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Fotografia di Shobha, Maternità, operaia incinta, Maharastra, India, 2013 mezzocielo La politica e la bellezza trimestrale di politica cultura e ambiente pensato e realizzato da donne anno XXI giugno-agosto 2013 - € 5,00 sped. in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Palermo

Fotografia di Shobha, Maternità, operaia incinta, Maharastra, India, 2013<br />

mezzocielo<br />

La politica e la bellezza<br />

trimestrale di politica cultura e ambiente<br />

pensato e realizzato da donne<br />

anno XXI giugno-agosto 2013 - € 5,00<br />

sped. in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96<br />

Filiale di Palermo


Prostituzione sdoganata?<br />

Simona Mafai<br />

L’affermazione che più mi<br />

ha colpito, tra gli<br />

innumerevoli commenti<br />

sulle nauseanti vicende del<br />

Bunga Bunga e relativa<br />

condanna giudiziaria, è stata<br />

quella di una antropologa, che<br />

ha detto (più o meno):<br />

Berlusconi ha sdoganato la<br />

prostituzione.<br />

L’affermazione è forte, ma –<br />

riflettendoci sopra – la<br />

riconosco, sia pure con<br />

riluttanza e disagio, vicina alla<br />

verità. In rapporto all’antica e<br />

complessa realtà della<br />

prostituzione nelle sue varie<br />

forme (dalla prostituzione di<br />

strada, alle escort, alla<br />

prostituzione minorile,<br />

fermandoci solo un passo dalla<br />

pedofilia) giudizi e commenti<br />

dell’opinione pubblica sono<br />

nel corso di questi anni<br />

profondamente cambiati: quasi<br />

rovesciati. Dai tanti uomini<br />

che, alzando le spalle, dicono<br />

che le cose sono sempre andate<br />

così: ne è solo cambiata la<br />

pubblicizzazione; ad alcune<br />

femministe “doc” che<br />

affermano, anche prendendo<br />

ad esempio le vicende di<br />

Palazzo Grazioli, che la<br />

prostituzione è una libera<br />

scelta della donna, la quale col<br />

suo corpo può fare quel che<br />

vuole; da Patrizia D’Addario<br />

che partecipa, accettata e forse<br />

anche applaudita, a raduni<br />

politici; per finire con la<br />

manifestazione “siamo tutti<br />

puttane”, indetta da Giuliano<br />

Ferrara, che – sul palco – si è<br />

dipinto le labbra col rossetto,<br />

non si può dire che, su questo<br />

tema, nulla è cambiato<br />

nell’opinione pubblica.<br />

Neppure i giudici/le giudici<br />

che hanno “arzigogolato”<br />

sull’età di Ruby e sul<br />

reclutamento delle ragazze<br />

disponibili (gestito<br />

generalmente da una qualche<br />

“fidanzata” dell’ospite) sono<br />

presi molto sul serio. Chi<br />

continua a ritenere la<br />

prostituzione un aspetto<br />

tristissimo delle relazioni<br />

uomo-donna (e non solo),<br />

rischia di essere considerato un<br />

moralista superato dai tempi.<br />

Per fortuna ci resta qualche<br />

filosofo che denuncia come un<br />

fatto caratterizzante la società<br />

di oggi la “mercificazione di<br />

relazioni sociali che fino a ieri<br />

sembravano intoccabili,<br />

quando non sacre” e conclude<br />

“Viviamo in un’epoca in cui<br />

quasi ogni cosa può essere<br />

comprata e venduta” (Anselm<br />

Jappe). Certo, l’affermazione<br />

non è proprio nuova. Ci fu un<br />

altro filosofo che scrisse oltre<br />

un secolo e mezzo fa: “La<br />

borghesia …ha fatto della<br />

dignità personale un semplice<br />

valore di scambio”.<br />

Borghesia o proletariato, per<br />

parte mia, al di là di indagini<br />

sociologiche e di ondivaghi<br />

orientamenti della opinione<br />

pubblica, io credo sempre – in<br />

attesa di una nuova società<br />

che dovrebbe nascere – nel<br />

libero arbitrio e nella<br />

responsabilità personale.<br />

Sommario<br />

Prostituzione sdoganata?<br />

Simona Mafai pag. 2<br />

Una politica attenta<br />

ai bisogni reali<br />

Laura Stancari, Laura Bellina<br />

e Simonetta d’Errico pag. 3<br />

cambiamenti<br />

Il disaggio e la luce<br />

del cambiamento<br />

Conversazione tra redattrici<br />

di <strong>Mezzocielo</strong> pag. 4<br />

La giustizia non è più<br />

un dominio maschile<br />

Maddalena Giardina pag. 8<br />

Storie di donne e storie<br />

di violenza<br />

Caterina Brignone pag. 9<br />

creatività<br />

Libri pag. 10<br />

Diecirighe – Francesca Traìna pag. 11<br />

A dicembre<br />

Cinzia Collura pag. 12<br />

Il lavoro più creativo<br />

del mondo<br />

Silvana Fernandez pag. 14<br />

Essere è tessere: in ricordo<br />

di Maria Lai<br />

Mariella Pasinati pag. 15<br />

Ipazia e la guerra dei sessi<br />

Francesca Saieva pag. 16<br />

Probabilmente Antigone<br />

ci deve ancora qualcosa<br />

Egle Palazzolo pag. 16<br />

“Le donne siciliane non sono<br />

felici”<br />

Beatrice Agnello pag. 18<br />

succede<br />

Ridere e piangere pag. 19<br />

Raccontare a testa alta,<br />

come gente che ha vinto<br />

Gisella Modica pag. 20<br />

Simonetta, morta un giorno<br />

in cui era felice<br />

Gilda Sciortino pag. 20<br />

Il Progetto Itaca è sbarcato<br />

a Palermo<br />

Rosemarie Tasca d’Almerita pag. 21<br />

Bambini misura di città<br />

Ilaria Esposito pag. 21<br />

Contro la crisi mettiamoci<br />

in comune<br />

Gisella Modica pag. 22<br />

Le ricette del giardiniere<br />

di Calvino<br />

Leontine Regine pag. 22<br />

Le escluse dalla modernità<br />

emancipata<br />

Giovanna Minardi pag. 23<br />

mezzocielo<br />

Direttore responsabile: Rosanna Pirajno<br />

Coordinamento redazionale:<br />

Beatrice Agnello - Giusi Catalfamo - Silvana Fernandez - Gisella Modica - Adriana Palmeri - Rosanna Pirajno - Stefania Savoia<br />

Redazione:<br />

Carla Aleo Nero - Rita Calabrese - Daniela Dioguardi - M. Chiara Di Trapani - Leontine Regine<br />

Francesca Saieva - M. Concetta Sala - Shobha - Francesca Traina<br />

Responsabile Editoriale: Adriana Palmeri<br />

Impaginazione: Massimiliano Martorana<br />

Editore: Associazione <strong>Mezzocielo</strong><br />

Reg. al Trib. di Palermo il 19-3-’92<br />

Stampa<br />

Offset Studio - Palermo<br />

Ricerca iconografica di Shobha<br />

Il lavoro redazionale e le collaborazioni sono forniti gratuitamente<br />

www.mezzocielo.it - mezzocielo.posta@yahoo.it - Tel. 328 0198474<br />

Quota associativa annua: ordinaria: € 40,00 sostenitrice: € 60,00 - c/cp. 13312905 Rosanna Pirajno, V.le F. Scaduto, 14 - 90144 Palermo<br />

2


Una politica attenta ai bisogni reali<br />

La Lega si sbriciola e alle elezioni comunali di Treviso e Vicenza due donne del Pd sono i candidati più votati. Le abbiamo intervistate.<br />

Intervista a Maristella Caldato,<br />

a cura di Laura Stancari e<br />

Laura Bellina<br />

Incontriamo Maristella<br />

Caldato il 13 giugno nella<br />

saletta del gruppo<br />

consiliare del Pd di Treviso, a<br />

pochi giorni dall’entusiasmante<br />

“liberazione” del 10 giugno da<br />

una ventennale – pesante –<br />

epoca leghista, avvenuta con<br />

l’elezione a sindaco di<br />

Giovanni Manildo, candidato<br />

del centrosinistra. Maristella è<br />

la più votata di tutti i candidati<br />

delle varie liste.<br />

È una giovane donna di 47 anni,<br />

determinata quanto disponibile<br />

ad un ascolto attento e cordiale<br />

e a una franca comunicazione; si<br />

definisce una cattolica laica.<br />

Nasce in una famiglia operaia: il<br />

padre è lavoratore edile e la madre<br />

casalinga e custode dell’impresa<br />

edile in cui il marito lavora.<br />

Frequenta l’Istituto professionale<br />

per il commercio e si diploma nel<br />

1985 con il massimo dei voti.<br />

Partecipa subito a concorsi<br />

pubblici e già dal gennaio ’86 è<br />

dipendente dell’amministrazione<br />

comunale di Zero Branco,<br />

comune limitrofo a Treviso. Nel<br />

1988 comincia a lavorare all’Ater<br />

(Azienda Territoriale Edilizia<br />

Residenziale); attualmente è<br />

segretaria della Commissione<br />

Alloggio.<br />

Si sposa nel 1990 con Rosario<br />

e non ha figli. S’illumina<br />

parlandoci del rapporto con il<br />

marito e del sostegno che lui le<br />

ha sempre dato nelle sue scelte<br />

politiche e di vita.<br />

“Fino al 2005 la mia vita erano<br />

l’Ater e lo studio dell’inglese”.<br />

Nel 2005, sentendo l’esigenza<br />

di proseguire gli studi, si iscrive<br />

all’Università di Udine, Facoltà<br />

di Lingue e Letterature<br />

Straniere – Relazioni Pubbliche,<br />

come studentessa lavoratrice,<br />

laureandosi alla fine con una<br />

tesi sull’episodio drammatico<br />

della retata di massa di 13152<br />

ebrei parigini nel luglio 1942.<br />

Mentre ce ne parla si avverte<br />

che questa tematica continua a<br />

coinvolgerla.<br />

Comincia ad assistere alle<br />

sedute del Consiglio comunale<br />

e si avvicina al Pd nel<br />

momento della sua nascita. È<br />

la sua prima esperienza<br />

politica. Si presenta nel 2008<br />

alle elezioni amministrative ed<br />

è già allora la donna più votata<br />

dell’intero consiglio comunale.<br />

Un tale successo si spiega con<br />

la specificità del suo lavoro: “Il<br />

mio impegno è nato da questo,<br />

dal contatto con i ceti sociali<br />

più deboli”. Facendo parte<br />

della Commissione alloggio<br />

dell’Ater, Maristella entra in<br />

contatto con le difficoltà<br />

economiche e abitative di<br />

numerose famiglie, riuscendo a<br />

cogliere in anticipo l’avanzare<br />

della crisi del 2008. Negli anni<br />

del suo mandato in Consiglio<br />

comunale riceve i cittadini<br />

nella saletta del Gruppo<br />

Consiliare del Pd (cosa che le<br />

viene contestata da più parti)<br />

dando ascolto alle loro<br />

richieste, in ben 2400 ore di<br />

ricevimento. Per lei il principio<br />

fondamentale, sia sul lavoro<br />

che in politica, “è il rispetto<br />

della legge, il rispetto delle<br />

regole, l’uguaglianza di tutti i<br />

cittadini di fronte alla norma”.<br />

Non è stato facile per<br />

Maristella operare in un<br />

contesto politico controllato<br />

dalla Lega per la quale la<br />

norma viene modificata per<br />

adeguarla agli umori<br />

dell’elettorato (ad esempio<br />

privilegiando i residenti a<br />

Treviso da più di vent’anni per<br />

l’assegnazione degli alloggi<br />

popolari). Infatti subisce sgarbi<br />

sul lavoro e soffre del clima,<br />

che lei definisce “devastante”,<br />

in un Consiglio comunale in<br />

cui prevalgono atteggiamenti<br />

misogini, razzisti e omofobi.<br />

Esprime anche un giudizio<br />

negativo sulla sua esperienza<br />

nelle Commissioni Pari<br />

Opportunità, comunale e<br />

regionale, perché le componenti<br />

rappresentano più i partiti di<br />

appartenenza che le donne.<br />

Maristella si presenta come<br />

candidata sindaco alle primarie<br />

del Pd per le amministrative<br />

2013, unica donna, e risulta<br />

terza, impegnandosi subito dopo<br />

nella campagna per il candidato<br />

vincente, Giovanni Manildo.<br />

Le chiediamo quale ruolo<br />

vorrebbe ricoprire nella nuova<br />

amministrazione e ci risponde:<br />

“Darò la mia disponibilità per<br />

un incarico relativo alle<br />

questioni sociali, perché ritengo<br />

che non si possano inventare<br />

competenze che non si hanno”.<br />

Intervista a Isabella Sala, a<br />

cura di Simonetta d’Errico<br />

Isabella Sala è stata eletta con<br />

1122 preferenze, staccando<br />

nettamente tutti gli altri<br />

candidati, nelle elezioni comunali<br />

di Vicenza, che hanno portato<br />

alla poltrona di sindaco Achille<br />

Variati del centrosinistra. Questo<br />

successo, come lei mi racconta, è<br />

il frutto di una solida rete<br />

amicale e familiare: Isabella<br />

appartiene a una famiglia che in<br />

città ha rappresentato valori<br />

civici e civili per lunghi anni: suo<br />

padre è stato sindaco, amato, dal<br />

1962 al 1975. E lei ha deciso<br />

l’impegno nella scuola, nella<br />

cultura, nelle associazioni<br />

femminili. Nel pensare il<br />

rapporto donne - politica,<br />

qualcosa poi è cambiato, a<br />

Vicenza, durante la lotta contro<br />

il raddoppio della base<br />

americana, sostenuta dalle donne<br />

con fantasia e determinazione.<br />

Ora Isabella Sala è neoassessore<br />

alla comunità e alla famiglia. Ci<br />

incontriamo in uno spazio in<br />

cui è allestita una mostra su<br />

Scampia e Vicenza in cui sono<br />

esposti i lavori delle donne, i<br />

lavori fatti con le mani.<br />

“La mia vita, la tua, ci hanno<br />

fatto conoscere alcune<br />

potenzialità femminili,<br />

dobbiamo cercarne ancora,<br />

trovarne altre, con grande<br />

capacità di ascolto”, mi dice.<br />

Ma, abbiamo capacità di<br />

ascolto?<br />

“Sì, questo è un punto debole.<br />

Dobbiamo da sempre tenere<br />

insieme tante cose: il lavoro, la<br />

famiglia, l’impegno politico, le<br />

relazioni. Forse l’ascolto ci<br />

rimette un po’ in questa<br />

multiformità. Dobbiamo<br />

imparare a fare una sintesi tra<br />

vita pratica e pensiero.<br />

L’impegno nel sociale spaventa,<br />

ma ti illumina. L’ascolto sarà<br />

fondamentale, ma, come dice<br />

Duccio Demetrio, ascoltare<br />

non basta, poi ci vogliono le<br />

parole giuste”.<br />

Sei assessore alla comunità e<br />

alla famiglia. Comunità: non è<br />

quasi un’utopia?<br />

“Si parte dal basso, dove<br />

scorre il sangue vivo. Le città<br />

intelligenti sono quelle in cui<br />

scorre il sangue vivo, dice<br />

Braudel. Partiamo dal basso e<br />

proprio dalle donne”.<br />

Nel sociale ha lavorato diversi<br />

anni, insegnando nella scuola<br />

elementare. Laureata in Scienze<br />

politiche, ha lavorato a Milano,<br />

ma poi è tornata a Vicenza, la<br />

sua città. Qui, in due anni tre<br />

bambini, il concorso per<br />

insegnare, due anni da<br />

vicepreside. Nella piccola scuola<br />

di Longare, nel 2000,<br />

incominciavano ad arrivare i<br />

primi bambini immigrati: non<br />

c’erano protocolli o procedure.<br />

Per affrontare la situazione<br />

bisognava veramente credere che<br />

differenza è ricchezza, pur nella<br />

consapevolezza delle difficoltà.<br />

“Si deve cercare il positivo, se<br />

non parti dal positivo non puoi<br />

cambiare il mondo”, mi dice.<br />

“Ho avuto una vita fortunata,<br />

per la parte del mondo in cui<br />

mi è capitato di nascere, per la<br />

famiglia in cui sono stata<br />

educata. Allora bisogna<br />

restituire qualcosa”.<br />

Si sostiene che le donne hanno<br />

una finestra per sé, tra la cura<br />

dei figli e quella dei genitori, tra<br />

i quaranta e i quarantacinque<br />

anni. Se hai fortuna, è allora<br />

che puoi investire il tuo tempo.<br />

E lei ha pensato di candidarsi<br />

in Consiglio comunale per il<br />

Pd. È andata bene, è stata<br />

consigliere per cinque anni.<br />

E adesso che cosa c’è davanti<br />

a te? Quali strade, quali nuovi<br />

percorsi?<br />

“Ti viene angoscia nel guardare<br />

i dati sulla povertà di ritorno<br />

ed è duro essere chiamata al<br />

compito di risolverla. Non si<br />

potrà rispondere a tutte le<br />

richieste. Bisognerà agire sulle<br />

potenzialità e sulla fantasia,<br />

cercare strade nuove. Aiutare,<br />

ma non assistere. Entrare in un<br />

circuito di cittadinanza attiva,<br />

in cui chi è aiutato deve<br />

ricambiare, sentire la città<br />

come un luogo di cura<br />

condivisa. La nuova povertà<br />

colpisce l’identità di una<br />

persona. L’intervento non deve<br />

essere assistenziale, ma deve<br />

chiedere una risposta, secondo<br />

i talenti e le competenze, tutto<br />

questo può restituire identità<br />

alle persone.<br />

Se ci sono buoni modelli li<br />

adotteremo, ma è meglio partire<br />

da ogni particolare situazione.<br />

Per esempio, in giunta è stata<br />

scelta una seconda volta, come<br />

assessore, Cristina Balbi; le sono<br />

stati assegnati i Lavori pubblici<br />

e lei opera con un’ottica di cura<br />

urbana, con l’attenzione ai<br />

bambini, ai disabili. Dobbiamo<br />

allargare lo sguardo. I lavori<br />

pubblici non sono la buca nella<br />

strada, ma pensare la città a<br />

misura di cittadino, lavorare<br />

insieme in modo trasversale,<br />

con la cultura: per esempio un<br />

convegno su Rom e Sinti, che<br />

non conosciamo; e ancora, per<br />

esempio, Elena Peruffo è oggi<br />

vice questore. I conflitti fanno<br />

parte della vita, ma noi<br />

possiamo inventarci come<br />

mediarli, ognuno di noi può e<br />

deve mettersi in gioco e può<br />

riuscire a modificare<br />

l’ambiente”.<br />

3


cambiamenti<br />

Il disagio e la luce del cambiamento<br />

Una conversazione fra redattrici di <strong>Mezzocielo</strong> sul malessere sociale e politico, sul desiderio di impegnarsi e sull’apatia, sull’energia e la<br />

bellezza che spuntano qua e là, inaspettate<br />

Beatrice Agnello, Giusi Catalfamo, Silvana Fernandez, Simona Mafai, Gisella Modica, Adriana Palmeri, Rosanna Pirajno,<br />

Maria Concetta Sala, Stefania Savoia<br />

La conversazione che presentiamo ha avuto luogo a casa di Silvana Fernandez, come sempre premurosa nella sua<br />

accoglienza e sollecita dell’agio delle sue ospiti. Essa nasce dal bisogno di dare parola alle spinte contraddittorie che<br />

avvertiamo dinanzi al presente, si tratti degli ultimi accadimenti della politica istituzionale o della violenza omicida<br />

sessista, o più in generale dello sgretolamento delle strutture materiali e delle sovrastrutture simboliche della società<br />

patriarcale. La spinta a questo scambio in presenza è stata dettata da un lato dal malessere dinanzi a un passaggio epocale<br />

che coinvolge la vita privata e quella pubblica di ciascuna di noi e attorno a noi e che ci toglie forza e fiato sino a indurci<br />

all’afasia e dall’altro lato dall’avvertire che nella realtà vi sono punti disseminati di luce che indicano dei cambiamenti in<br />

atto, frutto di un’altra politica, di altre pratiche segnate dalla libertà femminile, ovvero dalla presa di coscienza da parte<br />

delle donne che non accettano di subordinarsi ai modelli di una cultura secolare maschile.<br />

