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Le Mille e Una Notte

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JOHN DICKSON CARR<br />

DELITTI DA MILLE E UNA NOTTE<br />

(The Arabian Nights Murder, 1936)<br />

Prologo<br />

Quattro uomini erano seduti intorno a un tavolo tondo nella grande biblioteca<br />

al numero 1 di Adelphi Terrace. Nel corso di pochissimi anni, una<br />

buona quantità di strani e sorprendenti reperti erano stati posati su quel tavolo<br />

sotto il lume a saliscendi per l'esame del dottor Fell. C'era stato, per<br />

esempio, un ballerino giocattolo, quella figurina di latta le cui giravolte<br />

avevano procurato l'indizio per il delitto Weatherby Grange; le sei monete<br />

azzurre che avevano fatto impiccare Paulton di Regent Street. Ma raramente<br />

il tavolo aveva visto una collezione più incongrua degli oggetti che erano<br />

lì quella sera. Erano i reperti di quel caso che diventò poi noto come il<br />

delitto delle <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong>. Ce n'era una mezza dozzina, a cominciare<br />

da un ricettario di cucina fino a un paio di barbe finte.<br />

La luce forte sul tavolo sembrava quella di un riflettore più che di un<br />

lume, E nella stanza non c'era altra luce a eccezione del fuoco nel caminetto,<br />

acceso per l'eventualità di una lunga seduta notturna. Installato nella<br />

sua più grossa poltrona, con accanto un tavolinetto zeppo di sigari e di liquori,<br />

il dottor Gideon Fell sorrideva beato. Dopo quattro mesi nel sud della<br />

Francia, il dottore scoppiava di salute. Era stato a Cannes, bisogna ricordare,<br />

per il caso dell'avvelenamento Giraud in cui erano rimaste coinvolte<br />

le due ragazze inglesi: una brutta faccenda. Poi aveva bighellonato<br />

sulla Costa Azzurra, in parte per curarsi dell'asma che lo affliggeva ma più<br />

che altro per la sua innata pigrizia. Ora, sotto il lume a saliscendi, la sua<br />

faccia era più rossa che mai. I suoi occhietti ammiccavano dietro gli occhiali<br />

tenuti dal grosso cordoncino nero; le risate animavano le sue svariate<br />

pappagorge e scuotevano le protuberanze sotto il suo panciotto. La sua voluminosa<br />

figura sembrava riempire la stanza come il fantasma del Pacco<br />

Dono di Natale. <strong>Una</strong> mano era appoggiata al bastone, l'altra reggeva un sigaro<br />

con cui indicava i reperti sul tavolo.<br />

«Sì, m'interessa» disse, compiaciuto, respirando rumorosamente. «Sono<br />

disposto ad ascoltare tutta la notte qualunque storia che in certo qual modo<br />

abbini un ricettario di cucina con due paia di barbe finte. <strong>Una</strong> bianca, vedo,<br />

e l'altra nera. Ma senti, Hadley, cosa mi dici di questi altri reperti?» Li indicò.<br />

«Sembrano quasi altrettanto misteriosi. Quella lama ricurva posso


capirla. Ha l'aria abbastanza micidiale. Ma, e queste fotografie? Questa qui<br />

sembrerebbe una serie di orme. E quest'altra... be', sembrerebbe un negozio<br />

orientale o un bazar, con una grossa chiazza nera sulla parete proprio<br />

sopra la porta. Be'?»<br />

«Esatto» rispose il sovrintendente Hadley con aria grave. «Quella chiazza<br />

è stata fatta da qualcuno che ha tirato del carbone contro il muro.»<br />

Il dottor Fell restò col sigaro a mezz'aria. Inclinò leggermente la testa da<br />

un lato, e la massa dei capelli brizzolati gli ricadde su un orecchio.<br />

«Tirato del carbone contro il muro?» ripeté. «E per quale ragione?»<br />

L'ispettore Carruthers intervenne con espressione cupa. «Sì, signore. È<br />

molto importante, a meno che la ricostruzione dei fatti del sovrintendente<br />

Hadley non sia completamente sbagliata. E, in relazione a quella macchia,<br />

richiamo la vostra attenzione su quel paio di finti baffi neri. Tanto per cominciare,<br />

potete vedere che c'è della gomma appiccicata, il che è ancora<br />

più importante...»<br />

«Piano, piano!» ruggì sir Herbert Armstrong, quell'eminente uomo d'affari<br />

le cui capacità lo avevano fatto nominare vice alto-commissario della<br />

Polizia Metropolitana. «Non vedete che imbrogliate ogni cosa? Calmatevi,<br />

tutti e due, e lasciate che spieghi io. Ecco! Fell, ci troviamo in alto mare e<br />

ci rivolgiamo a voi come ultima risorsa. È una situazione così pazzesca che<br />

nessun altro ci capirebbe qualcosa.»<br />

«Mi confondete» disse il dottor Fell. «Andate avanti.»<br />

Guardò i suoi tre ospiti intorno al tavolo. Ognuno contrastava con l'altro<br />

nel modo di raccontare una storia o perfino nel pensarla: ognuno, difatti,<br />

pur essendo inglese, proveniva da una zona differente.<br />

John Carruthers, l'irlandese, era ispettore di divisione di Vine Street. Era<br />

il funzionario di polizia di nuovo tipo. Non aveva più di trentacinque anni<br />

ed era un uomo di vasta cultura e con un'ottima preparazione atletica, beneducato<br />

e con una forte immaginazione. Aveva astutamente imparato a<br />

frenare la sua immaginazione, sebbene spesso ciò lo mettesse in imbarazzo.<br />

Il suo tratto non irlandese era una capacità a volte fastidiosa di indovinare<br />

il pensiero degli altri. Altrimenti aveva il viso lungo, tenebroso e arguto,<br />

scure sopracciglia unite sopra occhi sardonici e non lo si vedeva mai<br />

senza la pipa penzolante da un angolo della bocca.<br />

Sir Herbert Armstrong, con la testa calva e il corpo robusto e voluminoso,<br />

era inglese al cento per cento. Avrebbe potuto fare da modello per quel<br />

dottor Bull di cui rimane soltanto il simbolo della sua personalità. <strong>Le</strong>ale,<br />

sentimentale, cinico, cordiale, garrulo, eccitabile e ostinato, detestava le


proprie qualità ma era fierissimo dei propri pregiudizi. Aveva un carattere<br />

violento ma perfettamente innocuo che (dietro le spalle), attraverso canali<br />

misteriosi del Corpo, gli aveva fruttato il biasimevole soprannome di Paperino.<br />

E infine aveva un forte senso dell'amicizia, come almeno una persona<br />

nel caso del delitto delle <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong> poteva testimoniare.<br />

Il terzo del trio, il sovrintendente David Hadley, era originario del nord<br />

Tweed. Era il miglior amico del dottor Fell, e il dottore, che lo conosceva<br />

profondamente, ammetteva spesso che con lui non si sapeva mai dove si<br />

cascava. Cauto, calmo e logico in superficie, Hadley poteva essere ora lento<br />

e brillante, ora stolido e strambo. Quella sua tranquilla stolidità... si parla<br />

ancora di come entrò da solo in quella profumatissima cucina, covo di<br />

ladri, a est di Poplar, di come arrestò Myers e Bailey con una pistola giocattolo<br />

dopo di che, imperturbabile, li fece camminare davanti a sé voltando<br />

le spalle a tutti i gorilla del locale... quella sua tranquilla stolidità nascondeva<br />

una suscettibilità che lo portava a offendersi anche quando l'offesa<br />

era del tutto inesistente. Detestava gli scandali, era un uomo tutto famiglia<br />

e forse aveva un senso della dignità anche troppo accentuato. Anche se<br />

lui lo avrebbe negato vigorosamente, aveva un'immaginazione forse ancora<br />

più forte degli altri due. E alla fine era famoso per non lasciare mai nessuno<br />

nei guai, che si trattasse di un amico o meno.<br />

«Statemi a sentire» continuò sir Herbert Armstrong, tirando una botta<br />

sul tavolo, «questa faccenda del museo Wade va studiata. Siete sicuro di<br />

non aver letto un giornale inglese negli ultimi quattro mesi e di non saperne<br />

niente? Bene! Tanto meglio! Qui, in queste schede, c'è tutto registrato,<br />

parola per parola. E davanti a voi avete le tre persone che si sono occupate<br />

del caso durante tutti i suoi stadi, per poi essere trionfalmente premiate da<br />

un bellissimo fiasco...»<br />

«Fiasco?» esclamò Hadley. «Non arriverei a dire tanto.»<br />

«Be', fiasco legale, comunque. La cosa sta così: Carruthers fu il primo a<br />

scontrarsi con la pazzia, l'assassinio e con una situazione che nessuno al<br />

mondo pareva capace di spiegare. Poi subentrai io e la situazione parve<br />

chiarirsi, ma il delitto restava sempre un insensato spaventoso guazzabuglio.<br />

Poi subentrò Hadley, e trovammo una spiegazione per il delitto... ma<br />

tutto il resto restava insensato.»<br />

Il dottor Fell pareva un po' confuso.<br />

«È il gioco d'un pazzo» continuò Armstrong, querulo. «Ma ripasseremo<br />

ancora una volta questa storia caotica. Dovrete sedervi sul tappeto volante,<br />

che vi piaccia o no. Ognuno di noi, a turno, vi racconterà la sua storia e


spiegherà i dubbi di chi l'ha preceduto. Alla fine voi dovrete dirci cosa diavolo<br />

dobbiamo fare. Cioè, se ci capirete qualcosa, del che dubito. Forza,<br />

Carruthers, attaccate.»<br />

Carruthers sembrava a disagio. Prese il mucchio di cartellette blu con i<br />

fogli dattiloscritti, accanto al gomito di Hadley, e i suoi occhi cupi e arguti<br />

si posarono sui presenti. Poi, dietro la pipa dondolante, la sua bocca si aprì<br />

in un sorriso.<br />

«Temo di aver fatto una gran confusione» disse. «Però, signore, non<br />

credo di essermi cacciato in grossi guai, perciò sono abbastanza tranquillo.<br />

Così diceva il cantastorie dalla sua sedia accanto ai bazar. Vi suggerisco di<br />

riempire il bicchiere e di reggere forte il cappello, signore, perché si parte.»<br />

PARTE PRIMA<br />

DEPOSIZIONE DELL'ISPETTORE<br />

JOHN CARRUTHERS<br />

La mia prima impressione che c'era qualcosa che non funzionava l'ebbi<br />

dal sergente Hoskins, un sergente in uniforme, questo va ricordato, e anche<br />

allora era difficile vedere nella faccenda nient'altro che uno svitato che tentava<br />

di scavalcare un muro. Ciononostante, anche se in Vine Street abbiamo<br />

l'abitudine di riderci su, specialmente quando si tratta di persone del<br />

bel mondo che fanno baldoria, in genere simili buontemponi non hanno<br />

lunghe barbe bianche.<br />

Incontrai Hoskins alle undici e un quarto di venerdì sera, quattordici<br />

giugno. Mi ero trattenuto fino a tardi alla Centrale e poiché avevo del lavoro<br />

da sbrigare, ero uscito per andare a prendere un caffè e un sandwich in<br />

un chiosco di Panton Street, con l'intenzione poi di tornare a lavorare.<br />

Quando mi guardai attorno in Haymarket per potermi riposare un attimo<br />

sotto le luci, quasi mi scontrai con Hoskins. È un tipo all'antica, massiccio<br />

e risoluto, con baffoni napoleonici: non lo avevo mai visto così sconvolto.<br />

Respirando affannosamente, mi trascinò nell'ombra e mi disse: «Ascoltate,<br />

signore, in venticinque anni mi è capitato di vedere dei burloni, ma<br />

mai uno come questo! E con la barba bianca, anche se era finta! Gliela do<br />

io la barba!» esclamò, rabbioso. «Guardate qui!» M'indicò il suo collo. Al<br />

1


di sopra del colletto vidi i segni lunghi e profondi di unghiate. «Sapete dov'è<br />

il museo Wade, signore? In Cleveland Row?»<br />

Come molti, avevo sentito parlare del museo Wade. Avevo sempre pensato<br />

di andare, un giorno o l'altro, a farci una capatina, ma non lo avevo<br />

mai fatto. Il nostro distretto aveva ricevuto severi ordini di tenerlo d'occhio,<br />

non solo da Wade stesso, ma anche dai capi in testa del Corpo. Immagino<br />

che avrete sentito parlare del vecchio Geoffrey Wade, anche se<br />

soltanto come sinonimo di un grosso conto in banca. Tuttavia questa definizione<br />

non gli piacerebbe. Per quanto io non l'abbia mai visto, l'ho sentito<br />

descrivere come un uomo eccentrico, focoso, e come il più grande<br />

showman del mondo. Inoltre sapevo che aveva diverse proprietà in St. James,<br />

compreso un blocco di appartamenti in Pall Mall Place.<br />

Circa dieci anni fa mise su un piccolo museo privato (aperto al pubblico)<br />

che amministra e cura personalmente. È un museo asiatico o orientale, o<br />

così ho sempre creduto, sebbene ricordi d'aver letto un articolo da qualche<br />

parte che diceva che vi sono anche buoni esemplari di carrozze inglesi antiche:<br />

un miscuglio che forma la gioia del vecchio. Il museo è in Cleveland<br />

Row, di fronte al St. James Palace. Ma è incastrato nell'estremità orientale<br />

della strada, in mezzo a spiazzi e palazzotti bui che sembrano abbandonati<br />

sin dal diciottesimo secolo. Durante il giorno, nelle vicinanze non c'è quasi<br />

anima viva - ci sono troppi echi - e di notte uno si può immaginare quello<br />

che vuole.<br />

Di conseguenza, quando Hoskins mi parlò di quel museo, il mio interesse<br />

si destò. Gli dissi di piantarla di ansimare e di raccontarmi cos'era accaduto.<br />

«Stavo facendo la mia ronda» rispose Hoskins ricomponendosi, «e<br />

camminavo verso ovest lungo Cleveland Row. Erano circa le undici, signore.<br />

Stavo per dirigermi verso la mia prossima meta - il giro di Pall Mall<br />

- per incrociarmi con il poliziotto di ronda là. E stavo passando davanti al<br />

museo Wade. Conoscete quel museo, signore?»<br />

C'ero passato vicino qualche volta e ricordavo un edificio a un piano<br />

prospiciente la strada e circondato da un muro alto e stretto. Inoltre c'era<br />

un'alta porta di bronzo tutta piena di fregi e ghirigori che potevano essere,<br />

come no, iscrizioni arabe: quello era il motivo per cui veniva fatto di notare<br />

l'edificio. Entrambi, Hoskins e io, lasciammo perdere il tono ufficiale:<br />

non riesco mai a sostenerlo a lungo, temo.<br />

«Così mi sono detto» continuò Hoskins, con un tono rudemente confidenziale<br />

«mi sono detto: ora vado a provare la porta per vedere se Barton


non ha trascurato niente. Be', signore, la porta era chiusa. Perciò ho roteato<br />

il raggio della mia lampada attorno senza pensare a nulla di particolare,<br />

capite, signore, l'ho semplicemente roteato.» S'interruppe. «Be', mi sono<br />

preso un bello spavento. Ci potete credere. Perché quello era lassù, seduto<br />

sul muro. Un uomo alto, magro, vecchiotto, con cilindro e finanziera. E<br />

una lunga barba bianca.»<br />

Scrutai Hoskins, Non sapevo se ridere o che altro fare. Se non lo avessi<br />

conosciuto bene, avrei pensato che si stesse facendo gioco di me. Ma l'uomo<br />

era terribilmente serio.<br />

«Sì, signore, proprio così. Seduto sul muro. Gli ho schiaffato la luce addosso;<br />

naturalmente ero un po' stranito... alla sua età e con quel cappello<br />

sulle ventitré e perfino abbastanza malconcio... ma ho gridato: "Ehi, cosa<br />

ci fate lassù?". Poi ho sbirciato gli occhi di quell'individuo e sono costretto<br />

ad ammettere...»<br />

«Sei troppo sensibile, sergente.»<br />

«D'accordo, signore, ridete pure» disse Hoskins, cupo, scuotendo la testa<br />

minacciosamente, «ma voi non lo avete visto. Aveva dei grossi occhiali<br />

cerchiati di tartaruga. Mi fissava con un'espressione da pazzo. Quella faccia<br />

lunga e quella barba inverosimile e poi quelle gambe lunghe e sottili da<br />

ragno penzolanti dal muro... E tutt'a un tratto è balzato giù. Bangi Così. Ho<br />

creduto che mi piombasse addosso. Avete mai visto, signore, un sagrestano<br />

che gira col piattino della questua? Ecco, lui aveva quell'aspetto, solo<br />

sembrava matto. È caduto giù tutto in un mucchio, ma poi si è rialzato. E<br />

mi ha detto: "Lo hai ucciso e sarai impiccato per questo, mio bell'impostore.<br />

Ti ho visto nella carrozza". È così dicendo mi ha agguantato il collo<br />

con tutt'e due le mani.»<br />

Ora Hoskins non era ubriaco (mi respirava forte in faccia, perciò posso<br />

ben dirlo) né è il tipo che possa inventarsi una simile mostruosità.<br />

«Il vecchio della Montagna, forse» dissi. «E poi, cosa è successo?»<br />

Hoskins riprese a parlare in tono umile. «Alla fine ho dovuto sganciargliene<br />

uno, signore. Era una belva, nonostante quel suo aspetto da vecchio:<br />

non ho potuto fare altro. Be', per fare più alla svelta l'ho colto proprio sulla<br />

mascella, e lui è crollato. E a quel punto ho scoperto la cosa più strana... la<br />

barba era finta. Credetemi, signore, è la verità. Era appiccicata con una<br />

specie di gomma e nella lotta si era staccata. Non sono riuscito a vederlo<br />

bene in faccia perché lui, nel tentativo di tirarmi un calcio, mi aveva fracassato<br />

la lampada e in quel tratto di strada il buio era piuttosto fitto.»<br />

Suo malgrado, un sorriso cominciò ad aleggiare sulle labbra di Hoskins.


«Be', signore, mi sono detto: "Lummy, questa faccenda è poco chiara".<br />

Eccomi qui (ho pensato) nelle peste con quello che si potrebbe definire un<br />

tipo venerabile, con la barba finta, steso al suolo come uno stuoino a neanche<br />

cento metri da Pall Mall. Cosa ne dite? Mi sentivo un po' idiota, vi assicuro.<br />

L'unica cosa che potevo fare era chiamare il cellulare. Mi sono ricordato<br />

che dovevo vedere Jameson, il poliziotto che stava facendo il suo<br />

giro in Pall Mall proprio in quel momento. Così ho pensato di andare a<br />

chiamare Jameson perché venisse a badare a quel tipo mentre io andavo a<br />

telefonare. Be', signore, l'ho appoggiato con la testa sul bordo del marciapiede<br />

perché non gli venisse un'emorragia proprio lì, col rischio di diventare<br />

ancora più matto. Poi mi sono allontanato, e dopo neanche venti passi<br />

mi sono voltato per assicurarmi che stesse bene...»<br />

«Ed era così?»<br />

«No, signore, non stava bene» rispose Hoskins solennemente. «Era sparito.»<br />

«Sparito? Volete dire che si era alzato ed era scappato?»<br />

«No, signore, era svenuto, ci giurerei sulla Bibbia! Voglio dire che si era<br />

volatilizzato. Pfff!» disse Hoskins con un grosso sforzo di fantasia e un<br />

ampio gesto della mano. «È la verità sacrosanta, signore.» Si raddrizzò in<br />

tutta la sua dignità, qualcosa evidentemente lo angustiava. «Voi siete un<br />

signore intelligente, signore, e so che mi credete. L'agente Jameson non mi<br />

ha creduto. E cosa fa lui se non scherzarci su col suo diretto superiore?<br />

"Sparito?" dice. "Dove? Portato via dagli spiriti, immagino. Barba finta!"<br />

dice. "Barba finta un corno! Magari aveva anche i pattini a rotelle e un<br />

ombrellino verde. Meglio che tu non racconti questa storia quando torni alla<br />

Centrale, ragazzo mio." Ma io invece la dico, perché è mio dovere e ci<br />

insisto! Inoltre non poteva svanire da nessuna parte, quel tizio.» Dopo aver<br />

tirato due o tre grossi sospiri, Hoskins riuscì a dominare la sua rabbia. «Ascoltate,<br />

signore. Il tipo era là, lungo disteso in mezzo alla strada, lontano<br />

da qualunque porta. Per giunta c'era tanto silenzio che avrei sicuramente<br />

sentito se qualcuno si fosse avvicinato; avrei visto chiunque, perché la<br />

strada non era poi tanto buia, e giuro che non mi ero allontanato più di dieci<br />

metri. Ma io non ho visto niente né udito niente e in dieci secondi quel<br />

tipo è... pfff! Sembra proprio un episodio da libro giallo. Sparito! Svanito<br />

dove era impossibile svanire, ci giuro sulla Bibbia. Ma la mia preoccupazione<br />

è solo questa: cosa devo fare?»<br />

Gli dissi di tornare alla Centrale e di calmarsi un po' mentre io andavo a<br />

prendere una tazza di caffè. Anche se sarei stato felice che quella storia


fosse vera e di scoprire così qualcosa di micidiale che mi aiutasse a fare il<br />

mio primo colpo nel West End, mi era impossibile dedicare un pensiero<br />

concreto al Problema della Barba che spariva senza sentirmi ancora più idiota<br />

di Hoskins. E, al pari di Hoskins, cosa diavolo potevo fare? D'altro<br />

canto, a meno che Hoskins non fosse stato vittima di un volgare scherzo,<br />

non serviva a niente negare che quel fatto era spiacevolmente strano e comico<br />

insieme. Sebbene continuassi a tempestare Hoskins di domande, Hoskins<br />

giurava che era impossibile che Barba fosse stato portato via senza<br />

che lui vedesse o udisse; inoltre era sicurissimo che il tipo aveva perso i<br />

sensi. Sul momento c'era soltanto una cosa da fare: andai a prendere il mio<br />

famoso caffè.<br />

E quando tornai indietro, a quel punto ancora più preoccupato di cosa<br />

potesse significare quella maledetta faccenda, trovai che c'erano stati altri<br />

sviluppi. Il sergente Hoskins mi venne incontro sulla porta: era fuori servizio<br />

e si era messo in borghese, ma traccheggiava con allegria repressa e agitava<br />

il pollice indicandomi l'agente Jameson che stava dietro di lui con<br />

atteggiamento saturnino.<br />

«Un pizzico di fortuna, signore» disse. «Jameson ha avuto il suo giro di<br />

valzer.»<br />

«Vuoi dire che Barba è ricomparso?»<br />

Il saturnino Jameson scattò sull'attenti. «No, signore, non si tratta dello<br />

stesso individuo. Si tratta di qualcuno che ha cominciato a fare un putiferio<br />

davanti al museo Wade nemmeno cinque minuti dopo che il sergente è andato<br />

via. Ma quando mi sono avvicinato a quel tizio... be', quello aveva anche<br />

voglia di litigare.» Mi guardò con occhi fiammeggianti. «Ho pensato<br />

che vi sarebbe piaciuto parlargli. Non l'ho accusato di niente, ma posso<br />

sempre farlo nel caso che vogliate trattenerlo per una qualche ragione: ha<br />

tentato di colpirmi col bastone, il fottuto. L'ho solo pregato di venire qui<br />

tranquillamente per scambiare una parola con voi. È nel vostro ufficio.»<br />

«Cos'è successo?»<br />

«Be', signore» rispose Jameson, scalpicciando un poco, «stavo facendo il<br />

mio giro davanti a quel museo... quando ho visto quell'individuo che, voltandomi<br />

le spalle, pareva strusciare le mani sulla porta di bronzo. Un giovanotto<br />

molto elegante, moderno, vestito da sera, costituzione robusta, con<br />

quell'aria da attore del cinema che sembra dire: "Me ne frego di tutto".<br />

L'ho chiamato e gli ho chiesto cosa stava facendo. Lui ha detto: "Sto cercando<br />

di entrare, non è abbastanza chiaro?" Io gli ho detto: "Saprete che è<br />

un museo, immagino, signore". Lui ha detto: "Sì ed ecco perché voglio en-


trare. C'è un campanello qui, da qualche parte, aiutatemi a trovarlo". Be', io<br />

gli ho detto che il museo era chiuso, che era tutto buio e che avrebbe fatto<br />

meglio ad andarsene a casa. Lui si è girato, furioso, e ha detto: "Se non vi<br />

sembra troppo strano, sono stato invitato a un'esposizione privata. Così<br />

non ho nessuna intenzione di andarmene. Cosa ne dite?" Io ho detto...»<br />

Jameson gonfiò le gote: «"Potrei anche aiutarvi". Allora lui dice: "Perdio,<br />

accidenti alla vostra impudenza" (proprio così) e, alzando quel suo bastone,<br />

tenta di colpirmi...»<br />

«A quanto pare ci dev'essere qualcosa nell'aria» commentò il sergente<br />

grattandosi un baffo. «Che mi pigli un colpo se ci capisco qualcosa, e voi,<br />

signore?»<br />

«Andate avanti, Jameson.»<br />

«Gli ho afferrato il bastone e gli ho chiesto, con gentilezza naturalmente,<br />

se non gli dispiaceva seguirmi al posto di polizia per rispondere a qualche<br />

domanda dell'ispettore. Lui è cambiato completamente. Si è calmato.<br />

"Domande su cosa?" ha voluto sapere. Io ho detto: "Su una sparizione". Ho<br />

avuto l'impressione che assumesse un'aria molto strana, ma non ha scatenato<br />

nessun putiferio come mi sarei aspettato ed è venuto con me continuando<br />

a farmi un sacco di domande. Io non gli ho detto niente, signore.<br />

Ora è nel vostro ufficio.»<br />

Jameson, come sapete, era andato oltre il suo dovere, ma dato che la faccenda<br />

cominciava a sembrarmi molto strana, ne fui lieto. Mi avviai verso il<br />

mio ufficio e, là, aprii la porta.<br />

Stanotte udrete varie interpretazioni dei personaggi con i quali abbiamo<br />

avuto a che fare. Io posso soltanto darvi la mia. L'uomo che era stato seduto<br />

sulla mia poltrona girevole e che si era alzato come se lì per lì non avesse<br />

saputo come comportarsi con me, era piuttosto imponente e in maniera<br />

particolare nel mio squallido ufficio. Per un attimo mi parve di vedere in<br />

luì qualcosa di così vagamente familiare che avrei giurato di averlo già conosciuto.<br />

Quella strana sensazione persistette finché non mi resi conto di<br />

quale ne era la causa. L'uomo che avevo davanti era il tipico eroe di almeno<br />

un migliaio di romanzetti. L'eroe da romanzo in carne e ossa. (E per<br />

giunta ne era consapevole.) Difatti era alto, con spalle larghe, e aveva quel<br />

bell'aspetto forte e duro preferito dalle romanziere, con occhi azzurro chiaro<br />

sotto sopracciglia cespugliose e scuri e folti capelli corti, ed era anche,<br />

giuro, abbronzato. Metteteci ogni genere di cliché, compreso il perfetto vestito<br />

da sera e quell'aria di chi ha combattuto contro le tigri: non ne sbaglierete<br />

uno. Ma più che altro era il suo atteggiamento. Esagerando fino


all'assurdo, ci si poteva quasi immaginare di sentirgli dire: "Olà, mio scudiero..."<br />

con un rapido gesto del polso... però si aveva la sgradevole impressione<br />

che lo scudiero sarebbe scattato sull'attenti. Ciò che lo salvava<br />

dall'apparire un borioso pedante erano i suoi modi veramente affascinanti,<br />

sebbene sotto la superficie s'intuisse una buona dose di spavalderia, un'energia<br />

e un'eccitabilità che lui tentava di reprimere. Quegli occhi chiari mi<br />

scrutavano in modo tale che ebbi l'impressione che sotto quella sua rigidezza<br />

stesse ponderando su qualcosa e tremasse per qualche forte eccitazione<br />

mentale. Alla fine, col suo bastone, mi fece una specie di saluto (evidentemente<br />

aveva optato per una calorosa cordialità) e sorrise mostrandomi<br />

una bella sfilata di denti robusti.<br />

«Buona sera, ispettore» disse. La sua voce era esattamente quella che ci<br />

si poteva aspettare... tirate pure fuori altri cliché. Si guardò intorno con aria<br />

ironica e indifferente. «Sento di dovervi dire che sono stato altre volte in<br />

un commissariato e anche in qualche carcere piuttosto sgradevole. Però<br />

senza saperne precisamente il motivo.»<br />

Adottai il suo atteggiamento. «Be', signore, qui abbiamo delle prigioni<br />

molto rispettabili» dissi, «nel caso che vogliate ampliare le vostre esperienze.<br />

Sedetevi, prego. Sigaretta?»<br />

Si sedette di nuovo sulla mia poltrona e accettò una sigaretta. Stava leggermente<br />

proteso in avanti, le mani unite sul bastone, e mi scrutava con<br />

una tale intensità minacciosa sotto le sopracciglia cespugliose da dare l'impressione<br />

che fosse strabico. Ma presto il sorriso ricomparve e lui aspettò<br />

che io accendessi un fiammifero.<br />

«Non posso fare a meno di pensare» riprese con aria sicura quando io finalmente<br />

riuscii ad accendere il fiammifero, «che il vostro poliziotto sia un<br />

po' svitato. Naturalmente l'ho seguito... sapete, io adoro le avventure, ed<br />

ero curioso di vedere cosa succedeva.» (<strong>Una</strong> specie di maliziosa millanteria.)<br />

«Londra è una città noiosa, ispettore. Ma non ho ancora capito cosa<br />

c'è sotto. L'agente ha accennato a una sparizione.»<br />

«Sì, una cosa da niente, signor...?»<br />

«Mannering. Gregory Mannering.»<br />

«Il vostro indirizzo, signor Mannering?»<br />

«Edwardian House, Bury Street.»<br />

«La vostra professione, signor Mannering?»<br />

«Oh, diciamo... soldato di ventura.»<br />

Nonostante la sua riprovevole ma accattivante millanteria, pensai che<br />

qui aveva toccato una nota stonata, ma lasciai perdere. Continuò: «Vedia-


mo di sbrogliare questa faccenda, ispettore. Forse voi potrete darmi una risposta,<br />

perché certamente io non sono in grado di farlo. Ascoltate: oggi,<br />

nel pomeriggio, ho ricevuto l'invito... un invito personale... di trovarmi al<br />

museo Wade alle undici di questa sera».<br />

«Capisco. Conoscete il signor Geoffrey Wade, allora?»<br />

«Per la verità non l'ho mai conosciuto. Ma immagino che arriverò a conoscerlo<br />

presto e piuttosto bene dato che sono il suo futuro genero. La signorina<br />

Miriam Wade e io...»<br />

«Capisco.»<br />

«Cosa diavolo volete dire con quel "capisco"?» mi domandò, calmissimo.<br />

Il mio abituale sistema di troncare il discorso gli aveva fatto incrociare le<br />

sopracciglia a V, il che gli dette quella sospettosa espressione semistrabica<br />

di quando guardava direttamente in faccia qualcuno. Ma poi si dominò e<br />

scoppiò a ridere. «Scusate, ispettore, ammetto di essere un po' seccato.<br />

Quando sono arrivato là e ho trovato quella maledetta casa completamente<br />

buia e senza un segno di vita da nessuna parte... però non capisco come<br />

abbia fatto Miriam a sbagliare data. Mi ha telefonato questo pomeriggio.<br />

Doveva essere una riunione di persone di una certa importanza, compreso<br />

Illingworth da Edimburgo - l'esperto di cose asiatiche - ne avete sentito<br />

parlare, è quel sacerdote che va sempre in giro a far conferenze... E dato<br />

che io mi sono fatto un po' d'esperienza in Oriente, Miriam aveva pensato...»<br />

Il suo umore cambiò. «Perdio, ma perché vi racconto tutte queste storie?<br />

Perché tutte queste domande, comunque? Nel caso che non lo sappiate...»<br />

«Solo una domanda ancora, signor Mannering, tanto per chiarire le cose»<br />

dissi suadente. «A cosa serviva questa riunione al museo?»<br />

«Non posso dirvelo, purtroppo. È una scoperta del museo, qualcosa di<br />

segreto. In un certo senso, dovevamo violare una tomba. Credete nei fantasmi,<br />

ispettore?»<br />

Di nuovo cordiale, con uno dei suoi strani balzi d'umore.<br />

«È una domanda difficile, signor Mannering. Ma uno dei miei sergenti<br />

stava quasi per crederci, stasera. Questa, difatti, è la ragione per cui siete<br />

stato portato qui. I fantasmi portano barbe finte?» Lo guardai e d'un tratto<br />

la sua espressione mi fece trasalire. «Quel particolare fantasma se ne stava<br />

lungo disteso per terra tranquillissimo e poi è sparito proprio sotto gli occhi<br />

del sergente: è stato portato via. Ma quel fantasma aveva fatto una certa<br />

accusa...»


Continuai per un bel po' con quelle cretinate cercando di nascondere il<br />

fatto che mi stavo rendendo ridicolo e chiedendomi perché mai Mannering<br />

avesse chinato la testa e fosse scivolato leggermente in giù sulla sedia. Aveva<br />

chinato la testa lentamente come se stesse pensando, ma a un certo<br />

punto la sedia scricchiolò e io vidi che la sua testa ciondolava da una parte.<br />

Il bastone dal pomo d'argento gli sgusciò via dalle dita, sostò un attimo su<br />

un ginocchio e piombò per terra. La sigaretta lo seguì. Lo chiamai, così<br />

bruscamente che qualcuno arrivò di corsa dal corridoio.<br />

Quando lo afferrai per le spalle mi resi conto che il signor Gregory<br />

Mannering era svenuto.<br />

2<br />

La signora di Harun-ar-Rashid<br />

Trascinai di peso Mannering verso una panca, ve lo distesi sopra e ordinai<br />

dell'acqua. Il suo polso era debole: da come respirava sospettai che perfino<br />

un individuo così vigoroso doveva avere il cuore malato. Il sergente<br />

Hoskins, che era entrato dopo aver frettolosamente bussato, restò a guardare<br />

a bocca aperta Mannering, il cappello, il bastone e la sigaretta per terra.<br />

Raccattò la sigaretta.<br />

«Ecco!» esclamò Hoskins con violenza, esaminando la sigaretta invece<br />

che l'uomo sulla panca, «allora c'è davvero qualcosa di strano in quel museo.»<br />

«Sicuro» risposi, «e ci siamo cascati proprio in mezzo, però solo Dio sa<br />

di cosa si tratta. Andrò là per cercare di scoprirlo. Resta qui con lui e tenta<br />

di fargli riprendere i sensi. Prendi nota di tutto quello che dice. Io ho accennato<br />

al tuo amico Barba, e lui, zac, è svenuto... C'è un modo per entrare<br />

in quel museo a quest'ora? Un guardiano notturno o qualcosa di simile?»<br />

«Sissignore, c'è il vecchio Pruen. Il museo è aperto tre volte la settimana,<br />

la sera dalle sette alle dieci. <strong>Una</strong> mania del vecchio proprietario, capite.<br />

Durante quelle tre ore Pruen fa da assistente e poi ridiventa guardiano notturno.<br />

Ma dal davanti non può sentire. Se volete svegliarlo dovete girare<br />

sul retro... da Palmer Yard.»<br />

Palmer Yard, ricordai, era un vicolo che partiva da St. James Street e<br />

correva parallelo a Cleveland Row, sul retro. Hoskins ammise che non gli<br />

era nemmeno passato per la testa di chiamare Pruen perché non aveva collegato<br />

quelle buffonate con un'istituzione così rispettabile come il museo<br />

Wade. Ma, pensai, mentre mi cacciavo in tasca una torcia elettrica e mi


avviavo verso la mia auto, ora si poteva cominciare a considerare il Problema<br />

delle Barbe che sparivano con un certo grado di serietà.<br />

Il buon senso mi diceva che c'era un solo sistema per cui un uomo svenuto<br />

può sparire improvvisamente dal centro di una strada deserta. Non era<br />

molto dignitoso, era perfino decisamente comico, ma perché dovremmo<br />

aspettarci che il delitto debba essere dignitoso? Vedete che stavo già considerando<br />

quella faccenda come un delitto, anche se la consideravo pazzesca.<br />

Quando, undici anni fa, mi arruolai nel Corpo, la prima cosa che mi<br />

ordinarono fu di liberarmi del senso umoristico, e per essere venuto da<br />

County Down, ho fatto del mio meglio con così breve preavviso.<br />

Salii in macchina e mi avviai giù per Haymarket e lungo Pall Mall completamente<br />

deserta. Nessun punto a Londra ha un aspetto solitario come<br />

quell'angolo di St. James Street a quell'ora. Era una chiara notte di luna e<br />

l'orologio dorato sopra il cancello del palazzo segnava mezzanotte e cinque.<br />

Verso ovest, Cleveland Row era cupa e buia. Non girai sul retro come<br />

mi aveva suggerito Hoskins. Parcheggiai l'auto proprio davanti al museo,<br />

scesi e perlustrai il selciato scuro con la torcia. Accanto al bordo del marciapiede<br />

vidi quello che Hoskins, con la sua torcia fracassata, non era riuscito<br />

a vedere: un'apertura circolare nel suolo con un coperchio di ferro.<br />

In altre parole il pazzo sparito doveva essere stato risucchiato giù attraverso<br />

uno scivolo per il carbone.<br />

Non ridete, signori. Voi non avete visto quel maledetto affare come lo<br />

vidi io, in mezzo a una piazza buia e deserta e con la porta bronzea di quel<br />

museo di fronte che pareva sbeffeggiare. Barba era scivolato nella carbonaia<br />

come un genietto nella sua bottiglia. Spostai il raggio della lampada<br />

sul museo. Era un palazzo massiccio con circa duecentocinquanta metri di<br />

fronte sulla strada e piuttosto acquattato con i suoi due piani di lisci blocchi<br />

di pietra. <strong>Le</strong> finestre del piano terreno erano murate, quelle superiori<br />

munite di grate di ferro nello stile francese. Con una mezza dozzina di scalini<br />

larghi e poco profondi si arrivava alla porta sopra la quale c'era una tettoia<br />

sorretta da due colonne di pietra, e la luce della mia lampada illuminò<br />

un groviglio di caratteri arabi. In nessuna strada di Londra c'era mai stata<br />

una casa così fantastica da sembrare uscita da <strong>Le</strong> <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong>. Un<br />

muro alto circa tre metri si estendeva da ciascun lato. Sulla destra, al di là<br />

del muro, intravidi la cima di un albero: probabilmente si trattava soltanto<br />

di un volgare platano londinese, ma la mente suggestionata poteva facilmente<br />

trasformarlo in qualcosa di più esotico.<br />

Tornai verso quella carbonaia, sollevai il coperchio di ferro e illuminai


l'interno. Lo scivolo del carbone era stato spostato. Essendo nel pieno dell'estate,<br />

c'era pochissimo carbone là sotto e il salto era relativamente breve.<br />

Feci quello che la situazione richiedeva. Mi lasciai scivolare giù reggendomi<br />

al bordo in modo da poter richiudere alla meglio il coperchio per evitare<br />

che qualche colonnello nevrastenico, rientrando a casa, vi piombasse<br />

dentro... e mi lasciai andare.<br />

C'erano delle scatole e delle casse da imballaggio. Mentre penzolavo, le<br />

avevo quasi toccate con i piedi. Evidentemente erano state spinte a casaccio<br />

nella cantina del carbone, comunque formavano una specie di comoda<br />

piattaforma su cui qualcuno era indubbiamente salito per tirar giù Barba.<br />

Per giunta l'uscio della carbonaia che dava nella cantina vera e propria era<br />

aperto: un grosso lucchetto penzolava dal gancio con la chiave ancora infilata<br />

dentro. Dopo aver inciampato contro una cassetta scatenando un infernale<br />

fracasso rimbombante, schizzai nella parte più ampia della cantina.<br />

C'era umido, caldo e odore di muffa. Girai il raggio della lampada sulle<br />

pareti a calce e sul pavimento ingombro di altre pile di casse da imballaggio<br />

e quasi ricoperto di trucioli e di paglia. All'estremità opposta c'era una<br />

caldaia spenta da cui partivano tubi ricoperti d'amianto; tutta la cantina era,<br />

a occhio e croce, lunga circa trenta metri. In alto, sul muro posteriore, proprio<br />

dietro la caldaia, c'erano tre finestre. Alla sinistra della caldaia c'era<br />

una grossa carbonaia, una specie di recinto con alte pareti di legno il cui<br />

uscio dava sull'ingresso della cantina e dove c'era ancora un mucchio di<br />

carbone. Poiché stavo guardando dappertutto in cerca di Barba aspettandomi<br />

di trovare Dio sa cosa, guardai perfino là. Ma di lui nessuna traccia.<br />

Nondimeno la mia sensazione di disagio cresceva. Lì dentro c'era qualcosa,<br />

anche se non l'uomo stesso. Nell'allungare la mano per evitare di sbattere<br />

la testa contro un tubo della caldaia, trovai una lampadina elettrica<br />

penzolante: era ancora calda. Da qualche parte arrivava corrente e avrei<br />

giurato di sentire dei passi.<br />

Sulla destra c'era una rampa di scalini di cemento. La cantina continuava<br />

in quella direzione: le scale erano state messe lì come un monumento contro<br />

un divisorio di legno che separava quella parte piuttosto stretta dal magazzino<br />

al di là. E portavano verso la direzione da cui ero entrato. Salii con<br />

la lampada spenta ma pronta. In cima c'era un uscio d'acciaio antincendio<br />

dipinto in modo che sembrasse legno e munito di una di quelle valvole ad<br />

aria compressa che gli impedivano di chiudersi di colpo. Aprii. La valvola<br />

fece come un fruscio, un rumore improvviso che mi bloccò a mezzo attraverso<br />

l'apertura...


Davanti a me, per quanto potei giudicare in quell'oscurità, c'era una<br />

grande sala col pavimento di marmo. E al centro di quel pavimento c'era<br />

qualcuno che ballava.<br />

<strong>Le</strong>tteralmente. Potevo udire i tonfi cupi di quell'empio ticchettio. Guardando<br />

verso l'ingresso principale del museo, la parte più grande della sala<br />

era ora alla mia sinistra: vedevo la balaustrata di una scala di marmo bianco.<br />

In alto, il bagliore di una lanterna elettrica: un lieve chiarore nel buio.<br />

La lanterna era immobile e rendeva spettrale il pavimento di marmo bianco<br />

e gettava un cerchio di luce intorno all'oggetto su cui era puntata... una<br />

cassa oblunga lunga circa due metri e mezzo per uno di altezza; le teste dei<br />

chiodi nuovi scintillavano. Intorno a essa, nella penombra, una piccola figura<br />

umana danzava e piroettava, ticchettando. Era una visione oltremodo<br />

grottesca perché l'omettino indossava la severa uniforme blu con bottoni<br />

d'ottone di un inserviente e la visiera di pelle lucida del suo lindo berretto<br />

luccicava mentre lui agitava il capo. Eseguì un'ultima piroetta e finì la sua<br />

gaia danza col fiato mozzo. Tirò un calcio alla cassa e il rimbombo echeggiò<br />

nella sala. Qualcuno parlò, la sua voce fu soltanto un bisbiglio.<br />

«Moglie di Harun-ar-Rashid!» disse, quasi teneramente. «Destati! Ehi<br />

ehi! Spirito! Ti chiamo! Spirito!»<br />

Ora vi sto raccontando tranquillamente quello che vidi e udii, ma sul<br />

momento non riuscivo a crederci. Era esattamente come uno di quei cartoni<br />

animati che si vedono al cinema in cui oggetti animati prendono improvvisamente<br />

vita al calar della notte, e nulla, pensavo, poteva essere più<br />

inanimato dell'inserviente di un museo. Ma la sua voce nasale era reale.<br />

Dopo un paio di sghignazzate asmatiche, lui si aggiustò per benino l'uniforme,<br />

tirò fuori di tasca una fiasca piatta, la scosse e gettò all'indietro la<br />

testa per bere.<br />

A quel punto accesi la mia lampada.<br />

Attraverso la sala, il raggio colse il pomo d'Adamo che andava su e giù<br />

nel collo grinzoso e rosso come quello di un tacchino. Quando si accorse<br />

di me, l'uomo lasciò ricadere il braccio di scatto. Sbatté le palpebre sorpreso,<br />

sì, ma per niente spaventato.<br />

«È...» disse, poi, in tono diverso: «Chi è là?».<br />

«Sono un funzionario di polizia. Venite qui.»<br />

Parve rinsavire. Qualcosa lo fece irrigidire, qualcosa sembrò farlo diventare<br />

querulo e spavaldo: si contrasse e mi guardò con astio, ma sempre per<br />

niente allarmato. Conservava perfino un pizzico d'allegria. Prese la lanterna,<br />

si avvicinò strascicando i piedi, borbottando, muovendo il collo a de-


stra e a sinistra. Vidi una faccia ossuta, la pelle rugosa piena di chiazze<br />

rosse che si estendevano, ancora più rosse, sulla punta del naso lungo: una<br />

faccia avvizzita con occhiali sul naso e occhi strizzati che mi fissavano astiosamente<br />

mentre lui inclinava la testa fin quasi sulla spalla per guardare<br />

in su. E alla fine s'irritò.<br />

«Ah, funzionario di polizia, eh?» disse, con studiato sarcasmo. Poi dondolò<br />

il capo come per un sospetto confermato e dovette schiarirsi la gola.<br />

«E posso chiedervi cos'è questo giochetto d'irrompere qua dentro così? Da<br />

dove siete venuto? Posso sapere cos'è questo scherzo?»<br />

«Risparmiatevi questi discorsi» dissi. «Cos'è successo qui, stanotte?»<br />

«Qui?» domandò. «Qui? Niente. A meno che le mummie non siano uscite<br />

dalle loro luride casse... e io non ne ho vista alcuna... be', niente.»<br />

«Vi chiamate Pruen, non è vero? Benissimo. Volete essere accusato di<br />

rapimento? In caso contrario, cos'è successo al vecchio alto con occhiali<br />

cerchiati di tartaruga...» la mia gola si chiuse mentre io stavo per dire barba<br />

finta... «che era qui circa un'ora fa? Cosa ne avete fatto di lui?»<br />

Lui borbottò con aria incredula non scevra di una certa ilarità. La sua<br />

spavalderia parve afflosciarsi mentre mi fissava.<br />

«Siete ubriaco, capo» disse il signor Pruen pari pari. «Dite un po', non<br />

siete mica passato dal Dog and Duch? Il vecchio con... ah, ora capisco, l'avete<br />

presa bella! Sicuro! Sapete cosa vi dico, capo, andatevene a letto a<br />

smaltire la sbronza come un bravo...»<br />

Gli posai una mano sulla spalla. Il fatto che io stesso mi chiedevo se per<br />

caso non fossi ubriaco mi fece venir voglia di torcergli quel collo grinzoso.<br />

«Benissimo, allora l'accusa sarà di assassinio» dissi. «In ogni caso ora<br />

verrete con me al posto di polizia...»<br />

Lui crollò mentre la sua voce si levava, stridula: «Uh! dico... aspettate<br />

un momento! Io non ho fatto niente...».<br />

«Cos'è accaduto qui, stanotte?»<br />

«Niente! Non c'è stato nessuno, qui, da quando ho chiuso alle dieci!» (Il<br />

guaio era che quanto diceva sembrava proprio la verità.)<br />

«Doveva esserci una mostra privata o qualcosa di simile, qui, stasera alle<br />

undici... no?»<br />

D'un tratto parve illuminarsi. «Ah, quello! Quello! Perché non l'avete<br />

detto subito?» Divenne aggressivo. «Sì, ci doveva essere, ma non c'è stata.<br />

È stata rimandata. Sì, dovevano venire a vedere certe cose, e il dottor Illingworth<br />

in persona doveva venire a vederle, ecco com'era importante. Solo<br />

che oggi, all'ultimo momento, il signor Wade... parlo del vecchio... e quan-


te ne buscherete da lui, vedrete!... è dovuto andare fuori città. Così nel pomeriggio<br />

la riunione è stata rimandata. Tutto qui. Non è venuto nessuno.»<br />

«Può essere. Comunque accendiamo le luci e andiamo a dare un'occhiata<br />

in giro.»<br />

«Con piacere» ridacchiò Pruen. Mi guardò. «Però, da uomo a uomo e tra<br />

noi, cosa pensate che sia successo qui? Qualcuno si è lamentato?» Vedendomi<br />

esitare gridò, trionfante: «No, nessuno, vero? Bene, allora! Siete pagato<br />

per entrare con scasso anche se nessuno sporge querela?».<br />

«E voi siete pagato per ballare intorno alle casse nel cuore della notte?<br />

Cosa c'è in quella cassa?»<br />

«Non c'è nulla in quella cassa» dichiarò lui con uno scuotimento solennemente<br />

ilare della testa. «So che siete propenso a sospettare che vi sia un<br />

uomo morto lì dentro, ma non c'è nemmeno una donna morta. Questo è il<br />

bello: non c'è niente in quella cassa! Cosa ne dite?»<br />

Prima che potessi cavar qualcosa da quel discorso, lui era avanzato nel<br />

buio strisciando i piedi e ondeggiando la lanterna. Sparì dall'altra parte della<br />

scala. Seguì una serie di clic, e le lampadine disposte dietro la cornice<br />

del soffitto diffusero una luce soave che illuminò la sala con un bagliore<br />

dolce come quello del chiarore lunare.<br />

Ma la stanza, ora che era illuminata, non diventò meno spettrale. Era una<br />

sala ampia, dal soffitto alto, tutta pavimentata di marmo e con due file di<br />

colonne di marmo, distanti le une dalle altre circa tre metri, che arrivavano<br />

fino alla porta d'ingresso. C'era quell'atmosfera spoglia delle sale adibite a<br />

mostre pubbliche. Sul retro, in linea diretta con la porta, un'ampia scalinata<br />

di marmo saliva e si biforcava in due gallerie aperte che, evidentemente,<br />

formavano il primo piano. Il soffitto di entrambe era di mattonelle smaltate<br />

a quadri bianchi e verdi; i colori, come appresi più tardi tra le molte curiose<br />

informazioni che raccolsi su quella casa, erano identici a quelli delle cupole<br />

delle moschee di Bagdad.<br />

Nelle pareti laterali c'erano quattro arcate, due su ciascun lato, e sopra di<br />

esse lessi, in sottili lettere dorate: "Galleria Persiana", "Galleria Egiziana",<br />

"Galleria dei Bazar", "Galleria degli Otto Paradisi". Oltre quegli archi e oltre<br />

la grossa porta di bronzo sul davanti, c'erano altri tre usci. Uno... l'uscio<br />

da cui ero entrato... era alla sinistra della scala (guardando la scala). Un altro,<br />

identico, era alla destra della scala. Il terzo era quasi in fondo alla parete<br />

laterale sulla destra (sempre guardando la scala) dove c'era scritto in lettere<br />

dorate: STANZA DEL CONSERVATORE ed era il più vicino all'arcata<br />

contrassegnata "Galleria degli Otto Paradisi".


Ma furono le cose in mostra in quella sala, sebbene ve ne fossero pochissime,<br />

che guardai. Sulla parete laterale a destra, sempre verso il fondo,<br />

erano appesi enormi tappeti di un disegno che colpiva talmente lo sguardo<br />

che uno si ritrovava a voltarsi continuamente per ammirarli. Non so bene<br />

come descriverli. Non era soltanto la loro sontuosità o i disegni complicati<br />

o le immagini sbalorditive che suscitavano (difatti erano più che altro disegni<br />

di fiori sparsi a strati per terra) ma la loro essenza languida e viva.<br />

Aumentavano la spettrale irrealtà del luogo. Al centro della sala c'erano<br />

bacheche di vetro contenenti armi: l'occhio andava istintivamente dai tappeti<br />

ai coltelli e viceversa.<br />

Fu un sollievo guardare verso la parete di sinistra tra la fila delle colonne<br />

e la parete stessa. Lì c'erano degli esemplari che sarebbero dovuti sembrare<br />

incongrui, tuttavia, non si sa come, non era così. Carrozze o diligenze. Ce<br />

n'erano cinque, enormi e brutte in quel chiarore lunare. Quella più vicino a<br />

me, la prima, era bassa, dipinta in colori sgargianti, voluminosa, e aveva<br />

una targhetta su cui era scritto: "Fabbricata da Guilliam Boonen, cocchiere<br />

della Regina Elisabetta, il primo a introdurre le carrozze in Inghilterra, nel<br />

1564 circa. <strong>Le</strong> tirelle sono di cuoio a indicare regalità, ma il corpo non è<br />

ancora sospeso su cinghie...". Guardai quelle dopo. <strong>Una</strong> carrozza di vetro<br />

del diciassettesimo secolo, una specie di bomboniera francese dorata, con<br />

lo stemma dei Borboni in rosso e verde, e una vettura postale dickensiana<br />

sulla cui portiera c'era la scritta: IPSWICK TELEGRAPH. E infine, al centro,<br />

c'era un gigantesco veicolo dipinto di nero, con un mantice di cuoio<br />

nero e piccoli finestrini simili a spioncini e sospeso su balestre arcuate a un<br />

buon metro e mezzo da terra.<br />

Presi a camminare avanti e indietro, i miei passi che echeggiavano, e fui<br />

riscosso da una voce sarcastica.<br />

«Tutto a posto?» domandò Pruen. <strong>Le</strong> palpebre grinzose si alzavano e si<br />

abbassavano nella sua faccia rugosa. Si mise il berretto sulle ventitré e le<br />

mani sui fianchi. «Niente vittime rapite? Nessun cadavere? Ehi, dico! Assolutamente<br />

nessuna traccia di...»<br />

S'interruppe di botto perché io mi ero avvicinato alla porta di bronzo e<br />

avevo visto la traccia di qualcosa. Sul pavimento di marmo, estendendosi<br />

per circa una mezza dozzina di passi, in linea diretta con la porta, c'era una<br />

fila di macchie nere. Tirai fuori la lampada, erano orme non ben definite,<br />

un ammasso confuso dove si vedevano chiaramente le tracce di qualcuno<br />

che era entrato da quella porta e aveva camminato per circa due metri prima<br />

che le macchie svanissero. Si distingueva il segno di mezzo tacco e co-


sì il lato di una scarpa a punta. E quelle orme erano state fatte con la polvere<br />

di carbone.<br />

«Cosa avete trovato?» gridò all'improvviso Pruen. Udii i suoi passi rumorosi.<br />

«Chi ha lasciato queste tracce?» domandai.<br />

«Quali tracce?»<br />

«Eccole lì. Non avete detto che non c'era stato nessuno qui, stasera?»<br />

«Bah» fece Pruen. «Tutto qui? Io ho detto che dopo la chiusura, alle dieci,<br />

non c'è stato nessuno. Cosa volete che sappia, io? Prima c'erano dozzine<br />

di persone... non sorridete... dozzine. Siamo popolari, noi!»<br />

«Qual è la vostra posizione quando siete di servizio? Dove state? E in<br />

piedi o seduto?»<br />

Lui indicò una sedia alla sinistra della porta di bronzo. Da lì si dominava<br />

la sala dal lato destro delle carrozze e anche più di metà dell'uscio attraverso<br />

il quale ero arrivato di sopra.<br />

«Voi sedevate là. Non avete visto nessuno lasciare quelle orme?»<br />

«No, non ho visto.»<br />

«E saprete spiegare, immagino, come può aver fatto qualcuno a entrare<br />

dalla strada con le suole delle scarpe sporche di polvere di carbone.»<br />

Qualcosa balenò dietro quei suoi occhialucci, pareva nervoso ma deciso.<br />

Sporse il labbro inferiore.<br />

«Ora vi domando, proprio vi domando, cosa c'entro io. È affar vostro.


Orme, perbacco.» La sua voce si fece stridula. «Forse il cadavere che state<br />

cercando è entrato qui quand'era vivo, eh? E forse io ho afferrato un coltello<br />

e l'ho pugnalato, eh? E poi l'ho infilato in una di queste carrozze o magari<br />

in un cubicolo nella Galleria dei Bazar, o forse in quella degli Otto Paradisi,<br />

oppure di sopra nella Galleria Araba... A cosa mirate ora?»<br />

Qualcosa mi aveva mozzato il respiro. Mi avviai, piuttosto in fretta, lungo<br />

la fila delle carrozze lasciando Pruen ad agitarsi e gesticolare nello<br />

sfondo. Era la carrozza di mezzo che m'interessava: quell'enorme veicolo<br />

dal mantice nero con i suoi spioncini e le sue maniglie d'ottone lucido. Su<br />

una targa che penzolava dalla maniglia della portiera c'era scritto: "Carrozza<br />

inglese dei primi del secolo diciannovesimo, fabbricata per un viaggio<br />

sul continente. Usata per assoluta riservatezza".<br />

La voce di Pruen mi seguì. «Benone!» sghignazzò lui. «Non toccatela,<br />

capo! C'è un uomo morto dentro! C'è un cadavere sanguinante grande e<br />

grosso proprio den...»<br />

Poi la voce si levò in un urlio farfugliante.<br />

Allungai la mano e con uno strattone aprii la portiera. Qualcosa mi<br />

piombò quasi in faccia, a testa in avanti. Parve balzare su come uno di quei<br />

diavoletti delle scatole a sorpresa e ne vidi gli occhi. Volò al di sopra della<br />

mia spalla e atterrò sul pavimento di marmo con un tonfo sordo.<br />

Il cadavere di un uomo alto giaceva piatto sulla schiena, le braccia e le<br />

gambe spalancate come un omino di marzapane, e dalla sua mano era caduto<br />

un libro rilegato in pelle marrone. L'uomo era senza vita come l'omino<br />

di marzapane. Indossava un lungo cappotto scuro, e sul lato sinistro del<br />

petto, quel cappotto era sollevato stranamente, quasi come una tenda.<br />

Quando spostai quel lato del cappotto vidi l'impugnatura bianca di un pugnale<br />

spuntare da una camicia inzuppata di sangue. Ma non era quello che<br />

aveva attirato il mio sguardo né il cappello a cilindro che gli era stato calato<br />

giù fin quasi sugli occhi.<br />

Per colmo di quell'incubo, il morto aveva la barba finta, una barba corta<br />

e incolta che gli si era quasi staccata dal mento. Ma quella barba finta era<br />

nera.<br />

3<br />

Il cadavere nel museo<br />

Sostengo, signori, che ci sono dei momenti in cui il cervello razionale<br />

non ragiona coerentemente, e cioè quando registra e assorbe solo, attraver-


so gli occhi, tutti i particolari visivi in una paralisi del buon senso. Se ciò<br />

vi sembra troppo metafisico o (nel caso di un poliziotto) troppo maledettamente<br />

insensato, posso dirvi che voi non eravate nel museo Wade venti<br />

minuti dopo la mezzanotte e non avete visto quell'essere grottesco con<br />

barba finta.<br />

Mentre esaminavo ogni particolare, notai l'ora. La vittima doveva avere<br />

trentacinque-quarant'anni sebbene fosse stata truccata per apparire molto<br />

più vecchia. Perfino la barba finta era stata accuratamente spruzzata di grigio.<br />

La faccia era decisamente bella malgrado una leggera rotondità e, persino<br />

nella morte, ironicamente spavalda. Il cilindro, decrepito ma spazzolato<br />

con cura, era profondamente calcato sui capelli neri. Gli occhi, spalancati,<br />

erano castani, il naso era aquilino, e la pelle leggermente olivastra. I<br />

baffi (veri) erano neri. Sulle guance e sul mento la gomma luccicava ancora<br />

e la barba nera pendeva da una chiazza dalle dimensioni di cinque centimetri<br />

all'estremità della mascella sinistra. La bocca era aperta. Era morto,<br />

per quanto potei giudicare, da non meno di un'ora e non più di due ore.<br />

Il cappotto era vecchio come il cappello, e logoro sui gomiti, ma ben<br />

conservato. M'infilai i guanti e riaprii il cappotto. Un lungo cordoncino nero,<br />

in fondo al quale era attaccato un paio di occhiali, girava intorno al colletto<br />

del cappotto e scendeva giù dentro il cappotto stesso. L'uomo indossava<br />

un vestito da sera, anche quello vetusto e con un bottone mancante<br />

nel panciotto; la biancheria era logora a eccezione di un colletto nuovo<br />

troppo largo per lui. Dal petto, un po' più su del cuore (sebbene il suo aspetto<br />

dimostrasse che era morto istantaneamente), spuntava il pesante<br />

manico d'avorio di una lama conficcata per almeno quindici centimetri.<br />

Osservai la mano destra protesa in fuori, e il libro che era scivolato dalle<br />

sue dita quando lui era caduto. Rilegato in pelle, era aperto, le pagine arricciate<br />

e spiegazzate, e suggeriva segreti ancora più difficili a capire in<br />

tutto quell'enigma.<br />

Lo raccattai e lo sfogliai: era un ricettario di cucina.<br />

Signori, la faccenda non poteva essere più pazzesca. Il titolo era Il manuale<br />

di ricette casalinghe della signora Eldridge. E la prima ricetta che<br />

mi capitò sotto il naso era una piccola lezione sul modo giusto di preparare<br />

il brodo di carne.<br />

Rimisi giù il libro rispettosamente, poi, aiutandomi con una mano, mi issai<br />

sull'alto predellino della carrozza per dare un'occhiata all'interno. La<br />

luce della mia lampada mi mostrò che era stato spazzato e spolverato. La<br />

tappezzeria di cuoio nero e il lindo pavimento di legno non presentavano


tracce nemmeno del suo ultimo occupante. L'uomo doveva essere stato appoggiato<br />

in avanti, in ginocchio, la guancia contro la portiera e la testa<br />

piegata in giù in modo da non essere visto dall'esterno. Qualche macchia di<br />

sangue sul pavimento: nient'altro. Il primo punto che dovevo stabilire aumentava<br />

la confusione già esistente: l'identità del morto. Ora, a meno che<br />

non fossero stati commessi due errori madornali, l'uomo con il coltello nel<br />

petto non poteva verosimilmente essere l'uomo che aveva assalito il sergente<br />

Hoskins davanti al museo poco dopo le undici. Era alto, sì. Era piuttosto<br />

magro, sì. Era possibile confondere una finanziera, del tipo antiquato<br />

portato dagli statisti vittoriani, con un cappotto come quello lì. Ma sembrava<br />

impossibile confondere una barba bianca con una nera, e occhiali<br />

appesi a un cordoncino con grossi occhiali cerchiati di tartaruga. Hoskins<br />

non poteva sbagliarsi così grossolanamente sui due punti più importanti<br />

della sua descrizione. A meno che, naturalmente, qualcuno non avesse<br />

cambiato, per un qualche fantastico motivo, completamente tutto.<br />

Balzai a terra e grattai le suole delle scarpe del morto. C'era una patina<br />

piuttosto spessa di polvere di carbone.<br />

Ma all'inizio di un caso non si ha il tempo di pensare, neanche alle parole<br />

pazzesche gridate da Barba Bianca a Hoskins poi: "L'hai ucciso e sarai<br />

impiccato per questo, mio bell'impostore. Ti ho visto nella carrozza". Per il<br />

momento quel fatto andava lasciato perdere. Mi rivolsi a Pruen.<br />

«Avevate proprio ragione» dissi. «C'era un uomo morto, lì dentro.»<br />

Lui se ne stava a una certa distanza e si passava il dorso di una mano<br />

sulla bocca, tenendo la fiasca del gin contro il petto con l'altra, guardandomi<br />

con gli occhi cisposi. Per un istante credetti che si mettesse a piangere.<br />

Invece lui cominciò a parlare con molta calma.<br />

«Non lo sapevo» disse. «Che Dio mi aiuti, non lo sapevo.»<br />

La voce rauca sembrava venire da molto lontano. Gli presi di mano la<br />

fiasca e lo spinsi in avanti. Tremava in maniera spaventosa.<br />

«Insistete ancora a dire che eravate solo qua dentro, stasera?» dissi. «In<br />

tal caso, naturalmente, sarete accusato d'assassinio.»<br />

<strong>Una</strong> pausa. «Non ci posso far niente, signore. Insisto a dire che sì... io...<br />

io ero solo.»<br />

«Venite qui, più vicino. Conoscete quest'uomo?»<br />

Girò la testa di scatto con tale inattesa rapidità che mi fu impossibile vedere<br />

la sua espressione. «Lui? Mai visto in vita mia. No. Sembrerebbe un<br />

italiano.»<br />

«Guardate il manico di quel coltello. Mai visto?»


