INDICI DI VARIABILITÃ GENETICA
INDICI DI VARIABILITÃ GENETICA
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<strong>IN<strong>DI</strong>CI</strong> <strong>DI</strong> VARIABILITÀ<br />
<strong>GENETICA</strong><br />
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http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/deed.it<br />
Genetica delle popolazioni<br />
a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
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Proporzione di loci polimorfici<br />
All'inizio dell'era della genetica molecolare, quando furono scoperti gli<br />
allozimi, fu subito chiaro che era possibile trovare, in una specie non<br />
precedentemente studiata, sia loci polimorfici che loci monomorfici<br />
Un parametro descrittivo semplice e intuitivo di misura della variabilità<br />
genetica presente in una popolazione fu quindi identificato nella<br />
proporzione di loci polimorfici<br />
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Però è ovvio che tale parametro dipende dal criterio con cui si definisce un<br />
locus come polimorfico<br />
Due criteri convenzionali spesso usati implicano la frequenza dell’allele<br />
più comune
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Uno studio sull'ape domestica<br />
Ad esempio, in uno studio sull'ape domestica sono stati tipizzati 12 loci<br />
enzimatici (10 enzimi diversi) in cinque popolazioni (4 greche e 1<br />
cipriota).<br />
Genetica delle popolazioni<br />
a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
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Allozimi<br />
I 10 loci studiati rappresentano un classico nelle analisi di genetica delle<br />
popolazioni. Si tratta dei cosiddetti allozimi, che furono introdotti a metà<br />
degli anni ’60 e appartengono alla classe dei loci studiati mediante<br />
l’elettroforesi delle proteine<br />
La particolarità di queste proteine è che si tratta di enzimi, dei quali<br />
quindi si può utilizzare la specificità di substrato per catalizzare reazioni<br />
di colorazione specifiche, dopo che le molecole hanno migrato in un gel<br />
sottoposto ad un campo elettrico<br />
Nel corso del tempo sono state messe a punto una quarantina di reazioni<br />
specifiche di altrettanti enzimi<br />
Genetica delle popolazioni<br />
a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
Allozimi studiati per polimorfismi genetici<br />
Genetica delle popolazioni<br />
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Circa 1/3 dei loci sono polimorfici<br />
La proporzione dei loci polimorfici usando il criterio del 95% mostra<br />
che per 4 delle 6 popolazioni un terzo (4 loci su 12) , vengono<br />
classificati come polimorfici, mentre una popolazione (Kasos) ha un<br />
solo locus polimorfico e l’ultima ha 5 loci polimorfici.<br />
Genetica delle popolazioni<br />
a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
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Conseguenze di diversi criteri<br />
Se però si utilizza il criterio del 99%, i dati si modificano (gli autori<br />
riportano in dettaglio le frequenze alleliche di tutti i sitemi, per cui è<br />
possibile effettuare il calcolo): per esempio la popolazione di Kasos<br />
risulterebbe avere 4 loci polimorfici anzichè 1.<br />
Ciò mostra che se si utilizzano criteri diversi per la definizione di locus<br />
polimorfico si può cambiare l'ordine delle popolazioni rispetto a questo<br />
indice di variabilità genetica<br />
La proporzione di loci polimorfici non è dunque una buona misura della<br />
variabilità genetica presente in una popolazione<br />
Essendo tuttavia un parametro descrittivo di significato immediato esso<br />
è spesso riportato nelle tabelle che confrontano risultati sulla variazione<br />
genetica in popolazioni diverse<br />
Genetica delle popolazioni<br />
a.a. 11-12 prof. S. Presciuttini
Eterozigosità osservata e attesa<br />
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Le ultime due colonne della tabella di Bouga et al., riportano i valori di<br />
due parametri denominati H o<br />
e H e<br />
, che stanno rispettivamente per<br />
eterozigosità osservata e attesa<br />
Questi due indici sono molto più appropriati per misurare la variabilità<br />
genetica perchè non dipendono dalla definizione di polimorfismo e<br />
dipendono invece dalla distribuzione delle frequenze alleliche<br />
Essi sono quasi universalmente riportati negli studi sperimentali di<br />