MARIA CONCETTA: Crisi<br />

economica e miseria del<br />

presente sono le paroline<br />

chiave che oggi aprono tutti i<br />

dibattiti e che riguardano la<br />

situazione sia nazionale che<br />

internazionale. Rispetto al mio<br />

essere, al mio stare al mondo,<br />

da un lato avverto dei<br />

cambiamenti positivi che<br />

riguardano la politica che mi<br />

appartiene e che è in atto,<br />

dall’altro non comprendo<br />

perché io mi senta così<br />

schiacciata.<br />

C’è in atto una rivoluzione nel<br />

modo di fare politica, di<br />

praticare le politiche (così si<br />

chiamano); ci sono pratiche<br />

differenti nel territorio<br />

consone a una nuova<br />

concezione della politica che<br />

corrisponde alla mia; e<br />

tuttavia, siccome ho la<br />

sensazione netta che questa<br />

cosiddetta “miseria” mi<br />

schiaccia, sento una<br />

contraddizione.<br />

Chiedo dunque a voi, se<br />

avvertite la miseria del<br />

presente come schiacciamento;<br />

e, in secondo luogo, se<br />

avvertite o no la crisi della<br />

democrazia rappresentativa,<br />

che trascina con sé anche le<br />

risposte possibili da parte<br />

delle istituzioni a questa crisi;<br />

perché c’è un vero e proprio<br />

collasso che è qui, sotto i<br />

nostri occhi. Fino a che punto<br />

tale collasso coinvolge la<br />

democrazia e che cosa ne<br />

potrà derivare? Il terzo punto<br />

è quello che mi permette di<br />

coltivare la speranza<br />

nonostante le contraddizioni:<br />

da una parte c’è una<br />

confusione enorme fra denaro<br />

e potere, c’è un gran<br />

disordine, perché denaro e<br />

potere hanno perso il loro<br />

valore simbolico; dall’altra<br />

parte, in mezzo a tanta<br />

confusione registro creatività,<br />

entusiasmo e passione in<br />

diverse pratiche politiche.<br />

Eppure non riesco a mettere<br />

in circolo la mia passione della<br />

politica con gesti radicali; la<br />

parola “radicalità” può fare<br />

pensare a tante cose, ma io<br />

l’adopero per significare un<br />

orientamento in direzione<br />

della verità sulle cose come<br />

stanno e della giustizia sociale.<br />

I gesti radicali li vedo<br />

commisurati al desiderio di<br />

infinito, di Dio, una parola che<br />

uso appunto per indicare<br />

qualcosa che mi trascende. La<br />

soluzione dinanzi a tutto<br />

questo è nella mia pratica<br />

quotidiana quella di<br />

mantenere accesi i desideri più<br />

elevati e al tempo stesso porre<br />

rimedio là dove c’è bisogno.<br />

Nel sociale quali sono questi<br />

bisogni? Sono riconducibili<br />

alla questione del lavoro e<br />

dell’economia? Quel che so è<br />

che i bisogni dell’anima non<br />

vanno separati da quelli del<br />

corpo, altrimenti non ci sarà<br />

via di scampo all’asfissia sia<br />

per gli individui sia nel sociale.<br />

Insomma, per iniziare il nostro<br />

discorso, sono sufficienti<br />

queste domande, su cui<br />

ognuna può impiantare altre<br />

domande o soluzioni.<br />

ROSANNA: Questa<br />

ambivalenza, questa<br />

confusione la noto anch’io e<br />

resto sconvolta dall’ambiguità<br />

che percepisco in certi ambiti,<br />

o anche dalle contraddizioni<br />

che si manifestano senza darci<br />

il tempo di assimilarle. In una<br />

trasmissione televisiva di alcuni<br />

giorni fa si vedevano in<br />

Campania gli orrori del<br />

malaffare sui terreni, inquinati,<br />

massacrati dalle discariche<br />

abusive di materiali dannosi<br />

per la salute e l’ambiente, non<br />

ricordo come si chiama il<br />

posto…<br />

GISELLA: Capo Verde o<br />

Carezzano…<br />

ROSANNA: Ecco, lì<br />

facevano vedere tutti i<br />

disastri che hanno fatto,<br />

discariche che hanno<br />

avvelenato la terra, situazioni<br />

terrificanti che a guardarle<br />

veniva una gran depressione,<br />

poi all’improvviso spunta<br />

sullo schermo una persona<br />

che ribalta tutto questo e<br />

racconta: «Io ho fatto dieci<br />

anni di galera perché<br />

spacciavo droga a<br />

Secondigliano ma poi, uscito<br />

dalla galera, ho detto no, non<br />

può essere che i miei figli<br />

vivano in un simile<br />

ambiente», così ha<br />

cominciato a fare il<br />

volontario, ha chiamato a<br />

raccolta altri con altrettanti<br />

carichi di vita “ai limiti” alle<br />

spalle e insieme creano, in un<br />

terreno compromesso che<br />

bonificano e ripuliscono per<br />

bene, campi giochi e<br />

giardinetti per i ragazzi del<br />

quartiere, sono i loro figli a<br />

cui decidono di dare<br />

possibilità che loro non<br />

hanno avuto. E fatti come<br />

questo ne succedono, in<br />

questo strano paese.<br />

SILVANA: Ma questo è<br />

l’individuo, non sono le<br />

istituzioni che hanno fatto<br />

tutto ciò.<br />

ROSANNA: Sì, è l’individuo<br />

che agisce senza l’aiuto delle<br />

istituzioni, ma il fatto<br />

combacia con quello che<br />

diceva Maria Concetta, che c’è<br />

voglia di fare qualcosa, di<br />

cambiare il corso delle cose dal<br />

basso e perciò sono tanti i<br />

singoli e le associazioni di<br />

persone senza tessera di partito<br />

che agiscono in questa<br />

direzione...<br />

MARIA CONCETTA: E<br />

dunque queste sono forme di<br />

politica …<br />

ROSANNA: Politica sì, ma<br />

non istituzionalizzata,<br />

sappiamo tutti quanto contino<br />

in questa società distratta il<br />

volontariato e<br />

l’associazionismo, sono<br />

fenomeni vasti e diffusi e<br />

anche noi, con il nostro<br />

<strong>Mezzocielo</strong>, ne facciamo parte<br />

contribuendo a questa<br />

rivoluzione, anzi non voglio<br />

usare il termine rivoluzione<br />

perché gli attribuisco una<br />

accezione negativa …<br />

MARIA CONCETTA: Non<br />

sempre, se pensi alla<br />

rivoluzione dei pianeti …<br />

ROSANNA: A me piace più la<br />

parola trasformazione, e penso<br />

che questo impulso ormai lo<br />

sentiamo in tanti. Fare per<br />

migliorare il mondo è in<br />

questo momento di crisi quasi<br />

un atto di volontà per<br />

dimostrare che «io sono qua e<br />

agisco, non me ne sto alla<br />

finestra a guardare il mondo<br />

andare a rotoli senza fare<br />

qualcosa». E questo aiuta a<br />

non sentirsi schiacciati, come<br />

diceva Maria Concetta, ma<br />

partecipi.<br />

GISELLA: Se devo parlare<br />

sinceramente, il senso di<br />

annientamento di cui parla<br />

Maria Concetta io me lo sento<br />

tutto addosso e quando<br />

4


cambiamenti<br />

Fotografia di Shoba, lavoro di Monika Sosnowska, 54. Biennale di Venezia 2011<br />