Pruen si voltò e mi guardò negli occhi, con la stessa ostinazione lagrimosa.<br />

«Sì. Sì. Ve lo dirò chiaro e tondo: ho visto quel coltello un migliaio<br />

di volte. Perché viene da qui, ecco perché l'ho visto, perciò pensate quello<br />

che vi pare! Ecco, ve lo proverò!» gridò, come se io dubitassi delle sue parole,<br />

e mi tirò per il braccio prima di indicarmi le bacheche al centro della<br />

sala. «Viene da quella bacheca. Lo chiamano khanjar; è un pugnale persiano.<br />

Lo sapevate? Ah! Scommetto di no. È curvo. Un khanjar, sparito da<br />

quella bacheca, che viene adoperato...» La sua voce aveva preso la cantilena<br />

di chi ripete un discorso preparato, e quando lui si rese conto di ciò che<br />

stava dicendo, sbatté le palpebre, rabbrividì e si dominò.<br />

«Così sapevate che era sparito?»<br />

Un'altra pausa. «Io? No. Voglio dire che lo so ora.»<br />

«Ne riparleremo quando avrò fatto qualche telefonata. C'è un telefono<br />

qui? Bene. A proposito, continuate a dire che il signor Wade è fuori città?»<br />

Continuò a dirlo, con veemenza. Incaricato del museo, in assenza del<br />

proprietario, era un certo signor Ronald Holmes. Il signor Holmes abitava<br />

poco lontano da lì, in un appartamento in Pall Mall Place, e Pruen mi suggerì<br />

con insistenza quasi morbosa di mettermi immediatamente in contatto<br />

con lui. Seguitando a parlare confusamente, mi portò davanti a un uscio<br />

con la scritta "Conservatore". Ma dopo aver girato un interruttore accanto<br />

alla porta, trasalì lievemente di fronte a ciò che vide nella stanza e io potrei<br />

giurare che quella vista era nuova per lui come lo era per me.<br />

Sebbene non vi fossero altri cadaveri, lì dentro, evidentemente era successo<br />

qualcosa di natura piuttosto violenta. Era una stanza grande, piacevole,<br />

piena di sontuosi tappeti stile Kurdistan. C'erano due scrivanie, una<br />

col ripiano di mogano in mezzo alla stanza, l'altra, una scrivania qualunque,<br />

forse per la macchina per scrivere, in un angolo, circondata da schedari.<br />

<strong>Le</strong> poltrone erano di pelle rossa; le pareti, sulle quali alcune fotografie<br />

incorniciate stonavano maledettamente, erano ornate da una specie di intarsi<br />

moreschi. Sulla scrivania di mogano, accanto a un portacenere pieno<br />

zeppo di mozziconi di sigaretta, c'era un libretto aperto.<br />

Ma la cosa che più colpiva in quella stanza era la corrente d'aria. Nella<br />

parete sinistra, sul retro, c'era un uscio aperto che dava in una toilette. <strong>Una</strong><br />

finestra in alto nella parete posteriore della toilette, sopra il lavandino, era<br />

aperta. Sul tappeto, davanti alla scrivania di mogano, c'erano i frammenti<br />

di uno specchietto portatile. Un tappetino era come attorcigliato. Ma non<br />

era tutto.<br />

Nella parete sulla destra dell'uscio da cui ero entrato era stato installato


un ascensore elettrico. I due sportelli dell'ascensore, ciascuno con un finestrino<br />

munito di grata, erano parzialmente aperti. Il vetro di uno dei finestrini<br />

era stato fracassato, ovviamente dall'interno. Sul pavimento c'erano<br />

dei vetri frantumati, un'accetta e un cartello che doveva essere stato appeso<br />

all'esterno dell'ascensore con la scritta "Fuori servizio". Notai che all'esterno<br />

dell'ascensore c'era un paletto di ferro che permetteva di chiudere gli<br />

sportelli anche da fuori. Si aveva l'impressione che qualcuno fosse rimasto<br />

imprigionato nell'ascensore e avesse agito con violenza per uscirne.<br />

Spinsi gli sportelli ed entrai. Un filo di luce filtrava attraverso gli sfiati<br />

del ventilatore situati in alto nella parete della cabina che dava sulla sala.<br />

Sul pavimento c'era una cassa di legno vuota rovesciata.<br />

«Insisto a dire che non so niente di tutto questo» disse Pruen con aria infelice.<br />

«Non sono venuto qui, stasera. Quest'ascensore è guasto da una settimana,<br />

pare che nessuno riesca ad accomodarlo e Dio sa che io non ne sono<br />

capace. Il vecchio si è molto arrabbiato perché secondo lui qualcuno<br />

deve averlo messo fuori uso deliberatamente, il che non è vero, comunque<br />

qualcosa dev'essere successo; lui non ha l'aria allegra quando lo usa e per<br />

ben due volte c'è mancato un pelo che restasse decapitato, ma quando vedrà<br />

questo caos... uh!»<br />

«Il vecchio? Volete dire il signor Wade? A proposito, che aspetto ha?»<br />

Mi fissò. «Che aspetto ha? È un bell'uomo, il signor Wade, anche se<br />

piuttosto basso. Focoso. Un grande showman. Sicuro. Bellissimi baffoni<br />

bianchi, un vero castigamatti. Sì! È un uomo importante... è stato due anni<br />

in Persia, è stato a scavare in quei palazzi dei califfi col permesso del governo<br />

e tutto quanto. Sicuro. E...» s'interruppe, mi fissò astiosamente e riprese<br />

in tono querulo: «Perché volete sapere tutte queste cose? Perché non<br />

telefonate? Eccolo lì il telefono, sulla scrivania, ce l'avete proprio sotto il<br />

naso. Perché non lo usate?».<br />

L'idea peregrina che mi era frullata insistentemente per il capo e cioè che<br />

potesse essere stato il focoso signor Wade stesso ad appiccicarsi una barba<br />

finta e a girellare nel suo museo... fu spazzata via da quella descrizione...<br />

piuttosto basso. Telefonai in Vine Street, spiegai la situazione a Hoskins e<br />

gli dissi di mandare il fotografo, l'uomo delle impronte e il medico della<br />

polizia. Dopo una pausa sbalordita, Hoskins esclamò con aria trionfante:<br />

«Quel tipo, quel Mannering, signore...»<br />

«Portatevelo dietro. Non l'avrete mica lasciato andare, vero?»<br />

«No, signore. Oh, lo porterò, lo porterò, sicuro!» bisbigliò Hoskins. «Per<br />

giunta, ho le prove. Gli è sfuggito di tasca un biglietto, signore. La prova


che c'era un delitto m programma. Delitto e cospirazione...»<br />

A beneficio di Pruen ripetei: «Biglietto che comprova cospirazione...» e<br />

riappesi il ricevitore con uno scatto deciso. «Questo chiarisce tutto» dissi a<br />

Pruen. «Non avete bisogno di parlare, a meno che non vogliate farlo prima<br />

che vi porti via. Sappiamo tutto. Così c'era una cospirazione e voi lo avete<br />

ucciso, eh?»<br />

«No. Chi l'ha detto? Chi l'ha detto?»<br />

«Perché negare? In una tasca di Gregory Mannering è stato trovato un<br />

biglietto che spiega tutto.»<br />

«Mannering?...» borbottò lui e sbatté gli occhi. «Via! Mannering! Perbacco,<br />

lui sarebbe l'ultimissima persona, l'ultimissima!»<br />

Alzai bruscamente la mano per farlo tacere perché entrambi avevamo<br />

sentito dei passi. La finestra nella toilette era spalancata e il rumore pareva<br />

venire da fuori. Dissi a Pruen che se avesse fatto un qualunque rumore le<br />

conseguenze non gli sarebbero piaciute. Poi entrai nella toilette, salii sullo<br />

sciacquone e sbirciai fuori della finestra.<br />

Dietro il museo c'era un cortile e un alto muro il cui cancello di ferro si<br />

apriva su un vicolo chiamato Palmer Yard. Dopo aver aperto quel cancello<br />

qualcuno stava entrando. La luna era ancora alta: fui in grado di distinguere<br />

la figura di una donna. La donna si chiuse il cancello alle spalle e si avviò,<br />

piuttosto frettolosamente, lungo il marciapiede. Nel vedere la mia testa<br />

inquadrata nella finestra... evidentemente si aspettava di trovarvi qualcuno<br />

lì... agitò la mano in segno di saluto.<br />

«Restate qui» dissi a Pruen, «e se aprite bocca... Come si arriva alla parte<br />

posteriore di questa casa?»<br />

Per arrivare alla porta posteriore, spiegò, bisognava andare nella sala e<br />

poi aprire l'uscio a destra della scala, entrare in un breve corridoio che portava<br />

alle sue stanze personali e finalmente alla porta posteriore. Andai nella<br />

sala, seguii le sue istruzioni e arrivai nel piccolo buio corridoio proprio<br />

mentre la donna apriva la porta posteriore. La vidi delineata contro il chiarore<br />

lunare mentre allungava la mano per accendere una lampadina che<br />

penzolava dal soffitto. E la luce si accese.<br />

Ecco, signori, quella sì che era una donna. Ho visto ragazze più belle in<br />

senso classico, però mai con quel portamento e quel fascino che prende<br />

subito. La sua presenza si faceva sentire. Per un istante restò sotto la lampadina<br />

oscillante sbattendo gli occhi per abituarsi al bagliore. Portava un<br />

mantello scuro sulle spalle sopra un vestito da sera rosso scarlatto molto<br />

scollato. Non era alta né esattamente florida. Se non sono più esplicito, si-


gnori, e traccio il mio schizzo con mano leggera e da gentiluomo, è perché<br />

da quel momento sono in rapporti più che amichevoli con lei. Ma, come<br />

dicevo, dava l'impressione di essere florida. Aveva quei pesanti capelli<br />

scuri che sembravano riflettere la luce intorno, e lunghi, luminosi occhi<br />

scuri sotto palpebre che parevano di cera, la bocca rosa e il collo sottile.<br />

Gli occhi sembravano ansiosi, e lei era indubbiamente nervosa. Ma nonostante<br />

quell'ansietà, era l'intensa vitalità in lei... una specie di vitalità cordiale,<br />

sorridente, che la rendeva vivida come il suo vestito scarlatto in quel<br />

corridoio. La lampadina le dondolava sopra la testa facendola entrare e uscire<br />

dall'ombra. Guardava lungo il corridoio fissandomi.<br />

«Dico, Ronald» cominciò in tono eccitato. «Ho visto la tua luce, là dentro,<br />

ma non pensavo che tu fossi qui. Credevo che tu fossi andato a casa<br />

tua. Stavo appunto per andarci. C'è qualcosa che non v...?» s'interruppe<br />

bruscamente. «Chi è? Chi c'è? Cosa volete?»<br />

«Signora» dissi, «non vorrei sembrarvi troppo curioso ma vorrei sapere<br />

cosa sta succedendo in questa casa di matti. Chi siete?»<br />

«Io sono Miriam Wade. Voi chi siete?»<br />

Alla mia risposta spalancò gli occhi e si avvicinò un poco per vedermi<br />

meglio. Ma in quegli occhi scuri la perplessità era dominante al pari della<br />

paura.<br />

«Un funzionario di polizia» ripeté. «Cosa volete mai, qui? Cos'è successo?»<br />

«Assassinio.»<br />

Sulle prime mi sembrò che non capisse. Quando si rese conto, Miriam<br />

Wade scoppiò a ridere, una risata che, mentre lei mi scrutava, si faceva<br />

sempre più isterica. Si portò le mani sulla bocca poi sulle guance. «Scherzate...»<br />

«No.»<br />

«Volete dire... un morto? Chi è morto? Certo non...»<br />

«È quello che voglio sapere, signorina Wade. Perché non venite a vedere<br />

se potete identificarlo?»<br />

«Certo che lo farò» rispose con uno sforzo, «ancora non vi credo, ma lo<br />

farò. Vorrei... voglio dire, non ho mai visto un... dico, è molto brutto? Non<br />

potreste dirmi qualcosa? Chi vi ha chiamato qui?»<br />

La guidai nella sala. Prima che io avessi il tempo di indicarglielo, lei vide<br />

il Reperto Numero Uno con la testa voltata verso di noi. Di una cosa fui<br />

certo quando la vidi scattare all'indietro: non era quello che si aspettava di<br />

vedere. Poi si fece coraggio, tese le braccia lungo i fianchi, fece qualche


passo in avanti, guardò la faccia e si fermò. All'improvviso si chinò come<br />

se stesse per inginocchiarsi, poi si dominò: il suo bellissimo viso sotto<br />

quella luce lunare era inespressivo. Inespressivo e, per una qualche ragione,<br />

stranamente maturo. Qualcosa era cambiato in quel viso... un grido<br />

muto?... qualcosa s'indurì, tuttavia per un istante credetti di vedere i suoi<br />

occhi velarsi di lacrime.<br />

Si raddrizzò, rigida, e disse in tono calmo: «No, non lo conosco. Devo<br />

guardarlo ancora?».<br />

Cosa diavolo è la logica? Forse fu il vago aspetto da gigolò di quell'uomo<br />

per terra, un qualcosa di rocambolesco nel ghigno del suo viso morto o<br />

il suo logoro vestito da sera che mi spinse a dire quello che dissi.<br />

«Non mentite» dissi. «Mi renderete le cose molto più difficili se mentite.»<br />

<strong>Le</strong>i mi rivolse un sorriso, un sorriso quasi tremolante. Muoveva le mani<br />

su e giù lungo i fianchi del vestito.«Siete abbastanza gentile» disse. «Ma io<br />

non sto mentendo. Mi rammenta qualcuno... ma non c'è altro. Per amor di<br />

Dio, ditemi cos'è successo! Come è entrato qui quest'uomo? Cosa è accaduto?<br />

Quel coltello...» indicò, e mentre lo guardava trasalì e la sua voce si<br />

fece stridula. «È quello che Sam...»<br />

«Quello che Sam?»<br />

Senza dare l'impressione di avermi udito, lei si voltò e guardò la lunga e<br />

orribile - in un certo senso - cassa da imballaggio intorno alla quale Pruen<br />

aveva danzato. Ma la domanda l'aveva ben capita.<br />

Quando tornò a guardarmi, lo fece con una civetteria quasi macabra che<br />

non cancellò l'espressione artificiosa dei suoi occhi né l'ansimare del suo<br />

petto.<br />

«Ehi, non dovete badare a me. Se mi trascinate a guardare cadaveri, non<br />

dovete aspettarvi un comportamento coerente, non vi pare? Sinceramente<br />

non volevo dire proprio nulla. Sam... Sam Baxter è un amico mio... ammirava<br />

quel pugnale. Era là in una di quelle bacheche, o da qualche altra parte.<br />

Sam desiderava che mio padre glielo vendesse per appenderlo alla parete<br />

della sua camera, diceva che aveva un'aria piuttosto... piuttosto spaventosa<br />

e sinistra...»<br />

«Calma, signorina Wade. Venite via di qui, ora.» La presi per un braccio<br />

e la spinsi verso la scala. «Perché siete venuta al museo, stasera?»<br />

«Non avevo intenzione di venirci! Voglio dire, Ronald Holmes... il segretario<br />

di mio padre... Ronald stava dando un piccolo party in casa sua e<br />

io ero diretta là. E quando vengo da queste parti, parcheggio sempre la


macchina in Palmer Yard. Comunque l'ho parcheggiata lì, dopo di che ho<br />

visto la vostra luce. Così ho creduto che Ronald fosse stato trattenuto...»<br />

A ogni parola che pronunciava, si allontanava sempre più dal morto e io<br />

la seguivo come se la pedinassi. A quel punto era arrivata oltre le colonne<br />

sul lato destro della sala. Allungò una mano e toccò un lungo tappeto persiano<br />

appeso al muro dietro di lei; la sontuosità del tappeto pareva incombere<br />

su di lei che vi si appoggiava contro e con le mani sottili e magre ne<br />

carezzava la superficie come per trarne conforto.<br />

«Stavate andando a un party in casa del signor Holmes» ripetei. «Ma il<br />

vostro fidanzato non veniva con voi?»<br />

<strong>Le</strong>i taceva e io dovetti spronarla. «Siete fidanzata con un certo signor<br />

Gregory Mannering, mi pare, no?»<br />

«Be', sì, non proprio ufficialmente.» Disse quelle parole in fretta, farfugliando,<br />

come se non avessero alcuna importanza, ma i suoi occhi erano<br />

tornati a sbirciare furtivamente il morto, e la loro espressione era spaventata.<br />

«Greg! Dite, cosa c'entra Greg? Lui non ha mica visto quel... vero?»<br />

«Credo di sì... ascoltate, signorina Wade, non sto cercando di sopraffarvi<br />

o di tacervi fatti misteriosi.» Non era saggio, ma le raccontai per filo e per<br />

segno cos'era accaduto quella sera. <strong>Le</strong>i dava l'impressione di frugare freneticamente<br />

nei propri pensieri come una donna potrebbe frugare nei suoi<br />

armadi, e avrei giurato di averle udito mormorare almeno una volta "La finestra<br />

della cantina". Ma continuai. «Il punto è questo. Ho accennato vagamente<br />

alla sparizione di un uomo con la barba finta... e il vostro fiancé è<br />

svenuto. Ci capite qualcosa?»<br />

Ma a quanto pareva a lei interessava poco anche quello.<br />

«Il poliziotto» cominciò, «il vostro poliziotto ha visto un uomo con...<br />

chissà perché la parola "barba" è così terribilmente buffa... che lo ha accusato<br />

di essere un assassino?» La sua voce si spense, per un qualche motivo<br />

lei era più calma di quanto lo fosse stata prima e ora la sua mente tornò alla<br />

mia frase precedente. «Svenuto? Ah! Non potete capire. Greg è svenuto<br />

perché... se lo conosceste, capireste la ridicolezza della cosa! Quando faceva<br />

parte della Guardia Civile Spagnola fu distaccato nella <strong>Le</strong>gione Straniera<br />

come spia tra gli arabi nel periodo in cui c'era tutto quel subbuglio<br />

non so bene dove... si divertiva da matti... Ma, vedete, si tratta del suo cuore,<br />

gli tocca prendere la digitalina. Ecco perché fu costretto a dimettersi.<br />

Ogni volta che fa qualche sforzo o si emoziona... avete detto che c'è stata<br />

una rissa tra lui e il poliziotto, no?... si sente male. Soltanto la settimana<br />

scorsa ha portato sulle spalle un baule al piano di sopra perché Ronald


Holmes aveva scommesso che nessuno era abbastanza forte da farlo da solo,<br />

e poi ha avuto un attacco di cuore. È fortissimo, l'ha portato su per ben<br />

due rampe prima di mancare un gradino e lasciarlo scivolare giù... solo che<br />

era pieno di porcellane antiche... papà era furioso. Greg che sviene perché<br />

qualcuno gli dice qualcosa! È assurdo! Ne convenite, no?»<br />

«Ma come mai quel malinteso? Stasera era qui e batteva alla porta insistendo<br />

a dire che ci doveva essere una riunione al museo...»<br />

<strong>Le</strong>i mi guardò direttamente negli occhi. «Non ha avuto il mio messaggio,<br />

tutto qui. Stasera sul presto gli ho telefonato là, dove abita, lui era fuori,<br />

ma mi hanno detto che sarebbe rientrato entro pochi minuti e che gli avrebbero<br />

trasmesso il mio messaggio. Gli dicevo che la riunione era stata<br />

rimandata e di venir invece da Ronald in Pall Mall Place.»<br />

«Chi ci doveva essere a quella riunione?»<br />

«Solo mio padre... vedete, volevo che conoscesse Greg in un ambiente<br />

congeniale; non si erano mai incontrati faccia a faccia; Greg non conosce<br />

neppure mio fratello...» Buttò là un'infinità di parole, alla disperata, ma io<br />

la lasciai parlare sperando che saltasse fuori qualcosa di utile da quella tirata<br />

ansimante. «Cosa stavo dicendo? Ah, sì. Solo mio padre e Greg e Ronald<br />

e il dottor Illingworth... il predicatore scozzese, sapete, un uomo terribilmente<br />

moralista, ma con un grandissimo interesse per <strong>Le</strong> <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong><br />

<strong>Notte</strong>...»<br />

«<strong>Le</strong> <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong>?»<br />

«Sì. Sapete, Alì Babà e Aladino e tutti quei personaggi. Soltanto, e questo<br />

mi fa andare in bestia, a sentire mio padre lui non le considera novelle,<br />

non sa nemmeno che sono novelle, lui cerca di rintracciare la loro origine<br />

storica o una cosa così. Ricordo d'aver tentato di leggere un suo articolo<br />

nel "Journal Asiatique", su quella novella delle <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong> che narra<br />

di uomini trasformati in pesci: pesci bianchi, azzurri, gialli e rossi, ricordate,<br />

a seconda se erano musulmani, cristiani, ebrei o santoni. Il dottor<br />

Illingworth sosteneva che quei colori rappresentavano i turbanti portati dai<br />

sudditi di Maometto quando Maometto Vattelapesca d'Egitto comandava i<br />

musulmani, i cristiani e gli ebrei nell'anno milletrecentouno. Non so bene<br />

di cosa si trattava, ma so che era spaventosamente culturale e barboso.»<br />

Si torceva le mani cercando di assumere un atteggiamento disinvolto,<br />

ma era chiaro che tentava di distrarmi da qualcosa. Che cosa?<br />

«E cos'era» domandai, «che dovevano esaminare stasera prima che vostro<br />

padre fosse costretto a partire?»<br />

«Esaminare?»


«Sì, non doveva essere soltanto una riunione sociale, a quanto ho capito.<br />

Infatti il signor Mannering mi ha detto: "Violeremo una tomba" e poi mi<br />

ha chiesto se credevo ai fantasmi.»<br />

Qualcuno bussò bruscamente alla grossa porta di bronzo e il rimbombo<br />

la fece trasalire. Ma mentre i colpi echeggiavano nel museo, lessi la paura<br />

nei suoi occhi, ed era stata la mia ultima frase che l'aveva provocata.<br />

4<br />

Ci vuole un cadavere<br />

Mi affrettai verso la grossa porta e tirai indietro il paletto. Hoskins, i baffi<br />

ritti, entrò come se si aspettasse di trovare un cadavere sulla soglia. Con<br />

lui c'era il dottor Marsden, il medico del distretto; Crosby, l'addetto alle<br />

impronte; Rogers, il fotografo, e due poliziotti. Dopo averli avvertiti di non<br />

calpestare le tracce di polvere di carbone e aver detto a Rogers di fotografarle,<br />

detti loro le solite istruzioni. L'agente Martin restò accanto alla porta<br />

e l'agente Collins partì per una ricerca (probabilmente inutile) nella casa.<br />

Rogers e Crosby si misero immediatamente a lavorare sul morto perché io<br />

non potevo nemmeno frugare nelle tasche della vittima finché il lavoro di<br />

routine non fosse stato portato a termine.<br />

Hoskins mi trasse da una parte.<br />

«Ho Sua Signoria... voglio dire il signor Mannering... fuori, in macchina»<br />

mi disse con un borbottio misterioso. «Devo dire a Jameson che lo<br />

porti qui?»<br />

«Un momento. Cos'ha detto quando ha ripreso i sensi?»<br />

Il sergente rispose con aria perplessa: «Mi ha parlato del suo cuore malato<br />

e mi ha mostrato una boccetta di compresse. Ma quanto a essere spaventato,<br />

signore, perdio, ha fatto un cambiamento completo. Quando gli ho<br />

detto di Barba Bianca e di cosa mi aveva fatto Barba Bianca...»<br />

«Glielo hai detto?»<br />

«Ho dovuto, signore! Non c'è altra via d'uscita quando uno ti chiede per<br />

quale motivo viene trattenuto... Be', signore, crede che ne sia rimasto<br />

sconvolto? No! Si è messo a ridere! Ha riso e riso a non finire.» Hoskins si<br />

accigliò. «Pareva che quello svenimento lo avesse molto sollevato. Poi,<br />

quando voi avete telefonato per dire del delitto e dell'uomo con la barba<br />

nera, lui era tutto interessato ed eccitato ma non più spaventato di me. Ha<br />

continuato a vagolare e a raccontarci di un delitto commesso da teppisti<br />

nell'Iraq o che so io, e di come lui aveva aiutato la polizia nelle indagini»


disse Hoskins strizzando un occhio con fare confidenziale. «Però, detto tra<br />

noi, secondo me è un fottuto bugiardo. Vedete, signore, lo abbiamo riportato<br />

alla ragione con quel biglietto... Devo dire a Jameson che lo porti<br />

qui?»<br />

«Prima dobbiamo chiarire qualcosa. Vieni qui e dimmi se questo è lo<br />

stesso uomo che ha tentato di strangolarti davanti al museo.»<br />

Hoskins mi seguì premurosamente. Nel vedere Miriam Wade, che era<br />

sempre appoggiata al tappeto e alla quale avevo fatto un cenno rassicurante,<br />

il sergente lanciò un fischio.<br />

Quando gli dissi chi era, fu chiaro dalla sua espressione che considerava<br />

la cosa sinistra. Poi guardò il cadavere.<br />

«No, signore» dichiarò dopo averlo osservato. «Non è lo stesso uomo.»<br />

«Ne sei sicuro?»<br />

«Assolutamente, signore! Guardate! Questo tipo qui ha la faccia piuttosto<br />

tonda e un naso che definireste ebraico. Il vecchio che è saltato giù da<br />

quel muro...»<br />

«Sta' a sentire, sei sicuro che era vecchio?»<br />

Hoskins gonfiò le guance. «No, signore, non ci potrei giurare, capite. Ci<br />

avevo già pensato, ora che me lo chiedete. Ma di una cosa sono certo: aveva<br />

la faccia lunga e affilata come quella d'un cavallo, e il naso schiacciato.<br />

Non come questo qui. Giurerei che non si tratta della stessa persona.» Si<br />

fece brusco. «Ordini, signore? Non sono in servizio, ma dato che, per modo<br />

di dire, sono coinvolto in questa faccenda...»<br />

Be', quello sembrava stabilire che c'erano state due persone con barbe<br />

finte a girare lì attorno. Non riuscivo a decidere se ciò migliorava o peggiorava<br />

la situazione: la peggiorava, forse. Faceva venire alla mente strane<br />

visioni di un club di uomini con barbe finte che si riunivano in un museo<br />

orientale in una notte di luna. Non quadrava...<br />

«Fammi vedere quel biglietto» dissi.<br />

Hoskins lo tirò fuori delicatamente. Era un foglio di carta qualunque, ripiegato<br />

in un quadratino, ben schiacciato e, da un lato, molto sporco. Lo<br />

spiegai. Scritte a macchina sotto la semplice intestazione "Mercoledì" c'erano<br />

le seguenti parole piuttosto insolite:<br />

Caro G.<br />

Ci vuole un cadavere... un vero cadavere. La causa della morte non ha<br />

importanza, ma ci vuole un cadavere. Combinerò io il delitto... quel khanjar<br />

col manico d'avorio andrà benone, oppure, se ci sembrerà meglio, or-


ganizzeremo uno strangolamento...<br />

Seguivano due parole cancellate con una serie di X e il biglietto finiva lì.<br />

Cercai di raccapezzarmi. Il sergente Hoskins lesse nel mio pensiero.<br />

«Un tipo molto disinvolto, eh, signore?» disse. «Assassinio, puah... "Ci<br />

troviamo al Lyons per il tè..." così, semplicemente. Eh?»<br />

Dissi: «Accidenti, Hoskins, qui c'è qualcosa che non quadra. Avevi mai<br />

letto qualcosa che desse meno l'impressione dell'appello di un assassino<br />

assetato di sangue?».<br />

Hoskins rifletté. «Be', signore, non saprei esattamente dire com'è un assassino<br />

assetato di sangue. A me sembra che avrebbe dovuto metterci più<br />

passione. Ma sono costretto ad ammettere che mi fa un gran brutto effetto.»<br />

«Dove lo hai trovato?»<br />

«È caduto dalla tasca del cappotto del signor Mannering mentre io gli<br />

muovevo le braccia su e giù per fargli riprendere i sensi. Non gli ho detto<br />

niente del biglietto. Ho pensato di lasciar decidere a voi. Dico, però: cos'è<br />

un khanjar col manico d'avorio?»<br />

"Ci vuole un cadavere... un vero cadavere." Quella frase era abbastanza<br />

orribile, in ogni modo. Con Hoskins alle calcagna, camminai lungo la fila<br />

di bacheche in mezzo alla sala e cercai quella dalla quale era stato preso il<br />

pugnale. Fu piuttosto facile trovarla. Nella terza bacheca dalla porta principale,<br />

etichettata "Persiano moderno". Sul velluto blu scuro c'era il solco,<br />

lungo circa venticinque centimetri, di un pugnale ricurvo. La bacheca era<br />

chiusa e cardini non se ne vedevano. Come si aprivano quelle scatole di<br />

vetro?, mi domandai, come mi ero domandato spesso nei musei. M'infilai i<br />

guanti e tastai attorno accuratamente. Su un lato, nel supporto di legno, c'era<br />

una minuscola serratura senza chiave. Evidentemente il lato si apriva interamente<br />

come una porta, ma ora era chiuso. Perciò era da presumere che<br />

chiunque aveva preso quel pugnale possedeva una chiave, il che portava<br />

direttamente ai Wade o ai loro amici. "Ci vuole un cadavere... un vero cadavere."<br />

Così l'assassinio era stato un piccolo particolare di qualche programma<br />

fantastico?<br />

Naturalmente la persona più immediata cui portava quell'indizio era il<br />

vecchio Pruen. Lì stava il guaio. Non credevo, e se avessi fatto parte di una<br />

giuria non avrei creduto, che Pruen avesse qualcosa a che fare col delitto.<br />

«Dobbiamo metterci al lavoro» dissi a Hoskins. «Vai a prendere il tuo<br />

amico Pruen: il custode di cui mi hai parlato... è giù nella stanza del con-


servatore. Portalo da qualche altra parte... quella stanza mi servirà per altri<br />

testimoni... e cerca di tirargli fuori tutto quello che è successo stasera.<br />

Chiedigli di questo pugnale, quando si è accorto della sua sparizione e tutto<br />

quello che sa al riguardo. Vedi quella cassa là? Scopri perché Pruen vi<br />

ballava attorno stasera e cosa intendeva dire con "la signora di Harun-ar-<br />

Rashid".»<br />

Non a torto Hoskins volle sapere chi era Harun-ar-Rashid e cosa c'entrava<br />

la sua signora. Secondo quanto ricordavo nebulosamente, Harun era stato<br />

un califfo di Bagdad nell'ottavo secolo o giù di lì: il famoso personaggio<br />

delle "<strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong>" cui piaceva andare in cerca di avventure travestito.<br />

<strong>Una</strong> volta qualcuno mi aveva detto che Harun-ar-Rashid, tradotto, significava<br />

Harun l'Ortodosso... il che sembrava una specie di denigrazione.<br />

C'era da supporre che avesse una moglie; almeno quello era un indizio ovvio.<br />

Mannering aveva parlato di una scoperta fatta dal museo, una faccenda<br />

segreta, e che, così per dire, avrebbero violato una tomba. Era possibile<br />

che Geoffrey Wade (che Pruen aveva descritto come un tipo che andava a<br />

frugare nei palazzi dei califfi) avesse scoperto, o creduto di aver scoperto,<br />

la bara della moglie di Harun-ar-Rashid? C'è da aggiungere, tuttavia, la divertita<br />

dichiarazione di Pruen secondo la quale nella cassa non c'era niente.<br />

E quando ci avete aggiunto questo, cercate di immaginare cosa ci incastri<br />

un cadavere con la barba finta e con un ricettario di cucina in mano.<br />

Parlai di quella nuova possibilità a Hoskins che stava fissando la cassa.<br />

Il sergente abbassò la voce.<br />

«Alludete, signore, a una mummia?» domandò. «Come quelle che, nei<br />

film, si alzano e si mettono a camminare?»<br />

Gli feci notare che i califfi erano musulmani e che seppellivano i morti<br />

come tutti, e questo sembrò rassicurarlo. Lui era molto sospettoso riguardo<br />

alle mummie: aveva l'idea che erano morti che non volevano stare sdraiati<br />

nelle bare.<br />

«Visto che non ci sono mummie...» disse, «cosa volete che faccia? Devo<br />

disseppellirla, se questo è il termine giusto?»<br />

«Sì, se Pruen non vuol parlare. Nella stanza del conservatore c'è un'accetta.<br />

Se non riesci a cavar niente da Pruen, apri la cassa, con molta attenzione.<br />

Noi cerchiamo qualcuno che sa tutto di questo posto...»<br />

«Be', signore, anche se il vecchio signor Wade è via, ci sarà qualcuno<br />

incaricato. Non potremmo telefonargli?»<br />

Ronald Holmes. Ma c'era un'idea migliore che quella di telefonargli.<br />

Ronald Holmes che, in quel momento, secondo Miriam Wade, stava dando


una festicciola dove probabilmente erano presenti tutte le persone collegate<br />

col museo. E abitava a non più di cinque minuti di distanza da lì, in Pall<br />

Mall Place. Se mi prendevo dieci minuti e andavo là prima che la notizia<br />

di questa faccenda arrivasse a loro, c'era la probabilità di ottenere qualche<br />

risultato.<br />

«Bada tu a tutto» dissi a Hoskins. «Non starò via molto, e mi porterò<br />

dietro Holmes. Se troviamo altri testimoni, questa casa è abbastanza grande<br />

per tenerli separati. Nel frattempo metteremo la ragazza giù, nella stanza<br />

del conservatore, sorvegliata da Martin. Non deve comunicare con nessuno,<br />

tieni Mannering lontano da lei, anche se lui dovesse cominciare a far<br />

cagnara. Intanto...»<br />

«Dov'è la donna?» domandò brusco Hoskins.<br />

Ci girammo entrambi di scatto. La fila dei tappeti persiani lungo la parete<br />

era deserta: ebbi la sensazione di essere al volante di una macchina di<br />

cui avevo perso il controllo. Non poteva essere corsa verso l'uscita, l'agente<br />

Martin era di guardia alla porta di bronzo. Mi precipitai verso la stanza<br />

del conservatore. L'uscio era chiuso, ma io udii debolmente una voce che<br />

parlava senza però distinguere le parole. Parlava con Pruen? Attraverso<br />

quell'uscio listato d'acciaio non si poteva udire niente, ma proprio sopra la<br />

mia testa c'erano gli sfiatatoi del ventilatore all'interno dell'ascensore.<br />

Aprii rapidamente l'uscio giusto in tempo per afferrare chiaramente una<br />

mezza dozzina di parole.<br />

Ma di nuovo la faccenda mi sembrò strana e incomprensibile. Miriam<br />

Wade era seduta dietro la scrivania di mogano e stava china sul telefono.<br />

<strong>Le</strong> parole che udii erano "Whitehall zero zero sei sei. Voglio parlare con<br />

Harriet Kirkton". Ma aveva messo un fazzoletto sul microfono... evidentemente<br />

per alterare ancora di più la voce, perché stava parlando con una<br />

profonda tonalità di contralto che contrastava con la sua abituale. Quando<br />

mi vide, sbatté il ricevitore sulla forcella e si alzò con il viso in fiamme.<br />

«Voi!» gridò, affannata. «Voi... odioso, maledetto ficcanaso!»<br />

«Via via» dissi. C'era sempre la tentazione di dire "Via via" a quella vitalissima<br />

femmina che ora sembrava Messalina in preda a una crisi di nervi,<br />

ma ne sciupava l'effetto con la sua scelta delle parole. «Stavate telefonando.<br />

Perché non continuate?»<br />

«Non sono affari che vi riguardano.»<br />

«Date le circostanze devo chiedervi a chi stavate telefonando.»<br />

«Avete sentito, no? Ad Harriet. È una delle mie migliori amiche. Era con<br />

me a bordo della nave quando sono tornata a casa. <strong>Le</strong>i...»


«Sì, ma quando telefonate alle vostre migliori amiche, camuffate la voce?<br />

Statemi a sentire, signorina Wade, questo non è proprio il momento<br />

per fare scherzi...»<br />

Credetti che prendesse il portacenere di bronzo e me lo scagliasse sulla<br />

testa. Invece dominò l'impulso e, portandosi le mani sul florido seno, mi<br />

disse esplicitamente, con un tono che voleva essere di profondo disprezzo,<br />

cosa dovevo fare e dove dovevo andare.<br />

«Whitehall zero zero sei sei» dissi. «Che numero è? Posso saperlo dal<br />

centralino, sapete.»<br />

«È l'appartamento di Ronald Holmes. Non mi credete, vero?» (Avevo<br />

preso la guida del telefono.) «Non lo troverete. Ma è così.» I suoi occhi si<br />

velarono.«Sentite, dovete proprio tenermi qui? Credete che sia piacevole<br />

per me, con quel... quel coso di là e tutto il resto? Non potreste lasciarmi<br />

andare o almeno permettermi di chiamare qualcuno? Di chiamare mio fratello?»<br />

«Dov'è vostro fratello?»<br />

«Da Ronald.»<br />

La domanda, sul motivo per cui non aveva chiesto del fratello invece di<br />

quella Harriet Kirkton, se voleva parlare con lui, era così ovvia che non la<br />

posi neppure. Ma riguardo al numero mi aveva detto la verità: Ronald<br />

Holmes, Prince-Regent Court, Pall Mall Place, era sull'elenco col numero<br />

Whitehall 0066. Posai l'elenco e per la prima volta mi resi conto che Pruen<br />

non era nella stanza; ma lei mi prevenne con un atteggiamento amaro e altezzoso.<br />

«È nella toilette» spiegò. «L'ho pregato di stare lì mentre io telefonavo.<br />

Venite, Raffles, vecchio amico! Potete uscire ora.»<br />

Immusonito ma imbarazzato, Pruen aprì la porta e venne fuori con aria<br />

di sfida. Il suo atteggiamento verso la ragazza, dall'occhiata che le lanciò,<br />

era quasi di adorazione: dava l'impressione di cercare una scusa qualsiasi<br />

per scagliarsi contro chiunque gli rivolgesse la parola. Feci un cenno a Hoskins<br />

e Martin che erano rimasti sulla soglia.<br />

«Incarico te, Martin, resta qui e sorveglia la signorina Wade fino al mio<br />

ritorno. Il telefono è fuori servizio, intesi?» La ragazza, cupa, si era seduta<br />

su una poltrona di pelle rossa e io mi rivolsi a lei. «Ora state calma per<br />

qualche minuto, se non vi dispiace. Parlerò con vostro fratello e lo porterò<br />

qui, poi tutto si aggiusterà. Torno presto.»<br />

Mentre uscivo, la udii imprecare in un modo che mio zio e mia zia a<br />

Belfast avrebbero estremamente disapprovato. Mi fermai accanto a Rogers


che aveva finito di fotografare il cadavere e la sua posizione, ma Crosby<br />

era sempre al lavoro con le impronte digitali, e il dottor Marsden stava facendo<br />

un esame accurato. Il pugnale era stato tolto dalla ferita. Crosby me<br />

lo mostrò dentro un fazzoletto: una lama ricurva dall'aspetto micidiale,<br />

venticinque centimetri scarsi di lunghezza, affilata da entrambi i lati e con<br />

la punta aguzza. L'avevano ripulita.<br />

«Un'infinità di impronte, qua sopra, signore» disse Crosby indicando il<br />

manico d'avorio. «Ma sbavate e sovrapposte come se fosse stato toccato da<br />

un sacco di gente. <strong>Le</strong> ingrandirò e vedrò se riesco a ottenere qualcosa di<br />

chiaro. Qualche impronta abbastanza chiara all'interno della carrozza... qui<br />

c'è qualcos'altro. Pare che il nome di questo individuo fosse Raymond<br />

Penderei. Questi due biglietti da visita spuntavano dal taschino del panciotto<br />

e lo stesso nome è stampato nel cappello.»<br />

Mostrò due biglietti macchiati di sangue su cui "Raymond Penderel" era<br />

stato stampato evidentemente da uno di quei tipografi ambulanti che si<br />

trovano per strada. Guardai il taciturno dottor Marsden che grugnì.<br />

«Non ho un gran che da dirvi» disse. «Questo coltello è stato scagliato<br />

direttamente al cuore: l'uomo è morto istantaneamente.» Si rialzò, rigido.<br />

«Ora della morte... uhm. Quando lo avete trovato? A mezzanotte e venticinque.<br />

Già. Adesso è appena l'una e un quarto. Direi che è morto tra le<br />

dieci e mezzo e le undici e mezzo, minuto più minuto meno.» Esitò. «Ascoltate,<br />

Carruthers, non è compito mio, ma voglio darvi un suggerimento.<br />

Vedete la forma di questa lama? Pochissime persone, senza una conoscenza<br />

medica, avrebbero saputo calcolare esattamente l'angolatura per arrivare<br />

al cuore. <strong>Una</strong> pugnalata simile... o è stata un diabolico incidente, oppure<br />

l'assassino sapeva precisamente dove colpire.»<br />

M'inginocchiai e frugai nelle tasche del morto. C'erano soltanto qualche<br />

spicciolo, un pacchetto di sigarette da dieci e un logoro ritaglio di giornale.<br />

Il ritaglio era di una di quelle colonne di pettegolezzi ed era quasi in cima<br />

alla pagina del giornale così che si vedeva anche la data: 11 maggio, poco<br />

meno di un mese prima. Diceva:<br />

È tornata oggi in Inghilterra, dai rigori del clima nell'Iraq, la signorina<br />

Miriam Wade. Bella, giovane, schietta, terrore delle hostess. Prima della<br />

sua partenza, diciotto mesi fa, le voci la davano per fidanzata con "Sam"<br />

Baxter, figlio di Lord Abbsley, ex maestro di baldorie e ora stella nascente<br />

della <strong>Le</strong>gazione Britannica, Cairo. È atteso, per la prossima settimana, il<br />

padre Geoffrey Wade, studioso e collezionista, i cui lunghi baffi sono sem-


pre presenti alle riunioni culturali. Secondo lui, tracce del palazzo dei Califfi<br />

a Bagdad possono essere...<br />

Il ritaglio, che piegai e misi nel mio blocco per appunti insieme con l'orribile<br />

biglietto trovato addosso a Mannering, non faceva capire chiaramente<br />

se il maestro di baldorie fosse Lord Abbsley o suo figlio, ma noi propendevamo<br />

per il figlio. Era ancora un altro anello della catena. Ma di Raymond<br />

Penderei, chi era o dove viveva, nel suo vestiario non c'era traccia.<br />

Il vestito odorava di canfora come se fosse stato riposto a lungo, e sul taschino<br />

interno c'era l'etichetta "Gaudien, sarto inglese, Boulevard Malesherbes<br />

27, Parigi". E basta.<br />

Lasciai Rogers e Crosby con l'istruzione di cercare tracce nel caos intorno<br />

e dentro quell'ascensore nella stanza del conservatore e andai a trovare<br />

Ronald Holmes. Fuori, in una macchina della polizia parcheggiata accanto<br />

al marciapiede, Gregory Mannering stava discutendo violentemente con<br />

l'agente Jameson; me la svignai in fretta non desiderando lasciarmi coinvolgere<br />

nella lite e mi diressi a est lungo Pall Mall. La città pareva deserta,<br />

le strade erano talmente silenziose che il suono di un clacson lontano pareva<br />

vicinissimo. Pall Mall Place è una piccola corte e vi si accede per mezzo<br />

di un vicolo ed è separata dalla strada da un grande arco. Più in là, oltre<br />

un gruppo di bui edifici addossati gli uni agli altri, trovai una casa alta e<br />

stretta su cui brillava un'insegna al neon: "Prince-Regent Court". Dentro<br />

c'era un lungo e angusto atrio e in fondo ad esso la cabina di un ascensore<br />

automatico. Niente portiere in vista, ma un sonnacchioso giovincello in livrea<br />

sbadigliava davanti a un centralino telefonico evidentemente preparandosi<br />

a smontare. Non volevo annunciare la mia presenza.<br />

«È ancora in corso il party dal signor Holmes?»<br />

«Sì, signore» disse Livrea con uno svogliato tentativo di prontezza militaresca.<br />

Allungò la mano per inserire la spina. «Nome?»<br />

Usai una moneta con buon risultato. «Aspettate un momento. Non mi<br />

annunciate. Voglio picchiare alla porta dicendo che sono un funzionario<br />

della polizia. Vado su: è il D, non è vero?»<br />

Lui sogghignò e mi disse che era l'E e che me ne sarei accorto subito.<br />

Mentre entravo in ascensore mi fermai con aria indifferente. «Quanto tempo<br />

è che sono su?»<br />

«Tutta la sera» rispose Livrea. «Dalle nove, comunque. Attenzione allo<br />

scalino, signore.»<br />

Quando l'ascensore arrivò oscillando al piano di sopra e si fermò, udii


per davvero un gran vocio. Mi trovavo in un corridoio semibuio dipinto di<br />

verde talmente angusto che appena ci si rigirava. Da una porta in fondo<br />

giungevano le note deboli ma calorose di un'armonica a bocca rinforzata<br />

da voci smorzate che cantavano con religioso fervore.<br />

Picchiai forte il battente, così forte che evidentemente le persone all'interno<br />

dovettero pensare che qualcuno fosse salito a protestare per il rumore,<br />

perché i canti cessarono come se fossero stati soffocati. Udii un tramestio,<br />

il rumore di un uscio che si schiudeva e dei passi. La porta fu aperta<br />

da un uomo magro con un bicchiere in mano.<br />

«Sto cercando» cominciai, «il signor Ronald Holmes...»<br />

«Sono io» rispose quello. «Cosa c'è?»<br />

Poiché stava di fianco, la luce illuminò il corridoio. L'uomo portava<br />

grossi occhiali cerchiati di tartaruga.<br />

5<br />

<strong>Le</strong> chiavi della bacheca del pugnale<br />

Lo seguii mentre lui indietreggiava nella stanza. Era una stanzetta deserta<br />

e ordinata: non la scena del concerto. Al di là di un uscio chiuso di fronte<br />

a me venivano risate accompagnate da qualche nota dell'armonica. L'unica<br />

fonte d'illuminazione lì proveniva da una grossa lampada con un paralume<br />

giallo che gettava il suo riflesso sul piano di un tavolo lucido e illuminava<br />

un lato della faccia del mio ospite.<br />

Il quale aveva alzato le sopracciglia con un'espressione di blanda curiosità:<br />

nient'altro. Era magro, di media statura e leggermente curvo. Aveva la<br />

testa lunga e capelli biondastri ispidi e ondulati tagliati corti. Miti occhi<br />

azzurri mi guardavano da dietro le lenti: la sua faccia era affilata, sottile,<br />

con lineamenti aguzzi e l'espressione quasi umile. Portava un elegante vestito<br />

nero con un colletto duro e una grinzosa cravatta scura. Lo giudicai<br />

appena sulla trentina, ma quando girò il capo alla luce vidi che la sua fronte,<br />

lustra di sudore, era solcata da qualche ruga. Sebbene non fosse ubriaco,<br />

era chiaro che doveva aver bevuto parecchio. Si schiarì la voce, strusciò<br />

i piedi per terra, guardò il bicchiere che teneva in mano e tornò a<br />

guardare me. Nella sua voce cortese c'era una strana nota tra l'umiltà e la<br />

determinazione.<br />

«Sì?» mi spronò. «Cosa c'è? Sentite, non vi conosco? Ho l'impressione<br />

di avervi già visto.»<br />

Da dietro la porta venne una voce di donna che cominciò in tono norma-


le, poi d'un tratto si levò in una specie di grido lamentoso e querulo e allo<br />

stesso tempo gaio.<br />

«Sei tu, Rinkey?» gridò la voce. «Rinkey, cretino! Sei tuuuu?» Seguì il<br />

rumore di tacchi femminili che risuonavano rapidi su un pavimento di legno.<br />

«Calmatevi!» ruggì all'improvviso Holmes, girando il capo. «Non è<br />

Rinkey.» Si voltò di nuovo verso di me con aria pazientemente interrogativa.<br />

«Be'? Come dicevo, la vostra faccia non mi è nuova, ma...»<br />

«Credo proprio che non ci siamo mai conosciuti, signor Holmes. Sono<br />

l'ispettore Carruthers e sono qui per domandarvi cos'è successo stanotte al<br />

museo Wade.»<br />

Durante un lasso di tempo in cui si sarebbe potuto contare fino a dieci,<br />

Holmes restò immobile con la testa delineata contro la luce.<br />

«Scusatemi solo un momento» disse, in fretta.<br />

Si mosse talmente alla svelta, che io non ebbi neanche la possibilità di<br />

aprir bocca prima che lui posasse il bicchiere, arrivasse rapidamente all'uscio,<br />

l'aprisse e sparisse all'interno, poi tornò subito fuori chiudendosi l'uscio<br />

alle spalle.<br />

«Fanno tanto di quel chiasso» spiegò, scusandosi, «che non si può nemmeno<br />

sentire i propri pensieri. Siete venuto a chiedermi cosa...» s'interruppe.<br />

«Buon Dio, cos'è successo? Mica un furto?»<br />

«No. Non è stato rubato niente.»<br />

«Oh... allora un incendio?»<br />

«No.»<br />

Holmes tirò fuori dal taschino un fazzoletto e si asciugò con cura la faccia.<br />

Quegli occhi miti parevano scrutarmi da sopra, sotto e intorno al fazzoletto.<br />

Poi lui sorrise.<br />

«Be', mi avete tolto un bel peso dallo stomaco, naturalmente» disse, «ma<br />

continuo a non capire. Uh... posso offrirvi un whisky e soda, ispettore?»<br />

«Grazie, signor Holmes» risposi. Ne avevo proprio bisogno.<br />

Continuando a parlare, appoggiò il suo bicchiere su una credenza, ne tirò<br />

fuori un altro e versò tre buone dita di whisky in ciascuno. «Seguitiamo a<br />

parlare per enigmi» disse tossicchiando. «Per quello che ne so io, non è<br />

successo niente stanotte al museo, a meno che il signor Wade non sia tornato<br />

improvvisamente. Io non ci sono stato. Io... per la miseria, non siate<br />

così misterioso. Cos'è successo?»<br />

«Assassinio» dissi.


Aveva appena cominciato a premere la levetta del sifone del seltz: mancò<br />

il bicchiere. Sibilando, il seltz schizzò sulla credenza di quercia, al che<br />

lui tirò fuori immediatamente il fazzoletto per asciugare e prima di voltarsi<br />

di nuovo parve avventarsi sul mobile.<br />

«Che sbadato» borbottò. «È imposs... scherzate o cercate di... Dite un<br />

po', chi è stato assassinato? Cos'è questa storia?»<br />

«Un uomo di nome Raymond Penderei. È stato pugnalato stasera con un<br />

pugnale dal manico d'avorio preso da una delle bacheche del museo. Ho<br />

trovato il suo cadavere in quella grossa carrozza chiusa nella sala.»<br />

Holmes tirò un respiro tremolante, poi si ricompose. I suoi occhi erano<br />

miti come prima, ma sconcertati. Fu allora che notai, sulla parete sopra la<br />

credenza, una fotografia incorniciata. Era la foto di un uomo che indossava<br />

una lunga veste sullo sfondo di un bosco, e quell'uomo aveva un'accuratissima<br />

barba bianca. Da qualsiasi parte ci si rigirasse, in quel caso non si<br />

trovavano che barbe: per me erano diventate un incubo e un'ossessione.<br />

«Penderei!» stava dicendo Holmes con un tono che avrei potuto giurare<br />

sinceramente perplesso. «Raymond Penderei! Questo nome non mi dice<br />

assolutamente nulla. Cosa diavolo è successo? Cosa ci faceva lì, comunque?<br />

E chi l'ha ucciso? Lo sapete?»<br />

«Non sappiamo la risposta a nessuna di queste domande, signor Holmes.<br />

Ma forse voi potrete esserci d'aiuto. Quanto al pugnale con cui è stato ucciso...»<br />

Per la prima volta, all'accenno al pugnale, gli occhi di Holmes si velarono<br />

leggermente. «È una lama curva con un manico d'avorio chiamata, secondo<br />

Pruen, khanjar...»<br />

«Pruen!» esclamò Holmes, come se avesse dimenticato qualcosa. «Uhm,<br />

sì, naturalmente. Cosa c'entra Pruen? Cosa ha detto?»<br />

«Ha negato che qualcuno sia stato al museo stanotte, tranne lui. Quindi è<br />

ovvio che per lui si mette male.» Lasciai che digerisse quella frase. «E ora<br />

torniamo al pugnale. Chi ha la chiave di quelle bacheche nella sala principale?»<br />

«Io. Ma se è stata rubata...»<br />

«Nessun altro ha una chiave?»<br />

«Be', il signor Wade, naturalmente. Ma...»<br />

«Il pugnale non è stato rubato. È stato preso dalla bacheca da qualcuno<br />

che aveva una chiave e che poi ha richiuso la bacheca.»<br />

Holmes parlava in tono calmissimo. Quasi meccanicamente prese i due<br />

bicchieri dalla credenza. A quel punto feci un gesto come per rifiutare per-


ché non si può bere con un uomo contro il quale si è lanciata un'accusa del<br />

genere, ma lui disse seccamente: «Non siate sciocco!». E continuò con la<br />

stessa voce pacata: «Qualcuno doveva avere un duplicato della chiave. Io<br />

posso soltanto dirvi che non l'ho ucciso e che in vita mia non ho mai saputo<br />

niente di qualcuno di nome Raymond Penderei. I miei amici e io siamo<br />

stati qui tutta la sera...»<br />

«A proposito, chi c'è qui con voi?»<br />

«Jerry Wade, il figlio del signor Wade. Un nostro amico di nome Baxter<br />

e la signorina Kirkton. Non credo che li conosciate. Stavamo aspettando la<br />

signorina Wade e un suo amico, un certo Mannering...»<br />

«Nessun altro?»<br />

«Ora no. C'erano altre persone, ma se ne sono andate. Sentite, volete che<br />

faccia venire qui Jerry Wade?»<br />

Guardai l'uscio chiuso dell'altra stanza. Il silenzio là dentro era sospettoso,<br />

ed era iniziato dal momento in cui vi era entrato per un attimo Holmes.<br />

A un certo punto la donna aveva tentato di attaccare Barnacle Bill, il Marinaio,<br />

ma era stata violentemente zittita alle prime note.<br />

«Scusatemi un istante» dissi a Holmes. Mi avvicinai all'uscio, bussai e<br />

aprii.<br />

Dalla varietà delle voci mi sembrò, dopo il primo attimo di silenzio, di<br />

essere entrato in una gabbia di pappagalli. Era una stanza piccola, quasi<br />

come l'altra, ugualmente illuminata e piena di fumo azzurrognolo. Raggomitolata<br />

su un divano di fronte all'uscio sedeva una snella bionda dalle<br />

gambe lunghe che stava ammiccando e ridendo allegramente con un bicchiere<br />

da cocktail in mano e il gomito appoggiato al bracciolo del divano.<br />

Aveva una di quelle facce spirituali e ascetiche che ricordano quelle dei<br />

dipinti preraffaelliti, con occhi color azzurro porcellana; ogni tanto scattava<br />

in avanti all'improvviso come se il diavolo le avesse dato una spinta.<br />

Ritto dietro una foresta di bottiglie su un tavolo c'era un giovanotto robusto<br />

con una massa di capelli color rosso acceso, vestito anche troppo<br />

correttamente da sera. A causa di una sigaretta che gli pendeva da un angolo<br />

della bocca, sbatteva le palpebre per non farsi andare il fumo negli occhi<br />

mentre esaminava un appiccicoso shaker che teneva in mano. Al mio ingresso<br />

si girò di scatto, mi fissò e poi tentò di assumere un gelido atteggiamento<br />

dignitoso, cosa che, in un certo senso, era impossibile per il fatto<br />

che qualcuno gli aveva attaccato con degli spilli da balia il lungo nastro<br />

rosso di una scatola di cioccolatini attraverso il petto. Per giunta aveva l'aria<br />

spaventata.


La terza figura sedeva su un seggiolino basso e stava lustrando un'armonica<br />

a bocca. Potrei solo descriverlo come un giovane con la faccia d'un<br />

vecchio. Sebbene non avesse certamente più di ventisette, ventotto anni,<br />

aveva la faccia raggrinzita vuoi per il troppo ridere vuoi per il troppo leggere.<br />

A parte quella del nostro amico dottor Fell, credo che fosse la faccia<br />

più simpatica che io abbia mai visto. Lui sembrava eccitato e dava l'impressione<br />

di gesticolare anche se non si muoveva affatto. Si appoggiò allo<br />

schienale della sedia e salutò affabilmente con la mano: un tipo mingherlino,<br />

insaccato in una vecchia giacca di tweed, con capelli neri tagliati alla<br />

tedesca.<br />

<strong>Una</strong> pausa di silenzio e poi la gabbia di pappagalli prese vita. Harriet<br />

Kirkton gettò la testa all'indietro con aria compiaciuta e ispirata, spalancò<br />

la bocca fino a mostrare le tonsille preraffaellite e si mise a cantare con<br />

voce così forte da spaccare il soffitto:<br />

"Chi è che bussa alla mia porta?<br />

"Chi è che bussa alla mia porta?<br />

"Chi è che bussa alla mia porta?<br />

"Disse la bella giovane dooonna".<br />

Il giovanotto dalla testa rossa si drizzò e cominciò, con voce avvinazzata<br />

dal tono baritonale: «Ehi, è imperdonabile piombare qui in questo modo...».<br />

Il giovane-vecchio alzò la mano e la puntò contro di me fissandomi intensamente<br />

quasi volesse ipnotizzarmi. «Non potrete mai dire che sono<br />

stato io» dichiarò con voce profonda. Poi, dopo aver soffiato con enfasi<br />

nell'armonica, disse in tono naturale: «Buona sera, vecchio amico. Sedetevi.<br />

Bevete qualcosa. Come stanno tutte le barbe finte a Scotland Yard?».<br />

Holmes troncò quelle chiacchiere con la sua voce piatta, nervosa: «Per<br />

amor di Dio, piantala» disse.<br />

Fu efficace come un vero diluvio d'acqua gelida; non mi era mai capitato<br />

di sentire un gruppo di persone zittirsi così istantaneamente. Il giovanevecchio<br />

posò tranquillamente l'armonica accanto alla sua sedia e alzò lo<br />

sguardo.<br />

«Uh!» esclamò dopo una pausa. «Ma dico, cosa succede, Ron? Si ha<br />

quasi l'impressione che cerchi di trattenerti dall'esplodere.»<br />

«Mi spiace di essere piombato qui in questo modo» dissi. «Ma si tratta<br />

di una cosa importante. Nessuno tra voi qui presenti conosceva un uomo di


nome Raymond Penderei?»<br />

Il Rosso aveva l'aria completamente assente. Aprì la bocca, poi ci ripensò<br />

e la richiuse, ma non dava l'impressione che avrebbe detto qualcosa di<br />

illuminante. Ma Harriet Kirkton conosceva certamente quel nome; ne ero<br />

sicuro. A quel punto sembrava un po' meno sbronza. Per quanto non si fosse<br />

mossa e continuasse a restare con il gomito rigidamente appoggiato al<br />

bracciolo del divano, notai, alla luce del lume accanto a lei, che le unghie<br />

della sua mano che stringeva il bicchiere erano sbiancate. Ma non era ancora<br />

arrivato il momento di sganciare la bomba cui stavo pensando.<br />

«Nessuno?» incitai.<br />

Nessuno parlò, e io ebbi la strana sensazione che in quel silenzio venissero<br />

bruciati dei ponti. La voce di Holmes, di nuovo disapprovante, tornò a<br />

farsi sentire.<br />

«L'ispettore Carruthers mi dice che questo Penderei è stato assassinato.<br />

Non interrompete. È stato pugnalato stasera al museo... correggetemi se<br />

sbaglio, ispettore... con un coltello dal manico d'avorio preso in una delle<br />

bacheche.» Holmes scandiva accuratamente le parole. «Io gli ho detto che<br />

siamo stati tutti qui, stasera, dalle nove, ma pare che lui seguiti a pensare...»<br />

«Assassinio» fece il Rosso e si strusciò una mano tremante sul viso. Era<br />

stato abbastanza sbronzo, ma quel fatto sembrò farlo tornare lucido come<br />

dopo uno scontro automobilistico. Quel suo strusciarsi la faccia era curioso:<br />

come se tentasse di cancellarvi qualcosa o di trovarvi qualcosa. Abbronzati<br />

dal sole, i suoi lineamenti erano devastati ma belli. I suoi lucenti<br />

occhi castani si fecero più acuti. «Assassinio! Buon Dio, è terribile! Volete<br />

dire assassinato proprio nel museo? Quando? Quando è successo?»<br />

Cominciò a battere le nocche sul tavolo. Ma Holmes, con la sua voce levigata,<br />

riprese il discorso al punto in cui era stato interrotto.<br />

«... ma pare che lui seguiti a considerarci un gruppo sinistro. Oh, sì,<br />

permettete. Signorina Kirkton, vi presento l'ispettore Carruthers. Il signor<br />

Baxter...» Indicò con un cenno della testa il Rosso che stava borbottando<br />

qualcosa sui coltelli dal manico d'avorio. «E il signor Wade... figlio.»<br />

L'uomo dalla faccia giovane-vecchia s'inchinò con cordiale sarcasmo, e<br />

Holmes continuò: «Perciò cercate di rispondere sensatamente quando sarete<br />

interrogati, altrimenti corriamo il rischio di ritrovarci nei guai anche se<br />

abbiamo quello che si suol dire un alibi di corporazione».<br />

«Certo che l'abbiamo» disse Harriet Kirkton scoppiando in una risatina<br />

tremula. «Cosa diavolo c'entriamo, noi?»


