualunque<br />
ambito i problemi dovessero<br />
presentarsi. Vita sociale frizzante<br />
e soddisfacente! Le amicizie<br />
sono felici.<br />
<strong>Giugno</strong> potrebbe essere il tuo<br />
mese, e non soltanto perché festeggi<br />
il tuo compleanno (se fai<br />
parte della seconda o della terza<br />
decade). Venere è nel tuo segno<br />
da un po’, e ci rimarrà più a lungo<br />
del solito, mentre Giove la<br />
raggiungerà il giorno 11. Nonostante<br />
alcune tensioni, in barba ai<br />
fastidi e alle frustrazioni, potresti<br />
vivere momenti esaltanti, divertirti,<br />
conoscere tanta gente e<br />
sentirti bene come non ti sentivi<br />
da troppo tempo. Sarà questa<br />
sensazione intima di benessere<br />
interiore la vera conquista e il<br />
dono più prezioso delle stelle!<br />
CANCRO LEONE VERGINE<br />
<strong>Giugno</strong> si annuncia come un mese<br />
ricco di alti e bassi. Ci saranno<br />
momenti piacevoli, ma più spesso<br />
dovrai affrontare preoccupazioni e<br />
tensioni familiari che rischiano di<br />
ripercuotersi anche in altri ambiti.<br />
Muoviti con cautela dunque e non<br />
affrettare i tempi di eventuali decisioni<br />
delicate che dovessero comportare<br />
mutamenti drastici delle<br />
tue condizioni.<br />
La lucidità mentale non ti mancherà<br />
per buona parte del mese, quindi<br />
almeno per questo puoi stare<br />
tranquillo. Anche la vita sociale potrebbe<br />
gratificarti.<br />
Basta con le insoddisfazioni, la<br />
scontentezza e quella sensazione<br />
di intima frustrazione che ti hanno<br />
accompagnato troppo a lungo!<br />
A Venere, in Gemelli già da un<br />
po’di tempo, questo mese si affiancherà<br />
Giove dal giorno 11.<br />
La vita sociale è pronta a decollare,<br />
i progetti che riguardano famiglia<br />
e vita sociale iniziano a delinearsi<br />
meglio e tu sei pronto a<br />
divertirti e a folleggiare nelle pazze<br />
nottate estive che ti vedranno<br />
protagonista assoluto!<br />
<strong>Giugno</strong> non si annuncia come<br />
un mese riposante. Venere in<br />
Gemelli, Nettuno in Pesci e dal<br />
giorno 11 anche Giove, ti faranno<br />
i dispetti. Non sempre avrai<br />
la tranquillità necessaria per affrontare<br />
gli argomenti più spinosi<br />
in famiglia, che, come ben sai,<br />
purtroppo non mancano mai.<br />
Avrai invece la tentazione di<br />
rompere con tutti, di infilarti in<br />
polemiche dannose perfino per<br />
le tue stesse intenzioni. Nonostante<br />
tutto, non mancheranno<br />
i momenti piacevoli e la vita sociale<br />
animata, soprattutto nella<br />
parte centrale di giugno.<br />
58 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
BILANCIA SCORPIONE SAGITTARIO<br />
Un sostanziale equilibrio tra<br />
configurazioni positive e più tese<br />
si disputano il podio per tutto il<br />
mese, lasciando a te il libero arbitrio<br />
e la possibilità di decidere<br />
tramite scelte e impegno.<br />
In famiglia ci sono tensioni? Dipenderà<br />
da te se troncare di<br />
netto o darti da fare per migliorare<br />
la situazione. Da metà mese<br />
Giove sarà tuo alleato, anche se<br />
nello stesso periodo Mercurio ti<br />
farà i dispetti.<br />
Vita sociale al top a inizio e fine<br />
giugno: divertiti e non farti scappare<br />
l’occasione di svagarti.<br />
<strong>Giugno</strong> inizierà al rallentatore per<br />
prendere velocità giorno dopo<br />
giorno. Molte situazioni, familiari o<br />
legate alla sfera economica, stanno<br />
per migliorare.<br />
Da parte tua, in effetti, c’è la ferma<br />
intenzione di porre un punto<br />
a capo a tutti i problemi. Marte<br />
aumenta la tua grinta, mentre Mercurio,<br />
positivo nella parte centrale<br />
del mese, ti offrirà velocità di riflessi<br />
mentali e capacità persuasive.<br />
Sarai brillante e frizzante, con la<br />
tendenza alla battuta un po’ troppo<br />
pungente verso fine giugno.<br />
Cattivo umore in aumento! A giugno<br />
purtroppo alcune questioni,<br />
forse già accennate nel periodo<br />
precedente, potrebbero esasperarsi.<br />
Sei piuttosto irritabile, ma se affronti<br />
ogni situazione con aggressività<br />
non otterrai nulla. In famiglia,<br />
con gli amici, sono parecchi i motivi<br />
alla base del tuo scontento.<br />
A fine mese, Mercurio sarà tuo alleato<br />
e potrai iniziare a pensare ad<br />
eventuali soluzioni. Sempre se, nel<br />
frattempo, non avrai fatto polpette<br />
dei tuoi interlocutori!<br />
CAPRICORNO ACQUARIO PESCI<br />
Qualche tensione familiare potrebbe<br />
farsi largo nella parte<br />
centrale del mese. Se vivi già<br />
dei rapporti piuttosto logorati,<br />
dovrai fare appello alla tua diplomazia,<br />
se esiste. In caso contrario,<br />
aspettati di mettere a<br />
repentaglio alcune relazioni con<br />
dei parenti che non sopporti più<br />
o perfino con alcuni amici, se ci<br />
sono già motivi di attrito.<br />
Queste ammonizioni però non<br />
devono farti pensare che vivrai<br />
un mese sotto tono: anzi, avrai<br />
tante occasioni piacevoli per divertirti<br />
e rilassarti.<br />
Ti aspetta un ottimo mese, all’insegna<br />
della cordialità, della generosità,<br />
della gioia di vivere e della tranquillità.<br />
In famiglia o tra gli amici, sarai<br />
benvoluto, adorato quasi.<br />
Se ci sono problemi in sospeso, è<br />
arrivato il momento di affrontarli e<br />
risolverli, grazie alle configurazioni<br />
felici che si formeranno nel tuo cielo.<br />
Apriti con fiducia al futuro e togliti<br />
gli occhiali neri: è il momento di<br />
cambiarli con lenti rosa per vedere<br />
la vita tutta di questo colore!<br />
<strong>Giugno</strong> non sarà un mese riposante.<br />
Venere in Gemelli, Marte<br />
in Vergine, e dal giorno 11 anche<br />
Giove, saranno tesi nel tuo cielo.<br />
Soprattutto in famiglia, potresti<br />
tendere a vivere con eccessivo<br />
risentimento alcune questioni<br />
che in realtà avrebbero bisogno<br />
di maggiore comprensione per<br />
essere risolte.<br />
Bada ai tuoi gesti impulsivi, alle<br />
frasi offensive, alle prepotenze<br />
mascherate, subite o imposte. E<br />
cerca di aumentare il tuo grado<br />
di tolleranza: farà miracoli, vedrai!<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 59