qualcuno mi dice cosa vorresti<br />

fare, io, con egoismo e se non<br />

avessi una figlia precaria, direi<br />

“niente, non faccio più niente”<br />

perché considero le nostre<br />

armi spuntate di fronte alla<br />

crisi che ci sta davanti. O<br />

meglio le mie armi, che sono<br />

quelle del partire da sé e della<br />

relazione. Di fronte<br />

all’accanimento di certe<br />

amiche e compagne che<br />

sostengono che l’unica “arma”<br />

rimasta è entrare in massa nelle<br />

istituzioni per cambiarle, io mi<br />

tiro indietro e mi affido alle<br />

nuove generazioni.<br />

Ascoltandole sono certa che<br />

hanno raccolto quello che il<br />

femminismo ha seminato,<br />

anche se molte di loro non lo<br />

nominano, forse perché non ne<br />

hanno più bisogno. Lo faranno<br />

in modo diverso, trasformato<br />

in altro. Cose che magari io<br />

non capirò ma a Paestum, per<br />

esempio, dove di questo si<br />

parlava, è venuto fuori quello<br />

che ha detto Maria Concetta.<br />

Questi giovani hanno voluto<br />

insistere sul reddito di<br />

cittadinanza, che chiamano<br />

anche reddito di esistenza e<br />

che per noi non è stato mai<br />

una priorità, ma loro hanno<br />

puntato tutto su questo<br />

partendo dalla loro vita<br />

precaria, chiedendo anche con<br />

una certa aggressività alle<br />

femministe storiche “dovete<br />

farvi carico insieme a noi di<br />

questo problema, della<br />

precarietà della vita”. E hanno<br />

ragione perché i tempi sono<br />

cambiati e anche i bisogni:<br />

bisogni primari come l’acqua<br />

che beviamo, la terra i cui<br />

frutti mangiamo, l’aria che<br />

respiriamo, il lavoro che<br />

manca. Egoisticamente io però<br />

a 63 anni sento l’esigenza di<br />

ritornare a parlare di sessualità,<br />

del tempo che scorre, di<br />

tornare a fare autocoscienza,<br />

così, per capire cosa voglio fare<br />

perché sono disorientata. Poi<br />

c’è un altro punto, che sono io<br />

dentro al giornale.<br />

SILVANA: Che cosa c’entra il<br />

giornale?<br />

GISELLA: Riparto da quello<br />

che ha detto Rosanna. Anch’io<br />

ho visto la trasmissione su<br />

quella località vicino Napoli,<br />

dove accanto alle immagini<br />

piene di orrori come i bambini<br />

morti di cancro, la<br />

devastazione ambientale, i<br />

copertoni che bruciano, a<br />

pochi metri oltre la recinzioni<br />

si vedeva il terreno bonificato<br />

da una cooperativa che lavora<br />

lì ed esporta ottimi prodotti in<br />

tutto il mondo. E c’era pure<br />

questo ragazzo, che prima era<br />

un tossico e ne era uscito, che<br />

diceva di essersi rimboccato le<br />

maniche insieme ad altri e<br />

s’erano messi a lavorare<br />

partendo dal niente, per i beni<br />

comuni da recuperare, senza<br />

aiuti pubblici… questa è la<br />

speranza. Che c’entra il<br />

giornale? L’unica cosa che mi<br />

dà energia è la possibilità di<br />

raccontare queste storie,<br />

cercare queste storie positive<br />

per fare vedere che c’è un’altra<br />

realtà. Questo mi dà un senso<br />

oltre che una speranza.<br />

SIMONA: I tre argomenti che<br />

ha posto Maria Concetta sono<br />

ineccepibili. L’amarezza del<br />

presente, l’incapacità delle<br />

istituzioni attuali di funzionare<br />

come vorremmo e la nostra<br />

voglia di intervenire per<br />

affrontare i problemi del<br />

presente, sempre frustrata: ci<br />

troviamo in un circolo vizioso,<br />

che pare senza via d’uscita, ma<br />

non è così. Io penso che la<br />

crisi delle istituzioni e della<br />

democrazia in Italia dipende<br />

anche da un cambiamento<br />

forte che c’è stato nella vita<br />

individuale e collettiva.<br />

Bisogni, desideri, volontà di<br />

partecipazione delle persone<br />

non confluiscono più nei<br />

canali tracciati nel dopoguerra,<br />

pensando ad una popolazione<br />

molto diversa da quella di<br />

oggi. A parte la patologia,<br />

l’infezione che ha il nostro<br />

paese, cioè la corruzione, le<br />

mascalzonate, i ladri nei<br />

partiti, i reati che hanno<br />

aggravato la crisi della<br />

democrazia (ma questa è<br />

patologia e va curata come una<br />

malattia), a parte questa, è la<br />

struttura stessa delle istituzioni<br />

che va rivista, adeguata ad<br />

oggi. Giorni fa dicevo a Bice:<br />

l’aumento di cultura (magari<br />

meno profonda, ma<br />

certamente assai più estesa di<br />

un tempo) ha prodotto un<br />

gran cambiamento nelle<br />

persone; è alla radice di tante<br />

crisi che registriamo. Tutti<br />

ritengono di sapere più cose e<br />

si collocano in modo<br />

immediatamente critico di<br />

fronte ai programmi dei<br />

governi e dei partiti.<br />

ROSANNA: Questa non è più<br />

cultura, è informazione…<br />

SILVANA: Ma un aumento di<br />

cultura, di conoscenze, c’è<br />

stato. Si è abbattuto<br />

l’analfabetismo, ed è facile<br />

5


cambiamenti<br />

trovare figli di operai laureati<br />

anzi stralaureati<br />

SIMONA: Le conoscenze sono<br />

obbiettivamente maggiori, i<br />

giovani credono di saperne di<br />

più delle generazioni<br />

precedenti, si sentono<br />

individui singoli, indipendenti.<br />

Ma questo è un fatto positivo,<br />

anche se può disturbare<br />

pratiche comunitarie<br />

precedenti. Una volta la<br />

conoscenza degli eventi e le<br />

interpretazioni che ne davano i<br />

partiti erano accettate dai<br />

rispettivi aderenti/elettori.<br />

C’era uno spirito gregario,<br />

condizione base dei cosiddetti<br />

“partiti di massa” e di un<br />

elettorato quasi immobile. Al<br />

contrario, oggi ognuno vuole<br />

dire la sua, ed essendoci dieci<br />

o cento idee e differenziazioni,<br />

emergono contrasti che<br />

mettono in crisi democrazia<br />

tradizionale e partiti (in<br />

continua mutazione negli<br />

ultimi anni). La realtà è diversa<br />

dal dopoguerra, partiti e<br />

istituzioni devono prenderne<br />

atto ed adattarvisi,<br />

modificandosi, aprendosi agli<br />

apporti imprevisti che<br />

emergono dalla società. Ma<br />

istituzioni e partiti ci vogliono,<br />

servono, cara Gisella.<br />

Riflettiamo ad esempio sulle<br />

cooperative che operano nei<br />

terreni espropriati alla mafia:<br />

coltivano fagioli o pomidoro,<br />

ma poi li mandano a Bologna<br />

dove vengono puliti,<br />

inscatolati, distribuiti nei<br />

supermercati, attraverso<br />

aziende preesistenti e reti<br />

commerciali sperimentate.<br />

ROSANNA: Ma questa è la<br />

rete; l’istituzione non c’entra.<br />

GISELLA: Sì, è il commercio<br />

solidale.<br />

GIUSI: Ma le istituzioni<br />

devono adeguarsi.<br />

SIMONA: È un processo<br />

reciproco. La lotta, il<br />

volontariato, il movimento si<br />

sono coordinati con le<br />

istituzioni, hanno inventato<br />

chiesto e ottenuto nuove<br />

regole, diversificato il mercato.<br />

Se non si fossero collegati alle<br />

istituzioni e alle strutture<br />

esistenti, avrebbero fatto solo<br />

testimonianza, i prodotti<br />

sarebbero rimasti a marcire e<br />

non si sarebbe modificato<br />

nulla. Credere che sia possibile<br />

cambiare, impegnarsi per<br />

quanto è possibile, mai restare<br />

indifferenti. Mi viene in mente<br />

un vecchio bellissimo film sulla<br />

guerra e la tragedia del Libano<br />

(mi pare s’intitolasse<br />

“L’inganno”) interpretato da<br />

Hanna Schygulla, che alla fine<br />

– dopo bombardamenti e<br />

assassinii – dice “Sì, il mondo<br />

vada dove vuole, io resto qua<br />

in terrazza a prendere il sole!”.<br />

Noi siamo molto in crisi, non<br />

voglio fare questo discorso per<br />

negare la crisi che è intorno a<br />

noi, ma non vogliamo<br />

stenderci in terrazza a<br />

prendere il sole. Del resto, se<br />

guardiamo a un orizzonte più<br />

ampio dell’Italia, ci<br />

accorgiamo che le cose<br />

nell’ultimo secolo non sono<br />

andate tutte male. Ma pensate<br />

cos’era la Cina trenta anni fa,<br />

l’America latina e l’India, e<br />

cosa sono oggi. Insomma non<br />

possiamo dire che il mondo si<br />

è fermato, o che è andato<br />

indietro: né per lo sviluppo<br />

economico né per i diritti<br />

umani.<br />

SILVANA: Simona, hai<br />

ragione. C’è il brutto, anche<br />

l’orrido, nel mondo attuale ma<br />

c’è il buono, quello che fa<br />

sperare ma, come dice Maria<br />

Concetta, noi ci sentiamo<br />

appesantiti soltanto dalla<br />

miseria. Perché? Perché della<br />

miseria si sono impadroniti i<br />

media e allora la propinano<br />

ininterrottamente, non perché<br />

la miseria non ci sia mai stata,<br />

non perché il problema del<br />

precariato non ci sia, ma ora è<br />

come se ci fosse solo quello. A<br />

me fa ancora più impressione<br />

perché la povertà c’è da<br />

sempre, in piccole fasce prima,<br />

ma da due, tre anni, le fasce<br />

sono diventate un sudario,<br />

eppure è solo ora che se ne<br />

parla. Perché nel periodo di<br />

Berlusconi i ristoranti erano<br />

pieni… e tutti dovevano essere<br />

magri, eleganti e ricchi, e, sì<br />

perché no, abbronzati! Maria<br />

Concetta ha detto: “Adesso si<br />

tiene solo al denaro ed al<br />

potere”, io penso che neanche<br />

del denaro si interessano più,<br />

forse perché si è tutti convinti<br />

del vuoto delle casse, ma sono<br />

aggrappati al potere, ormai<br />

vano, perché sempre<br />

contestato, politica e potere si<br />

sono identificati. E allora<br />

anch’io che sono una<br />

chiacchierona sono diventata<br />

afasica e come l’attrice<br />

dell’Inganno, citato da<br />

Simona, mi metterei in<br />

terrazza a prendere il sole<br />

perché mi sento impotente.<br />

GIUSI: Sono combattuta fra<br />

non leggere giornali, non<br />

vedere la televisione, la<br />

tentazione di dire mi prendo il<br />

sole e sto a guardare. Ma<br />

intanto mille domande<br />

affiorano: quanto costa la vita<br />

umana? Per esempio si<br />

uccidono donne e uomini<br />

come se non fossero persone<br />

ma cose, più le donne che gli<br />

uomini, ma così, con un<br />

cinismo! E poi però si vede<br />

che qualcosa è cambiata. E per<br />

me sono stati un balsamo i<br />

fischi negli stadi ad Andreotti<br />

quando è morto, un balsamo!<br />

Ah, giustizia è fatta! Poi la<br />

contestazione di Brescia, altro<br />

balsamo per cui mi viene di<br />

dire voglio esserci anch’io. Ma<br />

poi succede questo fenomeno<br />

di assorbimento per cui sono<br />

sempre gli stessi che cambiano<br />

nome, ma sono sempre gli<br />

stessi ad assorbire tutto quello<br />

che di marcio succede e farlo<br />

sembrare normale; un<br />

processo di normalizzazione.<br />

Allora da una parte ho dei<br />

momenti in cui mi pare che il<br />

mondo è cambiato, dall’altro<br />

lo scoramento che resti tutto<br />

uguale, allora mi viene da dire<br />

che faccio? E non so dire<br />

altro.<br />

STEFANIA: Io invece ho<br />

molta voglia di parlare. Sono al<br />

centro della mia vita, avendo<br />

trent’anni, vedo le cose con<br />

un’altra prospettiva. Fino a un<br />

certo punto le vedo<br />

pessimisticamente e subisco la<br />

confusione attorno, d’altra<br />

parte vedo che in questa epoca<br />

e qua in questa stanza (penso a<br />

Simona che li ha ora citati)<br />

sono successi fatti epocali. È<br />

avvenuta la democrazia, il voto<br />

alle donne, cose che erano<br />

impensabili, e perciò devo<br />

credere nel futuro, credere nei<br />

cambiamenti. Il primo deve<br />

essere un cambiamento di<br />

prospettiva. Leggevo l’altra<br />

volta in un articolo<br />

sull’insegnamento che noi<br />

insegnanti finora ci siamo posti<br />

davanti agli alunni in maniera<br />

vecchia. Come s’insegnava<br />

nell’ottocento noi continuiamo<br />

a insegnare. Apriamo un libro,<br />

raccontiamo delle cose, gli<br />

alunni le capiscono, scrivono<br />

etc. etc. Dobbiamo cambiare<br />

questo sistema e tanti altri.<br />

Quello che io sento è uno<br />

scollamento fra vecchi e nuovi<br />

principi che forma il conflitto.<br />

E penso che è necessario<br />

accettare il cambiamento, così<br />

come invece ci sono cose<br />

inderogabili che devono<br />

restare. Per esempio le<br />

istituzioni sono importanti.<br />

Bisogna vedere le istituzioni<br />

come una struttura portante,<br />

non come una gabbia, certo<br />

non sono da buttare quelle<br />

costituzioni che contengono<br />

concetti non antichi ma eterni,<br />

l’uguaglianza, la democrazia il<br />

voto a tutti i cittadini. Il punto<br />

è sapere cosa tenere e cosa<br />

lasciare. Soprattutto va<br />

cambiata la lettura di ogni<br />

cosa, per esempio del mondo<br />

economico, dove c’è il caos ma<br />

ci sono anche cose nuove. C’è<br />

una potenza, la Cina, che non<br />

esisteva e che ora è la più<br />

grande del mondo, bisogna<br />

tenerne conto. Pensare che<br />

questa crisi è come quella del<br />

29, è sbagliato, ora il mondo è<br />

diverso. C’è internet e noi<br />

dobbiamo prendere atto<br />

dell’importanza del web, non<br />

per aprire un blog ma per<br />

aprire strade nuove. Dobbiamo<br />

fare interagire passato e<br />

presente, tenendo quello che<br />

serve nel mondo attuale, che<br />

ha come prerogativa la<br />

velocità. Per esempio, Gisella<br />

parla di tante associazioni<br />

operative, che sono importanti,<br />

insomma è un tempo di<br />

cambiamenti e io potrei viverli<br />

con paura, ma penso che<br />

cambiare serva. Considerate la<br />

differenza che c’era fra mia<br />

madre e mia nonna: sì, c’erano<br />

delle diversità ma erano sullo<br />

stesso binario. Invece se penso<br />

a mia madre trentenne e a me<br />

trentenne ci vedo lontanissime,<br />

come se appartenessimo ad un<br />

mondo diverso. Noi dobbiamo<br />

avere la forza di dire questo<br />

mondo è nuovo, la sfida è<br />

quella di dargli forma, perché<br />

questo ci fa paura, la mancanza<br />

di forma, ma per questo è<br />

necessario che siamo tutti a<br />

formarlo, vecchi bambini<br />

giovani, non possiamo<br />

esimerci, nessuno di noi lo può<br />

fare.<br />

BEATRICE: Stefania ha detto<br />

cose interessanti. Condivido<br />

che dobbiamo – soprattutto la<br />

sinistra deve – cercare nuove<br />

chiavi di lettura della realtà e<br />

adottare comportamenti<br />

politici diversi. Il<br />

cambiamento, a cui – per così<br />

dire, geneticamente – la<br />

sinistra non dovrebbe<br />

6


cambiamenti<br />

Fotografia di Shobha, Siria<br />

rinunciare, oggi non può avere<br />

certamente gli stessi<br />

protagonisti né gli stessi<br />

obiettivi del secolo scorso.<br />

Condivido che non ci si può<br />

esimere dall’impegno<br />

quotidiano e tanto più non<br />

posso farlo io che, malgrado<br />

sia arrivata all’età della<br />

pensione, non ho una pensione<br />

e devo continuare a inventarmi<br />

progetti su cui lavorare. Così<br />

sono costretta a restare<br />

giovane… e sento la spinta a<br />

impegnarmi perché il mondo,<br />

non solo quello mio privato,<br />

vada un po’ meglio. La politica<br />

dovrebbe servire proprio per<br />

trovare le soluzioni e le<br />

mediazioni che tengano<br />

assieme una società nella<br />

maniera più equa possibile, in<br />

questo momento di<br />

selvaggiume finanziario ancor<br />

più che in momenti migliori. E<br />

poi penso che non possiamo<br />

escludere da noi la politica<br />

senza impoverire la nostra vita.<br />

E che la politica non possa<br />

essere ridotta al lavoro di base<br />

di gruppi più o meno<br />

omogenei, ma debba avere un<br />

orizzonte ideale e momenti di<br />

mediazione generale, nonché<br />

sponde istituzionali per avere<br />

efficacia sulla realtà.<br />

Un piccolo esempio di<br />

discorso che non mi piace,<br />

nell’atteggiamento di una certa<br />

sinistra (ma anche nella<br />

politica dell’insulto di Grillo),<br />

è quello che faceva Giusi poco<br />

fa: sentir dire “che bello,<br />

Andreotti è morto” non mi è<br />

piaciuto, non provo piacere<br />

quando muore qualcuno e non<br />

mi piace il giustizialismo.<br />

GIUSI: Io lo dicevo in un altro<br />

modo, era una soddisfazione<br />

personale.<br />

ROSANNA: Dai Bice, una<br />

soddisfazione.<br />

BEATRICE: Per me non è una<br />

soddisfazione.<br />

GISELLA: La discussione è<br />

sorta perché hanno fatto in<br />

parlamento tre minuti di<br />

silenzio e se li potevano<br />

risparmiare, è per tanti un<br />

assassino, un mafioso.<br />

BEATRICE: Continuo a non<br />

condividere questo sentimento.<br />

Mentre sento fortemente lo<br />

scoramento di un precario -<br />

più travolgibile dalla crisi di<br />

chi ha un lavoro o una<br />

pensione sicura – in un paese<br />

che non ha una classe politica<br />

capace di affrontarla, la crisi.<br />

Diciamolo, siamo allo sbando<br />

perché non abbiamo una classe<br />

dirigente, abbiamo tre partiti<br />

che non esistono. Il Pd ha capi<br />

e capetti che si azzuffano fra<br />

loro; il Pdl prima che il<br />

risuscitato Berlusconi<br />

riscendesse in campo era alla<br />

guerra per bande; per non<br />

parlare del movimento di<br />

Grillo dove convivono le<br />

istanze più diverse, molte<br />

qualunquiste e francamente<br />

cretine. Insomma, per<br />

concludere, bisogna<br />

impegnarsi perché non<br />

abbiamo nessuno a cui<br />

delegare.<br />

Sento la necessità di una classe<br />

dirigente diversa che abbia un<br />

linguaggio diverso. Sento la<br />

necessità che cambi il processo<br />

decisionale nei partiti e nelle<br />

istituzioni. Adopererei la<br />

parola rivoluzione, senza<br />

evocare né sangue né<br />

ghigliottine, rivoluzione per<br />

dire cambiamento radicale.<br />

ADRIANA: Non voglio<br />

esimermi anch’io<br />

dall’esprimere il disagio,<br />

l’instabilità e la sofferenza di<br />

questi tempi durissimi da<br />

sopportare, come donna, come<br />

cittadina, madre e lavoratrice.<br />

Tuttavia poiché prevale in me<br />

un modesto ottimismo, mi<br />

pongo da spettatrice<br />

partecipante, pur non avendo<br />

né ricette, né risposte<br />

adeguate, rispetto ai miei tre<br />

punti di osservazione. Sanità<br />

(ambito in cui lavoro): è<br />

corretta la considerazione che<br />

la Sicilia non è certo fra le<br />

regioni più virtuose, ma non<br />

tutto è da demonizzare, la<br />

sanità siciliana ha sfidato le<br />

altre regioni ascrivendosi<br />

prestazioni e cure gratuite agli<br />

immigrati, non è cosa da poco<br />

tenuto conto che è corretto<br />

mettersi anche dalla parte dei<br />

più deboli. Tutto il resto è<br />

umanizzabile e perfettibile. Io<br />

rispetto alle mie figlie: la loro<br />

età attraversa due generazioni,<br />

e come tutti/e i/le giovani, pur<br />

avvertendo le preoccupazioni<br />

di noi genitori, consapevoli<br />

dell’esponenziale rischio di<br />

violenza di genere cui sono<br />

sottoposte, ci incoraggiano e<br />

lottano anch’esse, con i propri<br />

mezzi, per una maggiore<br />

sensibilizzazione alla cultura<br />

della non violenza, in tutti i<br />

loro ambiti. E infine la politica,<br />

della quale non si può fare a<br />

meno, così difficile ma, per<br />

me, così attraente nonostante<br />

tutto. Da democratica e fedele<br />

all’ideologia nella quale mi<br />

riconosco, ritengo valga<br />

sempre la pena dare un<br />

contributo per renderla<br />

migliore.<br />

7


i, il divieto o l’obbligo di<br />

dimora, il divieto di avvicinamento<br />

ai luoghi frequentati<br />

dalla persona offesa, l’allontanamento<br />

dalla casa familiare ed<br />

in tal caso, se necessario, può<br />

venire imposto anche il pagamento<br />

periodico di un assegno.<br />

Anche per tale ventaglio di<br />

misure la legge stabilisce i criteri<br />

di applicabilità in considerazione<br />

delle esigenze cautelari.<br />

Ovviamente le norme prevedono<br />

anche attenuanti e benefici<br />

di legge.<br />

L’ormai folta presenza femminile<br />

in ambito giudiziario fa ragionevolmente<br />

ritenere che nei<br />

processi vi sia una più immediata<br />

emersione e capacità di lettura<br />

del problema della violenza<br />

sulle donne, una maggiore consapevolezza<br />

della gravità della<br />

stessa e dei suoi effetti devastanti<br />

e molto spesso letali, tuttavia,<br />

talvolta si riscontra una<br />

blanda o inappropriata applicazione<br />

di misure e sanzioni, che<br />

rimandano, invece, ad un’indecifrabile<br />

sottovalutazione del<br />

dramma che affligge le donne<br />

che subiscono violenza.<br />

Una donna maltrattata gravecambiamenti<br />

La giustizia non è più un dominio maschile<br />

Ma ancora le vittime della violenza soffrono le inefficienze dell’ordinamento giudiziario e una vecchia cultura<br />

Maddalena Giardina (Avvocato)<br />

Sebbene in Italia, nel<br />

tempo, diverse leggi<br />

siano state emanate per<br />

contrastare con misure e<br />

sanzioni la violenza contro le<br />

donne, ancora molti esiti<br />

giudiziari riflettono<br />

quell’attitudine socio-culturale<br />

che condona la violenza<br />

maschile contro le donne,<br />

opportunamente rilevata e<br />

stigmatizzata dalla Relatrice<br />

Speciale Onu.<br />

Leggi che, non va dimenticato,<br />

sono la risultante di lunghe e<br />

difficili battaglie contro un<br />

ordine normativo che è stato<br />

sempre fonte di negazione di<br />

libertà e di esclusione delle<br />

donne, che ha autorizzato e<br />

legittimato nei fatti la violenza<br />

sulle donne, ingenerando nelle<br />

stesse un forte senso di timore<br />

e di estraneità e contribuendo<br />

a segnare negativamente la storia<br />

del rapporto tra i sessi.<br />

Valga ricordare solo alcuni<br />

esempi, senza andare molto<br />

lontano nel tempo, che sino a<br />

prima del ’46 le donne non<br />

avevano diritto al voto, sino al<br />

1975, prima della riforma del<br />

diritto di famiglia, la donna era<br />

sottoposta all’autorità maschile,<br />

vigeva lo jus corrigendi; il<br />

delitto d’onore e la scriminante<br />

del cd. matrimonio riparatore<br />

hanno avuto un’abolizione<br />

ancora più recente.<br />

Le donne sono state escluse<br />

dall’esercizio della giurisdizione<br />

da quella stessa assemblea<br />

costituente che all’art. 3 sanciva<br />

il principio di eguaglianza;<br />

si è poi dovuto attendere il<br />

1963 perché potessero accedere<br />

alla magistratura.<br />

Oggi nelle aule di giustizia agiscono<br />

molte donne.<br />

Nell’avvocatura e nella magistratura<br />

in pochi decenni le<br />

donne sono arrivate ad essere<br />

circa la metà, la giustizia si è<br />

femminilizzata e sarebbe interessante<br />

poter analizzare il cambiamento<br />

che si è determinato.<br />

Le richieste di giustizia che<br />

vengono dalle donne che<br />

denunciano le violenze subite<br />

sono decisamente aumentate<br />

rispetto al passato, forse anche<br />

incoraggiate da tale presenza e<br />

dalla specifica competenza<br />

femminile. Oggi non è più<br />

pensabile celebrare un processo<br />

come quello documentato<br />

da Loredana Rotondo nel 1979<br />

in ‘Processo per stupro’ che ha<br />

significativamente contribuito<br />

a segnare un cambiamento<br />

nelle coscienze e nelle aule giudiziarie.<br />

Nei processi c’è ormai attenzione<br />

e rispetto delle vittime<br />

del reato, ciononostante talvolta<br />

le risposte giudiziarie risultano<br />

inadeguate e prive di efficacia.<br />

Certo si sconta il malfunzionamento<br />

del sistema giustizia,<br />

i tempi lunghissimi, le procedure<br />

complesse, la carenza<br />

di risorse, rispetto ai bisogni<br />

La Convenzione di Istanbul, il primo strumento<br />

internazionale giuridicamente vincolante per proteggere<br />

le donne contro qualsiasi forma di violenza,<br />

è stata ratificata, a maggio, dall’Italia con voto unanime<br />

del Parlamento. Un primo passo avanti ma<br />

ancora tanta strada da percorrere, infatti per essere<br />

operativa ha bisogno della ratifica di dieci Paesi, di<br />

cui almeno otto membri del Consiglio d’Europa. Il<br />

nostro è il quinto paese ad avere approvato il testo.<br />

Nella Convenzione, tra l’altro, viene riconosciuta la<br />

necessità di finanziare adeguatamente le azioni previste<br />

per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno,<br />

nonché per il sostegno alle vittime e lo sviluppo<br />

dei servizi a loro dedicati.<br />

delle donne che, invece, richiedono<br />

immediatezza di intervento<br />

e soluzione, ma persiste<br />

anche un’incultura che permea<br />

l’agire di coloro che sono preposti<br />

a contrastare il fenomeno<br />

della violenza contro le donne.<br />

Si invocano nuove leggi e l’inasprimento<br />

delle pene, ma<br />

intanto va auspicata un’applicazione<br />

più rigorosa delle<br />

norme attualmente in vigore,<br />

che prevedono misure e sanzioni<br />

non irrilevanti.<br />

Ad esempio, la pena prevista<br />

per il reato di violenza sessuale<br />

va da 5 a 10 anni e, a seconda<br />

delle aggravanti, da 6 a 12 o da<br />

7 a 14, è previsto l’ergastolo in<br />

caso di morte della vittima; per<br />

gli atti persecutori la pena va<br />

da 6 mesi a 5 anni che in casi<br />

specifici può essere aumentata<br />

da un terzo alla metà, è prevista<br />

la pena dell’ergastolo in<br />

caso di morte; la pena per i<br />

maltrattamenti va da 2 a 6<br />

anni, se causa lesioni gravi da 4<br />

a 9, se gravissime da 7 a 15, se<br />

ne deriva la morte è previsto<br />

l’ergastolo.<br />

Dunque, si coglie subito l’ampio<br />

margine tra minimo e mas-<br />

simo entro cui si può commisurare<br />

una pena che la/il giudice<br />

applica discrezionalmente<br />

tenendo conto dei parametri<br />

indicati dalla legge che permettono<br />

di valutare sia la gravità<br />

del reato, che la capacità a<br />

delinquere del colpevole.<br />

Nel corso delle indagini e dei<br />

processi possono essere applicate<br />

le misure cautelari limitative<br />

della libertà personale dell’indagato<br />

che sono la custodia<br />

in carcere, gli arresti domiciliamente<br />

da molti anni dal marito<br />

che la minacciava di morte se<br />

lo avesse lasciato, aveva preso<br />

tale decisione rifugiandosi<br />

presso la casa della madre. Una<br />

mattina il marito si è appostato<br />

sulla strada in auto con un<br />

mazzuolo da muratore di un<br />

chilo e mezzo, l’ha avvicinata<br />

con un pretesto e l’ha colpita<br />

al capo con due colpi di mazzuolo<br />

non ha fatto in tempo a<br />

darle il terzo solo perchè è<br />

stato bloccato da tre persone.<br />

Arrestato con l’accusa di tentato<br />

omicidio, ha confessato ciò<br />

che era evidente, i testimoni<br />

oculari e la moglie rimasta<br />

miracolosamente viva hanno<br />

confermato la dinamica.<br />

L’indagato dopo diversi mesi è<br />

stato scarcerato, la Pm ha ritenuto<br />

che colpire con uno strumento<br />

potenzialmente letale,<br />

un organo vitale, per ben due<br />

volte, non configuri un tentato<br />

omicidio, ma semplici lesioni<br />

personali ed ha così riconsegnato<br />

un pericoloso individuo<br />

alla sua libertà, ed alla vittima<br />

il suo carnefice.<br />

Le indagini che preludono ad<br />

un processo per atti persecutori<br />

è una fase lunga e difficile<br />

per la vittima dovendosi prima<br />

procedere alla raccolta degli<br />

elementi che giustifichino l’applicazione<br />

di una misura cautelare<br />

e raccogliere le prove del<br />

reato. In genere poi quando<br />

viene applicata la misura del<br />

divieto di avvicinamento alla<br />

persona offesa, altrettanto in<br />

genere l’indagato la viola con<br />

conseguente aggravamento<br />

della misura.<br />

Una volta celebrato nel lungo<br />

tempo il processo, la condanna<br />

spesso viene contenuta nella<br />

misura minima ed il modesto<br />

risarcimento assegnato in genere<br />

non si recupera mai o se<br />

non dopo moltissimi anni, inoltre<br />

viene concesso il beneficio<br />

della sospensione condizionale<br />

della pena e la misura cautelare,<br />

se ancora in atto, viene<br />

revocata.<br />

Risulta facilmente intuibile il<br />

senso di frustrazione che prova<br />

la vittima, ma sopratutto la<br />

paura dalla quale non era neppure<br />

ancora uscita e nella<br />

quale sprofonda ulteriormente<br />

e di contro il senso di impunità<br />

e onnipotenza che invece si<br />

radica ancor più nell’autore del<br />

reato il quale, sebbene formal-<br />

8


cambiamenti<br />

mente riconosciuto colpevole e<br />

condannato, dimostra alla sua<br />

vittima che qualunque cosa<br />

faccia, anche quella di rivolgersi<br />

alla giustizia, lo lascia di<br />

fatto impunito e che evidentemente<br />

perseguitare una donna<br />

non è grave.<br />

Eppure chi ha curato le indagini<br />

è una Pm, il tribunale è<br />

composto da una giudice che<br />

ha anche avuto cura durante il<br />

dibattimento di rivolgersi alla<br />

donna che depone come teste<br />

manifestando di comprendere<br />

il suo disagio e di rassicurarla<br />

sul rispetto dovutole.<br />

Non si comprende allora il<br />

senso di una sanzione così sottodimensionata<br />

rispetto alla<br />

gravità dei fatti, alla comprovata<br />

pericolosità del colpevole ed<br />

ai danni causati, nè perchè<br />

venga concesso il beneficio<br />

della sospensione condizionale<br />

della pena che si applica alle<br />

condanne non superiori a due<br />

anni, ma solo se il giudice ritiene<br />

che il condannato si asterrà<br />

nel futuro dal commettere ulteriori<br />

reati; formulare una prognosi<br />

postuma in tal senso proprio<br />

nel reato di stalking è<br />

quasi un controsenso, tenuto<br />

conto che è un reato ontologicamente<br />

seriale e che nel caso<br />

di specie l’autore aveva dato<br />

prova di aver continuato a violare<br />

la legge.<br />

Il momento giudiziario non<br />

previene i fattori di rischio, la<br />

prevenzione attiene altri ambiti,<br />

ma può concorrere, senza<br />

ovviamente derogare all’obbligo<br />

di imparzialità nel giudizio,<br />

a sottolinearne la gravità e la<br />

pericolosità sociale e culturale<br />

della violenza contro le donne.<br />

Occorre che in ambito giudiziario<br />

il quadro normativo di contrasto<br />

alla violenza maschile<br />

contro le donne sia applicato e<br />

reso in concreto funzionale, che<br />

a quelle violenze che vengono<br />

raccontate in aula da tante<br />

donne, se arrivano in tempo a<br />

farlo, dopo doverosa e attenta<br />

valutazione sulla veridicità delle<br />

stesse, conseguano delle sentenze<br />

che affermino la gravità esistenziale<br />

e giuridica anche in<br />

termini sanzionatori coerenti<br />

nei confronti dei colpevoli e che<br />

ribadiscano che nella pratica<br />

giudiziaria viene salvaguardato,<br />

tra gli altri, il diritto fondamentale<br />

delle donne di vivere libere<br />

dalla violenza.<br />

Storie di donne e storie di violenza<br />

Apprendo troppo<br />

spesso dai media di<br />

donne abusate,<br />

maltrattate e violentate, mi<br />

imbatto in vicende di analogo<br />

tenore nei processi che sono<br />

chiamata a decidere, mi è<br />

capitato di raccogliere le<br />

confidenze di amiche in<br />

difficoltà ed ho ascoltato lo<br />

sfogo di vittime insospettabili,<br />

incontrate per caso nel corso<br />

delle iniziative di<br />

sensibilizzazione antiviolenza<br />

cui partecipo.<br />

Ogni volto ed ogni storia sono<br />

rimasti impressi nella mia<br />

mente e, in fondo, mi capita di<br />

pensare che, rispetto a queste<br />

realtà, il mio compito è<br />

facilitato quando sono<br />

chiamata ad intervenire da<br />

giudice. In quel caso, infatti,<br />

conosco le regole del valutare<br />

e del decidere e la legge offre<br />

una serie di strumenti sia per<br />

la protezione ed il<br />

risarcimento della vittima sia<br />

per la punizione del colpevole.<br />

Si tratta di strumenti<br />

perfettibili, ma è importante,<br />

ad esempio, che esista la<br />

possibilità di chiedere la<br />

misura cautelare<br />

dell’allontanamento dalla casa<br />

familiare a tutela<br />

dell’incolumità della persona<br />

offesa e dei suoi prossimi<br />

congiunti, che la vittima possa<br />

costituirsi parte civile nel<br />

processo penale e che vi siano<br />

fattispecie incriminatrici adatte<br />

Caterina Brignone (Giudice del Tribunale di Trapani)<br />

a sanzionare – oltre<br />

ovviamente alle percosse, alle<br />

lesioni ed all’omicidio – i<br />

maltrattamenti di ogni genere<br />

e gli atti persecutori. Tutte<br />

queste potenzialità sono a<br />

disposizione della vittima che<br />

si renda conto di essere tale ed<br />

accetti, quindi, la mano che<br />

l’ordinamento le tende.<br />

Il vero punctum dolens, invero,<br />

riguarda la cifra oscura di<br />

coloro che hanno paura di<br />

venire allo scoperto o che<br />

pensano di meritare i soprusi<br />

che subiscono.<br />

Al di là dei proclami, allora,<br />

bisogna pensare ad iniziative<br />

concrete, ad esempio al<br />

finanziamento delle case<br />

famiglia, alla previsione di<br />

sussidi per le persone in<br />

difficoltà ed al potenziamento<br />

dell’occupazione femminile, in<br />

maniera tale che il timore di<br />

perdere il sostentamento<br />

proprio e dei propri figli non si<br />

traduca nell’autentica barriera<br />

alla denuncia di un marito o di<br />

un compagno violento. Potrà<br />

apparire prosaico e banale, ma<br />

il riscatto morale dei soggetti<br />

deboli passa, da sempre, per la<br />

via dell’emancipazione dal<br />

bisogno.<br />

Ma v’è di più, perché ho<br />

conosciuto donne di buon<br />

livello culturale e di<br />

condizione sociale agiata che<br />

hanno scelto di non<br />

denunciare le violenze fisiche<br />

e morali subite “per il bene<br />

Fotografia di Soraya Gullifa, Kerala 2011<br />

della famiglia”, in attesa che<br />

crescessero i figli, magari gli<br />

stessi figli parimenti maltrattati<br />

e malmenati. In questi casi, il<br />

problema è eminentemente<br />

culturale, è verosimilmente il<br />

portato di una malintesa<br />

educazione “tradizionale”, per<br />

la quale la donna smentisce se<br />

stessa e la sua “funzione<br />

naturale” se “osa” far valere i<br />

propri diritti e la propria<br />

autonomia. Deve, invece,<br />

passare il messaggio opposto,<br />

ossia che ciascuno di noi ha<br />

una dignità inviolabile, che va<br />

rispettata e mai calpestata. La<br />

donna che fa proprio questo<br />

messaggio non aiuta solo se<br />

stessa, ma anche i propri figli<br />

– che non cresceranno<br />

abituandosi alla sopraffazione,<br />

ma educandosi al rispetto per<br />

l’altro – e la società nel suo<br />

complesso, che avrà modo di<br />

progredire verso una cultura<br />

della non-violenza.<br />

Questa cultura va promossa<br />

con iniziative di ogni genere e<br />

deve essere portata avanti con<br />

la massima determinazione<br />

proprio dalle donne, cui spetta<br />

il compito – come diceva Mary<br />

Wollstonecraft, una delle<br />

fondatrici del movimento<br />

femminista – di riformare se<br />

stesse per riformare il mondo.<br />

Ciò vuol dire chiamare le<br />

donne ad un’assunzione di<br />

responsabilità verso sé e gli<br />

altri, ma, in fondo, a questo<br />

dovremmo essere già abituate.<br />

9


creatività<br />

Su e giù per gli scaffali<br />

libri<br />

Ricevuti<br />

a cura di Loredana Mancino<br />

Libreria Modusvivendi<br />

Irène Némirovsky<br />

La nemica, Elliot, - € 16,00<br />

Secondo romanzo, inedito in Italia, della grande scrittrice<br />

ucraina di religione ebraica, morta ad Auschwitz. Apparve<br />

per la prima volta in Francia con la firma Pierre Nérey, pseudonimo<br />

ricavato dall’anagramma del nome dell’autrice. È la prova<br />

del carattere autobiografico di questo romanzo di formazione, che<br />

ritrae una madre egoista e distratta e sua figlia, che da grande<br />

risponde alla cattiveria della madre rubandole l’amante per poi<br />

togliersi la vita. Uno squarcio doloroso sul rapporto conflittuale tra<br />

Irène e la madre. Protagonisti della storia, l’odio e l’orgoglio, che<br />

fanno da corollario a sentimenti ancora più oscuri e torbidi.<br />

Helga Schneider<br />

I miei vemt’anni. Oltre “Il rogo di Berlino”, Salani, - € 13,90<br />

In questo libro totalmente autobiografico, la Schneider racconta gli<br />

anni del dopoguerra, la sua fuga dalla famiglia invivibile, dominata<br />

dalla matrigna e i suoi primi passi nel mondo. Il lavoro, il teatro,<br />

la scrittura, le amicizie, gli amori e le delusioni. E soprattutto, i luoghi<br />

