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ticolarmente pacifico: «Perché credi che paghiamo le tasse, Judith? Non<br />

pensi che la polizia abbia il diritto e il dovere di fare il suo lavoro?» Non<br />

avrebbe capito niente.<br />

Sotto la doccia, con l'acqua bollente che mi innaffiava da sei diversi rubinetti,<br />

cominciai a rilassarmi, ad addolcirmi, a sentire perfino un po' di<br />

compassione per Bob. Sapevo che da anni non era felice. Non era felice, in<br />

realtà, dal giorno in cui era entrato nell'azienda della sua famiglia. Fino ad<br />

allora era stato il ribelle, l'unico Singer troppo sensibile, troppo puro, troppo<br />

raffinato per dedicarsi alle pubbliche relazioni. Per anni aveva tenuto<br />

testa caparbiamente alle insistenze dei genitori finché una sera, rientrando<br />

a casa molto tardi da un seminario su Dostoevskij, mi aveva annunciato<br />

che si era deciso a lavorare alla Singer Associates. «Ma solo per un anno,<br />

sai. Solo per dimostrargli che non può funzionare.»<br />

«Ma lo sai già che non può funzionare. Perché devi dimostrarglielo? Lascia<br />

che imparino ad accettarti come sei. È un problema loro, non tuo.»<br />

«Senti, è solo per un anno. Facciamo un po' di soldi e ci prendiamo una<br />

vacanza di sei mesi in Europa. Andrà tutto bene.»<br />

E andò tutto benissimo. Benissimo per la Singer Associates. Bob era<br />

molto dotato: i suoi comunicati stampa erano piccoli gioielli, non si era<br />

mai visto un «public relation man» più abile dai tempi in cui Aronne faceva<br />

da portavoce a Mosè. Così Bob non si era più mosso. In Europa non<br />

andammo mai, perché i suoi clienti si sentivano spersi se lui stava lontano<br />

più di una settimana. Ci comprammo la casa. Bob si iscrisse al City Athletic<br />

Club e cominciò a riferirsi al relatore della sua tesi come a «quel masturbatore<br />

intellettuale». Per tre anni lo esortai a licenziarsi. Mi rispondeva:<br />

«Fra poco, fra poco.» E infine, un giorno mi disse: «No. Mi piace. E<br />

poi, Judith...» Avevo alzato lo sguardo. «Non mi pare che tu ti sia mai lamentata<br />

di dover vivere con ottantamila dollari l'anno.» Era ormai raro<br />

sentirlo ridere, se non in compagnia dei suoi clienti. Non leggeva quasi<br />

mai un libro. Durante i weekend prendeva la macchina fotografica e fotografava<br />

foglie e fiori, poi trascorreva serate intere nella camera oscura a<br />

ingrandire i petali finché non sembravano più petali di fiori, ma gigantesche<br />

membrane. E in tutti quegli anni non avevo mai avuto il coraggio di<br />

chiedergli se era infelice. Ma forse Bob era felice, a modo suo. Forse ero io<br />

che mi trovavo male perché l'uomo con cui vivevo non era l'uomo che avevo<br />

sposato.<br />

Chiusi i rubinetti della doccia e mi avvolsi i capelli in un asciugamano.<br />

Forse l'implicita affermazione di Bob era giusta: non me l'ero mai passata

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