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«Judith,» corressi io meccanicamente.<br />

«D'accordo, Judith allora.» Mi ero accorta intanto di aver perso l'occasione<br />

di farmi valere in modo brillante, di presentare una volta per tutte le<br />

mie credenziali di persona adulta.<br />

Avrei potuto rispondere freddamente: «Mrs Singer», o meglio, «Ms<br />

Singer», o perfino «Ms Bernstein-Singer». Invece sedevo lì inerte, con la<br />

bocca spalancata, un tovagliolo al collo e l'aspiratore che mi risucchiava la<br />

saliva. Il mio sguardo si spostava dal marchio inciso sulla lampadina regolabile<br />

di Fleckstein al suo bel viso dai lineamenti nobilmente marcati. Mi<br />

controllò le gengive, me le raschiò con uno di quegli orrendi aggeggi appuntiti<br />

che hanno i dentisti, fermandosi di tanto in tanto per lasciarmi risciacquare<br />

la bocca insanguinata.<br />

«Lei non usa regolarmente un colluttorio, vero?» mi chiese, benché conoscesse<br />

già la risposta.<br />

«No, ma d'ora in poi lo farò.»<br />

«Deve farlo davvero. Ce l'ha il Water-Pick?»<br />

«Sì,» borbottai. Sul fondo della mia bocca l'aspiratore continuava a produrre<br />

volgari rumorini gorgoglianti.<br />

«Be', lo adoperi allora. Non serve a nessuno finché resta inutilizzato sul<br />

lavabo, vero Judith?» Sembrava triste e stanco, profeta inascoltato da un<br />

popolo decadente e indulgente verso i propri vizi.<br />

«Certo, ha ragione.» Mi sentivo umiliata, come mi accade sempre quando<br />

un professionista mi coglie in fallo accorgendosi della mia sciatteria e<br />

disorganizzazione. Periodicamente ricordo a me stessa di non avere preso<br />

le vitamine, di avere di nuovo le unghie dei piedi indurite e ricurve, di avere<br />

lasciato passare un altro mese senza farmi l'autoesame del seno.<br />

Ma il dottor Fleckstein non si mostrò troppo severo. Mi prescrisse un<br />

medicamento per le gengive e mi raccomandò di massaggiarle regolarmente.<br />

Poi aggiunse, con uno sguardo al mio pancione: «Buona fortuna.»<br />

«Grazie.»<br />

«È il suo primo figlio?»<br />

«No, il secondo. Abbiamo una bambina di tre anni, Katherine. La chiamiamo<br />

Kate.»<br />

«Che bel nome. Bene, piacere di averla conosciuta e auguri.»<br />

«Dottor Fleckstein,» dissi io, «per il suo onorario, quanto?»<br />

«Parli pure con la mia infermiera.» Mi sorrise e uscì dalla stanza.<br />

Non si poteva chiamarla una relazione intima, ma era abbastanza perché

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