delle sue avventure: Salisburgo, Vienna, Parigi e l’Italia, sempre<br />

amata. Conquistano il lettore la tenacia e la determinazione dell’autrice,<br />

così giovane e forte, il suo bisogno di indipendenza e di mettersi in<br />

gioco, la consapevolezza delle sue passioni e dei suoi desideri.<br />

Amélie Nothomb<br />

Barbablu, Voland, - € 14,00<br />

Nel nuovo romanzo della Nothomb dal titolo fin troppo evocativo,<br />

una giovane e brillante docente universitaria belga<br />

cerca casa a Parigi. E si convince a condividere per pochi<br />

spiccioli una lussuosa dimora con il suo proprietario, il nobile spagnolo<br />

don Elemiro Nibal y Milcar, uomo tutt’altro che spaventoso,<br />

affascinante, colto, attento. Ma Saturnine non sa che otto donne<br />

prima di lei hanno abitato in quella casa e che di loro non si sa più<br />

nulla. Il gioco di seduzione che si crea tra i due non abbatte le difese<br />

della ragazza, che ribalta il modello classico, liberandosi da sola e<br />

sfuggendo alle mani del mostro, tanto amabile, quanto pericoloso.<br />

Mary Gaitskill<br />

Veronica, Nutrimenti, - € 18,00<br />

La storia di un’amicizia improbabile, ma vera tra due donne con un<br />

passato forte e travagliato. Alison, bella e temeraria, ha detto addio<br />

allo sregolato mondo della moda e fa le pulizie in uno studio fotografico;<br />

Veronica, non bella e cinica, si è rovinata la vita per un uomo che<br />

le ha trasmesso l’aids. Il rapporto tra le due donne sarà più forte delle<br />

loro differenze culturali e si imporrà a loro come una necessità. Con uno<br />

stile asciutto e diretto la Gaitskill ci racconta i sovversivi anni Settanta a<br />

San Francisco e i patinati anni Ottanta a Parigi e New York.<br />

La 27a Ora<br />

Questo non è amore, Marsilio, - € 16,50<br />

Dalle autrici del blog del Corriere della sera, che si occupa di<br />

temi al femminile, venti storie di abusi e violenze sulle donne.<br />

Donne maltrattate dai mariti, dai compagni, dai fidanzati,<br />

proprio tra le mura domestiche. Raccontandosi, le protagoniste dicono<br />

no alla violenza subita e si sottraggono a dinamiche di coppia ormai<br />

malate e senza amore. Un fenomeno molto diffuso e trasversale dal<br />

punto di vista sociale, che spesso coinvolge anche i figli.<br />

Bambini e bambine<br />

abbandonati.<br />

Una storia<br />

millenaria<br />

Paola Bruttocao e Luisa Tosi<br />

Mi hanno abbandonato i miei<br />

famigliari - Esposti a Treviso<br />

dalla “ruota” ad oggi”. Istresco<br />

ed.,€ 16,00<br />

Due ricercatrici venete,<br />

senza ambizioni di<br />

protagonismo (nel libro<br />

mancano perfino le consuete<br />

schedine relative alla vita e alla<br />

professionalità delle autrici) si<br />

sono immerse negli archivi della<br />

loro città per indagare un tema<br />

appassionante: l’abbandono di<br />

nati non voluti. Apre il libro un<br />

elenco dei casi di abbandono<br />

registrati in Italia negli ultimi<br />

anni; chiude una cronologia<br />

degli interventi pubblici<br />

compiuti in merito a tale<br />

fenomeno nel corso della storia,<br />

a cominciare dagli etruschi del<br />

IV secolo a.C., fino alle<br />

legislazioni attuali.<br />

Ma il centro del libro riguarda i<br />

tempi recenti, a cominciare dal<br />

secolo scorso, ed in particolare<br />

la provincia di Treviso: l’apertura<br />

delle “Case degli esposti”<br />

(chiamati anche “buttatelli”), la<br />

nascita di molti istituti privati, il<br />

ruolo dei parroci, gli affidi a<br />

pagamento, il baliatico. Sono poi<br />

riportati dati attuali: in Italia si<br />

raccolgono ogni anno circa<br />

3.000 bambini abbandonati, 400<br />

dei quali lasciati in ospedale; e le<br />

autrici raccomandano maggiore<br />

informazione sulla possibilità del<br />

“parto in anonimato”, che può<br />

compiersi in ospedale.<br />

Tra le tante notizie di fatti<br />

sconosciuti in materia, ne<br />

riporto uno particolarmente<br />

raccapricciante. Durante la<br />

prima guerra mondiale, furono<br />

sequestrate dai soldati 180<br />

donne profughe. Portate in una<br />

scuola e stuprate in massa, ne<br />

nacquero 40 bambini, chiamati<br />

poi “figli del nemico”. Per essi<br />

fu creata una struttura apposita<br />

a Portogruaro, chiamata<br />

“Ospizio dei figli della guerra”.<br />

Arricchiscono il libro<br />

testimonianze di persone<br />

cresciute negli orfanatrofi, una<br />

antologia di testi di grandi autori<br />

sui “bambini soli”, ed una serie<br />

di fotografie antiche di persone<br />

e di luoghi.<br />

Un libro semplice e prezioso.<br />

S.M.<br />

Un pentito<br />

della ‘ndrangheta<br />

si racconta<br />

alla figlia<br />

Ombretta Ingrascì<br />

Confessioni di un padre,<br />

Melampo ed. €13,00<br />

Questo libro può essere<br />

letto da diverse<br />

angolature. Prima di<br />

tutto come la storia di un<br />

capoccia della ‘ndrangheta,<br />

emigrato dalla Calabria a<br />

Milano, che fu capace di<br />

muoversi in tutta Europa, che<br />

importò e diffuse smisurate<br />

quantità di droghe ed armi, e<br />

finalmente fu arrestato e posto<br />

in regime di 41bis. Questi, dopo<br />

molti anni, commosso da una<br />

lettera della figlia che si doleva<br />

della propria condizione di<br />

totale “orfanità” (padre e madre<br />

in carcere), decise di collaborare<br />

con la giustizia. Un’altra<br />

angolatura riguarda l’attenzione<br />

verso il linguaggio del mafioso,<br />

sempre arrogante, cinico, e<br />

compiaciuto di sé, che l’autrice<br />

riporta senza propri commenti,<br />

ascoltando l’uomo con rispetto,<br />

ispirandosi all’esempio di<br />

Giovanni Falcone. Terza<br />

angolatura è l’illustrazione<br />

della tecnica che il ricercatore<br />

o giornalista, dovrebbe<br />

adottare parlando con i pentiti.<br />

Chi raccoglie le loro<br />

testimonianze, raccomanda<br />

Ombretta Ingrascì, studiosa<br />

con una lunga esperienza sul<br />

campo, non deve mai<br />

dimenticare la sofferenza di chi<br />

è permanentemente in bilico<br />

tra due diverse identità, “in<br />

una sorta di limbo esistenziale”<br />

(p. 164).<br />

Le fonti orali, in particolare<br />

quelle delle donne, sono<br />

fondamentali per la conoscenza<br />

del fenomeno delle mafie,<br />

perché “offrono un contributo<br />

rispetto a quegli ambiti dove<br />

l’accertamento giudiziario è più<br />

difficile, oppure dove … si<br />

manifestano comportamenti non<br />

penalmente rilevanti…ma<br />

…cruciali per la sopravvivenza<br />

delle associazioni mafiose” (p.<br />

167). A conclusione del libro,<br />

un pensiero commosso alle<br />

pentite della ‘ndrangheta che,<br />

con grande coraggio e pagando<br />

un prezzo feroce, hanno saputo<br />

spezzare i legami con le loro<br />

famiglie criminose.<br />

S.M.<br />

10


creatività<br />

Fotografia di Shobha, Una giovane mamma russa, 2013<br />

DIECIRIGHE<br />

Francesca Traìna<br />

Non c’è rancore dentro la scialuppa. Calata lungo la corrente scivolerà sugli orli<br />

dolci del mare. Avrà la dignità dell’esule e una tristezza chiara nello sguardo. Da<br />

quando la luna s’è abbassata sulle case sono trascorsi anni. Sconveniente e inopportuna<br />

aveva illuminato gli angoli nascosti d’una domestica coscienza. Ne hanno<br />

violato il cuore per ricacciarla negli anfratti della notte. Ora è ridiscesa a prua e<br />

va per mare sospesa a questo cielo obliquo. Si ricorderà di questi anni, di chi l’ha<br />

stemperata all’acqua falsandone i colori, di chi si è alleggerito al vento per conservarsi<br />

a lungo nella falsa convinzione d’aver perso ogni memoria. L’angustia è<br />

luogo di miseria e di sopravvivenza, di chi sosta dentro sé e guarda il mondo<br />

riflesso su uno schermo. Oggi è il mese che cantammo. Dicono sia tornata l’estate.<br />