Il giovane Wade alzò una mano per chiedere silenzio. I suoi occhi da<br />

spiritello erano contratti.<br />

«In questa mente focosa» annunciò con voce elaboratamente lenta che<br />

contrastava con i suoi gesti concitati, «è saltato il ghiribizzo di studiare un<br />

enigma che non ha alcun senso. Chiudete il becco, accidenti a voi!» Prese<br />

l'armonica e suonò una lunga nota per dare più enfasi alle sue parole. Poi,<br />

dopo aver fissato astiosamente Sam Baxter, si voltò verso di me. «Allora:<br />

la prima domanda...»<br />

«Sì, ma stai attento, Pagliaccio» intervenne Baxter. «Io avevo posto una<br />

domanda e l'ispettore stava per rispondermi. Quando è stato ucciso?»<br />

«È stato ucciso» risposi lentamente, «tra le dieci e mezzo e le undici e<br />

mezzo.»<br />

«Volete dire di sera?» volle sapere Baxter quasi con speranza morbosa.<br />

«Voglio dire di sera.»<br />

Seguì una pausa. Baxter si sedette. Io non avevo fretta di interrogarli,<br />

perché quello che dicevano spontaneamente era più significativo. Il giovane<br />

Jerry Wade, quello che chiamavano Pagliaccio, parve intuirlo, e sotto la<br />

sua amabile indifferenza era ancora più preoccupato di Holmes. Perché<br />

chiaramente gli stava venendo un'idea e, mentre muoveva dolcemente<br />

l'armonica da una parte all'altra contro i denti, vidi che quell'idea cominciava<br />

a farsi strada.<br />

«Ispettore» domandò bruscamente, «chi era questo Penderei e che aspetto<br />

aveva?»<br />

«Non sappiamo chi era. Non aveva documenti o carte di identità, tranne<br />

un paio di biglietti da visita. Infatti non c'era niente nelle sue tasche tranne<br />

il ritaglio di un giornale riguardante la signorina Miriam Wade...»<br />

«Cristo!» esclamò la signorina Kirkton.<br />

Baxter alzò lo sguardo, gli occhi duri. «Tira vento da quella parte, eh?»<br />

disse la voce baritonale avvinazzata con un tono ancora più soave, un tono,<br />

si sarebbe detto, da diplomatico. Contrastava in maniera grottesca col nastro<br />

della scatola di cioccolatini appuntato sulla sua camicia. «Scusate, ispettore.<br />

Proseguite.»<br />

«Quanto alla sua descrizione, è alto circa un metro e ottanta, faccia tonda,<br />

naso a becco, carnagione olivastra, capelli e baffi neri. Tutto ciò dice<br />

niente a nessuno?»<br />

Ai tre uomini almeno era chiaro che non diceva niente o così mi parve.<br />

Wade sbatté le palpebre, lo scintillio dei suoi occhi era svanito. Ma la mia<br />

successiva osservazione suscitò risultati decisamente positivi. «E quando


l'ho visto con quel pugnale nel petto» continuai, «aveva una finta barba nera...»<br />

Wade schizzò su. «Barba nera?» gridò. «Avete detto barba nera?»<br />

«Sì. In effetti» dissi, «vi aspettavate che dicessi barba bianca, non è vero?»<br />

L'altro si controllò. «Mio caro ispettore» rispose con un ghigno, «vi assicuro<br />

che non pensavo assolutamente a nessuna barba. La mia mente era<br />

priva di pensieri sulle barbe. Non mi sono mai passati per la testa. Ma voi<br />

avete talmente calcato sulla parola "nera" che ho avuto l'impressione di<br />

vederci cacciare tutti quanti in galera a causa di un qualche significato minaccioso.<br />

Un cadavere con la barba finta! C'era altro?»<br />

«Per adesso parliamo un po' di barbe» proposi. Era arrivato il momento<br />

di attaccare. «Questo delitto è un incubo, e sarebbe bene tirarne fuori qualcosa<br />

di sensato... per esempio, signor Holmes, nella stanza di là, sopra la<br />

credenza, c'è la fotografia di qualcuno con una lunga veste e una barba<br />

bianca. È la foto di una compagnia teatrale di dilettanti. Chi è la persona?»<br />

Holmes aprì la bocca, esitò e si sbirciò attorno. Fu Jerry Wade che rispose.<br />

«Oh, quello» disse con fare noncurante, «sono io.»<br />

6<br />

Gli inseparabili<br />

«Avete perfettamente ragione» continuò Wade. «È proprio la foto di un<br />

dramma e vi figuro io nel mio famoso ruolo di Re <strong>Le</strong>ar. Non vi sorprende<br />

mica, vero? Vi prego di esaminare questa mia faccia avvizzita, e non vi<br />

sorprenderà davvero. La gente dice che ogni giorno sembro più giovane...<br />

perché v'interessa tanto? Non andrete per caso a caccia di barbe?»<br />

«È proprio quello che sto facendo. Mettiamo le carte in tavola. Io vi dirò<br />

cosa abbiamo scoperto e voi mi aiuterete il più possibile.» Guardai il gruppo.<br />

All'accenno alla barba nera, l'espressione di Harriet Kirkton era diventata<br />

vuota come quella degli altri. Perfino Holmes aveva abbandonato<br />

quella sua aria di sfida e mi fissava apertamente. Continuai: «La faccenda<br />

è così complicata e ingarbugliata che qualcuno deve pur avere un indizio<br />

sensato, anche se innocente.<br />

«Stasera, qualche minuto prima delle undici, un sergente di Vine Street<br />

passava davanti al museo Wade. Un uomo alto con una finanziera, occhiali<br />

cerchiati di tartaruga e barba bianca appiccicata alle guance, è spuntato sul


muro rumorosamente. E ha urlato al sergente: "Lo hai ucciso, e sarai impiccato<br />

per questo, mio bell'impostore. Ti ho visto nella carrozza". Poi si è<br />

buttato sul sergente come un pazzo e ha tentato di strangolarlo. Per calmarlo<br />

il sergente è stato costretto a stenderlo con un pugno. Poi, quando il sergente<br />

si è allontanato per chiamare aiuto, l'uomo svenuto... apparentemente<br />

svenuto... è sparito dalla strada.»<br />

A quel punto sul gruppo gravava una sgradevole tensione. Harriet Kirkton<br />

cominciò a ridere sguaiatamente, premendosi le mani sulla bocca<br />

mentre i suoi occhi di porcellana azzurra mi fissavano.<br />

«Non avevo mai sentito dire che in quella parte di St. James bazzicassero<br />

le fate» disse il giovane Wade pensoso. «Ma forse mi sbaglio. Andate<br />

avanti.»<br />

«Qualche minuto più tardi è arrivato un signore piuttosto altezzoso e ha<br />

cominciato a tempestare di colpi la porta di un museo deserto scatenando<br />

un tale pandemonio che hanno dovuto portarlo al posto di polizia. Ha detto<br />

di chiamarsi Gregory Mannering e ha detto di essere fidanzato con la signorina<br />

Miriam Wade.» A quel punto Baxter fece la faccia scura, ma<br />

Holmes si limitò ad annuire e Wade restò serio. «Ha detto inoltre che era<br />

stato invitato stasera al museo per una riunione che lui chiamava privata,<br />

organizzata dal signor Geoffrey Wade per un certo dottor Illingworth di<br />

Edimburgo...»<br />

«Allora ecco perché Mannering non si è fatto vedere qui, stasera» osservò<br />

Holmes. «Al posto di polizia, eh?» Alzò gli occhi al soffitto con aria<br />

sognante e compiaciuta. «Be', ispettore, è presto spiegato perché al museo<br />

non c'era nessuno. Mannering era stato avvisato con un messaggio. Vedete...»<br />

«Sì» dissi. «Questo è già stato spiegato. Mi pare d'aver capito che il signor<br />

Wade è dovuto partire improvvisamente...»<br />

Baxter si drizzò. «Come lo sapete? Ve l'ha detto Mannering?»<br />

«Un momento. È vero, signor Holmes?»<br />

«Verissimo, solo che non era esattamente una partenza inaspettata. È<br />

andata così. Wade è tornato da poco dall'Iraq. È stato là due anni a fare un<br />

lavoro di ricerca con Morel di Lione nella pianura a ovest del Tigri, fuori<br />

Bagdad. Cioè il luogo dov'era l'antica città dei Califfi, capite, la Bagdad<br />

moderna è a est. Sfortunatamente, molte rovine sono state spazzate via e<br />

una gran parte è stata adibita a cimitero, perciò hanno avuto qualche difficoltà<br />

per ottenere dalle autorità il permesso di scavare. Durante quei due<br />

anni ha scoperto parecchi reperti, molti dei quali sono stati spediti qui, a


me. Uno di essi doveva seguirlo per nave e doveva arrivare ai primi di<br />

questa settimana. Si tratta di roba molto voluminosa, il frammento di una<br />

torre saracena molto simile alla torre di Babele con un'iscrizione che... Ma<br />

non voglio sviarvi con queste...»<br />

«Non mi sviate affatto. Continuate.»<br />

Holmes mi guardò curiosamente. I suoi occhi miti si illuminavano di luce<br />

fanatica quando lui parlava di mattoni... sempre che fossero mattoni<br />

persiani. Esitò, tossicchiò e riprese: «Be', ecco. Il carico, come dicevo, doveva<br />

arrivare in Inghilterra martedì. Poi ci hanno avvertiti che la nave era<br />

in ritardo e che non sarebbe stata qui fino a sabato. Oggi abbiamo saputo<br />

che il carico sarebbe stato sbarcato nel pomeriggio. Così non c'era altro da<br />

fare: il signor Wade è stato costretto ad andare a Southampton personalmente<br />

per sovrintendere allo sbarco della cassa... perché, capite, più che altro<br />

si tratta di roba fragile... per poi portarsela a Londra. E partito dicendo<br />

che la riunione si poteva facilmente rimandare a sabato o domenica».<br />

«Capisco. Ora qualche particolare personale. Quando è tornato in Inghilterra<br />

il signor Wade?»<br />

«Circa tre settimane fa. Credo che fosse il venti maggio.»<br />

«E la signorina Miriam Wade è arrivata una settimana prima, diciamo<br />

l'undici.»<br />

Baxter scattò su di nuovo. Afferrò goffamente una bottiglia di Scotch, ne<br />

versò una buona dose in un bicchiere da cocktail, e mi puntò il bicchiere<br />

contro. «A cosa mirate?» domandò. «La vostra è una procedura poliziesca<br />

maledettamente strana, se volete sapere il mio parere. Cosa c'entra Miriam<br />

con questa faccenda? È stata in casa tutta la sera. Cosa ha a che fare Miriam<br />

con uno straccione con la barba finta che nessuno di noi ha mai sentito<br />

nominare?»<br />

A quel punto mi fissavano tutti astiosamente e io, per il momento, scantonai.<br />

«Non volevo parlare tanto della signorina Wade, quanto del signor<br />

Mannering» dissi. Dovevo andarci cauto, perché ancora non volevo coinvolgerla.<br />

«Come di questo fatto, per esempio. Il signor Mannering è fidanzato<br />

con la signorina, ma a quanto ho capito, non ha ancora conosciuto suo<br />

padre né suo fratello. Come mai?»<br />

Gli occhi lucidi e furbi di Pagliaccio-Wade erano fissi su di me da dietro<br />

l'armonica a bocca. Poi lui parlò quasi con veemenza.<br />

«Aha. Deduzione. Giusto. Voi state pensando che il serissimo padre e il<br />

truce fratello cerchino di stroncare questo odioso connubio che fiorisce in<br />

segreto dietro gli angoli. Balle, ispettore. Lo ripeto fermamente: balle. Di-


ei anzi che è decisamente l'opposto.» Corrugò la fronte. «La verità è che<br />

Mannering è l'unico tra noi tutti che può dirsi nato da illustri lombi. Qualcuno<br />

che conosceva la sua famiglia ne ha parlato al mio vecchio. Da quello<br />

che so, Mannering è un bugiardo di tre cotte ma discende davvero da qualche<br />

crociato. E posso crederci perché ora so chi ha dato origine a queste<br />

gigantesche balle come quella di essere andato e aver fatto fuori trecento<br />

saraceni con una sciabolata. Qui c'è il tocco di Mannering... No, mio padre<br />

era piuttosto contento della cosa, e Dio sa che a me non dispiace...»<br />

Baxter grugnì rumorosamente.<br />

«Sta' calmo, Sam» disse Jerry Wade tranquillamente. «Io parteggio per<br />

te, amico mio, ma la ragazza deve decidere da sé... Per continuare, ispettore,<br />

il fatto che il vecchio non lo conosca ancora è puramente accidentale.<br />

Vedete...»<br />

«Oh, taci tu... tu gnomo supercresciuto» gridò Harriet Kirkton all'improvviso.<br />

Wade arrossì un poco: quella frase, notai, aveva toccato il segno.<br />

Seguì una pausa di silenzio mentre Wade si ritraeva e la ragazza esitava,<br />

anche lei col volto arrossato.<br />

«Scusa, Pagliaccio. Non volevo... Solo, Dio mio, dici tante stupidate!»<br />

Si girò verso di me. «Miriam lo ha conosciuto a bordo della nave mentre<br />

tornava a casa, io ero con lei. Non so ancora giudicarlo, in realtà. Poi, appena<br />

siamo arrivate in Inghilterra, Miriam è stata spedita per due settimane<br />

da una zia, nel Norfolk...»<br />

«Spedita» la spronai, forse un po' troppo bruscamente.<br />

«Be', ogni tanto bisogna andare a trovare le zie» interloquì Jerry Wade<br />

con aria savia (lui era sempre pronto con lo scudo per difenderla). Sorrise.<br />

«So che è una scusa incredibile da infilare in una storia poliziesca, ma così<br />

è.»<br />

«Un momento, signore... cosa volevate dire col vostro "spedita", signorina<br />

Kirkton?»<br />

«Io non volevo dire niente! È una frase perfettamente naturale, no? Buon<br />

Dio, cosa potrei aver voluto dire? Suo padre aveva pensato che prima di<br />

tornare qui sarebbe stato bene che andasse a stare un po' con sua zia... sua<br />

madre è morta, capite... e così, eccoti che la zia era al molo ad aspettarla in<br />

modo che Miriam non potesse scapolarla. E io sono andata con lei.» Quella<br />

faccia da innocente angioletto era rivolta verso l'alto con un'espressione<br />

che Burne-Jones avrebbe certamente dato non si sa cosa per poterla dipingere.<br />

«Ma voi stavate chiedendo di Gregory Mannering, non è vero? Be',<br />

lui è andato a cercarla in casa di lei. Poi quando, dopo due settimane, lei è


tornata, Greg doveva presentarsi al vecchio in pompa magna... in casa di<br />

Miriam, Hyde Park Gardens... solo che è arrivato troppo presto, nel pomeriggio.<br />

Così ha cercato di mettersi in mostra giostrando con un baule pieno<br />

di vasellame antico o roba simile, il baule gli è scivolato e si è spaccata<br />

ogni cosa.» <strong>Una</strong> luce diabolica parve illuminarle il viso, spalancò gli occhi<br />

e sorrise. «Oh, sì, è stata una scena spaventosa! Perciò abbiamo pensato<br />

che sarebbe stato meglio mandarlo via e farlo tornare quando il vecchio si<br />

fosse calmato. Poi lei gli ha telefonato...»<br />

La ragazza s'interruppe, si strofinò la fronte e sembrò rammentare qualcosa.<br />

Di nuovo la sua espressione si alterò e questa volta in un'espressione<br />

di paura.<br />

«Dov'è Miriam?» domandò, la voce stridula. Visto che io non rispondevo,<br />

lei alzò un dito. «Dov'è Miriam? State a sentire, ragazzi. Vi ricordate<br />

che... poco fa... Ronald ha detto che una donna ha telefonato cercando di<br />

me con voce contraffatta... e che poi ha tolto improvvisamente la comunicazione?<br />

Chi era? Cos'è accaduto a Miriam? Perché fate tutte queste domande<br />

sul suo conto?»<br />

Io li guardai e risi.<br />

«Date l'impressione di voler sempre riportare il discorso sulla signorina<br />

Wade» dissi, «mentre la mia intenzione è di parlare di Mannering. Ascoltate!<br />

Non serve a niente negare che abbiamo prove che indicano come lui,<br />

probabilmente, sia coinvolto nella faccenda di stanotte.»<br />

Queste mie parole li tranquillizzarono. Seguì un silenzio che quasi avvertii<br />

fisicamente, un silenzio di stupore e assoluta incredulità. Ronald<br />

Holmes entrò lentamente nella stanza dall'uscio dietro di me, con l'aria di<br />

voler prendere le redini della situazione. Si sedette sul bracciolo di una<br />

poltrona, scosse il bicchiere che aveva in mano e si guardò la punta oscillante<br />

della scarpa.<br />

«Prove...» fu un'affermazione più che una domanda. «Quali prove?»<br />

«Risponderò a questa domanda chiedendo a voi cos'era quella riunione<br />

privata di stasera, prima che venisse rimandata. È vero che dovevate aprire<br />

la bara della moglie di Harun-ar-Rashid?»<br />

«Oh, Signore!» borbottò Baxter, e Holmes lo zittì.<br />

Quest'ultimo pareva scosso, ma disse, calmo: «No, non è vero. Come<br />

diavolo, se posso chiederlo, vi è saltata in mente quest'idea? Ve l'ha suggerita<br />

Mannering?».<br />

«In parte. Tanto per cominciare, lui ha detto che avreste "violato" una<br />

tomba.»


«Calma, Pagliaccio...» Holmes alzò gli occhi al cielo. «E ora perché?<br />

Perché vi avrebbe detto una cosa simile? No, non divago. È il problema<br />

astratto che m'interessa. La bara della moglie di Harun-ar-Rashid!»<br />

«Lasciate perdere per un momento il problema astratto. Dite che non è<br />

vero. Pensateci bene, signor Holmes.»<br />

Lui si girò con un sorrisetto talmente scettico che pareva una smorfia.<br />

«Pensiamoci bene tutti e due. Dite, sapete niente di Bagdad?»<br />

«No.»<br />

«La tomba della moglie di Harun-ar-Rashid, Zobeide... immagino che<br />

alludiate a quella... è nel cimitero della città vecchia, non lontana dalla<br />

tomba dello sceicco Maruf. È uno dei principali monumenti di Bagdad ed<br />

è stato costruito oltre mille anni fa e amorosamente restaurato da diversi<br />

governanti musulmani. Nessuno ha mai visto la tomba di Zobeide. È raro<br />

che i musulmani permettano di avvicinarsi: ne fa testo la tomba di Maometto<br />

a Medina dove i visitatori sono costretti a guardare attraverso una<br />

palizzata perfino l'antitomba del profeta. Di Zobeide si sa soltanto che fu<br />

messa in una bara di piombo che ne racchiudeva una d'oro. E l'idea che<br />

qualcuno possa... no, no, no!»<br />

Scosse la testa ancora più vivacemente.<br />

«Supponete che qualcuno rubi la bara di Nelson dalla cattedrale di St.<br />

Paul, o la bara di un qualunque personaggio da un monumento pubblico.<br />

Sarebbe già abbastanza terribile, ma niente in confronto alla profanazione...<br />

Signore! <strong>Una</strong> reliquia musulmana! Non ha nulla a che fare con l'antico<br />

Egitto, capite: è una religione viva. Aggiungeteci l'assoluta impossibilità<br />

di violare una tomba simile...» Spalancò le braccia e si strinse nelle spalle.<br />

Sebbene vi fosse uno scintillio dietro i suoi occhiali, ebbi l'impressione<br />

che il suo comportamento fosse un po' più enfatico del necessario quando<br />

guardò gli altri dicendo:<br />

«Naturalmente tutto ciò è assurdo. Quello che mi lascia perplesso è dove<br />

Mannering possa aver preso quest'idea.»<br />

«Vorrei che fosse vero, però» disse Baxter con cupa aria divertita. L'ultimo<br />

abbondante beveraggio lo aveva ravvivato in maniera notevole. Se ne<br />

stava lì con le mani in tasca, occhieggiando la bottiglia. «Sarebbe eccitantissimo,<br />

secondo me. Ricordo quella tomba, un affare di mattoni con un<br />

cono in cima. Me la fece vedere il vecchio quando andai là dal Cairo. Molto<br />

meglio che armeggiare con...»<br />

«Con che cosa?» domandai. «Se non era una bara, che cosa dovevate esaminare,<br />

allora?»


Holmes lanciò un'occhiata maliziosa agli altri. «Mai sentito nominare<br />

Antoine Galland, ispettore?»<br />

«No.»<br />

«Eppure tutti, a questo mondo, sanno cosa ha fatto. Ha tradotto <strong>Le</strong> <strong>Mille</strong><br />

e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong> dall'arabo in francese, tra il millesettecentoquartro e il millesettecentododici,<br />

e le traduzioni dal francese sono arrivate a noi. Il signor<br />

Wade ha un interesse particolare per <strong>Le</strong> <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong> perché anche lui<br />

è convinto che sono state prese direttamente dal persiano Hézar Afsàne, o i<br />

<strong>Mille</strong> Racconti, sebbene l'adattamento sia arabo da cima a fondo. Così,<br />

quando ha avuto l'occasione di comprare le prime duecento pagine della<br />

traduzione di Galland con le note e le interpolazioni...»<br />

«Un momento» dissi, «volete dire che il motivo per cui queste persone si<br />

dovevano riunire era quello di guardare qualche foglio di quella traduzione?»<br />

A quel punto, mi spiace dirlo, capii che io, che mi sono sempre considerato<br />

una persona seria e piena di raziocinio, mi stavo sinceramente divertendo<br />

alla mattana di quella notte, e che ritenevo deludente la spiegazione<br />

di Holmes.<br />

«Sì, certo. Ecco perché doveva intervenire il dottor Illingworth. Con le<br />

note e le interpolazioni, capite...»<br />

«Ed è tutto qui?»<br />

Jerry Wade, che era stato ad ascoltare con un'espressione viva e colma<br />

d'interesse, si sporse in avanti. «Diamoci la mano, ispettore» esclamò. «La<br />

penso esattamente come voi. Sotto la vostra uniforme blu batte, per così<br />

dire, il cuore di un ragazzino che legge L'Isola del Tesoro. Simpatizzo con<br />

voi, possa morire se non è vero, e se questo bel tipo avesse un qualche senso<br />

di...»<br />

«Io comunque ho il senso della correttezza» disse Holmes. La sua voce<br />

era talmente fredda che mi riportò con i piedi in terra. «Non scordate che<br />

dopotutto è stato commesso un assassinio, un vero assassinio.» Si voltò<br />

verso di me con espressione preoccupata. «Avete chiesto "Tutto qui?".<br />

Perbacco, amico, non capite... fogli manoscritti di Galland!» Fece un gesto<br />

vago come se io gli avessi chiesto "Cos'è la civiltà?" o fatto qualche domanda<br />

troppo difficile a cui rispondere. «La luce storica che getterà...»<br />

«Al diavolo la luce storica» esclamò Wade. «Non mi tocca. È stato<br />

commesso un assassinio. Ma che l'ispettore Carruthers ci guardi con occhio<br />

sinistro solo perché noi non siamo affranti e sconvolti per la morte di<br />

qualcuno che non abbiamo mai sentito nominare, non ha senso. Secondo


me, da un punto di vista umano è interessante il fatto che <strong>Le</strong> <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong><br />

<strong>Notte</strong> abbiano preso vita. Il guaio è che. a voi queste storie non interessano<br />

affatto; a voi interessa soltanto un buon racconto terrificante come quello<br />

del sultano che ammazzò sei mogli perché getta un fiotto di luce sugli usi<br />

matrimoniali a Bassora sotto Hassan, il Rammendatore di calze nel millequattrocentouno.<br />

Ora ho raccolto qualche informazione da voi e dal vecchio<br />

tanto per poterne parlare con Rinkey Butler e aiutarlo a scrivere una<br />

storia poliziesca. Ma veramente tutto quello che so sugli asiatici è che si<br />

vestono in maniera buffa, che non fanno che parlare di Allah e vanno in giro<br />

ad ammazzare chi arraffa reliquie sacre. Il che è abbastanza. Non distinguo<br />

un persiano musulmano da un indiano indù. Però so che se non sto in<br />

guardia gli spiriti folletti mi acchiapperanno, e qui sta il segreto di una vita<br />

eccitante.»<br />

«Calma, signor Wade» intervenni notando che cominciava a eccitarsi e a<br />

dimenarsi sulla sua poltrona col dito puntato su Holmes. «Allora tutto ciò<br />

significa che voi non avete alcun legame col museo?»<br />

Holmes sorrise. «Proprio così. L'unica occupazione del Pagliaccio è la<br />

lettura: un libro insulso dopo l'altro. È da questo che viene il suo atteggiamento...<br />

gli psicologi lo chiamerebbero un meccanismo di difesa. A lui<br />

piacerebbe un mondo in cui tutte le cose diventassero un po' strane, dove si<br />

vedessero i vicari arrampicarsi sulle grondaie delle proprie chiese e il sindaco<br />

di Londra dicesse d'un tratto "No" quando la processione regale volesse<br />

oltrepassare il Tempie Bar. Gli ho detto un centinaio di volte che una<br />

cosa non diventa necessariamente più interessante solo perché vista capovolta.<br />

E il fatto puro e semplice è, Pagliaccio, che il mondo reale non è così.»<br />

«No?» dissi io. «Io sarei propenso a convenire col signor Wade.»<br />

Dopo una pausa, Harriet Kirkton mi apostrofò con un nervosismo esasperato<br />

e perplesso. «Oh, ma quando ci direte che cosa volete da noi?»<br />

gridò. «Perché continuate a girarci intorno... e... e, non so, ma c'è qualcosa<br />

di strano... perché"?»<br />

Dissi: «Perché, signorina, con tutta probabilità uno di voi mente. Quanto<br />

a stranezze, un vicario che si arrampica su una grondaia non è meno eccentrico<br />

dell'inserviente di un museo che danza intorno a una cassa da imballaggio<br />

inneggiando alla moglie di Harun-ar-Rashid. O di un cadavere con<br />

un ricettario di cucina in mano. Siete sicura di non aver niente da dirmi adesso?».<br />

«No!»


Esposi i fatti brevemente. Baxter borbottava e tirava pugni sul tavolo.<br />

Ma fu l'accenno al ricettario di cucina ciò che sembrò sconcertarli di più,<br />

tutti quanti. Holmes, sempre contenuto, ma con un'espressione di gelida<br />

furia in viso, si girò verso Jerry Wade. «Se non sapessi...» disse e deglutì.<br />

«Sembrerebbe opera tua. Un ricettario di cucina! Sarei quasi portato a credere<br />

che tu abbia qualcosa a che fare con questa storia.»<br />

«Sta' calmo, Ron» disse Baxter con improvvisa, brusca autorità. Allungò<br />

il collo guardandosi in giro. «Ma, ascolta, Pagliaccio. Voglio dire... non sei<br />

mica stato tu, vero? Dopotutto....»<br />

«Credeteci o no, io non so niente di questa storia» rispose semplicemente<br />

Jerry Wade. (Nondimeno sembrava molto a disagio.) «Un ricettario di<br />

cucina non è davvero abbastanza pittoresco per i miei gusti. Oh, mio Dio<br />

Signore! Bisogna fare qualcosa. Lasciatemi un po' in pace, voglio cercare<br />

di pensare. Quel tizio non sarà stato un capocuoco italiano?»<br />

«Be', anche se lo fosse stato, difficilmente avrebbe avuto il ricettario della<br />

signora Comesichiama, no? Voglio dire, non avrebbe ottenuto molti<br />

suggerimenti su come preparare il Soufflé à la Carmagnole, o una qualunque<br />

di quelle cose strane, il che è tutto ciò che la gente di quel tipo sembra<br />

sapere. A meno che non si trattasse di un crittogramma o di un codice o di<br />

qualcosa del genere. Voglio dire che "Bistecca e cipolle" significa "Scappa<br />

subito siamo scoperti". Sarebbe veramente un sistema diabolico per...»<br />

Holmes balzò in piedi. «Siete ubriachi» disse con gelida calma, «o vi<br />

viene fatto naturalmente di comportarvi come dei ragazzini, oppure non<br />

avete ancora capito che si tratta di una cosa seria?»<br />

«Siamo spaventati a morte» ribatté Wade altrettanto calmo, «se proprio<br />

vuoi sapere la verità. Avete altre carte nella manica, ispettore? Se non abbiamo<br />

ancora sviscerato la faccenda dei sacerdoti che si arrampicano sulle<br />

grondaie e...»<br />

S'interruppe guardando la porta, e tutti seguirono il suo sguardo. Io stavo<br />

da una parte, in piedi, e lì per lì il nuovo venuto non si accorse di me. Nella<br />

stanza aveva fatto capolino l'elmetto di un poliziotto.<br />

Era un grosso poliziotto con fasce bianche al braccio a indicare che era<br />

di servizio, e stava fissando astiosamente gli occupanti della stanza.<br />

«Nessuno di voi ha qualche spicciolo?» domandò. «Ne ho bisogno per<br />

pagare il taxi. Sacré nom d'un petit chauffeur rouge!... Che nottata! Si profilano<br />

grossi guai in vista, perciò piantatela di guardarmi in quel modo e tirate<br />

fuori gli spiccioli, forza!»


7<br />

Il poliziotto che prese a calci il suo elmetto<br />

Prima che lui mi vedesse o che io avessi il tempo di fare qualcosa, il<br />

nuovo venuto si tolse l'elmetto con aria grave, lo posò per terra come un<br />

pallone da football e con un calcio lo scagliò dall'altra parte della stanza.<br />

L'elmetto mancò il lume per un pelo, sbatté contro la parete e rotolò indietro<br />

fin quasi sui miei piedi. Harriet Kirkton balzò su con un grido.<br />

«Vattene, cretino! C'è un vero...»<br />

Il nuovo venuto si girò di scatto. Vidi i numeri sul suo colletto e capii.<br />

Era un giovane poderoso con un amabile viso tondo ora velato di sudore e<br />

di preoccupazione. Sotto quelle poche ciocche di capelli neri di cui gli<br />

pendeva qualche ciuffo sulla fronte, stava diventando calvo. Cominciò a<br />

passarsi ininterrottamente la manica sulla fronte sudata mentre le sue palpebre<br />

si raggrinzivano per la tensione e gli occhi color grigio chiaro si<br />

guardavano attorno ansiosamente e gli angoli della sua amabile bocca socchiusa<br />

calavano in giù. Dava l'impressione di un uomo capace, pigro e in<br />

un certo senso pericoloso. Ma era il benvenuto. La sua presenza mi aveva<br />

dato la soluzione di almeno una parte di quell'incubo e ora sapevo come sistemare<br />

qualcuno dei pezzi che erano stati i più sconcertanti. Quando mi<br />

vide esitò, lanciò una rapida occhiata in giro e si ricompose in un ovvio<br />

tentativo di atteggiare la faccia a un'espressione impenetrabile tirando indietro<br />

il mento e indirizzandomi una specie di ghigno sinistro; se ne avesse<br />

avuto la possibilità, sarebbe arrivato a cacciarsi i pollici nelle tasche di un<br />

panciotto immaginario.<br />

«Vediamo un po'» cominciò con aria burbera. «Vediamo un po'.»<br />

«Siete piuttosto sibillino» dissi. «Io sono di Vine Street. Voi a quale zona<br />

appartenete?»<br />

Lui restò immobile, respirando affannosamente. «Sì» rispose, senza alcun<br />

nesso. «Sì, certo. Vedete...»<br />

«Il numero di matricola ZX105 non esiste. Chi siete e dove avete preso<br />

quell'uniforme e perché vi siete mascherato?»<br />

«Datemi una sigaretta, qualcuno di voi» disse l'altro quasi senza voltarsi.<br />

Gesticolò col braccio. «Volete sapere cosa succede, agente? Uno scherzo,<br />

tutto lì. Mi chiamo Butler, Richard Butler. Sono un cittadino rispettabilissimo.»<br />

Cercò di sorridere, a disagio. «Perché tante storie? Non c'è nulla di<br />

male ad andare a una festa in maschera.»<br />

«<strong>Una</strong> festa in maschera dove?»


«Per amor di Dio, Rinkey, sta' attento» borbottò Harriet Kirkton dimenandosi<br />

sul divano in preda a un'indecisione angosciosa. «È venuto a parlarci<br />

di un assassinio che, a quanto pare, è stato commesso al museo e noi<br />

gli abbiamo detto che non ne sappiamo nulla e che non ci siamo neanche<br />

avvicinati al museo, ma lui seguita a pensare...»<br />

«Ah» fece Butler fissando la mia spalla.<br />

«<strong>Una</strong> festa in maschera dove?»<br />

«Eh? Ah, da certi amici...» Esitò di nuovo, rabbuiandosi. «Dico, perché<br />

diavolo mi guardate come se avessi ammazzato qualcuno? Perché mi siete<br />

saltati addosso appena sono entrato?»<br />

«Ve lo dirò subito, signore, se venite con me. Stavo giusto per andarmene<br />

e se venite con me al museo per qualche minuto...»<br />

«Ah» ripeté Butler con lo stesso tono. Muoveva lentamente la spalla sotto<br />

la giacca. «E se non volessi venire?»<br />

«Non sei costretto ad andare, sai» intervenne Holmes. «Se telefono<br />

all'avvocato del signor Wade...»<br />

«Be', signore, il signor Butler è piuttosto pesante» dissi, «ma credo che<br />

ce la farei a portarlo via e non avrei che da rischiare qualche noia col vostro<br />

avvocato. Per giunta...» guardai Holmes e Jerry Wade, «vorrei che veniste<br />

anche voi due.» I pappagalli ricominciarono a strillare. «Statemi a<br />

sentire, benedetti sciocchi ragazzi. Calmatevi e ascoltatemi un istante. Non<br />

posso prendervi tutti quanti in collo e portarvi là, ma perché fare tanto<br />

chiasso inutile? Soltanto la semplice curiosità dovrebbe spingervi a fare<br />

del vostro meglio per aiutarmi e se non lo fate le autorità vi faranno passare<br />

qualche guaio... senza contare quello che dirà il vecchio Wade.»<br />

Accennare al vecchio fu un'ottima idea. Holmes si calmò, si passò una<br />

mano sui capelli e annuì gravemente. Jerry Wade, con aria di cupa reminiscenza,<br />

suonò un paio di strofe di For he's a jolly good fellow sulla sua<br />

armonica a bocca. E Butler, continuando ad asciugarsi il sudore sulla fronte<br />

con la manica, scoppiò a ridere: sembrò preso da un'allegria febbrile sotto<br />

la quale credetti di intuire il lavorio frenetico di una mente agile, e nonostante<br />

che il suo comportamento restasse piacevole, lo sguardo dei suoi<br />

occhi grigio chiaro acquistò una fissità particolare.<br />

«Giusto, figliolo» disse. «Non so cosa sia questo presunto assassinio, né<br />

perché d'un tratto sia diventato tanto importante. Ma verrò con voi tranquillamente,<br />

sempre che qualcuno mi dia degli spiccioli per pagare il taxi.<br />

Il conducente è sempre giù ad aspettare, il portiere è smontato, perciò non<br />

c'era nessuno per pagar...»


«Rinkey!» gridò la ragazza. «Non ti rendi conto che lui interrogherà il<br />

taxista? Non capisci perché vuole portarti giù?»<br />

«Ah, tutto qui?» esclamò Butler con un ampio gesto del braccio. «Io sono<br />

ben felice se lo interroga e magari posso appioppargli la spesa. Forza,<br />

datemi alla svelta qualcosa da bere, prima che me ne vada.»<br />

«Veniamo tutti al museo» dichiarò Baxter con aria ispirata come se<br />

qualcuno avesse proposto un festino. «Andremo tutti e presenteremo un<br />

fronte unito.»<br />

Bloccai quel proposito con una certa difficoltà. Non volevo con me né<br />

Baxter né la ragazza e mi stavo arrabbiando. Gli altri tre (Butler aveva raccattato<br />

l'elmetto e ingollato una buona dose di whisky) mi avevano preceduto<br />

fuori. Scendemmo in silenzio, sbirciandoci l'un l'altro con quello<br />

sguardo curiosamente assente che la gente assume quando è pigiata in un<br />

ascensore. Il taxista... un tipo cadaverico con la schiena curva e il naso paonazzo...<br />

non aveva voluto correre rischi: stava aspettando nell'ingresso in<br />

fondo alle scale. Mentre Wade lo pagava, io mi detti da fare.<br />

«Dove avete caricato questo cliente?»<br />

«Allora non è un poliziotto» esclamò il taxista con l'aria di chi ha la conferma<br />

di un fiero sospetto. «E voi sì, invece. Lo so. Aha. Orkney Hotel,<br />

Kensington High Street.»<br />

«Quanto tempo fa?»<br />

«Venti minuti.»<br />

«Usciva dall'albergo?»<br />

«No. Era fuori, sul marciapiede, camminava. Cosa succede, signore?»<br />

Guardai Butler, la cui faccia blanda aveva un'espressione soddisfatta e<br />

innocente. «No, non ero all'albergo» disse. «Ascolta, autista, sir Robert<br />

Peel qui presente non crede che io sia stato a una festa in maschera. Illuminalo<br />

un po', vuoi?»<br />

Il taxista era molto deferente. «Facile che ci sia stato, sir Robert» mi disse.<br />

«C'era un ballo in maschera due o tre portoni più in là, solo che era finito<br />

un po' prima. Al Pennington. L'associazione dei fabbricanti di cesti di<br />

vimini o qualcosa del genere.»<br />

Questo fu un colpo mancino per la teoria che stavo sviluppando, ma mi<br />

convincevo sempre più che la mia teoria doveva essere giusta, però, malgrado<br />

altre domande al taxista, non venne fuori nulla, così lo lasciai andare<br />

dopo aver preso il suo nome e il suo numero. Riprendemmo la nostra marcia<br />

con Wade e Holmes qualche passo indietro per poter interrogare Butler.


Raramente Pall Mall aveva visto processioni più strane. Quei tre erano<br />

piuttosto tesi e ciò si manifestava nella maniera sbagliata. Forse, fino a un<br />

certo punto, era la parziale conferma di quanto aveva detto Butler, ma secondo<br />

me più che altro era perché per la prima volta in vita loro stavano<br />

per vedere un uomo assassinato sul serio... una bruttissima faccenda dove<br />

il sangue non era l'inchiostro rosso del palcoscenico o l'ectoplasma delle<br />

novelle... il che li scioccava e provocava in loro, per reazione, un'allegria<br />

nervosa. Jerry Wade, che si era portato dietro l'armonica, dette la sua versione<br />

di Gli animali camminavano a due a due e io mi resi conto che mantenevano<br />

il passo al ritmo come soldati. Sebbene il corretto Holmes non<br />

uscisse con osservazioni che non si adattassero al suo cravattino nero e alla<br />

sua bombetta ben spazzolata, rideva stupidamente alle battute degli altri. In<br />

quella rigida strada polverosa, sotto una luna calante, l'ilarità era grottesca<br />

perché doveva culminare con la contemplazione della morte, e diventò<br />

molto poco divertente quando d'un tratto Butler si sporse in avanti e gridò<br />

«Buh!» all'orecchio di un distinto signore che stava scendendo gli scalini<br />

del suo club.<br />

«Vi diverte?» domandai quando riuscii a ottenere silenzio. «Sentiamo un<br />

po'. Immagino che direte che siete stato al ballo dei fabbricanti di cestini.<br />

Perché?»<br />

«Ci sono stato. C'era una bellissima operaia bionda...» Vide la mia espressione<br />

e s'interruppe. Nella sua faccia c'era di nuovo qualcosa di ambiguo<br />

e di astuto, come se lui si stesse preparando a un duello, e perfino disperatamente.<br />

«Statemi a sentire, ispettore, siete un brav'uomo per essere<br />

un segugio e vi dirò la verità. Sono davvero intervenuto a quel ballo di<br />

fabbricanti di cestini... Era una ditta che fabbricava motori, in effetti... e,<br />

incidentalmente, c'era davvero una bella bionda che mi ha anche dato appuntamento<br />

per domani da qualche parte. Ma io ci sono rimasto solo poco,<br />

più che altro per avere una scusa.»<br />

«<strong>Una</strong> scusa?»<br />

«Sì. <strong>Le</strong> cose stanno così: io scrivo racconti polizieschi, qualunque tipo di<br />

roba a sensazione per rivistucole americane con l'occasionale aiuto di Pagliaccio<br />

Wade. Il museo è inestimabile per materiale sulla maledizione di<br />

Kalì, o forse si tratta di qualcun altro. Ma più che altro volevo provare se<br />

c'era veramente un po' d'eccitazione e di colore per le strade. Ora vi domando<br />

quale occasione può avere un uomo per piombare proprio in mezzo<br />

al pericolo se non quella di indossare l'uniforme di un poliziotto e girare<br />

in...»


Si stava sempre più accalorando alla sua idea che, avrei giurato, gli era<br />

venuta in mente solo da pochi minuti, e al suono della propria bella voce.<br />

Quando si girò a guardarmi c'era qualcosa di consapevolmente ipnotico nel<br />

suo sguardo, qualcosa che, malgrado il suo ampio sorriso, mi fece l'effetto,<br />

in quella strada illuminata dal chiarore lunare, di falso e di viscido.<br />

«Tutto questo» dissi, «per dire che stasera non siete stato al museo Wade?»<br />

Si fermò di botto. «Al... Eh? No, non ci sono stato.»<br />

«Potete provare dove siete stato?»<br />

«Sarà un po' difficile. Maschere a quel ballo... e poi in giro per le strade...<br />

potrei tirar fuori la bionda, però» borbottò, quasi a se stesso. «Maledizione,<br />

ma se è per questo, voi potete provare che ero al museo? Cosa sta<br />

succedendo, comunque? Non so neppure perché devo dare tante spiegazioni.<br />

Sam Baxter farfugliava dì un certo Penderei che è stato ammazzato<br />

con un pugnale dal manico d'avorio, ma io non ne so assolutamente nulla.<br />

Potete provare che io ero al museo?»<br />

«Può darsi. Siete stato visto, sapete.»<br />

A quel punto si bloccò del tutto, fisicamente, voltandosi con un violento<br />

moto delle spalle, ma io lo spronai a camminare perché gli altri non ci raggiungessero.<br />

Dietro di noi l'armonica pareva mormorare che stavamo veleggiando<br />

al Chiar di luna, ma la faccia di Butler contrastava spaventosamente<br />

con quel poetico suggerimento.<br />

«Visto?» esclamò lui. «È una sporca menzogna. Chi ha detto che sono<br />

stato visto? Chi mi ha visto?»<br />

«Un uomo con la barba bianca finta. È uscito dalla porta posteriore del<br />

museo e si è arrampicato sul muro. Ora ascoltate! Ha visto il mio sergente<br />

che è della stessa vostra corporatura e vi somiglia un poco, eccetto nei baffi.<br />

Nella semioscurità quell'uomo ha visto il sergente mentre tentava di aprire<br />

la porta del museo. E ha detto: "L'hai ucciso e sarai impiccato per<br />

questo, mio bell'impostore. Ti ho visto nella carrozza". Lui non intendeva<br />

dire quelle cose al sergente: aveva scambiato il sergente per qualcun altro...<br />

Chi potrebbe essere stato?»<br />

Camminando molto lentamente e fissando davanti a sé, Butler disse una<br />

cosa strana: «Avete parlato di questo fatto agli altri?».<br />

«No.»<br />

«E dov'è questo testimone con la barba finta?»<br />

«Sparito.»<br />

«Sapete chi è?»


«Non ancora.»<br />

Butler si guardò attorno con fiero e violento compiacimento. «Magnifico,<br />

ispettore! Proprio come c'era da aspettarsi!... E sottile come carta velina.<br />

Non regge. Non potrete arrestare nessuno con un'accusa del genere. A<br />

cosa si riduce? Avete un testimone nobile e senza macchia (che non potete<br />

esibire, per giunta) con la mania di portare la barba finta, di arrampicarsi<br />

sui muri e di saltare addosso ai sergenti di polizia. Sulla base di parole<br />

senza senso dette da quel... per essere magnanimi... quel personaggio eccentrico,<br />

voi scegliete, su otto milioni, una persona che, si dà il caso, quella<br />

notte fosse a un ballo mascherato e può provarlo. (Anche l'altro potrebbe<br />

essere stato mascherato, ma lasciamo perdere.) Con questo, quindi, decidete<br />

che io ho ucciso un uomo che non ho mai sentito nominare e in un luogo<br />

dove non posso essere stato. Può un testimone attendibile, che non sia un<br />

fantasma e che era sulla scena e che può essere esibito... può asserire che<br />

io ero al museo? C'è il vecchio Pruen, per esempio, con vent'anni di servizio<br />

sulle spalle presso la famiglia Wade, e dieci anni al museo... Cosa dice<br />

lui? Dice forse che io stasera ero al museo?»<br />

«Be', ora come ora...»<br />

Butler mi guardò, sprezzante, scuotendo il capo. Proseguì: «Sinceramente,<br />

amico mio, non attacca. Dentro di voi potete pure pensare che io ci fossi.<br />

Non c'ero, ma non discutiamo su questo. Ho detto che potete pensare<br />

dentro di voi che io ero al museo, ma potete provarlo? Avreste il coraggio<br />

di presentarvi davanti a un magistrato con le prove che avete? Perbacco,<br />

amico» si stava scaldando con nuova eloquenza, «pensate al vostro caso<br />

così come sta! Voi sostenete che io ho pugnalato questo sconosciuto e poi<br />

ne ho cacciato il cadavere in una carrozza nella sala...»<br />

«Davvero? Nessuno ha parlato della carrozza nella sala. Come lo sapete?»<br />

Lui non batté ciglio. «Uh, be', l'avrò sentito dire da Sam o da Pagliaccio<br />

durante tutto quel parlottare là, nell'appartamento. Avete intenzione di<br />

fermarmi su una simile prova pazzesca?»<br />

«Quando il caso è pazzesco, anche le prove sono destinate a essere pazzesche.<br />

Ecco, siamo arrivati.»<br />

La grossa porta di bronzo non era completamente chiusa, il selciato era<br />

attraversato da una striscia di luce. <strong>Le</strong> finestre del primo piano erano illuminate:<br />

c'era un'atmosfera di febbrile attività in quei paraggi generalmente<br />

sonnolenti. Ma con mia gran rabbia notai subito una cosa: la macchina della<br />

polizia, dov'era stato l'agente Jameson con Mannering, era vuota. L'erro-


e era stato mio per essere andato via, ma se, contrariamente ai miei ordini,<br />

avevano permesso a Mannering di parlare con Miriam Wade, gliel'avrei<br />

fatta pagare. Prima di tutto dovetti barcamenarmi con una mezza dozzina<br />

di giornalisti e fotografi promettendo loro qualche informazione al più presto<br />

poiché, qualora non si fosse riusciti a scoprire l'identità del morto, avremmo<br />

dovuto diramare un appello per radio. Butler passò inosservato<br />

come un autentico poliziotto, ma furono scattate parecchie foto di Wade e<br />

di Holmes, il primo nervosamente compiacente e l'altro furioso.<br />

Hoskins, con l'agente Collins dietro di lui, stava aspettando accanto alla<br />

porta. Il sergente sgranò tanto d'occhi alla vista di Butler che gli rivolse un<br />

bel saluto. Ma la spavalda giocosità finì lì. In quel luogo c'erano troppi echi,<br />

la luce lunare artificiale era più suggestiva di quella reale, i mille colori<br />

dei tappeti spiccavano sulle pareti bianche, la fila delle carrozze era come<br />

in attesa, e così il morto, sempre disteso sulla schiena. La faccia di<br />

Wade sembrava un po' sconvolta, Holmes si tolse il cappello. Cominciarono<br />

a parlare a bisbigli. Ordinai che li accompagnassero a vedere il cadavere<br />

e poi li mettessero in un'altra stanza con Collins di guardia in modo che<br />

la loro conversazione non si facesse troppo interessante, dopo di che presi<br />

Hoskins da una parte.<br />

«Dov'è Mannering?»<br />

Hoskins esitò. «Be', signore, ho pensato...»<br />

«Vuoi dire che l'hai messo nella stessa stanza con la signorina Wade?»<br />

Il sergente si rabbuiò. «Ma io, signore, ho pensato che non c'era nulla di<br />

male. Anche voi eravate dell'idea che la signorina non c'entrava per niente<br />

in questa faccenda. E lei me l'ha chiesto... per un pelo non scoppiava a<br />

piangere... non c'è nessun pericolo, tranne che per la ragazza, se quell'individuo<br />

è un assassino, comunque Martin è stato quasi tutto il tempo con loro.<br />

Sono sempre là, nella stanza del conservatore.» Sebbene il sergente non<br />

muovesse le braccia, dava l'idea di un gran movimento. «Ascoltate, signore,<br />

ho tempestato Pruen di domande tentando di cavargli qualcosa, come<br />

mi avete ordinato...»<br />

«Lascia perdere. Ne hai cavato qualcosa?»<br />

«No, purtroppo, signore. Non dice niente! Soltanto "non lo so" oppure<br />

"mai sentito nominare" perfino quando gli si chiede il suo stesso nome e<br />

continua a dire che il signor Wade mi farà strappare i gradi. Però un paio<br />

di cose le abbiamo scoperte.»<br />

«Sì?»<br />

Hoskins alzò la mano e spuntò gli argomenti sulle dita.


«Primo, quella cassa da imballaggio. L'ho aperta, come mi avete detto.<br />

C'era qualcosa dentro, sicuro. Un affare, simile a una bara, molto vecchia,<br />

apparentemente, e di piombo, sopra un letto di segatura. Qualcuno ha messo<br />

della ceralacca lungo la linea di appoggio del coperchio. Io non ho fatto<br />

altro, signore, ho pensato che magari avreste voluto farlo da voi.»<br />

Era difficile dire se ciò confermasse le mie supposizioni oppure se fosse<br />

un altro smacco. Mi ero aspettato che in quella cassa non ci fosse niente,<br />

che facesse solo parte di qualche trucco o imbroglio per spiegare la malefica<br />

gaiezza di Pruen. Mi parve di risentire la mite voce di Holmes che diceva<br />

dolcemente come soltanto uno sciocco avrebbe potuto pensare che lì<br />

dentro vi potesse essere una bara del tipo che mi aspettavo; tuttavia intorno<br />

a Holmes c'era un'atmosfera falsa. Mentiva... o mentiva qualcun altro... e<br />

Pruen aveva ballato intorno a una vera bara in quel museo di pazzi.<br />

«C'è altro?» domandai.<br />

«Signorsì!» esclamò Hoskins. «Polvere di carbone! Carbone! Venite con<br />

me.»<br />

Guardando la parte in fondo del museo, come ho spiegato, c'erano, nella<br />

parete di destra, oltre la fila delle colonne, due arcate aperte contrassegnate<br />

con lettere dorate: "Galleria degli Otto Paradisi" e "Galleria dei Bazar". La<br />

prima, il cui nome aveva attirato la mia attenzione e sulla quale intendevo<br />

indagare, era verso il retro. La seconda era sul davanti, poco distante dalla<br />

porta di bronzo. Hoskins mi portò oltre quell'arcata larga circa tre metri ma<br />

così alta che sembrava meno ampia. Nella parte interna, le luci erano state<br />

accese per dare l'impressione di uscire da Londra ed entrare in Oriente o,<br />

per chi avesse una mente più prosaica, in un museo delle cere sotterraneo<br />

senza le figure di cera.<br />

La lunga stanza era stata sistemata per rappresentare una strada intersecata<br />

da altre strade contorte, e sul soffitto erano dipinti grovigli di rami e di<br />

foglie. Pareva la verosimile ricostruzione di un bazar orientale, abilmente<br />

illuminato in modo che lo si vedeva in una mezza luce attraverso i rami,<br />

perché la cosa che più ricordo è quel sinuoso gioco d'ombra e di luce. Contro<br />

le pareti di mattoni cotti, tinti di un rosso giallastro, i negozi e gli stand<br />

formavano come delle caverne dietro una foresta di tendaggi realisticamente<br />

lerci. C'era troppa roba per poter descrivere tutto. Rammento uno<br />

stand di armi, uno di collane e uno di lucenti ottoni e di ceramiche davanti<br />

al quale c'era una di quelle grosse pipe ad acqua chiamate hookah, con un<br />

cuscino dietro come se il fumatore si fosse appena alzato per andare dentro.<br />

Sopra tutto ciò, il gioco delle ombre dava la sensazione di intimità e


segretezza: si aveva l'impressione che il gran rumore del luogo fosse cessato<br />

soltanto al momento in cui si era arrivati nella strada. Era un'ottima illusione,<br />

così buona che io, meccanicamente, mi voltai a guardare la fila delle<br />

carrozze nella sala.<br />

«Strano posto, vero?» disse Hoskins grattandosi il mento. «Se dovevano<br />

uccidere quel tizio da qualche parte, mi domando perché non l'abbiano fatto<br />

proprio qui. Ho pensato ai miei bambini: se li portassi qua dentro, loro<br />

lo considererebbero il posto ideale per giocare a rimpiattino. E ora, signore!<br />

Collins ha frugato dappertutto. Niente che non vada, voglio dire... tranne<br />

questo.»<br />

Indicò una sporgenza del muro, in alto, dove la finta strada curvava, vicino<br />

a noi. Sul muro rosso-giallastro, al di sopra di una tenda davanti allo<br />

stand dell'ottone e delle ceramiche, c'era una chiazza nera a forma di stella.<br />

Polvere di carbone. Alcuni spruzzi avevano macchiato anche la tenda, insieme<br />

a lucenti particelle di carbone. Altri frammenti cospargevano il pavimento<br />

davanti allo stand, e venivano da un grosso pezzo di carbone i cui<br />

resti erano accanto alla pipa hookah. Hoskins disse:<br />

«Visto? Ecco? A quanto pare qualcuno è stato qui vicino al punto dove<br />

siamo noi ora, ha preso un grosso pezzo di carbone e l'ha tirato... bangi...<br />

contro il muro sopra questo boudoir. Cosa ne dite? Ma ora vediamo: perché?<br />

Perché qualcuno dovrebbe tirare carbone contro un muro? A cosa mirava<br />

il tipo? Non c'è niente lassù e nessuno potrebbe salirvi senza sconquassare<br />

tutto lo stand. Non penserete mica che giocassero alla guerra col<br />

carbone? Io non sapevo cosa potesse significare, ma poiché l'aveva notato<br />

Collins, ho pensato che fosse meglio farvelo vedere. Il tipo dev'essere stato<br />

proprio qui» disse Hoskins, che amava rendere le cose chiarissime a forza<br />

di ripetizioni, «e bang!, un pezzo di carbone proprio contro quel muro...»<br />

«Sì, l'ho capito. Hai chiesto a Pruen?»<br />

«Pruen non sa niente del carbone. Così dice. Di nessun carbone.»<br />

Riflettei. «Sergente, c'è, o Dio sa che ci dovrebbe essere, una spiegazione<br />

ragionevole perché tutte queste cose quadrino. Per quale ragione qualcuno<br />

dovrebbe gettare carbone contro un muro non lo so, come non lo sai<br />

tu. Come dici non poteva tirarlo contro nessuno; nessuno potrebbe arrampicarsi<br />

lassù senza mandare all'aria tutto il bazar... Trovato altro?»<br />

«Oh sissignore!» gridò il sergente, ghignando, scuotendo la testa su e<br />

giù. «Venite da questa parte!»<br />

Tornammo nella sala. Intorno al cadavere dello sconosciuto, il gruppo<br />

con Wade, Holmes, Butler e Collins cominciava a sfasciarsi: i primi tre si


stavano allontanando. Holmes dava l'impressione di sentirsi male, Wade<br />

era volutamente cinico e Butler del tutto inespressivo.<br />

«Mai visto» gridò Wade, e la sua voce rimbombò echeggiando in maniera<br />

tale che lui stesso trasalì. Poi, quando continuò a parlare tentando una<br />

parodia di gaiezza, la voce s'incrinò. «E ora cosa volete da noi? Abbiamo<br />

risposto compiacentemente a tutto. Se non avete obiezioni, Ron vuole andare<br />

nella stanza del conservatore per assicurarsi che ogni cosa sia in ordine.»<br />

Nonostante le loro proteste, li mandai nella sala contrassegnata "Galleria<br />

Persiana", sorvegliati da Collins. Holmes cominciò a spazzolarsi le maniche<br />

della giacca e riattaccò a parlare di un avvocato. Evidentemente, sebbene<br />

io avessi temuto che la voce del giovane Wade avrebbe fatto uscire di<br />

colpo Miriam e Mannering dalla stanza del conservatore, l'agente Martin<br />

teneva ogni cosa sotto controllo. A quel punto Hoskins mi guidò verso la<br />

bacheca da cui era stato preso il pugnale.<br />

«Ecco, signore, guardate qui. Avevate detto a Rogers di cercare impronte<br />

su questa bacheca, ricordate? Bene! E la porticina sul lato della bacheca<br />

era chiusa a chiave. Ma Collins se ne intende abbastanza di serrature, così<br />

quando Rogers gli dice che possono esserci impronte all'interno di quella<br />

porticina, Collins si mette al lavoro e te l'apre in un baleno con uno spillo<br />

piegato, vedete?»<br />

Si chinò ansimando e mosse avanti e indietro la piccola anta di legno.<br />

Poi infilò la mano dentro con aria da cospiratore e ve la lasciò.<br />

«Così abbiamo aperto. Ho frugato all'interno, così, e ho trovato ciò che<br />

prima non si poteva vedere perché è scuro e si confondeva col velluto nero.<br />

Eh? Ma c'era! Era accomodato lì, infilato attraverso questa porticina e<br />

sistemato sul velluto come se fosse un oggetto in mostra. Ed è questo.»<br />

Ritirò la mano alla svelta, si raddrizzò quasi aspettandosi un elogio e allungò<br />

la mano: sul palmo c'era un paio di baffi neri.<br />

8<br />

La bara di Zobeide è vuota<br />

«Così» riflettei, giocherellando col nuovo reperto ora nella mia mano,<br />

«abbiamo un altro pezzo per la nostra strana collezione. Qualcuno ha tolto<br />

il pugnale dalla bacheca e l'ha sostituito con un paio di baffi finti. Nessuna<br />

idea, sergente?»<br />

«N... no, signore. Tranne una cosa che ho potuto dedurre» rispose Ho-


skins con cupa modestia. «Quei baffi non appartenevano a lui.» Indicò il<br />

morto col pollice. «Primo, perché lui ha baffi veri. Secondo, perché anche<br />

se non li avesse avuti, questi baffi erano stati creati per un tipo di truccatura<br />

diversa, vedete? La barba di Penderei è come spruzzata di grigio qua e<br />

là perché lui sembri più vecchio, ed è di capelli... capelli veri. Questi aggeggi<br />

qui sono neri come la pece e fatti con materiale da due soldi, quel tipo<br />

di baffi che i ragazzini comprano per mascherarsi.»<br />

«Allora abbiamo una terza persona in ballo... uhm.»<br />

«Sembrerebbe, signore, vero? Gente che tira carbone contro i muri!» esplose<br />

Hoskins, il quale, per qualche ragione, pareva considerare quel fatto<br />

la parte più stranamente misteriosa di tutta la faccenda. «E che mette baffi<br />

finti al posto dei pugnali! Be', e ora cosa facciamo?»<br />

Mi assicurai che avessero chiamato il furgone per portare il cadavere<br />

all'obitorio fino a che non fosse stato identificato. Ci doveva pur essere<br />

qualcosa per l'identificazione nella biancheria intima del morto; ordinai<br />

che ne conservassero gli indumenti insieme con la barba finta e gli occhiali.<br />

Seppi che avrei avuto la classificazione separata delle impronte soltanto<br />

il mattino seguente; avevo quindi poco tempo per stendere un rapporto<br />

completo, dato che sembrava molto probabile che Scotland Yard mi esentasse<br />

dall'incarico. Perciò aggiunsi i baffi alla mia collezione di reperti e ritirai<br />

fuori dalla busta quel sudicio biglietto piegato e ripiegato su cui era<br />

dattiloscritto il messaggio trovato nella tasca di Gregory Mannering.<br />

Caro G.<br />

Ci vuole un cadavere... un vero cadavere. La causa della morte non ha<br />

importanza, ma ci vuole un cadavere. Combinerò io il delitto... quel khanjar<br />

col manico d'avorio andrà benone, oppure, se ci sembrerà meglio, organizzeremo<br />

uno strangolamento...<br />

Era arrivato il momento di avventarsi su Mannering il quale, a quel punto,<br />

doveva essere in uno stato sufficientemente nervoso per i miei scopi.<br />

Quel biglietto poteva essere la chiave di tutto il caso, con Mannering nel<br />

ruolo del bruto incidentale, tuttavia ne dubitavo. Se qualcuno mi avesse<br />

chiesto perché, non avrei saputo fornire una spiegazione abbastanza solida<br />

da reggere davanti a una Corte, tuttavia ne dubitavo. Allora cosa si poteva<br />

dedurre da quel biglietto?<br />

Era scritto su una normale carta da appunti, con un normale nastro nero<br />

e su una normale macchina per scrivere che non aveva alcun particolare


visibile a occhio nudo tranne una lieve sbavatura nella coda della virgola.<br />

Presumibilmente era stato scritto da una persona abituata a scrivere a macchina<br />

perché il dattiloscritto era molto pulito e senza quelle esitazioni che<br />

si notano in un novellino. Per giunta, a giudicare dal casuale riferimento al<br />

khanjar col manico d'avorio, era stato scritto da qualcuno che aveva molta<br />

dimestichezza con quel museo: il che restringeva il campo. Quanto al fatto<br />

che il biglietto era così sudicio... lo osservai di nuovo e mi sembrò probabile<br />

che quel sudicio fosse polvere di carbone. Quella stramaledetta polvere<br />

stava diventando onnipresente come le barbe. Ne grattai un poco su un<br />

foglio del mio blocco per appunti e la misi via per farla analizzare. Ma se<br />

fosse saltato fuori che era polvere di carbone uguale a quella delle grosse<br />

orme sulla porta principale del museo e le chiazze intorno allo stand nella<br />

"Galleria dei Bazar", cosa se ne poteva dedurre? Il biglietto era stato trovato<br />

nella tasca di Gregory Mannering...<br />

E a questo punto, signori, finalmente (proprio finalmente) al mio cervello<br />

ottuso apparve chiaro un semplice fatto, così ovvio sin dal principio, che<br />

neppure una fila di barbe appese a una corda da biancheria avrebbe dovuto<br />

offuscare. Ed era questo: il biglietto non poteva essere stato scritto per<br />

Gregory Mannering.<br />

Non poteva essere stato scritto per Gregory Mannering per la semplice e<br />

non molto complicata ragione che era incompiuto. S'interrompeva, e l'ultima<br />

riga era troncata a metà. Se scrivi un biglietto a qualcuno, puoi, per<br />

un motivo o per l'altro, omettere la firma. Ma non smetti all'improvviso a<br />

metà frase e a metà del foglio e poi cacci il biglietto in una busta e lo spedisci.<br />

In effetti quella lettera non era nemmeno piegata per entrare in una<br />

busta. Era stata ripiegata in un quadratino, molto schiacciata e piatta come<br />

se fosse stata sotto un peso...<br />

Per farla breve, lo scrittore di quel biglietto aveva fatto quello che fanno<br />

molti sbadati corrispondenti quando non hanno un cesto per la carta straccia<br />

a portata di mano. <strong>Le</strong> prime righe che aveva scritto non gli erano piaciute,<br />

oppure aveva deciso di non scrivere affatto, così aveva smesso. Poi,<br />

per levare di mezzo il foglio, lo aveva piegato e se lo era cacciato nel taschino<br />

interno della giacca dove c'erano altri fogli che lo avevano pressato.<br />

Mannering, dunque, non aveva mai ricevuto quel biglietto, ma lo aveva<br />

forse scritto lui? Era stato trovato addosso a lui, ma io non ritenevo nemmeno<br />

probabile che lo avesse scritto lui.<br />

Per cominciare, era stato trovato nella tasca del suo cappotto e messo lì<br />

con abbastanza noncuranza da scivolare fuori. Non ti siedi alla macchina


per scrivere col cappotto... un cappotto da sera, per giunta... e anche nel<br />

caso improbabile che tu cacci biglietti incompiuti nella tasca di un cappotto<br />

da sera, non lo metti prima in qualche altra tasca dove tieni altra roba<br />

così da schiacciarlo, poi lo levi, lo sporchi con polvere di carbone e lo rimetti<br />

in tasca con tale noncuranza che sbuca fuori. Cominciava a sorgere<br />

l'idea che Mannering non avesse ricevuto né scritto quel biglietto. Cominciava<br />

a sorgere l'idea che lui lo avesse raccattato da qualche parte e se lo<br />

fosse cacciato frettolosamente in tasca. Il biglietto era datato "mercoledì",<br />

il che significava che poteva essere stato preso in qualunque momento durante<br />

due giorni o in qualsiasi giorno dopo una dozzina di precedenti mercoledì,<br />

per quanto ne sapevo... e, nonostante la mia ipnotizzata disposizione<br />

a vedere polvere di carbone dappertutto, poteva essere stato raccattato<br />

ovunque, sia nell'immensa Londra sia nelle vicinanze di quel museo.<br />

Sebbene tutto ciò fosse basato su supposizioni, nondimeno la figura di<br />

Mannering nel ruolo del sinistro bruto cominciava a svanire e a sciogliersi<br />

come neve al sole. Ora mi ritrovavo irragionevolmente furioso con me<br />

stesso per non essermi scagliato su Mannering prima di scoprire tutto ciò:<br />

non avevo più tanto entusiasmo. Nell'eventualità che succedesse qualcosa<br />

prima che mi sbollisse completamente la rabbia, mi precipitai nella stanza<br />

del conservatore.<br />

C'erano quattro persone là dentro che alzarono lo sguardo, ognuno a suo<br />

modo, al fruscio della porta. In un angolo, tutto raggomitolato, Pruen era<br />

seduto con un album da disegno sulle ginocchia ossute, e con gesti nervosi<br />

scopriva le carte di un solitario. Dietro di lui c'era Martin che, con aria indifferente,<br />

sbirciava al di sopra della spalla di Pruen con l'espressione di<br />

chi sta per consigliare di mettere il nove nero sul dieci rosso. Ma all'estremità<br />

della grossa scrivania di mogano, sul punto di scattare in piedi e con<br />

le mani aggrappate ai braccioli della poltrona, Miriam Wade guardò la porta<br />

col viso chiazzato di lacrime versate e con un'espressione rabbiosa che<br />

non era indirizzata soltanto contro di me...<br />

Contro Mannering, allora? Ci doveva essere stata una qualche lite o un'esplosione<br />

di sentimenti lì dentro, una di quelle silenziose esplosioni che<br />

aveva lasciato tracce nell'aria. <strong>Le</strong> ondate di quell'esplosione arrivarono a<br />

me quando Mannering, girandosi, smosse l'aria: era stato in piedi, eretto, le<br />

braccia conserte, voltando quasi le spalle alla ragazza e fissando una cassaforte<br />

a muro dall'altra parte della stanza con un'espressione simile a quella<br />

di uno scassinatore. I suoi capelli scuri, la sua faccia severa, le sue sopracciglia<br />

cespugliose si notavano ancora di più. Inquadrato in quell'ambiente


moresco che, in un certo qual modo, era più esotico di una stazione di polizia,<br />

aveva l'aspetto davvero imponente. Il suo sorriso riapparve lentamente,<br />

cupo.<br />

«Ah, ispettore» disse lui salutandomi con intensa, satanica dolcezza.<br />

«Cominciavamo a pensare che ci aveste abbandonati e ve ne foste andato a<br />

casa.»<br />

Pruen s'interruppe con una carta a mezz'aria. La sua voce stridula s'incrinò.<br />

«Grazie a Dio siete tornato» gracchiò. «Non valete un gran che, ma<br />

almeno siete un essere umano. Forse riuscirete a convincere questo sciocco<br />

qui a piantarla di litigare. La signorina Miriam ne è sconvolta...»<br />

<strong>Le</strong>i gridò: «Pruen!» e lui si afflosciò borbottando sulla sedia come se lei<br />

gli avesse sparato. Poi la ragazza rivolse la bella faccia arrossata verso<br />

Mannering con le lacrime ancora sulle ciglia e l'espressione confusa e contrita.<br />

Certa gente ha tutte le fortune.<br />

«Sinceramente, Greg, non intendevo dire quello che ho detto. Ero così<br />

sconvolta, e poi questa storia incresciosa di dover stare qui per forza» mi<br />

lanciò un'occhiata velenosa, «mi aveva quasi fatto andare fuori di me...»<br />

«Cerca di non pensarci più, carissima» disse Mannering, «eravamo<br />

sconvolti tutti e due.» <strong>Le</strong> dette una pacca affettuosa su una mano. «Me la<br />

vedrò io con l'ispettore.»<br />

«Signorina Wade» dissi. «Vostro fratello è qui, adesso. Nell'altra stanza,<br />

col signor Holmes e il signor Butler. Se volete andare da loro, stanno aspettando.<br />

Non sanno che siete qui. Pruen, andate anche voi.»<br />

<strong>Le</strong>i volò via dalla stanza con una tale precipitazione che parve amareggiare<br />

Mannering doppiamente. Quest'ultimo rimase lì, ritto, stringendo e<br />

aprendo le mani, poi si sedette accanto alla scrivania.<br />

Sulla soglia, quando la ragazza e Pruen furono spariti, sussurrai a Hoskins:<br />

«Fa' uscire Collins da quella stanza. Lasciali parlare, ma ascolta».<br />

Alla fine, congedando anche Martin, mi avvicinai a Mannering col mio<br />

blocco per appunti. Mannering non dette l'impressione di averlo notato. Se<br />

ne stava seduto prostrato sulla sedia, con un atteggiamento d'un tratto così<br />

naturale e triste che il suo strabismo tornò a sembrare quasi una deformità.<br />

L'atmosfera era cambiata: c'era come un abbassamento di pressione o di<br />

vitalità. Lui continuava a starsene seduto strusciandosi i pollici sugli indici<br />

delle mani strette a pugno, e dimenandosi un poco. Quando parlò, le sue<br />

parole scaturirono fuori scoppiettando come se le sparasse.<br />

«Cosa c'è che non va in me?» disse.<br />

«Che non va?»