genetica delle popolazioni<br />
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Si può notare che nello studio di Bouga et al. la popolazione di Ikaria<br />
risulta geneticamente più variabile di quella di Phthiotida sulla scala<br />
dell’eterozigosità , mentre il contrario avviene sulla scala della proporzione<br />
di loci polimorfici<br />
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L'eterozigosità osservata<br />
L’eterozigosità osservata è semplicemente la proporzione di individui<br />
eterozigoti osservati per ciascun locus.<br />
Quindi per un dato campione di dimensione N si contano tutti gli<br />
individui eterozigoti N het<br />
e tutti gli individui omozigoti N hom<br />
,<br />
indipendentemente dai genotipi, e il rapporto H = N het<br />
/N è l’eterozigosità<br />
del locus, mentre N hom<br />
/N è l’omozigosità<br />
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L'eterozigosità attesa<br />
In analogia con le frequenze genotipiche attese si può definire<br />
l’eterozigosità attesa, H exp<br />
, come la probabilità che un genotipo preso a<br />
caso da una popolazione panmittica sia eterozigote ad un certo locus;<br />
Dalla legge di HW segue immediatamente che, per un locus diallelico,<br />
H exp<br />
= 2p 1<br />
p 2<br />
= 1 – p 12<br />
– p 22<br />
In generale quindi, per loci con un qualsiasi numero di alleli, segue che<br />
H exp<br />
= 1 – Σ p i2<br />
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L'eterozigosità attesa come indice di variabilità genetica<br />
L'eterozigosità attesa è un indice naturale di variabilità genetica per<br />
ciascun locus. Essa non dipende dall'arbitrarietà della definizione del<br />
polimorfismo, ed è univocamente definita dalla lista delle frequenze<br />
alleliche.<br />
L'eterozigosità attesa si può intendere come la probabilità che un<br />
genotipo estratto a caso da ua popolazione in equilibrio sia eterozigote.<br />
L’eterozigosità media è la media aritmetica di questa quantità su tutti i<br />
loci di interesse.<br />
A volte si usa il simbolo h per definire l’eterozigosità di un singolo locus<br />
e il simbolo H per indicare l’eterozogosità media, altre volte si usano H o<br />
e H e<br />
(o simili) per distinguere eterozigosità osservata e attesa.<br />
In genere comunque con “eterozigosità di una popolazione” si intende<br />
l’eterozigosità attesa media.<br />
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Generalità del concetto di eterozigosità<br />
L'eterozigosità media calcolata su molti loci ha il duplice significato di<br />
proporzione di individui eterozigoti a ciascun locus nella popolazione e<br />
di proporzione di loci eterozigoti per individuo<br />
Con un unico indice ci si può quindi riferire sia alla variabilità genetica<br />
esistente nella popolazione che alla variabilità genetica presente in<br />
ciascun individuo<br />
Il concetto di eterozigosità si può anche applicare alle specie aploidi (per<br />
le quali non esistono nè omozigoti nè eterozigoti); in questo caso essa<br />
corrisponde alla probabilità che due geni presi a caso dalla popolazione<br />
siano identici<br />
È quindi chiaro come l’eterozigosità sia una misura generale della<br />
variabilità genetica esistente in una qualsiasi popolazione; per questo<br />
motivo è anche chiamata diversità genica.<br />
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Eterozigosità della popolazione ed eterozigosità degli individui<br />
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Il valore “1”nella tabella significa che l'individuo è eterozigote<br />
Il vaor medio calcolato sull'intera tabella è ovviamente identico sia che si parta dalle medie marginali di<br />
riga che di colonna<br />
Locus 1<br />
Locus 2<br />
Locus 3<br />
Locus 4<br />
Locus 5<br />
Locus 6<br />
Locus 7<br />
Locus 8<br />
Locus 9<br />
Locus 10<br />
Eterozigosità<br />
media per<br />
individuo<br />
Eterozigosità<br />
media di tutti<br />
gli individui<br />
Individuo 1 1 0 0 0 0 1 0 1 1 1 0.5<br />
Individuo 2 0 1 1 1 0 0 1 1 0 1 0.6<br />
Individuo 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0<br />
Individuo 4 1 0 0 0 0 1 0 0 1 1 0.4<br />
Individuo 5 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0.2<br />
Individuo 6 0 1 1 0 0 0 1 1 1 0 0.5<br />
Individuo 7 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0.2<br />
Individuo 8 1 0 0 1 0 1 1 1 0 0 0.5<br />
Individuo 9 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0.2<br />