11


creatività<br />

A dicembre<br />

Cinzia Collura<br />

L’avevano fatto tutti, non<br />

l’avevo mai fatto<br />

isoltanto io.<br />

Il problema era che mi lasciava<br />

e mi tornava a prendere mia<br />

madre e questo rendeva tutto<br />

più difficile.<br />

Mi convinse Giulio: lo trovai<br />

davanti alla porta dei bagni<br />

maschili, si fece grande ai miei<br />

occhi, mi disse “è stato facile,<br />

addirittura ho coinvolto Piero<br />

della prima C”, un qualcuno<br />

cioè più piccolo di noi, anche<br />

se solo di un anno.<br />

Lo ammetto: mi sembrò<br />

un’onta. Erano tutti dall’altro<br />

lato della barricata incluso quel<br />

fesso di Giulio. E poi io, da<br />

solo, dalla parte opposta.<br />

“Ci vediamo alle due” dissi a<br />

mia madre scendendo dall’auto<br />

e già avvertii qualcosa di<br />

frizzante nell’aria.<br />

E l’avrei fatto da solo, che<br />

motivo c’era di coinvolgere<br />

questo o quello?<br />

Mi piazzai al centro della<br />

scalinata, ben in vista per tutti<br />

i compagni; i bidelli<br />

cominciarono a invitare tutti<br />

quanti a entrare, la campanella<br />

suonò ripetutamente e io man<br />

mano mi spostai in senso<br />

opposto, allontanandomi<br />

sempre più dal portone, sin<br />

quando inesorabilmente si<br />

chiuse e io solo rimasi fuori<br />

dalla scuola.<br />

Durò un attimo: ebbi un<br />

ripensamento improvviso e<br />

improvvisamente mi tremarono<br />

le gambe.<br />

Pensai d’essere stato un fesso,<br />

mi domandai cosa avrei fatto<br />

tutte quelle ore e mi<br />

rimproverai d’avere<br />

considerato importante un<br />

qualcosa che non lo era affatto.<br />

Dal lato opposto del cancello<br />

intravidi il professore di<br />

matematica, pensai che se ci<br />

fossimo incrociati gli sguardi<br />

sarei rimasto stecchito lì, sul<br />

posto.<br />

Invece m’ignorò del tutto,<br />

proseguì svelto verso il portone<br />

e quasi d’incanto il portone si<br />

riaprì e inghiottì anche lui al<br />

suo interno.<br />

Mi accorsi in quel momento<br />

che la giornata era magnifica, il<br />

cielo altissimo e azzurro e il<br />

sole guardingo già tra le fronde<br />

degli alberi, sebbene fossero<br />

appena le otto del mattino.<br />

Tutto intorno si aprì il silenzio.<br />

Era come se tutti i rumori, il<br />

vociferare dei ragazzi, lo<br />

stridere delle suole delle<br />

scarpe, i movimenti dei<br />

compagni di scuola fossero<br />

stati risucchiati all’interno<br />

dell’edificio al solo chiudersi<br />

del portone.<br />

Io, e un silenzio pregno di<br />

aspettative tutt’intorno.<br />

Guardai l’orologio al polso,<br />

ancora mi domandai incredulo<br />

cosa avrei fatto tutte quelle<br />

ore, e anche se rimanere fuori<br />

fosse stata davvero la mossa<br />

giusta.<br />

Scesi i gradini e piazzai lo<br />

zaino con pochi libri sulle<br />

spalle, mi tornarono in mente<br />

le indicazioni dei miei<br />

compagni: prima cosa biglietto<br />

dell’autobus.<br />

In un attimo mi accorsi di non<br />

conoscere affatto le linee e gli<br />

itinerari degli autobus della<br />

mia città, ero solito andare con<br />

mia madre e la sua auto un po’<br />

dappertutto, qualche volta a<br />

piedi sotto casa, senza<br />

allontanarmi più di tanto.<br />

Provai un attimo di<br />

scoramento ma subito mi<br />

tornarono in mente le visibilie<br />

raccontatemi in corridoio dai<br />

miei compagni di scuola:<br />

Antonio era andato a zonzo<br />

per le vie del centro e aveva<br />

comprato ben due custodie per<br />

il cellulare in una bancarella<br />

proprio davanti alla libreria<br />

Feltrinelli, Pierluigi aveva<br />

giocato quattro ore di fila a<br />

calcio balilla e persino<br />

quell’idiota di Giulio si era<br />

pavoneggiato per giorni interi<br />

raccontando d’essere stato al<br />

centro commerciale e d’avere<br />

provato una quantità infinita di<br />

pc e accessori della Apple.<br />

Adesso, era chiaro, toccava a<br />

me.<br />

Passò giusto in quel momento<br />

il 103, in un flash istantaneo<br />

mi ricordai che portava sino al<br />

centro e già mi vidi a zonzo<br />

anch’io per via Ruggero<br />

Settimo, sarei entrato alla<br />

Mondadori, avrei ispezionato<br />

tutto il piano dell’elettronica<br />

senza fretta e senza mia sorella<br />

alle calcagna, e salii in fretta<br />

preso dall’entusiasmo senza<br />

considerare altro.<br />

L’autobus era semivuoto, tutti i<br />

posti a sedere occupati, pochi<br />

passeggeri in piedi, due ragazzi<br />

vicino alla postazione<br />

dell’autista ed io in fondo,<br />

sulla pedana.<br />

Non pensai neanche per un<br />

attimo d’essere sprovvisto di<br />

biglietto, mi lasciai cullare<br />

dalla mia appena afferrata<br />

libertà e guardai dai vetri la<br />

mia città scorrermi dietro.<br />

Riconobbi casa di mia nonna,<br />

in via Libertà, e vidi la traversa<br />

da cui mia madre prendeva<br />

quando ci accompagnava in<br />

auto alle elementari, me e mia<br />

sorella Aurora.<br />

Ma subito, quasi subito,<br />

l’autobus cambiò direzione e<br />

sebbene non conoscessi<br />

perfettamente le strade mi<br />

accorsi che l’itinerario non<br />

sarebbe stato quello da me<br />

immaginato.<br />

Pensai allora di chiedere a una<br />

delle tante signore sedute, ma<br />

non ebbi la prontezza di farlo<br />

e l’autobus procedette veloce<br />

senza darmi il tempo di<br />

concentrarmi e trovare una<br />

soluzione immediata.<br />

Rimasi con la faccia<br />

appiccicata al vetro e provai a<br />

riconoscere palazzi e negozi.<br />

Mi confusi. L’entusiasmo si<br />

trasformò in un nanosecondo<br />

in ansia.<br />

Non sapevo dov’ero e, cosa<br />

peggiore, non sapevo dove<br />

stessi andando.<br />

Mi rimproverai, diventai<br />

severo contro me stesso, mi<br />

domandai perché mi fossi<br />

spinto a fare un qualcosa per<br />

cui non ero ancora pronto.<br />

“Scendo alla prossima” mi<br />

ripromisi. Avrei chiesto al<br />

primo passante e mi sarei fatto<br />

indicare la strada per tornare a<br />

scuola. Il tragitto fatto<br />

dall’autobus era già notevole,<br />

ma ce l’avrei fatta a tornare in<br />

tempo per il suono della<br />

campanella di fine lezioni.<br />

Ma in quel momento l’autobus<br />

procedeva spedito e mi sembrò<br />

di riconoscere “La Favorita”, il<br />

parco cioè che portava<br />

nell’arco di una decina di<br />

chilometri a Mondello, la<br />

località balneare più vicina e<br />

più rinomata della mia città.<br />

Mi venne voglia di urlare. Fu<br />

come precipitare all’interno di<br />

un vortice senza possibilità di<br />

risalita.<br />

E l’autobus scorreva via senza<br />

pause, senza alcuna pietà nei<br />

confronti delle mie ansie.<br />

“Ce l’hai il biglietto?” Mi<br />

chiese una signora vedendomi<br />

atterrito ma non potendo<br />

sapere il motivo della mia<br />

ansia.<br />

Non riuscii a rispondere, lei mi<br />

porse un qualcosa che presi tra<br />

le mani e mi regalò persino un<br />

sorriso. Poteva essere mia<br />

madre, ma io al biglietto<br />

neanche ci pensavo, pensavo a<br />

come avrei fatto a tornare<br />

indietro, se sarei riuscito a<br />

tornare in tempo a scuola.<br />

L’autobus improvvisamente si<br />

fermò e la signora gentile<br />

scese.<br />

Ancora una volta non ebbi il<br />

tempo di organizzare i miei<br />

pensieri e decidere magari di<br />

scendere e continuare a farmi<br />

aiutare da quella signora.<br />

L’autobus riprese la sua corsa e<br />

io continuai a guardare<br />

scorrere dai vetri i chilometri<br />

che mi allontanavano da tutto<br />

quel poco che conoscevo della<br />

mia città.<br />

Non ci furono fermate per<br />

almeno dieci minuti di<br />

orologio, seguì una discesa a<br />

rotta di collo e davanti tre<br />

palme molto alte, l’autobus<br />

finalmente frenò e quasi tutti i<br />

passeggeri scesero. Scesi pure<br />

io.<br />

Camminai col gruppetto per<br />

una decina di metri, poi<br />

ognuno prese la propria<br />

direzione e io mi ritrovai<br />

davanti al mare. Il mare<br />

d’inverno.<br />

Fu un’immagine improvvisa,<br />

inaspettata e abbagliante.<br />

Uscito dall’autobus avevo<br />

camminato a testa bassa<br />

immerso nei miei pensieri e,<br />

soprattutto, seguendo gli altri<br />

passeggeri, come se lo stare in<br />

gruppo avesse potuto esimermi<br />

dallo sbagliare nuovamente<br />

direzione. Ma ineluttabilmente<br />

il gruppetto si diradò, la<br />

signora che camminava a un<br />

passo da me salì su<br />

un’automobile, dove<br />

evidentemente c’era qualcuno<br />

che l’attendeva, una coppia di<br />

innamorati che aveva fatto<br />

tutto il percorso in autobus<br />

sbaciucchiandosi e<br />

abbracciandosi si diresse verso<br />

destra e una signora con due<br />

bambini tenuti entrambi per<br />

mano si fermò davanti<br />

all’edicola per scegliere<br />

quotidiani e figurine.<br />

La giornata era diventata<br />

12


creatività<br />

Fotografia di Shobha, Meditazione in spiaggia, India, 2009<br />

ventosa e nitida. Capii d’avere<br />

di fronte il mare e procedetti<br />

spedito. Non ero mai stato a<br />

mare d’inverno, ed era il 4 di<br />

Dicembre.<br />

Di nuovo l’entusiasmo spiegò<br />

le vele nel mio sangue, mi<br />

accorsi di fare in fretta i passi<br />

che mi separavano dal mare e<br />

subito lo vidi: imponente,<br />

luminoso, solitario come mai<br />

mi era capitato di vedere.<br />

Feci quell’ultimo tratto di<br />

strada in preda all’euforia, di<br />

nuovo avvertii un’ondata di<br />

libertà, di nuovo la giornata mi<br />

sembrò carica d’aspettative e<br />

di sorprese.<br />

Misi i piedi sulla sabbia e il<br />

mare era maestoso e solo, lì<br />

davanti a me.<br />

Mi accorsi di non avere mai<br />

pensato che il mare<br />

continuasse ad esistere anche<br />

d’inverno e vederlo così, quasi<br />

fosse abbandonato a se stesso,<br />

in una ventosa giornata di<br />

dicembre, mi sembrò uno<br />

spettacolo raro.<br />

Mi ritrovai con le scarpe sulla<br />

sabbia, metri e metri di<br />

spiaggia alla mia sinistra e alla<br />

mia destra, mare infinito<br />

davanti. E basta, nessuna<br />

sdraio, nessun ombrellone,<br />

nessuna capanna. Nessun<br />

bagnante. Nessuno.<br />

Una folata di vento sollevò la<br />

sabbia in superficie e dovetti<br />

socchiudere gli occhi per<br />

ripararmi, la sabbia mi arrivò<br />

sul viso e sulle mani.<br />

In un attimo mi dimenticai del<br />

percorso sbagliato, della scuola,<br />

di mia mamma e delle tre ore<br />

rimanenti prima dello squillo<br />

della campana di fine lezioni.<br />

Mi sedetti sulla sabbia e mi<br />

levai le scarpe, faceva freddo,<br />

l’aria era impregnata di<br />

salsedine densa e le onde si<br />

alzavano sino a riva creando<br />

un muro sottile d’acqua.<br />

La sabbia sui piedi mi diede<br />

un’emozione forte.<br />

Il sole era sospeso pallido tra<br />

due nuvole basse, molti detriti<br />

giacevano inermi sulla battigia.<br />

Cominciai a camminare<br />

lasciando che l’acqua del mare<br />

arrivasse sui miei piedi,<br />

semplicemente, arrotolai i<br />

jeans sino a sopra le caviglie.<br />

Io e il mare, mai visto niente di<br />

simile. E avvertii il cuore che mi<br />

pompava nel petto come fosse<br />

una di quelle onde lì, davanti a<br />

me. Sentii il mio sangue<br />

ingrossarsi e sbattere contro il<br />

petto, come le onde sulla sabbia.<br />

Mi domandai perché non mi<br />

fosse mai capitato prima di<br />

vedere il mare fuori stagione.<br />

Chi avesse deciso per me che<br />

avesse poca attrattiva.<br />

Pensai all’ultimo bagno che<br />

avevo fatto a settembre, con la<br />

mia famiglia, gli amici, il<br />

supersantos arancione.<br />

Pensai alle risate, agli<br />

inseguimenti sulla sabbia con<br />

mia sorella, mi rividi in canotto<br />

con le spalle ad ardere sotto il<br />

sole cocente. Vidi mia madre<br />

col barattolo di crema<br />

protettiva in mano, rividi le sue<br />

mani imbrattarci i visi di<br />

crema, cospargerci le guance, e<br />

poi la schiena. E noi<br />

impazienti, pronti a riprendere<br />

i giochi, a raggiungere gli amici<br />

sulla battigia.<br />

Un’onda improvvisa quasi mi<br />

trascinò in acqua bagnandomi<br />

non solo i piedi ma anche i<br />

jeans sino alle ginocchia.<br />

Non sentii freddo, mi levai i<br />

jeans e provai a strizzare il<br />

tessuto bagnato stringendo<br />

forte con le mani.<br />

Le onde in quel momento<br />

scorrevano senza ordine su<br />

tutto il golfo.<br />

L’orizzonte era un susseguirsi<br />

di punte aguzze grigio<br />

argentato e la luce del sole<br />

pallido s’insinuava sull’acqua<br />

creando bagliori improvvisi e<br />

imprevedibili.<br />

Feci diverse foto con il<br />

cellulare. Le guardai non<br />

soddisfatto. La luce era forte e<br />

impalpabile dal vivo, priva di<br />

vita, grigia, sulla foto.<br />

Percorsi la baia in lungo e in<br />

largo, le mie orme facevano<br />

appena in tempo a imprimersi<br />

sulla battigia che subito<br />

un’onda le cancellava senza<br />

lasciare la pur minima traccia<br />

del mio passaggio.<br />

Pensai a dove fossero tutte le<br />

persone che nei mesi estivi<br />

affollavano la spiaggia. Pensai<br />

come mai non fossero qui, a<br />

godere con me di tutto questo.<br />

Guardai il sole salire un po’<br />

più in alto nel cielo, e staccarsi<br />

sempre più dal mare.<br />

Pensai d’essere felice. In un<br />

modo nuovo, senza amici,<br />

senza pallone, senza giochi.<br />

Scattai una foto stupenda: mi<br />

misi di spalle al mare, allungai<br />

il braccio destro, pigiai a mo’<br />

di autoscatto.<br />

Alle quattordici e quaranta<br />

arrivai trafelato davanti scuola.<br />

Non c’era più nessuno, solo<br />

l’auto di mia madre. E la moto<br />

di mio padre, posteggiata di<br />

fianco.<br />

Fui punito e rimproverato a<br />

dovere, i miei genitori mi<br />

sequestrarono il computer e il<br />

cellulare per tutto il giorno.<br />

Mi addormentai e tra le<br />

lenzuola avvertii un po’ di<br />

sabbia rilasciata dai miei<br />

capelli e dai miei piedi.<br />

Tornai a scuola l’indomani<br />

mattina e i miei compagni mi<br />

chiesero dov’ero stato, perché<br />

avessi fatto così tardi e<br />

perché fossi stato così<br />

stupido da farmi scoprire sia<br />

dai miei genitori che dai<br />

professori.<br />

Non dissi niente. Né a loro, né<br />

ai miei genitori, né ai<br />

professori. Quello che avevo<br />

era mio e indivisibile.<br />

A ricreazione andai in bagno e<br />

guardai le mie foto, una su<br />

tutte: gli occhi socchiusi e i<br />

capelli sul viso per il forte<br />

vento e, sullo sfondo, il mare<br />

argentato. A Dicembre.<br />

13


creatività<br />

Il mio è il lavoro più creativo del mondo<br />

Intervista a Daniela Cota, Direttore Associato Neuro Centre Magendie Università di Bordeaux<br />

Silvana Fernandez<br />

Dr. Daniela Cota,<br />

Responsabile del<br />

laboratorio “Bilancia<br />

energetica ed Obesità” Direttore<br />

Associato Neuro Centre<br />

Magendie INSERM U862,<br />

Università di Bordeaux<br />

Vuoi dirci in poche parole la<br />

tua biografia soprattutto<br />

lavorativa?<br />

Sono pugliese ed ho studiato<br />

medicina all’Università di<br />

Bologna, dove mi sono<br />

laureata con pieni voti nel<br />

1999. Durante la specialità in<br />

Endocrinologia ho avuto<br />

l’occasione di andare in<br />

Germania, all’Istituto Max-<br />

Planck di Psichiatria, dal<br />

2001 al 2003 per l’esattezza,<br />

dove ho cominciato a fare<br />

della ricerca di base<br />

utilizzando dei modelli<br />

murini. È a Monaco che ho<br />

cominciato a studiare il ruolo<br />

dei circuiti nervosi<br />

dell’ipotalamo nel controllo<br />

alimentare e nell’obesità.<br />

Dopo questa esperienza, e<br />

innamoratami del mio lavoro,<br />

ho deciso di proseguire la<br />

mia formazione di ricercatrice<br />

con una borsa di studio<br />

all’istituto di malattie<br />

metaboliche dell’università di<br />

Cincinnati (Usa), dove ho<br />

lavorato dal 2004 al 2007<br />

costruendomi un Cv<br />

professionale che mi ha<br />

permesso di accedere per<br />

concorso ad un posto<br />

permanente di ricercatore<br />

presso l’Inserm (l’Istituto di<br />

ricerca medica Francese) a<br />

Bordeaux, dove sono stata in<br />

grado, grazie ad un<br />

programma di ricerca<br />

Francese volto a permettere a<br />

giovani ricercatori<br />

estremamente promettenti di<br />

divenire completamente<br />

indipendenti, di creare il mio<br />

laboratorio di ricerca. Sono<br />

cinque anni che sono<br />

responsabile del mio<br />

laboratorio. Il mio lavoro é<br />

cambiato molto nel corso del<br />

tempo e ora assomiglia molto<br />

a quello di un manager di una<br />

piccola impresa.<br />

Germania America Francia<br />

dove ti sei trovata meglio e<br />

dove pensi che chi intraprende<br />

la carriera scientifica possa<br />

lavorare meglio?<br />

Mi sono trovata bene in tutti<br />

e tre i Paesi, dove ho<br />

lavorato finora. Ho<br />

conosciuto persone che<br />

hanno creduto in me. La<br />

Germania è molto<br />

organizzata dal punto di vista<br />

amministrativo e vi è una<br />

certa rigidità che appartiene<br />

al sistema, ma che ne<br />

garantisce anche il perfetto<br />

funzionamento. La Francia<br />

ha un’amministrazione<br />

enormemente complessa, ed<br />

essendo i ricercatori<br />

(dipendenti dell’Inserm, Cnrs<br />

o altro Istituto di ricerca<br />

Francese) dei funzionari<br />

pubblici, essi sono tenuti a<br />

rispettare molteplici regole,<br />

anche nel caso in cui si<br />

debbano spendere somme<br />

minime nel contesto<br />

dell’attività di laboratorio.<br />

Infine negli Stati Uniti si<br />

possono ottenere dei<br />

supporti di tipo economico<br />

estremamente importanti e<br />

uno stipendio molto più<br />

attraente di quello che si può<br />

ottenere in Francia, ma non<br />

c’è la stessa possibilità, di<br />

ottenere un posto<br />

permanente come verrebbe<br />

inteso da noi, con uno<br />

stipendio garantito nel corso<br />

degli anni di provenienza<br />

dell’Università o dello Stato.<br />

In effetti, uno degli aspetti<br />

della ricerca Francese che ho<br />

trovato interessante è stata la<br />

possibilità di ottenere un<br />

posto permanente a 32 anni e<br />

che mi ha in seguito<br />

permesso di fare un planning<br />

più a lungo termine sia per la<br />

mia carriera che per la mia<br />

vita personale.<br />

S. Tutto quello che hai fatto<br />

all’estero l’avresti potuto fare<br />

anche in Italia?<br />

Non credo che sarei riuscita<br />

a farlo in Italia! Soprattutto<br />

non avrei raggiunto gli<br />

obiettivi che ho raggiunto<br />

(stabilità ed indipendenza<br />

professionale) entro lo stesso<br />

periodo. Questo pensa sia in<br />

parte dovuto al fatto che in<br />

Italia sia molto complicato<br />

ottenere dei posti permanenti<br />

nell’ambito della ricerca si<br />

dovrebbe prendere ad<br />

esempio la Francia su questo<br />

punto e dall’altro, bisogna<br />

anche riconoscere che c’é<br />

una rigidità gerarchica in<br />

Italia, particolarmente<br />

nell’università, che non<br />

permetterebbe di creare o di<br />

dare rapidamente dello<br />

spazio a dei giovani di<br />

talento così come invece<br />

succede all’estero.<br />

D’altronde, devo sottolineare<br />

il fatto che fu il mio<br />

professore di tesi a propormi<br />

di andare all’estero. Io non<br />

cercai l’occasione, fu<br />

l’occasione a venire da me.<br />

Da questa prime risposte due<br />

sono le mie curiosità, una<br />

riguarda proprio il tuo lavoro<br />

di ricerca. L’obesità dunque<br />

non è solo un disturbo<br />

alimentare ma soprattutto<br />

neurologico?<br />

Beh, direi di sì, visto che ci<br />

sono circuiti nervosi preposti<br />

proprio al controllo del<br />

comportamento alimentare e<br />

che funzionano un po’ da<br />

“chef d’orchestra” per il<br />

controllo della bilancia<br />

energetica dell’organismo.<br />

Questi circuiti, in effetti, sono<br />

in grado di integrare le<br />

diverse informazioni, di<br />

influenzare sia il metabolismo<br />

sia il comportamento<br />

alimentare (dagli stimoli<br />

esterni, provenienti<br />

dall’ambiente, a quelli interni,<br />

come i livelli circolanti di<br />

ormoni conosciuti regolare<br />

l’appetito o dei nutrienti<br />

stessi) e a loro volta<br />

controllano il comportamento<br />

alimentare e il metabolismo,<br />

dall’assorbimento allo<br />

stoccaggio di calorie sotto<br />

forma di grasso, fino alla loro<br />

utilizzazione quando<br />

l’organismo ne ha bisogno.<br />

La seconda domanda è questa,<br />

ma tu non senti nostalgia per<br />

L’Italia, non senti né un po’ di<br />

rancore né un po’ di<br />

malinconia per la tua terra,<br />

dove è sempre stato quasi<br />

impossibile trovare lavoro nel<br />

campo scientifico?<br />

Sento nostalgia, ma non<br />

rancore per l’Italia. Se avessi<br />

una possibilità concreta di<br />

rientrare in Italia, che mi<br />

permettesse di lavorare così<br />

come faccio dal mio ufficio di<br />

Bordeaux, la prenderei<br />

seriamente considerazione.<br />

Anche perché penso sia giusto<br />

che in qualche modo quello<br />

che faccio ritorni al mio Paese,<br />

perché è anche grazie al<br />

percorso educativo e<br />

universitario che ho<br />

completato in Italia che sono<br />

quello che sono,<br />

professionalmente parlando. Il<br />

problema è che bisogna in<br />

qualche modo svecchiare il<br />

nostro sistema e permettere<br />

alla ricerca di avere il posto<br />

che merita nell’economia<br />

Italiana. Ricerca significa<br />

investire ed investire significa<br />

che molto spesso i risultati di<br />

tali investimenti ci saranno, si,<br />

tra 5, 10, 15 anni ma faranno<br />

avanzare di molto l’economia<br />

dell’Italia. Pare che tale<br />

concetto chiaro per altri Paesi<br />

sia di difficile applicazione in<br />

Italia.<br />

Ultima domanda, mi riferisco<br />

ad una frase in cui tu mi hai<br />

detto giorni fa “il mio lavoro è<br />

il più creativo del mondo”,<br />

non avevo mai pensato il<br />

ricercatore, lo scienziato come<br />

un creativo<br />

Fare il ricercatore significa<br />

generare un’ipotesi e<br />

verificarne la veridicità. Nel<br />

campo medico, e dello studio<br />

della fisiologia o<br />

fisiopatologia in particolare,<br />

non siamo inventori, ma<br />

scopritori. E cosa c’è di più<br />

eccitante di scoprire qualcosa<br />

di nuovo che nessun altro al<br />

mondo ha scoperto prima di<br />

te e che quindi, in quanto<br />

tale, non esisteva? Il<br />

ricercatore crea conoscenza e<br />

davvero penso che sia un<br />

lavoro estremamente creativo,<br />

poiché caratterizzato da una<br />

grande libertà di pensiero.<br />

Senza tale libertà, verrebbe a<br />

mancare quella capacità di<br />

osservare i fenomeni con<br />

occhi diversi, di uscire fuori<br />

dagli schemi e quindi di<br />

conseguenza la possibilità<br />

stessa di scoprire cose nuove.<br />

Essere uno scienziato significa<br />

essere un po’ come un’artista,<br />

ma dotato di senso di logica,<br />

d’analisi e di sintesi stringenti.<br />

14


creatività<br />

Essere è tessere: in ricordo di Maria Lai<br />

Uno sguardo incantato sulle forme e i materiali della vita quotidiana delle donne<br />

Mariella Pasinati<br />

Il 16 Aprile scorso ci ha<br />

lasciato, a 93 anni, l’artista<br />

sarda Maria Lai, una delle<br />

grandi madri dell’arte italiana.<br />

Con la sua pratica artistica e di<br />

grande valenza politicoculturale,<br />

ci ha insegnato ad<br />

avere fiducia nella possibilità<br />

che l’arte possa trovare spazio<br />

nella vita: con l’educazione allo<br />

sguardo, fin dai primi anni di<br />

scuola, ma anche comunicando<br />

con chi, da adulta/o, sa<br />

rispondere al dialogo che l’arte<br />

“scatena”.<br />

Reinventare storie e giochi,<br />

raccontare fiabe trovando<br />

nuove, originali forme<br />

attraverso cui far rivivere<br />

leggende antiche, rituali magici<br />

e sacri è stata la pratica che<br />

Maria Lai ha scelto per<br />

avvicinarci ad un’arte di cui c’è<br />

bisogno ma che spesso<br />

disorienta.<br />

Aveva a cuore un’idea di arte<br />

come pratica viva che non<br />

parla solo a pochi privilegiati,<br />

ma che è in grado di “aprire e<br />

dilatare la coscienza”, di tornare<br />

ad esprimere il senso sociale<br />

della comunicazione, della<br />

relazione. Già nel 1981 aveva<br />

realizzato nel suo paese natale<br />

Ulassai, il primo intervento<br />

ambientale che coinvolse in<br />

una grande performance<br />

fortemente simbolica, Legarsi<br />

ad una montagna, l’intera<br />

comunità locale, chiamata a<br />

superare diffidenze e inimicizie<br />

legandosi, casa a casa, con un<br />

nastro azzurro di ventisei km<br />

per poi unirsi alle pareti del<br />

monte che sovrasta il paese.<br />

Sempre più rilevanti sono<br />

divenute, da allora, le relazioni<br />

creative con persone e luoghi e<br />

la sua arte ha segnato con forza<br />

lo spazio pubblico,<br />

coinvolgendo nella pratica<br />

creativa la collettività. Nel<br />

prevederne la partecipazione,<br />

Maria Lai ha inventato “altri e<br />

vitali spazi” rendendo l’opera<br />

luogo dello scambio, strumento<br />

di mediazione culturale (e<br />

politico, se la politica è lo<br />

spazio della relazione) che il<br />

gesto creativo di un’artista che<br />

non dimentica il contesto attiva.<br />

Il contesto da cui Maria Lai<br />

non si è mai separata è la sua<br />

terra, l’esperienza femminile, la<br />

corporeità. Pur nella grande<br />

diversità materiale e formale<br />

che ha caratterizzato i suoi<br />

lavori in più di sessant’anni,<br />

l’artista ha sempre operato<br />

manipolando procedimenti,<br />

forme e materiali – fisici ma<br />

anche simbolici – di precisa<br />

matrice femminile e<br />

appartenenti alla dimensione<br />

del vivere.<br />

Appartengono agli anni ’60,<br />

quando il suo linguaggio si<br />

apre alla sperimentazione, i<br />

Telai che Maria, rileggendo<br />

l’antica pratica della tessitura,<br />

rende simbolo della sapienza e<br />

dell’operatività femminili,<br />

oltre che metafora dell’arte.<br />

Lo racconta in uno dei suoi<br />

libri d’artista, Il dio distratto<br />

del 1983, in cui mostra il senso<br />

di chi sa e non cancella la<br />

differenza di essere<br />

donna/uomo: il telaio è il<br />

dono fatto dalle api-fate alle<br />

donne, la scrittura si formerà<br />

in seguito, con la capacità<br />

degli uomini di passare dal filo<br />

alla pietra, traducendo<br />

nell’alfabeto il disegno dei<br />

tessuti femminili. La creatività<br />

appartiene dunque alla<br />

dimensione del femminile,<br />

rivela Maria Lai. Insieme ai<br />

telai ecco, ancora, i fili che<br />

diventeranno cifra specifica<br />

del suo operare: fili di lana, di<br />

cotone, ma anche di metallo,<br />

in grovigli non districabili, fili<br />

che legano e fili con cui tenere<br />

per mano il sole e l’ombra. A<br />

volte sono fili che segnano<br />

stoffe cucite, come nelle<br />

straordinarie Geografie degli<br />

anni ’80, visioni fantastiche di<br />

mondi, universi e costellazioni,<br />

luoghi mentali altamente<br />

evocativi. Altre volte, invece, i<br />

fili scrivono pagine di stoffa o<br />

carta in libri-oggetto, veri e<br />

propri “texta”, tessuti di mano<br />

femminile. Non solo di stoffa,<br />

ma altresì di ceramica dipinta,<br />

di jeans, di terracotta, i librioggetto<br />

sono prodotti<br />

intensamente tattili, costruiti<br />

con materiali sempre<br />

“domestici” lavorati con<br />

assoluta libertà. La materia e il<br />

segno intrecciano così trame di<br />

un tessuto/racconto che ha il<br />

respiro della fiaba, di<br />

narrazioni antiche sintetizzate<br />

dalla memoria individuale<br />

Fotografia di Shobha, Funerali Agnese Borsellino<br />

dell’artista, uno dei modi con i<br />

quali ritorna alla sua terra, la<br />

Sardegna. E un’atmosfera da<br />

favola, un approccio incantato,<br />

sospeso tra senso del mistero e<br />

memoria di un rito infantile<br />

segnano anche i Presepi,<br />

realizzati nel corso del tempo<br />

con tecniche e materiali<br />

diversi – terracotta, legno,<br />

carta, pietra, sabbia, stoffa,<br />

pane –. Maria Lai li interpreta<br />

con grande libertà formale,<br />

accenti lievi e delicati. Ancora<br />

legato all’esperienza di antica<br />

operosità femminile è, infine,<br />

il tema dei Pani, variamente<br />

indagato nel corso degli anni e<br />

“protagonista” di Invito a<br />

tavola, del 2004,<br />

un’installazione imponente,<br />

ancora una metafora dell’arte<br />

così come della socialità e<br />

della civiltà dell’accoglienza.<br />

Su una lunga tavola imbandita<br />

con pani di terracotta disposti<br />

su piatti che sono libri, la<br />

scultura diventa lievito e<br />

nutrimento per la mente. E<br />

l’arte torna a connettersi con<br />

la vita.<br />

15


creatività<br />

Ipazia e la guerra dei sessi<br />

Dora Russell: per un mondo fatto di uomini e donne alla ricerca della felicità<br />