«Sì, sapete cosa voglio dire. Sono un essere umano. Me ne frego di quei<br />

porci... me ne sono sempre fregato di quello che potevano pensare, finché...<br />

finché questa dispettosa valvola qui...» si premette la mano sul petto,<br />

sotto il cuore, «non ha cominciato a fare le capriole. Non posso fare nessuna<br />

delle cose che prima facevo senza neppure pensarci. Io tento di fare...<br />

ma poi qualcosa s'incrina, e sapete cosa succede. E dare l'impressione del<br />

cretino integrale mi fa imbestialire» disse contraendo le mascelle, a bassa<br />

voce, ma con una violenza tale che la sua faccia si fece paonazza. «Mio<br />

Dio, se c'è qualcosa a questo mondo che detesto, è fare la figura del fesso...»<br />

Involontariamente mi ritrovai a provare quasi simpatia per quell'uomo.<br />

«Non credete» dissi, «che se provaste a pensarci meno e a dimenticare...»<br />

«Pensarci! Pensarci! Dite a un uomo di camminare in una stanza e di evitare<br />

di guardare le pareti. Ditegli di andare a teatro e di non guardare il<br />

palcoscenico. Siete sempre in prima linea, davanti ai vostri stessi occhi, o<br />

almeno così è per me... e fino a poco tempo fa avevo pensato che fosse<br />

giustissimo. Mi piaceva essere in prima linea davanti ai miei occhi» continuò<br />

con arroganza del tutto inconsapevole, «perché era giusto e io non potevo<br />

sembrare più fesso di... Ma qualcosa è cambiato... all'improvviso... e<br />

ora mi tocca vivere di rendita, e parlare, parlare... Badate, ho fatto tante cose,<br />

le ho fatte veramente, e non vorrei parlarne, ma qualcosa mi spinge a<br />

farlo, e quando lo faccio, tutto viene fuori così schifoso, e io stesso mi accorgo<br />

di sentirmi idiota. Mi capite? Così ho cominciato a insultare la gente.<br />

Ripensandoci, nei tempi passati la insultavo... ingenuamente, perché ho<br />

della gente in generale un'opinione estremamente bassa...» Mannering fece<br />

quella dichiarazione con serenità, calmissimo, «ma ora lo faccio deliberatamente.<br />

Ho pensato in modo particolare a questo in rapporto a quelle persone<br />

del gruppo di Miriam...»<br />

«<strong>Le</strong> conoscete?»<br />

«Conosco soltanto Holmes e la Kirkton. Dissi che non avevo alcun desiderio<br />

di conoscere gli altri» la sua voce era fredda, «perché non mi interessavano<br />

particolarmente. Ricordo che Miriam aveva una fotografia di quel<br />

tizio, quel Sam Baxter... uno di quegli ingrandimenti a colori: lei ha gusti<br />

puerili... e io feci un esatto parallelo scientifico, fino al più piccolo dettaglio,<br />

tra lui e uno di quegli scimmioni rossi della penisola malese.»<br />

«Molto scientifico, senza dubbio.»<br />

Lui meditò un poco. «Be', naturalmente era un po' esagerato. Ma quando<br />

Miriam saltò su a dirmi che Baxter, dopo non più di otto mesi alla legazio-


ne del Cairo, sapeva parlare arabo come un egiziano, reagii come meritava.»<br />

Il sorriso fu di nuovo sostituito da un'amara perplessità. «Perché non<br />

li voglio conoscere? Perché? Potrei sopraffarli, potrei mettere fuori combattimento<br />

per una settimana ciascuno di loro, potrei... ma mi sono reso ridicolo<br />

con un baule pieno di chincaglieria... e poi sono svenuto come una<br />

scolaretta...!» Balzò su dalla sedia. «Non serve. Dovrò cavarmela da solo.<br />

Vi sto dicendo tutto questo in parte per sfogarmi e in parte per spiegare<br />

perché mi sono reso ridicolo nel vostro ufficio stasera. Non so cosa mi era<br />

successo, a meno che non fosse a causa della lite col vostro poliziotto. Sono<br />

crollato, semplicemente. Per quale motivo mi sarebbe dovuto capitare<br />

al solo accenno di un uomo con la barba bianca che assale il vostro sergente?<br />

Perché? Non lo so. Ma non so neanche cosa possa essere successo qui<br />

stanotte e certamente non avevo mai visto il morto in vita mia.»<br />

Dopo essersi sfogato, tirò un lungo respiro e io sentì che stava cercando<br />

di riadattarsi al suo ruolo, di ridiventare minaccioso o baldanzoso come si<br />

conviene al personaggio di un soldato di ventura. Di nuovo l'atmosfera<br />

cambiò sottilmente. Da come mi sorrideva, dall'espressione sprezzantemente<br />

disinvolta e dall'atteggiamento che assunse, era chiaro che stava per<br />

fare qualche osservazione tipo: "Basta con queste buffonate! Gregory è di<br />

nuovo se stesso!". Ma dovetti sviarlo.<br />

«Se non sapete niente di questa faccenda» dissi, «dove avete preso questo<br />

biglietto?»<br />

Lo posai sulla scrivania. Lui aggrottò la fronte e lo fissò (quasi per farsi<br />

coraggio) ma non sembrò affatto allarmato. Dopo aver fissato il biglietto<br />

per un momento, alzò lo sguardo.<br />

«Così lo avete raccattato al posto di polizia» disse. «Pensavo di averlo<br />

perso là. Se volete sapere la verità, l'ho preso nell'appartamento di Holmes.»<br />

Mi guardò direttamente negli occhi senza fare un gesto.<br />

«Nell'appartamento di Holmes... quando?»<br />

«Stasera, proprio prima di venire al museo.»<br />

«Ma mi pareva d'aver capito che la riunione al museo era stata rimandata.<br />

Se siete andato in casa di Holmes... a che ora?»<br />

«Alle undici meno venti.»<br />

«Be', allora gli altri non vi hanno detto che la riunione era stata rimandata?»<br />

«No, non me l'hanno detto» replicò, piatto, Mannering. «Vedete, non<br />

c'era nessuno.»


Per non fargli notare l'importanza di quella frase, e per preparare in<br />

qualche modo il mio attacco, feci il giro della scrivania, rilessi il biglietto e<br />

lo rimisi giù. «D'accordo» dissi. «Sentiamo cos'è accaduto.»<br />

«Come vi ho detto, dovevo essere al museo stasera alle undici. Miriam e<br />

suo fratello dovevano andare a una cena o qualcosa del genere e da lì sarebbero<br />

venuti al museo: io non dovevo accompagnarla. Ma mi era venuta<br />

l'idea di presentarmi al museo con qualcuno per... per non sembrare troppo<br />

un estraneo.» Strinse i denti con forza. «L'unico che conoscevo era Holmes.<br />

Così, come dicevo, sono andato in Prince-Regent Court alle undici<br />

meno venti. Il portiere ha detto che c'era un party di sopra e non voleva lasciarmi<br />

salire. Ma io naturalmente sono riuscito a salire lo stesso.»<br />

Esitò.<br />

«Ho bussato e nessuno mi ha risposto. Dall'interno non veniva alcun rumore.<br />

La porta non era chiusa a chiave: sono entrato. L'appartamento era<br />

deserto; ma io non capivo come mai, dopo quanto aveva detto il portiere.<br />

In un salottino sul retro c'era un fuoco acceso evidentemente da poco. Quel<br />

biglietto era in mezzo alla polvere sul focolare, vicino al fuoco, aperto.<br />

Aperto, non come ora, piegato. Io...» stringeva le mascelle e il suo viso si<br />

era fatto rosso cupo. Parlava come un sonnambulo, «l'ho raccattato e l'ho<br />

letto. Poi me lo sono messo in tasca.»<br />

«Perché?»<br />

«Un motivo c'è, ma non ho intenzione di dirvelo.» (Pareva lì lì per esplodere,<br />

le sopracciglia nere erano di nuovo calate giù a V e sotto di esse<br />

gli occhi azzurri erano assenti. La sua voce era diventata pastosa.) «C'è un<br />

motivo ma non vi riguarda.»<br />

«Avete nessuna obiezione a che gli altri lo sappiano?»<br />

«Nessunissima.»<br />

Andai sulla porta, l'aprii e dissi a Martin che era là fuori: «Vai a prendere<br />

tutti gli altri e portali qui. Prima di farli entrare chiama Collins e... sai<br />

quella grossa cassa da imballaggio con la bara di piombo dentro che il sergente<br />

ha aperto? Be', trascinala qui».<br />

Mentre Mannering restava dritto, silenzioso e con gli occhi fissi sullo<br />

sportello aperto dell'ascensore dall'altra parte della stanza, io feci quello<br />

che avrei dovuto fare prima. In un angolo della stanza sontuosa, come ho<br />

accennato, c'era un tavolino pieghevole per la macchina per scrivere. Tirai<br />

fuori la macchina: era una Remington 12, modello standard, con nastro<br />

rosso e nero. Su un foglio di carta che presi in un cassetto del tavolino, battei<br />

un paio di righe. C'era la stessa sbavatura alla coda della virgola. Coin-


cidenze a parte e previo esame degli esperti, il biglietto che Mannering aveva<br />

trovato nell'appartamento di Holmes era stato scritto su quella macchina.<br />

Lasciai di proposito il foglio nel rullo mentre Martin e Collins, portandosi<br />

dietro una scia di segatura, spingevano dentro la cassa. Il coperchio<br />

era stato tolto e da un letto di segatura spuntava la parte posteriore di una<br />

cassa di piombo curvilinea di circa un metro e ottanta. Il piombo era quasi<br />

corroso ma, soffiando via la segatura, mi parve di distinguere dei caratteri<br />

arabi scolpiti sul coperchio. Lungo la linea d'appoggio del coperchio c'erano<br />

dei sigilli moderni di ceralacca rossa.<br />

Collins mi stava porgendo un'accetta e uno scalpello quando la porta si<br />

aprì nuovamente. Per prima entrò Miriam, il cui sguardo si posò immediatamente<br />

su Mannering. Dopo di lei entrò Jerry Wade; poi Holmes, poi<br />

Pruen e per ultimo Butler col suo elmetto da poliziotto sempre sulle ventitré.<br />

Ma era l'unico segno di allegria, perché tutti fissavano Mannering: e in<br />

effetti con tanta concentrazione che non notarono nemmeno la cassa finché<br />

Jerry Wade non vi inciampò contro.<br />

«Cosa diavolo è quest'affare?» domandò, e la sua voce familiare, querula,<br />

parve alleviare la tensione. In un certo senso quell'avvizzito piccolo<br />

gnomo, in apparenza il più fuori posto nella stanza, sembrava il più umano.<br />

«Mi sarò scorticato gli stinchi un miliardo di volte contro aggeggi strani<br />

qua dentro, ma cosa diavolo è questo, in nome di Allah?»<br />

«Lo scopriremo» dissi. «Può essere, o anche no, la moglie di Harun-ar-<br />

Rashid. A proposito...»<br />

Fu Miriam che, ansiosamente, fece le presentazioni tra Mannering, Wade<br />

e Butler, sorridendo con l'aria di sperare che tutto andasse bene. Sebbene<br />

poco prima, nel mio ufficio, Mannering mi fosse sembrato un tipo cordiale,<br />

ora non porse la mano.<br />

«Oh, sì, certo» disse. «Credo di avervi sentito nominare entrambi. Però<br />

Miriam non mi aveva detto che il signor Butler era un poliziotto.»<br />

Feci un cenno, e Martin e Collins attaccarono a lavorare sulla cassa con<br />

accetta e scalpello. Bastò spaccare i sigilli e tirare il coperchio. Il rumore<br />

dello scalpello parve ridestare Holmes il cui sguardo, fin allora, aveva vagato<br />

per la stanza; prima sulla cassaforte a muro, poi sulla macchina per<br />

scrivere e di nuovo sulla cassaforte.<br />

«Non vedo proprio lo scopo di questo...» esclamò con voce piuttosto<br />

stridula indicando la cassa. «Perché l'avete fatta portare qui? Non è nuova,<br />

è in mostra al piano di sopra tra le cose arabe da anni, e non è che un cofa-


no arabo. Non c'è niente dentro. Che razza di idea vi siete cacciato in testa,<br />

ora, ispettore? Uhm, a proposito, vorrei sapere chi si è preso delle libertà<br />

con la mia macchina per scrivere.»<br />

«Ecco fatto, signore» disse Collins. «Dobbiamo alzare il coperchio? Sull'altro<br />

lato ci sono dei cardini.»<br />

«Alzalo» dissi e mi tenni pronto.<br />

Tutti restarono in silenzio e si scambiarono occhiate con espressione<br />

sconcertata, come se non sapessero quale atteggiamento assumere. Per un<br />

paio di secondi, mentre i due poliziotti trafficavano intorno al coperchio, si<br />

udì soltanto un forte scricchiolio. E anche il mio cervello era pieno di pensieri<br />

nebulosi come se la cosa peggiore che avremmo potuto trovare in<br />

quella cassa non fosse polvere persiana e neppure un altro cadavere, ma<br />

semplicemente una barba finta. Alla fine il coperchio venne sollevato con<br />

uno stridente cigolio ora mescolato alle sghignazzate di Pruen.<br />

Non c'era alcunché nella cassa. Era foderata d'acciaio e non c'era niente<br />

dentro, neanche polvere di Londra, dell'aria di Londra. Era pulita.<br />

«Bene, ragazzi» dissi. Il coperchio ricadde giù con un tonfo.<br />

«Glielo avevo detto, io, che non c'era niente dentro» la voce di Pruen si<br />

levò insieme a una solenne risata. «La signora di Harun-ar-Rashid, dice!<br />

Glielo avevo detto che non c'era niente dentro.»<br />

Quando alzai lo sguardo, vidi il pallido sorriso di Holmes. «Con ciò la<br />

questione è chiusa, no? Povera Zobeide! Comunque posso assicurarvi che<br />

non la troverete in nessun cofano arabo. Siete disposto a credermi, ora?»<br />

«Non necessariamente in tutto» risposi, e tirando fuori di tasca il biglietto,<br />

lo spiegai lentamente. «Avete scritto voi, questo?»<br />

«Scritto cosa?»<br />

«"Caro G, ci vuole un cadavere... un vero cadavere. La causa della morte<br />

non ha importanza, ma ci vuole un cadavere. Combinerò io il delitto... quel<br />

khanjar col manico d'avorio andrà benone, oppure, se ci sembrerà meglio,<br />

organizzeremo uno strangolamento..." Guardatelo! L'avete scritto voi?»<br />

«No di certo» disse Holmes, e dietro le grosse lenti il suo viso divenne<br />

pallidissimo. «Di cosa diavolo state parlando? Non tentate di spaventarmi,<br />

amico! Che idea ridicola...»<br />

«È stato scritto con la vostra macchina per scrivere. Lo negate?»<br />

«Mio caro signore, io non affermo e non nego niente. Non lo so. Io non<br />

l'ho scritto. E non lo avevo mai visto.»<br />

Holmes indietreggiò di un passo. La sua faccia piacevole, equilibrata,<br />

disapprovante, era rigida come lo sguardo dei suoi miti occhi azzurri.


«Un momento, ispettore!» disse Jerry Wade, con un sobbalzo. «Accidenti,<br />

se...»<br />

«Chiudi il becco, tu, Pagliaccio» lo interruppe Holmes in fretta, quasi<br />

dolorosamente, «lascia che me la sbrighi io. Dite che è stato trovato in casa<br />

mia. Trovato da chi?»<br />

«Dal signor Mannering. E c'è un'altra cosa. Avete detto che siete stato,<br />

con gli altri, nel vostro appartamento tutta la sera, dalle nove in poi, vero?»<br />

«Certo.»<br />

«Ma il signor Mannering è andato là alle undici meno venti e non c'era<br />

nessuno. Nessuno nel modo più assoluto.»<br />

Da un gruppo immobile accanto alla porta, gruppo che adesso era diventato<br />

un fronte compatto in più d'una maniera, venne fuori Richard Butler.<br />

Si era spinto l'elmetto all'indietro - sorretto dalla cinghia sul mento - un effetto<br />

grottesco sopra quella sua faccia tonda e pesante dove i sonnacchiosi<br />

occhi grigiastri erano lievemente strizzati. Con le mani in tasca, si avvicinò<br />

lentamente a Mannering.<br />

«Tu, sporco spione» disse, calmissimo.<br />

Mannering lo guardò.<br />

«Scelgo te per questo» disse Mannering, «perché sei il più grosso.»<br />

Come dicevo, Butler aveva le mani in tasca, ma anche se le avesse avute<br />

fuori delle tasche, mi chiedo se avrebbe avuto il tempo di parare. Mannering<br />

dovette essere stato almeno cinque volte più veloce di un serpente a<br />

sonagli perché nessuno vide quello che accadde. Più tardi Collins mi disse<br />

che il suo pugno doveva aver percorso soltanto una trentina di centimetri.<br />

Ma noi non ce ne rendemmo conto, ci accorgemmo solo del fatto che qualcosa<br />

parve esplodere in Mannering come una bomba. Quando riuscii a vedere<br />

la sua faccia, per un secondo, oltre la spalla di Butler, fu la faccia di<br />

un pazzo quella che vidi, e udii soltanto un rumore piatto, secco. Poi, senza<br />

un gemito e tranquillamente, come di propria volontà, Richard Butler scivolò<br />

sulle ginocchia e si ripiegò su se stesso sul sontuoso tappeto. Nel silenzio<br />

si udì il sibilo del respiro di Mannering, e nessuno si mosse.<br />

«È stato giusto, lo ammetto» disse Jerry Wade, in mezzo a quel silenzio,<br />

«ma con ciò credete di aver provato di essere meno fesso?»<br />

Per un istante credetti che Mannering si lanciasse su di lui ed ero pronto<br />

a rompergli il braccio se ci avesse provato. Ma lui, respirando sempre debolmente<br />

e pallidissimo sotto l'abbronzatura, prese cappello e bastone dalla<br />

scrivania.<br />

«Mi dispiace di aver messo fuori combattimento un testimone, ispettore»


disse, tranquillo, «ma si riprenderà in cinque minuti. Avete ancora bisogno<br />

di me?»<br />

«Grazie» risposi. «Ma per questa sera basta e avanza. Bene. Potete andarvene<br />

a casa.»<br />

«Con questo, signori» disse l'ispettore Carruthers concludendo, «termina<br />

il mio rapporto ufficiale sul caso. Il risultato dei miei appunti vi verrà spiegato<br />

da uomini migliori, comunque mi è stato ordinato di darvi tutti i particolari<br />

dell'inizio di questo delitto insieme alle descrizioni e alle mie impressioni<br />

personali dei personaggi della vicenda. Può essere che per alcune<br />

si tratti soltanto di pregiudizi e chi mi sostituirà potrà correggerle. Dovete<br />

considerare solamente i fatti che vi ho esposto; io non sono riuscito a cavare<br />

altro da quelle persone sebbene le abbia interrogate fino alle quattro del<br />

mattino. Mantennero un fronte compatto.<br />

«Qualunque mia ipotesi non ha più alcun valore perché alle dieci del<br />

mattino seguente tutto il caso venne capovolto. E capovolgendosi spiegò<br />

ogni particolare delle precedenti cose insensate su cui mi ero tanto arrovellato...<br />

ma, sfortunatamente, furono sostituite da altre cose insensate.<br />

«Non tornai a casa quella notte. Dormii qualche ora al posto di polizia,<br />

poi mi misi a lavorare al mio rapporto. Rapporto che mi portò via parecchio<br />

tempo e stavo terminandolo quando il sovrintendente Hadley mi telefonò<br />

per dirmi che ero atteso all'ufficio del vice alto-commissario a Scotland<br />

Yard. Quando vi arrivai, poco prima delle dieci, trovai sir Herbert<br />

Armstrong che camminava su e giù per la stanza ora sghignazzando ora<br />

imprecando su una lettera. Quella lettera faceva il punto di tutto lo sbalorditivo<br />

caso. Ne accludo la copia. È datata sabato quindici giugno, Orkney<br />

Hotel, Kensington, ore una ed è indirizzata personalmente a sir Herbert. La<br />

calligrafia mostra uno stato d'animo in preda all'eccitazione.<br />

Signore,<br />

È con infinita riluttanza e non senza apprensione e il senso della più<br />

profonda vergogna che scrivo queste righe. Ma ho interrogato il mio cuore<br />

e so che il dovere mi obbliga a farlo. Durante vent'anni di umile (ma,<br />

confido, non inutile) servizio come pastore della Chiesa presbiteriana<br />

John Knox di Edimburgo, mi sono trovato abbastanza spesso coinvolto in<br />

situazioni che potrebbero definirsi dolorose o imbarazzanti. (Forse avrete<br />

letto nelle colonne dell' "Ecclesiastico Protestante" le mie divergenze d'opinione<br />

col Moderatore riguardante la questione del piatto della questua e


cioè se doveva essere passato da destra a sinistra invece che da sinistra a<br />

destra, una controversia che per poco, temo, non divenne astiosa.) Né sono,<br />

credo, uomo di vedute ristrette. Non vedo alcun male nel gioco delle<br />

carte o nella salutare distensione del ballo, e sono sempre più convinto<br />

che la depravazione della vita sociale della Chiesa sia stata sopravvalutata.<br />

Anche se sono stato sempre propenso ad adottare punti di vista provinciali,<br />

i miei lunghi viaggi in Oriente che comportarono contatti con uomini<br />

e usi di altri paesi dovrebbero aver allargato (per modo di dire) la mia<br />

mente.<br />

Scrivo questo per dimostrare che non sono privo di esperienza pratica o<br />

di vedute liberali, però mai nei miei più arditi sogni avrei immaginato che<br />

io, ministro della Chiesa scozzese, mi sarei volontariamente appiccicato<br />

alla faccia una barba finta, che sarei sgattaiolato via da un edificio attraverso<br />

un mezzo d'uscita offerto dalla finestra di una toilette e che da lì sarei<br />

sceso mediante l'aiuto di una grondaia, che avrei scavalcato un muro,<br />

che avrei assalito con ferocia un poliziotto il quale, ora me ne rendo conto,<br />

non aveva fatto alcun male e finalmente che sarei svanito da quella deplorevole<br />

scena per mezzo di uno scivolo del carbone. Queste cose, è inutile<br />

aggiungere, non furono fatte per divertimento, e neppure posso sostenere<br />

di essere stato sotto l'influenza dell'alcol, della droga, dell'ipnosi o di<br />

un incantesimo.<br />

Ma non è tutto qui, altrimenti, temo, non mi sarei mai sentito spronato a<br />

parlare. Per farla breve, ho visto commettere un delitto e, incurante delle<br />

conseguenze per la mia persona qualora questi particolari dovessero diventare<br />

di dominio pubblico, devo parlare. Se mi permetterete di venire a<br />

porgervi i miei rispetti questa mattina alle undici e mezzo precise, avrete,<br />

insieme, la mia più profonda gratitudine e la mia più profonda umiliazione.<br />

PARTE SECONDA<br />

Sinceramente vostro,<br />

William Augustus Illingworth<br />

DEPOSIZIONE DEL VICE ALTO-COMMISSARIO<br />

SIR HERBERT ARMSTRONG<br />

9


Davanti alla porta di bronzo: come il dottor<br />

Illingworth sostenne il ruolo di Alì Babà<br />

Be', ragazzi, quando il mio segretario mise quella lettera sulla mia scrivania<br />

alle nove del sabato mattina, io restai sbalordito. Sì, zucconi miei,<br />

sbalordito. Ma ciò che più mi fece andare in bestia era il fatto che quel tipo<br />

non concludeva. Se c'è una cosa che mi piace è vedere qualcuno che va diritto<br />

al nocciolo della questione. Non esiste nulla al mondo su cui valga la<br />

pena soffermarsi, tranne forse una buona cena col tipo giusto di Borgogna...<br />

Non venite a dirmi che non va bene per la linea. Cosa c'è che non va<br />

in un po' di pancetta se la carne è soda? Guardate la mia. Dura come il ferro.<br />

Cosa cavolo stavo dicendo? Piantatela di sviarmi. Ah, sì, voi, Carruthers,<br />

il vostro guaio è che avete troppi istinti da gentiluomo per arrivare<br />

da qualche parte. Ecco, io non li ho. È per questo che sono capace di organizzare<br />

un dipartimento di polizia, una ditta per la produzione del burro o<br />

qualunque altra cosa, e tutti sanno che se non si danno da fare e non lavorano,<br />

io ballerò sulle loro tombe. Diritti al sodo. Trattarli duramente. Grrr.<br />

Così son fatto, io.<br />

Quindi, come dicevo, alle nove del mattino il mio segretario entrò e mi<br />

sibilò all'orecchio... È un'abitudine che ha preso. Sono cinque anni che<br />

penso di licenziare quell'uomo e per giunta credo che sia stato proprio lui<br />

ad avere avuto la sfrontatezza di cominciare a chiamarmi Paperino dietro<br />

le spalle. Mise la lettera sulla mia scrivania con aria solenne e io la lessi.<br />

Dissi: «Chi è questo Illingworth?».<br />

Allora lui corrugò la fronte, si grattò la pera e alla fine rispose: «Direi<br />

che è uno scozzese, signore».<br />

Dissi: «Lo so maledettamente bene che è uno scozzese. Ma io ti sto<br />

chiedendo chi è. Sai niente di lui? Dov'è andato a finire il Who's Who? Inoltre<br />

cos'è questa storia della barba finta? Cretinate! I pastori evangelici<br />

non portano barbe finte!».<br />

«Be', signore, questo qui sì» puntualizzò lui. «Forse in Scozia fa parte di<br />

un rituale. Comunque, cosa intendete fare? Penso che dovrei dirvi del rapporto<br />

ricevuto stamane. Un uomo, non ancora identificato, è stato assassinato<br />

stanotte al museo Wade. Secondo il sovrintendente Hadley, potrebbe<br />

avere qualcosa a che fare con quella faccenda.»<br />

Mi dette i primi scarsi particolari e io rimasi talmente sbalordito che per<br />

qualche minuto non mi preoccupai neanche di contraddirlo. Vedete, conosco<br />

Jeff Wade da molto tempo, da prima che facesse quattrini, siamo nati


entrambi nello stesso villaggio nel Somerset. Ha sempre avuto il pallino<br />

delle rovine... si divertiva molto di più in mezzo alle rovine che a gozzovigliare<br />

in una taverna... ma non era così colto e nebuloso come crede di essere<br />

oggi. Ricordo Jeff Wade sulla strada tra High Littleton e Bristol (era<br />

sprofondata nella polvere, quella strada) che, con un vestito a quadri e un<br />

cappello a bombetta dalla tesa ondulata, cercava di andare su una schifosa,<br />

scalcinata bicicletta con un sellino alto due metri da terra. Procedeva vacillando<br />

come un uomo sui trampoli, ogni dozzina di metri cadeva, e una volta<br />

piombò perfino a testa in giù sulla bombetta, ma rimontava sempre. Così<br />

era Jeff Wade. Un contadino che era appoggiato a una staccionata e che,<br />

evidentemente, credeva che si trattasse di una penitenza, gli domandò:<br />

"Cosa state facendo, signor Wade?". Jeff rispose: "Ho spaccato la mia<br />

stramaledetta bombetta, ma perdio, arriverò a Bristol anche dovessi spaccarmi<br />

lo stramaledetto...". E lo fece. Non voglio dire che se lo spaccò, ma<br />

che arrivò a Bristol. Anche allora coltivava quei baffoni come spade che<br />

gli spuntavano dai lati della faccia; era un ragazzo basso di statura, robusto.<br />

Poi andò al nord e fece i milioni con pantaloni o biancheria o roba del<br />

genere. Lo strano in Jeff Wade era l'odio che aveva per gli stranieri, specialmente<br />

per quelli di pelle scura. È perfettamente logico che ora il suo interesse<br />

principale sia per le rovine persiane o egiziane, sebbene immagino<br />

che consideri giusto che quegli stranieri siano morti: noi inglesi in genere<br />

la pensiamo così, ma non fino a quel punto. Comunque lo ricordo sempre<br />

barcollante su quella strada in mezzo a un nuvolone di polvere, con quel<br />

contadino appoggiato alla staccionata e i meli in fiore tutt'attorno.<br />

Popkins, il mio segretario, disse: «Lasciate perdere i meli. Qui si tratta di<br />

assassinio. Andiamo diritti al sodo, signore. Cosa volete che faccia?».<br />

Dopo aver ottenuto da lui tutto quello che sapeva, mi feci dare tutti i<br />

rapporti che c'erano e mandai a chiamare Carruthers per farmi raccontare i<br />

fatti da lui. Quando ebbi sentito il succo della faccenda (e il punto importante<br />

spiccava chiaramente come vi dimostrerò tra un secondo) ero preoccupato.<br />

Diabolicamente preoccupato. A quel punto volevamo il dottor William<br />

Augustus Illingworth perché ci desse la sua versione di un incubo cui<br />

non avrei mai creduto se non ci fosse stato di mezzo Jeff Wade. Così lasciai<br />

da parte tutte le altre pratiche, fumai un'infinità di sigari e aspettai il<br />

dottor Illingworth. Alle undici e mezzo precise, proprio al rintocco del Big<br />

Ben, un paio di agenti me lo portarono in ufficio come un criminale, mentre<br />

lui si guardava intorno con ferocia come se lo avessimo fermato per farlo<br />

impiccare.


Non so cosa mi aspettassi, ma lui era un tipo abbastanza normale per<br />

rassicurarmi e allo stesso tempo per farmi imbestialire. Era alto, magro,<br />

ossuto... come un'aringa affumicata troppo cresciuta... c'era perfino qualcosa<br />

nei suoi occhi da pesce che faceva pensare a un'aringa... ma quando riprese<br />

il controllo di sé, mi guardò con gran dignità. Davvero. Aveva la<br />

faccia lunga, coriacea, e ogni volta che cominciava a parlare, cacciava il<br />

mento nel colletto così che le rughe gli arrivavano alle orecchie. Aveva anche<br />

il tic di fissare il pavimento quando apriva la bocca e di rialzare subito<br />

lo sguardo come per non perdere il filo del discorso. Dalla tasca tirò fuori<br />

un paio d'occhiali cerchiati di tartaruga; le sue mani tremavano quando inforcò<br />

quegli occhiali che fecero sembrare il suo naso più lungo che mai.<br />

Portava un vestito scuro rugginoso e un cappello floscio sotto il braccio, e<br />

aveva i capelli grigiastri pettinati un po' tortuosamente. Naturalmente io<br />

avevo già preso informazioni sul mio uomo: era semplicemente quello che<br />

voleva essere. Per giunta a quel punto mi feci l'idea (ed è difficile che mi<br />

sbagli, zucconi miei) di un vecchio rigido, educato, gentile, confuso, capace<br />

di fare qualcosa d'inaspettato all'improvviso e di correre dietro a ciò che<br />

riteneva suo dovere cacciandosi nei pasticci. Non mi viene in mente altro<br />

tranne il fatto che stava molto più dritto di un granatiere della Guardia e<br />

che doveva portare scarpe numero quarantotto.<br />

«Sir Herbert Armstrong?» disse con una voce così acuta che mi fece fare<br />

un salto.<br />

«Sedetevi. Calmatevi.»<br />

Lui mi fece trasalire di nuovo piombando sulla sedia come se gli avessero<br />

sparato.<br />

«Porco cane, piantatela!» esclamai. «Calmatevi. Allora. Al sodo.»<br />

Lui posò il cappello per terra con molta cura, tirò in dentro il mento, aprì<br />

la caverna e cominciò a parlare come una mitragliatrice. Non potrei ricordare<br />

la sequela di frasi che usò, perciò cito tutto prendendolo dalle note<br />

dello stenografo.<br />

«Vedo, sir Herbert, che avete ricevuto la mia comunicazione» disse.<br />

«Confido di essere perdonato, e lo sono, credo, per uno scusabile, sovreccitato<br />

stato d'animo che può aver provocato qualche malinteso sul mio intendimento<br />

nell'avvicinarmi a voi per mezzo della mia lettera. Ma io...<br />

uhmm... e lo confesso con un senso di sollievo... non vedo... non ancora...<br />

nessun segno di manette o di catene.»<br />

«No» dissi. «Sono un vice alto-commissario di polizia, non un fabbroferraio.<br />

Prendete un sigaro.»


Prese il sigaro, ne staccò con un morso delicato l'estremità e continuò:<br />

«Per riprendere il filo del discorso, sir Herbert... mentre non ritiro, né desidero<br />

ritirare nessuna delle dichiarazioni nella mia lettera di ieri sera, voglio<br />

seriamente togliervi dalla mente che il delitto al quale mi sono riferito abbia<br />

alcun rapporto... per farla breve... l'abbia commesso io. Sebbene io abbia<br />

sempre cercato di coltivare l'abitudine di pensare e di scrivere in modo<br />

preciso, temo che nel mio stato d'animo confuso di ieri sera io possa avervi<br />

dato erroneamente l'impressione... scusatemi!».<br />

S'interruppe al momento giusto. Prima di tutto, vedete, aveva tirato fuori<br />

di tasca una scatola di fiammiferi e nel tentare di prenderne uno aveva dato<br />

uno strattone tale che i fiammiferi mi erano piovuti tutti in faccia. E per<br />

quello, pazienza. Ma alla fine ne aveva preso uno e lo aveva strofinato per<br />

accendere il mio sigaro. Quando aveva detto "scusatemi!" era stato perché<br />

la sua mano tremava talmente che aveva lasciato cadere il fiammifero acceso<br />

tra la mia camicia e il panciotto. Disse che non riusciva a capire come<br />

poteva aver fatto e io ne convenni. E le cose che dissi mentre mi battevo<br />

sul petto non dovrebbero mai essere proferite di fronte a un ecclesiastico.<br />

Per un attimo mi ritrovai così furioso che per un pelo non lo buttai fuori,<br />

ma poi mi dominai e mi limitai a guardarlo freddamente.<br />

«Dottor Illingworth» dissi, quando riuscii a riprendere fiato, «dottor Illingworth,<br />

vi ho detto che non sono un fabbroferraio. Adottando il vostro<br />

stile, posso anche dire che non sono un maledetto razzo. Questo è un<br />

fiammifero. Osservatelo. È un oggetto utile, se usato in modo giusto. Ora<br />

accenderò io il vostro sigaro, sempre che ci si possa fidare di voi con un<br />

sigaro. Poi, regolamenti della polizia o meno, vi farò bere qualcosa. Ne avete<br />

bisogno.»<br />

«Grazie» rispose lui. «Mentre naturalmente io non condivido la debolezza<br />

nazionale e sia anzi uno zelante sostenitore della temperanza, nondimeno,<br />

la vera temperanza... per farla breve, sì.»<br />

Gli versai una dose enorme di whisky Uscio; lui lo tracannò senza batter<br />

ciglio e con una faccia assolutamente inespressiva.<br />

«È stato molto corroborante» disse il dottor Illingworth buttando con aria<br />

grave il bicchiere nel cesto della carta straccia, «e mi darà la forza per<br />

dirvi quello che, ahimè, va detto. In secondo luogo, sir Herbert, vi sono<br />

grato per le vostre maniere informali che mi aiutano molto a mettermi a<br />

mio agio in circostanze conturbanti, circostanze che, mi rendo conto con<br />

grande costernazione, non placheranno certamente i pezzi grossi della<br />

Chiesa presbiteriana John Knox. Tuttavia non devo divagare su simili que-


stioni, per quanto penose. Durante il viaggio in treno da Edimburgo ho ingannato<br />

il tempo libero (la maggior parte del viaggio era dedicata alla<br />

composizione del discorso che dovevo fare a Londra stasera alle Scuole<br />

Domenicali dei Presbiteriani Uniti) ho ingannato il tempo libero sfogliando<br />

un romanzo poliziesco tascabile intitolato Il pugnale del destino che un<br />

viaggiatore di commercio nel mio scompartimento mi aveva gentilmente<br />

prestato. I miei doveri di pastore, non meno dei miei studi sulla storia delle<br />

antiche civiltà, mi hanno lasciato poco tempo per letture riguardanti il<br />

mondo vivente che ci circonda, ma devo dire che ho trovato il racconto<br />

commovente, perfino affascinante ed è stata per me una rivelazione che mi<br />

ha profondamente colpito. In effetti ero scandalizzato dalla brutalità del<br />

personaggio principale la cui identità non veniva rivelata fino... No, sir<br />

Herbert, nonostante quello che state per osservare, non divago. Ciò che volevo<br />

dire è questo! Se ho imparato qualcosa sui vostri sistemi da Il pugnale<br />

del destino, ho imparato che non bisogna trattenere né omettere niente, per<br />

quanto insignificante possa sembrare. Mentre vi racconterò la mia storia,<br />

cercherò di ricordarlo, almeno finché si accorda con quella brevità legale<br />

che voi richiedete.»<br />

Signori, stava per venirmi un colpo apoplettico, ma quel cortese vecchio<br />

balordo aveva una tale aria da martire che mi limitai a fare un cenno allo<br />

stenografo. Dopo aver tossicchiato un paio di volte, Illingworth tirò una<br />

boccata al sigaro e ripartì in quarta.<br />

«Mi chiamo William Augustus Illingworth» annunciò d'un tratto, come<br />

uno spirito durante una seduta spiritica. «Sono il pastore della Chiesa presbiteriana<br />

John Knox di Edimburgo, come lo era prima dì me il mio defunto<br />

padre; vivo nel presbiterio di quella chiesa con la signora Illingworth e<br />

con mio figlio Ian che sta studiando per diventare sacerdote. La sera di<br />

giovedì tredici giugno (ieri l'altro, faccio notare) sono arrivato a Londra e<br />

dalla King's Station mi sono fatto portare all'Orkney Hotel in Kensington<br />

High Street. Il motivo del mio viaggio a Londra era, in parte, come ho già<br />

detto, per parlare a una riunione delle Scuole Domenicali dei Presbiteriani<br />

Uniti all'Albert Hall, ma la mia più ansiosa anticipazione del viaggio veniva<br />

da un altro motivo, più egoistico, temo.<br />

«Da parecchio tempo seguo con moltissimo interesse le fonti e gli sviluppi<br />

di quegli interessanti documenti storici deplorevolmente popolarizzati<br />

e quindi spesso privati di significato, noti come <strong>Le</strong> <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong>.<br />

Uno stimatissimo studioso, un certo signor Geoffrey Wade, era stato recentemente<br />

così fortunato da acquistare duecento fogli manoscritti della


prima traduzione...»<br />

«Un momento» dissi. «Lasciatemi stabilire questa parte e vediamo se sistemiamo<br />

un primo punto. Ieri sera eravate stato invitato al museo Wade<br />

per esaminare il manoscritto di un certo Antoine Galland, che poi è risultato<br />

un bel fiasco, non è così?»<br />

Lui non si stupì, neanche un po'. Immagino che pensò che io lo avessi<br />

dedotto, e buttò fuori due o tre palate di parole che significavano sì.<br />

Dissi: «Conoscete Jeff Wade? Voglio dire, lo conoscete personalmente?».<br />

Risultò di no. Avevano tenuto una lunga corrispondenza, si erano scambiati<br />

un sacco dì complimenti e avevano deciso di incontrarsi alla prima<br />

occasione: la riunione al museo era stata combinata prima della sua partenza<br />

da Edimburgo.<br />

«E» riprese Illingworth, mentre la sua faccia legnosa si animava sempre<br />

più via via che arrivava al nocciolo della questione, «è stato con notevole<br />

disappunto che ieri, a mezzogiorno preciso, ho ricevuto al mio albergo una<br />

comunicazione dal signor Ronald Holmes, il segretario e socio del signor<br />

Wade, il quale mi ha spiegato, col più profondo rammarico, che il signor<br />

Wade era stato inaspettatamente chiamato fuori città e che quindi si trovava<br />

nella spiacevole necessità di rimandare la nostra riunione ad altro momento.<br />

Io gli ho detto che ero dispiaciuto, ma sinceramente non posso dire<br />

di esserne rimasto sorpreso. Ero stato informato (da amici comuni che, ritenevo,<br />

esagerassero un poco) che il signor Wade è un uomo di grande intelligenza,<br />

ma capriccioso, e che lo si poteva anche definire un eccentrico.<br />

Difatti ho saputo da fonte attendibile che una volta quando, durante la sua<br />

lettura di un documento originale della Società Medio Asiatica della Gran<br />

Bretagna, una delle sue opinioni era stata contestata, il signor Wade aveva<br />

apostrofato la persona che lo aveva interrotto con il desolante termine di<br />

sciocco, e pare perfino che arrivasse a dire che il presidente, sir Humphrey<br />

Balhnger-Gore, aveva la faccia come una prugna secca.<br />

«Perciò non mi sono affatto stupito quando, alle cinque del pomeriggio<br />

di ieri, ho saputo che aveva cambiato i suoi piani per la seconda volta. Poiché,<br />

tornando in albergo, dopo aver passato due ore stimolanti nel museo<br />

di South Kensington (che io, tanto per cominciare, non trovo un'istituzione<br />

così frivola come vorrebbero farci credere), mi è stato dato un telegramma<br />

del signor Wade, spedito da Southampton poco tempo prima. Eccolo.»<br />

AVENDO SAPUTO CHE CE LA FARÒ A RIENTRARE PRESTO


NON È NECESSARIO RIMANDARE TROVIAMOCI MUSEO STASE-<br />

RA DIECI E MEZZO GEOFFREY WADE.<br />

«Alla luce degli avvenimenti susseguenti» continuò il pastore, indicando<br />

il telegramma con un gesto del capo, «ho cercato di dedurre qualcosa esaminando<br />

quel documento, secondo certi ammirevoli suggerimenti presi da<br />

Il pugnale del destino. Ho tenuto il foglio controluce per cercare la filigrana.<br />

Tuttavia, dato che non so bene cosa possa essere la filigrana, temo che<br />

mi sia sfuggito il significato sinistro che potrebbe derivare dalla sua presenza<br />

o dalla sua assenza.<br />

«Ma permettetemi di andare avanti. Per quanto, confesso, fossi un po'<br />

seccato col signor Wade per il suo secondo cambiamento di programma e<br />

per la sua scarsa considerazione del mio tempo, nondimeno non ero affatto<br />

riluttante ad andare. Mi sono vestito con una certa cura e ho preso con me<br />

un volume che raramente lascia la mia persona... la rarissima prima edizione<br />

araba delle prime cento Notti, pubblicate, come saprete, a Calcutta<br />

nel milleottocentoquattordici, per mostrarlo al signor Wade. Glielo avevo<br />

promesso già da tempo.»<br />

Dalla tasca della giacca tirò fuori con gran delicatezza un grosso libro rilegato<br />

in pelle e lo posò sulla scrivania accanto al telegramma come un altro<br />

reperto.<br />

«Per proseguire» disse (a questo punto cominciava a essere piuttosto eccitato)<br />

«alle dieci e venti circa, sono salito su un taxi davanti al mio albergo<br />

e mi sono fatto portate al museo Wade dove sono arrivato precisamente<br />

alle dieci e trentacinque. Posso stabilirlo senza alcun dubbio poiché, mentre<br />

stavo per pagare il conducente del taxi, l'orologio da tasca mi è caduto<br />

in terra insieme con alcune monete, e si è fermato... in effetti non sono ancora<br />

riuscito a rimetterlo in movimento.»<br />

Venne fuori l'orologio che fu messo sulla scrivania accanto al telegramma<br />

e al libro. Era come se avessimo cominciato a giocare a strip-poker.<br />

«Per un momento, lo confesso» continuò il vecchio, abbassando il mento,<br />

«non ho potuto resistere alla tentazione di indugiare davanti al portone<br />

di quell'edificio e di perdermi in muta contemplazione di quegli splendidi<br />

battenti di bronzo: fedeli riproduzioni di quei battenti, ci dicono, che adornavano<br />

l'ingresso dell'Hasht Bihisht, o Otto Paradisi, di Shah Abbas il<br />

Grande. Sarei forse rimasto lì un bel po', perso nella mia contemplazione,<br />

dopo aver acceso un fiammifero o due per esaminare meglio le iscrizioni<br />

iraniane, ma fui rudemente riportato alla realtà dai volgari commenti di


due passanti i quali, a quanto pareva, avevano l'impressione che io fossi<br />

appena uscito da una taverna vicina chiamata "Dog and Duck", e che non<br />

fossi in condizioni di trovare il buco della serratura.<br />

«Ho ingoiato quelle calunnie con silenziosa dignità e quando i passanti<br />

sono passati (tanto per dire) ho suonato il campanello come mi era stato<br />

detto di fare. La porta si è aperta e alla luce dell'interno ho visto che la persona<br />

che l'aveva aperta doveva essere l'uomo cui il signor Wade aveva accennato<br />

qualche volta: un fedele servitore che aveva da molti anni e che<br />

faceva da inserviente e da custode notturno. Si chiama, credo, Pruen.»<br />

«Aha!» esclamai. «Allora era lì, dopotutto.»<br />

Il vecchio parve non udire. Invece mi fissò con uno sguardo così fermo<br />

che io cominciai a sentirmi la coscienza sporca.<br />

«Poi è accaduto» disse, «quello che posso soltanto descrivere come il<br />

primo e il più lieve degli avvenimenti straordinari che dovevano seguire<br />

all'interno di quella stramaledetta porta. In una parola... Pruen mi ha riso in<br />

faccia.»<br />

Dissi: «Cosa ha fatto?».<br />

«Ha riso» dichiarò Illingworth scuotendo la testa su e giù con aria grave.<br />

«Mi ha riso in faccia. Dopo avermi invitato a entrare con una certa pantomima<br />

di segretezza, mi ha squadrato da capo a piedi con gran concentrazione<br />

e poi ha emesso quello che posso solamente descrivere come una<br />

sghignazzata esplosiva che pareva trasformargli il viso. Poi ha detto le seguenti<br />

parole, in un gergo che non tenterò nemmeno di imitare. Ha detto:<br />

"Salve! E voi chi siete?".<br />

«Io ero ragionevolmente irritato di fronte a quel deplorevole e sorprendente<br />

comportamento e gli ho risposto con un tono piuttosto aspro: "Sono<br />

il dottor William Augustus Illingworth, mio brav'uomo" l'ho informato, "e<br />

credo che il signor Wade mi stia aspettando. Volete avere la bontà di accompagnarmi<br />

da lui?".<br />

«Con mio assoluto stupore, non solo la sua ilarità non si è calmata, ma è<br />

aumentata in maniera allarmante. Sembrava addirittura piegato in due, si<br />

reggeva la pancia e si dondolava da una parte all'altra con fare misterioso<br />

ma senza quasi fare il minimo rumore.<br />

«"Ah, siete un bel tipo, siete" mi ha detto alla fine asciugandosi gli occhi<br />

dopo una serie di singulti. "Non capisco proprio come mai non avete un<br />

successone nelle sale, davvero non lo capisco." (Questa frase "nelle sale",<br />

ho saputo dopo, si riferisce agli artisti dei music-hall come cantanti, ciclisti,<br />

acrobati e simili; pareva decisamente incomprensibile applicata a un


ministro del Vangelo.) "Siete la cosa più convincente che mi sia capitato di<br />

vedere" ha aggiunto quel vecchio sbalorditivo "e andrete a meraviglia per<br />

il delitto".<br />

«E con questo, sir Herbert, e con una straziante sghignazzata, ha allungato<br />

un dito e mi ha pungolato nelle costole.»<br />

10<br />

L'inizio di un incantesimo: come il dottor<br />

Illingworth sostenne il ruolo di Aladino<br />

«Sul momento non potevo tirare alcuna conclusione tranne quella che<br />

l'uomo fosse ubriaco, sebbene, a parte il suo straordinario comportamento,<br />

non desse nessuna prova di quello stato. Così mi sono guardato attorno<br />

nella sala in cui mi trovavo sperando di vedermi venire incontro il signor<br />

Wade. Ero davvero impressionato dalle nobili proporzioni e dalla grandiosità<br />

che mi circondava, il tutto dolcemente illuminato da un bagliore bianchiccio,<br />

proveniente dalle cornici del soffitto, che dava un aspetto di spettrale<br />

luce lunare abbastanza piacevole per una persona di temperamento<br />

meditativo. Dava perfino uno strano colore alla faccia del vecchietto vestito<br />

con una specie di uniforme blu che mi stava saltellando accanto. Dopo<br />

di che il tipo mi ha detto le seguenti parole: "Immagino che vorrete andare<br />

dal boss. Siete in ritardo, eh, vecchio arnese". Sto cercando, sir Herbert, di<br />

essere preciso. "Ma sarete perdonato, e vi pagheranno perfino in anticipo<br />

se lo desiderate, per il vostro magnifico travestimento."<br />

«Ora vi posso assicurare che non c'era minimamente nulla di strano nel<br />

mio cilindro e nella mia finanziera (che erano di modello normale, perfino<br />

severo), di conseguenza ho cominciato a pensare che si doveva trattare di<br />

pazzia o di malinteso. Quando il mio uomo ha aggiunto: "La stanza del<br />

conservatore... diritto, poi girare a destra, la prima porta, è là adesso" sono<br />

stato costretto a parlare.<br />

«"Per una qualche ragione" ho detto "sembrate dubitare che io sia il dottor<br />

Illingworth. Visto che dubitate, eccovi il mio biglietto da visita. Visto<br />

che dubitate, vi prego di guardare questa prima edizione delle prime cento<br />

Notti che porto da mostrare al signor Wade. Se si tratta di un malinteso genuino<br />

sarò lieto di scusarvi, se invece è semplicemente un'impertinenza<br />

gratuita da parte vostra, mi premurerò di farlo notare al signor Wade."<br />

«Durante il mio discorso ho notato un certo vago, dubbioso cambiamento<br />

sulla sua faccia e, sebbene le sue parole non fossero percepibili, ha mos-


so la bocca. Tuttavia, decidendo che sarei stato in grado di trovare la strada<br />

per la stanza del conservatore senza il suo aiuto, ho proseguito col fare più<br />

dignitoso che sono riuscito ad assumere finché non sono stato bloccato<br />

dalla vista di una cosa ancora più strana.<br />

«Sebbene avrete indubbiamente familiarità con l'interno del museo Wade,<br />

debbo spiegare che sulla parete di destra, quando si è in posizione da<br />

guardare direttamente verso la parte posteriore, a un sessantacinque metri<br />

circa dalla porta principale, c'è una grossa arcata con la scritta "Galleria dei<br />

Bazar". È una divertente ricostruzione, del tutto insignificante (dal punto di<br />

vista archeologico o storico) di un bazar o della strada commerciale di una<br />

città orientale. La ricostruzione, devo dire, è abbastanza accurata e le è stata<br />

data una realtà teatrale per mezzo dell'illuminazione che produce un effetto<br />

di luci e ombre sopra una strada fantasiosa. Mentre guardavo da quella<br />

parte, sono stato bloccato non soltanto dalla fuggevole illusione di vedere<br />

una strada di Isfahan verso il crepuscolo, ma anche da una figura umana<br />

che era là, in piedi.<br />

«In mezzo a quella strada, immobile sotto un groviglio di ombre, ho visto<br />

distintamente un nobile persiano nel suo costume indigeno.<br />

«Signore, io non sono affatto malato di cervello mentre vi racconto queste<br />

cose e posso darvi la mia più solenne parola che sto dicendo la verità.<br />

Naturalmente ero estremamente preso dal suo vestiario. Aveva il consueto<br />

alto copricapo di pelle di pecora, la sua tunica era di seta ricamata e molto<br />

lunga, il che... insieme alla camicia bianca... stava a indicare ricchezza o<br />

rango. Gli zirjamah o pantaloni erano di cotone bianco, ma il segno più evidente<br />

del rango stava nel cinturone nero di pelle lucida che invece di una<br />

fibbia d'ottone, come nel caso di un qualunque cortigiano, aveva la fibbia<br />

del nobile con un grosso ornamento tondo di rubini tagliati. Del viso, che<br />

era in ombra, ho potuto distinguere soltanto la carnagione olivastra che si<br />

notava molto per il contrasto con il bianco degli occhi. Sulle prime una simile<br />

apparizione contro un simile sfondo mi ha fatto pensare che potesse<br />

trattarsi di una figura di cera, sistemata lì per dare un'aria di verosimiglianza<br />

a quella mostra. Ma non lo era, e di questo fatto ho avuto ampia prova.<br />

Era una prova irrilevante, ma in quelle circostanze produceva un effetto<br />

che posso soltanto descrivere come terribilmente magico... cioè, l'uomo<br />

apriva e chiudeva gli occhi.<br />

«Credo di poter essere considerato un uomo abbastanza riflessivo, non<br />

certo un tipo fantasioso. Per lo strano stato d'animo in cui mi sono trovato,<br />

posso solo addurre la scusante dell'incongruità di simile vista in un mo-


mento simile. Ma l'irrazionale sensazione (arrossisco nel riconoscerlo) di<br />

vagare attraverso un qualche squarcio del cosmo in una delle Notti e che<br />

l'inserviente con l'uniforme blu potesse essere un negro Sharazad che<br />

m'invitava ad altre avventure, è stata scacciata non soltanto dai miei principi<br />

religiosi ma anche dal mio forte buonsenso. E quel buonsenso mi ha<br />

dato l'ovvia spiegazione. Cosa c'era di più naturale che il signor Wade, con<br />

la sua indubbia vasta cerchia di amici in Persia e nell'Iraq, avesse fatto laggiù<br />

la conoscenza di un nobile e che quel gentiluomo fosse stato invitato lì<br />

per fare la mia conoscenza? Certamente nulla. Perciò ho deciso, con la più<br />

grande formalità, di parlargli. E per farlo ho scelto l'arabo puro piuttosto<br />

che il bastardo "nuovo persiano" (uso questo termine senza nessuna acrimonia)<br />

che gli arabi hanno corrotto dalla sua antica purezza.<br />

«Quindi ho alzato la mano in un gesto di saluto: "Essalâmu 'alaikoom<br />

es-salâm. Inshâ allâh tekoon fee ghâyit as-sahhah". Al che lui ha risposto<br />

gravemente: "Wa 'alaikoom es-salâm. Ana b'khair el-hamd lillâh".<br />

«La sua voce aveva una tonalità grave e profonda, e lui parlava con incomparabile<br />

dignità, ma pareva eccessivamente stupito che io fossi in grado<br />

di rivolgermi a lui nella sua lingua. Un altro fatto che ho notato con interesse<br />

è stato che l'intonazione del suo arabo era più egiziana che persiana.<br />

Per esempio quando ho continuato: "El Kâ ât Kwyeeseen..." Scusate,<br />

sir Herbert, ma avete detto qualcosa?» s'interruppe il dottor Illingworth.<br />

«Nell'eccitazione del mio racconto temo di essermi distratto. Avete detto<br />

qualcosa?»<br />

Dopo aver ascoltato quei farfugliamenti tanto a lungo ci potete scommettere<br />

che avevo parlato.<br />

«Uh!» dissi. «È una bellissima imitazione di qualcuno in cima a una moschea,<br />

ma smettetela di chiamare i fedeli alla preghiera e raccontatemi cos'è<br />

successo nella nostra lingua.»<br />

Credeteci o no, lui aveva l'aria sorpresa.<br />

«Scusate, sì, certo. Era semplicemente l'abituale forma di saluto che lo<br />

scrupoloso straniero non trascura. Dopo avergli augurato la buona sera gli<br />

ho detto: "Pace a voi! Spero che stiate bene". Al che ha risposto, anche lui<br />

in maniera formale: "E pace anche a voi. Sto benissimo, grazie a Dio!".<br />

Posso continuare? Grazie.<br />

«Stavo per fargli altre domande, quando lui mi ha troncato la parola di<br />

botto, imperiosamente ma con grande cortesia, indicandomi la stanza del<br />

conservatore verso la quale ero già stato indirizzato. Sebbene intuissi che<br />

c'era sempre un profondo mistero là dentro, ho ripreso a camminare... ag-


giungendo alcune gentili osservazioni e concludendo, in inglese, se desiderava<br />

parlarmi in quella lingua... ed ero arrivato oltre la metà della sala<br />

quando ho notato la seconda delle meraviglie di quella notte. Era una bellissima<br />

ragazza che indossava un vestito color cremisi scuro il cui nome<br />

tecnico non conosco...<br />

«Mi sembra d'avervi visto trasalire, sir Herbert, all'accenno di questa ragazza.<br />

Sarò chiarissimo poiché questo fatto può essere di grandissima importanza.<br />

Quando si guarda la parte posteriore del museo, proprio nel mezzo,<br />

c'è un'ampia scalinata di marmo bianco. Nelle pareti dietro a ciascun<br />

lato della scala, ci sono due porte. <strong>Una</strong> a sinistra e una a destra. È stata la<br />

porta sulla sinistra che io ho visto aprirsi. E ne è uscita la ragazza col suo<br />

vestito da sera rosso, una ragazza con i capelli neri e con quello che descriverei<br />

un gran fascino. Di tutte le persone che mi avevano salutato nel<br />

museo fino a quel momento, ognuno aveva espresso in grado differente<br />

una certa sorpresa, ma quella ragazza, sebbene apparisse anche lei sorpresa,<br />

sembrava in uno stato d'animo così distaccato che mi ha prestato pochissima<br />

attenzione. Si è girata ed è corsa su per la scalinata di marmo verso<br />

le gallerie del piano di sopra ed è sparita dalla vista. Posso osservare<br />

che, da qualche parte del piano di sopra, la cui esatta dislocazione non ho<br />

potuto identificare, veniva un rumore molto simile a quello fatto da qualcuno<br />

che pianta chiodi nel legno.<br />

«Ma non avevo tempo di rimuginare su quel fatto. A una certa distanza<br />

alla mia destra, dato che ormai ero ai piedi della scalinata, l'uscio contrassegnato<br />

"Conservatore" si è spalancato e finalmente e con - devo dire - un<br />

enorme senso di sollievo, ho visto il mio ospite.<br />

«Sebbene non avessi mai visto una fotografia del signor Wade, quelli<br />

che lo conoscevano avevano accennato a due punti della sua descrizione<br />

fisica: la bassa statura e i lunghi baffi bianchi. Ero preparato alla bassa statura<br />

(che ho visto) e ai lunghi baffi (che ho visto), ma non ero preparato alla<br />

lussureggiante barba bianca che gli arrivava al petto e gli dava un aspetto<br />

imponente, perfino venerabile. I suoi capelli bianchi e la barba bianca<br />

incorniciavano un viso in un certo qual modo logorato dall'età, ma con due<br />

occhi estremamente acuti, lui mi squadrava da capo a piedi. E veramente,<br />

per l'atteggiamento e la dignità con cui mi stava davanti, mi ha fatto venire<br />

in mente la figura di Re <strong>Le</strong>ar come ritratto da sir Henry Irving molti anni<br />

fa. Figuratevi il mio sommo stupore quando ho visto quel distinto signore<br />

tirar fuori pensosamente dalla tasca della giacca un'armonica a bocca... sì,<br />

sir Herbert, un'armonica a bocca... portarsela alle labbra e con aria medita-


onda cominciare quell'esercizio che si chiama, credo, fare le scale.<br />

«Al mio accenno all'armonica a bocca, sir Herbert, noto che siete di<br />

nuovo trasalito violentemente. A meno di sbagliarmi, avete anche mormorato<br />

la parola "Jerry". Cosa possa significare riesco a indovinarlo, dato che<br />

ho saputo che Scotland Yard ha una lista di tutti i disperati criminali e delle<br />

loro stranezze per riferimenti nel caso di un delitto. È probabile che riusciate<br />

a mettere subito il dito sull'identità dell'uomo a causa della sua debolezza<br />

traditrice di suonare l'armonica a bocca durante un furto con scasso o<br />

un omicidio, proprio come il dottor Chianti in Il pugnale del destino (me<br />

ne sono ricordato più tardi) suonava il trombone. Ma sul momento, per<br />

sfortuna, non avevo capito di essere entrato nella tana di criminali disperati.<br />

Ahimè, signore, essendo stato informato della lieve eccentricità del signor<br />

Wade, ho creduto che il suo penchant per l'armonica a bocca fosse<br />

una di quelle leggere distensioni in cui spesso indulgono uomini dalla<br />

mente superiore come il mio amico dottor MacTavish dell'università, un<br />

uomo erudito e altrimenti esemplare che ha l'abitudine, al cinema, di ridere<br />

sgangheratamente quando qualcuno viene colpito in faccia da una torta di<br />

crema. Così non ho mostrato alcuna sorpresa nemmeno quando il mio ospite<br />

mi ha rivolto la parola con una certa violenza.<br />

«"Siete in ritardo" ha detto, puntando l'armonica verso di me. "Perché<br />

volete perdere tempo a parlare? Abbiamo da fare. Siete in ritardo, accidentaccio,<br />

e abbiamo solo mezz'ora. Entrate. Sbrigatevi!"<br />

«Il suo modo di fare era diventato quasi spasmodicamente eccitato, il<br />

che mi è sembrato inutile e perfino maleducato, ed è entrato nella stanza<br />

prima di me con un'agilità sorprendente per uno della sua età.<br />

«"Mi spiace moltissimo, signor Wade" gli ho detto piuttosto seccamente,<br />

"se il mio lieve ritardo vi ha causato qualche noia. Confesso che speravo<br />

che il nostro primo incontro potesse aver luogo in un'atmosfera più amichevole."<br />

«Con la stessa agilità, borbottando tra sé, lui ha attraversato la stanza e si<br />

è seduto dietro una grossa scrivania. Sulla scrivania ho notato un libriccino<br />

aperto e, accanto, un grosso portacenere pieno di cicche, e sul bordo di<br />

quel portacenere una sigaretta ancora accesa. Dopo aver preso quella sigaretta<br />

ed essersela cacciata in bocca, con gran pericolo per quei formidabili<br />

baffi, ha fatto scorrere il dito lungo una pagina del libro.<br />

«"Sì, sì" ha detto. "Non volevo essere sgarbato con voi, ma bisogna che<br />

questa faccenda vada bene." Nemmeno allora, sir Herbert, il suono minaccioso<br />

di quella parola, faccenda, è penetrato nella mia consapevolezza per-


ché il mio ospite, fissandomi con occhi improvvisamente seri e spaventosi,<br />

ha declamato le seguenti parole in arabo: "Yà onbâshee irga' ente bi'ddeurtena'l<br />

wa kool li'lyoozbâshee hiknadâr yegee henâbì'lghârl". Che, se<br />

le orecchie non mi ingannavano, significavano: galoppate, caporale, e dite<br />

al capitano del vettovagliamento di venire qui immediatamente!<br />

«Non ho potuto fare altro che fissarlo.<br />

«"Mio caro signore" gli ho detto "a quanto pare, c'è un grosso malinteso.<br />

Io non sono un militare e non ho mai..."<br />

«"Sbagliato pagina" ha detto quell'uomo straordinario bruscamente. Ha<br />

cominciato a sfogliare il libro aspirando nervosamente la sigaretta. "Queste<br />

maledette grammatiche" scusatemi, sir Herbert, ma bisogna che io sia preciso,<br />

per quanto penoso possa essere. "Queste maledette grammatiche non<br />

servono a niente. Smontate e aprite il fuoco! Montate e coprite il fianco sinistro<br />

dello Squadrone due! Niente, non serve. Roba molto vivace e stimolante,<br />

certo, ma un po' difficile infilarla in una normale conversazione sociale.<br />

Ah, eccoci!" Dopo aver borbottato fra sé un momento, ha ricominciato<br />

a fissarmi con sguardo penetrante e mi ha chiesto in arabo: "Dite, amico,<br />

conoscete il negozio di Hassan l'orefice, accanto alla stazione di polizia,<br />

che ha subito un furto la notte scorsa? Rispondete in inglese".<br />

«Per un attimo ho creduto di intravedere un po' di luce. "È perché siete<br />

stato derubato, signor Wade, che siete così agitato? Se è così, posso capirlo<br />

sicuramente. Il negozio di Hassan l'orefice in quale città?"<br />

«"Lasciate perdere la città!" esclamò il mio ospite quasi stizzosamente.<br />

"Il punto è: avete capito che cosa ho detto? Magnifico. Comunque, Sam ci<br />

aveva già provato... Sam Baxter impersona il nobile persiano con quel<br />

cappello da music-hall, quello col quale avete parlato quando siete arrivato,<br />

e pare che Sam sia un mago nella lingua araba. Di conseguenza, posso<br />

assicurarvi solennemente che a me sta tutto bene."<br />

«Sto facendo enormi sforzi, sir Herbert, per citarvi a memoria la sbalorditiva<br />

e strana concatenazione delle parole che sono uscite con terrorizzante<br />

gaiezza dalle labbra di quel venerabile studioso. Era quasi come se un<br />

patriarca del Vecchio Testamento si fosse improvvisamente messo a ballare<br />

una giga. Ma tutte le precedenti sensazioni di sacro rispetto e di trepidazione<br />

sono sgusciate via dalla mia mente al discorso successivo del mio<br />

ospite il quale si è alzato maestosamente e ha tirato un pugno sulla scrivania.<br />

«"Sta tutto bene, tranne una cosa" ha gridato. "Dov'è la vostra barba?"<br />

«"Barba?" ho risposto io, incapace di credere alle mie orecchie.


