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fare a botte. Aspettavo in cucina, sola, il ritorno di mio marito e disegnavo<br />

cuoricini trafitti da innocue frecce sui vetri incrostati dal gelo.<br />

Fleckstein intanto giaceva sul pavimento del suo studio. Anche là tutto<br />

doveva essere tranquillo, perché l'assassino si era fermato soltanto dieci<br />

minuti, il tempo necessario per accertarsi che fosse proprio morto, ripulire<br />

l'arma con una manciata di fazzoletti di carta e perquisire rapidamente la<br />

stanza. È ovvio che anche se Fleckstein avesse potuto innalzare un ultimo<br />

grido di protesta, un ultimo gemito di sgomento, non avrei sentito niente.<br />

Lo studio, appartamento 305 del Colonial Professional Building di Shorehaven,<br />

era a dieci minuti di strada da casa mia, una villa stile Tudor di dieci<br />

stanze a Shorehaven Acres.<br />

Fui informata della morte di Fleckstein circa due ore dopo il fatto, mentre<br />

ascoltavo alla radio un notiziario trasmesso da Manhattan, a trenta miglia<br />

di distanza.<br />

«Ci colleghiamo con Duke Gray, il nostro corrispondente da Long Island,»<br />

disse la voce alla radio. Drizzai le orecchie. Il treno di Bob poteva<br />

essere in ritardo, forse gli scambi si erano congelati.<br />

«Sì, Jim,» si intromise una seconda voce, gracchiante nella sua solennità,<br />

«vi parlo dal sobborgo di Shorehaven dove da poco più di un'ora è stato<br />

scoperto sul pavimento del suo studio il corpo del dottor Marvin Bruce<br />

Fleckstein, dentista, brutalmente assassinato.» La voce proseguì monotona,<br />

riferendo che, per il momento, non c'erano indizi, ma che un ufficiale del<br />

dipartimento di polizia della Contea di Nassau avrebbe cercato di trasmettere<br />

una dichiarazione in serata. «Per ora, questo è tutto da Shorehaven,<br />

Jim.»<br />

«Grazie, Duke.»<br />

«Oh Signore,» pensai mentre spegnevo la radiò, «lo conoscevo.» Avevo<br />

visto il dottor Fleckstein in coda davanti al cinema, poi un'altra volta a<br />

scuola, a una riunione di genitori. Ed ero stata perfino nel suo studio,<br />

quando ero incinta di Joey da sei mesi. Stavo guardando allo specchio il<br />

mio viso, unica parte del corpo che non fosse mostruosamente sformata, e<br />

studiavo la forma dei miei occhi lievemente a mandorla e degli zigomi un<br />

po' sporgenti, quando scorsi certi minuscoli rivoli di sangue che sgorgavano<br />

dalle gengive gonfie. Il mio dentista mi consigliò di consultare un paradontologo,<br />

come per esempio il dottor Fleckstein. Ci andai.<br />

Mi accolse cordialmente. «Salve Judy.»

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