Francesca Saieva<br />

Più nota come Mrs<br />

Bertrand Russell,<br />

l’attivista Dora Russell<br />

occupa parte dello scenario<br />

politico-sociale inglese del XX<br />

secolo. Dalla Grande Guerra alla<br />

Guerra Fredda, il suo impegno<br />

si manifesta costante attraverso<br />

ideali pacifisti e femministi,<br />

supportato da politiche socialiste<br />

ed ecologiste. L’anticonformismo<br />

le appartiene, così pure uno<br />

spiccato senso di maternità e di<br />

fiducia nel progetto educativo,<br />

quale espressione di democrazia,<br />

libertà e amore per ogni<br />

relazione umana; progetto che<br />

attuerà come esperimento<br />

formativo alla Beacon Hill<br />

School, di cui sarà alla direzione<br />

dal 1927 al 1943.<br />

Donna dinamica, viaggia per<br />

l’Europa, avvicinandosi alla<br />

realtà dell’Unione Sovietica,<br />

paragonandone il modello<br />

economico a quello occidentale.<br />

Affianca, condividendone gli<br />

interessi, il filosofo Bertrand<br />

Russell fino al 1935, anno della<br />

rottura del loro matrimonio.<br />

I conflitti interiori e i dissapori<br />

familiari non frenano la sua<br />

curiosità, la sua estenuante<br />

ricerca filosofico-sociale della<br />

felicità. Un impegno coerente e<br />

assiduo che la fa aderire nel ’32<br />

all’Independent Labour Party;<br />

nel ’34 al National Council for<br />

Civil Liberties e nel ’36<br />

all’Abortion Law Reform<br />

Association. Nel 1958 guida la<br />

Women’s Caravan of Peace per<br />

un messaggio pacifista nei<br />

tempi bui della Guerra Fredda.<br />

Sono gli anni della piena<br />

maturità e della vecchiaia che la<br />

vedono impegnata a narrare la<br />

sua storia, il suo amore per la<br />

vita, il suo ‘credo per la libertà’.<br />

Una biografia (in tre volumi),<br />

un testamento per “tutti coloro,<br />

uomini e donne di entrambi i<br />

lati della Cortina di Ferro, con<br />

le cui vite, lavoro e fede la mia<br />

vita” scrive la Russell nel 1985<br />

“è stata aggrovigliata per anni<br />

nel tentativo di sostenere la<br />

comprensione e la pace tra<br />

popoli e nazioni”.<br />

Dora Russell muore nel 1986 a<br />

92 anni.<br />

A distanza di ben 87 anni dalla<br />

sua pubblicazione in lingua<br />

originale, Hypatia or Woman<br />

and Knowledge appare per la<br />

prima volta al pubblico italiano<br />

con un saggio introduttivo e<br />

postfazione di Marina Calloni<br />

(Dora Russell, Ipazia e la guerra<br />

dei sessi, La Tartaruga, 2012).<br />

Il tono provocatorio della<br />

Russell pervade Ipazia e la guerra<br />

dei sessi, opera di senso sociale e<br />

pedagogico sulla “qualità delle<br />

relazioni di genere”. Ma è la<br />

società postcapitalistica a fare<br />

capolino tra le righe, nella<br />

consapevolezza della Russell di<br />

un’umanità impantanata nella<br />

palude dell’era post-industriale.<br />

Quali le conseguenze del<br />

capitalismo? E che cosa non ha<br />

funzionato nelle politiche<br />

femministe? Le domande<br />

persistono e la questione<br />

uomo/donna rimane aperta,<br />

insoluta nello scontro titanico<br />

di tutti i Giasoni e le Medee,<br />

nel corpo virile di Artemide,<br />

nella ‘cortigiana’ Aspasia e<br />

nella madre Ecuba. Tracce di<br />

un mondo femminile alla<br />

ricerca sofferta di affermazione<br />

e di auto-riconoscimento.<br />

Accese e appassionate<br />

appaiono le sue argomentazioni<br />

contro la tradizione patriarcale<br />

e ogni forma di puritanesimo.<br />

“Uomini o donne, siamo<br />

innanzitutto esseri umani. C’è<br />

molto lavoro da fare – sostiene<br />

Probabilmente Antigone ci deve ancora qualcosa<br />

Enon sarebbe male<br />

orientarci una volta per<br />

tutte, giusto che come<br />

esempio di indomita<br />

contrapposizione al potere e<br />

alle sue regole prive di umana<br />

pietà, si propone fiera dinnanzi<br />

allo spettatore di ogni tempo<br />

mirando dritto alle corde del<br />

suo cuore e del suo pensiero.<br />

Anche quest’anno a Siracusa,<br />

pallida e minuta nella sua veste<br />

nera, la figlia dell’infelice Edipo,<br />

pronta a morire, rivendicando<br />

degna sepoltura ad uno dei suoi<br />

fratelli eppure ribelle alla dura<br />

sorte che si è accanitamente<br />

cercata (Antigone è Ilenia<br />

Maccarrone diretta da Cristina<br />

Pezzoli – due donne insieme nel<br />

bel mezzo del cerchio sofocleo),<br />

rimette in moto, non il<br />

meccanismo bene-male, non<br />

quello della vittima e del<br />

carnefice e neppure lo zoccolo<br />

duro di una legge che li travolge<br />

entrambi senza trionfo alcuno<br />

la Russell – nella società, e<br />

possiamo farlo con uguale<br />

abilità, se a ciascuno vengono<br />

date uguali opportunità e<br />

istruzione”.<br />

La Russell ha la vocazione della<br />

polemista e l’importanza del<br />

lavoro per la donna, la<br />

liberazione sessuale, la<br />

contraccezione, una maternità<br />

desiderata, che sia espressione<br />

di libertà e soprattutto atto<br />

d’amore, sono i temi su cui la<br />

esercita. Il senso civico, il<br />

rispetto tra i popoli, l’impegno<br />

dell’individuo nella comunità<br />

(presupposti per un’auspicabile<br />

forma di ‘felicità’) hanno inizio<br />

per lei dal riconoscimento della<br />

specificità di genere. “La felicità<br />

umana, il perseguimento della<br />

conoscenza, l’espressione delle<br />

emozioni nell’arte devono<br />

essere gli obiettivi della civiltà e<br />

lo scopo per i politici”( The<br />

Right to Be Happy, 1927).<br />

Ipazia, scienziata vittima di un<br />

efferato assassinio, consumato<br />

nel IV secolo da una folla di<br />

cristiani, è emblema della<br />

repressione del libero pensiero<br />

e dal suo e dai molti altri<br />

‘femminicidi’ della storia<br />

prende spunto la Russell “per<br />

Egle Palazzolo<br />

di un’autentica “giustizia” bensì<br />

la crudeltà di un confronto<br />

impossibile.<br />

Con una recitazione mai<br />

enfatica giocata sul registro di<br />

tonalità più o meno accese con<br />

l’unica concessione di un finale<br />

assai emblematico del<br />

seppellimento in scena da viva e<br />

cosciente, con una regia attenta,<br />

talora un tantino sbrigativa che<br />

accorpava quasi in un’unica<br />

morte la morte di ognuno,<br />

Antigone ci è parsa fuor da<br />

eroismi o da femminismi antelitteram<br />

un personaggio capace<br />

di rendere con coraggio e<br />

determinazione la sua scelta. Al<br />

contrario di Creonte (un<br />

Donadoni credibile in ogni suo<br />

passaggio tra forza e timore) che<br />

non potrà contare sino in fondo<br />

sul suo potere, che sentirà sulla<br />

pelle i dubbi del suo operato,<br />

che sarà costretto a piangere i<br />

suoi morti inutilmente sacrificati<br />

all’azione di governo. In questo<br />

superare i limiti del patriarcato<br />

repressivo/violento e il<br />

femminismo neutralizzante<br />

separatista” (Calloni),<br />

sostenendo che solo nel<br />

rispetto della specificità di<br />

genere può annullarsi qualsiasi<br />

‘antagonismo’ e ‘lotta titanica’.<br />

Per Dora Russell “non c’è<br />

niente nella vita che possa<br />

paragonarsi a questo unirsi di<br />

menti e corpi di uomini e<br />

donne che hanno lasciato da<br />

parte ostilità e paura e che<br />

cercano nell’amore la più piena<br />

comprensione di se stessi e<br />

dell’universo”. La guerra dei<br />

sessi non ha mai vincitori ma<br />

solo vittime. Falliti tentativi di<br />

emulazione del maschio<br />

annientano l’essere donna e la<br />

ricchezza che comporta.<br />

“Dora – scrive la Calloni – è<br />

per un’uguaglianza complessa<br />

fra uomini e donne, nella piena<br />

accettazione delle diversità.<br />

Anche in ciò consta la sua<br />

attualità”, la modernità del suo<br />

pensiero, che raccoglie l’eredità<br />

del femminismo, depurandolo<br />

da falsi idoli nel tentativo di<br />

un’apertura futuribile, per un<br />

mondo fatto di uomini e donne<br />

alla ricerca della felicità.<br />

senso e in altre puntuali<br />

focalizzazioni, splendida la<br />

lezione di Zagrebelsky e il suo<br />

richiamo alla tesi di Martha<br />

Nusbaum la cui filosofia nega la<br />

ragione o il torto di entrambi e<br />

parla di due opposti fanatismi e<br />

di un dialogo negato.<br />

E si fa spazio Ismene che cerca,<br />

e qui la pietas è più chiara, la<br />

strada del compromesso come<br />

ancor più, ci va di aggiungere,<br />

lo è quella di Emone che scorge<br />

con chiarezza e inutilmente ciò<br />

che il re suo padre potrebbe<br />

ancora stabilire, forse rendendo<br />

Tebe più forte e feconda.<br />

E dunque alle parole<br />

inascoltate o taciute, alle intese<br />

non raggiunte o non vere<br />

risponde la storia dei popoli<br />

che inneggiano al tiranno o lo<br />

uccidono. E il percorso si<br />

consuma senza compiersi e<br />

tuttora non può che trovare<br />

comunque il suo innegabile<br />

posto la giovane Antigone.<br />

16


Fotografia di Letizia Battaglia, Palermo 2013<br />

L’amore è un castigo.<br />

Veniamo puniti<br />

per non essere riusciti<br />

a rimanere soli.<br />

Marguerite Yourcenar


creatività<br />

“Le donne siciliane non sono felici”<br />

Un convegno a Palermo per ricordare Giuliana Saladino<br />

Beatrice Agnello<br />

Il 6 e 7 maggio si è parlato di<br />

Giuliana – indimenticabile<br />

giornalista del quotidiano<br />

L’Ora, scrittrice e collaboratrice<br />

di <strong>Mezzocielo</strong> fin dal primo<br />

numero – all’Istituto Gramsci,<br />

organizzatore con <strong>Mezzocielo</strong> di<br />

un convegno affollato di<br />

studenti che hanno attivamente<br />

partecipato studiando libri e<br />

articoli e riferendone.<br />

Il dibattito si è articolato<br />

intorno alle relazioni di Antonio<br />

Calabrò, Simona Mafai, Piero<br />

Violante e alla mia, che riferiva<br />

di un tema centrale nella<br />

riflessione di Giuliana: la<br />

condizione femminile. Se c’è un<br />

filo che la attraversa ininterrotto<br />

è quello dell’inquietudine e<br />

della difficoltà di vivere, pur<br />

nella grande evoluzione del<br />

costume e con le conquiste di<br />

libertà avvenute dalla seconda<br />

metà degli anni ’60.<br />

In Romanzo civile, Giuliana<br />

ricorda che fra la fine degli anni<br />

Quaranta e i primi Cinquanta,<br />

le contadine dell’agrigentino,<br />

che diedero vita a un<br />

movimento combattivo,<br />

scomparivano in breve tempo<br />

dalle sezioni del Pci perché<br />

l’esperienza di lotta le portava a<br />

mettere in discussione tutta la<br />

loro vita, per prima quella<br />

familiare. Così spesso si<br />

separavano dal marito, venivano<br />

messe al bando dal paese e dal<br />

partito stesso e finivano a fare le<br />

puttane in città.<br />

Ma anche negli anni Sessanta e<br />

Settanta diverse grandi<br />

inchieste, fatte per L’Ora,<br />

testimoniano di un’infelicità<br />

estesa a tutti i gradini della scala<br />

sociale.<br />

Una del ’68, fatta di interviste a<br />

ragazze e donne borghesi<br />

palermitane, ci lascia stupiti:<br />

sembra di essere in un paese<br />

islamico segnato<br />

dall’oppressione femminile e<br />

non nell’Europa della<br />

minigonna e del Maggio<br />

francese. Genitori e mariti<br />

diffidenti se figlie e mogli si<br />

appassionano allo studio e al<br />

lavoro (“vogliono che penso a<br />

sistemarmi, a fare figli e basta”);<br />

l’amore coniugale un disastro<br />

(“per il novanta per cento degli<br />

uomini la moglie non esiste<br />

come essere umano. Non esiste<br />

che le si parli, non esiste che la<br />

si ascolti…Tutto il giorno il più<br />

assoluto disinteresse, due<br />

estranei, la sera poi, come<br />

se niente fosse, il più<br />

sbrigativo rapporto<br />

sessuale… Si usa la moglie<br />

come una prostituta e ogni<br />

donna, dopo un rapporto<br />

così, si sente una puttana”);<br />

una relazione<br />

extraconiugale è un<br />

azzardo pagato a caro<br />

prezzo (“un rapporto su<br />

cui grava la paura”, “Il<br />

marito può sempre fare<br />

scattare una foto, farti<br />

condannare, toglierti i<br />

figli”, “La legge italiana è<br />

spietata”).<br />

Già, la legge. È solo fra il<br />

’68 e il ’69 che viene dichiarato<br />

incostituzionale l’articolo che<br />

prevede la punizione<br />

dell’adulterio della moglie ma<br />

non quello del marito. Sarà solo<br />

nel ’75 che la riforma del diritto<br />

di famiglia riconoscerà la parità<br />

giuridica dei coniugi e sostituirà<br />

la patria potestà con quella di<br />

entrambi i genitori, in<br />

particolare nella tutela dei figli.<br />

È negli anni ’70 che si fanno i<br />

salti più grandi nel<br />

riconoscimento di diritti di<br />

libertà importanti per le donne:<br />

è del ’74 il referendum sul<br />

divorzio, del ’78 la legge che<br />

consente l’aborto. Ma bisognerà<br />

aspettare il 1981 per vedere<br />

abrogate le sostanziose<br />

attenuanti riconosciute dalla<br />

legge italiana per il delitto<br />

d’onore.<br />

Gli uomini siciliani, peraltro,<br />

non onorano affatto la loro<br />

fama di latin lover, non valgono<br />

granché neppure a letto, “Sono<br />

ossessionati dal sesso, ce l’hanno<br />

in testa come una cosa turpe,<br />

come una cosa sporca e tale<br />

continuano a considerarla<br />

sempre. È difficile che abbiano<br />

un rapporto normale con una<br />

donna, eppure non pensano ad<br />

altro”. E fra i ragazzi che nel ’68<br />

hanno vent’anni, le femmine<br />

sono molto più aperte a vivere il<br />

sesso e l’amore senza ipocrisie e<br />

a liberarsi da vecchi tabù di<br />

quanto non siano i loro coetanei<br />

maschi, che spesso continuano a<br />

considerare “poco seria” una<br />

ragazza che perde la verginità,<br />

anche se è a loro stessi che l’ha<br />

sacrificata. L’ininterrotto filo<br />

dell’infelicità femminile<br />

s’intreccia con quello della<br />

violenza. Nel 1980 Giuliana<br />

raccoglie le notizie sulle donne<br />

apparse nei quotidiani dell’isola<br />

nella prima metà dell’anno e<br />

osserva che “274 su 284 vanno<br />

sotto il segno della violenza<br />

civile sociale pubblica familiare<br />

e coniugale”, “violenze di ogni<br />

genere sulle donne, dallo stupro<br />

alle coltellate, dalle fucilate al<br />

sequestro, dalle bastonate alle<br />

sevizie, violenze di ogni genere<br />

esercitate dalle donne su chi gli<br />

sta più vicino, quindi il marito e<br />

i figli, violenza delle donne su di<br />

sé”. “La famiglia, ‘cellula prima<br />

della società’, rifugio, santuario,<br />

fortezza, unione, risulta la sede<br />

delle peggiori sopraffazioni<br />

dell’uomo sulla donna e della<br />

donna sull’uomo.<br />

La coppia, nodo d’amore,<br />

attrazione, intesa e solidarietà<br />

risulta l’unione di due poli in<br />

perenne esplosivo<br />

cortocircuito”. Però, fra le<br />

stazioni della via crucis<br />

attraverso cui siamo condotti<br />

nelle inchieste, si dipana anche<br />

un altro filo: quello di<br />

un’apertura, di una<br />

consapevolezza, di un<br />

desiderio di lottare contro<br />

l’ipocrisia e i ceppi che<br />

bloccano la società, sicilianae<br />

non solo, assai più forti e<br />

diffuse nelle giovani donne<br />

rispetto alla maggior parte<br />

degli uomini. E questo è forse il<br />

motivo principale per cui<br />

Giuliana ha esplorato con tanto<br />

interesse l’universo femminile:<br />

era convinta di un suo valore<br />

aggiunto maturato nella<br />

compressione delle energie, di<br />

un ribollire magmatico sotto la<br />

crosta di un assetto sociale<br />

costituito in modo da tenere le<br />

donne a bada.<br />

Fotografia di Letizia Battaglia, Palermo, 2011<br />

Non si può etichettarla come<br />

femminista, visto che era molto<br />

critica rispetto a manifestazioni<br />

esagitate, astrattezze teoriche e<br />

tendenze alla lamentela, alla<br />

“cultura del piagnisteo”, da cui<br />

certo il movimento delle donne<br />

non è stato alieno, ma Giuliana<br />

condivideva in pieno con le<br />

femministe la contrapposizione<br />

alla cultura patriarcale.<br />

Era però estranea a qualsiasi<br />

forma di unilateralità e di<br />

fanatismo e vedeva anche bene<br />

come il maschilismo patriarcale<br />

prevedesse una complicità<br />

femminile nel mantenere<br />

inalterato il vecchio assetto<br />

familistico e nel perpetuare il<br />

soffocamento delle generazioni<br />

più giovani e di qualsiasi<br />

deviazione dalla norma.<br />

Non era una predicatrice e<br />

non perdeva mai l’aderenza<br />

delle parole a quello che la<br />

sua sensibilità registrava, per<br />

questo e per quella scafata<br />

ironia che le era connaturata<br />

non si riuscirebbe a trovare un<br />

solo suo scritto che scada<br />

nella retorica. Eppure la sua<br />

era una lotta quotidiana<br />

contro la volgarità, la<br />

grettezza, la sopraffazione,<br />

l’arroganza, l’ingiustizia.<br />

Giuliana aveva fiducia nelle<br />

parole, nella capacità delle<br />

parole di agire e di<br />

trasformare, ma aveva – come<br />

chi non si contenta di idee<br />

ricevute e certezze arroganti –<br />

più domande che risposte, per<br />

questo fare la giornalista e la<br />

scrittrice era proprio la sua.<br />

Più domande che risposte, ma<br />

le domande le sapeva<br />

impostare molto bene.<br />

18


succede<br />

Ridere e piangere<br />

a cura di Simona Mafai<br />

Da Genova alla Siria, da<br />

Gesù Cristo ad Allah<br />

Notizia su cui si potrebbe<br />

ironizzare, se non fosse tragica.<br />

Un ragazzo genovese (26 anni)<br />

si converte all’islamismo,<br />

frequenta gli uomini di Al<br />

Qaeda, e va in Siria a<br />

combattere con i “ribelli” anti<br />

Assad. Avido di avventure ed<br />

eroismi a buon mercato, viene<br />

ucciso, a migliaia di chilometri<br />

da casa. Pare che assieme a lui<br />

vi siano un centinaio di italiani.<br />

Perché sono lì, e per che cosa<br />

combattono? Delle tante<br />

osservazioni che si potrebbero<br />

fare in proposito, ne scelgo<br />

una sola. Si costituì tempo fa<br />

in Francia un’associazione<br />

“Amici della Siria”, che<br />

chiedeva ai governi occidentali<br />

di inviare armi a favore dei<br />