«"Porco Giuda, dovete avere la barba!" ha urlato lui, con un tono che<br />

posso solo descrivere come un eccesso di rabbiosa sicurezza. "Chi ha mai<br />

sentito di un erudito asiatico senza barba? Perdio, c'è un vecchio al museo<br />

Britannico che ne ha una che gli arriva alle ginocchia. Posso giurarvi, Laughton,<br />

che non esiste un orso simile fuori dello zoo."<br />

«"Ma io non ho barba."<br />

«"Lo so" ha convenuto pazientemente il mio ospite. "È questo che mi<br />

secca. Ma dovete avere la barba. Qua" ha aggiunto con aria ispirata "qua...<br />

prendete la mia!"<br />

«Dopo pochi minuti, sir Herbert, ero arrivato alla fine della mia cecità<br />

riguardo a quanto stava succedendo in quel posto malefico. In quell'attimo,<br />

tuttavia, ho notato con le mie facoltà mentali ed emotive paralizzate che il<br />

mio ospite aveva cominciato a esplorare con le dita la regione sulla propria<br />

mascella. Ha attraversato lo studio e ha aperto la porta di una stanza adiacente<br />

che, mi sono reso conto, era un piccolo bagno. Con l'aiuto di uno<br />

specchio su una mensola sopra il lavandino, si è delicatamente staccato la<br />

barba (che era stata appiccicata con una sostanza liquida adesiva) dalle<br />

guance e dalle mascelle.<br />

«"Restate lì seduto dove siete" ha detto, "ora l'appiccico su di voi. Facilissimo<br />

riapplicarci l'adesivo e queste sono le migliori barbe che un costumista<br />

teatrale potrebbe fornire, per garantire e ingannare lo stesso Sherlock<br />

Holmes. In effetti non avrei dovuto mettermi una di queste barbe, io anzi<br />

ero contrario. Ma sapete, farò la parte del vecchio, di Jeff, in questa faccenda,<br />

stasera, perché naturalmente, gli somiglio parecchio. Ma Rinkey<br />

Butler vuole sempre strafare, e per l'eventualità che la vittima si accorgesse<br />

che sono più giovane di quello che dovrei essere, ha insistito per trasformarmi<br />

in un Babbo Natale in embrione. (È una parrucca stupenda, questa,<br />

non vi pare?) Voi prendete la barba, io mi tengo i baffi. Voi naturalmente<br />

siete un esperto del mestiere e non c'è bisogno che vi dica, qualunque cosa<br />

facciate, di mantenere il viso serio e di non ridere quando l'assassino starà<br />

per colpire. Qua, voglio mettervi questa barba prima che scendano gli altri.<br />

Sono di sopra che stanno preparando la bara, ora."<br />

«Io ero irrigidito dal terrore. Lo ammetto, signore, senza un briciolo di<br />

vergogna. Per la prima volta il pieno impatto di quelle procedure cominciava<br />

a penetrarmi nel cervello, e cominciavo a capire quello che avrei dovuto<br />

capire da un pezzo dato che in Il pugnale del destino c'era quasi la<br />

stessa situazione. Senza la minima intenzione sacrilega, dico fermamente<br />

che considererò sempre quel romanzo poliziesco che mi è stato messo a


portata di mano un dono della provvidenza. Dei particolari specifici di<br />

quella cospirazione non potevo ancora essere sicuro, ma almeno tanto era<br />

chiaro: quel museo era in mano di una gang di desperados che avevano<br />

approfittato dell'assenza del signor Wade in modo che il loro capo lo impersonasse<br />

(uno stratagemma, rammentavo, preferito dal terribile dottor<br />

Chianti). Non solo avrebbero derubato il museo, ma presumibilmente un<br />

estraneo sarebbe stato adescato nella trappola e ucciso, sia per ragioni collegate<br />

con la ghenga, come per esempio se quello li aveva traditi, sia per<br />

estorcergli oggetti di valore che poteva portare con sé, come diamanti e rubini.<br />

Per un istante mi sono sentito morire al pensiero che forse io ero la<br />

vittima designata, e il bottino la mia prima edizione Calcutta milleottocentoquattordici<br />

che mi stringevo ancora al petto.<br />

«Ma una breve riflessione mi ha convinto che non sarebbe stato così.<br />

Evidentemente ero stato scambiato per un disperato malvivente con un<br />

numero imprecisato di identità... perché il mio ospite, con quella sua odiosa<br />

maniera scherzosa che mi faceva gelare il sangue nelle vene, si era rivolto<br />

a me in tre diverse occasioni usando i nomi di Charles Laughton,<br />

Wallace Beery e George Arliss... e, ironia delle ironie... io, io in quella nefasta<br />

faccenda dovevo sostenere il ruolo di un erudito asiatico.<br />

«Cosa dunque potevo fare? In una situazione di estremo pericolo, dovevo<br />

forse tentar di fuggire con una corsa pazzesca in mezzo a quei tagliagole<br />

e chiamare la polizia? Vi rendete conto che una simile impresa sarebbe<br />

stata inutile. E per giunta, sir Herbert, lo dico con un senso di vergogna<br />

misto a un po' d'orgoglio: in quel momento di cupo terrore provavo una<br />

sensazione che fino a quel momento non mi era mai capitata. Il cuore mi<br />

tonfava in petto e, in quell'ora del pericolo, il mio sangue scozzese, da<br />

tempo addormentato, si era ridestato e si ribellava e scorreva nelle mie vene<br />

con un impeto selvaggio. Dovevo forse lasciar vigliaccamente derubare<br />

il signor Wade e macellare un qualche inoffensivo estraneo da quei delinquenti?<br />

No! Perdio no!» ruggì il dottor Illingworth. «Benissimo. Avrei osservato.<br />

Aspettato. Avrei fatto finta di essere quel famigerato erudito asiatico.<br />

Per quanto sconcertato e allarmato dalle mie stesse sensazioni, avrei<br />

assillato il capo con abili domande finché non gli avessi strappato tutti i<br />

particolari del complotto... esattamente come il vostro uomo di Scotland<br />

Yard in Il pugnale del destino... e nel frattempo avrei messo in moto le<br />

meningi per escogitare qualche sistema con cui poterli frustrare.<br />

«Sebbene abbia impiegato molto tempo per descrivervi il mio stato d'animo,<br />

tutto questo è stato il pensiero di un momento. Il capo, sghignazzan-


do diabolicamente, stava attraversando la stanza (il mento raso sotto i baffoni<br />

gli dava un aspetto ancora più malefico) preparandosi ad appiccicare<br />

sulla mia faccia la barba finta. Nonostante che ogni fibra del mio corpo<br />

rabbrividisse a quel tocco, mi sono irrigidito e non ho aperto bocca. Quel<br />

mostro che poteva biecamente consigliarmi di non sorridere durante il delitto,<br />

quel mostro avrebbe trovato in me un suo pari! Mi sono perfino spinto<br />

al punto di ammirare il mio aspetto nello specchio portatile del bagno<br />

che lui aveva posato sulla scrivania. Poi, con enorme sforzo, facendomi<br />

coraggio per affrontare il cimento, ho abbassato il tono e ho bisbigliato con<br />

voce rauca: "Chi facciamo fuori, boss?".»<br />

11<br />

Il terribile signor Gable: come il dottor<br />

Illingworth sostenne il ruolo di William Wallace<br />

Ragazzi, a quel punto del racconto più pazzesco che avessi mai sentito,<br />

dovetti dare al vecchio Illingworth un altro beveraggio. Ne aveva bisogno.<br />

E, perbacco, lo ammiravo!... Mi pareva perfino che lo stenografo stesse<br />

dominando l'impulso di applaudire. Jerry Wade e la sua ghenga stavano<br />

preparando uno scherzo idiota, naturalmente. Ma Illingworth non lo sapeva.<br />

Lui credeva di essere piombato pari pari in un covo di malviventi. Be'?<br />

Era il vecchio gentiluomo più confuso e più sprovveduto che sia mai sceso<br />

da un pulpito, ma quando è arrivato al dunque, ha mostrato il coraggio e<br />

gli istinti sportivi di un vecchio capo scozzese che difende il passo a Vattelapesca.<br />

Dopo alcuni istanti, durante i quali restò lì ansimante, tastandosi il<br />

mento come se ancora avesse la barba, si schiarì la voce e proseguì:<br />

«Mentre dicevo quelle ultime parole, ho creduto di vedere una curiosa<br />

espressione sulla faccia del capo, come se lui avesse osservato un cambiamento<br />

nel mio comportamento. Difatti, cogliendo il mio aspetto barbuto<br />

nello specchio che avevo davanti mentre sedevo alla scrivania, ho osservato<br />

che sulla mia faccia c'era la parvenza di un ghigno odioso... ghigno che,<br />

qualora fosse stato visto dalla congregazione della Chiesa John Knox, avrebbe<br />

spaventato a morte, ne sono convinto, gli occupanti delle prime tre<br />

file di panche.<br />

«"Be', siete il tipo più strano che io abbia mai conosciuto" ha dichiarato<br />

lui guardandomi in modo singolare. "Ora state a sentire. Abbiamo solo pochi<br />

minuti. Gli altri scenderanno con la bara, dopo di che ripasseremo le istruzioni,<br />

signor... a proposito, come vi chiamate?"


«"Wallace Beery" ho risposto scegliendo a caso uno dei nomi che in<br />

precedenza mi aveva appioppato.<br />

«Questo, sir Herbert, ha scatenato in lui una rabbia inutile e terrificante,<br />

mi sono accorto che lui avrebbe voluto, per dirla nello stile del libro poliziesco,<br />

che io gli spiattellassi il mio cognome autentico e si rendeva conto<br />

che non lo avevo fatto. Tutti i segni dei suoi perfidi sentimenti erano impressi<br />

sulla sua faccia quando lui ha cominciato a tempestare di pugni la<br />

scrivania.<br />

«"Sì, certo" ha detto, "e io sono Clark Gable. Sentite, le agenzie teatrali<br />

mandano sempre gente con un senso umoristico come il vostro? Non so<br />

proprio cosa fare di voi. Avete una faccia simile a quella d'uno scaccino...<br />

avete un aspetto come se foste davvero il dottor Illingworth..."<br />

«L'impatto di quel nome mi ha demoralizzato, come potete capire, ma<br />

dopo la prima dolorosa sensazione mi sono fatto forza e ho chiesto: "Cosa<br />

intendete dire?".<br />

«"Dico che avete proprio l'aspetto del dottor William Augustus Illingworth,<br />

l'uomo che dovete impersonare stasera" ha risposto il dottor Gable.<br />

D'un tratto mi è parso in preda a un terribile sospetto. "Buon Dio, non<br />

ditemi che Rinkey Butler o Ronald Holmes... Rinkey è venuto da voi questo<br />

pomeriggio, vero?... Non ditemi che non vi ha detto cosa dovete fare..."<br />

«Potete immaginarvi dunque il mio stato d'animo perché, a parte il fatto<br />

che avevano l'audacia di mischiare il mio nome, il mio nome, con quella<br />

diavoleria, ora sembrava che io dovessi impersonare me stesso. Ma quella<br />

consapevolezza mi ha dato la forza e la freddezza per l'astuzia che dovevo<br />

usare.<br />

«"Idiota, so tutto io, sui particolari del mio ruolo" gli ho detto. (Pare che<br />

nei libri gialli i criminali usino frequentemente quei termini e io ho intuito<br />

che ciò avrebbe dato un'aria di verosimiglianza al mio discorso.) "Ma cosa<br />

ne direste, per amor di chiarezza, di ripassare i vari avvenimenti, eh? Per<br />

esempio, chi è la vittima?"<br />

«Il dottor Gable ha chinato la testa, come per calmarsi.<br />

«"Be', siete stato raccomandato" ha osservato in tono disinvolto, "e immagino<br />

che conosceranno il loro mestiere. Comunque hanno detto che siete<br />

mezzo persiano e che sapete tutto sui monumenti antichi, manoscritti o<br />

che so io. Vedete, voi dovrete stare in prima linea e sostenere la maggior<br />

parte della conversazione, ecco perché nessuno di noi ha potuto sostenere<br />

il vostro ruolo... e la parte di Sam Baxter con la minaccia, la pugnalata e<br />

via discorrendo, sarà brevissima.


«"Ora ascoltate, la vittima è un tizio di nome Gregory Mannering, e noi<br />

gli faremo un piccolo test del famoso coraggio di cui blatera tanto."<br />

«"È un membro della vostra ghenga?"<br />

«"Sono propenso a scommettere che non lo sarà per molto" ha risposto il<br />

dottor Gable con un'altra delle sue smorfie diaboliche. "Io non ho nulla<br />

contro di lui, ma Sam Baxter e Rinkey Butler e Ron Holmes ce l'hanno a<br />

morte... ha detto che Sam sembra uno scimmione e che non poteva parlare<br />

arabo che come uno scimmione, e le cose che ha detto sul conto degli altri<br />

non sono ripetibili, sebbene lui non conosca nessuno di noi tranne Ron.<br />

Ecco perché possono sostenere i loro ruoli, e io anche, senza il timore di<br />

essere scoperti. Vedremo se quel suo intrepido coraggio (che secondo le<br />

sue dichiarazioni in un racconto lo sostenne mentre rubava il rubino Kali<br />

dall'idolo, perseguitato da uno stuolo di preti inferociti), vedremo se quel<br />

coraggio lo sosterrà quando Sam, nel ruolo del persiano Nemesis, si butterà<br />

su di lui con il coltello dal manico d'avorio per estirpargli il fegato."<br />

«Così c'era un doppio motivo: odio e saccheggio.<br />

«"E gli prenderete anche il rubino, naturalmente" gli ho detto con un<br />

ghigno che rabbrividisco a ricordare.<br />

«"Oh, senza dubbio" ha risposto quel demonio scoppiando in una risata<br />

e strizzandomi l'occhio. "Senza dubbio troveremo il rubino cucito in una<br />

borsettina di camoscio sotto il suo cappello... Ma non è affatto per quel rubino<br />

che lo abbiamo attirato qui con una scusa. Quello non servirebbe e<br />

potrebbe insospettirlo."<br />

«"Ah, sì" ho detto io comprendendo l'astuzia di quel ragionamento.<br />

«"Gli è stato detto che il vecchio Jeff, cioè io, ha segretamente rubato<br />

nell'Iraq la bara di Zobeide, la moglie favorita di Harun-ar-Rashid..."<br />

«"Ma, mio caro dottor Gable" sono esploso, "sicuramente è ovvio che..."<br />

«"Un momento. Miriam non voleva coinvolgerlo in questa storia (Miriam<br />

è mia sorella) perché è fidanzata con lui, ma Sam e Rinkey l'hanno<br />

talmente stuzzicata che lei ha accettato di... metterlo nei guai, per modo di<br />

dire, per vedere fino a che punto avrebbe sopportato." (Se non avessi letto<br />

Il pugnale del destino, sir Herbert, una simile perfidia in una donna sarebbe<br />

stata al di fuori di ogni mia comprensione, ma la bellissima mezzosangue<br />

Wonna Sen fece una cosa del genere nella camera della tortura del dottor<br />

Chianti. Ma pensate!) "Questo è il piano" ha continuato lo spietato dottor<br />

Gable. "Deve venire qui verso le undici... è quasi ora, adesso. Lui sa<br />

che un certo dottor Illingworth doveva venire qui a trovare il vecchio... sareste<br />

voi... perché c'era sui giornali, così tutto sembrerà giusto. Ron Hol-


mes sosterrà la parte del mio socio e anche quello andrà bene. Miriam sarà<br />

qui come se stessa, e così Harriet Kirkton. Sam Baxter (che sarà Abù 'Obiad<br />

di Tàif, principe della Casa di Mihràn: abbiamo preso il suo costume<br />

nella galleria persiana) e Rinkey Butler (sotto le vesti del poliziotto) staranno<br />

nascosti fino al momento appropriato. Per la bara di Zobeide usiamo<br />

un cofano per l'argenteria arabo, al diavolo la discrepanza: è l'unica cosa<br />

che siamo riusciti a trovare. Naturalmente tutto l'argento è stato tolto dalla<br />

cassa da un pezzo..."<br />

«"Naturalmente" ho detto io, sardonico, ma con ira sempre crescente.<br />

«"E la storia dice che su quella bara c'è una maledizione... veramente il<br />

vecchio e quel barbogio di Illingworth dovevano esaminare certi stupidi<br />

manoscritti, ma Mannering non lo sa... C'è una maledizione su quella bara.<br />

Qui, ragazzo mio, è dove farete il vostro discorso. Chiunque tocchi la bara<br />

e disturbi le sacre ossa ivi contenute" ha detto il dottor Gable con una voce<br />

talmente potente e uno sguardo viscido come quello di un rettile che mi<br />

hanno convinto d'avere a che fare con un pazzo... "avrà le mani e i piedi<br />

tagliati. E la sua faccia sarà mutilata con le novantaquattro torture... È stato<br />

tutto ideato e studiato accuratamente da Rinkey Butler e ciascuno di noi ha<br />

la sua parte. Credete di farcela?"<br />

«"Per Giove, quello che ho in mente sarà sicuramente fatto!"<br />

«"Benissimo, allora. Chi aprirà la bara? Io esito. Voi anche. Sarà creata<br />

un'atmosfera. L'intrepido signor Mannering si offre di sfidare la maledizione.<br />

Luci attenuate e musica" grida il mio ospite girando intorno alla<br />

scrivania e agitando le mani per aria. "La Galleria degli Otto Paradisi. Il<br />

rumore di uno scalpello e di un martello. Poi la bara. Il coperchio viene<br />

toccato... ah! D'un tratto voi... e qui è dove salterà fuori la vostra esperienza<br />

d'attore... voi cambiate atteggiamento. Schizzate in mezzo al gruppo.<br />

Tirate fuori di tasca una pistola. Questa pistola."<br />

«Estrae dalla propria tasca una pistola automatica, di un modello raro e<br />

dall'aspetto incredibilmente micidiale che mi caccia tra le mani.<br />

«"Poi rivelandovi improvvisamente per quello che siete, gridate: Indietro,<br />

indietro, infedeli e blasfemi! Per l'anima di mia madre morta... Siete<br />

davvero persiano per metà, vero?... Per le splendide stelle del sacro Iraq e<br />

per i forti venti del deserto, ho giurato che chiunque tocca... eccetera, sapete<br />

le vostre battute. E a questo punto entra Sam Baxter. Ah, l'atmosfera è<br />

creata in pieno. Giusto dice. Che l'empio burlone sia preso..."<br />

«Posso soltanto pensare che qualcosa della sua ferocia doveva essersi riversata<br />

in me. Mi sentivo la gola strozzata e il cuore mi batteva all'impaz-


zata. Il che presagiva male per un uomo della mia età, ma sentivo dentro di<br />

me un'irriflessiva sensazione di trionfo, perché il miscredente... estatico nel<br />

delitto con la sua faccia avvizzita e i suoi lunghi baffi... quel miscredente,<br />

come il dottor Chianti, aveva commesso il suo errore. Aveva messo nelle<br />

mie mani la pistola carica che, al momento opportuno, sarebbe stata la sua<br />

rovina.<br />

«"Quando entra in scena il poliziotto... naturalmente è uno di noi..." continua<br />

lui, "voi gli sparate. Saremo in una stanza interna e nessuno udrà lo<br />

sparo. Perciò..." S'interrompe, guardando oltre la mia spalla. E di nuovo,<br />

sir Herbert, posso solo offrire i miei umili ringraziamenti alla provvidenza<br />

che mi ha guidato sin dal principio. Come credo d'aver accennato, sulla<br />

scrivania davanti a me c'era uno specchio portatile per cui potevo vedere<br />

riflesso l'uscio dietro di me. Quell'uscio si era aperto di uno spiraglio di<br />

neanche dieci centimetri. Inquadrato in quell'apertura ho visto un giovane<br />

che mi sbirciava furtivamente e che, gesticolando, cercava evidentemente<br />

di attirare l'attenzione del dottor Gable. Era un giovanotto il cui aspetto esteriore<br />

normalmente non avrebbe tradito cosa nascondeva dentro: una<br />

faccia niente affatto brutale e perfino piacevole a vedersi, con capelli chiari<br />

e occhiali cerchiati di tartaruga simili ai miei, ma angustiata da qualche<br />

dubbio o repellente perplessità. Mentre io guardavo, lui faceva una pantomima<br />

dietro le mie spalle: puntava l'indice su di me con dei movimenti che<br />

facevano pensare al dondolio della testa di un'anitra. Poi ha scrollato con<br />

forza le spalle e, spalancando gli occhi al massimo, ha scosso il capo.<br />

«Ero stato scoperto.<br />

«In che modo fosse stata scoperta la mia identità non potevo saperlo, ma<br />

la penosa verità era saltata fuori. Il dottor Gable aveva detto che i suoi<br />

compari erano di sopra a preparare la bara e ora sarebbero scesi e si sarebbero<br />

radunati sull'uscio per catturarmi. Anche a quel punto non disperavo,<br />

signore, non potevo, sebbene provassi di nuovo quei sintomi fisici che ho<br />

descritto, e davanti agli occhi avevo come una strana macchia.<br />

«Mi sono guardato furtivamente attorno. C'erano tre mezzi per uscire<br />

dalla stanza. Uno era l'uscio che dava nel corridoio davanti al quale si sarebbero<br />

raggruppati i pistoleri del dottor Gable. Uno era un ascensore nella<br />

parete subito dietro di me, ma i pesanti sportelli di quell'ascensore erano<br />

accuratamente chiusi e sopra di essi era appeso un cartello con la scritta<br />

"Fuori servizio". Alla fine, nel piccolo bagno alla mia sinistra, avevo notato<br />

una finestra in alto sopra il lavandino che, se proprio si fosse arrivati al<br />

peggio, offriva un praticabile mezzo di fuga. Ma ero io disposto a schivare


la mia battaglia e, vigliaccamente, a fuggire dal campo dell'onore, specialmente<br />

(se posso dirlo) per mezzo di un'uscita poco dignitosa ed effettivamente<br />

perfino indegna come la finestra del bagno? No! Mentre mi guardavo<br />

attorno nella stanza, vedendo il mio stato d'animo riflesso nei ricchi,<br />

cupi colori del tappeto, quei versi nobili e stimolanti che forse ricorderete<br />

mi sono lampeggiati nel cervello come un'ispirazione: Scozzesi, scozzesi,<br />

benvenuti nel vostro letto di sangue, o nella vittoria!<br />

«E come avrebbe fatto Wallace, così ho fatto io. Ricordo di essermi<br />

messo accuratamente in tasca la prima edizione di Calcutta, e mi sono calcato<br />

in testa il cilindro. La mia più grossa preoccupazione era fare in modo<br />

che i pistoleri del dottor Gable non varcassero quell'uscio del corridoio nel<br />

timore che fossero troppi per me, e se fossi riuscito a tenerli fuori, il capo<br />

sarebbe stato in mio potere.<br />

«Poi, sir Herbert, sono schizzato su.<br />

«Balzando in piedi ho spazzato via lo specchio dalla scrivania con un<br />

gesto del braccio... come ora spazzo nuovamente via la foto della vostra<br />

brava moglie che avete rimesso lì... Così! (Bang!) Non che, così facendo,<br />

sir Herbert, sperassi di ottenere un qualche risultato pratico, ma perché nella<br />

mia esaltazione mi sembrava necessario buttar giù qualcosa. In due salti<br />

sono arrivato alla porta prima che i giannizzeri del dottor Gable potessero<br />

entrare, ho sbattuto l'uscio in faccia al giovanotto con gli occhiali, ho girato<br />

la chiave nella serratura e con un gelido sorriso mi sono voltato per affrontare<br />

il dottor Gable con la mia pistola puntata all'altezza del suo cuore<br />

come avrebbe potuto fare Wallace.<br />

«Il dottor Gable dice: "Ehi, cosa significa questa storia?"<br />

«<strong>Una</strong> forza selvaggia sembrava spronarmi a pronunciare parole che non<br />

mi erano mai passate per la mente, sebbene conservassi una calma glaciale.<br />

«"Significa, dottor Gable, che il gioco è finito!" dico. "Sono l'ispettore<br />

Wallace Beery di Scotland Yard e vi arresto per tentato omicidio di Gregory<br />

Mannering! In alto le mani!"<br />

«L'animo umano è irrazionale. Perfino in quell'ora del pericolo, perfino<br />

con quella barba bianca che pendeva giù dalla mia faccia, e col cappello<br />

sulla testa in un'inclinazione assolutamente disadatta a un ecclesiastico,<br />

non potevo fare a meno di chiedermi... con un improvviso fremito d'orgoglio...<br />

cosa avrebbero pensato del loro pastore le signore della Società Assistenziale<br />

del martedì sera, se lo avessero visto in quel momento. E provavo<br />

una sensazione ancora più trionfante nel vedere l'espressione idiota<br />

che aveva pervaso la faccia del dottor Gable, i cui occhi parevano diventati


grossi come lenti di occhiali e che mi fissavano, al di sopra di quei baffoni<br />

bianchi, con una mescolanza di quelle che probabilmente erano paura e<br />

colpa.<br />

«Dice: "Ascoltate, amico mio, avete perso la bussola?".<br />

«"Queste trovate non vi serviranno a niente, dottor Gable" ribatto io, severamente.<br />

"Quando sarete rinchiuso in una cella, avrete modo di riflettere<br />

sul disegno provvidenziale che ha frustrato il vostro complotto. Fate un<br />

passo e dite una sola parola e vi faccio saltare le cervella!"<br />

«"Matto come un cavallo!" grida il dottor Gable agitando furiosamente il<br />

pugno. "Quella pistola è carica a salve, pezzo di cretino! Mettetela giù."<br />

«"Il vostro è un vecchio stratagemma, amico mio" gli rispondo io, sprezzantemente.<br />

"Un vecchissimo stratagemma. State lontano da quel telefono.<br />

Chiamerò Scotland Yard e farò intervenire un nugolo di agenti perché io<br />

sono l'isp..."<br />

«"Lo so cosa siete" dichiara il dottor Gable con una sconcertante malevolenza<br />

che supera ogni descrizione. "Siete un pazzo scappato dal manicomio,<br />

capitato qui non si sa come, ma non vi permetterò di rovinare il nostro<br />

splendido scherzo contro Gregory Mannering."<br />

«Ora, sebbene dovessi essere stato preparato alla sua reazione, dato che<br />

un incidente molto simile capita anche nel libro, l'amara verità è che non lo<br />

ero. Se ben ricordo, stavo ritto su uno di quei tappetini che a volte si mettono<br />

sopra tappeti più grandi: con un diabolico, velocissimo movimento, il<br />

dottor Gable si è semplicemente chinato, ha afferrato l'estremità del tappetino<br />

e gli ha dato un terribile strattone...<br />

«Un attimo dopo essere caduto con le gambe per aria, ho l'impressione<br />

di aver battuto violentemente la testa contro un lato della scrivania proprio<br />

dietro di me. Mi sentivo ronzare la testa cupamente. La stanza si è oscurata<br />

allargandosi e stringendosi a ondate come un'immagine sott'acqua e, sebbene<br />

fossi nebulosamente consapevole di quanto avveniva intorno a me,<br />

sono rimasto col sedere per terra, quasi incapace di muovermi.<br />

«In quell'umiliante posizione, che la debole carne non può sopraffare,<br />

ero (come ho già detto) completamente consapevole di ciò che succedeva.<br />

Così ho visto il dottor Gable che alzava un braccio e rivolgeva al soffitto<br />

un'appassionata supplica esclamando: "Cosa devo fare con questo pazzo?".<br />

Potevo persino, con lentezza distaccata, seguire il suo pensiero. Sbirciava<br />

il bagno e poi l'ascensore... che, ora lo capivo vagamente, aveva, all'esterno,<br />

un saliscendi di ferro, come una spranga. Quale migliore prigione momentanea,<br />

ronzava il mio pensiero, quale migliore prigione momentanea


poteva esserci di un ascensore dalle pareti metalliche che era fuori servizio<br />

e che poteva essere chiuso dall'esterno? Perfino mentre tentavo di lottare<br />

debolmente farfugliando parole inarticolate, mi sono sentito trascinare<br />

all'indietro col tappetino e tutto sul... sulle mie parti posteriori, poi, dopo<br />

aver aperto gli sportelli della cabina, il dottor Gable mi ha cacciato dentro<br />

l'ascensore. Quando ho udito sbattere e chiudere gli sportelli, lo choc della<br />

mia posizione vergognosa mi ha schiarito la testa. Mi sentivo male, terribilmente<br />

confuso, ma ho cercato di alzarmi in piedi: il dolore che provavo<br />

alla caviglia, avendola urtata contro una cassa di legno vuota nella cabina<br />

buia, mi ha aiutato a schiarire ancora di più la testa dolorante.<br />

«Ciascuno sportello dell'ascensore aveva un finestrino di forse trenta<br />

centimetri quadrati di vetro spesso. Premendo la guancia contro il vetro<br />

avevo una buona visione della stanza. Se le cose si fossero messe al peggio,<br />

avrei potuto tentar di spaccare quel vetro spesso col pugno, ma per il<br />

momento ho pensato di serbare le mie energie finché non mi fosse passata<br />

la nausea. Così mi sono messo a osservare. La prima mossa del dottor Gable,<br />

dopo avermi chiuso dentro, è stata di correre alla porta del corridoio,<br />

che io avevo chiuso a chiave, e di aprirla. A quel punto è entrato frettolosamente<br />

il giovane dai capelli chiari con gli occhiali, e il dottor Gable ha<br />

attaccato con lui una concitata conversazione, ed entrambi hanno indicato<br />

diverse volte l'ascensore facendo gesti indecifrabili. Per sfortuna le pareti<br />

metalliche m'impedivano di udire cosa dicevano. Potevo solo rodermi<br />

nell'impotenza mentre sbirciavo da quel posto umiliante come una qualche<br />

creatura di uno zoo. Da quello che potevo intuire, l'occhialuto giovanotto<br />

pareva tentare di persuadere il dottor Gable a uscire per parlare con qualcuno<br />

nel corridoio. Poi quando entrambi si sono avviati verso la porta, mi<br />

è venuta l'ispirazione.<br />

«Nella parete posteriore dell'ascensore, cioè la parete parallela al corridoio<br />

fuori, avevo osservato un chiarore contro il buio, e mi ero accorto che<br />

veniva da alcuni sfiatatoi di un ventilatore, o da una rete, che correva lungo<br />

il soffitto dell'ascensore. Ah! Ispirazione! Se fossi riuscito ad arrivare a<br />

quel ventilatore, avrei avuto la piena visuale di quanto succedeva nel corridoio<br />

esterno ed essere anche in grado di udire quello che succedeva. Sebbene<br />

io sia un uomo di notevole statura, non ero tanto alto da portare gli<br />

occhi a quel livello, ma l'aiuto della cassa di legno avrebbe reso facile a<br />

chiunque il procedimento.<br />

«In un baleno sono salito sulla cassa e premendo il naso contro il ventilatore<br />

o rete, e allungando il collo leggermente da una parte e dall'altra, po-


tevo vedere benissimo quasi tutta la sala.»<br />

Qui il dottor Illingworth s'interruppe, tirando il fiato con forza. Per la<br />

prima volta da quando aveva cominciato a parlare, la sua faccia aveva preso<br />

un colore strano.<br />

«E da quella posizione strategica, sir Herbert» disse, «ho visto commettere<br />

il delitto.»<br />

12<br />

Veduta da un ascensore: come il dottor<br />

Illingworth sostenne il ruolo del diavolo<br />

Ora finalmente... finalmente, finalmente... stavamo andando diritti al sodo.<br />

Quello era il punto cruciale dell'infernale vicenda. E io non volevo interrompere<br />

il vecchio nel suo racconto, né dirgli di essere breve dopo tutta<br />

la verbosità precedente, perché il tipo aveva il pallino della precisione. Perfino<br />

lui pareva intuire di essere entrato in un'atmosfera diversa, sebbene io<br />

sia quasi sicuro che si arrovellasse per capirne il motivo.<br />

Ora non era più un gioco, ora c'era di mezzo un delitto. E il fatto che per<br />

tutto quel tempo Illingworth si era aspettato un delitto, lo avrebbe aiutato a<br />

rivedere come in un film tutto quello che aveva visto e udito.<br />

Se ne stava lì seduto accanto alla mia scrivania col sigaro diventato ormai<br />

un mozzicone spento, continuando a fare movimenti come se stesse<br />

sempre fumando, ma con l'aspetto un po' grigio e stanco. Comunque riprese,<br />

con voce stridula e gracchiante come quella di una cornacchia.<br />

«Mi rendo conto che voi volete da me più precisione possibile su questo<br />

punto particolare» disse, asciugandosi la fronte, «e io cercherò di farlo.<br />

Dalla mia posizione strategica, i primi oggetti distinguibili erano le colonne<br />

che, situate forse a tre metri di distanza, correvano lungo quel lato del<br />

muro. Oltre quelle vedevo un grande spazio aperto al centro della sala, poi<br />

un'altra fila di colonne dalla parte opposta e, al di là, la fila delle carrozze.<br />

Immediatamente alla mia destra, in fondo alla sala, c'era la scala e, premendo<br />

la guancia contro gli sfiatatoi e strizzando gli occhi verso sinistra,<br />

riuscivo a distinguere una parte della porta di bronzo. Vicino a quella porta<br />

si era radunato un gruppo di persone che parlavano tra loro a bisbigli. Erano<br />

Pruen, il custode traditore, la florida ragazza col vestito rosso che avevo<br />

già visto, e una ragazza snella dai capelli chiari che non avevo mai visto:<br />

una delle due doveva essere la Miriam che avrebbe tradito il suo innamorato,<br />

e l'altra quella Harriet della quale mi aveva parlato il dottor Gable. E al-


la fine, con loro c'era il bruto che doveva impersonare un principe della<br />

Casa di Mihràn, sempre con i suoi appariscenti indumenti rubati, che stava<br />

gesticolando violentemente. Perfino i loro bisbigli suscitavano echi in<br />

quella casa bianca e azzurra e scialba con la sua luce lunare artefatta, e indicibilmente<br />

spaventosa.<br />

«L'uscio della stanza del conservatore si apre e ne escono il dottor Gable<br />

e l'uomo biondo, così che per la prima volta li sento parlare. La loro conversazione<br />

mi colpisce per la sua incongruità, perfino sconcertante, ma io<br />

ve la cito letteralmente, e potrei testimoniare sulla sua precisione perché<br />

ero appena a una dozzina di passi dai due.<br />

«"... ma non è possibile che sia il dottor Illingworth!" stava protestando<br />

il dottor Gable, a voce bassa ma con una specie di guaito. "Accidentaccio,<br />

Ron, ti dico che quel tipo è matto! Ha detto che era Wallace Beery di Scotland<br />

Yard e mi ha snocciolato un sacco di versi sugli scozzesi!"<br />

«"Siamo nei guai" asserisce il suo compagno che io avevo già individuato<br />

come quel delinquente di Holmes: il segretario che tradiva il suo datore<br />

di lavoro. "Va' su e parla con Pruen. Pruen è sempre stato accanto alla porta.<br />

Anche lui aveva pensato che vi fosse qualcosa di strano in quel tipo,<br />

quando è entrato. Poi, non erano passati dieci minuti dall'arrivo di Illingworth<br />

- se è lui - che è arrivato il vero attore dell'agenzia teatrale...!"<br />

«Il dottor Gable appariva sconvolto.<br />

«"Be', perché Pruen non ci ha avvertiti? Da me non è venuto. Dov'è?"<br />

«"Non lo so! E pare che non lo sappia nessuno!" risponde Holmes.<br />

"Pruen non osava lasciare la porta per paura che Mannering arrivasse inaspettatamente;<br />

l'attore non è arrivato che cinque minuti fa più o meno, e<br />

Pruen non ha capito che si trattava di lui finché non l'ha visto. Allora, dato<br />

che Pruen non osava allontanarsi dalla porta, sono sceso io subito dopo, e<br />

quando Pruen me l'ha detto, sono venuto qui di corsa per parlarti. Ascolta,<br />

Jerry, cosa aspettiamo? Per amor del cielo, torniamo là dentro e tiriamo<br />

fuori Illingworth da quell'ascensore, scusiamoci con lui e cerchiamo di<br />

calmarlo! Darei l'anima per non essermi cacciato in questa storia. Se il<br />

vecchio lo viene a sapere, io posso salutare il mio impiego, e Sam verrà<br />

buttato fuori dalla legazione... sai com'è il vecchio Abbsley, e tu sarai cacciato<br />

fuori di casa a calci per non parlare di quello che succederà a Miriam.<br />

In qualche modo dobbiamo mettere tutto a tacere."<br />

«Un discorso simile era veramente straordinario per un membro di quella<br />

ghenga, e fatto con un tono talmente saggio, freddo e tagliente che il<br />

mio cervello lì per lì ha vacillato. Forse quello era il tipo meno micidiale


della banda, oppure era tutto uno spaventoso errore? Ma non avevo tempo<br />

di meditare sulle ramificazioni di quei pensieri, perché Baxter, l'individuo<br />

vestito da persiano, si era staccato dal gruppo accanto alla porta e stava<br />

correndo verso i due sotto il mio ventilatore. Per arrivare sino a lì doveva<br />

passare accanto alle bacheche dentro le quali erano esposte armi di tutti i<br />

generi, e poi oltre la fila delle cinque carrozze lungo la parete opposta.<br />

Mentre passava vicino a una grossa e scura carrozza chiusa, di un modello<br />

che non conosco, ho avuto l'impressione che guardasse il pavimento dietro<br />

di essa. Poi si è chinato, è andato sotto la carrozza e (dato che proprio in<br />

quel punto c'era una colonna) è sparito dalla mia vista per alcuni secondi,<br />

dopo di che è riapparso portando nel palmo un piccolo oggetto scuro che, a<br />

quella distanza, non ho potuto identificare con sicurezza sebbene io sia dotato<br />

di un'insolita vista lunga. Tutto ciò, come dico, è avvenuto mentre i<br />

due compari stavano parlando, e, posso aggiungere, il dolore alla testa, o il<br />

mio spirito sofferente e umiliato non erano stati affatto leniti dal tono con<br />

cui il dottor Gable aveva parlato di me.<br />

«"Sì, immagino che dovremo rimandare questa faccenda" dice il dottor<br />

Gable. "Sono le undici, siamo completamente disorganizzati, abbiamo un<br />

pazzo rinchiuso nell'ascensore e ora pare che sia arrivato l'uomo mandato<br />

dall'agenzia Brainerd... oh, Signore!"<br />

«A questo punto l'individuo chiamato Baxter, con la sua tunica celeste<br />

ricamata, arriva farfugliando. La sua faccia, ho pensato, doveva essere stata<br />

scurita artificialmente (difatti mostrava la tendenza di toccarsela e strusciarsela<br />

con le mani come fa un gatto domestico) e dal disordine dei suoi<br />

capelli ho capito che sotto il berretto di pelle di pecora doveva portare una<br />

parrucca nera. Il suo eloquio, in tono querulo, era pieno di "io dico" e "accidenti<br />

a tutto". Mi sono molto meravigliato, lo confesso, perché oltre<br />

all'intrinseco terrore della situazione, la sanguinaria conversazione aveva<br />

assunto uno strano tono, come se quei tipi fossero degli scolaretti.<br />

«"No, non rimandiamo proprio nulla" ha ghignato Baxter. "Chi dice di<br />

rimandare? Ormai non si torna indietro."<br />

«Quando il dottor Gable ha cominciato a spiegargli la situazione, Baxter<br />

gli ha troncato la parola. "Parli come quelle donne là. Lascia che quel tizio,<br />

chiunque egli sia, se ne stia nell'ascensore. Non renderà più divertente la<br />

scena? Al momento giusto lo libereremo e lo porteremo davanti a Mannering...<br />

farà un effettone... Quello che voglio sapere invece è dove si è cacciato<br />

quell'attore che abbiamo ingaggiato. È venuto, dice Pruen: non può<br />

essere svanito come un maledetto fantasma, a meno che non abbia tagliato


la corda. Ma che razza di stranezze stanno succedendo qua dentro, comunque?<br />

Guardate qui!"<br />

«Ha mostrato il palmo della mano col piccolo oggetto che aveva raccattato,<br />

e io, afferrandomi precariamente al bordo sotto la rete, ho potuto vedere<br />

che si trattava di un ciuffo di peli neri o di un pezzetto di lana tagliata<br />

a forma di baffi finti.<br />

«"Li avevo cercati dappertutto" dice. "Rinkey insisteva che dovevo metterli.<br />

Ha la fissazione di adornare la gente con peli, lui. E ora li trovo per<br />

terra. Per giunta dov'è il mio pugnale? Non trovo neppure quello. Come<br />

diavolo credete che possa fare la mia parte senza il pugnale? È la cosa più<br />

importante di tutte. Ron, tu sei il trovarobe di questo spettacolo... dov'è il<br />

mio pugnale...?"<br />

«"Non ho la minima idea di dove sia il tuo pugnale" risponde Holmes<br />

parlando a bocca stretta proprio come il mio amico signor Murdoch quando<br />

si esibisce in spettacoli di ventriloquia ai festival della chiesa. "Ho aperto<br />

la bacheca e l'ho messo in bella vista per te. Vuoi cacciarti in testa che ci<br />

sono cose più importanti del ritrovamento del tuo pugnale? Proprio ora...<br />

Sam!"<br />

«Baxter, con un'imprecazione, aveva voltato le spalle e stava tornando<br />

frettolosamente verso la parte anteriore del museo. Parlando fitto fitto tra<br />

loro, gli altri due lo hanno seguito, e anch'io ho cercato di seguirne il<br />

cammino allungando il collo sul mio trespolo. Come ho fatto a perdere l'equilibrio<br />

non saprei dirlo. Comunque mi ero allungato troppo e sono riuscito<br />

a schivare un bel tonfo per terra afferrandomi al bordo sotto il ventilatore<br />

da dove mi sono poi calato lentamente giù. Di nuovo, signore, lo ripeto,<br />

la scivolata della cassa è stata provvidenziale. Mentre arrancavo febbrilmente<br />

per rimetterla ritta, le mie mani hanno incontrato una superficie<br />

fredda sul pavimento della cabina: hanno trovato, per farla breve, la lama<br />

di un'accetta. Avrei urlato dalla gioia quando mi è capitata sotto la mano,<br />

poiché sia per il dolore delle mie ecchimosi, sia per la mia umiliazione e<br />

una certa tensione nervosa, avevo raggiunto un limite in cui il cuore mi<br />

scoppiava dal desiderio di lottare contro quegli scellerati e (lo confesso<br />

senza vergogna) i miei occhi erano quasi colmi di lacrime. Armato di quell'accetta<br />

come un guerriero indiano americano per le strade di Miami, avrei<br />

potuto sfidare i miei nemici e rispondere loro con lo stesso linguaggio di<br />

un intrepido Seminole.<br />

«Stavo guardando, come vi ho detto, direttamente verso la fila delle carrozze<br />

sul lato opposto della sala. Opposto, non proprio davanti, ma non co-


sì lontano alla mia sinistra da non poter vedere senza interruzione... là c'era<br />

la gigantesca carrozza nera di cui vi ho parlato. Tutti i membri del gruppo<br />

che avevo visto precedentemente erano riuniti nell'angolo più lontano della<br />

sala, vicino all'uscio con la scritta "Galleria Persiana": si trovavano dall'altra<br />

parte della fila delle carrozze, in cima, e non potevano vedere ciò che<br />

vedevo io. Udivo le loro voci cinguettare allegramente, ma non le ascoltavo.<br />

Perché la portiera della carrozza si stava aprendo lentamente.<br />

«La portiera della carrozza si stava aprendo, verso di me, sotto il bagliore<br />

bluastro di quella luce lunare. L'interno pareva abbastanza spazioso perché<br />

un uomo potesse starvi in piedi, e difatti c'era un uomo in piedi, un po'<br />

curvo, e stava fissando qualcosa di voluminoso sul pavimento e con la mano<br />

destra spalancava la portiera della carrozza per avere più luce. L'uomo<br />

indossava l'uniforme di un normale poliziotto; sulle prime ho pensato che<br />

fosse arrivata la polizia, poi mi sono ricordato che il mio ospite aveva descritto<br />

un membro della loro ghenga in uniforme di poliziotto. Tenendo<br />

aperta la portiera col piede, si è chinato ancora di più e con uno sforzo poderoso<br />

ha cominciato a sollevare quella massa voluminosa dal pavimento.<br />

Allora ho potuto vedere che quella massa era il corpo di un uomo la cui testa<br />

ciondolava nella mia direzione e che il falso poliziotto lo aveva afferrato<br />

per le spalle e lo stava tirando su. A quel punto, reggendo il corpo con<br />

una mano, ha afferrato la testa, apparentemente per i capelli o per il cappello,<br />

un cilindro ben calcato, e lo ha alzato quanto bastava per poterne<br />

guardare il viso.<br />

«Era un viso morto, sir Herbert, e guardava direttamente verso di me con<br />

occhi spalancati, tondi, in cui riuscii a vedere un cerchio bianco, sebbene il<br />

collo dondolasse. Era la faccia di un uomo barbuto, con la bocca aperta.<br />

Quando il soprabito scuro si è spalancato, ho visto che dal petto del morto<br />

spuntava una protuberanza di colore bianchiccio simile all'avorio. E allora<br />

ho capito.<br />

«In quel momento, dalla parte anteriore del museo da dove non potevano<br />

vedere l'interno della carrozza o il suo macabro contenuto, la ragazza dai<br />

capelli chiari ha cominciato a gridare. Chiamava il falso poliziotto rivolgendosi<br />

a lui con "tesoro"... l'effetto di simile espressione affettuosa echeggiante<br />

nella sala dove c'era un morto, era orrendo... chiedendogli:<br />

"Perché ti sei messo a saltare dentro le carrozze in un momento come questo?"<br />

Lui agiva in fretta e dai suoi movimenti era chiaro che era colpevole.<br />

Sempre sostenendo il cadavere con una mano, è sgusciato fuori dalla carrozza<br />

dalla mia parte e con l'altra mano ha sbattuto la portiera in faccia al


morto. Confesso che al rimbombante rumore della portiera che sbatteva e<br />

si chiudeva sulla testa di un morto che cercava di uscire, ho trasalito, e ho<br />

trasalito ancora di più al suono echeggiante della voce gaia dell'uomo.<br />

«"Non è successo niente" ha gridato. "Avevo lasciato lo sfollagente in<br />

una di queste carrozze, tutto qui. No, non è successo niente... solo che<br />

dobbiamo andarcene e andarcene alla svelta. A quanto pare lo spettacolo è<br />

andato a carte quarantotto, quindi cosa restiamo qui a fare? Ma prima portiamo<br />

fuori, da qualche parte, voi ragazze, poi Jerry e Sam e Ron e io dovremo<br />

parlare un po'."<br />

«Baxter è arrivato a gran passi verso il centro del corridoio principale.<br />

"Perché vorresti andare via? Non è mica successo qualcosa, vero?"<br />

«"No, no!" L'altro gridava con voce fessa, falsa, vigorosa, poi, quando si<br />

è girato, ha alzato gli occhi e, attraverso la sala, ha visto la mia faccia.<br />

«I buchi del ventilatore erano molto vicini gli uni agli altri perciò era<br />

impossibile, naturalmente, che potesse aver distinto i miei lineamenti, ma<br />

la vaga sagoma di una testa era sufficiente. Non dimenticherò tanto presto<br />

quella figura in blu col suo elmetto, ritta immobile sul marmo bianco, una<br />

piccola ombra bluastra ai suoi piedi e le spettrali colonne intorno. Sebbene<br />

gli occhi fossero in ombra sotto la visiera, sembravano agitati e lustri, e<br />

lungo un lato della faccia ho visto il luccichio di un rivolo di sudore che<br />

colava giù da sotto l'elmetto.<br />

«"Chi c'è in quell'ascensore?" ha domandato lui.<br />

«"Il prigioniero arpionato da Jerry" ha risposto ridacchiando la ragazza<br />

dai capelli chiari. "Perché?"<br />

«"Voglio parlargli" ha detto il poliziotto.<br />

«Ancora prima che quello cominciasse a parlare, io ho agito con una furia<br />

pazzesca che neppure adesso riesco a rimpiangere. Sono saltato giù dalla<br />

cassa e ho lanciato l'accetta contro il vetro del finestrino dell'ascensore.<br />

Il primo colpo l'ha spaccato, il secondo e il terzo hanno ripulito l'intelaiatura<br />

in modo che io ho potuto mettere fuori la mano e afferrare la sbarra all'esterno.<br />

Proprio mentre lo facevo, ho udito la voce angosciata di Holmes<br />

che gridava: "Sta uscendo!" e subito dopo la voce più grave del falso poliziotto<br />

che urlava: "Sarà meglio fermarlo, vi avverto! Non potete capire e<br />

non chiedetemi niente, ma saranno guai seri se quello riesce a uscire e a<br />

chiamare la polizia".<br />

«Quelle parole mi hanno spronato a sforzi ancora più poderosi, perfino<br />

con una bieca selvaggia sensazione di trionfo, specialmente quando li ho<br />

sentiti correre precipitosamente verso quella stanza. Dopo aver aperto gli


sportelli dell'ascensore, ho gettato via l'accetta... a quel punto avevo soltanto<br />

una mira... e come il fulmine sono corso a chiudere a chiave l'uscio che<br />

dava sul corridoio per impedirgli di entrare. E... ero trionfante. E mentre<br />

una valanga di passi sembrava avventarsi contro quell'uscio, io ho girato la<br />

chiave nella serratura e poi mi sono appoggiato contro l'uscio con la vista<br />

annebbiata ma sempre ben deciso. Dovevo dimenticare tutte quelle storie<br />

sulla dignità personale. Con passo risoluto sono entrato nella toilette dove<br />

ho trovato perfettamente possibile salire sul lavandino (sebbene la superficie<br />

convessa rendesse estremamente precaria la presa del piede) e da lì mi<br />

sono seduto sul davanzale e ho spinto in su il vetro della finestra. Il salto<br />

non presentava un gran rischio e per facilitare la mia fuga, proprio alla sinistra<br />

della finestra, c'era un grosso tubo della grondaia. Un uomo ancora<br />

più pavido di me sarebbe stato stimolato dalle grida che udivo alle mie<br />

spalle. Sebbene dall'uscio ancora chiuso non potesse penetrare alcun suono,<br />

udivo venire debolmente le voci dagli sfiatatoi del ventilatore poiché<br />

gli sportelli dell'ascensore erano rimasti aperti.<br />

«"Non può uscire da lì" diceva la voce del dottor Gable.<br />

«"Ti dico di sì" urlava la voce del falso poliziotto. "Può uscire dalla finestra<br />

della toilette. Non discutete, andate a precederlo dalla porta posteriore<br />

o saranno guai grossi. Io coprirò il davanti."<br />

«Nessun ulteriore stimolo mi è stato necessario per aiutare la mia frenetica<br />

discesa. Mi sono ritrovato ritto e senza fiato in un giardino o cortile sul<br />

retro, recintato da alti muri, ma la luce benedetta della luna che l'illuminava<br />

con casto splendore mi indicava un cancello di ferro nel muro posteriore.<br />

Mi sono precipitato là e con mani ansiose e supplicanti ho saggiato la<br />

mia liberazione. Il cancello era chiuso a chiave.<br />

«Dietro di me ho udito vagamente un tintinnio e un clic. Contro la sagoma<br />

scura del museo, una striscia di luce, proveniente da una porta aperta,<br />

illuminava il sentiero. Con la mia oasi trasformata in crudele sabbia,<br />

non ho avuto altro pensiero che di schivare quella luce indagatrice, perché<br />

a quel punto dovevo essere rimasto imprigionato in mezzo ai miei inseguitori.<br />

Ho ripiegato lungo il muro senza saper cosa cercare, né consapevole<br />

di farlo, mentre i miei inseguitori entravano nel sentiero diretti verso il<br />

cancello posteriore. Così mi sono ritrovato sul davanti e a quel punto la<br />

mia mano, che brancolava lungo il muro, ha trovato qualcosa: un sostegno<br />

di ferro, o una lancia, una serie di lance che spuntavano dalla pietra formando<br />

come una specie di scala sul muro.<br />

«Non ricordo di aver salito quella scala: ricordo solo di aver avuto la


sensazione che la libertà stava dall'altra parte. Ma non è durata. Perché non<br />

appena mi sono trovato, col fiato mozzo, seduto cavalcioni sul muro, una<br />

luce mi ha folgorato gli occhi. E là sotto ho distinto l'odiata sagoma dell'elmetto<br />

di un uomo che ho scambiato per il mio nemico, il falso poliziotto;<br />

il mio cervello in subbuglio ha captato le parole trionfanti che ha pronunciato,<br />

ma non riesco a ricordarle, perché più distintamente ricordavo il<br />

grido di pochi minuti prima: "Io coprirò il davanti".<br />

«Sappiamo che non esiste furia simile a quella dell'eternamente sconfitto.<br />

Io ero l'eterno sconfitto, e la bomba sigillata è scoppiata. Eravamo uno<br />

contro uno: avrei preso l'assassino da solo o sarei morto. Sugli avvenimenti<br />

successivi, quando mi sono gettato su di lui pazzamente da quel muro, sorvolo<br />

in fretta. Prima del pugno che mi ha fatto perdere i sensi, provavo una<br />

terribile amarezza, e quell'amarezza era composta di due fattori: che ero un<br />

ministro della Chiesa e che avevo assalito con ferocia l'uomo sbagliato.»<br />

Il dottor Illingworth si mise le mani sulla testa e tacque per un bel po'. Io<br />

dissi la mia.<br />

«Ma poi cos'è accaduto, dottore? Non è mica finita qui, vero?»<br />

«Fin dove posso controllare me stesso o le mie facoltà per abbozzare un<br />

racconto coerente...» disse, e rabbrividì, «sì, lo è. Non mi restano più che<br />

impressioni vaghe.»<br />

«Però nella vostra lettera avete accennato a uno scivolo per il carbone.»<br />

«Uno scivolo per il carbone!» esclamò lui come se l'avessi bucato con<br />

uno spillo. «Cielo misericordioso, uno scivolo per il carbone! Che io... Be',<br />

oso dire, sir Herbert, sarà meglio che vi parli anche di quel nebuloso interludio<br />

tra le undici e qualcosa e mezzanotte e mezzo, anche se io non riesco<br />

a cavarne niente. Se quelli sono criminali, e nulla riuscirà a convincermi<br />

che non lo sono, perché si sono trattenuti e non mi hanno ucciso quando<br />

sono stato alla loro mercé?<br />

«Comunque, la prima impressione che riesco a ricordare è quella di essere<br />

seduto e sballottato da una parte all'altra in un qualche veicolo a motore,<br />

con la testa che mi doleva al di là di ogni sopportazione e la sensazione<br />

di luci che mi balenavano negli occhi. Per quanto potevo capire, dovevo<br />

trovarmi dentro un taxi buio. Ero consapevole di un acre odore d'alcol che<br />

ostensibilmente emanava dal mio vestiario mentre una figura scura mi sedeva<br />

accanto tenendo una bottiglia accostata alle mie labbra.<br />

«Con voce fievole ho chiesto dov'ero.<br />

«"Hammersmith Bridge" mi ha risposto una voce lontana. "Siamo stati<br />

fino a Slough e ce n'è voluto per farvi riprendere i sensi! Grazie a Dio state


meglio! Il taxista vi crede ubriaco. Non vi preoccupate. Va tutto bene."<br />

«Nonostante le fitte di dolore, ho lottato per drizzarmi su a sedere e, avendo<br />

riconosciuto quella voce, ho incrociato le braccia. "Se avete altri<br />

omicidi da compiere, stanotte" mi sono udito borbottare al falso poliziotto,<br />

"sbrigatevi. Sono sfinito."<br />

«"Nessuno vi vuole uccidere, dottor Illingworth!" ha detto l'uomo, quel<br />

Butler, gridandomi all'orecchio con tale dolorosa sonorità da darmi l'impressione<br />

che la mia testa si spaccasse. "Sì, so come vi chiamate, abbiamo<br />

trovato il vostro biglietto da visita nella vostra tasca quando vi abbiamo tirato<br />

giù per lo scivolo del carbone. Dottor Illingworth! Mi sentite? Vi dobbiamo<br />

le nostre scuse... vi chiediamo scusa in ginocchio. È stato uno spaventoso<br />

errore, tutto qui. Ecco perché ho voluto portarvi via da solo: per<br />

spiegarvi le cose, ho persuaso gli altri di permettermi di accompagnarvi a<br />

casa. Loro non sanno niente ancora... di quello che voi e io sappiamo... di<br />

quel cadavere."<br />

«Di quello che ha continuato a dire non sono sicuro, sebbene abbia parlato<br />

loquacemente e a lungo. La combinazione del taxi traballante, il balenio<br />

delle luci e una forte nausea mi distraeva completamente da ogni altra<br />

cosa, tanto che a un certo punto (avete chiesto l'umiliante verità, sir Herbert)<br />

ricordo di aver vomitato l'anima dal finestrino. Solo in un momento<br />

sono riuscito a seguire quanto mi stava dicendo poiché sentivo una nebulosa<br />

meraviglia per ciò che era accaduto dopo il mio scontro col poliziotto.<br />

«"Ero appena arrivato alla porta principale aperta solo di una decina di<br />

centimetri, quando vi ho visto assalire il poliziotto là fuori" mi ha detto.<br />

"Non potevo uscire e portarvi via senza dover spiattellare ogni cosa. Poi<br />

voi siete piombato a terra proprio accanto al punto dove sapevo dell'esistenza<br />

di una carbonaia. Se il poliziotto fosse andato via per chiedere aiuti,<br />

sapevo di potervi tirare giù. Così Sam e io siamo andati in cantina. Appena<br />

il poliziotto si è allontanato... voi eravate proprio sull'orlo della botola... vi<br />

abbiamo tirato giù e lui non è riuscito a vedere niente perché voi gli avevate<br />

spaccato la torcia elettrica..."<br />

«Ha continuato a lungo mentre tornavamo a Londra. <strong>Una</strong> volta, ricordo,<br />

mi sono fatto coraggio e l'ho chiamato assassino. Lui mi ha giurato che<br />

non c'entrava niente con quella faccenda spaventosa, ma mi era troppo difficile<br />

seguire le sue argomentazioni. Credo più che altro che mi pregasse<br />

fervidamente di dimenticare i nomi dei suoi compagni coinvolti in quella<br />

storia, specialmente quello delle donne. Dal caos della mia mente affiora<br />

una frase ansiosa.