Individuo 10 1 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0.3<br />
Individuo 11 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0.3<br />
Individuo 12 0 0 0 1 0 1 1 0 0 0 0.3<br />
Individuo 13 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0.1<br />
Individuo 14 1 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0.3<br />
Individuo 15 0 0 0 0 0 0 1 0 1 1 0.3<br />
Individuo 16 1 0 0 1 1 0 1 0 0 0 0.4<br />
Individuo 17 1 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0.3<br />
Individuo 18 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0.2<br />
Individuo 19 1 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0.3<br />
Individuo 20 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0.2 0.305<br />
Eterozigosità<br />
per locus 0.4 0.25 0.25 0.3 0.25 0.25 0.5 0.35 0.2 0.3<br />
Eterozigosità media di tutti i loci 0.305<br />
Il valore atteso<br />
dell'eterozigosità di<br />
ciascun individuo è pari<br />
all'eterozigosità della<br />
popolazione.<br />
I valori osservati tendono<br />
a coincidere con l'atteso<br />
su un grande numero di<br />
loci<br />
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Numero di alleli<br />
Con lo sviluppo dei loci ipervariabili, il numero di alleli (na ) identificato<br />
per locus nei campioni tipizzati viene spesso riportato come misura di<br />
variabilità genetica<br />
Anche questa quantità appare semplice e intuitiva, in quanto ci si attende<br />
che cresca al crescere della variabilità genetica<br />
Tuttavia essa dipende strettamente dalla dimensione del campione<br />
tipizzato, e quindi il confronto fra popolazioni diverse non ha senso se i<br />
campioni non sono almeno approssimativamente uguali<br />
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La dipendenza dalla dimensione del campione deriva dal fatto che nelle<br />
popolazioni naturali esistono molti alleli a bassa frequenza, per cui il<br />
numero degli alleli aumenta con l'aumento della dimensione del campione<br />
Al contrario, l'eterozigosità è poco influenzata dalla dimensione del<br />
campione, perché gli alleli rari non ne modificano sostanzialmente il valore<br />
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Ricchezza allelica<br />
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Un parametro di diversità genetica utilizzato in particolare nella genetica<br />
della conservazione è la ricchezza allelica, che indica il numero di alleli<br />
presenti nelle popolazioni indipendentemente dalla dimensione dei<br />
campioni<br />
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Il concetto è che se in una popolazione esistono un certo numero di alleli,<br />
per quanto rari, che sono invece assenti in un'altra popolazione della stessa<br />
specie, la prima popolazione possiede delle risorse genetiche che possono<br />
risultare vantaggiose in condizioni di stress, le quali invece mancano nella<br />
seconda<br />
La stima della ricchezza allelica è resa tuttavia difficile dalla dipendenza<br />
del numero di alleli presenti in un campione dalla dimensione del<br />
campione stesso<br />
In molti studi sperimentali con ricchezza allelica si intende<br />
erroneamente semplicemente il numero di alleli identificati<br />
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An example: A reanalysis of human microsatellite data<br />
An example shows that rarefaction can substantially change estimates of<br />
allelic richness and private allelic richness<br />
I present the microsatellite data of Jin et al. (2000) as an example. I<br />
selected this data as an example because:<br />
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(1) the data set is especially large (64 loci),<br />
(2) the species is well-studied (humans), and<br />
(3) the methods used by the authors are typical.<br />
Jin et al. (2000) genotyped 64 microsatellite loci in 11 populations among<br />
five regions: Africa, Asia, Europe, North and South America, and<br />
Oceania.Both the number of populations sampled per region varied (1–3)<br />
as well as the number of genes sampled per population (10–26). Two of the<br />
goals of the study were to identify which continent had the most genetic<br />
variation and the most unique alleles. Jin et al. did not use rarefaction to<br />
compensate for variation in sampling effort.<br />
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Allelic richness and private alleles<br />
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