“ribelli”, in nome della libertà,<br />

della democrazia e dei diritti<br />

umani. I fondatori<br />

dell’Associazione, tra cui molti<br />

intellettuali validissimi,<br />

ripenseranno a ciò che hanno<br />

chiesto? Spesso persone<br />

entusiaste, con poca<br />

conoscenza della realtà e<br />

basandosi su informazioni<br />

superficiali e non sempre<br />

disinteressate, si entusiasmano<br />

per chiunque prenda in mano<br />

un’arma, ed individuano<br />

combattenti per la libertà<br />

anche dove, forse, vi sono solo<br />

faide opache.<br />

Ottimo esito la doppia<br />

preferenza<br />

Nelle ultime elezioni<br />

amministrative è stata applicata<br />

quasi ovunque la doppia<br />

preferenza di genere, con<br />

risultati più che lusinghieri. Le<br />

donne candidate in moltissimi<br />

comuni sono risultate in testa<br />

per numero di referenze. A<br />

Roma gli eletti con più<br />

preferenze sono state due<br />

donne: Sveva Belviso, del Pdl<br />

(11.000 voti), e Estella Marino,<br />

del Pd (9.200 voti). Così anche<br />

a Vicenza, Treviso, Avellino. Il<br />

neo eletto sindaco di Roma,<br />

Ignazio Marino, formerà una<br />

giunta con il 50% di donne.<br />

Lo ha preceduto l’anno scorso,<br />

applicando la stessa<br />

percentuale, il Presidente della<br />

Regione siciliana, Rosario<br />

Crocetta. Vi sono battaglie<br />

politiche che si conducono a<br />

fatica, pare con risultati<br />

minimi. Poi, come se la<br />

maturazione fosse proceduta<br />

sotto traccia, all’improvviso i<br />

risultati esplodono. La<br />

situazione attuale è<br />

imparagonabile rispetto a<br />

quella di venti anni fa. La<br />

presenza femminile nelle<br />

istituzioni cresce<br />

ininterrottamente; l’opinione<br />

pubblica l’accetta e la sostiene.<br />

Vedremo cosa porterà di<br />

nuovo e di buono, sia<br />

rendendo meno criptico e più<br />

umano il clima della politica,<br />

sia accelerando le tante attese<br />

riforme.<br />

Furti ai vertici dello Stato<br />

Casi di ruberie e corruzione in<br />

Italia sono all’ordine del giorno,<br />

e non vale la pena di elencarli.<br />

Ma gli scandali esplosi ai vertici<br />

dello Stato (al Ministero degli<br />

interni ed al Provveditorato<br />

delle Opere pubbliche)<br />

meritano una particolare<br />

sottolineatura. Tale Franco La<br />

Motta, già docente di diritto<br />

penale all’Università di Napoli,<br />

già prefetto, già numero 2 del<br />

Servizio segreto civile (Aisi), ecc.<br />

ecc., negli ultimi anni direttore<br />

centrale per l’amministrazione<br />

del Fec (Fondo per gli edifici di<br />

culto), è stato arrestato (a metà<br />

giugno) e messo in carcere per<br />

l’ammanco di dieci milioni di €<br />

(fate il conto in Lire!) spariti<br />

dalle casse del Viminale,<br />

attraverso illegali trasferimenti in<br />

banche straniere. Con la<br />

presunta complicità di uomini<br />

della camorra. Negli stessi giorni<br />

è stato posto sotto sequestro, in<br />

due riprese, un immenso<br />

patrimonio di Angelo Balducci,<br />

altissimo funzionario dello Stato,<br />

presidente del Consiglio<br />

superiore dei Lavori Pubblici,<br />

rinviato a giudizio alcuni mesi fa<br />

assieme al costruttore Anemone<br />

ed al più noto Bertolaso<br />

(inchiesta Grandi Eventi). Il<br />

patrimonio sequestrato,<br />

immobiliare e finanziario (tra<br />

l’altro una villa con piscina<br />

sull’Appia antica, una casa di<br />

campagna nelle Marche,<br />

automobili, quote societarie,<br />

ecc.), è stato valutato oltre<br />

tredici milioni di €. È stata<br />

applicata, nei suoi confronti, una<br />

recente norma di legge che<br />

prevede il sequestro “dei<br />

patrimoni accumulati<br />

sistematicamente in modo<br />

illegale”, equiparandoli ai<br />

patrimoni mafiosi.<br />

Chernobyl: dalla tragedia<br />

atomica a un’oasi naturale<br />

La zona più inquinata del<br />

mondo (l’area attorno a<br />

Chernobyl, ove esplose nel<br />

1986 una grande centrale<br />

nucleare) sta per diventare un<br />

parco naturale protetto, grazie<br />

all’impegno congiunto di due<br />

governi della ex-Unione<br />

sovietica. Nel corso degli anni<br />

successivi al disastro<br />

sorprendentemente, proprio<br />

nella “zona proibita” vietata<br />

agli uomini, hanno ritrovato<br />

vita piante ed animali<br />

ricresciuti con vigore.<br />

Dell’interessante progetto ha<br />

parlato il ministro<br />

dell’ambiente ucraino, Oleg<br />

Proskuryakov.<br />

Dalla guerra con le armi<br />

alla guerra con il web?<br />

In fondo non sarebbe una<br />

cattiva cosa. Sta di fatto che<br />

l’incontro tra Barack Obama e<br />

Xi Jinping, nuovissimo<br />

presidente della Cina, sembra<br />

aver avuto come tema centrale<br />

la definizione di regole sul<br />

cyber spazio, che oggi può<br />

essere considerato un teatro di<br />

guerra tecnologica. Attacchi<br />

informatici, eserciti di hacker<br />

schierati a rubare segreti da<br />

una parte all’altra, azioni di<br />

spionaggio nei rispettivi Big<br />

Data sembrano le componenti<br />

di una guerra che si combatte<br />

nell’ombra, e che<br />

richiederebbe nuove regole e<br />

nuove alleanze. Quasi una<br />

guerra nel dominio digitale:<br />

comunque, senza aerei da<br />

combattimento e senza sangue!<br />

Giuseppe La Rosa, 31<br />

anni, ucciso in un<br />

attentato in Afghanistan<br />

E non è stato il primo! Con il<br />

capitano La Rosa, sono 53 i<br />

militari italiani morti in<br />

Afghanistan dal 2004 ad oggi.<br />

Ne guardo uno per uno i volti<br />

pubblicati da un giornale il 9<br />

giugno: volti giovani, alcuni<br />

sorridenti, altri più duri e forse<br />

disperati. Sergenti, caporal<br />

maggiore, carabinieri, capitani<br />

tutti con un qualche progetto<br />

di vita davanti, stroncato<br />

brutalmente da una sorte,<br />

comunque messa in conto.<br />

Pochi giorni dopo il funerale<br />

di quest’ultima vittima, si viene<br />

a sapere che a Doha (capitale<br />

del Qatar) hanno aperto una<br />

sede ufficiale i talebani, che<br />

intenderebbero intavolare<br />

iniziali trattative (di pace? e a<br />

quali condizioni?) per<br />

normalizzare la situazione in<br />

Afghanistan. Kazar si appresta<br />

a parlamentare con loro tra<br />

dubbi, sospetti, e resistenze<br />

(molte proprio da parte delle<br />

donne). Un augurio<br />

comunque: che Giuseppe La<br />

Rosa sia l’ultima vittima della<br />

guerra che sconvolge da<br />

decenni quella martoriata<br />

regione.<br />

Migliora la vita sulla terra?<br />

È incredibile, ma alcuni dati<br />

della Banca mondiale dicono<br />

di sì. Nel 2000 le Nazoni Unite<br />

lanciarono il Millennium<br />

Development Goal: otto<br />

obbiettivi da raggiungere entro<br />

il 2015 per migliorare la vita<br />

sulla terra. Ed alcuni sembrano<br />

essere stati parzialmente<br />

raggiunti. Nel 2000 i giovani e<br />

le giovani dei (cosiddetti) paesi<br />

in via di sviluppo che<br />

completavano la scuola<br />

primaria, erano l’80%. Oggi<br />

sono il 90%. I bambini che<br />

muoiono prima dei cinque<br />

anni. Nel 2000 erano 12<br />

milioni, e l’obbiettivo era la<br />

riduzione di due terzi. Nel<br />

2012 sono stati 7 milioni; e la<br />

mortalità infantile resta una<br />

delle piaghe più difficili da<br />

affrontare. La popolazione che<br />

ha accesso a una fonte d’acqua<br />

è passata – tra il 1990 e il 2010<br />

– dal 71% all’86%. Restano<br />

ancora molto insoddisfacenti i<br />

dati relativi al numero delle<br />

donne che muoiono per parto<br />

(ancora 287.000 in tutto il<br />

mondo nel 2010) e il freno alla<br />

diffusione dell’Aids, malaria ed<br />

altre malattie.<br />

Piccola richiesta ai<br />

dirigenti del Pd<br />

Si può sperare che gli<br />

esponenti del Pd – dirigenti di<br />

partito e ministri – smettano di<br />

usare nei loro discorsi metafore<br />

calcistiche (anche in inglese!),<br />

con cui forse fanno l’occhiolino<br />

ai frequentatori dei bar Sport,<br />

ma che risultano indecifrabili<br />

per milioni di donne non<br />

appassionate di calcio?<br />

19


succede<br />

Raccontare a testa alta, come gente che ha vinto<br />

Un intervento di Alessandra Clemente, assessore a Napoli e figlia di una vittima di camorra.<br />

20<br />

Gisella Modica<br />

“L<br />

a mia resistenza è nel<br />

mio Dna, è nel sorriso<br />

idi mia imadre che<br />

riusciva a spostare le montagne.<br />

Il valore della memoria e il fatto<br />

di non sentirmi sola hanno<br />

alimentato la mia forza per<br />

insistere ed esistere per il futuro.<br />

Il mio desiderio è trasformare<br />

tutto ciò che è accaduto in<br />

qualcosa che assomigli a mia<br />

madre, che non sia l’ingiustizia<br />

della violenza. Desiderio che si è<br />

concretizzato nella creazione di<br />

una fondazione che porta il suo<br />

nome, rivolta ai minori a rischio,<br />

come il ragazzo che ha ucciso<br />

mia madre. L’ho fatto per<br />

costruire un senso a qualcosa che<br />

un senso non aveva, perché la<br />

morte di un innocente non può<br />

avere un senso. Per potere<br />

raccontare la storia di mia madre<br />

a quei ragazzi che, inconsapevoli,<br />

scelgono la criminalità;<br />

condividere con loro<br />

considerazioni semplici, del tipo:<br />

la camorra a me ha tolto mamma,<br />

a te la libertà, cosa vogliamo fare<br />

domani insieme? Mi fa<br />

arrabbiare sentire dire che tanto<br />

è tutto inutile, che tanto niente<br />

cambia, questo offende la<br />

memoria di mia madre, il suo<br />

Di lei si è ricominciato a<br />

parlare solo da quando<br />

la sorella ha deciso di<br />

intraprendere un cammino<br />

difficile, tutto in salita, contro la<br />

rimozione del passato per il<br />

recupero della memoria. Non è<br />

una storia siciliana, ma<br />

tipicamente del Sud, di quel<br />

meridione che spesso tende a<br />

dimenticare dando spazio<br />

all’oblio. Questa é la storia della<br />

piccola Simonetta Lamberti,<br />

rimasta uccisa il 29 maggio del<br />

1982 in un agguato camorristico<br />

ai danni di suo padre, l’ex<br />

magistrato Alfonso Lamberti,<br />

allora procuratore capo di Sala<br />

Consilina, nei pressi di Cava dei<br />

Tirreni. Piccola, si piccola,<br />

perché aveva 11 anni, e stava<br />

appena sbocciando alla vita.<br />

Simonetta muore in un giorno in<br />

cui non poteva che essere felice.<br />

Stava tornando da una gita al<br />

mare fatta con il suo papà a<br />

Vietri, e non vedeva l’ora di<br />

raccontare quella sua esperienza<br />

alla mamma e al fratellino di<br />

appena un anno più grande di<br />

lei. Era stata bella quella giornata<br />

per Simonetta e nessuno<br />

gliel’avrebbe potuta guastare.<br />

sorriso, il suo diritto alla vita;<br />

offende chi ha la voglia di<br />

canalizzare la rabbia in voglia di<br />

cose migliori, che assomiglino a<br />

mia madre, uscire dalla mediocrità<br />

dell’indifferenza e della<br />

rassegnazione. Raccontare storie<br />

come quelle di mia madre o come<br />

quelle di Teresa Bonocore che ha<br />

denunciato gli stupratori della<br />

figlia e per questo è stata uccisa, e<br />

raccontarle bene, a testa alta,<br />

come di gente che ha vinto. Tutte<br />

le storie di giustizia devono essere<br />

raccontate bene, perché se siamo<br />

in grado di sentire l’ingiustizia, di<br />

avere fino in fondo questo tipo di<br />

sensibilità scomoda, perché ti fa<br />

sentire diversa, credi che non è<br />

tutto inutile, che puoi nel tuo<br />

piccolo, con le tue relazioni, fare<br />

la differenza. Chi è vittima di una<br />

violenza come questa ha anche<br />

diritto al dolore, non per<br />

compassione, ma, se fatto con<br />

sobrietà, per esercizio di<br />

responsabilità. Solo quando la tua<br />

ferita diventa la ferita di tutta la<br />

città allora si è realizzata la vera<br />

giustizia sociale. Ho scelto di<br />

laurearmi in legge e quando vedo<br />

ragazzi di 18, 20 anni che hanno<br />

compiuto atti criminali penso<br />

che, sì, è giusto che vengano<br />

Anche se si sapeva che il giudice<br />

Lamberti era nel mirino della<br />

camorra, nessuno poteva mai<br />

pensare che potesse succedere<br />

qualcosa di così atroce.<br />

“Mio padre dava fastidio –<br />

racconta Simonetta Serena, oggi<br />

facente parte del ‘Coordinamento<br />

Campano Familiari Vittime<br />

Innocenti delle mafie’ –, quindi<br />

sarebbe stato logico prevedere<br />

determinate misure di sicurezza.<br />

Mia sorella non è assolutamente<br />

morta ‘per caso’, nonostante uno<br />

dei proiettili diretti a lui, che lo<br />

ha ferito, abbia deviato la<br />

traiettoria, colpendo lei alla<br />

tempia e non dandole scampo.<br />

Ma quando mai una fatalità! Si<br />

sapeva che mio padre era seguito<br />

da mesi”. Che Lamberti fosse<br />

stato preso di mira lo confermano<br />

le dichiarazioni del pentito<br />

Antonio Pignataro, l’unico<br />

indagato rimasto in vita,<br />

autoaccusatosi di avere fatto parte<br />

di quel commando omicida,<br />

afferente all’ampio schieramento<br />

riferito proprio a Cutolo, capo<br />

della Nuova Camorra<br />

Organizzata, che aveva deciso di<br />

levare di mezzo il magistrato che,<br />

con le sue indagini, stava dando<br />

assicurati alla giustizia, però il<br />

vero concetto di giustizia è<br />

quando le realtà che ha prodotto<br />

queste ferite va a modificarsi. Per<br />

questo ho deciso di portare le<br />

mie competenze, le mie<br />

sensibilità al servizio della città,<br />

sentirsi uno strumento,<br />

ricordandosi che Dio esiste ma<br />

non sei tu”.<br />

Ho voluto riportare per intero<br />

l’intervento di Alessandra<br />

Clemente, 26 anni, neoassessore al<br />

comune di Napoli, e figlia di Silvia<br />

Ruotolo, vittima innocente di<br />

camorra, fatto al convegno “I sud,<br />

le mafie: le donne si raccontano”<br />

promosso dalla Casa<br />

Internazionale delle donne,<br />

insieme a Libera, Dasud e dalla<br />

Società Italiana delle Letterate<br />

perché è un modo per raccontare<br />

da donna, il sud, non solo come<br />

valore di testimonianza, ma per<br />

individuare nuove pratiche<br />

politiche che facciano presa sul<br />

territorio, di fronte alle<br />

trasformazioni delle mafie.<br />

Eppure definirsi donna del sud<br />

ancora fa ostacolo. Racconti come<br />

quello di Alessandra, o di<br />

Elisabetta Tripodi, che ha scelto<br />

di fare la sindaca di Rosarno “per<br />

dare alle bambine dei modelli<br />

Simonetta, morta un giorno in cui era felice<br />

Gilda Sciortino<br />

fastidio al cutoliano Francesco<br />

Apicella. Avrebbe dovuto avere la<br />

scorta, Lamberti. Anche per<br />

andare al mare. Finalmente nel<br />

1986 il primo processo, alla fine<br />

del quale vengono condannati<br />

Apicella e i cutoliani Carmine Di<br />

Girolamo e Salvatore Di Maio,<br />

ma solo il primo di questi tre sarà<br />

riconosciuto alla guida della Fiat<br />

127, dalla quale verranno esplosi i<br />

colpi mortali, e condannato<br />

all’ergastolo. Pena annullata nel<br />

processo d’appello dell’anno<br />

successivo, perché sembra che i<br />

testimoni non fossero più<br />

attendibili. Nel frattempo, l’unico<br />

responsabile di quanto accaduto<br />

muore e gli indagati scompaiono.<br />

Nonostante il silenzio caduto su<br />

questa storia, lei, Serena, non si é<br />

mai demoralizzata, credendo<br />

sempre nel valore della denuncia<br />

e dell’impegno. Anche se,<br />

inevitabilmente, dai suoi<br />

familiari, non ha mai avuto<br />

l’appoggio che meritava.<br />

“Io sono nata un anno dopo la<br />

sua morte, in una famiglia già<br />

distrutta, scomparsa con<br />

Simonetta quel maledetto giorno.<br />

Mia madre si è sin da subito<br />

chiusa nel suo dolore,<br />

femminili da imitare”; o di<br />

Carmela Lanzetta, sindaca di<br />

Monasterace, parlano di donne<br />

consapevoli che vivere al sud è<br />

convivere col dolore della perdita<br />

e la paura del sequestro, ma spinte<br />

dall’amore per la propria terra<br />

mettono in gioco tutte se stesse.<br />

Storie che al di là della resistenza,<br />

mostrano un modo di essere e di<br />

fare difficilmente declinabile per<br />

intero nelle forme della<br />

rappresentanza istituzionale, e<br />

invitano a “ripensare forme di<br />

democrazia incarnata che tengano<br />

conto dei corpi di donne” (Emma<br />

Baeri). Storie che invitano a<br />

ripensare al sud non come<br />

svantaggio, ma come punto di<br />

forza per una trasformazione<br />

politica: “per chi guarda dal<br />

margine, punto d’intersezione di<br />

derive opposte che si<br />

mescolano… è più facile gettare<br />

uno sguardo più acuto, capace di<br />

cogliere punti di contatto e di<br />

condivisione tra i due estremi”<br />

scrive Maria Attanasio,<br />

richiamando alla memoria le<br />

scrittrici postcoloniali che hanno<br />

riportato al centro ciò che stava ai<br />

margini, trasformandolo da luogo<br />

di esclusione in luogo di<br />

resistenza.<br />

trasformandolo in un amore<br />

sconfinato nei confronti dei suoi<br />

studenti. Mio padre per due anni<br />

è stato preda della follia, e ancora<br />

oggi vive di fortissimi rimorsi.<br />

Quando sono arrivata, ho trovato<br />

il nulla. È ovvio che non ne<br />

faccio una colpa ai miei genitori,<br />

ognuno stava vivendo quel<br />

dolore come poteva, anche se<br />

purtroppo allontanandosi l’un<br />

dall’altro. Perché hanno deciso di<br />

mettere al mondo un altro figlio?<br />

Perché volevano avere<br />

nuovamente Simonetta, errore<br />

enorme che ha pesato su tutti<br />

noi. Così, in me c’è sempre stato<br />

il gran senso di colpa di non<br />

essere lei, con la consapevolezza<br />

che non potrò mai esserlo. Penso,<br />

poi, sempre che sono viva perché<br />

mia sorella è morta. In più, porto<br />

anche il suo nome. Questa morte<br />

non ha mai avuto un senso ma se,<br />

raccontandola, potrò fare capire<br />

a quei giovani che hanno come<br />

idoli i boss e questo mondo che<br />

la camorra fa tanto schifo da<br />

arrivare a uccidere una bambina,<br />

magari potranno intravedere<br />

un’altra strada da percorrere. È il<br />

significato che ho dato io a<br />

questa storia”.