«"Ascoltate, vi dirò cosa faccio" ha detto. "È tutta colpa mia perché non<br />

posso soffrire quel porco di Mannering e quello che ha detto dei miei amici.<br />

Se mi date la vostra parola di predicatore e di gentiluomo che non direte<br />

che erano al museo stanotte, sul mio onore domani andrò a Scotland Yard<br />

e confesserò di aver ucciso quell'individuo nella carrozza. Ci sono delle<br />

ragioni per cui nessuno di loro deve essere coinvolto in questa storia."<br />

«Io gli ho risposto che non potevo far niente di simile e ricordo il suo viso<br />

bianco sotto le luci stradali.<br />

«"Allora dovrò arrangiarmi in qualche modo. Dovrò andare da qualche<br />

parte per camminare e pensare."<br />

«Capirete, sir Herbert, il mio disorientamento di fronte al suo comportamento,<br />

specialmente dopo gli eventi della sera. Quando siamo arrivati al<br />

mio albergo, l'Orkney Hotel in Kensington High Street, lui è riuscito a trovare<br />

alla fine nelle sue tasche il denaro appena sufficiente a pagare l'esorbitante<br />

tariffa del taxi. Mi ha accompagnato dentro l'albergo sempre impersonando<br />

un agente di polizia, e per spiegare il mio stato indegno (la<br />

barba, grazie al cielo, mi era stata tolta) ha raccontato al portiere una storia<br />

fantasiosa secondo la quale mi ero trovato coinvolto in una rissa mentre<br />

parlavo a una riunione. Sul momento non ho avuto il coraggio né la voglia<br />

di contraddirlo, ma di nuovo al sicuro nella mia stanza e dopo una notte<br />

paurosa come una qualunque notte dei vostri romanzi polizieschi, ho capito<br />

di dover prendere la penna per scrivere la verità. Ora sapete tutto. È arrivato<br />

il momento di giudicare il mio comportamento, sir Herbert...»<br />

Agitò le mani con l'aria di un uomo che ha passato una notte brava, tirò<br />

il mento in dentro e tacque.<br />

13<br />

Gli undici punti<br />

L'ora del pranzo era passata quando riuscii a liberarmi del vecchio Illingworth,<br />

ma io avevo bisogno di stare seduto, di chiudere le orecchie e di<br />

pensare. Naturalmente avevo guardato Illingworth con la faccia brutta,<br />

perché io sono un duro... grr! e credo nel trattamento duro. Ma avevo dovuto<br />

assicurargli, perfino mentre gli mettevo addosso una paura del diavolo,<br />

che non era probabile che passasse dei guai per quella faccenda e che ci<br />

aveva dato alcune informazioni che potevano essere anche preziose. Ma<br />

perdio, se non erano preziose! Era proprio quello che temevo. Era un pasticcio<br />

infernale e avevo paura che non potesse essere messo a tacere. Co-


sì, quando Illingworth se ne andò dopo un ultimo ribaltamento della fotografia<br />

di mia moglie, io mi misi a girare per l'ufficio dando calci ai mobili<br />

e sputando fuori i miei sentimenti, e alla fine premetti qualche pulsante.<br />

Popkins, il mio aide-de-camp di cui vi parlavo prima, che era stato a origliare<br />

con le sue orecchie d'elefante dietro la porta, entrò.<br />

Dissi: «Siediti, cretino. A parte il rapporto di uno stenografo col crampo<br />

dello scrittore, cosa abbiamo?»<br />

Lui fece la sua solita pantomima di corrugare la fronte e di grattarsi la<br />

cute. Poi disse: «Abbiamo un signore molto insolito, con il complesso di<br />

accoppiare divi del cinema e gialli sensazionali. Sarebbe stato un grande<br />

attore anche lui. Da un momento all'altro mi aspettavo che saltasse a dire<br />

che era Mickey Mouse della Sûreté. Sarà davvero sincero? Sembra troppo<br />

bello per essere vero!».<br />

«Sì, penso di sì. Controlleremo, naturalmente. Ripensandoci, Carruthers<br />

nel suo rapporto afferma di aver detto all'uomo del laboratorio di cercare<br />

impronte in quell'ascensore. Se Illingworth è stato là dentro... be', avrei<br />

dovuto chiedergli se non gli dispiaceva di farsi prendere le impronte, e se<br />

lui era davvero stato in quell'ascensore, dovrebbero... porco cane, avrei<br />

proprio dovuto...!»<br />

«Ci ho pensato io, signore» disse Popkins. «Lo fermeranno appena arriva<br />

giù. Dovremmo avere le impronte per un confronto tra pochi minuti.»<br />

«Sta bene, sta bene» dissi. «Ora sentiamo cosa ci dà la tua famosa imitazione<br />

d'intelligenza e vediamo cosa altro ricavi da questa storia.»<br />

Naturalmente non viene mai fuori nulla, ma di solito gli faccio quella<br />

domanda: mi stimola. Lui tirò fuori il suo libretto di appunti.<br />

Disse: «Lo schema principale è abbastanza facile da seguire. Il giovane<br />

Wade, Holmes, Baxter e Pruen e le due ragazze stavano organizzando<br />

quello scherzo ai danni di Mannering per vedere se riuscivano a spaventarlo<br />

dopo tutte le bravate sulle sue avventure. Dovevano farlo con molta abilità<br />

perché Mannering era stato davvero in Oriente, presumibilmente conosceva<br />

un po' di arabo e non si sarebbe lasciato prendere in castagna da<br />

qualcosa di goffo. Il personaggio chiave della faccenda, naturalmente, era<br />

il "dottor Illingworth", che doveva sostenere gran parte dell'elevata conversazione...<br />

la questione era: chi avrebbe recitato quella parte? Nessuno di<br />

loro poteva farlo adeguatamente perché Holmes, l'unico con i requisiti richiesti,<br />

era anche l'unico che Mannering conosceva e quindi sarebbe stato<br />

individuato. Vedete cosa hanno escogitato. Il giovane Wade aveva il dono<br />

di una certa parlantina e qualche conoscenza per il ruolo di Illingworth, ma


lui doveva sostenere la parte di Jeff Wade dato che somiglia tanto al padre.<br />

Mannering non conosceva il vecchio ma poteva averne visto una fotografia.<br />

Baxter sapeva l'arabo per la parte di Illingworth, ma non aveva né cultura<br />

né il dono della parlantina. Butler sapeva parlare, ma non aveva nessuna<br />

conoscenza della lingua araba.<br />

«Così erano rimasti bloccati finché non hanno pensato di telefonare a<br />

un'agenzia teatrale chiedendo se non avessero qualcuno che potesse sostenere<br />

quel ruolo con tutti i requisiti, conoscenza della lingua, dei monumenti...».<br />

Dissi: «È una richiesta infernale da fare a un'agenzia teatrale. Comunque<br />

il nome dell'agenzia lo sappiamo... (Brainerd, vero?) e possiamo telefonare...».<br />

«Già fatto» rispose Popkins. «E qui ci sono tutti i particolari su Raymond<br />

Penderei.» S'interruppe e mi fissò. «Si dava il caso, dico si dava il<br />

caso, che conoscessero un uomo che poteva soddisfare pienamente a quelle<br />

richieste...»<br />

Io imprecai violentemente. «"Si dava il caso." Qui sarebbe dove le acque<br />

incerte si uniscono e i destini si incrociano. Popkins, non mi piace.»<br />

«Comunque a me piace. Ci porta diritti al punto... scusatemi, porta voi.<br />

L'agenzia Brainerd è specializzata nel fornire numeri per feste private. Se<br />

volete un'orchestra da ballo per il ricevimento di vostra figlia, se volete<br />

una dozzina di ballerinette per un festino da scapolo, se volete qualunque<br />

cosa, da un soprano a una troupe di pulci ammaestrate, telefonate e loro<br />

mandano.»<br />

Aprì il blocco.<br />

«Raymond Penderei. Età trentadue. Nato nell'Iraq. Figlio di padre inglese<br />

e madre persiana, da qui ottimo suddito inglese. Cultura, non un gran<br />

che, ma molto talento. Arrivato in Inghilterra soltanto quattro mesi fa, da<br />

Bagdad...»<br />

«Uh!»<br />

«Sì, signore. Si è sbottonato con un tizio dell'agenzia, al quale pare abbia<br />

rotto parecchio le scatole. Ho parlato con quel tale dieci minuti fa e ho<br />

avuto qualche informazione utile. Penderei gli disse di essere figlio di un<br />

nobile inglese, un maggiore... la depravazione dei maggiori è notoria... che<br />

era andato a una scuola inglese quando l'Inghilterra, nel millenovecentodiciannove,<br />

aveva un mandato sul territorio... e che aveva fatto la guida turistica...<br />

osservate, la guida... per le antiche meraviglie. A ventun'anni andò<br />

a Parigi, cantò per un po' di tempo in un music-hall e fece anche qualche


imitazione di personaggi. Osservate anche questo: imitazione di personaggi.<br />

Inoltre era un gigolò. Pare che si fosse cacciato nei guai perché, diceva,<br />

una donna lo aveva accusato falsamente di aver tentato di estorcerle del<br />

denaro...»<br />

«Mio Dio, Popkins, lo temevo.»<br />

Qui il mio fedele segugio mi guardò quasi cercasse di indovinare i miei<br />

pensieri, lanciò il suo solito sibilo e proseguì.<br />

«Alla fine venne a Londra e circa quattro anni fa tornò a Bagdad, la sua<br />

brughiera nativa. È più o meno tutto, tranne il fatto che dal suo ritorno qui<br />

quattro mesi fa, era senza lavoro. Non c'era molta richiesta per il suo canto<br />

o le sue imitazioni. Ma quando ieri dai Wade hanno telefonato per cercare<br />

qualcuno che si adattasse alle loro esigenze, quelli dell'agenzia hanno naturalmente<br />

pensato a Penderei!...»<br />

«Chi di loro ha telefonato?»<br />

«Butler. Ha offerto venti ghinee per una piccola imitazione, una parte<br />

che doveva essere imparata alla svelta: era già mezzogiorno quando ha telefonato.<br />

Ha detto di mandare l'uomo in un bar di Piccadilly alle due del<br />

pomeriggio per fargli conoscere i particolari. Così quando Carruthers ieri<br />

sera è piombato addosso a quella gente con l'informazione che un uomo<br />

chiamato Raymond Penderei era stato assassinato, non c'è molto da stupirsi<br />

se quel nome non diceva niente a nessuno. Non lo avevano mai sentito,<br />

o almeno così era per molti di loro...»<br />

«Ascolta, lurido individuo» ruggii, «cosa stai insinuando sulla figlia di<br />

Jeff Wade?»<br />

Popkins disse: «Via, via, non sto insinuando assolutamente nulla. Sto<br />

abbozzando il probabile corso degli eventi, signore. Che è questo: Penderei<br />

ha accettato di recitare la sua parte, e da qui abbiamo una spiegazione di un<br />

sacco di cose. La barba finta, spruzzata di grigio: doveva impersonare il<br />

dottor Illingworth, e sia Butler sia Jerry Wade si erano fissati sul fatto che<br />

gli eruditi dovevano avere la barba. Quegli occhiali appesi a un cordone<br />

nero: un tocco molto da erudito, come il nostro amico dottor Fell. Il sobrio<br />

cappello a cilindro e il vestito da sera: gli abiti dei suoi giorni da gigolò, se<br />

ricordate l'etichetta di Parigi trovata da Carruthers. Tutto quadra, perfino se<br />

quei ragazzi matti... be', non proprio tanto matto, uno di loro. Calma ora,<br />

signore!<br />

«Alla fine, se Illingworth ha udito bene, Penderei dev'essere arrivato al<br />

museo circa dieci minuti dopo di lui. Tra quel momento e le undici qualcuno<br />

lo ha ucciso. Ora non c'è bisogno che io vi faccia notare che, mentre


è possibile, è estremamente improbabile che un estraneo sia sgusciato lì<br />

dentro e abbia commesso il delitto. Abbiamo tutto l'elenco dei personaggi<br />

sotto i nostri... vostri... occhi. Perciò?»<br />

Dovevo ammettere che Popkins aveva ragione. Vi rimuginai su per un<br />

minuto, poi mi avvicinai alla finestra e guardai il lungofiume. Alla fine gli<br />

domandai se c'era altro. C'era.<br />

Popkins continuò: «Ora, col racconto del dottor Illingworth abbiamo la<br />

spiegazione di gran parte delle cose pazzesche in cui Carruthers si è imbattuto<br />

ieri notte. Gran parte! Possiamo ricavarne una storia filata. Ma alcuni<br />

punti non sono spiegati. Certi possono essere importanti, altri no. Dovrete<br />

spremere quei ragazzi sulla faccenda carbone e direi anche parecchio il fedele<br />

Pruen che può essere il vostro testimone principale, dato che era stato<br />

tutta la sera di guardia sulla porta da dove aveva una chiara visuale della<br />

sala. Alcuni di questi punti, di conseguenza, potrete chiarirli alla svelta.<br />

Probabilmente qualcuno sarà spiacevole.<br />

«Quando quei giovani ieri notte hanno spento le luci e sono usciti dal<br />

museo con quella fretta del diavolo dopo aver sgraffignato il vero dottor Illingworth<br />

al sergente Hoskins, hanno deciso una cosa. Hanno stabilito di<br />

non dire, qualunque cosa succedesse, di essere stati al museo quella sera.<br />

Avevano paura di Illingworth, non volevano che dicesse a Jeff Wade che<br />

erano stati a giocare nel suo adorato museo e che lo avevano chiuso nell'ascensore...<br />

credevano che Butler riuscisse a calmarlo... Ma, con due eccezioni,<br />

nessuno di loro sapeva che era stato commesso un delitto. Quelle<br />

due eccezioni erano Butler e l'assassino, naturalmente, oppure Butler può<br />

anche essere l'assassino, per quello che ne so io. Ma gli altri... be', ne dubito.»<br />

A Popkins piace il suono della propria voce.<br />

Dissi: «Credi che io sia scemo? Certo che non lo sapevano. Altrimenti<br />

Pruen non sarebbe stato così scherzoso quando è arrivato là Carruthers.<br />

Non avrebbe ballato allegramente al buio, se avesse saputo che dentro<br />

quella carrozza c'era un bel cadavere fresco fresco. Sii logico. Pruen è affezionato<br />

a quella ragazza, come del resto lo è tutta la ghenga, ma...»<br />

«Ma, come dite» intervenne Popkins liscio come il burro, «ora che sanno<br />

del delitto dovranno parlarne. È per questo che insisto che vi concentriate<br />

su questi punti. Alcuni, come dicevo, possono essere spiegati facilmente.<br />

Ho fatto una lista dei punti che non sono stati spiegati dal racconto<br />

del dottor Illingworth; ne ho preparato un duplicato per voi.» Me lo spinse<br />

sulla scrivania. «E, col vostro permesso, ora lo ripasso. È diviso in due


parti: prima e seconda, prima i punti pratici, poi quelli che possiamo chiamare<br />

punti filosofici.<br />

1) Come si spiegano le tracce di polvere di carbone proprio all'interno<br />

della porta di bronzo del museo, quelle macchie indistinte che Carruthers<br />

ha trovato sul pavimento?<br />

Commento: Dato che una patina di polvere di carbone è stata trovata<br />

sulla suola delle scarpe dell'uomo assassinato, le orme dovevano essere<br />

state presumibilmente fatte da lui. Dov'era stato allora, proprio prima di<br />

entrare nel museo, per lasciare tracce sul pavimento di marmo?<br />

2) Come si spiega il biglietto dattiloscritto che comincia con "Caro G.<br />

Ci vuole un cadavere... un vero cadavere" eccetera, che è stato trovato<br />

nella tasca di Mannering?<br />

Commento: Quel biglietto, scritto sulla macchina per scrivere di Holmes<br />

e, secondo Mannering, trovato nell'appartamento di Holmes, non<br />

quadra esattamente col falso "assassinio" come aveva capito il dottor Illingworth.<br />

3) Come si spiega il grosso pezzo di carbone tirato contro il muro della<br />

Galleria dei Bazar per nessun motivo apparente, come scoperto da Carruthers?<br />

Commento: Questo fatto non è menzionato dal dottor Illingworth, né da<br />

alcun altro, e non quadra col racconto.<br />

<strong>Le</strong> persone più adatte da interrogare sono Pruen, che aveva sempre<br />

avuto una chiara visuale della sala, e Baxter, che era nella Galleria dei<br />

Bazar alle 10 e 35, quando il dottor Illingworth è arrivato al museo.<br />

4) Quali sono state le avventure dei finti baffi neri?<br />

Commento: Quei baffi, che Baxter avrebbe dovuto applicarsi, erano stati<br />

messi, secondo Holmes, da qualche parte, insieme al pugnale, sulle scale<br />

nella sala principale in un primo tempo della serata. E insieme al pugnale<br />

sono spariti. Sono stati ritrovati più tardi da Baxter sul pavimento<br />

del museo, poi ne abbiamo perso di nuovo le tracce e Carruthers li trova<br />

dentro una bacheca chiusa a chiave al posto del pugnale. Significa qualcosa?<br />

Interrogare Pruen che era lì.<br />

I


5) Perché dopo che il gruppo è uscito dal museo in un qualche momento<br />

dopo le undici, Miriam vi è ritornata?<br />

Commento: Poco dopo che Carruthers ha scoperto il cadavere a mezzanotte<br />

e venticinque, Miriam Wade è tornata passando dal cancello posteriore.<br />

Aveva la chiave per quel cancello, che era chiuso. Scambiando Carruthers<br />

per Holmes, ha detto: "Ho visto la tua luce là, ma non sapevo che<br />

tu ci fossi. Ti credevo a casa tua, stavo appunto andandoci. C'è qualcosa<br />

che non va?". Dov'era stata nel frattempo, e perché era tornata?<br />

6) Perché, quando è tornata e Carruthers l'ha informata del delitto, lei<br />

ha telefonato in casa di Holmes cercando di Harriet Kirkton... alterando<br />

la voce?<br />

Commento: Se voleva semplicemente informarli del delitto, perché non<br />

chiedere di uno qualunque di loro e dire tutto? A quanto sembra per questo<br />

non c'è spiegazione.<br />

7) Come si spiega il ricettario di cucina?<br />

Commento: Inutile.<br />

«Questo, credo» disse Popkins contraendo la faccia con espressione di<br />

modestia, «copre diversi punti. Naturalmente l'intenzione è di collegare i<br />

fatti in maniera coerente. Ometto le domande facili come: dov'erano tutti<br />

tra le dieci e quarantacinque (circa) quando Penderei è arrivato al museo, e<br />

le undici (circa) quando Butler ha trovato il suo cadavere nella carrozza?<br />

Capirete che questo documento serve solo per scoprire i punti più strani.<br />

Ma faccio osservare che quando avremo trovato le risposte a questi punti<br />

avremo l'assassino.»<br />

«Sei sottile, sei» gli dissi, perché, naturalmente, tutto ciò era chiaro senza<br />

bisogno di tanti trucchi, documenti fantasiosi o liste. «E stai tirando<br />

conclusioni prima ancora di aver incominciato gli interrogatori.»<br />

Allora lui continuò con un sacco di idiozie dicendo che io ero un membro<br />

del dipartimento di polizia e che non serve a niente avere preconcetti.<br />

Ma io lo feci tacere piuttosto seccamente dicendogli che, se aveva qualche<br />

altra cosa da suggerire, si sbrigasse. (Figuriamoci se io, tra tutti, avevo preconcetti!)<br />

Be', la seconda metà della sua Usta continuava così. Io bollivo e<br />

bollivo, sto ancora bollendo.


II<br />

8) Come si spiega il telegramma che il dottor Illingworth ha ricevuto dal<br />

signor Geoffrey Wade alle cinque del pomeriggio di ieri?<br />

Commento: Quel telegramma, spedito da Southampton, invitava Illingworth<br />

ad andare al museo quella sera alle dieci e mezzo e diceva che<br />

Geoffrey Wade sarebbe tornato presto. Evidentemente non è tornato; dov'era<br />

e cosa significa tutto questo?<br />

9) Perché Raymond Penderei è arrivato così in ritardo al museo ieri sera?<br />

Commento: Questo è un punto importante, sebbene non così ovvio come<br />

qualcun altro. Mannering, la persona destinata a subire lo scherzo, era<br />

stato invitato al museo alle undici. Bisogna quindi presumere che Penderei<br />

sia stato pregato di presentarsi molto prima in modo da ambientarsi e<br />

ripassare la parte con gli altri. Questa è puramente logica. Ma lui è arrivato<br />

soltanto alle 10 e 45, solo quindici minuti prima che lo show dovesse<br />

iniziare. Difatti sappiamo che Illingworth, scambiato per Penderei, è stato<br />

rimproverato per il forte ritardo sia da Pruen sia da Jerry Wade.<br />

10) Qualcuno del gruppo aveva mai studiato medicina o aveva una speciale<br />

conoscenza di anatomia o di chirurgia?<br />

Commento: Vedere la testimonianza del dottor Marsden, il chirurgo della<br />

polizia, il quale ha detto che per poter penetrare nel cuore con quella<br />

lama ricurva bisognava avere una buona conoscenza medica, o era stata<br />

una strana coincidenza.<br />

11) Cosa ci faceva Miriam Wade nella cantina quando il dottor Illingworth<br />

è entrato nel museo?<br />

Qui gli troncai la parola in bocca, prima che potesse fare il suo piccolo,<br />

pignolo commento. Su undici punti, tre riguardavano direttamente Miriam<br />

Wade, il che mi faceva imbestialire. Io conosco bene quella ragazza, se volete<br />

sapere l'amara verità: sono il suo padrino. Jeff faceva arrabbiare talmente<br />

tanto tutti che nessuno aveva voluto accettare l'incarico, ma io capisco<br />

la sua strana mentalità e non me ne è mai importato. Quanto alla ragazza,<br />

potrebbe anche diventare una piccola puttanella, infatti direi che ne<br />

ha piuttosto la tendenza, e lo stavo pensando quando Carruthers ne faceva


la descrizione... ma non si lascerebbe mai coinvolgere in una faccenda del<br />

genere.<br />

Popkins disse: «Sono tutti coinvolti. Io non ho detto niente contro la vostra<br />

figlioccia. Ho soltanto domandato: "Cosa ci faceva nella cantina?". E<br />

l'ho accennato semplicemente perché in questo caso c'è un tale, eterno aroma<br />

di carbone che pensavo potesse essere importante.»<br />

«Sì, ma cosa c'entra la cantina? Cos'ha a che fare una stramaledetta cantina<br />

con lei? C'è nessuna prova che lei sia mai stata in una cantina?»<br />

«Credete al racconto di Illingworth, vero, signore?»<br />

«E se fosse? Be'?»<br />

«Benissimo. Lui dichiara... ce l'ho qui nel blocco e potete trovarlo nel<br />

rapporto stenografico... dichiara che mentre andava verso la stanza del<br />

conservatore, l'uscio sulla sinistra della scala si è aperto e ne è uscita la ragazza<br />

col vestito rosso. Quell'uscio porta in cantina. Quod erat demonstrandum.<br />

Non dico niente della ragazza, non dico neppure che il fatto sia<br />

necessariamente importante, dico solo che era là... Ma il punto è questo: è<br />

arrivato il momento di decidere. Quali ordini darete?»<br />

La faccia di quell'uomo mi era odiosa.<br />

«Daremo ufficialmente l'incarico ad Hadley» dissi, «e al giovane Betts<br />

come suo aiutante. Ma per adesso me ne occupo io, finché non ne caverò<br />

qualcosa di sensato. Chiamami Jeff Wade al telefono e non ti lasciar sviare<br />

da nessuna scusa. Scattare.»<br />

Avevo un sacco di cose da fare, ma per il momento avrebbero aspettato.<br />

Perciò mi sedetti, mi estraniai da tutto e meditai. Malgrado quello che avevo<br />

detto a Popkins, potevo vedere come stava la faccenda. Ero sicuro che<br />

Miriam conoscesse quel Penderei, come avrete capito anche voi, parecchie<br />

cose lo facevano sospettare, ma quello che mi rendeva così sicuro era un<br />

piccolo indizio la cui importanza il lungo naso di Popkins non aveva annusato,<br />

anche se lo aveva segnato nella sua lista. Perché, quando aveva saputo<br />

dell'assassinio e dopo aver visto il cadavere di Penderei, Miriam aveva<br />

telefonato ad Harriet Kirkton camuffando la voce? Ora io non conoscevo<br />

quella Kirkton. Difatti non avevo visto neppure Miriam da tre o quattro<br />

anni, quando ancora stava sbocciando come una futura bricconcella ed esprimeva<br />

la sua gioia per tutto arricciando il nasino. L'unica cosa che avevo<br />

sempre pensato di lei era che aveva fegato e sangue freddo e in quel caso<br />

lo aveva dimostrato. La Kirkton, comunque, era la sua migliore amica.<br />

Era stata nel deserto con Miriam durante i diciotto mesi, aveva viaggiato<br />

con lei sulla nave di ritorno, probabilmente sapeva cosa c'era sotto. Pende-


ei era venuto in Inghilterra, da Bagdad, quattro mesi prima. Miriam era<br />

tornata in Inghilterra da Bagdad un mese prima, e dietro ordine di Jeff era<br />

stata immediatamente spedita da una zia nel Norfolk... la zia era andata al<br />

porto per essere certa di acchiappare la sua preda... finché Jeff non fosse<br />

tornato a casa per occuparsene personalmente. Quando si sta lontani dagli<br />

amici e dalla propria città per quasi due anni, non è mai senza una buona<br />

ragione. Per ultimo, il ritaglio di un giornale riguardante Miriam era stato<br />

trovato nella tasca di Penderei, e Carruthers aveva detto che l'unica persona<br />

del gruppo che avesse decisamente dato l'impressione di riconoscere il<br />

nome "Raymond Penderei" era stata Harriet Kirkton, proprio come Miriam<br />

aveva dato l'impressione di riconoscere la faccia quando aveva visto il<br />

morto. Tutti piccoli indizi che non si potevano provare ma che portavano<br />

alla prova più importante.<br />

Io non so molto sulle donne essendo stato sposato una volta sola, comunque<br />

l'unica ragione per cui la gente esprime il proprio parere sulle<br />

donne è semplicemente per fare un epigramma. Ma so due cose. So che<br />

non ho mai conosciuto una donna alla quale piacesse un cappello a bombetta<br />

e non ho mai conosciuto una donna che riuscisse a trattenersi dal dare<br />

l'allarme a meno di non avere una ragione schiacciante e personale per non<br />

farlo. Non appena ha potuto, quella sera, Miriam si attaccò al telefono.<br />

<strong>Una</strong> cosa naturale, certo, ma se lei fosse stata terrorizzata solamente dal<br />

fatto che c'era un cadavere e non quel particolare cadavere, avrebbe telefonato<br />

all'appartamento di Holmes dove sapeva che erano tutti riuniti e avrebbe<br />

sputato fuori la notizia alla prima persona che le rispondeva. Ma<br />

non era stato quello il suo primo pensiero. No, no. Il primo pensiero era<br />

stato di parlare in privato, di dire a quella ragazza qualcosa che gli altri non<br />

sapevano. Qualcosa che doveva essere tenuto nascosto agli altri. Se lei avesse<br />

chiamato e detto: "Sono Miriam" avrebbe dovuto dare subito la notizia,<br />

e ciò avrebbe significato un ritardo che lei non si poteva permettere<br />

per paura che Carruthers la cogliesse mentre telefonava. <strong>Le</strong>i non voleva dire:<br />

"C'è un morto qui e siamo tutti nei guai"; lei voleva dire: "Penderei è<br />

morto, non dire niente di niente quando ti informeranno". E quello, pensava,<br />

era un guaio peggiore. Da qui la voce camuffata che sarebbe tornata<br />

normale quando avesse parlato con Harriet.<br />

Mi seguite, testoni? Nonostante tutto il fiuto di Popkins, un fatto valido<br />

emerge, e scintilla. C'era qualcosa di così importante per lei che doveva<br />

dirlo ad Harriet prima di informare gli altri del delitto. Qualcosa che aveva<br />

appena scoperto: l'identità del cadavere. Significava che lei o la Kirkton, o


tutt'e due, avevano avuto a che fare con Penderei.<br />

Voi non credete che quel suo telefonare in quella maniera sia un fatto<br />

valido? Io sì. Perché l'identità del cadavere aveva cancellato il fatto dell'assassinio<br />

dalla sua mente. Questo, probabilmente, è il comportamento di<br />

una donna colpevole di quella che viene giudicata "leggerezza". Non è certamente<br />

il comportamento di una donna colpevole d'assassinio.<br />

Ma era sempre una faccenda sporca e non mi sentii per niente meglio<br />

quando mi dissero che Jeff Wade era in linea. Mi preparai a un'esplosione<br />

e a una solenne litigata. Quando dissi "Ciao, Jeff" e lui borbottò "Ciao,<br />

Bert", quella sua voce profonda, gracchiante, aggressiva, non mi obbligò a<br />

tenere il ricevitore a mezzo metro di distanza. E notai un'altra cosa ancora.<br />

Quando gli dissi: "Sai perché ti chiamo?" lui non si comportò come suo solito<br />

quando sente una frase pertinente del genere. Lui di solito avrebbe risposto<br />

"Bella giornata, eh?" fingendo di temporeggiare e di non capire finché<br />

non avessi gridato "Ascolta, vecchio cretino, piantala e rispondimi a<br />

tono". A quel punto avrebbe detto "Ah, così va meglio" e sarebbe andato<br />

allegramente al sodo.<br />

Fu con un certo choc che io udii mormorare:<br />

«Già, quasi mi aspettavo la tua telefonata.» Seguì una pausa così lunga<br />

da farmi pensare che fosse caduta la linea. «È una brutta faccenda, Bert.<br />

Hai da fare?»<br />

«Io ho sempre da fare.»<br />

«Be'... mi stavo chiedendo se tu potessi passare di qui verso le due... sono<br />

al museo. La padrona di casa di quel Penderei si è messa in contatto con<br />

me e dice di avere informazioni importanti. È brutta, Bert. Piuttosto brutta.»<br />

E per la prima volta da quando lo conosco, aveva la voce di un vecchio.<br />

14<br />

Il segreto del ricettario di cucina<br />

Arrivai al museo alle due passate. Il pranzo mi era rimasto sullo stomaco,<br />

cosa che non succede spesso, e le scarpe mi stavano strette. Nel frattempo,<br />

l'unica notizia avuta di fresco era che le impronte digitali di Illingworth<br />

corrispondevano a quelle trovate nell'ascensore; l'ascensore non era<br />

stato usato da un bel po' di tempo, e le sue erano le uniche impronte là dentro,<br />

così che quella parte del racconto del vecchio era esatta. Avevo incaricato<br />

ufficialmente Hadley del caso e gli avevo consegnato tutti i rapporti.


Per giunta, giugno o no, la giornata era piovosa e fresca come se fosse ottobre.<br />

La porta del museo era chiusa e davanti ad essa era spuntata una moltitudine<br />

di ombrelli come tanti funghi neri. Ebbi la soddisfazione di urtarne<br />

un paio prima di arrivare al poliziotto di servizio. La porta venne aperta da<br />

Warburton, l'inserviente diurno di Wade, che, contrariamente a Pruen, ha<br />

qualcosa del dignitoso sergente maggiore.<br />

Sebbene vi fossi già stato qualche volta, conoscevo meglio quell'edificio<br />

dalle descrizioni di Carruthers e di Illingworth che non da quanto ricordavo.<br />

Quell'effetto lunare dava uno strano aspetto familiare a ogni cosa, perfino<br />

alle stanghe delle carrozze, e il soffitto di mattonelle bianche e verdi<br />

era riflesso qua e là sulle bacheche di vetro al centro, sebbene non credo<br />

proprio di essermi aggirato là dentro in sogno. Mi fu detto che Jeff era nella<br />

stanza del conservatore, solo.<br />

C'era piuttosto buio nella stanza del conservatore. Jeff non aveva acceso<br />

lumi, e l'unica luce veniva dalla finestra della toilette da dove la pioggia,<br />

essendo la finestra aperta, entrava a fiotti. Ma potevo vedere una grande,<br />

bellissima stanza. Dietro una scrivania di mogano sedeva Jeff Wade, inclinato<br />

all'indietro, su una poltrona girevole, le pesanti scarpe di cuoio appoggiate<br />

al bordo. Stava voltato verso la finestra, e sulla sigaretta che<br />

spuntava da sotto i suoi baffi bianchi c'era almeno un tre centimetri di cenere.<br />

La luce grigia metteva in evidenza le sue tempie incavate e una strana<br />

espressione nei suoi occhi. Non si girò, fece solo scricchiolare leggermente<br />

le scarpe e m'indicò una sedia con un gesto del capo.<br />

Mi sedetti, e insieme ascoltammo lo scrosciare della pioggia per un paio<br />

di minuti.<br />

«Abbiamo fatto una lunga strada, Bert» disse. E io rammento di aver annuito<br />

come avevo fatto tanti anni prima nel Somerset. «Me ne stavo qui<br />

seduto a pensare» borbottò Jeff in tono quasi polemico. «Un quarto di birra<br />

costava cinque centesimi, e potevi averla calda con la noce moscata. Ma<br />

ora tu sei un vice alto-commissario di polizia, con un titolo e tutto quanto...<br />

e non sei affatto poliziotto, Bert.»<br />

«E tu non sei un uomo d'affari, se è per quello» ribattei, «comunque sei<br />

milionario lo stesso.»<br />

«Già» fece Jeff, meditando su quella frase.<br />

Si girò un poco, e la cenere cadde giù dalla sigaretta; cominciò a strofinarsi<br />

le tempie con le mani, sbattendo le palpebre come se non ci vedesse<br />

molto bene. Avete notato lo sguardo confuso che hanno le persone abituate


agli occhiali quando se li levano? Lui aveva quello sguardo.<br />

«Immagino che saprai, o forse no» continuai, «quello che è successo qui<br />

ieri notte. Un tizio di nome William Augustus Illingworth è piombato nel<br />

mio ufficio e mi ha raccontato ogni cosa.»<br />

«Ho saputo tutto anch'io» borbottò Jeff, imprecando tra i denti. «Mi<br />

hanno informato Miriam e Jerry stamattina. Dicono che avranno un sacco<br />

di guai, e io ho rincarato la dose dicendo loro che sarà proprio così.»<br />

«In effetti, Jeff, passeranno dei guai un po' tutti. L'inchiesta avrà luogo<br />

dopodomani, e il magistrato inquirente sarà piuttosto duro quando sentirà<br />

di quella pazzesca mascherata...»<br />

Jeff si raddrizzò. Qualunque accenno ad autorità, specialmente ad autorità<br />

della polizia, lo eccita come si eccita un cane nervoso quando gli si tira<br />

un secchio d'acqua addosso. Rizzò di nuovo il pelo. Notai con grandissimo<br />

piacere che probabilmente avrebbe preso le parti di quei ragazzi e non li<br />

avrebbe redarguiti con troppa durezza se non altro per far dispetto alla polizia.<br />

«Ah, sì, eh? Ah, sì, eh?» esclamò. «Il magistrato sarà duro, eh? Chi è<br />

questo magistrato inquirente? Come si chiama?»<br />

«Lascia perdere questo per un minuto. Ti vuoi cacciare in testa che una<br />

delle persone presenti ieri sera al museo ha ucciso Raymond Penderei?»<br />

«Uhm, sì» rispose Jeff, lentamente. «Lo so. Non credo che si possa far<br />

niente per mettere a tacere la cosa, vero? Nelle circostanze...»<br />

«Quali circostanze?»<br />

Di nuovo si strofinò la guancia, ma non rispose.<br />

«Ascolta, Jeff: Miriam ha qualcosa a che fare con questa storia?»<br />

«Sì.»<br />

«Be'? Conosceva Penderei?»<br />

«Sì... tra pochi minuti verrà qui qualcuno che vuol vedermi. È la padrona<br />

di casa di Penderei, o almeno, da quanto ho potuto capire, la donna che si<br />

curava di lui. Ho avuto il suo nome e l'indirizzo. Ann Reilly, Crown and<br />

Dragon, Land Street, Borough. Inoltre ho detto a tutti: Miriam, Jerry, Holmes...<br />

accidenti a lui... Baxter, la Kirkton, il suo amico Butler e Pruen...<br />

maledizione, Bert» disse Jeff col primo ruggito di sorpresa che gli avessi<br />

mai sentito, «maledizione, non credevo che il vecchio Pruen fosse così!...<br />

ho detto a tutti di venire qui perché tu gli vuoi parlare. Cerca di andarci piano...<br />

Sai, porco Giuda, avrei dato mezza sterlina per vedere Illingworth<br />

con quel barbone, l'avrei proprio data!»<br />

«Ora va un po' meglio» gli dissi. «E adesso questa faccenda Illingworth


e la tua parte in essa...»<br />

«La mia parte?»<br />

«Stammi a sentire, vecchio idiota, non ti rendi conto di essere stato tu a<br />

far sì che Illingworth restasse coinvolto in questa storia e per giunta a far sì<br />

che la cosa venisse risaputa? Se si deve incolpare qualcuno, questo qualcuno<br />

sei proprio tu. Ieri pomeriggio gli hai spedito un telegramma da<br />

Sounthampton, no?»<br />

«Uh, perdio!» esclamò Jeff improvvisamente con le gambe e le braccia<br />

vibranti come quelle del fantoccio di una scatola a sorpresa. «Credo proprio<br />

di sì.»<br />

«Sai benissimo di averlo fatto. D'accordo. Hai spedito quel telegramma<br />

dopo che Holmes aveva già telefonato all'albergo di Illingworth per avvertirlo<br />

che la riunione era stata rimandata e tu invece gli hai detto di venire<br />

qui alle dieci e mezzo. E va bene. Dov'eri? Cosa ti è successo? Non sei poi<br />

tornato in città?»<br />

Jeff rifletté.<br />

«Uhm. Oh, sì, sono tornato in città» rispose tranquillamente. «Stavo<br />

comprando un ristorante.»<br />

Se lo conosceste, ragazzi, sapreste che quel non sequitur è naturalissimo<br />

per lui, ma dover vivere a lungo con un tipo come lui spingerebbe gli uomini<br />

più forti a prendere una solenne sbronza. Sotto certi aspetti, per quanto<br />

diversi, lui e Illingworth erano dello stesso tipo. Se quel museo fosse<br />

stato di proprietà di tutti e due, la metà degli oggetti sarebbe stata rotta e<br />

l'altra metà non sarebbe esistita. Era sempre stata quella la preoccupazione<br />

dei suoi figlioli: non sapevano mai da che parte girava il vento, e se lui avrebbe<br />

tirato fuori le unghie o sarebbe stato tutto latte e miele.<br />

Dissi: «Stavi comprando un ristorante. Magnifico. E cosa te ne saresti<br />

fatto di un ristorante, secondo te? Ti sei precipitato a comprare un ristorante<br />

per un impulso improvviso o volevi semplicemente fare uno scherzo a<br />

Illingworth?».<br />

Lui mi guardò, serio. «Bert» disse, «in ogni pazzia che io abbia mai fatto,<br />

c'è sempre stato un motivo, altrimenti non saremmo seduti qui, ora. E<br />

l'idea di comprare quel ristorante, ora comincio a capirlo, era davvero abbastanza<br />

pazzesca, sebbene in quel momento non la pensassi così... A volte<br />

mi vengono idee strane. E quello è stato un impulso. Capisci, stavo tornando<br />

in treno da Southampton. All'ultimo momento avevo deciso di non<br />

prendere l'autobus. Mi fa male al sedere. E sul treno ho incontrato un amico,<br />

un tizio di nome Shattu, da Zagros, vicino a Shíràz, e un suo amico


greco di nome Aguinopopolos...»<br />

«Gestori di ristoranti?»<br />

«Sì. Avevano aperto un locale a Soho dove servivano cibi asiatici. Ma<br />

stavano quasi per fallire perché, dicevano, nessuno capisce l'arte culinaria.<br />

Ora io vado matto per quel tipo di cibo, l'ho mangiato per anni. Così ho<br />

detto: "Be', finanzierò io il vostro locale...". No, maledizione, ascolta! Ho<br />

detto: "Comprerò il locale o ci metterò abbastanza quattrini perché voi<br />

possiate restare a galla". Credevo che impazzissero. Shattu ha detto: "Bisogna<br />

festeggiare l'avvenimento. Venite stasera al ristorante e io con le mie<br />

mani vi preparerò un banchetto tale...". Uh! E avevo fame, Bert...»<br />

«Mi stai dicendo che ti sei scordato di Illingworth?»<br />

«Proprio così!» rispose Jeff, aspirando rumorosamente.<br />

«Perciò ti puoi consolare» dissi, «pensando che, in parte, tutto quello che<br />

è successo è colpa tua.»<br />

Lui si alzò e prese a camminare per la stanza. Aveva l'aria strana e il viso<br />

tirato, e la pioggia, fuori, continuava a scrosciare.<br />

«Mi sarei potuto divertire un sacco con quel ristorante» disse, bruscamente.<br />

«Ti saresti potuto? Cosa vuoi dire?»<br />

«Oh, nulla. Quando sarà finita questa storia tornerò in Oriente, e se Miriam...»<br />

Giunse le mani, fece schioccare le nocche e mi guardò. «Mi volevi<br />

domandare qualcosa, Bert? Qualcosa d'importante?»<br />

«Forse. Per esempio, cosa sai di questo Mannering che, a quanto pare, è<br />

fidanzato con Miriam?»<br />

Lui si girò di scatto. «Perché diavolo continui a insistere su Miriam? Io<br />

non so niente di Mannering, voglio dire non lo conosco. Sembra un bravo<br />

ragazzo, nonostante le sue balle. Ti ho chiesto se avevi qualcosa d'importante.»<br />

Sotto la scrivania tirai fuori la lista infernale di Popkins e vi detti una rapida<br />

occhiata. «C'è una cosa» dissi. «Tra le persone che erano qui ieri notte<br />

c'è qualcuno che studia o ha studiato medicina?»<br />

La mia domanda lo sbalestrò un poco. Jeff detesta tutto quello che non<br />

capisce, e la domanda gli fece effetto. Restò lì, tutte le rughe in movimento,<br />

contraendo i baffi come una specie di pagliaccio da baraccone.<br />

«Eh?» fece. «Di' un po', cos'è questa storia? Studente di medicina? No,<br />

che io sappia. Miriam non ha mai studiato niente, si è limitata a farsi buttar<br />

fuori da diverse scuole di lusso. Jerry ha cominciato a studiare per diventare<br />

ingegnere perché gliel'ho detto io. Holmes non fa altro che leggere un


libro dopo l'altro, lui è solo libri e cortesia: è stato maestro di scuola, mai<br />

studiato medicina. Baxter era un fannullone con troppi quattrini finché<br />

Abbsley non l'ha messo a stecchetto... oh, oh! Dick Butler scrive un sacco<br />

di fesserie su avventure pazzesche di cui non sa nulla. Aspetta!» s'interruppe.<br />

«Credo che abbiamo un amico, un certo Gilbert Randall, che studia<br />

medicina da qualche parte, ma non so altro di lui.»<br />

«Cosa sai della ragazza Kirkton?»<br />

Lui gonfiò le guance.<br />

«Poco. È figlia del vecchio maggiore Kirkton, di non si sa dove. Non è<br />

una cattiva ragazza» borbottò, ridacchiando maliziosamente. «Ha il diavolo<br />

in corpo e, porco Giuda, come le piace bere! È l'unica che abbia avuto il<br />

coraggio di dirmi impertinenze sul muso, ed è per questo che mi piace. Ora<br />

sta a casa nostra.» Meditò. «È pazzamente innamorata di Butler, e lui non<br />

se la squaglia, ma è piuttosto tiepido.»<br />

Bussarono alla porta e Jeff si girò quasi urlando.<br />

«C'è una certa signora Reilly, signore» disse la voce di Warburton, l'inserviente<br />

diurno. «Dice di avere un appuntamento.»<br />

«Falla passare» disse Jeff con un tono strano. Mi guardò. «Reggiti forte,<br />

Bert, e dammi una mano se avrò bisogno d'aiuto. Non credo che succederà.<br />

Ma ti avverto, non userò guanti bianchi.»<br />

Accese il lampadario centrale, il che mi fece sbattere le palpebre, poi si<br />

sedette dietro la scrivania, sporgendosi in avanti con le mani unite sopra il<br />

ripiano. Se non fosse stato così abbronzato in viso sarebbe sembrato un<br />

vecchio fantasma, e ogni volta che sbatteva gli occhietti neri, i suoi baffi<br />

guizzavano quasi fossero collegati a essi con un filo. Alla fine la signora<br />

Ann Reilly fece il suo ingresso solenne. Non avevo mai visto una stola di<br />

pelliccia così voluminosa intorno al collo di una donna. Era nera con un'infinità<br />

di code e pareva salire e circondarle la testa come uno di quei famosi<br />

colletti elisabettiani. Era una bella donna, ma piuttosto tarchiata, sulla trentina<br />

avanzata o all'inizio dei quaranta; aveva la pelle che pareva dura come<br />

quella di un pugile e quando camminava oscillava... se mi capite. Portava<br />

un tailleur marrone-giallastro e lucide calze color carne e scarpe con tacchi<br />

così alti che sarebbero bastati per ballare sulle punte. Sulla sua mano sinistra<br />

c'erano tre brillanti che davano l'impressione di essere stati strofinati<br />

energicamente, forse erano quei brillanti che la facevano rifulgere. Quello<br />

che più si notava era la faccia che spuntava da quel collare: larga, bruna,<br />

dipinta come il manifesto d'un circo, e che sparava sorridenti raggi magnetici<br />

per la stanza.


Erano proprio quelli che si notavano: i raggi magnetici che si mescolavano<br />

con i bagliori dorati che sprizzavano dalla sua bocca. Se non fosse<br />

stato per quei bagliori d'oro nei denti l'avrei considerata una figura di donna<br />

diabolicamente bella perché a me piacciono i tipi giunonici. E poi c'era<br />

la sua voce che era così affettata da far venir male.<br />

«Signor Wade?» disse. «Sono venuta per il povero caro Raymond.»<br />

Dopo aver spazzato la stanza con i suoi raggi magnetici quasi avesse voluto<br />

disinfestarla e dopo aver fatto l'impressione appropriata su Jeff, assunse<br />

un'espressione triste. Arrivò perfino a tirar fuori un fazzoletto dalla borsa<br />

e si tolse un granello di rimmel dall'angolo dell'occhio sinistro. Ma notai<br />

che mi stava guardando fissamente con aria pensosa.<br />

«Sedetevi» disse Jeff col suo tono più vago. «Giornataccia, eh? Chi è il<br />

povero caro Raymond?»<br />

«Ma certamente capite... oh, a proposito, signor Wade» s'interruppe lanciando<br />

raggi magnetici e sorridenti su di me. «Il signore è il vostro avvocato,<br />

immagino.»<br />

«Be', si dà il caso che lo sia» rispose Jeff. «Ma come avete fatto a indovinare?<br />

Cosa vi ha fatto pensare che ci fosse un avvocato, qui?»<br />

<strong>Le</strong>i rise... musicalmente. Si sedette su una sedia con un movimento simile<br />

a un paracadute che atterra. «Ora stiamo tutti belli comodi» disse la signora<br />

Reilly. «Credo che ci intenderemo, no? Ah, ah, ah. Ma che meravigliosa,<br />

affascinante stanza!»<br />

Jeff disse: «Che vada a farsi fottere la stanza affascinante. Chi siete e cosa<br />

volete?».<br />

<strong>Le</strong>i non si scombussolò per niente, sebbene i raggi si facessero più duri.<br />

«Che strano!» esclamò. «Pensavo... sono la signora Reilly, naturalmente. Il<br />

mio defunto marito era il proprietario del Crown and Dragon Inn, e io ho<br />

ereditato da lui la proprietà.»<br />

«Un pub, eh? Buon affare. Avete l'aria prosperosa.»<br />

«L'aspetto spesso inganna, signor Wade. Anche il vostro, forse, per una<br />

cosa o l'altra. Stavo dicendo: abito sopra il pub. E credo di essere l'unica<br />

persona a Londra che conosceva Raymond Penderei, il povero ragazzo che<br />

è stato ucciso ieri sera in questo magnifico, affascinante museo. Abitava in<br />

casa mia, come ospite pagante, da tre mesi o giù di lì...»<br />

«Uhm. Pagava?»<br />

«Ha passato momenti terribili, povero figliolo» continuò lei a voce più<br />

alta. «E mi raccontava tutti i suoi guai... così distinto, era, Raymond! Un<br />

così bel contegno aveva! E così bello, anche!» La donna fece una smorfia.


Giuro che la fece. «Soltanto ieri sera, proprio prima che venisse qui, l'ho<br />

aiutato a mettersi il costume e a truccarsi per quello che doveva fare qui.<br />

Sapete, credo che la polizia abbia qualcosa che mi appartiene. Raymond<br />

mi aveva chiesto in prestito un ricettario di cucina.»<br />

Era chiaro che non si aspettava di cogliere nel segno o di suscitare alcuna<br />

sensazione con quella frase, ma fu così.<br />

«Aveva preso in prestito...» dissi, e mi alzai. «Un ricettario di cucina.<br />

Perché?»<br />

«Ma non lo sapete?» domandò la signora Reilly, con la sua risatina allegra,<br />

dondolando il capo e alzando e abbassando le mani in grembo. «Che<br />

strano! Credevo che lo sapeste... vedete, Raymond doveva sostenere il ruolo<br />

di un signore molto erudito, un professore, credo. Quando Raymond ieri<br />

pomeriggio è uscito per incontrare l'altro signore che doveva dargli tutte le<br />

istruzioni per la parte... un certo signor Butler, credo... il signor Butler gli<br />

ha detto che il professore non lo si vedeva mai in giro senza un certo libro<br />

in tasca o in mano. Ho dimenticato di che razza di libro si trattasse (qualcosa<br />

a che fare con Calcutta, credo). Raymond mi ha detto: "Andiamo, acushla,<br />

io sono un realista. Non abbiamo il denaro per comprare un vero<br />

libro come quello, ma tanto non dovrò mica aprirlo, no?... perciò non avete<br />

niente nella vostra libreria che, dall'esterno, somigli a un libro del genere?".<br />

Così abbiamo guardato nella mia piccola libreria, e l'unica cosa che<br />

abbiamo trovato è stato quel ricettario di cucina che la mia cara suocera mi<br />

aveva fatto elegantemente rilegare quando mi sposai...»<br />

Touché.<br />

Non ero tanto seccato per non averlo capito prima, mentre avrei dovuto,<br />

quanto per il fatto che la spiegazione era così semplice. Carruthers aveva<br />

descritto la logora pelle di quel libro, libro che era stato scelto per la sua rilegatura.<br />

Sulle prime, quando lo aveva visto a faccia in giù sul pavimento<br />

del museo, aveva pensato che si trattasse di qualcosa di misterioso finché<br />

non ne aveva guardato il contenuto. Era esattamente quello che volevano<br />

far credere. Un libro fesso che aveva fatto fessi noi. Non significava niente.<br />

A quel punto si poteva cancellare un altro interrogativo dalla lista di<br />

Popkins. Sbirciai Jeff che stava muovendo su e giù le dita delle sue mani<br />

strette a pugno.<br />

«Uhm» mormorò lui, vago. «A volte bisogna guardare l'esteriorità delle<br />

cose. È un fatto che spesso dimentichiamo. A volte bisogna smettere di<br />

frugare nella pattumiera, per ridare una nuova lunga occhiata alla facciata<br />

della casa. Ma cosa me ne frega? Perché siete venuta qui a farmi perder


tempo, signora... Vattelapesca? Perché non andate alla polizia? A me non<br />

interessano i ricettari di cucina. Perché venire qui?»<br />

Gli occhi della signora Reilly avevano assunto uno scintillio duro, spiacevole.<br />

«Mio caro signor Wade! Certo che no! Ma un momento fa vi ho detto<br />

che Raymond era un ospite pagante e voi giustamente mi avete chiesto:<br />

"Pagava?". È proprio questo il punto, capite. Non pagava. Mi deve... è orribile<br />

essere così mercenari, vero? Ma bisogna pur vivere! Mi deve quasi<br />

tre mesi di vitto e alloggio.»<br />

«Ma cosa mi dite? Volete che io paghi il suo vitto e alloggio?»<br />

La fronte della donna si rannuvolò. <strong>Le</strong>i alzò la punta di una scarpa e la<br />

osservò.<br />

«Be'... pensavo che forse avreste voluto reclamare i suoi effetti personali,<br />

considerando la vostra stretta parentela...»<br />

«Stretta parentela?»<br />

«Sì. Lui... lui aveva sposato vostra figlia, no?»<br />

Jeff, che era stato assorto a guardare al di là della finestra, voltò il viso<br />

verso di lei con un sorriso talmente ampio e ambiguo che io ebbi quasi la<br />

certezza che almeno quello non era vero. Jeff sghignazzò dolcemente. <strong>Le</strong>i<br />

lo fissò spalancando con aria innocente quei suoi occhi truccatissimi. Ma il<br />

suo respiro era diventato affannoso.<br />

«Be'» disse Jeff, «signora... uhm... non so dove avete pescato una simile<br />

grossa panzana. Ma posso dichiararvi chiaro e tondo che mia figlia non è<br />

sposata. E in ogni caso non avrebbe mai sposato nessuno del tipo di Penderei,<br />

chiunque egli fosse.»<br />

La signora Reilly si alzò. Respirava ancora più affannosamente e i suoi<br />

occhi erano lucidi.<br />

«Ma è spaventoso! Oh, terribilmente spaventoso! Non lo avrei mai creduto,<br />

altrimenti avrei taciuto... vedete, ha avuto un figlio da lui.»<br />

15<br />

Il segreto dell'Iraq<br />

Jeff si era lasciato cogliere con la guardia scoperta. <strong>Le</strong>i aveva indugiato,<br />

aveva fatto una finta e poi gli aveva sganciato uno dei colpi più duri che<br />

avevo mai visto incassare da un uomo. Lui non mosse un muscolo, tranne<br />

che in faccia, e pensai che la sua faccia fosse lì lì per scoppiare. Non era<br />

abituato a dominarsi, ciononostante restò lì, sbattendo le palpebre grinzose,


espirando lentamente.<br />

«Vi avevo sottovalutato» disse. «Benissimo. L'avete voluto. Lo avrete.»<br />

La signora Reilly si sporse in avanti.<br />

«Bando alle ciance, nonno» disse, la voce piatta. «È vero, e voi lo sapete<br />

bene quanto me. Ed è un marmocchio di pelle piuttosto scura, sapete.»<br />

La donna era una durissima lottatrice, ma subito dopo quella tattica rude,<br />

riprese un atteggiamento più pacato, tornò di nuovo tutta sorrisi dorati e affascinanti<br />

raggi magnetici.<br />

«Ma forse sarà meglio che vi dica tutto. La creatura, un bambino, è nata<br />

circa sei mesi fa... il nove gennaio, per essere esatti... in una clinica molto<br />

privata al Cairo. Voi lo sapevate, vi avevate mandato vostra figlia perché<br />

la sua salute non era buona e non osavate farla abortire. È stato molto bello<br />

da parte vostra.<br />

«Il povero Raymond voleva il matrimonio; è stato orribile spezzargli il<br />

cuore in quel modo, no? Quando avete saputo che la faccenda (alludo al<br />

futuro erede) era piuttosto avanzata, dall'Iraq avete mandato vostra figlia in<br />

Egitto e avete dato ai giornali la falsa notizia che era tornata a casa. Raymond<br />

era frenetico. Cercò di avere informazioni dalla signorina Kirkton...<br />

della cui compagnia aveva anche goduto sebbene senza simili concreti risultati...<br />

ma lei era partita con vostra figlia. Naturalmente Raymond avrebbe<br />

voluto seguirla in Inghilterra, ma non aveva denaro. Gli ci è voluto molto<br />

tempo prima di racimolarne un po', e non so davvero come abbia fatto il<br />

povero figliolo perché io non ci riesco mai» sorrise, ansimante, «e quattro<br />

mesi fa è arrivato qui. Per trovare che cosa? Che voi lo avevate fregato ben<br />

bene e lei non era affatto qui. Oh, santo cielo!»<br />

Jeff stava seduto eretto e la guardava fissamente con un sorrisetto che<br />

sembrò sconvolgerla. La sua voce si alzò di un paio di note.<br />

«Ora siete interessato, signor Wade?»<br />

«Potrebbe anche darsi. Continuate.»<br />

«E Raymond seppe la verità da un amico, ma non poteva scrivere perché<br />

non conosceva l'indirizzo. Ma naturalmente avrebbe insistito per vedere<br />

suo figlio e riconoscerlo legalmente!... Poi seppe che sua moglie di fronte<br />

a Dio» esclamò la signora Reilly alzando piamente la mano e sganciandogli<br />

un'occhiata di scherno, «stava veramente tornando a casa. Oh, mio Dio,<br />

non sapevate che Raymond Penderei era in Inghilterra?»<br />

«No» disse Jeff con aria indifferente. «Chi è questo Penderei? Voi state<br />

raccontando balle.»<br />

«Allora non lo sapevate, ma non volevate correre rischi.»


«No?»<br />

«No. Mandandola prima da una parente per più di due settimane... così<br />

che Raymond, il povero marito disperato, non sapeva nemmeno quell'indirizzo...<br />

poi, quando siete tornato, non molto tempo fa, l'avete tenuta segregata...<br />

segregata, mio Dio... Avete un maggiordomo molto fedele, vero?<br />

Che avrebbe respinto lettere o telefonate. Ma in effetti non era stato necessario.<br />

Perché non appena lei tornò in città dalla casa dei parenti, non fu<br />

forse Raymond che dovette lasciare la città per un impegno? E Raymond<br />

era un ragazzo saggio, dell'avviso di non lasciarsi sfuggire dei centesimi<br />

quando sapeva che le sterline erano sicure, se sapeva aspettarle. Così è tornato<br />

soltanto l'altro ieri. Dunque cosa pensavate voi e Miriam? Credevate<br />

che lui non fosse a Londra, vero? Perché naturalmente, se ci fosse stato, si<br />

sarebbe fatto vivo per usare il suo fascino o che altro per...»<br />

«Altro per...?» la spronò Jeff pazientemente. Stava aspettando.<br />

«Confessate confessate confessate!» gridò la signora Reilly, come se<br />

stesse facendo un gioco molto arguto di botta e risposta. Non era piacevole<br />

a vedersi. «L'avete lasciata circolare di nuovo liberamente perché ormai<br />

era al sicuro. E lei era così ansiosa di dimenticare lo sgradevole episodio<br />

del Cairo. Il bambino con una tata. Tutto passato. Molto molto spiacevole,<br />

ma tutto passato, ormai... Ma non potete vegliare sulle sue sottane, nonno»<br />

scattò la signora Reilly balzando in avanti con improvviso veleno. «Povera<br />

me, no! Appena s'imbarca su quella grande, bellissima nave e lascia l'Oriente<br />

e incontra un altro uomo, lei dimentica tutto quanto. Completamente.»<br />

Jeff si alzò lentamente dietro la scrivania.<br />

«Cosa voleva Penderei? Denaro?»<br />

«Temo proprio di sì» sghignazzò la signora Reilly, assumendo un'aria<br />

scioccata. «A volte era una persona terribile. Non è stata una fortuna sbalorditiva,<br />

quasi una provvidenza, si potrebbe dire, che per quello scherzetto<br />

di ieri sera sia stato scelto l'unico uomo in tutta Londra che voleva incontrarsi<br />

con la donna che aveva sposato davanti a Dio?»<br />

«E voi cosa volete? Denaro?»<br />

Me l'aspettavo. Avevo una voglia matta di lasciarmi andare e di trattare<br />

quella donna come meritava, ma non sarebbe servito a niente agire troppo<br />

presto. <strong>Le</strong>i ci guardò con gli occhi spalancati. La sua espressione si fece<br />

ancora più scioccata.<br />

«Denaro? Santissimo Iddio, no! Sarebbe ricatto, non è vero? Oh, no no<br />

no, mi fraintendete! Davvero, non voglio un centesimo! Non minaccio di


accontare niente, di dire niente...»<br />

«Bene» disse Jeff. «Quella è la porta. Uscite.»<br />

«Con piacere, nonno» sghignazzò lei, sganciandogli un sorriso, ma ansimando<br />

di nuovo. «Vedete, tutto quello che dico potrebbe essere detto di<br />

fronte a un branco di giudici, come vi potrebbe dire il vostro avvocato. In<br />

realtà io volevo soltanto assicurarmi che voi foste la persona giusta (o Miriam)<br />

per consegnarvi il suo bagaglio, ora che è morto. Ma naturalmente se<br />

la ragazza non è sposata con lui e non può dimostrare di avere alcun diritto...»<br />

Stava facendo un grande armeggio con capelli e vestiario per prepararsi<br />

ad andarsene mentre continuava: «Vedete, il povero ragazzo non mi<br />

ha mai pagato un centesimo per il vitto e l'alloggio. Potrebbero dirvelo almeno<br />

una dozzina di persone, e poi, dove sono le sue ricevute? Così, di<br />

conseguenza, il suo bagaglio... con tutto quello che c'è dentro... diventa di<br />

mia proprietà finché il conto non verrà saldato. Non potete toccarlo. Io<br />

credo... non ne sono sicura... ma credo che nella sua valigia vi siano delle<br />

lettere scritte da vostra figlia quando ha saputo di essere in stato interessante.<br />

Non lo so e non mi interessano. Ma so che sarò costretta a tenere il<br />

suo bagaglio finché qualcuno non mi paga il suo conto».<br />

Jeff la guardava con aria distaccata.<br />

«Dovrete fare molta strada» disse, «prima di finire in galera... Quant'è il<br />

suo conto?»<br />

«Be', vediamo» disse la signora Reilly sporgendo le labbra rossissime e<br />

piegando la testa da un lato, «sarà piuttosto grosso, temo. Piuttosto grosso.<br />

Tre mesi, capite, e Raymond era veramente un forte mangiatore. Ma non<br />

ho ancora fatto il conto, so soltanto che la cifra sarà piuttosto alta. Se volete<br />

passare da me uno di questi giorni, ve lo preparerò. Nel frattempo, né la<br />

polizia né alcun altro potrà portare fuori della mia casa un solo oggetto di<br />

sua proprietà; è la legge, capite, e perfino la polizia deve rispettarla qualche<br />

volta. Buon giorno, signori. Lietissima di aver fatto la vostra conoscenza.»<br />

«Signora Reilly» disse Jeff, «avete mai sentito parlare del duca di Wellington?<br />

Sapete cosa disse in un caso come questo?»<br />

«No, e non so neppure cosa disse Gladstone nel milleottocentosettantasei»<br />

rispose la signora Reilly freddamente. «Ma ho sentito di Waterloo, e<br />

questo è il caso vostro.»<br />

«Disse: pubblicate e andate all'inferno» replicò Jeff senza batter ciglio.<br />

«Ed è quello che dico io a voi ora. E sia che vogliate mettervi in posizione<br />

di essere accusata di ricatto o meno, io vi citerò ugualmente. Il signore qui


presente è il vice alto-commissario di polizia. Tocca a te, ora, Bert.»<br />

Io la strapazzai bene e le misi addosso una paura del diavolo. La sbatacchiai<br />

in mille modi (metaforicamente s'intende). Di lì a poco lei diventò isterica,<br />

ma quanto al ricatto aveva perfettamente ragione, lei non aveva fatto<br />

alcuna minaccia e lo sapeva. Ma io non volevo sbilanciarmi troppo perché<br />

c'era sempre una via d'uscita per noi se lei pensava di tenersi entro la<br />

legge.<br />

In caso di delitto, la nostra gente poteva prendere "in prestito" il bagaglio<br />

(non portarlo via) per esaminarlo. Se lei aveva nascosto le lettere da<br />

qualche parte, sarebbe bastato un mandato di perquisizione per scovarle ed<br />

esaminarle come facenti parte degli effetti personali del morto. Sarebbe<br />

stato un esame lunghissimo. Inoltre, sebbene io non sia avvocato, quel discorso<br />

sui suoi diritti legali riguardo al bagaglio mi suonava fasullo. Secondo<br />

quanto lei aveva strombazzato in giro, Penderei era stato un "ospite<br />

pagante" non un affittuario. Perciò non doveva esistere nessuna registrazione,<br />

nessun accordo scritto, nessuna ricevuta: la persona era un ospite.<br />

Perciò, dopo la sua morte, la padrona di casa non poteva trattenere il bagaglio<br />

dell'ospite... qualora un parente lo avesse reclamato. Qualcuno aveva<br />

detto che nell'Iraq Penderei aveva una madre persiana. Mentre noi avessimo<br />

trattenuto il bagaglio per esaminarlo, Jeff si sarebbe messo in contatto<br />

con un avvocato di là, il quale, a sua volta, si sarebbe messo in contatto<br />

con la madre e avrebbe ottenuto l'autorizzazione di salvaguardare i beni<br />

del suo povero figliolo nominando Jeff suo rappresentante. Jeff sarebbe<br />

venuto da noi a presentare le sue credenziali. "Bene" avremmo detto noi<br />

"eccovi ogni cosa." "Ma lui mi deve del denaro!" avrebbe strillato la signora<br />

Reilly. "Benissimo" avrebbe detto Jeff "qua ci sono cinquanta sterline.<br />

Se secondo voi vi doveva di più, andate in tribunale e citatemi per il valore<br />

di un paio di sterline."<br />

Così finii col dire parole confortanti alla signora Reilly che se ne andò<br />

speranzosa e lacrimosa. Dopo di che chiusi la porta e spiegai la cosa a Jeff<br />

che se ne stava lì bianco come un panno lavato e con le mani tremanti.<br />

«Ringraziamo Dio per questo» disse Jeff. Dovette sedersi. «A volte sei<br />

utile. Sì, ha una madre nell'Iraq. Ne ho sentito parlare. Stavo per perdere la<br />

pazienza, Bert, e ho bluffato. Credi che funzionerà?»<br />

«Faremo in modo che funzioni. Ora tieniti forte e ascolta! Quelle lettere<br />

in se stesse non significano una cicca...»<br />

«Ah, non ci credi?» ghignò Jeff. «Io invece ci credo.»<br />

«Adesso non cominciare con questi discorsi. Voglio dire che non hanno


importanza, visto che tanto la storia salterà fuori. A meno che non avvenga<br />

un miracolo, prima o poi salterà fuori e sarà su tutti i giornali. Guardiamo<br />

in faccia i fatti. Se lo si considera un movente per uccidere Penderei, è<br />

splendido. Cioè...»<br />

Temetti che Jeff cominciasse a spaccare qualcosa, tanto per scaricarsi i<br />

nervi. Era in uno di quegli stati d'animo in cui un uomo cerca con grande<br />

determinazione di fare una sedia in mille minutissimi pezzi.<br />

«Cioè» aggiunsi, «se è vero. Lo è?»<br />

«Sì, certo che è vero. Non sapevo se uccidere quella baldracca... o che<br />

altro fare. Io... io non lo so ancora. Vedi, io non sono di vedute larghe come<br />

la gente del giorno d'oggi, comunque non mi sarebbe importato troppo<br />

se si fosse trattato di qualcun altro invece di quel Penderei. Tu non lo conoscevi,<br />

Bert. Era il tipo d'uomo che chiama una donna "mia cara signora"<br />

e le bacia la mano con un sacco di salamelecchi, ma con gli occhi fissi sui<br />

suoi anelli di brillanti. Uhm. Io provo tutta la simpatia del mondo per due<br />

persone che non riescono a stare lontane l'una dall'altra, ma questa specie<br />

di cosa... specialmente quando c'è di mezzo la propria figlia... la Reilly aveva<br />

ragione su un fatto. Io non sapevo che quell'uomo fosse a Londra e<br />

non lo sapeva neppure Miriam.»<br />

«Ora rifletti un poco. Questa è la questione più importante. Quante persone<br />

sapevano della faccenda... del bambino, voglio dire?»<br />

«È quello che non so! Maledizione, non riesci a ficcartelo in testa? La<br />

Kirkton lo sa, naturalmente. E per quello che ne so io, nessun altro. Ma,<br />

come dicevo, non si può mai dire. Ho speso migliaia di sterline per far tutto<br />

alla chetichella, ma queste cose saltano fuori. Non capisco mai cosa<br />

pensano i giovani...»<br />

«Jerry lo sa?»<br />

«Uhm. Può darsi. Ma lui non è mai stato molto attaccato a Miriam e non<br />

era là, in quei paesi, perciò non l'ha certo saputo né da me né da lei. Ne<br />

dubito, però potrebbe averlo sentito. Comunque hanno certamente capito,<br />

tutti quanti, che c'era qualcosa che non andava. Dubito anche che conoscessero<br />

il nome di Penderei!»<br />

«Baxter o Mannering?»<br />

Jeff sogghignò con amarezza. «Scommetterei che Mannering non lo sa,<br />

non credi? Baxter: uhm. No, sebbene lui fosse al Cairo. Gli agenti segreti<br />

che si nascondono nelle cantine non sono niente in confronto alle precauzioni<br />

che presi. Mio Dio, Bert, che pasticcio! Su migliaia di attori a Londra<br />

dovevano proprio scegliere l'unico...!»


