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aperta. «La palla è tua, adesso. Sei tu il poliziotto. Io non ti servo più.»<br />

Con un sospiro stanco, Sharpe se ne andò.<br />

Cominciò a cadere una pioggerella grigia, gelata, che ricopriva le strade<br />

di uno strato di fanghiglia. Ogni tanto passava una macchina e si lasciava<br />

dietro le tracce dei pneumatici, subito cancellate da un nuovo scroscio di<br />

gelida pioggia. Più tardi i bambini, di ritorno da scuola, mi tampinarono<br />

piagnucolosi, frignando per avere la merenda, protestando perché non sapevano<br />

cosa fare. Li confinai nelle loro camere, con due biscotti alla marmellata<br />

ciascuno, e li ammonii di non farsi vedere da basso fino alle quattro<br />

e mezza, quando cominciava Apriti Sesamo.<br />

«Ma è un programma da marmocchi,» contestò Kate.<br />

«Sei cattiva, mamma,» affermò Joey.<br />

Tutto finito, meditai, seduta sul divano al posto di Sharpe. Addio squadra<br />

omicidi. È stato un piacere conoscerti, Nelson; Bob, mi potrai perdonare?<br />

Squillò il telefono. Forse era Nancy. Mi sarei trovata una baby-sitter<br />

per mercoledì; se aveva finito il suo articolo potevamo andare insieme in<br />

città, a una matinée. Qualcosa di leggero, magari un musical. O una commedia<br />

spumeggiante sull'adulterio.<br />

«Pronto,» risposi al telefono con voce funerea.<br />

«Salve,» mi apostrofò una voce maschile, «come andiamo?»<br />

«Bene,» informai lo sconosciuto, un po' più baldanzosa. Sperai solo che<br />

non fosse un venditore che cercava di rifilarmi lumini perpetui a beneficio<br />

dei ciechi, o di offrirmi la consegna a domicilio del <strong>Newsday</strong> della domenica<br />

a tariffe vergognosamente stracciate. «Chi parla, prego?»<br />

«Dicky Dunck.»<br />

Tutti i luoghi comuni a proposito del panico, palpitazioni cardiache, sudorazione,<br />

violente contrazioni intestinali si dimostrarono validi. «Oh, salve!»<br />

risposi, con la lingua impastata da un'invisibile patina di paura, «come<br />

sta?»<br />

«Bene. Meravigliosamente, anzi. Senta, mi chiedevo una cosa, stellina.<br />

Posso fare un salto da lei? Mi sono venute un paio di idee per la sua tesi e<br />

mi piacerebbe parlargliene.»<br />

«Oh, che strazio!» sospirai. Probabilmente era la prima volta in vita mia<br />

che dicevo che strazio. «Ho la casa piena di bambini e sto intrattenendo le<br />

mamme. Mi dispiace.»<br />

«Oh! Strano, sono passato di lì e non ho visto macchine nel suo giardino.»

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