succede<br />

Il Progetto Itaca è sbarcato a Palermo<br />

Un porto, fra orti e giardini, per chi vive il disagio psichico<br />

Rosemarie Tasca d’Almerita<br />

Adesso il Progetto Itaca<br />

Palermo è davvero<br />

iarrivato a destinazione,<br />

è sbarcato sul lido di Itaca come<br />

volevamo, abbiamo una sede ed<br />

è bellissima! È Villa Adriana in<br />

via San Lorenzo, una bella<br />

costruzione del ’700 che<br />

appartiene alle Suore<br />

Francescane Missionarie di<br />

Assisi. Fu loro donata nel secolo<br />

scorso e oggi vi sono solo<br />

cinque suore gentilissime che<br />

abitano in circa 1600mq.<br />

Grazie ad uno dei nostri<br />

consiglieri, l’Architetto Beppe<br />

Barresi, che ci ha segnalato<br />

questa situazione, la nostra<br />

Presidente Rosalia Camerata<br />

Scovazzo si è messa in moto,<br />

come sa fare lei, e in due anni è<br />

riuscita non solo a concludere<br />

un contratto di comodato d’uso<br />

con la Madre Generale, ma ha<br />

realizzato il progetto e ha aperto<br />

Con una delibera dell’11<br />

aprile 2013 il Consiglio<br />

Comunale si è impegnato<br />

a far diventare Palermo una<br />

“Città Amica dei Bambini”,<br />

assumendo l’impegno di mettere<br />

in atto azioni concrete a<br />

sostegno dell’infanzia.<br />

Un’iniziativa dell’Unicef alla<br />

quale hanno aderito altre città<br />

italiane e che dovrebbe garantire<br />

modi nuovi di pensare la città,<br />

che ne faccia un luogo di<br />

crescita, di esperienza, di<br />

sicurezza, di partecipazione per i<br />

bambini e le bambine.<br />

Come associazioni, movimenti e<br />

comitati di genitori di Palermo<br />

da tempo chiediamo un diverso<br />

approccio alla progettazione<br />

della città, un approccio che<br />

inserisca il punto di vista dei<br />

bambini nei processi decisionali<br />

relativi al territorio, alle scelte di<br />

bilancio e per lo sviluppo, alla<br />

comunicazione e al sostegno<br />

delle buone pratiche.<br />

La delibera del Consiglio ci è<br />

sembrata un’occasione per<br />

chiedere la sottoscrizione di un<br />

documento che sostenga questo<br />

processo di cambiamento.<br />

La città di Palermo ha sempre<br />

più bisogno di atti concreti che<br />

mettano al centro della politica e<br />

dell’amministrazione i bambini e<br />

la Clubhouse Villa Adriana il 6<br />

Maggio.<br />

La Clubhouse è un’istituzione<br />

nata a New York nel 1948,<br />

quando un piccolo gruppo di<br />

operatori psichiatrici volle<br />

cambiare il modo di vivere dei<br />

malati psichiatrici rinchiusi per<br />

anni negli ospedali in<br />

giganteschi reparti. La prima<br />

Clubhouse europea è nata in<br />

Svezia dove ce ne sono ben<br />

nove e oggi nel mondo ce ne<br />

sono 340. Nel 2005 a Milano un<br />

gruppo di volontari ha rilevato<br />

il “sistema” e oggi in Italia si<br />

contano quattro Clubhouse,<br />

mentre altre tre sono in<br />

procinto di aprire.<br />

La Clubhouse è un luogo<br />

d’incontro con un programma<br />

rivolto a persone con una storia<br />

di disagio psichico e che<br />

abbiano rapporti continuativi di<br />

cura, un’opportunità per i soci<br />

di sviluppare le proprie<br />

potenzialità, sostenuti dagli<br />

operatori presenti tutto il giorno<br />

fianco a fianco con loro. Ma gli<br />

operatori sono in numero<br />

esiguo, sono i soci che mandano<br />

avanti la casa: la mattina fanno<br />

un briefing con la direttrice,<br />

Roberta Vitale, e decidono<br />

insieme il programma della<br />

giornata.<br />

I soci vengono spontaneamente,<br />

per uscire dal loro quotidiano<br />

triste e depressivo di persone<br />

chiuse in casa senza<br />

frequentazioni né relazioni<br />

sociali, e trovano nella<br />

clubhouse la forza di<br />

ricominciare a pensare positivo,<br />

essere attivi e ritrovare il sorriso.<br />

Il Progetto Itaca Palermo<br />

organizza anche corsi di<br />

formazione e sostegno ai<br />

familiari, gruppi di supporto<br />

con il metodo dell’Auto-Aiuto,<br />

Bambini misura di città<br />

le bambine. Ci vogliamo battere<br />

perché le ragioni finanziarie non<br />

abbiano la meglio su quelle<br />

educative.<br />

Dai servizi educativi agli spazi di<br />

aggregazione per bambini e<br />

adolescenti, bisogna avere il<br />

coraggio di impegnarsi per<br />

promuovere un cambiamento.<br />

Vorremmo che la partecipazione<br />

che l’Amministrazione chiede ai<br />

cittadini si accompagni ad una<br />

comprensione dei significati<br />

profondi di questa parola, ad<br />

un’educazione alla partecipazione<br />

e al bene pubblico (che sia uno<br />

spazio della città, un servizio, una<br />

strada, un giardino, un gioco) che<br />

devono tradursi e trasformarsi in<br />

scelte e azioni concrete.<br />

Abbiamo allora scritto un<br />

documento fatto di pochi e non<br />

semplici, ma possibili, punti da<br />

realizzare. Ad elaborarlo sono<br />

stati diversi soggetti collettivi,<br />

associazioni e singoli cittadini,<br />

attivi nelle pratiche di utilizzo,<br />

trasformazione e partecipazione<br />

della città. Soggetti che, in<br />

misura e tempi differenti, hanno<br />

osservato e agito confrontandosi<br />

con la miopia politica delle<br />

amministrazioni.<br />

Oltre alla dimensione ludica<br />

dello spazio della città<br />

vorremmo porre l’attenzione sul<br />

Ilaria Esposito<br />

diritto alla città, su quegli<br />

elementi dello spazio urbano<br />

che, come il gioco, sono forme<br />

possibili di partecipazione.<br />

L’immaginario urbano dovrà<br />

però tenere conto di una misura<br />

precisa che, dal gioco alla<br />

mobilità, dovrà garantire<br />

l’inclusione dei bambini e delle<br />

bambine.<br />

Una sfida nuova, per certi versi<br />

divertente, ma molto<br />

impegnativa.<br />

L’inconciliabilità tra le previsioni<br />

a lungo termine e lo spazio<br />

duttile e continuamente in<br />

movimento che la presenza dei<br />

bambini e delle bambine ci<br />

obbliga a rivedere, dovrà per<br />

forza di cose determinare nuove<br />

regole di appartenenza, nuove<br />

riqualificazioni degli spazi<br />

pubblici che, adottando la<br />

misura dei bambini e delle<br />

bambine, permetterebbero di<br />

migliorare la vita di tutti e tutte.<br />

I punti del documento che<br />

abbiamo fatto girare nelle nostre<br />

reti allargate riguardano i<br />

seguenti punti:<br />

1- politiche educative- pratiche<br />

educative per le famiglie;<br />

progettazione dei servizi<br />

educativi e scolastici comunali<br />

che tenga conto di un approccio<br />

pedagogico comune.<br />

corsi di formazione per<br />

volontari, prevenzione nelle<br />

scuole.<br />

La parte di Villa Adriana che<br />

oggi ospita il Progetto Itaca<br />

consiste in poco più di 400mq al<br />

piano terra, con uso di un pezzo<br />

del giardino per coltivare orto e<br />

fiori. Il restauro è stato seguito<br />

dall’architetto Angela Persico,<br />

con grande gusto nella scelta dei<br />

colori, nella sistemazione degli<br />

spazi interni, negli impianti, e<br />

soprattutto senza togliere nulla<br />

al fascino di ciò che erano i<br />

locali prima del restauro.<br />

Il Progetto Itaca Palermo è una<br />

Onlus e vive di raccolta fondi<br />

perché l’iscrizione alla<br />

Clubhouse Villa Adriana è<br />

assolutamente gratuita.<br />

Aiutateci. Il nostro recapito è:<br />

Villa Adriana, Via San Lorenzo<br />

280, tel. 091-6714510 /<br />

3347880152.<br />

2- istituzione di una<br />

commissione aperta in grado di<br />

gestire a più livelli percorsi di<br />

progettazione partecipata che<br />

prevedano il contributo di<br />

bambini e bambine<br />

3- valorizzazione di spazi di<br />

incontro spontaneo e di gioco<br />

organizzato come luoghi di<br />

socializzazione e appropriazione<br />

ludica dello spazio della città.<br />

4- la revisione dei regolamenti<br />

comunali nei casi in cui non sia<br />

prevista la presenza di articoli<br />

che salvaguardino i diritti dei<br />

bambini nelle città.<br />

5- controlli sulla sicurezza e sulla<br />

progettazione degli ambienti<br />

scolastici, dei giardini e dei<br />

cortili delle scuole e dei giochi.<br />

6- la promozione di una mobilità<br />

sostenibile attraverso campagne<br />

di sensibilizzazione, iniziative<br />

pubbliche, corsi di educazione,<br />

favorendo l’istituzione e<br />

l’organizzazione di bicibus e<br />

pedibus, inserendo misure di<br />

contenimento e rallentamento<br />

del traffico in prossimità degli<br />

ingressi nelle scuole e degli asili.<br />

7- una comunicazione chiara,<br />

continua ed efficace sui servizi e<br />

la cultura dell’infanzia del<br />

comune di Palermo.<br />

In molti hanno sottoscritto il<br />

documento.<br />

21


succede<br />

Contro la crisi mettiamoci in comune<br />

Gisella Modica<br />

Come stanno reagendo in<br />

Sicilia e a Palermo<br />

individui singoli o<br />

associati, per fare fronte alle<br />

misure di austerità che ci<br />

vengono presentate come<br />

ineluttabili?<br />

Se n’è parlato a Palermo alla<br />

conferenza “Mettere in<br />

comune per combattere<br />

impoverimento e precarietà”.<br />

Un’occasione per censire<br />

esperienze in corso contro la<br />

crisi (in tutto 54) in un libretto<br />

- una sorta di work in progress<br />

dal titolo “Mettere in comune:<br />

storie di cose fatte insieme”,<br />

curato da Re Federico<br />

Coworking, comunità attiva a<br />

Palermo. Esperienze che ci<br />

mostrano un’altra faccia della<br />

crisi, vissuta come<br />

opportunità, occasione per<br />

sperimentare e imporre<br />

un’economia ecosolidale, che<br />

rifiuta il perseguimento del<br />

profitto ad ogni costo.<br />

Spaziano dal servizio di start<br />

up per le imprese (Cre_Zi),<br />

alla raccolta differenziata<br />

(Ecopunto); dal servizio di<br />

ecologia del quotidiano<br />

(Gentilgesto), alla condivisione<br />

di cibo (Food Share); dalla<br />

ludoteca (Madre Teresa), alla<br />

“Casa di tutte le genti”<br />

provenienti da diversi paesi,<br />

un asilo nido collettivo.<br />

Si tratta di iniziative<br />

accomunate dalla ricerca di<br />

stili di vita che mettono al<br />

primo posto la solidarietà e la<br />

creatività, mettendo in<br />

comune beni materiali e<br />

immateriali, spazi e servizi,<br />

attraverso forme condivise di<br />

co-gestione e co-produzione.<br />

L’iniziativa fa parte del<br />

progetto europeo<br />

“Responding Together”,<br />

patrocinato dal Comune di<br />

Palermo, e promosso dalla<br />

Divisione Coesione Sociale del<br />

Consiglio d’Europa, che si<br />

ripropone appunto di<br />

diffondere esperienze e<br />

pratiche di “risposta<br />

collettiva” alla crisi in Europa.<br />

A partire dalla mappatura di<br />

realtà che stanno già<br />

sperimentando questo tipo di<br />

azioni, il progetto vuole<br />

costruire un momento di<br />

confronto con le<br />

amministrazioni del territorio,<br />

con lo scopo di renderle<br />

riproducibili (interessante il<br />

fatto che comprenda e<br />

valorizzi anche azioni<br />

“anomale”, al confine tra<br />

legale e illegale, perché si<br />

svolgono in luoghi “occupati”).<br />

A monte di tutto questo c’è un<br />

nuovo concetto di povertà, la<br />

“povertà relazionale”, come la<br />

definisce il Consiglio<br />

d’Europa. Partendo dal<br />

presupposto che il problema<br />

oggi non è solo la quantità<br />

delle risorse, ma la sua<br />

redistribuzione, la povertà non<br />

viene più parametrata solo al<br />

bisogno materiale, ma al<br />

Ho conosciuto il<br />

Barone Rampante.<br />

L’ho incontrato a<br />

Catania durante una calda<br />

giornata d’aprile. Presentava<br />

il suo libro: Cucinare il<br />

giardino (le ricette di<br />

Libereso). Il suo vero nome è<br />

Libereso Gugliemi. Ha 88<br />

anni, una candida<br />

capigliatura, lo sguardo vivace<br />

e attento e la mano ancora<br />

precisa e rapida quando<br />

disegna. Un signore senza<br />

tempo, che ha un sacco di<br />

cose da insegnare. A partire<br />

dalle storie curiose che stanno<br />

dietro ogni piccola pianta,<br />

fino ai grandi pensieri<br />

filosofici sul senso della vita e<br />

sulla ricerca della felicità.<br />

Libereso è vegetariano da tre<br />

generazioni, fanno parte della<br />

sua dieta i fiori di cui conosce<br />

proprietà e virtù oltre che<br />

tante buonissime ricette. Ci<br />

invita ad assaggiare i petali<br />

dell’Echium campestre che ha<br />

appena raccolto, un’erbaccia i<br />

cui fiori sono da mangiare,<br />

come quelli delle<br />

margheritine di campo con le<br />

cui foglie e fiori, ci spiega, si<br />

può fare un’appetitosa<br />

insalata.<br />

Figlio di un anarchico<br />

appassionato di esperanto, di<br />

famiglia povera, Libereso è<br />

conosciuto come il<br />

“giardiniere di Calvino”. Nato<br />

a Bordighera, infatti, venne<br />

notato da Mario Calvino,<br />

padre di Italo, e invitato<br />

giovanissimo a lavorare nella<br />

Stazione botanica<br />

desiderio di socialità, di<br />

bellezza, di informazione, di<br />

cultura, di memoria. Insomma<br />

al desiderio di senso.<br />

Non è un caso che molte delle<br />

protagoniste di queste<br />

pratiche sono giovani mamme<br />

e giovani padri interessati a<br />

pratiche di condivisione per<br />

l’educazione dei figli, dove<br />

l’elemento più importante non<br />

è la competenza professionale,<br />

ma l’affettività. Un esempio<br />

particolarmente interessante è<br />

costituito dall’esperienza di<br />

co-housing “Comunità La<br />

sperimentale che questi<br />

dirigeva a Sanremo. Molti<br />

anni dopo, senza conoscere<br />

l’inglese e senza studi<br />

superiori, vincerà un concorso<br />

per direttore di uno dei<br />

giardini reali d’Inghilterra,<br />

perché unico tra i candidati a<br />

sapere tutti i nomi delle<br />

piante in latino. Rimane così<br />

per molti anni in Inghilterra.<br />

La sua continua ricerca lo ha<br />

portato a girare il mondo<br />

scoprendo nuove piante,<br />

culture e biodiversità<br />

ovunque; oggi prosegue la sua<br />

attività insegnando a<br />

disegnare le piante ai bambini<br />

delle elementari, tiene<br />

conferenze in giro per l’Italia,<br />

senza mai trascurare la sua<br />

piccola oasi sotto casa, la sua<br />

“Giungla”, scrive articoli e<br />

libri; insomma un libero<br />

pensatore che incanta chi ha<br />

la fortuna di ascoltarlo e<br />

divulga amore e rispetto per<br />

la natura.<br />

L’altra “maestra” di Libereso<br />

è stata Eva Mameli, moglie di<br />

Mario Calvino, la prima<br />

donna a laurearsi in Scienze<br />

naturali in Italia e a vincere<br />

una cattedra di Botanica. I<br />

coniugi Calvino, tornati da<br />

Cuba – dove lui diresse una<br />

stazione sperimentale per la<br />

canna da zucchero e lei il<br />

Dipartimento di Botanica di<br />

Santiago de la Vegas –<br />

crearono insieme la Stazione<br />

botanica.<br />

Oggi Villa Meridiana, dove<br />

Italo visse con i genitori, non<br />

esiste più. A rimpiangerla è<br />

Zattera”, misurata non solo<br />

sul vantaggio del mettere<br />

insieme lo stipendio, ma dal<br />

desiderio di mettere in<br />

comune le proprie vite.<br />

Queste pratiche, che non<br />

vogliono essere intrappolate<br />

nelle forme del terzo settore,<br />

chiedendo il riconoscimento<br />

della Pubblica<br />

Amministrazione intendono<br />

anche traghettare la<br />

democrazia verso forme meno<br />

rappresentative e più<br />

partecipate, riappropriandosi<br />

dal basso della politica.<br />

Le ricette del giardiniere di Calvino<br />

Leontine Regine<br />

soprattutto Libereso: “Per<br />

conoscere Italo bisogna<br />

conoscere la sua famiglia”, ha<br />

spiegato infatti durante<br />

l’incontro, “con Mario<br />

facevamo molti esperimenti<br />

nel suo giardino: ne vennero<br />

fuori piante rare. Ma oggi non<br />

è rimasto niente. E sui resti di<br />

Villa Meridiana hanno<br />

costruito un parcheggio”<br />

conclude con amarezza.<br />

Libereso è anche il<br />

protagonista di uno dei primi<br />

racconti di Calvino, Un<br />

pomeriggio, Adamo, che apre<br />

la raccolta Ultimo viene il<br />

corvo. La prima pagina ci<br />

presenta il nuovo giardiniere<br />

di casa Calvino, un ragazzo di<br />

15 anni, si chiama Libereso,<br />

che, in esperanto, significa<br />

Libertà. Sono cose che<br />

veniamo a sapere da lui,<br />

mentre nel racconto parla con<br />

Marianunziata, la ragazza che<br />

lavora in cucina. Il ragazzo le<br />

fa visitare il giardino;<br />

Libereso è di una miracolosa<br />

naturalezza: scava nella terra e<br />

prende lombrichi, accarezza<br />

rospi, prende cetonie,<br />

ramarri, bisce. Fa di tutto per<br />

regalarle qualcosa.<br />

Mentre racconta non smette<br />

di disegnare, con un tratto<br />

rapido e sapiente disegna in<br />

pochi secondi fiori, piante,<br />

gentili e delicati personaggi<br />

che popolano il suo mondo<br />

incantato.<br />

Mi regala il disegno di un<br />

piccolo fiore con l’augurio di<br />

un futuro di poesia e di<br />

amore.<br />

22


succede<br />

Le escluse dalla modernità emancipata<br />

Il femminismo diverso delle donne indigene dell’America Latina<br />

Giovanna Minardi<br />

Nel mio ultimo<br />

soggiorno a<br />

Città del<br />

Messico, grazie alla<br />

femminista italomessicana<br />

Francesca<br />

Gargallo, ho<br />

conosciuto Lorena<br />

Cabnal, una<br />

femminista mayaxinka<br />

del Guatemala.<br />

L’incontro con questa<br />

donna indigena,<br />

sorridente, umile, di<br />

poche parole si è<br />

rivelato per me<br />

luminoso, in quanto le<br />

sue misurate parole mi<br />

hanno permesso di<br />

addentrarmi nella<br />

complessa analisi<br />

femminista fatta da<br />

donne che vivono in<br />

contesti in cui la realtà<br />

indigena e quella<br />

coloniale si mescolano,<br />

s’intrecciano,<br />

sovrappongono,<br />

costruendo false<br />

complicità e inevitabili<br />

incomprensioni, sia<br />

con gli uomini delle<br />

proprie comunità (con<br />

cui condividono una storia di<br />

saccheggi e di oppressione) sia<br />

con alcune femministe mestizas,<br />

bianche (con le quali<br />

condividono una storia di<br />

vessazioni patriarcali). Lorena<br />

mi manifesta apertamente il suo<br />

disaccordo con l’imposizione di<br />

criteri femministi egemonici,<br />

anche se riconosce d’aver<br />

appreso molto dalle varie<br />

correnti femministe<br />

nordamericane ed europee,<br />

soprattutto il fatto di<br />

riconoscersi come una “soggetta<br />

epistemica” e, pertanto, pensarsi<br />

dal corpo e nello spazio dove<br />

convive con altre/i per tessere<br />

idee femministe. Ma rimprovera<br />

a noi femministe bianche di non<br />

voler vedere spesso quanto i<br />

femminismi indigeni stiano<br />

apportando al movimento<br />

femminista nel mondo.<br />

Oggi le donne maya, aymara,<br />

quechua sostengono che la<br />

modernità non è lo spazio dal<br />

quale pensarsi, poiché non si<br />

riconoscono nella linearietà del<br />

tempo, nel colonialismo delle<br />

leggi di stato e nel razzismo<br />

che in America è stato sempre,<br />

e necessariamente, sessista.<br />

Queste donne sono<br />

profondamente impegnate nel<br />

nominare dalle loro lingue e<br />

dalle loro cosmovisioni<br />

categorie e concetti che<br />

servono loro per analizzare le<br />

proprie realtà storiche di<br />

oppressione, ma anche di<br />

liberazione, come donne<br />

indigene, campesinas, rurali.<br />

Queste donne sono ancora “le<br />

escluse” per eccellenza dal<br />

programma della modernità<br />

emancipata, poiché<br />

appartengono a nazioni i cui<br />

stessi uomini sono stati espulsi<br />

da tale teoria storica. Solo i<br />

municipi indigeni autonomi del<br />

Chiapas, alcuni municipi<br />

indigeni della Colombia,<br />

coordinati dalla rete Nasakiwe<br />

Tegnas (Guardie indigene),<br />

l’organizzazione sociale e<br />

politica della Confederación de<br />

Nacionalidades Indígenas<br />

(Conaie) dell’Ecuador<br />

costituiscono delle società che si<br />

auto rappresentano. Tutti gli<br />

altri popoli indigeni vivono un<br />

controllo etnico da parte del<br />

sistema nazionale che si<br />

manifesta nella negazione del<br />

loro potere giuridico e in una<br />

virtuale delega della loro<br />

cittadinanza. In questo contesto,<br />

assume un valore ancora più<br />

forte il lavoro che stanno<br />

facendo le donne indigene di<br />

AbyaYala (nome dell’America<br />

Latina), che, dalle loro<br />

comunità, generano conoscenze<br />

Fotografia di Shobha, Prostitute Thai<br />

La Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE) è un’organizzazione autonoma,<br />

indipendente da qualsiasi tipo di governo al potere, da partiti politici, o istituzioni religiose<br />

estranee alla comunità, si è costituita nel 1986 in Ecuador ed è composta da 14 nazionalità e 18<br />

popoli indigeni. Essa promuove la lotta sociale per sviluppare una nuova forma di democrazia partecipativa<br />

e diretta, uguaglianza sociale, sostiene l’accesso a un’educazione di qualità, gratuita e riflessiva<br />

per tutti, senza discriminazione nel rispetto e garanzia dei diritti collettivi dei popoli indigeni.<br />

“Siamo come la paglia dell’altopiano (páramo) che, anche se si strappa,<br />

torna a crescere e di paglia del páramo ricopriremo il mondo”<br />

Dolores Cacuango, leader indigena, 1945<br />

sulla propria realtà come donne<br />

che possiedono una presenza,<br />

una voce e un protagonismo nel<br />

mondo. Il femminismo<br />

autonomo latinoamericano, ben<br />

lontano dal femminismo<br />

“bianco” governativo e di molte<br />

Ong, ha come scopo principale<br />

mettere in discussione il sistema<br />

culturale egemonico e le<br />

gerarchie da questo imposte.<br />

L’incontro con Lorena Cabnal<br />

mi ha fatto capire quanto, in<br />

un’ottica di più che legittima<br />

globalizzazione culturale, sia<br />

necessario conoscere e<br />

riconoscere i contributi delle<br />

femministe indigene<br />

latinoamericane al femminismo<br />

mondiale.<br />

23


Sicilia Queer<br />

Fotografia di Soraya Gullifa, Palermo Pride 2013, Cantieri Culturali alla Zisa<br />

Cinema, musica, arte e cultura<br />

Palermo, dal 31 maggio al 6 giugno, ha ospitato la terza edizione del Sicilia Queer Film, Festival cinematografico<br />

indipendente, autofinanziato realizzato grazie alla collaborazione di istituti stranieri, dei volontari e<br />

del pubblico e con il patrocinio del comune di Palermo. Straordinario successo di partecipazione. Pellicole<br />

provenienti dal più grande festival di cinema queer in India, produzioni italo-francesi, franco-canadesi di<br />

grande valore, anteprime nazionali, lungometraggi, cortometraggi, trailer e documentari e poi ancora piccoli<br />

grandi film dimenticati o ignorati ricchi di pluralità, legati da un fil rouge comune:la tutela dei diritti di tutti.<br />

Fotografie di Nuccia Cammara, Palermo Pride 2013, Cantieri Culturali alla Zisa

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