«Be', non è poi tanto strano, le loro esigenze erano piuttosto insolite per<br />

un'agenzia teatrale. Comunque il punto è questo: quanti, tra queste persone,<br />

se avessero scoperto che Penderei stava tentando il ricatto, lo avrebbero<br />

ucciso o sarebbero stati disposti a ucciderlo?»<br />

Jeff sbottò in una risata beffarda. «Credi che non mi sia lambiccato il<br />

cervello a furia di pensarci? Io, per esempio, Jerry, Baxter. Mannering...<br />

non lo so. Domanda grave. Miriam stessa... uhm. Quanto a lei, difficile a<br />

dirsi. A volte è coraggiosissima, a volte molle come pan bagnato: strana<br />

donna. La fedeltà di Dick Butler non sarebbe altrettanto sicura, perché lui è<br />

legato ad Harriet. Come posso saperlo?» Si tormentò il mento. «Senti un<br />

po', Bert, tu non credi che potrebbero essere coinvolti tutti quanti in questa<br />

storia? Che sia stata tutta una trappola progettata fin da principio? <strong>Una</strong> volta<br />

lessi un buon racconto su questo argomento. Erano tredici persone e tutte<br />

avevano infierito contro il morto.»<br />

«Stupidaggini» dissi, con ragione. «Non lo avrebbero fatto in maniera<br />

così idiota. No. Questo delitto è stato commesso da una persona sola, e il<br />

guaio è scoprire chi.»<br />

Jeff camminava tristemente su e giù per la stanza e la pioggia continuava<br />

a schizzare dentro attraverso la finestra. Disse: «D'accordo. Cosa facciamo<br />

ora? Immagino che non serva a niente pregarti di fare in modo di tenere<br />

tutto sotto silenzio. Almeno il più possibile».<br />

La prima cosa da fare era mettersi a spulciare gli eventi tra le 10 e 45 e<br />

le 11 per vedere se si poteva eliminare qualcuno. Si trattava di andare diritti<br />

al sodo, ragazzi, e il primo di tutti e il più importante era Pruen. Bene!<br />

Pruen era già arrivato, prima degli altri, e in quel momento era nella sala e<br />

stava parlando con Warburton.<br />

Decisi che sarebbe stato meglio che Jeff non fosse presente all'intervista.<br />

Avrebbe creato soltanto guai e probabilmente avrebbe spinto Pruen a mentire<br />

più di quanto era solito fare abitualmente. Inoltre per il momento decidemmo<br />

di non dire niente a nessuno della signora Reilly, né avremmo tentato<br />

di sapere se qualcun altro sapeva quello che sapeva lei: l'epidemia delle<br />

menzogne sarebbe diventata ancor più frenetica.<br />

Prima che entrasse Pruen, tirai fuori la lista infernale di Popkins, la spiegai<br />

sulla scrivania e mi sedetti per esaminarla. Domande risolte? Sì, qualcuna.<br />

Su undici punti, quattro avevano avuto risposte abbastanza soddisfacenti:<br />

i punti numerati con 6, 7, 8 e 10. Per il 6 la mia ipotesi riguardante il<br />

motivo per cui Miriam aveva alterato la voce per chiamare Harriet al telefono<br />

era stata burrascosamente confermata. Il 7, sul possibile significato


del ricettario di cucina, era chiarito. E così il numero 8 riguardante il telegramma<br />

di Jeff Wade da Southampton e il motivo per cui non era venuto<br />

al museo. La risposta al numero 10... qualcuno aveva studiato medicina?...<br />

era no. Col che, come noterete astutamente, si restava con i punti dall'1 al<br />

5 e con il 9 e l'11.<br />

Mi alzai e andai a chiudere la finestra della toilette perché nella stanza<br />

c'era freddo. Ora le luci erano tutte accese rivelando i ghirigori dei tappeti,<br />

gli intarsi moreschi e le fotografie incorniciate di ruderi decisamente poco<br />

interessanti. A Jeff piace talmente attorniarsi di colore che perfino le poltrone<br />

sono di pelle rossa. Della riunione della sera prima, tranne un vetro<br />

rotto dello sportello dell'ascensore e la Grammatica Pratica Araba di Green<br />

sulla scrivania, non c'erano altri segni. Nascosi la mia lista di domande<br />

nella grammatica. Poi Pruen sgattaiolò dentro.<br />

Un tipo veramente sbrindellato, quel Pruen. Era un pezzo che non lo vedevo;<br />

un po' più ossuto di quanto lo ricordassi, aveva la faccia più venosa e<br />

gli occhi più acquosi dietro gli occhiali che si toglieva in continuazione per<br />

asciugarsi gli occhi... era la prima volta che lo vedevo senza uniforme e<br />

non mi ero mai accorto che fosse calvo. Per giunta non faceva che tirar su<br />

col naso. Non era affatto ostile, ma era tanto impaurito che balbettava. Gli<br />

indicai una poltrona e lui vi si sedette con le ginocchia divaricate e la testa<br />

ciondoloni.<br />

Poi dissi: «Avete intenzione di mentirmi?».<br />

«No, signore.» Era agitato come Illingworth, tanto che pensai che sarebbe<br />

schizzato su dalla poltrona.<br />

«Non dico niente di cosa succederebbe a voi, ma sapete che mettereste<br />

tutta la famiglia Wade nei guai, se mentiste?»<br />

«Voi siete loro amico» rispose Pruen semplicemente. «Vi dirò la verità.»<br />

«Chi ha ucciso Penderei?»<br />

«Che mi pigli un colpo, non lo so!» esclamò lui gesticolando con aria<br />

tragica. «Che mi pigli un colpo qui su questa poltrona, non sapevo neppure<br />

che era morto fino a che... lo sapete, signore... fino a che non arrivò quell'ispettore.»<br />

«Mai sentito nominare Penderei prima d'ora? Sapete chi è?»<br />

«No, signore. Io non lo conosco, il fottuto. Loro non lo conoscono. Così,<br />

perché qualcuno avrebbe voluto ucciderlo? Eh, signore?»<br />

«Sapete, so tutto dello scherzo che stavate complottando qui, ieri sera.<br />

Ve l'ha detto il signor Wade, no? Non lo negate mica, vero?»<br />

«No, davvero» rispose lui candidamente. Sotto sotto un sogghigno pare-


va far capolino nella sua espressione.<br />

«È vero che ieri sera siete sempre stato di guardia accanto alla porta<br />

principale?»<br />

Lui era solenne. «Tutta la sera, signore. E anche prima di chiudere il<br />

museo. Dopo la chiusura ci sono rimasto dalle dieci e dieci circa fino alle<br />

undici. Erano le undici precise quando quel vecchio mentecatto... sapete,<br />

signore, credeva di essere Wallace Beery, e se volete il mio parere, è lui<br />

l'assassino... è uscito dall'ascensore in quel modo pazzesco! E poi è scappato<br />

dalla finestra del bagno... proprio pazzo! Il resto lo sapete. Lo abbiamo<br />

tirato giù per lo scivolo del carbone. Poi il signor Holmes dice: "Presto,<br />

dobbiamo liberarci di questo qui per l'eventualità che vengano i poliziotti".<br />

Parlava dello svitato, naturalmente. Ma prima il signor Baxter è dovuto uscire<br />

e rientrare da quella finestra» indicò, «per poter aprire la porta che il<br />

vecchio Colney Hatch aveva chiuso a chiave e per poter riprendere i loro<br />

cappotti e cappelli dall'armadio di questa stanza.»<br />

Respirava rumorosamente. Dissi: «Lasciate perdere questo per un momento.<br />

Cominciate da principio e raccontatemi tutto quello che è successo<br />

ieri sera, tutto, capito?».<br />

«Sicuro, signore, Ecco...» Tirò un profondo respiro e si lanciò. «Ieri sera,<br />

vedete, io ho tenuto la porta aperta dalle sette alle dieci, come al solito...»<br />

«Aspettate. Come mai così zelante da tenere aperto anche ieri sera quando<br />

c'erano in programma tante cose? Avrebbe avuto importanza se non aveste<br />

aperto?»<br />

«Se avrebbe avuto importanza?» guaì Pruen, offeso. «Perbacco, signore!<br />

Non conoscete la popolarità di questo nostro museo, specialmente tra i ragazzini<br />

che vengono accompagnati dai maestri delle scuole o dai genitori.»<br />

«Va bene, va bene. E ieri sera com'è andata?»<br />

«Magnificamente! Venerdì sera, capite, signore. Niente scuola il giorno<br />

dopo. Magnificamente. Ecco perché abbiamo dovuto tenere aperto. Di solito<br />

alle dieci in punto tutte le sere vengono tre donne a ore per pulire. Ieri<br />

sera no. Gli avevano detto di non venire.»<br />

«Andate avanti.»<br />

Un altro profondo respiro. «Be', signore, gli altri... la signorina Miriam,<br />

la signorina Kirkton, il signor Jerry eccetera... sono venuti qui alle...» gettò<br />

indietro la testa pensando alacremente, cominciava ad eccitarsi talmente<br />

che aveva scordato la paura, «sono venuti qui alle dieci circa. Sono entrati<br />

dalla porta posteriore perché la signorina Miriam ha la chiave. Bene! Quel-


li che dovevano travestirsi per i loro ruoli, il signor Baxter e il signor Butler,<br />

si erano già cambiati in casa del signor Holmes. Il signor Jerry, che<br />

doveva mettersi solo parrucca, baffi e barba (sebbene io fossi contrario alla<br />

barba) era vestito come sempre e si sarebbe messo la barba qui. Appena arrivati<br />

sono venuti direttamente in questa stanza e hanno aspettato che io<br />

chiudessi il museo.»<br />

«Quando lo avete chiuso?»<br />

Rifletté. «Alle dieci e dieci, più o meno. Ho avuto un po' di difficoltà a<br />

mandare via qualcuno, capite, signore. E poi...»<br />

«E poi cosa?»<br />

Lui si dimenò nella poltrona, strizzando la faccia e battendo le mani sui<br />

braccioli.<br />

«Dio, mi è venuta in mente una cosa! Aspettate un minutino che metto<br />

tutto in fila... questa è nuova!<br />

«Allora. Alle dieci e dieci, chiudo la porta e metto il paletto. Poi vengo<br />

in questa stanza... erano tutti qui... e do la notizia che il campo è libero. Il<br />

signor Butler stava passeggiando su e giù piuttosto nervosamente. "Dov'è<br />

quell'attore dell'agenzia?" mi domanda. "Noi abbiamo finito di ripassare le<br />

nostre parti, dov'è quel tizio dell'agenzia? Non si è ancora visto?" Questo è<br />

quanto mi dice il signor Butler.»<br />

«A che ora doveva arrivare l'attore?»<br />

«Questa» replicò Pruen, puntando il dito verso di me con aria trionfante,<br />

«è la stessa cosa che mi ha detto il signor Butler dopo. Il signor Butler ha<br />

detto: "Lo avevo pregato di venir qui più presto che poteva dopo le dieci".<br />

Poi il signor Holmes, che stava seduto là davanti alla scrivania con un'aria<br />

un po' preoccupata... lui, però, era il più tranquillo... dice: "Bella figura da<br />

idioti si farebbe se non arrivasse in tempo; dove credete che sia quell'individuo?".<br />

«E il signor Jerry che stava seduto con i piedi sulla scrivania, imitando il<br />

signor Wade, dice: "Non vi scalmanate, non sono ancora le dieci e un<br />

quarto. Che ne è della bara?"... Dico, signore, volete proprio che vi racconti<br />

tutto così? Con tutti i particolari?»<br />

«Sì.»<br />

«Giusto» convenne Pruen, e sospirò, quasi contento. «Quanto alla bara,<br />

capite, usavano un cofano per l'argenteria che avrebbero preso da una delle<br />

teche di vetro del piano di sopra. Non l'avevano ancora tirato fuori e nemmeno<br />

messo in una cassa perché io non avevo voluto che mi buttassero all'aria<br />

le mostre prima della chiusura del museo... Certo, vedete, signore,


avevano dovuto sgraffignare il costume persiano per il signor Baxter nel<br />

pomeriggio, tanto per vedere se gli stava, bell'affare sarebbe stato se non<br />

fosse stata la sua misura... Ma la bara non era pronta. Io, nelle prime ore<br />

della sera, avevo già portato su una cassa da imballaggio. E un sacco pieno<br />

di segatura dal laboratorio che il signor Wade ha giù nella cantina. E un po'<br />

di ceralacca per renderla più elegante.<br />

«Così hanno deciso che mentre il signor Jerry si metteva la barba e si<br />

truccava aiutato dalla signorina Miriam e dalla signorina Kirkton, il signor<br />

Butler e il signor Holmes sarebbero andati di sopra a preparare la cassa. Il<br />

signor Sam Baxter si è rifiutato di aiutarli dicendo che lui si era già mascherato<br />

e non voleva sciuparsi con la segatura. Così lui è andato nella<br />

Galleria dei Bazar e si è messo a camminare su e giù borbottando versi.»<br />

Pruen ammiccò. «Non era un gran che come attore, il signor Baxter, no...<br />

Dio! Per quelle poche cose da dire... avrei fatto meglio io...<br />

«Prima di separarsi sono venuti tutti nella sala. Il signor Holmes ha aperto<br />

la bacheca dove si trovava il khanjar... quel pugnale, signore... e poi ha<br />

tirato fuori di tasca un paio di baffi finti e ha cercato di dare tutt'e due le<br />

cose al signor Baxter. "Sono tuoi" gli ha detto "prendili, Sam, se no te li<br />

dimentichi". Ma il signor Baxter gli ha risposto a voce alta come se lo avessero<br />

morso: "Mettili via, non li voglio ancora, non me la sento di camminare<br />

su un pavimento scivoloso con quel coso infilato sotto la cintura...<br />

no, fino al momento giusto. Mettili via fino al momento giusto".<br />

«Così il signor Holmes prende il khanjar e i baffi e li mette sul primo<br />

gradino della scala. "Li poso qui" ha detto "dove non puoi perderli di vista".<br />

«Poi, come dicevo, si sono separati. Il signor Butler e il signor Holmes<br />

sono saliti di sopra. <strong>Le</strong> due signorine sono andate ad aiutare il signor Jerry<br />

a mettersi la barba. Il signor Baxter era su nella Galleria dei Bazar a camminare<br />

su e giù e borbottare. E io? Io sono andato a sedermi accanto alla<br />

porta d'ingresso e non mi sono mosso di lì per tutto il tempo... A quel punto,<br />

signore, saranno state le dieci e un quarto circa.»<br />

«Pruen» dissi. «Chi ha rubato quel pugnale? Chi l'ha preso?»<br />

Lui si raggomitolò sulla poltrona, tirò un profondo respiro, poi mi guardò<br />

con occhi spalancati.<br />

«Ch'io possa morire d'un colpo, signore» dice, «ma non ne ho la minima<br />

idea.»<br />

16


La prima apparizione di un attore<br />

E davanti a me c'era quel piccolo verme dalla faccia butterata che si<br />

sporgeva in avanti sulla poltrona, torcendosi le mani, muovendo il collo<br />

grinzoso e inclinando leggermente la testa, con una specie di smorfia accattivante<br />

sul viso. Ricordate l'espressione delle persone che fanno la pubblicità<br />

sulle riviste spronandoti a comprare qualcosa? Quella. Ma i suoi occhi<br />

erano terribilmente seri... e spaventati.<br />

«Piccolo infernale gnomo cisposo» dissi, controllandomi e mi allungai<br />

sulla scrivania e gli puntai un dito sulla faccia. «Avete giurato di dire la<br />

verità. Chi ha rubato quel pugnale?»<br />

«Ehi, piano!» disse Pruen in tono offeso.<br />

«Chi ha rubato quel pugnale?»<br />

«Non è necessario che vi facciate venire un colpo apoplettico, signore»<br />

si lamentò lui. La sua voce era diventata un bisbiglio, ma lui tenne duro<br />

per non perdere neanche quel filo. «E vi verrà, se continuate così. Aspettate<br />

mezzo minuto, signore. Datemi soltanto il tempo di spiegare.» Deglutì, e<br />

la sua voce si fece più forte. «Qui sono io sulla sedia... vicino alla porta.<br />

Capite? A circa tre metri c'è la scala. Quel pugnale è sul gradino più basso.<br />

Tra me e la scala c'è una fila di bacheche di vetro che mi tagliano la visuale.<br />

Non è così? Luce? Non così luminosa come la vera luce lunare. E, come<br />

avete visto, non posso vantarmi di vederci troppo bene da lontano. Ora<br />

vi domando... c'era gente che andava avanti e indietro tra quel momento e<br />

le undici... se uno di loro si china alla svelta, lo noto io forse? Noto il pugnale?<br />

Ve lo domando: credete che stessi lì a pensarci? Ecco! Dico, perché<br />

non mi lasciate raccontare tutta la storia prima di giudicare?»<br />

In quel discorso c'era una certa logica, ma io ero sempre convinto che<br />

mentiva. Comunque gli dissi di andare avanti.<br />

«Partendo dal momento in cui è entrato l'uomo che è stato assassinato,<br />

naturalmente» disse lui senza malizia e si schiarì la voce, «be'...»<br />

«Cominciate da dove avete smesso. <strong>Le</strong> dieci e un quarto. Avete mezz'ora<br />

prima dell'arrivo del cadavere. Raccontate di quella mezz'ora.»<br />

Pruen mi fece capire che era una completa perdita di tempo, ma continuò.<br />

«Non ho notato un gran che. Forse un paio di minuti dopo che mi ero<br />

seduto (mettendo via la pipa perché in servizio non è permesso fumare, naturalmente)<br />

la porta della stanza del conservatore si è aperta e ne sono uscite<br />

la signorina Miriam e la signorina Kirkton. Mentre loro uscivano...»


il verme ora imitava un agente che dà la sua testimonianza davanti a un<br />

magistrato, «... ti appare il signor Butler, frenetico, dalla Galleria Araba del<br />

piano di sopra, e scende giù di corsa. L'uniforme di poliziotto gli stava larghissima.<br />

Oh oh!<br />

«"Chiodi!" dice agitando il martello che io avevo lasciato di sopra per<br />

loro. "Chiodi! Dove sono i chiodi, Pruen?" urla attraverso la sala. "Abbiamo<br />

sudato sette camicie per tirar fuori quel cofano dalla teca di vetro senza<br />

spaccare niente, e il sacco della segatura si è rotto, e ora scopriamo che<br />

non ci hai preparato neanche un chiodo."<br />

«Era molto sull'eccitato, il signor Butler, era.<br />

«Gli ho detto che mi dispiaceva. Gli ho detto che in cantina, nelle tasche<br />

della giacca del signor Wade, c'era un mucchio di chiodi... vedete, signore,<br />

il padrone ha un laboratorio giù e indumenti da lavoro e tutto quello che gli<br />

serve... così, gli dico, faccio un salto giù subito e vado a prenderli. Ma la<br />

signorina Miriam interviene rapidamente e insiste per andare lei a prendere<br />

i chiodi. <strong>Le</strong>i è sempre servizievole. Così mentre la signorina Kirkton va di<br />

sopra con il signor Butler, la signorina Miriam va giù a prendere i chiodi.»<br />

Pruen si era appoggiato allo schienale. Parlava con voce smorta, guardandosi<br />

in giro per la stanza e sbattendo gli occhi come se non vedesse l'ora<br />

di finirla con quel punto.<br />

«Ehi» dissi. «Volete farmi credere che lei si è precipitata ansiosamente<br />

in cantina per i chiodi?»<br />

«Ed è stata anche molto carina» dichiarò lui con aria di sfida. Gli tremavano<br />

le mani e invece di sudare gli lacrimavano gli occhi. «L'ho sempre<br />

detto io della signorina Miriam, ho detto...»<br />

«Quando è tornata su?»<br />

Lui rifletté. «Oh, dopo cinque, otto minuti. Qualcosa di simile.»<br />

«Pruen, mentite spudoratamente. Maledizione, ma non capite che così<br />

danneggiate soltanto tutti quanti? Ho sentito la deposizione del dottor Illingworth,<br />

sentirò quella di tutti gli altri. Dite che lei è scesa in cantina poco<br />

dopo le dieci e un quarto... volete farmi credere che è stata giù a cercare<br />

i chiodi per quasi venti minuti? Perché sta così: quando Illingworth è arrivato<br />

in fondo alla sala, ha visto Miriam che stava venendo su dalla cantina.<br />

Venti minuti! E non è tutto. Proprio quando ha visto che lei veniva su e<br />

proprio mentre continuava a camminare, Illingworth ha sentito qualcuno<br />

che piantava chiodi al piano di sopra. E allora? È vero che quando Illingworth<br />

è arrivato qui alle undici meno venticinque ha visto la ragazza che<br />

stava tornando su?»


«Sì, è vero» rispose Pruen. Ora ghignava. «Sì. L'ha vista. E perché no?<br />

Quella era la seconda volta che lei tornava su dalla cantina.»<br />

«La seconda volta?»<br />

«Sissignore, ci giuro sulla Bibbia! Non che c'entri niente. Non c'entra affatto.<br />

Ma aspettate, lasciate che vi spieghi.»<br />

Si raddrizzò e si batté un dito sul palmo. Non voglio soffermarmi sul solito<br />

discorso riguardante le atmosfere, ma intorno a lui c'era un'atmosfera<br />

di verità. <strong>Una</strong> distensione, un'aria di premura, la solita premura di parlare.<br />

Ora non gli dispiaceva parlare perché aveva superato il punto pericoloso.<br />

Quale punto pericoloso? Sì, il furto del pugnale. Era una sensazione orrenda,<br />

una sensazione che mi faceva venire i brividi, quella convinzione che<br />

sentivo... che il pugnale era stato rubato proprio in quel momento e che chi<br />

l'aveva rubato era Miriam.<br />

«<strong>Le</strong>i è scesa giù per prendere i chiodi» continuò Pruen con aria confidenziale,<br />

«ed è tornata su con i chiodi dopo cinque, otto minuti... no, diciamo<br />

più vicino a cinque minuti. Il signor Butler stava ritornando giù per<br />

vedere cosa le era successo, quando lei è salita e gli ha dato i chiodi.»<br />

«Questo sarebbe stato venticinque, trenta minuti dopo le dieci?» (L'altra<br />

domanda mi restò in gola, non potevo fargliela in quel momento.)<br />

«Signorsì. Gli ha dato i chiodi e lui è tornato su. Poi lei ha girellato un<br />

po' davanti alle scale... pigramente, si potrebbe dire, e dopo è venuta frettolosamente<br />

verso la parte anteriore della sala, verso di me. Ma mi ha fatto<br />

soltanto un cenno del capo, sorridendo. Ed è entrata nella Galleria Persiana...»<br />

«Che è sul lato sinistro della scala, vero, guardando verso il retro?»<br />

«Sissignore. Non c'erano luci, là, le avevo spente io quando mi ero liberato<br />

dei visitatori alle dieci. E così le chiedo: "Devo accendere la luce?".<br />

Ma lei dice no, non importa. Così per qualche minuto tutto è stato tranquillo.<br />

Silenzio, c'era. Potevo sentire il signor Baxter camminare su e giù nella<br />

Galleria dei Bazar un po' più in là, borbottando tra sé parole in arabo o roba<br />

del genere. E io cominciavo a essere preoccupato perché quell'attore<br />

non arrivava. Poi ecco che ti esce la signorina Miriam dalla Galleria Persiana<br />

e attraversa di nuovo la sala... e che mi pigli un colpo se non apre l'uscio<br />

della cantina e non scende giù di nuovo!»<br />

«Lo vedete bene l'uscio della cantina?»<br />

«Oh, sissignore. Quando sono seduto sulla mia sedia diritto di fronte a<br />

me, o almeno una buona metà. Be', non ho avuto molto tempo per rimuginarci<br />

su perché subito dopo il campanello della porta ha suonato... Ah!


quello era un sollievo! L'attore finalmente, penso! Non credo che dal piano<br />

di sopra l'abbiano udito... voglio dire il signor Holmes, il signor Butler e la<br />

signorina Kirkton... perché sentivo i tonfi che stavano facendo per inchiodare<br />

la cassa. Uh, se ero sollevato! Apro la porta e ti entra questo svitato...<br />

«Ora, vi domando, come potevo sapere io che non era il tizio dell'agenzia?<br />

Sembrava perfetto per il suo ruolo, tranne il fatto che non aveva barba!<br />

La più comica aria solenne che avessi mai visto (e quel cilindro, dico!),<br />

faccia lunga, mento in dentro, grossi occhiali cerchiati di corno come uno<br />

yankee e se le sue scarpe non erano del numero quarantasei mi mangio un<br />

rospo! Ma perfino in quel momento, signore, ho avuto l'impressione che<br />

c'era qualcosa di ambiguo. Perché quando io ho cominciato a scherzare, lui<br />

mi tira fuori un biglietto da visita che dice William Augustus Illingworth<br />

D.D. (Divinitatis Doctor), mi caccia sotto il naso un libro scritto in arabo e<br />

si allontana tutto irritato.<br />

«Io mi dico: ehi! È abbastanza autentico, e comincio a sentirmi un po'<br />

preoccupato. Ma forse andava tutto bene... guardate quanta pena si danno<br />

nei film per ottenere che ogni cosa sia perfetta! Lui si ferma sulla soglia<br />

della Galleria Persiana, e deve aver visto il signor Baxter, perché ti snocciola<br />

un paio di metri di parole in qualche lingua. È il signor Baxter gliene<br />

restituisce un altro po'. Poi lo svitato prosegue lungo la sala. La signorina<br />

Miriam appare di nuovo sull'uscio della cantina, lo guarda e va di sopra<br />

senza dire niente. Poi l'uscio di questa stanza si apre e ne esce il signor<br />

Jerry infuriato che dice: "Siete in ritardo, entrate" o qualcosa di simile.»<br />

«L'ora?»<br />

«Esattamente le undici meno venticinque» rispose Pruen, deciso. «Avevo<br />

appena guardato il mio cipollone per vedere quanto tempo aveva tardato<br />

quell'individuo. Mezz'ora di ritardo! Uh, ve lo domando! Lo svitato e il<br />

signor Jerry entrano qui in questa stanza e io ero ancora un po' preoccupato...<br />

ma non ho avuto molto tempo per pensarci. Dovevano essere passati<br />

tre o cinque minuti quando all'improvviso... BANG!»<br />

«Non saltate in quel modo!» urlai. Era schizzato su e aveva battuto le<br />

mani con forza, e io detesto la gente nevrastenica. «Cosa volete dire con<br />

questo bang?»<br />

Lui pareva sinceramente perplesso.<br />

«Non lo so. È stato una specie di tonfo, signore, come se fosse caduto o<br />

si fosse rotto qualcosa. E veniva dalla direzione della Galleria dei Bazar,<br />

dall'interno, sembrava. Ho gridato: "Signor Baxter!" perché pensavo che<br />

avesse spaccato qualcosa e poi le avrei buscate io dal signor Wade. Così


mi sono precipitato là per vedere...»<br />

«Fermatevi un attimo!» Finalmente qualcosa di concreto. «Avevo capito<br />

che non vi eravate mai allontanato dalla porta.»<br />

Lui sembrò di nuovo sinceramente sorpreso. «Dio, signore, non ci avevo<br />

mai pensato! Sì, mi sono allontanato, non per molto, però. Non c'è da contarlo,<br />

direi, perché non è come se fossi andato lontano...» Un'idea nuova e<br />

piacevolissima sembrò paralizzarlo. «Ecco! Capisco cosa volete dire. Volete<br />

dire che qualcuno potrebbe essere sgusciato fuori da qualche parte e<br />

aver preso quel pugnale dallo scalino appena io ho voltato le spalle?»<br />

Non ci avevo pensato, ma era un'idea.<br />

«Quanto tempo siete stato lontano dalla porta?»<br />

Rifletté. «Due o tre minuti, signore, forse. È andata così. Vado là per vedere<br />

cos'è successo e, quando entro, il signor Baxter non c'è e io mi chiedo<br />

cosa può essere stato perché non vedo niente di rotto. Poi vedo! Pezzi di<br />

carbone sul pavimento e una grossa chiazza sudicia sulla parete dove qualcuno<br />

che era stato lì aveva gettato un pezzo di carbone.»<br />

«Chi?»<br />

«È quello che non so, signore, perché nessuno era entrato lì, tranne il signor<br />

Baxter, e in quel momento non vedevo neppure lui. L'ho chiamato e<br />

lui è venuto rumorosamente attraverso le stradine del Bazar. Ha detto che<br />

era stato nella Galleria degli Otto Paradisi... (è accanto e c'è una porta comunicante,<br />

così non bisogna passare dalla sala) e mi domanda: "Ehi, cosa<br />

diavolo vuoi?". Io dico: "Signor Baxter, avete tirato voi quel carbone?".<br />

Lui dice: "Che razza di cretinate stai dicendo? Carbone? Quale carbone?".<br />

E quando io glielo indico, lui dice soltanto che non ha tempo da perdere<br />

per giocare col carbone e se ne va come se lo avessi offeso, attraversa la<br />

sala ed entra nella Galleria Persiana.<br />

«Ma, sul serio, signore, cominciavo a provare una sensazione strana... la<br />

pelle d'oca, quasi. Era bastato quel piccolo tonfo. Pensavo: ehi, in questo<br />

posto sta succedendo qualcosa di molto strano. E a volte ti vengono anche<br />

i brividi per la paura.»<br />

«Calma, calma. Mentre eravate nel Bazar e prima che il signor Baxter<br />

andasse di fronte nella Galleria Persiana, non avete udito qualche rumore<br />

nella sala? Passi, cose simili?»<br />

Il salto che fece e lo sguardo acceso come se gli fosse venuto in mente<br />

qualcosa non potevano essere falsi, oppure poteva essere solo immaginazione.<br />

Ma a me sembrarono genuini.<br />

«Sì! Ora che me ne parlate, sì... sul momento non ci ho fatto caso perché


c'è sempre un sacco di echi, qui. Ma ho sentito, possa morire d'un colpo,<br />

ho sentito un rumore come di passi, là. Dev'essere stato quando hanno rubato<br />

il pugnale, potete credere alla mia parola. Ci giuro...»<br />

«Quando avete udito quei passi?»<br />

Di nuovo strizzò la faccia come per sforzarsi fisicamente di ricordare.<br />

«Be', subito dopo che avevo fatto capolino nel Bazar, credo. Sì, proprio allora!<br />

Passi veloci e ticchettanti, erano. Veloci e ticchettanti. Ora ricordo.»<br />

Ragazzi, io sono un tipo che non ha molta immaginazione, ma quei passi<br />

veloci e ticchettanti che si aggiravano furtivamente là dentro fecero quasi<br />

venire la pelle d'oca anche a me. Dissi: «Dov'erano gli altri in quel momento?».<br />

«Uhm, vediamo. Per quanto ne so io, il signor Jerry era qui in questa<br />

stanza con lo svitato che io ancora ritenevo fosse l'attore, e gli altri, eccetto<br />

il signor Baxter, erano tutti di sopra. So che erano di sopra perché dalle<br />

dieci e un quarto fino alle undici meno venticinque... quando è arrivato lo<br />

svitato... ogni tanto, a intervalli, uno di loro si affacciava in cima alle scale<br />

e mi gridava: "È arrivato?" alludendo all'attore, naturalmente. Non posso<br />

darvi i tempi di tutto questo, signore. Non ricordo. Semplicemente uno dopo<br />

l'altro, a turno. La signorina Kirkton, il signor Holmes o il signor Butler,<br />

venivano. Oh sì! L'ultima volta che qualcuno mi ha chiamato è stata<br />

quando lo svitato è entrato in questa stanza col signor Jerry e la signorina<br />

Miriam è ritornata su dalla cantina per la seconda volta. Sì. Il signor Holmes<br />

esce sulla balconata lassù e mi urla: "Non è ancora arrivato, Pruen?".<br />

Aveva l'aria un po' stranita dalla preoccupazione. E io gli ho risposto allegramente:<br />

"È appena arrivato, signore, adesso è col signor Jerry". Sì, me<br />

n'ero dimenticato. Lo ricordo benissimo perché lì per lì mi sono chiesto<br />

come mai la signorina Miriam, che aveva visto lo svitato, non aveva detto<br />

niente dell'arrivo dell'attore.»<br />

«Questo succedeva prima del tonfo del carbone nella Galleria dei Bazar?»<br />

«Sissignore, un paio di minuti prima. Non moltissimo, però. Ma per tornare<br />

a quel qualcuno che aveva tirato carbone contro la parete... avevo sentito<br />

il tonfo e vi ho detto cos'è successo poi. E ho avuto quella strana sensazione<br />

e ho udito quei passi nella sala...»<br />

Mi stavo scrivendo tutto, come Popkins avrebbe approvato. Mi pareva di<br />

sentire il suo spettrale applauso proprio accanto a me. Per giunta cominciavo<br />

a essere eccitato come Pruen.<br />

«Fermatevi un attimo. Siamo rimasti che eravate nella Galleria dei Ba-


zar; Baxter aveva attraversato la sala per entrare nella Galleria Persiana di<br />

fronte; Jerry e il... dottor Illingworth qui, in questa stanza, e gli altri di sopra.<br />

Dovevano essere quasi le undici meno un quarto. Ora vediamo. C'è un<br />

altro mezzo per scendere al piano di sotto, dal piano sopra a questo, voglio<br />

dire? Oltre alle scale in fondo alla sala? Altre scale oltre quelle di marmo?<br />

Qualcuno poteva scendere qui a questo piano senza che voi lo vedeste?»<br />

Lui non rispose per un secondo. Mi scrutava fisso. Con le mani ossute<br />

cincischiava il colletto, e il suo respiro si era fatto sibilante. Aveva assunto<br />

un'espressione curiosa, mentre i suoi chiari occhi azzurri si spalancavano e<br />

si contraevano.<br />

«Mezzo per scendere» ripeté. Poi parve ricordare la domanda. «Uno, signore.»<br />

«E cos'è?»<br />

«<strong>Una</strong> scala, in un angolo della Galleria Persiana, su questo piano. La<br />

Galleria Persiana... potete andare a vedere ora, se volete. Porta su nella<br />

stanza dove sono in mostra gli scialli, proprio qui sopra. <strong>Una</strong> specie di scala<br />

privata. Un affare di ferro a chiocciola, capite.»<br />

«Ed è l'unico mezzo per scendere giù?»<br />

«Sissignore. Tranne l'ascensore, ma quello è morto come San Paolo, e<br />

comunque il signor Jerry e lo svitato ci stavano seduti proprio davanti.»<br />

«Avete detto che la Galleria Persiana era buia?»<br />

«Sì.»<br />

«Bene. Ora riprendete il racconto da quando siete andato nel Bazar e avete<br />

trovato dei frammenti di carbone per terra.»<br />

Lui tirò un respiro sibilante. «Ho guardato, ho frugato... ora che ci penso...<br />

e stavo tentando di vedere se c'era qualcuno nascosto da qualche parte...<br />

c'è un mucchio di posti per nascondersi, potete vederlo anche voi, con<br />

tutte quelle tende e quegli aggeggi, quando... drin! Di nuovo il campanello<br />

alla porta. Dio, per poco non me la facevo addosso! Ho tirato fuori l'orologio<br />

perché pensavo che non poteva essere il signor Mannering così presto<br />

con tutti ancora impreparati. Sicuro, era troppo presto. Appena le undici<br />

meno un quarto. Ma forse è venuto prima, ho pensato... No, ho pensato,<br />

non è possibile, glielo avevano detto mille volte, o era stata la signorina<br />

Miriam... di non venire qui prima delle undici. Allora ho cominciato a<br />

chiedermi se lo svitato che avevo fatto passare non fosse l'uomo sbagliato.<br />

Oh, ero in uno stato d'animo pauroso, ve lo dico io! Ma non c'era altro da<br />

fare che andare a vedere e avvertire gli altri, se era il signor Mannering.<br />

Per dirvi la verità, signore, quello che più mi spaventava era che forse, solo


forse, poteva essere il vecchio signor Wade che tornava improvvisamente<br />

del tutto inaspettato.<br />

«Be', c'è un piccolo pannello in quella porta che si può aprire con una<br />

maniglia per dare un'occhiata fuori. Vado alla porta e apro il pannello. E lì<br />

c'era il tizio che poi avete trovato morto...»<br />

Il sudore gli imperlava la fronte. Se lo asciugò con la manica, quasi tamponandolo<br />

con brevi, rapidi gesti come una donna quando s'incipria.<br />

«Ma come cavolo potevo sapere, vi domando, chi era quel tizio, signore?<br />

Di pelle un po' scura, con una barba nera e degli occhiali giallastri tenuti<br />

da un cordoncino e il colletto tirato su... e mi guardava con una specie<br />

di ghigno. Era un tipo che faceva paura a trovarselo faccia a faccia all'improvviso,<br />

attraverso un buco della porta, come se fosse saltato fuori dal<br />

bronzo. Io gli ho detto "Chi siete?" e lui ha risposto con uno strano tipo<br />

di... di...»<br />

«Intonazione?»<br />

«Sissignore, se volete. E con i denti proprio sul bordo più basso del pannello.<br />

Dio, che vista! Sembrava infuriato, se riesco a spiegarmi. Ha detto:<br />

"Mi manda Brainerd, idiota. Aprite". Io avevo, sì, quella sensazione di paura...<br />

strana, ma gli ho creduto e ho capito d'aver commesso un errore con<br />

l'altro tipo.<br />

«Mentre gli aprivo la porta, lui ha detto, sempre con quella intonazione:<br />

"Dov'è la signorina Wade?". Ecco cos'ha detto. Io ho risposto: "È di sopra,<br />

con gli altri, ma lasciate perdere. C'è qualcuno qui che io avevo scambiato<br />

per uno mandato da Brainerd".<br />

«Lui è entrato passandomi avanti. Ha detto: "Di sopra. Con gli altri. Bene.<br />

Restate dove siete" ha detto, visto che io stavo per muovermi. "Devo<br />

vedere qualcuno." Dio, che maniere! Si allontana a passettini rapidi, cilindro<br />

e tutto e un libro rilegato in pelle sotto il braccio, prima che io possa<br />

fare un movimento e tirar fuori una parola dalla gola.<br />

«Ora seguitemi bene in questa parte, signore. Stanotte me lo sono sognato.<br />

Non è stato un sogno piacevole, mi sembrava di vedere sempre quella<br />

faccia che all'improvviso mi fissava attraverso la porta di bronzo... lui s'incammina<br />

e quando arriva all'altezza di quella diligenza nera, si è sentito un<br />

rumore.<br />

«Qualcuno aveva fatto: ssst! Proprio così» disse Pruen facendo un sibilo<br />

attraverso i denti «ssst! Come quando si vuole attirare l'attenzione di qualcuno.<br />

Capito? Forse non forte, ma con tutti gli echi e i suoni che circolano<br />

in un posto come questo... quel tizio ha fatto un balzo. Ha fatto un balzo e


ha girato il capo a sinistra... guardando verso le carrozze. C'era qualcuno<br />

che faceva ssst! L'attore si è fermato ed è rimasto a guardare per un secondo.<br />

Non ha detto niente. Ha semplicemente annuito e poi, rapidissimamente,<br />

si è chinato ed è andato sotto le stanghe della carrozza... che erano puntate<br />

in questa direzione... ed è passato dall'altro lato delle carrozze dove io<br />

non potevo vedere più nulla. Qualcuno stava dalla parte opposta della fila<br />

delle carrozze dove io non potevo vedere niente.»<br />

Interruppi quel recital perché la voce di Pruen si era fatta stridula e acuta.<br />

«Volete dire che dal punto dove eravate non potevate vedere dall'altra<br />

parte?»<br />

«Signore, che io possa morire d'un colpo, se potevo! Andate a sedervi<br />

sulla mia sedia e provateci. Io sto lì. Guardo direttamente lungo quella fila<br />

di portiere su questo lato delle carrozze e l'uscio della cantina in fondo.<br />

Quella fila di carrozze è sulla sinistra. Bene! C'è una fila di colonne e le<br />

carrozze sono sistemate tra le colonne e il muro di sinistra. Non lasciano<br />

molto spazio: un piccolo corridoio tra esse e la parete dall'altra parte. Come<br />

sapete, la luce non è fortissima e le carrozze proiettano grosse ombre.<br />

«Così mi sono avviato verso quella parte per vedere cosa succedeva. Poi<br />

mi sono reso conto che il signor Mannering poteva arrivare da un momento<br />

all'altro e io non potevo allontanarmi dalla porta perché il tempo correva...<br />

dico, non sapevo che cosa fare. Ciononostante sono andato avanti e<br />

ho gridato: "Ehi! Dove siete? Che cosa state facendo tra le carrozze? Chi è<br />

là?".»<br />

«Non avete avuto nessuna risposta?»<br />

«No, signore, e non si può dire nemmeno che fossi spaventato, non mi<br />

sono spaventato finché quell'ispettore non ha trovato il cadavere nella carrozza.<br />

Non io. Ero seccato, ecco. Come quello che si prova quando ci si<br />

aspetta qualcosa di piacevole e invece va tutto storto. Ma poi...» Pruen si<br />

sporse in avanti. C'era come una luce d'ispirazione intorno a lui: come la<br />

fiammella tremula di un lume a gas. «Poi ho visto qualcosa che ho capito<br />

soltanto ora perché ricordo le cose e le metto insieme. Mentre guardavo la<br />

porta di bronzo e stavo per chiudere il pannello, ho visto delle orme proprio<br />

davanti alla porta. Quelle orme non c'erano un minuto prima. Erano<br />

come sbafiate sul marmo, come polvere nera, fatte dalle scarpe di quell'individuo...»<br />

«<strong>Le</strong> scarpe di Penderei? L'attore?»<br />

«Sissignore. Il tipo che era appena entrato. <strong>Le</strong> orme continuavano un po'


nella sala poi svanivano. Dove sarà stato quel tipo per avere tanta polvere<br />

sulle scarpe, ho pensato. Poi, signore, ho ricordato qualcosa. Mentre quell'uomo<br />

andava lungo le carrozze, c'era qualcosa nelle sue spalle, nel suo<br />

cappello a cilindro... che mi sembrava familiare.<br />

«Lui è arrivato qui, come vi dicevo, alle undici meno un quarto. Ma non<br />

è tutto. Perché quello stesso individuo era già stato al museo, nella serata,<br />

un po' prima delle dieci.»<br />

Pruen si appoggiò allo schienale con aria trionfante.<br />

17<br />

Undici punti, undici sospetti<br />

«Era già stato al museo» ripetei, «un po' prima delle dieci. Volete dire<br />

che è entrato, si è guardato attorno ed è uscito?»<br />

Pruen stava di nuovo faticando a riordinare le idee.<br />

«Non so esattamente cosa voglio dire, Dio mi aiuti! Ma cercherò di dirvi<br />

quello che ricordo. È tutta una confusione di im... non so come dire...»<br />

«Impressioni?»<br />

«Uhm» borbottò Pruen piuttosto sospettoso. «È andata così. Nella mia<br />

professione, signore, si prende l'abitudine di osservare le persone che vengono<br />

nel museo, i loro piccoli gesti, e come si comportano appena entrano.<br />

Ieri sera, come vi dicevo, c'era una gran folla. Due gruppi di ragazzini con<br />

i maestri. <strong>Una</strong> vecchia signora e un signore. Due coppie di innamorati: gli<br />

innamorati si vedono lontano un chilometro, si infilano subito nella Galleria<br />

dei Bazar come fottuti piccioncini. <strong>Una</strong> famigliola di fuori città. Non so<br />

chi altro, ce n'erano ancora tanti. Ma con un cappotto nero e un cappello a<br />

cilindro c'era un signore solo. L'ho notato perché di solito non vengono qui<br />

con cappelli a cilindro, il perché non lo so, so solo che non vengono... non<br />

l'ho potuto guardare bene perché era entrato dietro la famiglia alle dieci<br />

meno un quarto o giù di lì. Ho visto soltanto le spalle di quel signore.<br />

«Poi l'ho notato anche per un'altra ragione. Per come si comporta la gente<br />

quando entra, di solito. Quasi tutti, signore, quando entrano si fermano<br />

un po' per guardarsi attorno, con aria indecisa, proprio accanto alla porta.<br />

Poi quasi tutti si girano e guardano me.<br />

Perché, non lo so. Forse si chiedono se devono domandarmi qualcosa. A<br />

volte lo fanno, a volte no, ma in genere, sia che mi domandino qualcosa o<br />

meno, mi guardano lo stesso. Vi sorprenderebbe sentire le domande che mi<br />

fanno, signore! Per la maggior parte vogliono sapere se c'è da pagare l'in-


gresso, qualcuno chiede se c'è una camera delle torture, altri dov'è la toilette,<br />

e io devo sempre tener d'occhio l'uscio che porta allo scantinato e l'uscio<br />

dall'altra parte delle scale che porta alle mie stanze, tanto per essere<br />

sicuro che non vi entrino.<br />

«Quando arriva la prima volta, quest'uomo non chiede niente, né si<br />

guarda attorno. Va diritto lungo la sala. E io ho pensato: "Stai cercando<br />

una toilette, ma io ti tengo d'occhio perché tu non apra uno di quegli usci<br />

sul retro". È stato allora che ho notato il cilindro e il cappotto. Ma lui non<br />

cercava la toilette. No. Si è fermato vicino alle carrozze... poi ci è passato<br />

in mezzo come per entrare nella Galleria Egiziana. La Galleria Egiziana è<br />

la seconda stanza sul lato sinistro.<br />

«E dopo me lo sono completamente dimenticato perché sono venuti dei<br />

ragazzini a farmi un sacco di domande. Quando è arrivata l'ora della chiusura,<br />

ho pensato vagamente che non lo avevo visto uscire. Ecco perché sono<br />

andato a dare un'occhiata in giro per vedere se erano usciti tutti. Mi sono<br />

rammentato di quell'uomo quando me lo avete domandato poco fa.»<br />

«Era uscito?»<br />

Pruen esitò.<br />

«Be', signore, quando ho guardato in giro non l'ho trovato, e lui certamente<br />

è tornato alle undici meno un quarto... quasi un'ora dopo. Oserei dire<br />

che se è tornato dev'essere uscito, non vi pare?»<br />

Non c'era nessuno scherno in quella frase. Pruen stesso era dubbioso, ma<br />

io non ero dubbioso perché cominciavo a capire. Dissi: «Pensateci, ora! È<br />

successo prima che gli altri... Miriam e Jerry e tutto il gruppo... arrivassero<br />

qui?».<br />

«Sì, signore. Qualche minuto prima.»<br />

«Sarebbe stato possibile che Penderei (non fingete di non sapere chi era<br />

Penderei!)... gli sarebbe stato possibile sgattaiolare in cantina quando è venuto<br />

qui la prima volta?»<br />

L'espressione di Pruen era quella di chi cerca di vedere dov'è la trappola<br />

ed è sul punto di mettere il piede sulla molla.<br />

«Fino alla chiusura del museo, no, Dio mi aiuti! Signore, ci sono stati<br />

soltanto due momenti in tutta la sera che ho tolto gli occhi dall'uscio della<br />

cantina: ci potrei giurare. Il primo è stato quando, alle dieci, sono andato a<br />

vedere se erano usciti tutti. Il secondo quando qualcuno ha tirato il carbone<br />

nella Galleria dei Bazar. Perciò...»<br />

«Ma» dissi, «quello sarebbe potuto entrare nel museo e nascondersi, no?<br />

Poi, quando voi avete fatto il giro per mandar fuori la gente, lui potrebbe


essere sgattaiolato in cantina. Rispondete! Avrebbe potuto?»<br />

Vedevo con gran chiarezza la spiegazione di quella polvere di carbone<br />

sulle suole di Penderei, il carbone che aveva lasciato quelle tracce sul pavimento<br />

quando era entrato nel museo la seconda volta.<br />

Entra la prima volta alle dieci meno dieci: in anticipo. Per una qualche<br />

ragione si nasconde e poi s'infila nella cantina; il motivo, probabilmente,<br />

era tendere un agguato a Miriam restando nascosto finché non avesse trovato<br />

il sistema di agguantarla da sola. Benissimo! Gli altri arrivano poco<br />

dopo di lui, ma per un po' di tempo restano tutti insieme nella stanza del<br />

conservatore aspettando che Pruen chiuda. Poi, guarda un po', accidenti,<br />

poi Miriam scende in cantina per prendere i chiodi!<br />

Ergo, zucconi miei, lei deve aver incontrato Penderei lì. Un appuntamento<br />

combinato? No, no, no, non è possibile! Oltre al fatto che Miriam pensava<br />

Penderei ben lontano da Londra, lui era l'ultima persona che lei avrebbe<br />

voluto incontrare. Ma lo ha incontrato. Cosa è successo? Non lo<br />

sappiamo. Sappiamo però che lei è risalita dalla cantina cinque minuti dopo.<br />

Poi passeggia su e giù davanti alle scale e alla fine entra nella Galleria<br />

Persiana passando davanti a Pruen. Resta là per un poco, poi scende di<br />

nuovo in cantina. Questa volta ci rimane pochissimo e ritorna su frettolosamente.<br />

Cos'è successo durante quei due incontri?<br />

L'unica cosa che sappiamo è quello che ha fatto Penderei. Che è l'unica<br />

cosa che può aver fatto secondo ogni indizio. È andato nella carbonaia. Ha<br />

preso un paio di cassette e le ha messe una sull'altra in modo da potersi arrampicare<br />

su per lo scivolo del carbone e arrivare sulla strada. Da qui la<br />

patina di polvere di carbone sulle sue suole che non ha avuto modo di disperdersi<br />

in quei pochi passi sul marciapiede per arrivare di nuovo alla<br />

porta di bronzo. Quando rientra nel museo è imbestialito e chiede della signorina<br />

Wade. Cos'è successo, ci chiediamo di nuovo, in quei due incontri?<br />

<strong>Una</strong> cosa è certa: lui aveva deciso di andare al museo per sostenere il<br />

suo ruolo nel gioco, proprio come se non si fosse mai nascosto nella cantina.<br />

E, ragazzi, cade in una trappola. Qualcuno lo sta aspettando, in agguato<br />

dietro la fila delle carrozze.<br />

Sì, era una faccenda spaventosa e non mi vergogno di ammettere, come<br />

il vecchio Illingworth, che mi faceva venire la pelle d'oca. Tutto questo mi<br />

girava e girava per la testa come una giostra nebulosa con la faccia di<br />

Pruen nel mezzo.<br />

Dissi a Pruen: «Avete sentito qualcuno fare "ssst!" da dietro le carrozze.


Avete chiamato, ma pur non avendo risposta, non avete osato allontanarvi<br />

dalla porta dopo che Penderei era andato a raggiungere... quella persona<br />

ignota. Avete cercato di vedere cosa c'era, in qualche modo?».<br />

Lui aveva infilato le mani nelle maniche, come un cinese, e le muoveva<br />

su e giù lungo le braccia. La sua espressione era piuttosto infelice.<br />

«Un po', signore. Mi sono precipitato verso la Galleria Persiana. Da lì si<br />

può vedere l'altro lato delle carrozze: il corridoio, intendo, tra le carrozze e<br />

il muro.»<br />

«Avete visto niente?»<br />

«Niente, Dio mi aiuti! Nemmeno la minima traccia di quei due. Ma, capite,<br />

non avevo alcuna ragione di pensare che ci fosse sotto qualcosa... capite,<br />

di criminale. Ho solo pensato che succedevano cose strane e basta.»<br />

«Dove potevano essere andati? Potevano essersi infilati dentro la diligenza<br />

prima che voi arrivaste a guardare da quella parte?»<br />

«Suppongo di sì» rispose lui tristemente.<br />

«La portiera della carrozza era aperta o chiusa da quella parte?»<br />

«Chiusa, signore» rispose lui dopo una pausa. «Cioè, se fosse stata aperta<br />

lo avrei notato, e io non ho notato niente.»<br />

«Avete udito qualche rumore... voci, passi, qualcosa di simile, dopo che<br />

i due erano spariti?»<br />

Pruen sembrava ancora più impaurito. «Dio, ora che lo dite... mi è davvero<br />

parso di sentire dei passi! Sì, e che possa morire d'un colpo, erano gli<br />

stessi passi veloci e ticchettanti che avevo udito prima nella sala. Quando<br />

avevano tirato il carbone. Sì! Passi veloci e ticchettanti...»<br />

«Dove? Da dove venivano?»<br />

«Non lo so, signore. Parevano nell'aria per via degli echi. Non si riesce<br />

mai a individuare la provenienza di nessun rumore. E poi i passi che ho<br />

sentito non sono stati molti. Solo pochi... Forse due o tre minuti dopo che<br />

quell'attore era sparito sotto le stanghe della carrozza dall'altra parte. Ma è<br />

un po' difficile stabilire l'ora quando non si ha nessun motivo per tenerla a<br />

mente.»<br />

«I passi che avete sentito vi hanno dato l'impressione di passi di qualcuno<br />

che scappava?»<br />

Lui si girò a guardarmi. «Volete smetterla, signore?» strillò. «Sono già<br />

abbastanza spaventato così, pensando a come mi divertivo, anche se lo<br />

scherzo era andato male, a come ballavo intorno a quella cassa... e tutto il<br />

tempo col cadavere di quel tizio... e io lì solo con la mia lanterna... Dio!»<br />

Cominciò a sbattere le mani aperte su e giù lungo i braccioli della poltrona.


«Sono già abbastanza spaventato anche senza quello. Con la lanterna soltanto,<br />

tutto solo nell'edificio con quell'affare. Dio, me lo sognerò! E ora mi<br />

venite a domandare di passi che scappavano... Sicuro! Scappavano, ora lo<br />

capisco.»<br />

Lasciai che quell'esplosione si affievolisse prima di dargli addosso di<br />

nuovo.<br />

«Calmatevi, maledizione!» dovetti dirgli. «A questo punto abbiamo:<br />

quando l'assassino mette le mani su Penderei, agisce come il filmine. Lo<br />

attira dentro la carrozza, lo pugnala, chiude la portiera... e scappa. Oppure<br />

pugnala Penderei dietro le carrozze, apre la portiera di quella più... chiusa,<br />

dove il cadavere non sarà trovato per un bel po', vi spinge dentro Penderei...<br />

e scappa. Dite di aver udito solo pochi passi che correvano. Pochi<br />

passi... Allora l'assassino non può aver attraversato la sala né essere salito<br />

su per le scale o niente di simile, no? Altrimenti lo avreste udito.»<br />

«E visto! Perché io ho dato solo una rapida occhiata in giro e poi sono<br />

tornato sulla porta. No, signore.»<br />

«Allora dove può essere andato?»<br />

«Nella Galleria Egiziana, signore. È l'unico posto. Vedete, l'uscio per<br />

quella Galleria è lungo il corridoio, tra due carrozze. È parallela alla Galleria<br />

Persiana... proprio come quelle dei Bazar e degli Otto Paradisi sono<br />

collegate una con l'altra dalla parte opposta.»<br />

«Collegate una con l'altra» dissi io. (Capite cosa stavo pensando, vero?)<br />

«La Galleria Persiana e l'Egiziana sono comunicanti. La Persiana era buia,<br />

avete detto. E l'altra?»<br />

«Buia anche quella. Vedete, signore, non ci servivano nessuna delle due<br />

per quello scherzo di ieri sera. E per esempio non volevamo che il signor<br />

Mannering andasse a girellare per la Galleria Persiana e si accorgesse che<br />

avevano preso il vestito del signor Baxter da una teca.»<br />

Ora i miei appunti erano disordinati o illeggibili, ma io continuavo a buttar<br />

giù note. Così facendo venni violentemente riportato su un punto che<br />

avevo dimenticato.<br />

«Ecco!» dissi. «Avete detto che Baxter era andato nella Galleria Persiana,<br />

buia, subito dopo che qualcuno aveva tirato il carbone contro la parete.<br />

È restato là tutto quel tempo? Cosa faceva? Non è uscito a dire qualcosa<br />

quando ha sentito annunciare che Penderei era arrivato?»<br />

«Be', immagino che sia andato di sopra con gli altri. Voglio dire, usando<br />

quelle scale di ferro nella Galleria Persiana. No, è venuto fuori solo più<br />

tardi. Ecco cosa stavo per dirvi. Stiamo brancolando avanti e indietro con


tutti questi indizi... ma in realtà tra il momento in cui l'attore è entrato dalla<br />

porta di bronzo e il momento in cui ho sentito i passi è passato pochissimo<br />

tempo. Perciò! Non sapendo che pesci pigliare, sono tornato accanto alla<br />

porta e mi sono messo a gridare. Grido: "Signor Butler! Signor Holmes!"<br />

tanto per vedere cosa stavano facendo perché io a quel punto ero quasi fuori<br />

dei gangheri...»<br />

«Be'?»<br />

«Proprio dopo un po' che gridavo inutilmente, ho udito dei passi nella<br />

Galleria Persiana. Ne è uscito di corsa il signor Holmes, agitando le mani<br />

per farmi zittire e ancora più pallido di prima. Mi dice: "Cos'è tutto questo<br />

chiasso?". Era sceso giù per la scala di ferro del piano di sopra, vedete. Allora<br />

io gli dico dei due tizi, prima dell'arrivo dello svitato e ora di quell'altro<br />

che era sparito. E lui mi ha aggredito in maniera terribile.<br />

«"Dov'è?" dice il signor Holmes. "Perché non me l'hai detto?"<br />

«"Signore" dico io, perché il suo tono non mi piaceva "me l'avete detto<br />

voi di non abbandonare il mio posto. E l'altro è nella stanza con il signor<br />

Jerry: quello magro con gli occhiali che è arrivato prima... e a quanto pare<br />

per il signor Jerry sta bene, perciò perché non dovrebbe star bene anche a<br />

me? Per giunta, se mi permettete di dirlo, perché ci avete messo più di<br />

mezz'ora solo per inchiodare una stupida cassetta?"<br />

«Era successo, e l'ho saputo più tardi, che il coperchio di piombo di quel<br />

cofano era così corroso che avevano dovuto faticare un sacco per aprirlo.<br />

Ma io non lo sapevo. Ero un po' innervosito per essere stato lasciato solo<br />

per tanto tempo. Ma il signor Holmes se ne sta lì con le mani a pugno<br />

premute sulla fronte, poi dice: "Mio Dio, doveva proprio essere il dottor Illingworth".<br />

«E se ne va di corsa e si precipita verso la stanza del conservatore... verso<br />

questa stanza dove siamo noi adesso. In quel momento il signor Butler e<br />

il signor Baxter appaiono in cima alle scale di marmo, trascinando la cassa,<br />

e cominciano a portarla rumorosamente al piano di sotto. Il signor Holmes<br />

si mette un dito sulle labbra e gesticolando freneticamente gli fa capire di<br />

non fare chiasso. Poi fa un cenno a me e comincia ad aprire piano piano<br />

l'uscio della stanza del conservatore per sbirciare dentro...<br />

«Mentre il signor Holmes fa capolino sulla porta, ascoltando e guardando<br />

dentro, gli altri portano giù la cassa. Poi il signor Baxter, la signorina<br />

Miriam e la signorina Kirkton corrono da me per sapere cosa sta succedendo...<br />

ma il signor Butler, schioccando le dita, ritorna di sopra correndo<br />

come se avesse dimenticato qualcosa.


«E in quel momento... BUM! l'uscio della stanza del conservatore sbatte<br />

sulla faccia del signor Holmes con un tonfo facendo trasalire tutti quanti<br />

noi... È quando lo svitato ha cominciato ad agire, solo che al momento non<br />

lo sapevamo...»<br />

E con questo, ragazzi, finiscono gli indizi che mi erano nuovi. Nella deposizione<br />

di Illingworth, avevo il mezzo sicuro per provare e confutare il<br />

racconto di Pruen. Combaciavano esattamente.<br />

In definitiva, il racconto di Pruen non era così fiorito, ma dava tutti i fatti.<br />

Vicino all'uscio della Galleria Persiana, un gruppetto composto da Miriam,<br />

Harriet e Sam Baxter aveva ascoltato mentre Pruen snocciolava la<br />

sua storia. Holmes batteva sull'uscio del conservatore per sapere cosa stava<br />

succedendo. Butler era andato di sopra dicendo di aver perso lo sfollagente.<br />

Alla fine Jerry aveva aperto l'uscio dopo aver trionfalmente cacciato Illingworth<br />

nell'ascensore e Holmes era entrato. Poi, dopo un paio di minuti,<br />

i due ne erano usciti discutendo animatamente. Baxter si era precipitato<br />

verso di loro e durante il tragitto aveva trovato i baffi neri finti per terra e<br />

dopo altre discussioni i tre si erano uniti agli altri davanti alla Galleria Persiana.<br />

Mentre Jerry raccontava le sue esperienze con Illingworth, Butler<br />

era sceso giù per le scale di marmo. Era andato lungo le carrozze e dopo<br />

aver cercato in ognuna, aveva aperto la portiera della diligenza...<br />

Poi era saltato giù, sbattendo la portiera. Nessuno degli altri aveva potuto<br />

vedere dentro, naturalmente, perché erano nel punto più lontano dalla fila<br />

delle carrozze. Ma Butler aveva intravisto la testa di Illingworth dietro<br />

gli sfiatatoi del ventilatore, e da lì era cominciata la caccia: prima per afferrare<br />

Illingworth, poi per tirarlo giù nella carbonaia.<br />

«E non sapevamo» concluse Pruen in tono eccitato, «nessuno di noi sapeva<br />

del morto.» Pareva ancora ignaro della scoperta prematura di Butler.<br />

«Ciò che più ci ha spaventati tutti quanti è stato il fatto che il poliziotto è<br />

tornato con rinforzi per scoprire cosa stava succedendo. Quindi hanno deciso<br />

di svignarsela... alla svelta. Il signor Butler era già andato via portandosi<br />

dietro lo svitato, sempre svenuto, e dicendo che lo avrebbe accompagnato<br />

a casa: sembrava molto impaurito, il signor Butler, il che mi ha sorpreso.<br />

Inoltre ha fatto giurare a tutti di aspettarlo in casa del signor Holmes.<br />

Strano, ora, mi chiedo...» Rifletté un poco, la faccia stupita, ma riprese:<br />

«La signorina Miriam se n'è andata appena il signor Butler è uscito.<br />

<strong>Le</strong>i... be', non si sentiva bene, signore, sapete, la sua salute non era stata<br />

buona». Mi lanciò uno sguardo penetrante. «Ha detto che andava a fare un<br />

giro in macchina per farsi passare il malessere. La sua auto era parcheggia-


ta qua dietro, in Palmer Yard. La signorina Kirkton si è offerta di accompagnarla,<br />

ma la signorina Miriam non ne ha voluto sapere. Ha detto che se<br />

le passava li raggiungeva più tardi nell'appartamento del signor Holmes ed<br />

è corsa via...»<br />

«Sola?»<br />

Lui schizzò su pensando evidentemente a un'altra cosa.<br />

«Questo mi rammenta: vi chiedete perché, se la signorina Miriam era<br />

della partita, era tornata al museo, più tardi, ieri sera, quando c'era l'ispettore?<br />

Ecco. Era uscita per fare un giro in macchina. Poi è tornata e, come<br />

al solito, ha parcheggiato la macchina in Palmer Yard... e ha visto la luce<br />

accesa in questa stanza. Così ha creduto che gli altri fossero ancora qui ed<br />

è venuta a vedere.<br />

«Ma loro non c'erano, nonostante il signor Holmes avesse insistito per<br />

restare, poliziotti o non poliziotti. Lui continua a dire: "Cos'è successo a<br />

quell'attore? Dov'è? Dove è andato?". Era piuttosto preoccupato. Ma il signor<br />

Baxter gli ha detto: "Che vada a farsi fottere, l'attore, non capisci che<br />

ci ha piantati in asso: io non resterò certo qui travestito in questo modo".<br />

Allora il signor Holmes, che è un tipo terribilmente coscienzioso, ha detto:<br />

"C'è una confusione del diavolo dappertutto, dobbiamo rimettere un po' in<br />

ordine".<br />

«"Non vi preoccupate per questo, signore" gli ho detto. "Ci penso io a<br />

pulire e a rimettere in ordine, ho tutta la notte davanti a me.<br />

«"Sì" ha risposto il signor Holmes "ma tu non puoi togliere il cofano<br />

dell'argenteria da quella cassa e portare quattrocento chili di piombo al piano<br />

di sopra, no?"<br />

«Ma il signor Jerry ha detto: "Via, è semplice, sciocchi. Adesso tagliamo<br />

la corda e aspettiamo che si calmino le acque, sempre che succeda qualcosa,<br />

del che dubito. Poi torniamo qui e rimettiamo tutto a posto. Nel frattempo<br />

resteremo nell'appartamento di Ron. Comunque dovremo tornare in<br />

tutti i modi perché Sam deve rimettere a posto il costume persiano".<br />

«La signorina Kirkton ha detto che quella era l'idea migliore e ha cominciato<br />

a gridare: "Presto, presto, presto!". Era una situazione strana, perché<br />

avevamo spento tutte le luci in tutto l'edificio e stavamo lì in piedi nella sala<br />

con soltanto il lume della mia lanterna. Ma il signor Holmes non si è lasciato<br />

scuotere. Ha posato la mia lanterna sulla bacheca di vetro dov'era<br />

stato il pugnale dicendo: "Be', comunque" ha detto, "rimetteremo a posto il<br />

khanjar perché è un pezzo di valore". Ha tirato fuori le chiavi e ha riaperto<br />

la bacheca. "Dov'è il khanjar, Sam? Dammelo."


