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vive. Non ci sarebbe più stato modo di indurre Bob a discutere sul caso<br />

Fleckstein con me, a meno di non minacciare di tagliargli gli attributi sessuali<br />

con un machete. Mi ero dimostrata troppo interessata, non gli avevo<br />

nemmeno chiesto com'era andata la sua giornata, né gli avevo raccontato la<br />

mia, piena di soddisfazioni domestiche. «Basta ora con quella storia dell'omicidio.<br />

Non ti dispiace, vero, se ho mandato giù i bambini? Avevo voglia<br />

di stare un po' sola con te.»<br />

Bob mi rispose con il suo sorriso più modesto e accattivante, la testa lievemente<br />

piegata sulla spalla e gli occhi bassi. Sorride sempre così quando<br />

si sente nel pieno di un trionfo, per esempio quando dice ai suoi genitori<br />

che la Turner Ammunition and Armaments gli è praticamente caduta in<br />

grembo o quando mi informa che i mille dollari che non ho voluto investire<br />

in azioni Vitachill Cryonics ne varrebbero al momento cinquemila.<br />

«Raccontami che cosa hai fatto oggi,» mi disse benignamente.<br />

«Oh, è stata una giornata simpatica,» gli sorrisi io, «Marilyn Tuccio mi<br />

ha dato una magnifica ricetta per la crostata di mele.»<br />

Bob annuì mangiando uno spicchio d'arancia. «Carino da parte sua,»<br />

commentò. Ci sorridemmo con calore, e Bob aggiunse: «Una cena meravigliosa,<br />

come sempre, del resto.» Mangerebbe anche cacca di piccione, purché<br />

servita con contorno di insalatina verde con vino bianco secco. Squillò<br />

il telefono. «Rispondo io,» si offrì Bob stancamente, «probabilmente è per<br />

me,» e si avviò in cucina senza fretta. «Pronto,» lo sentii dire, «oh, bene!<br />

Benissimo. Tu come stai? Sì, Judith è qui. Piacere di averti sentita.» Poi<br />

coprì il ricevitore con la mano e fece una smorfia disgustata: «Donna Mary<br />

Alice.»<br />

Mary Alice Mahoney è l'essere più noioso e esasperante che io conosca,<br />

una «di quelle compagne d'università, che in genere si dimenticano immediatamente<br />

dopo la laurea. Purtroppo si era stabilita a Shorehaven due anni<br />

prima e ci aveva messo solo un mese a scoprire che anche Nancy e io abitavamo<br />

lì. «Nancy! Judith!» l'avevamo sentita strillare dall'estremità opposta<br />

del vasto auditorium scolastico durante una riunione particolarmente<br />

vivace in cui si discuteva l'installazione di un'apparecchiatura per l'eliminazione<br />

dei liquami. «Non ditemi che abitate qui!»<br />

Avevamo annuito stancamente, mentre lei oltrepassava una fila di ginocchia<br />

rigide e si slanciava lungo il corridoio per venire a salutarci. Non<br />

appariva molto cambiata dal 1963: stessa figura magrolina, un po' androgina,<br />

stesso taglio sbarazzino dei capelli biondi. Solo l'abbigliamento era<br />

diverso: invece delle calze al ginocchio e della gonna a pieghe, Mary Alice

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