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«Io non suppongo niente. Esamino solo le conseguenze naturali del suo<br />

temperamento.» Mi alzai, irrigidita dalla sedia scomoda, e mi misi di fronte<br />

a lui. «Prova a pensare che razza di tipo è. Un incapace. Un immaturo.<br />

Un cornuto. Giusto?» Nelson annuì. «E poi, pensa un po' al mio frigorifero.»<br />

«Il tuo frigorifero,» ripeté lui adagio.<br />

«Sì. Ricordi la prima volta che sei venuto a casa mia?» A tutti e due<br />

venne da ridere. «No, sul serio, ti ricorderai che ti dissi che avevo un'idea<br />

di chi poteva essere stato. Sapevo allora come so adesso che era Dicky<br />

Dunck. Non devi far altro che ascoltarlo, stare a sentire come parla, come<br />

un adolescente fermo al linguaggio degli anni cinquanta. Chiunque altro<br />

avrebbe scritto 'bada a te' oppure 'stai attenta' o che so io. Ma quel MYOB!<br />

È perfettamente adeguato al suo modo di esprimersi. E si fa chiamare<br />

Dicky, per l'amor del cielo! Sai benissimo, come lo so io, che qualunque<br />

altra persona adulta si farebbe chiamare Richard, o Rich, o Rick, o al massimo<br />

Dick. Ma Dicky. Ti sembra possibile? È rimasto un ragazzino, Nelson.<br />

È capace di dire cose come 'un mucchio di guano'. Riesci a immaginarti<br />

qualcun altro, coinvolto nel caso, che parli così?»<br />

Sharpe fece per prendermi una mano, ma si trattenne. Il suo ufficio era<br />

separato dagli altri da una parete di vetro. «Credo che tu abbia ragione, Judith.<br />

Davvero. Però non posso disporre un arresto basandomi soltanto sul<br />

modo di parlare. Perciò lunedì mattina per prima cosa ti faccio collegare,<br />

poi andiamo lì. D'accordo?»<br />

«D'accordo,» dichiarai.<br />

«Bene. Ora, dato che sono le undici e un quarto e la mattinata ormai è<br />

persa, perché non ce ne andiamo da qualche parte?»<br />

«Per esempio?»<br />

«Non so, a bere un caffè o qualcos'altro.»<br />

«Credo che preferirei qualcos'altro. Non ho proprio voglia di caffè.»<br />

Nelson sorrise. «Ci toccherà andare in un motel. Te la senti?»<br />

«Sì.»<br />

«Bene. Posso guidare la tua macchina? La mia l'ho prestata a un agente.»<br />

«Guido io.»<br />

«Ma conosco la strada.»<br />

«Allora me la indicherai.» Guidai fino al motel, a circa dieci miglia verso<br />

est, stando bene attenta a non superare il limite di velocità. Sharpe prese<br />

gli accordi necessari e ce ne andammo in camera nostra.

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