«E il signor Baxter, che è un tipo nervoso, comincia a gridare: "Io non ce<br />

l'ho! È tutta la sera che ti chiedo cosa ne hai fatto e per ora non ho trovato<br />

altro che questi fottuti baffi finti, là sul pavimento. I baffi e il pugnale erano<br />

insieme: dov'è il pugnale, ora? Comunque per il momento non me ne<br />

frega nulla di dove sia, io voglio soltanto che tu venga via di qui prima...".<br />

Due lunghi squilli di campanello. Uh, signore! Avreste dovuto vedere come<br />

sono schizzati su quando hanno sentito suonare quel campanello! Vedevo<br />

le loro facce alla luce della lanterna: gli unici a non essere spaventati<br />

siamo stati io e il signor Jerry, al punto che ci siamo scambiati un sorriso.<br />

Naturalmente chi stava suonando il campanello, ora lo sappiamo, era il signor<br />

Mannering. Ma il signor Baxter credeva che fossero i poliziotti e non<br />

voleva essere beccato con quel costume idiota addosso pensando che dopo<br />

una figura così ridicola sarebbe stato costretto a lasciare il Servizio Diplomatico<br />

o quel che è. Dio, sprizzava terrore da tutti i pori. E il signor Holmes<br />

non era molto più calmo.<br />

«"Smammiamo" grida il signor Baxter. Prende quei baffi finti e li caccia<br />

nel primo posto che gli capita: dentro la bacheca. Poi strappa la chiave dalla<br />

mano del signor Holmes e richiude la bacheca. Dopo di che tutti quanti<br />

si precipitano verso la porta posteriore. L'unica che si ferma un secondo è<br />

la signorina Kirkton. Mi posa le mani sulle spalle... Dio! E mi fissa con<br />

quei grandi occhi azzurri lucidi e spaventati, sebbene io non capissi davvero<br />

perché e mi dice: "Promettimi che qualunque cosa succeda, sia che ti<br />

cada addosso la cattedrale di San Paolo o che i morti escano dalle loro<br />

tombe, promettimi che non dirai mai che stanotte eravamo qui".»<br />

Pruen s'interruppe, tirò un lungo respiro e raddrizzò le spalle. Mi guardò.<br />

I suoi occhi brillavano d'orgoglio.<br />

«E perdio, signore, perfino quando quello stramaledetto cadavere è ruzzolato<br />

giù dalla sua tomba, il vostro ispettore può testimoniare che ho<br />

mantenuto la promessa.»<br />

Seguì un lungo silenzio; la pioggia continuava a battere contro la finestra,<br />

e Pruen sedeva impettito sulla poltrona di pelle rossa. Lo squadrai da<br />

capo a piedi. Da Pruen e Illingworth, due persone così diverse tra loro che<br />

sarebbe stato difficile trovarne di uguali, avevamo la metà dei fatti.<br />

«Sì, sei stupido. Ma lasciamo perdere per ora. Ascolta, ci sono due cose<br />

in questo "scherzo" preparato per il signor Mannering che non mi sono ancora<br />

molto chiare...»<br />

«Sì, signore?» m'incitò sorridendo.<br />

«Questo scherzo contro Mannering è stato organizzato molto veloce-


mente, no? Cioè, fino a ieri a mezzogiorno non sapevate che Jeff Wade sarebbe<br />

partito. Come avete fatto a mettervi d'accordo e combinare ogni cosa<br />

così presto? Battute scritte e via discorrendo?»<br />

Lui ridacchiò. «Oh, era una settimana che ne parlavano e lo preparavano,<br />

signore. L'unica cosa che non era stata decisa era la data. Doveva aver<br />

luogo al più presto, in un momento qualunque, non appena se ne fosse presentata<br />

l'occasione. E l'occasione che si era presentata era veramente rara<br />

perché, vedete, il vero dottor Illingworth era a Londra, come quello sciocco<br />

del signor Mannering avrebbe potuto vedere sui giornali, il che lo avrebbe<br />

spinto a crederci. Oh, avevano fatto un sacco di piani.» Si sporse in<br />

avanti con un'aria come se mi confidasse un segreto. «Ci credereste che il<br />

primo progetto che avevamo fatto... il piano originale che siamo stati costretti<br />

a scartare... era di inscenare un assassinio? Voglio dire un assassinio<br />

con tutte le regole, con un vero cadavere e tutto. Naturalmente, signore, intendo<br />

un cadavere preso in un'università... perché avete sussultato?»<br />

Il mio cervello cominciava a dare i numeri. Dissi: «Ascoltate, questa è la<br />

domanda che vi volevo fare. Avete detto un cadavere preso in una facoltà<br />

di medicina? Uno della ghenga non aveva forse scritto, mercoledì, un biglietto<br />

che diceva: Caro G. Ci vuole un I cadavere... un vero cadavere. La<br />

causa della morte non ha importanza, ma ci vuole un cadavere. Combinerò<br />

io il delitto... quel khanjar col manico d'avorio andrà benone, oppure se<br />

ci sembrerà meglio, organizzeremo uno strangolamento... Sapete se qualcuno<br />

l'ha scritto?».<br />

Pruen annuì spudoratamente. «Sì, signore. Nessuno ha osato affermarlo<br />

ieri sera, altrimenti... be', sapete com'è. Non vi ha detto il padrone che il<br />

signor Jerry ha un amico, un certo Gilbert Randall, che studia medicina?<br />

Loro avevano l'idea che lui potesse sgraffignare un cadavere dalla sala<br />

anatomica; la "causa della morte", cioè come il cadavere fosse veramente<br />

morto non aveva importanza, a loro bastava avere un cadavere. Lo volevano<br />

per finta. Così il signor Jerry si è seduto alla macchina per scrivere e ha<br />

cominciato a battere un biglietto, qui in questa stanza. Ma il signor Holmes<br />

lo ha fatto smettere dicendo: "Per amor del cielo, imbecilloide, non scrivere<br />

niente del genere, vai a trovare Randall, se proprio vuoi, perché se la lettera<br />

dovesse andare nelle mani sbagliate, farebbe un effetto strano!". Così<br />

il signor Jerry si è cacciato il biglietto in tasca e dopo, in casa del signor<br />

Holmes, gli è caduto. Così, quando il signor Jerry è andato a trovare il signor<br />

Randall e ha saputo che non potevano avere un cadavere autentico,<br />

hanno abbandonato l'idea.» Pruen sghignazzò allegramente. «Voi non c'e-


avate stanotte, ma quando l'ispettore Carruthers ha tirato fuori quel biglietto<br />

con aria terribile e solenne, ha fatto davvero colpo. Il signor Holmes<br />

era spaventatissimo. Talmente spaventato che se l'ispettore vi ha lasciato<br />

qualche appunto sull'interrogatorio, lo troverete annotato... Il signor Jerry<br />

stava per cedere e spiegare tutto, ma il signor Holmes glielo ha impedito.<br />

Ma perdio, signore, è finito davvero nelle mani sbagliate e ha fatto davvero<br />

un effetto strano.»<br />

Touché di nuovo.<br />

Mi appoggiai allo schienale, mezzo stordito. Da Illingworth e Pruen avevamo<br />

tutta la storia. E avevamo... cosa? Quanto bastava per far impazzire<br />

un uomo. Con gran fatica e un sacco di scarabocchi avevamo scavato<br />

tanto per raccogliere i pezzi sparpagliati del rompicapo più complicato che<br />

avesse mai cosparso il pavimento di Scotland Yard. Li avevamo messi insieme<br />

e il quadro era completo. E cosa vedevamo? Vedevamo il quadro di<br />

qualcuno che ci faceva le boccacce. Perfino con tutti i pezzi a posto non<br />

avevamo la più pallida idea di chi avesse ucciso Penderei più di quanto l'avessimo<br />

avuta prima.<br />

Quello fu lo stramaledetto fatto che mi spinse a prendere la decisione.<br />

Pruen mi guardava speranzoso mentre io raspavo tra i resti di una ex bellissima<br />

massa di capelli.<br />

Disse: «Ora, signore, cosa avete intenzione di fare? Quella che vi ho detto<br />

è la verità, come spero di poter rispondere all'arcangelo Gabriele. Potete<br />

provarlo! Chiedetelo a loro. Chiedetelo a tutti loro! Il signor Wade mi ha<br />

detto che avreste interrogato anche tutti gli altri...».<br />

Dissi fermamente: «Pruen, figliolo, non interrogherò nessuno degli altri».<br />

Lui mi fissò a occhi spalancati e io gli dissi quello che dico a voi adesso.<br />

Mi sentivo tanto meglio dopo aver preso quella decisione che gli detti un<br />

sigaro.<br />

«Pruen» gli dissi, «il mio scopo nel cacciare il naso in questo caso è stato<br />

di vedere come stavano le cose e fino a che punto andavano male e di<br />

cercar di dare al signor Geoffrey Wade tutto il mio aiuto. Ho scoperto che<br />

le cose vanno parecchio male. Sono sempre disposto ad aiutare fin dove<br />

posso senza incorrere nel pericolo di andare in galera per illeciti nell'espletamento<br />

delle mie mansioni. Ma tutto il resto esula dalla mia competenza.<br />

In questo museo la notte del quattordici giugno c'erano otto persone: Miriam,<br />

Harriet, Jerry, Baxter, Holmes, Butler, Illingworth e voi. Se scartiamo<br />

Illingworth, uno degli altri sette potrebbe aver ucciso Penderei. Fuori


di questo museo c'erano almeno altre due persone... Mannering e Jeff... che<br />

potrebbero averlo ucciso se ne avessero avuto la possibilità. Se ci cacciamo<br />

dentro Illingworth tanto per perversità o perché completa la lista, abbiamo<br />

dieci...»<br />

«Scusate, signore» interruppe Pruen, «ma non state dimenticando quella<br />

donna, con quella faccia di bronzo, che era qui poco fa e che ha fatto tanto<br />

chiasso? Io non ho sentito cosa diceva, ma ho capito da quello che le avete<br />

detto voi quando è andata via, che doveva avere avuto qualche rapporto<br />

con Penderei!...»<br />

«Giusto!» esclamai. «La signora Ann Reilly. Sì, cacciamola nel mazzo.<br />

Perciò abbiamo undici sospetti, possibili o impossibili, probabili o improbabili.<br />

Ripeto, figlio mio: io sono un organizzatore, non un investigatore.<br />

Questo giochetto di mosca cieca dev'essere fatto da qualcuno che è abituato<br />

a lavorare con gli occhi bendati, cosa che io non sono. Quindi...»<br />

«Uhm» fece Pruen, pensoso.<br />

«Perciò credo che sia arrivato il momento di sciogliere quel famoso segugio:<br />

il sovrintendente Hadley. Figliolo: Popkins ha definito correttamente<br />

la mia posizione. Io ho raccolto tutte le informazioni più strane, per non<br />

dire pazzesche, o i frammenti. Sono un raccatta-indizi, più o meno. Popkins<br />

aveva fatto una Usta di undici punti perché io la chiarissi. Undici<br />

punti, undici sospetti, tutto quadra. Popkins ha detto: ometto i punti ovvii,<br />

questi sono soltanto i più strani. Indubbiamente aveva ragione. Ma Popkins<br />

ha anche detto: penso che quando avrà le risposte a queste domande, avrà<br />

l'assassino. Al che io posso dire che Popkins è un bugiardo.<br />

«Ognuno di questi punti ha avuto la sua risposta, qualcuna in pieno,<br />

qualcuna in parte, e la faccenda è diventata, se mai, ancora più incomprensibile<br />

e pazzesca di prima. E il mio contributo a questo caso, il mio solo<br />

contributo e il mio ultimo tributo floreale alla pazzia, sarà solo questo:<br />

punto i miei cannoni su di lui.»<br />

Mentre Pruen si chiedeva di cosa diavolo stavo farfugliando, stesi la lista<br />

degli undici punti di Popkins sulla scrivania e presi una grossa matita rossa<br />

dal portapenne. Attraverso il foglio scrissi l'ultima domanda:<br />

Chi ha ucciso Raymond Penderei?<br />

PARTE TERZA<br />

DEPOSIZIONE DEL SOVRINTENDENTE


DAVID HADLEY<br />

18<br />

Il velo del mistero delle <strong>Mille</strong> e <strong>Una</strong> <strong>Notte</strong> comincia<br />

a squarciarsi, ma non quello dell'assassino<br />

Chi ha ucciso Raymond Penderei? Posso dirvelo io. È una persona che<br />

all'inizio non si sarebbe potuta sospettare, ma io ne sono certo, il procuratore<br />

generale ne è certo, il ministro degli Interni ne è certo, perfino sir<br />

Herbert ne è certo. Se non fosse per una perversione della giustizia, ora<br />

l'assassino di Penderei sarebbe già stato condannato.<br />

Questo è il guaio. Che io sia o meno il famoso segugio che sir Herbert<br />

descrive, sono disposto ad ammettere di non essere mai stato soverchiamente<br />

portato ad abbaiare lungo questa pista. Se tutta la faccenda fosse finita<br />

con un bel fiasco, il procuratore generale sarebbe stato propenso a<br />

metterla a dormire e ad archiviarla come un caso insoluto. Ma non accadde<br />

niente del genere. Fummo accolti da un marameo intenzionale e da una<br />

bella presa per il bavero. Ora, cose simili non si possono permettere e dobbiamo<br />

trovare una via d'uscita se non altro per inchiodare uno spergiuro. Il<br />

ministro degli Interni ne ha fatto una fissazione, sebbene questa volta non<br />

sia io il suo capro espiatorio. Se prima o poi devo entrarci personalmente,<br />

vorrei veder trionfare il nostro caso perché è stato il miglior lavoro che io<br />

abbia mai fatto.<br />

Dato che, a quanto pare, questo caso sembra diventato una gara di racconti,<br />

devo ammettere che non posso pretendere di avere l'educata ironia di<br />

Carruthers o la disinvoltura garrula di sir Herbert. Né, se è per quello, la<br />

briosa, accesa intensità polisillaba di Illingworth: finora il vecchio sacerdote,<br />

mi pare, ha vinto la palma del narratore. Io credo in una narrativa chiara,<br />

diritta, logica, con un pizzico di tutt'e tre le cose. L'interrogatorio di<br />

Pruen condotto da sir Herbert, per esempio, risultò una storia leggermente<br />

confusa che bisogna chiarire se vogliamo apprezzarne il significato.<br />

Non c'era mai stato un caso, credo, in cui si trovasse tanta occasione di<br />

esercitare la logica pura come in questo. È perché vi sono tante stranezze.<br />

La logica, signori, non si perde tra le stranezze, è anzi nel suo campo. Per<br />

circostanze o enigmi normali vi possono essere dozzine di spiegazioni, l'agente<br />

investigativo può scegliere quella sbagliata e mandare a carte quarantotto<br />

il suo caso sin dall'inizio. Ma di solito, per una circostanza molto<br />

bizzarra c'è soltanto una spiegazione possibile; più strana è la circostanza,


più ristretto diventa l'elenco dei moventi che l'hanno provocata. Prendiamo<br />

per esempio il caso del ricettario di cucina, che è stato spiegato così facilmente<br />

e che, tuttavia, prima della spiegazione aveva causato tante perplessità.<br />

La logica avrebbe dimostrato che poteva esserci una sola spiegazione:<br />

la più semplice. Ma per la nostra umana tendenza naturale a lasciar da parte<br />

la logica e ad arzigogolare per una soluzione, non si trovava: quando il<br />

problema è così strano, pensiamo che anche la soluzione debba essere<br />

strana.<br />

Perciò propongo di portarvi passo per passo verso la soluzione di tutta<br />

questa serie di avvenimenti. Ebbi l'incarico il sabato, come vi ha detto sir<br />

Herbert, ma non cominciai nessuna effettiva indagine, né interrogatori, fino<br />

al lunedì seguente. Però mi lessi tutti i rapporti a disposizione e passai<br />

due ore a parlare con Carruthers, durante le quali fui colpito da certi fatti<br />

molto suggestivi. Per il momento non vi dirò quali conclusioni tirai... tranne<br />

quelle che riguardavano le scarpe e gli occhiali del morto... ma il caso<br />

m'interessava, m'interessava vivissimamente e avrei dato non si sa cosa<br />

perché il dottor Fell, invece di vagabondare nel sud della Francia, fosse<br />

stato a portata di mano per sviscerare con lui quelle mie conclusioni. Il sabato,<br />

nel tardo pomeriggio, sir Herbert mi mandò a chiamare. Veniva dal<br />

museo Wade e aveva sentito quello che vi ha raccontato. Per giunta mi dette<br />

la lista dei punti strani. Il prezioso Popkins (un fessacchiotto dalle vedute<br />

ristrette ma logiche) l'aveva aggiornata. E cominciava a confermare validamente<br />

le prime supposizioni di Carruthers.<br />

Ma il mio secondo nome è Cautela, così non mi sbottonai su niente.<br />

Cercai invece di mettermi in contatto con le varie persone coinvolte. Nonostante<br />

che Geoffrey Wade si fosse vantato di acchiapparli per il colletto<br />

e trascinarli lì tutti quanti per il mio interrogatorio, loro erano sparpagliati.<br />

Miriam Wade era nella casa paterna in Hyde Park Gardens, sofferente di<br />

un forte choc nervoso e in ogni caso due medici avevano detto che doveva<br />

essere lasciata tranquilla per ventiquattro ore. Harriet Kirkton, a sentire i<br />

medici, stava un po' meglio. Il giovane Baxter era nel suo appartamento in<br />

Duke Street, ubriaco fradicio. Gli altri, a quanto pareva, avevano preso le<br />

cose molto più alla leggera, ma c'erano stati nuovi sviluppi. Jerry Wade,<br />

col quale parlai quando telefonai in casa del padre, mi raccontò l'ultimo.<br />

C'era stata un'altra rissa (che, credeteci o no, pare finisse amichevolmente)<br />

tra Butler e Mannering. Vi ricordate che Carruthers aveva riportato che<br />

la sera prima Mannering aveva mollato un pugno alla mascella di Butler e<br />

lo aveva messo K.O.? Il sabato mattina, ilare e giulivo, Butler stava aspet-


tando Mannering nell'atrio dell'albergo quando quest'ultimo scese dabbasso.<br />

Appena Mannering fu uscito dall'ascensore, Butler gli si avvicinò e gli<br />

disse: "Buongiorno. Te l'ha mai detto nessuno che non si colpisce un uomo<br />

che tiene le mani in tasca?". Mannering lo guardò un istante e poi gli disse:<br />

"Ora hai le mani in tasca?" e senza tante cerimonie gli mollò di nuovo un<br />

pugno. Questa volta però Butler era pronto e scoccò un colpo sulla bocca<br />

di Mannering. Ne seguì una lotta infernale sul pavimento dell'atrio con il<br />

portiere troppo interessato per intervenire. Quando il baccano cominciò ad<br />

attirare l'attenzione e il portiere cominciava ad accennare qualche mossa<br />

per dividerli, entrambi avevano avuto la propria parte di botte. Butler<br />

guardò Mannering, poi guardò se stesso e scoppiò a ridere: di lì a un minuto<br />

anche Mannering tirò fuori un sorriso e disse: "Vieni su a bere qualcosa".<br />

E Butler rispose: "D'accordo". E salirono su. Evidentemente avevano<br />

fatto la pace e tutti e due avevano deciso che poi in fondo nessuno di loro<br />

era un cattivo ragazzo, sebbene io avrei pensato che Mannering avesse tanto<br />

senso umoristico quanto la mia borsa.<br />

Forse l'incidente significava poco o anche nulla, comunque io lo registrai<br />

e decisi di rimandare il vero lavoro al lunedì e di passare la domenica<br />

a riesaminare tutte le testimonianze. Così passai la domenica in casa, mi<br />

chiusi nello studio, accesi la pipa ed esaminai i fatti da ogni possibile punto<br />

di vista. Prestai particolare attenzione alla lista di Popkins, ora corretta e<br />

aggiornata. Contiene molti suggerimenti veramente preziosi che portano<br />

alla verità e io richiamo la vostra attenzione sulla sua versione corretta.<br />

I<br />

1) Come si spiegano le tracce di polvere di carbone subito all'interno<br />

della porta principale del museo, quelle orme confuse che Carruthers aveva<br />

trovato sul pavimento?<br />

Commento: Dato che una patina di polvere di carbone era stata trovata<br />

sulle suole delle scarpe dell'uomo assassinato, presumibilmente le orme<br />

erano state fatte da lui. Dov'era stato, allora, proprio prima di entrare nel<br />

museo per lasciare tracce sul pavimento di marmo?<br />

Risposta: Era stato nella cantina e nella carbonaia. Entrato nel museo<br />

alle 9 e 50 circa, si era nascosto, e in un certo momento tra le 10 e le 10 e<br />

10, quando Pruen non teneva d'occhio l'uscio della cantina, Penderei era<br />

sceso nella cantina. Alle 10 e 15 l'altro gruppo si separa: Butler e Holmes<br />

vanno di sopra, Baxter nella Galleria dei Bazar e le due donne nella stan-


za del conservatore con Jerry Wade.<br />

Alle 10 e 18, o leggermente più tardi (i tempi sono approssimativi) le<br />

due donne escono dalla stanza del conservatore proprio mentre Butler<br />

scende giù chiedendo chiodi. Sebbene Pruen, che sapeva esattamente dove<br />

trovare i chiodi, si offra di andare a prenderli, Miriam Wade insiste per<br />

andarci lei. E così fa mentre Harriet Kirkton va di sopra con Butler.<br />

Miriam Wade toma dalla cantina alle 10 e 25 o più tardi, proprio mentre<br />

Butler scende di nuovo le scale di marmo per sapere perché la donna<br />

ci metta tanto. Miriam Wade gironzola per qualche minuto e va nella Galleria<br />

Persiana, poi scende di nuovo in cantina dove rimane pochissimo.<br />

Risale alle 10 e 35 quando il dottor Illingworth arriva al museo. Poi va di<br />

sopra a raggiungere Holmes, Butler e Harriet.<br />

Durante tutto quel tempo, Penderei è stato sempre nella cantina. In un<br />

certo momento, prima delle 10 e 45, dev'essere andato nella carbonaia,<br />

dev'essersi arrampicato su per lo scivolo del carbone fin sulla strada per<br />

ripresentarsi alla porta del museo come se non ci fosse mai stato.<br />

Questo ci dà una tabella dei tempi e una risposta. Tuttavia, se seguissi il<br />

metodo di Popkins, dovrei aggiungere un commento alla risposta. Questo<br />

commento sarebbe semplicemente: perché? Perché Penderei è uscito attraverso<br />

la carbonaia ed è tornato nel museo? Potete rispondere, se volete,<br />

che l'ha fatto perché Miriam l'ha persuaso a fingere di non averla mai conosciuta,<br />

lo ha persuaso a non farsi trovare nella cantina con lei, a uscire<br />

segretamente dal museo e a tornare come se fosse la sua prima visita. Per il<br />

momento non voglio contestare questo punto.<br />

Il punto due della lista, il problema del biglietto che comincia con Caro<br />

G. Ci vuole un cadavere eccetera, è pienamente spiegato e per il momento<br />

si può mettere da parte. Andiamo avanti con:<br />

3) Come si spiega il grosso pezzo di carbone che, secondo Carrathers,<br />

era stato gettato contro la parete della Galleria dei Bazar senza alcun motivo<br />

apparente?<br />

Commento: Questo fatto non è stato menzionato dal dottor Illingworth<br />

né da nessun altro e pare che non c'entri nulla. <strong>Le</strong> persone giuste da interrogare<br />

sono Pruen che per tutto il tempo aveva avuto una chiara visione<br />

della sala, e Baxter che quando, alle 10 e 35 circa, il dottor Illingworth<br />

arrivò al museo, si trovava nella Galleria dei Bazar.<br />

Risposta: È menzionato da Pruen, e seguita a non entrarci niente. Il tiro


del carbone rientra nella tabella oraria dopo l'arrivo del dottor Illingworth.<br />

Pruen dice di aver udito il tonfo "tre o quattro minuti" dopo l'arrivo<br />

di Illingworth. Facciamo cifra tonda e diciamo che il tonfo ha avuto<br />

luogo alle 10 e 40.<br />

Il rumore udito da Pruen proveniva dalla Galleria dei Bazar. Ma, sebbene<br />

l'uscio per quella galleria fosse sempre sotto i suoi occhi, lui non aveva<br />

visto entrarvi nessuno, tranne Baxter che era là dalle 10 e 15.<br />

Pruen va subito a indagare nella galleria e non vi trova nessuno. Appena<br />

entra per dare un'occhiata in giro, ode dei passi (che descrive veloci e<br />

ticchettanti) nella sala dietro di lui. Poi vede le tracce del carbone frantumato.<br />

Mentre guarda, Baxter esce dagli stand o tende della galleria. Baxter<br />

dichiara di essere stato nella stanza adiacente, chiamata la Galleria<br />

degli Otto Paradisi, e di non saper niente dì nessun carbone. Poi Baxter si<br />

allontana, attraversa la sala e va nella Galleria Persiana.<br />

Finalmente, mentre Pruen sta sempre guardando le tracce nella Galleria<br />

dei Bazar, alle 10 e 45 suona il campanello alla porta e Penderei viene<br />

fatto passare.<br />

Dove erano tutti gli altri tra le 10 e 40 e le 10 e 45? Di Baxter lo sappiamo,<br />

o almeno pare. E per quello che ne sappiamo, Holmes, Butler,<br />

Harriet e Miriam erano di sopra insieme, Jerry Wade era con Illingworth.<br />

Chi ha tirato il carbone e perché?<br />

Perché:<br />

È un fatto significativo che nella mezz'ora tra le 10 e 15 e le 10 e 45,<br />

l'unico momento in cui Pruen non sorvegliava la sala fu quando andò a<br />

indagare su quel rumore nella Galleria dei Bazar.<br />

Così diceva l'ammirevole Popkins che si annotava ogni cosa anche se<br />

non capiva. Richiamo la vostra attenzione sulle sue osservazioni senza abbreviarle,<br />

perché lì, secondo me, è la chiave di tutta la faccenda. Evidentemente<br />

anche Popkins era della stessa idea perché dopo passava, del tutto<br />

logicamente, a sviluppare il suo punto seguente così:<br />

4) Quali furono le avventure dei finti baffi neri?<br />

Commento: Quei baffi, che dovevano essere usati da Baxter, erano stati<br />

messi, secondo Holmes, insieme col pugnale, in un certo punto sulle scale<br />

della sala principale, nelle prime ore della serata. E insieme al pugnale<br />

erano spariti. Furono ritrovati più tardi da Baxter sul pavimento del museo;<br />

poi vennero persi di vista e Carruthers li ritrovò dentro una bacheca


chiusa a chiave al posto del pugnale. Tutto ciò deve avere un qualche significato:<br />

interrogare Pruen, di servizio là.<br />

Risposta: Pruen è stato interrogato e ora abbiamo rintracciato tutti i<br />

movimenti dei baffi tranne i più importanti. La dichiarazione di Holmes,<br />

tuttavia, udita da Illingworth, è confermata: lui aveva messo pugnale e<br />

baffi sul gradino più basso delle scale alle 10 e 15 circa, quando Baxter si<br />

era rifiutato di prenderli.<br />

Il che porta alle domande:<br />

a) Quando sparirono pugnale e baffi?<br />

b) Perché furono rubati tutti e due?<br />

Pare che Baxter avesse notato la loro assenza, ma ancora non sappiamo<br />

quando fu la prima volta che la notò. Il suo primo accenno al fatto fu poco<br />

prima delle 11, quando Illingworth venne rinchiuso nell'ascensore e dappertutto<br />

c'era una gran confusione. Illingworth vide Baxter raccattare i<br />

baffi sul pavimento vicino alla diligenza e lo udì chiedere a Holmes cosa<br />

ne era successo del pugnale. Dopo di che Baxter, in un momento di panico,<br />

infilò i baffi nella bacheca di vetro per levarseli di torno e richiuse la<br />

bacheca con la chiave di Holmes. Ma tra le 10 e 15 e le 10 e 45 siamo<br />

quasi al buio.<br />

Dobbiamo presumere, comunque, che pugnale e baffi non siano stati rubati<br />

dopo l'arrivo dì Penderei alle 10 e 45, dato che il delitto ha avuto<br />

luogo così rapidamente. Perciò devono essere stati rubati tra le 10 e 15 e<br />

le 10 e 45. Un intervallo di mezz'ora.<br />

Ci sono due alternative: o sono stati rubati tra le 10 e 15 e le 10 e 40,<br />

nel qual caso dev'essere avvenuto sotto gli occhi di Pruen, perciò Pruen sa<br />

chi li ha presi e mente deliberatamente. Oppure sono stati rubati tra le 10<br />

e 40 e le 10 e 45 e il lancio del carbone sul muro è stata una manovra per<br />

distogliere l'attenzione di Pruen e dare campo libero al ladro-assassino.<br />

Ma ancora non abbiamo indizi del motivo per cui sono stati presi entrambi.<br />

Quest'ultima ipotesi, amico Popkins, pensai, è un portare le cose troppo<br />

in là, perché la mia idea del motivo per cui erano stati rubati entrambi si<br />

stava cristallizzando. Ma mi dissi che non dovevo aver troppa fretta, visto<br />

che non avevo ancora interrogato nessuno dei sospetti sui quindici minuti<br />

tra le 10 e 45 e le 11.<br />

Naturalmente quei minuti per il mio caso erano d'importanza vitale sebbene,<br />

vi avverto, non nel senso che forse voi pensate. Stando al racconto di


Pruen, dove erano tutte quelle persone tra il momento in cui Penderei entra<br />

nel museo, alle 10 e 45, e il momento in cui il suo cadavere viene scoperto<br />

prematuramente da Baxter alle undici? Sempre stando al racconto di<br />

Pruen, Penderei si è avviato lungo la sala, è stato chiamato da qualcuno da<br />

dietro le carrozze ed è sparito. Dopo un po', poiché non capisce che cosa<br />

stia succedendo, e non riceve risposta alle sue grida, Pruen comincia ad agitarsi.<br />

E sente di nuovo quei passi "veloci e ticchettanti". Corre a guardare<br />

dall'altro lato delle carrozze e non vede niente.<br />

Si mette a chiamare e di lì a poco Holmes esce dalla Galleria Persiana.<br />

Confabulano, poi Holmes va verso la stanza del conservatore per indagare<br />

su Illingworth... e gli viene sbattuto l'uscio in faccia da Illingworth che,<br />

all'improvviso, s'investe del suo ruolo di Wallace Beery. In quel momento<br />

Baxter e Butler stanno trascinando la cassa al piano di sotto seguiti da Miriam<br />

e da Harriet.<br />

Ora io sapevo, naturalmente, che a meno di non avere un altro alibi corporativo,<br />

chiunque di quel gruppo poteva aver avuto l'opportunità di uccidere<br />

Penderei. Al piano di sopra c'erano diverse gallerie. Da una di quelle,<br />

una scala di ferro portava giù nella Galleria Persiana buia. Qualcuno poteva<br />

essere sceso, passando da quelle scale, essere entrato nella Galleria Egiziana<br />

comunicante, anche quella buia, ricordate, essere uscito dalla Galleria<br />

Egiziana dove non poteva essere visto dalle carrozze e aver aspettato<br />

Penderei senza che Pruen, dalla sua posizione, potesse vederlo.<br />

Chi?<br />

Ma io ho indugiato sui tre punti della lista di Popkins perché, insieme al<br />

rapporto dell'ispettore Carruthers, mi davano dei suggerimenti che portavano<br />

alla prova decisiva contro l'assassino. Se volete, potete guardare le altre<br />

domande della lista: tutte hanno una risposta esauriente. Mentre la storia<br />

si gonfiava, soltanto una cosa era emersa chiaramente, e già era stata<br />

accennata da sir Herbert: chiunque avesse commesso il delitto, era certo<br />

che non lo aveva commesso Miriam Wade.<br />

Prendete per esempio i punti cinque e sei: le domande sul motivo per cui<br />

era tornata al museo dopo il delitto e perché aveva telefonato ad Harriet alterando<br />

la voce. Era tornata al museo perché, essendo uscita prima degli<br />

altri per andare a fare un giro, dato che era sinceramente sconvolta, nel<br />

tornare indietro, mentre parcheggiava la macchina al solito posto, aveva<br />

visto una luce e aveva pensato che gli altri non fossero ancora andati via.<br />

Come aveva fatto notare sir Herbert, il suo comportamento, sia davanti al<br />

cadavere, sia quando aveva telefonato ad Harriet camuffando la voce per


poter parlare con lei sola di un loro reciproco segreto, non era il comportamento<br />

di una donna colpevole d'assassinio. Ma il significato d'un fatto<br />

importante di quei due punti pare sia stato trascurato da tutti. Mi chiedo,<br />

Fell, se tu, ora, vedi quel significato. II fatto è questo: lei aveva la chiave<br />

per la porta posteriore del museo.<br />

Meditaci su mentre io concludo questa parte. Era stato un bene che mi<br />

fossi preso quella domenica tranquilla a Croydon. Perché il lunedì mattina<br />

gli avvenimenti cominciarono a precipitare.<br />

Alle nove, quando arrivai al mio ufficio, mi dissero che Harriet Kirkton<br />

mi stava aspettando perché voleva parlarmi.<br />

19<br />

La persona che rubò il pugnale<br />

La giornata era fresca e piovosa come al solito e nel mio ufficio era stato<br />

acceso un bel fuoco. Quelle pareti a tempera marrone non sono mai molto<br />

gaie, e con la pioggia che sferzava le finestre lo erano ancora meno. Lasciai<br />

aspettare la ragazza fuori, su una panca, mentre sfogliavo la corrispondenza.<br />

Poi accesi la lampada sulla scrivania. Non ho mai creduto in<br />

quella stupidaggine di schiaffare la luce in faccia alla gente, ma credo, invece,<br />

nel sistemare i testimoni su una sedia leggermente più bassa della<br />

nostra. Il fatto di dover alzare la testa mentre rispondono dà sempre un ottimo<br />

risultato. Poi chiamai per farla entrare.<br />

Feci un completo inventario di Harriet Kirkton mentre lei tentava di avviare<br />

una conversazione. Carruthers aveva avuto perfettamente ragione dicendo<br />

che la sua faccia somigliava all'angelo di una cartolina pasquale, ma<br />

lei non era affatto un tipo sdolcinato. Mi dette l'impressione di una ragazza<br />

normalmente frivola nelle cose di poca importanza e molto ponderata nelle<br />

altre. Snella, corpo atletico... sapete il tipo, come un levriere da corsa; aveva<br />

il naso leggermente lentigginoso e gli occhi più azzurri, più grandi e più<br />

espressivi che avessi mai visto. Portava un impermeabile e un cappello di<br />

feltro da cui spuntavano i capelli biondi e sedeva protesa in avanti contraendo<br />

le mani strette a pugno appoggiate al bordo della scrivania. Quando<br />

una donna è nervosa non ansima né balbetta: non lo si noterebbe affatto se<br />

non fosse per l'aria tesa e per il tremolio della sua voce mentre passa da un<br />

insignificante argomento all'altro tanto per dar vita alla conversazione. Ma<br />

quella ragazza era talmente nervosa che andò subito al sodo. I suoi occhi<br />

erano lucidi e brillanti.


«Dovevo vedervi» disse.<br />

Io picchiettai con una matita sul bordo della cartella e dissi: «Sì?».<br />

«E sono venuta per conto di Miriam» continuò lei con quei suoi grandi<br />

occhi fissi su di me. «Non sta troppo bene e non se la sentiva di uscire. Signor<br />

Hadley... sono venuta per sapere cosa sapete. Aspettate!» Alzò la mano<br />

benché io, in effetti, non avessi aperto bocca. «So che non si dovrebbe<br />

pretendere queste cose dalla polizia, ma qui si tratta di un caso particolare<br />

e voi dovete dirmi...»<br />

«Sì?»<br />

«Ecco. So che sui giornali non c'è niente di... di questo. Ma ieri ha telefonato<br />

un'orribile donna di nome Reilly dicendo che voleva parlare con<br />

Miriam per qualcosa di molto importante riguardo a "R.P." Avevo risposto<br />

io al telefono. Pare che abbia certi... effetti personali, valigie o cose del genere.»<br />

S'interruppe. Aveva parlato rapidamente, a bassa voce, gli occhi fissi<br />

su un angolo della scrivania, ma quelle parole "effetti personali" parevano<br />

averla soffocata come un altro lo sarebbe stato con una lisca di pesce.<br />

«E ha anche detto di aver parlato col vice alto-commissario, il quale, di<br />

conseguenza, era al corrente di tutto. Capite di cosa sto parlando, signor<br />

Hadley?»<br />

«Sì, capisco.»<br />

«Be', deve proprio saltar fuori?» gridò, quasi con un sussulto anche se<br />

non osava guardarmi negli occhi. «Deve saltar fuori? Deve? Oh, per amor<br />

di Dio, non mi dite che dovremo subire ancora queste persecuzioni!»<br />

Queste sono cose che mettono terribilmente a disagio. Sulle sue guance,<br />

altrimenti di un pallore cereo, c'erano delle chiazze rosse vivide come voglie<br />

di fragola. Quella ragazza aveva bisogno di ingrassare un poco. Aveva<br />

bisogno di dormire di più e di bere meno, ma quella mattina aveva certamente<br />

già ingollato qualche whisky.<br />

«Nessuno vi perseguita, signorina Kirkton» dissi. «Ascoltate, sarò sincero<br />

con voi. Siamo esseri umani. Lo scandalo non ci piace come non piace a<br />

voi. Ma che ci piaccia o no dobbiamo cercare un assassino, e la difficoltà<br />

sta proprio qui: è quasi certo che questo delitto è stato commesso proprio a<br />

causa della signorina Wade... o di voi.»<br />

<strong>Le</strong>i restò immobile un istante, respirando lentamente.<br />

«Allora sapete anche questo» asserì piuttosto che domandare, guardando<br />

l'angolo della scrivania.<br />

«Un momento, signorina Kirkton. Saprete che non siete obbligata a dirmi<br />

niente a meno che non lo desideriate... Neppure noi vogliamo pubblici-


tà, non farebbe che intralciare le nostre indagini, finché non avremo trovato<br />

il colpevole. Ma poi sarà inevitabile, a meno che le prove per un arresto<br />

in nostro possesso, siano insufficienti. Ma non sperateci troppo. Sfortunatamente<br />

bisogna considerare il magistrato inquirente. In genere i magistrati<br />

si mettono d'accordo con noi, fanno il nostro gioco e ci aiutano a passare<br />

sotto silenzio quello che vogliamo passare sotto silenzio. Ma certi altri sono<br />

dei pomposi rompiballe che vogliono stare alla ribalta e scavare il più<br />

possibile, anche a costo di rovinare ogni cosa. E Willerton... il tizio che si<br />

occuperà di questo caso... scalogna... è uno di quelli. È giusto che lo sappiate.»<br />

È stupido assumere un atteggiamento strafottente verso una testimone<br />

con quello stato d'animo. Se si parla tranquillamente e lentamente come<br />

quando si spiega qualcosa a un bambino, di solito si scopre ciò che si vuole<br />

sapere. Quella ragazza era così avvilita da essere semplicemente disorientata.<br />

«Ma» disse, quasi che non riuscisse a capire, «ma... in tal caso, cosa deve<br />

fare Miriam? Questa signora Reilly...»<br />

«Non ve ne preoccupate. Ci penseremo noi alla signora Reilly. Se vi volete<br />

mettere... tutti voi... completamente nelle nostre mani, vedrò cosa si<br />

può fare. Ma per questo esigo piena e completa franchezza. Lo capite?»<br />

<strong>Le</strong>i rabbrividì, ma annuì.<br />

«È una questione di scelta» proseguii. «Vi siete già messi tutti quanti in<br />

cattiva luce mentendo su quanto è successo al museo venerdì sera...»<br />

«E questo significa altri guai, immagino» disse stancamente.<br />

«Oh, vi prenderete qualche acido commento dal magistrato inquirente.<br />

Ma non dovete preoccuparvene, se siete assolutamente sinceri con noi.»<br />

«Vi dirò tutto quello che volete sapere» rispose lei con una voce calma,<br />

ferma, incolore, che non era più di un sussurro. «Tutto e ogni cosa e che<br />

Dio mi aiuti.» La voce si fece spavalda. «Sì, mi fiderò di voi. Mi sembrate...<br />

serio. Sì. Cosa volete sapere?»<br />

«Benissimo. Per il momento lasciamo fuori la signorina Wade e andiamo<br />

al sodo. Voi eravate l'amante di quel Penderei, vero?»<br />

«Sì. No, amante non è la parola giusta. Voglio dire... sa di... lungo tempo,<br />

capite? Capite davvero? Passai un fine settimana con lui. Ma non potevo<br />

sopportarlo!» Si ricompose deliberatamente e con uno scatto nervoso<br />

aprì la borsa e tirò fuori un portacipria. <strong>Le</strong> sue mani tremavano. «Dico,<br />

perché mi agito tanto per questo? Voglio dire, tutti facciamo cose del genere<br />

in un momento o in un altro, no? Forse perché era così... untuoso. Capi-


te?»<br />

«Ha mai tentato di estorcervi del denaro?»<br />

«No. Sapeva che non ne avevo.»<br />

«Quante persone erano a conoscenza della relazione?»<br />

«La mia, intendete? Miriam lo sapeva. Glielo disse lui. Vedete, mi aveva<br />

conosciuto prima di conoscere Miriam, e nessuna di noi, né Miriam né io,<br />

sapeva che l'altra lo conosceva. So che sto facendo una gran confusione,<br />

ma mi capite? Poi, quando Miriam si accorse di essere incinta e gli disse di<br />

andarsene e che non lo voleva più vedere, lui rise e disse che lo avrebbe<br />

visto eccome. Tanto per rendere la cosa più divertente le raccontò dì me.»<br />

«<strong>Le</strong>i è... sempre innamorata di lui?»<br />

«Miriam?» Sogghignò con aria sprezzante e agitò le spalle come se si<br />

stesse liberando di un insetto. «Miriam! Per carità!»<br />

«Ora una domanda personale. Siete innamorata di Richard Butler?»<br />

«Sì.»<br />

«Lui sa di voi e Penderei?»<br />

«Sì.»<br />

«Da quando?»<br />

«Da stamattina. Gliel'ho detto.» Mi guardò curiosamente spalancando gli<br />

occhi, poi vacillò, sull'orlo di una risata isterica. «Oh, Signore! Non penserete<br />

mica che Rink lo avrebbe ucciso, vero? Oh, state a sentire. Dovete essere<br />

spaventosamente all'antica. Lui potrebbe anche considerare Penderei<br />

un'escrescenza sulla faccia dell'umanità, ma non arriverebbe mai a ucciderlo.<br />

Non lo pensate mica, vero?»<br />

Non le dissi quello che pensavo come non lo dico ora a voi. <strong>Le</strong>i continuò<br />

a guardarmi con un'aria di trionfo sempre crescente. «E vi dirò qualcosa di<br />

più, signor Hadley. Non so chi può aver voluto uccidere Penderei, ma posso<br />

dirvi chi non l'ha ucciso né avrebbe potuto ucciderlo. Eravamo in quattro...<br />

quattro!... tutti insieme al piano superiore del museo. Rink... Rink mi<br />

ha detto di aver scoperto il cadavere prima... sapete... prima delle undici.»<br />

Respirava affannosamente. «Ma lui non potrebbe averlo ucciso e voi lo sapete<br />

benissimo. Voglio dire, non potrebbe averlo fatto. Rink, Ron Holmes<br />

e io siamo stati di sopra dalle dieci e venti circa fino alle undici. Miriam ci<br />

ha raggiunto qualche buon minuto prima delle undici meno un quarto e fino<br />

alle undici siamo stati tutti insieme lì. In quattro. Cosa ne dite?»<br />

Di nuovo non le dissi cosa pensavo, ma lei mi guardava con sincerità<br />

quasi esplosiva o con sfida, non saprei dire quale espressione tra le due. <strong>Le</strong><br />

dissi: «Posso fidarmi di quanto dite o è soltanto un altro alibi collettivo?».


Aprii il cassetto e tirai fuori una pianta del museo abbozzata in maniera rudimentale<br />

da Carruthers. «Ecco qua una pianta del terreno. Fatemi vedere<br />

in quale stanza eravate del piano superiore, e sopra quale stanza del piano<br />

terreno. Capito?»<br />

«Sì. Certo. Vedete, di sopra ci sono quattro grandi gallerie, esattamente<br />

come quelle del piano terreno. Tutt'attorno c'è una specie di balconata. Noi<br />

eravamo nella Galleria Araba che è direttamente sopra la Galleria denominata<br />

Galleria Egiziana.»<br />

«E accanto alla Galleria Araba cosa c'è?»<br />

«Quella che chiamano la Sala degli Scialli.»<br />

«Che è direttamente sopra la Galleria Persiana del piano terreno?»<br />

«Sì, naturalmente.»<br />

«E sapete che in un angolo della Sala degli Scialli c'è una scala di ferro a<br />

chiocciola che porta giù nella Galleria Persiana?» Mentre lei annuiva continuando<br />

a guardarmi fissamente, proseguii: «Appuriamo questo, allora.<br />

Sareste pronta a giurare che tra le dieci e trenta, diciamo, quando la signorina<br />

Wade è venuta su, voi, lei, Holmes e Butler siete rimasti tutti insieme<br />

nella Galleria Araba e non vi siete mai persi di vista l'un l'altro... fino a<br />

quando?»<br />

«Fino alle undici meno cinque» rispose lei, decisa. «A quel punto Rink e<br />

Ron avevano messo il cofano nella cassa. Sam Baxter era appena salito su<br />

dal piano di sotto... lui è salito su dalla scaletta della Sala degli Scialli. Poi<br />

Rink e Sam, che erano i più robusti, hanno cominciato a portare giù la cassa<br />

da imballaggio. Ron... sì, Ron ha udito Pruen che gridava da giù. Così si<br />

è precipitato per la scaletta per andare a vedere cosa succedeva, e Sam e<br />

Rink hanno portato giù il cofano dalla scala principale. Non so se siete al<br />

corrente di tutto quello che è successo...»<br />

Da teste anche troppo restia era diventata una teste troppo loquace, e io<br />

la sviai più abilmente che potei.<br />

«Sentiamo di nuovo, signorina Kirkton; siete sicurissima che tra le dieci<br />

e mezzo e le dieci e quarantacinque voi, la signorina Wade, Holmes e Butler<br />

non vi siete mai persi di vista l'un l'altro?»<br />

La sémplice ripetizione spesso fa buon gioco, non necessariamente per<br />

far cambiare deposizione a una teste, ma per tirar fuori fatti che erano stati<br />

sepolti. Harriet Kirkton non era affatto stupida. Non aveva fatto che armeggiare<br />

col bordo della scrivania, evidentemente in preda all'agitazione,<br />

mentre tentava di capire dove poteva aver commesso un errore. Alla fine<br />

annuì, ma la sua faccia avvampata non si alterò.


«Sì, capisco cosa volete dire» disse lentamente. «Avete parlato con<br />

Pruen, vero? Volete dire che quando quel buffo vecchio dottor Illingworth<br />

è arrivato al museo, più o meno nello stesso momento in cui Miriam saliva<br />

di sopra per raggiungerci, saranno state le dieci e trentacinque circa, no?<br />

Non ci avevo pensato. E proprio subito dopo, Ron Holmes è andato sulla<br />

balconata e ha chiamato Pruen per chiedergli se era arrivato l'attore... Volevate<br />

dire questo?»<br />

«Be'?»<br />

<strong>Le</strong>i strinse le labbra. «Ron sarà stato fuori della stanza circa venti secondi.<br />

E soltanto sulla soglia. Abbiamo udito i suoi passi, lo abbiamo udito<br />

gridare, lo abbiamo udito tornare. A onor del vero si potrebbe dire che non<br />

è mai stato fuori della nostra vista, no?»<br />

A onor del vero era proprio così.<br />

«Ancora un altro punto collegato a questo, signorina Kirkton» insistetti.<br />

«Illingworth, che era stato scambiato da tutti per l'attore dell'agenzia, ha<br />

incontrato Miriam nella sala mentre saliva dalla cantina...» Dissi quelle parole<br />

con aria indifferente perché non volevo farle pensare che davo importanza<br />

alla cantina. «... e subito dopo è salita da voi. Tuttavia poco dopo<br />

Holmes esce tutto agitato per chiedere a Pruen se l'attore era arrivato. Non<br />

aveva detto, Miriam, di averlo incontrato nella sala al piano di sotto?»<br />

Ebbi l'impressione che la domanda la cogliesse alla sprovvista e che non<br />

ci avesse mai nemmeno pensato.<br />

«No, ora che ci penso, non l'ha detto! Non l'ha detto per niente!»<br />

«Come vi è sembrata quando è venuta su? Nervosa? Preoccupata? Sconvolta?»<br />

«Era nervosissima e molto sconvolta» ribatté Harriet Kirkton. «Mi avete<br />

detto di dirvi la verità e lo sto facendo.»<br />

La ragazza aveva assunto l'atteggiamento che assumono molti quando si<br />

trovano ad affrontare un momento leggermente... non troppo, ma leggermente...<br />

pericoloso: si era fisicamente irrigidita. Così fa chi passa vicino a<br />

un cane dall'aspetto feroce che ha cominciato debolmente a ringhiare.<br />

«Sapete perché era sconvolta?»<br />

«No, signor Hadley, non lo so.»<br />

Lasciai che assorbisse quel pensiero. Mi alzai dalla scrivania, mi avvicinai<br />

alla finestra e restai a guardare la pioggia fuori giocherellando con le<br />

monete che avevo nelle tasche. Ma con la coda dell'occhio, mentre passavo<br />

accanto al cerchio di luce, colsi la sua espressione. Poiché detesto ogni genere<br />

d'esagerazione, non voglio calcare troppo su questo, ma mi sembrò


che quando girai l'occhio, quella malconcia figurina con la sua bellezza<br />

diafana si rilassasse improvvisamente per poi subito dopo tendere i muscoli<br />

in maniera orrenda gettando la testa all'indietro e mettendo a nudo il collo<br />

palpitante. Invece lei prese soltanto un portasigarette dalla tasca dell'impermeabile<br />

e restò in silenzio a fissare il pavimento. Alla fine mi voltai.<br />

«Signorina Kirkton, se le vostre deposizioni possono essere provate, avete<br />

procurato, apparentemente, un alibi a quattro persone. Vi renderete<br />

conto, suppongo, che con ciò mettete in cattivissima luce altre due persone.<br />

Stando alle vostre dichiarazioni, gli unici che potrebbero aver commesso<br />

il delitto sono Sam Baxter e Jerry Wade.»<br />

<strong>Le</strong>i si stupì enormemente.<br />

«Ma non è possibile! No. No! Oh, è decisamente assurdo! Aspettate!<br />

Jerry era con Illingworth, no? Inoltre lui non farebbe mai... e quanto a<br />

Sam... Sam!» La sua voce si fece così acuta che la frase poté essere completata<br />

soltanto da un gesto: le parole non bastano per esprimere la splendida<br />

incompetenza di Sam nelle vesti di assassino. «Sam... Oh, porca miseria!<br />

Ma guardatelo! Parlateci! Voglio dire, è un bravissimo ragazzo, ma<br />

pensare a lui come assassino...»<br />

«Be', non è esattamente un complimento essere definito assassino. Non<br />

lo denigrate affatto sostenendo che non può esserlo.»<br />

«Oh, ma voi capite cosa voglio dire!» Era talmente agitata che i suoi occhi<br />

si colmarono di lacrime. «In qualunque altro momento vi risponderei<br />

per le rime. Ma ora non posso. Non ho voglia di scherzare. Vorrei soltanto<br />

rintanarmi in un angolo e lasciarmi andare a una crisi isterica. Cioè, Sam,<br />

con i suoi capelli rossi e il suo passato peccaminoso (che poi consisteva<br />

semplicemente nello sbronzarsi regolarmente) e la sua ritrovata dignità e la<br />

sua... ma parlate con lui un poco! Come dicevo, è un bravissimo ragazzo,<br />

ma è il tipo che chiederebbe a una donna di sposarlo finendo ogni frase<br />

con: "Capite cosa voglio dire?". Per giunta, ora che ci penso, è venuto su<br />

da noi nella Galleria Araba prima delle undici...»<br />

«Quando, precisamente? Ve ne ricordate?»<br />

«Ah, non lo so. Ho ripassato ogni cosa con Rink, cercando di stabilire<br />

tutto quello che era successo e quando! Direi che è venuto su alle undici<br />

meno dieci. Forse prima. E se...»<br />

Clarke bussò alla porta ed entrò con un biglietto piegato che posò sulla<br />

mia scrivania: il suo elaborato mezzo di comunicazione riservata quando<br />

sarebbe tanto più semplice usare il telefono. Aprii il biglietto che diceva:<br />

"Due uomini, che hanno accompagnato la signora in macchina, aspettano


qua fuori. Nomi: Butler e Baxter. Pensato che forse vorrete vederli".<br />

Così dissi a Clarke: «Sì, ti dirò io quando».<br />

Tornai a rivolgermi alla ragazza.<br />

«Se facessimo, signorina Kirkton, uno schizzo di questa faccenda sin da<br />

principio? Parlatemi un po' dello scherzo contro il signor Mannering.»<br />

«È proprio questo che mi turba più di tutto!» esplose lei. «È strano, ma è<br />

così. Indubbiamente Greg Mannering ha girato le carte in tavola contro di<br />

noi, no? Avevamo preparato ogni cosa per metterlo in ridicolo, e lui ha reso<br />

spaventosamente ridicoli noi! Mi par di sentirlo ridere, insieme a tutti<br />

gli altri, quando esporranno i fatti al magistrato inquirente. E ci ha anche<br />

messo in cattiva luce, non vedete? Ma noi non avevamo intenzione di fare<br />

del male. Volevamo soltanto vederlo crollare quando il Demonio lo avesse<br />

minacciato di estirpargli il fegato. È l'insopportabile concetto che ha di se<br />

stesso, se lo conosceste capireste.»<br />

«È innamorato della signorina Wade?»<br />

<strong>Le</strong>i sembrò pensosa. «Sì, credo che lo sia, veramente e sinceramente.»<br />

«E lei di lui?»<br />

«È buffo, no?» mi rispose con voce strana, «che io sia tanto sicura di lui<br />

e non di lei. È un po' difficile dire di Miriam perfino quando la si conosce<br />

bene come la conosco io. Non credo che lo sia, almeno non così tanto.»<br />

Harriet sorrise. «So che l'altra sera quell'ispettore di polizia... come si<br />

chiama? Carruthers... le ha fatto un grande effetto. Ma ha tanto parlato di<br />

Gregory Mannering, ha tanto decantato Greg Mannering, e ha fatto tante<br />

storie per Greg Mannering che deve per forza sostenerlo, se non altro per<br />

non perdere la faccia. E c'è una cosa. Se fosse stata veramente innamorata<br />

di lui, dubito che ci avrebbe lasciato architettare quello scherzo. Voglio dire:<br />

supponiamo che si fosse trattato di Rink Butler, io so che mai e poi mai<br />

avrei permesso che gli facessero uno scherzo del genere, anche se soltanto<br />

per paura che non facesse bella figura.»<br />

«E cosa ne pensate voi, di Mannering? In linea generale, cioè?»<br />

<strong>Le</strong>i meditò a lungo, la sigaretta spenta tra le dita. «Ci ho pensato su un<br />

sacco. Secondo me è un poseur, ma è realmente valido. Cioè, potrebbe<br />

vantarsi di una qualche azione pazzesca ed eroica nella giungla, sull'Himalaya<br />

o dove che sia, per pura vanità, ma il fatto è che saprebbe farla per<br />

davvero.»<br />

Giocherellai con la matita sulla cartella della scrivania per un poco.<br />

«Benissimo. Cominciate, come vi dicevo, da principio e ditemi tutto quello<br />

che è accaduto venerdì sera... dalle dieci, quando, mi par di capire, il vo-


stro gruppo è arrivato al museo. C'è un punto cui nessuno sembra aver accennato...»<br />

<strong>Le</strong>i era di nuovo sul chi vive, ma annuì con aria interrogativa.<br />

«Venerdì notte, o meglio poco dopo l'una di sabato mattina, Carruthers<br />

si è presentato in casa di Holmes per indagare sul conto di tutti voi dopo la<br />

scoperta del cadavere. Il ragazzo del centralino telefonico gli ha detto che<br />

eravate di sopra dalle nove. Era tutto combinato, immagino?»<br />

«Sì, è stato combinato quando siamo scappati dal museo dopo il fiasco, e<br />

pur non sapendo assolutamente che c'era stato un delitto, avevamo paura di<br />

ritrovarci nei guai per il nostro scherzo. Jerry ha dato una cospicua mancia<br />

al ragazzo perché dicesse così. Il ragazzo non avrà mica delle noie, vero?»<br />

«No, per adesso no.»<br />

«E, vedete, il vostro ispettore Carruthers non sarebbe stato lasciato salire<br />

se non fosse stato per un errore grossolano. Noi stavamo aspettando Rinkey...<br />

Rinkey era andato ad accompagnare all'albergo il vecchio Illingworth<br />

e ci aveva fatto giurare di aspettarlo in casa di Ron. Non ci aveva<br />

ancora detto niente del delitto. Be', così che soltanto Rinkey e nessun altro<br />

sarebbe potuto salire di sopra. Ron aveva detto al ragazzo: "Tra poco verrà<br />

qui un uomo travestito da agente di polizia, lascialo salire". Ed ecco che ti<br />

arriva il vostro vero ispettore che fa una risata e dice al ragazzo: "Non mi<br />

annunciare, vado su a bussare alla porta e dirò che sono un poliziotto".<br />

Quindi, naturalmente, il ragazzo ha creduto...»<br />

«Capisco. Ma lui non aveva ricevuto istruzioni, durante la serata, prima<br />

che tornaste dal museo, di dire che di sopra era in corso un festino?»<br />

«No, certo che no. Ehi, cosa state pensando? Perché ve ne state lì come<br />

una sfinge e non dite mai niente?» Cominciò a battere il pugno sulla scrivania.<br />

«Cosa pensate? Cosa c'è?»<br />

«Calma, signorina Kirkton. Riprendiamo dalle dieci, quando siete arrivati<br />

tutti al museo. Attaccate da lì.»<br />

«Mi sembra che sappiate già tutto» mi rispose stancamente. «Ci ripromettevamo<br />

un gran divertimento, ma non lo è stato. Dopo che Pruen ha<br />

chiuso, Rink e Ron Holmes sono andati al piano di sopra a preparare il cofano;<br />

Sam si è allontanato per ripassare la sua parte e Miriam e io siamo<br />

andate ad aiutare Jerry ad appiccicarsi la barba...»<br />

«Un momento. È successo qualcosa tra una cosa e l'altra, mi pare. Dico<br />

bene che, proprio prima di quei movimenti, Holmes ha tirato fuori il pugnale<br />

col manico d'avorio dalla bacheca di vetro? E che insieme a un paio<br />

di baffi finti neri l'ha messo sul primo gradino in fondo alla scala?»


«Sì, esatto.»<br />

«Signorina Kirkton, voglio che comprendiate che se non rispondete sinceramente<br />

alla prossima domanda, io lo capirò e le cose si metteranno molto<br />

male per voi. Chi ha preso quel pugnale dalla scala?»<br />

<strong>Le</strong>i sembrò farsi coraggio.<br />

«Miriam» rispose con voce piatta.<br />

20<br />

La chiave dalla testa a forma di freccia<br />

«Non mi fraintendete» esclamò e alzò di nuovo la mano sebbene io non<br />

avessi detto niente anche questa volta. «Non voglio dire che vi fosse nulla...<br />

nulla di furtivo nel suo gesto, né che li abbia rubati. Perbacco, Rinkey<br />

e io e Pruen anche, l'abbiamo vista mentre li prendeva, sì, e li ha rimessi a<br />

posto. Non se li è tenuti, vi dico! Darei non so cosa per sapere cosa stavate<br />

pensando.» Mi osservò attentamente. «Comunque ho idea che questo fatto<br />

vi abbia molto sorpreso.<br />

«È andata così. Quando ci siamo divisi, come vi ho detto, Miriam e io<br />

stavamo aiutando Jerry a mettersi la barba e Miriam ha detto: "Ehi, Pagliaccio,<br />

dovresti avere il vestiario adatto!"»<br />

«Vestiario?»<br />

«Sì, vedete, Jerry era vestito come sempre. "Ma" ha detto Miriam "in<br />

cantina c'è un paio di vecchie giacche di papà. Dovresti indossare una di<br />

quelle. Vado giù a prendertela, va bene? Lasciami andare giù a prendertene<br />

una!" Jerry stava imprecando contro la barba piuttosto difficile da applicare<br />

e che non voleva stare appiccicata, e non le ha fatto molto caso. Ma Miriam<br />

era entusiasta della sua idea. Così Miriam e io siamo andate nella sala<br />

e lei stava andando giù a prendere la giacca...»<br />

«Vi avrebbe lasciato scendere insieme con lei?»<br />

«Sì, certo! Ci stavo andando. Solo che in quel momento Rink si è precipitato<br />

giù chiedendo affannosamente i chiodi, e Miriam gli ha detto: "Te li<br />

porto io, te li porto io!". A proposito, ci è mancato un pelo che Rink inciampasse<br />

su quel pugnale. Rink mi ha detto: "Tu vieni di sopra con me,<br />

donna. Se non altro puoi fare il lavoro della ceralacca". Siamo saliti di sopra<br />

e, proprio mentre arrivavamo in cima alle scale e stavamo girando sulla<br />

balconata, mi è capitato di guardare giù. Miriam stava raccattando il pugnale,<br />

e mentre io la osservavo ha preso anche i baffi finti. Ora statemi a<br />

sentire» gridò la ragazza imperiosamente. «Miriam ha alzato gli occhi sor-


idendo e ci ha detto: "Qualcuno finirà per cadere con questo pugnale qui<br />

se non stiamo attenti. Sarà meglio che lo dia a Sam".»<br />

«E Butler l'ha vista e ha sentito ciò che diceva?»<br />

«Io... sì, credo di sì, ma non ne sono sicura, cioè non ci potrei giurare,<br />

ma deve averla sentita.»<br />

«E Pruen? Lui deve aver visto e udito, no?»<br />

«Quanto a udire non lo so, perché la sala è molto lunga. Ma dovrebbe<br />

certamente averla vista, a meno che non ne fosse impedito dalle bacheche.<br />

Non mi credete? No?»<br />

«State calma, signorina Kirkton. Sapete cosa ne ha fatto del pugnale?»<br />

«L'ha... l'ha posato altrove.»<br />

«Ne siete sicura? L'avete vista?»<br />

«No, ma gliel'ho chiesto, dopo che era stata scoperta quella cosa.<br />

Gliel'ho chiesto ieri, perché avevo una gran paura, ma lei mi ha detto che<br />

non avrebbe fatto nessunissima differenza e di dirlo tranquillamente alla<br />

polizia se me lo avessero chiesto. Ecco!»<br />

«Com'era il suo atteggiamento quando l'ha preso?»<br />

La ragazza aveva sulle labbra un sorrisetto di scherno. «Sempre a caccia<br />

di scellerati criminali che si torcono le mani grondanti di sangue, signor<br />

Hadley? Era perfettamente normale, un po' eccitata e stupita, ma perfettamente<br />

normale.»<br />

«Stupita? Stupita di cosa?»<br />

«Non lo so.»<br />

«Andate avanti.»<br />

«Ma non c'è altro, non capite? Questo è assolutamente tutto quello che<br />

posso dirvi. Sono andata di sopra con Rink e Ron Holmes. Poi c'è stato tutto<br />

quel ritardo. Prima hanno impiegato un secolo a tirar fuori quel cofano<br />

dalla teca di vetro senza spaccare niente di tutto quel vasellame intorno. E<br />

il sacco della segatura si era rotto. Poi abbiamo trovato che il coperchio del<br />

cofano era talmente corroso che non si sarebbe potuto aprire senza un martello<br />

e uno scalpello, e con moltissima attenzione. Miriam è salita con noi,<br />

come vi ho detto, anzi come dite voi, alle undici meno venticinque circa...»<br />

«Quando era sconvolta, come mi pare che abbiate detto?»<br />

«Lo eravamo tutti, se è per quello. Tutto quel ritardo e il tempo che<br />

stringeva sempre più! Vedete, abbiamo dovuto tirar fuori il cofano, applicare<br />

la ceralacca, e cominciare a piantar chiodi nella cassa quando qualcuno<br />

si è accorto che il coperchio non si apriva... cose che succedono sempre<br />

quando si ha fretta. Sì, eravamo tutti un po'... capite. Perciò quello non si-


gnifica niente. Ma non ho da dirvi altro. Perché siamo stati tutti insieme<br />

nella Galleria Araba fino alle undici meno cinque.»<br />

Alzai il ricevitore del telefono e dissi a Clarke nell'altra stanza: «Mandali<br />

su».<br />

<strong>Le</strong>i non disse una parola né fece un gesto. L'avrei giudicata esausta e indifferente.<br />

Anche quando Richard Butler e Jerry Wade entrarono piuttosto<br />

timidamente nella stanza guidati da Pierce, lei si limitò a sorridere dicendo:<br />

«Così vi hanno beccati, eh? Entrate e unitevi al festino».<br />

«Avevamo pensato di venire a darti il nostro appoggio» disse Butler.<br />

«<strong>Le</strong> tue lusinghe funzionano magari benone, comunque pensavamo che tu<br />

potessi aver bisogno del nostro aiuto.»<br />

«Non so se mi conoscete, sovrintendente» disse Jerry Wade, cercando di<br />

parlare con voce ferma. «Sono lo spregevole e terribile dottor Gable del<br />

racconto del vecchio Illingworth. Ieri Illingworth è andato a trovare mio<br />

padre e io ho sentito la storia delle mie brutalità origliando alla porta della<br />

biblioteca. Questo è il signor Butler.»<br />

Lo guardai. «Il signor Butler» dissi, «che può essere accusato di complicità<br />

nell'assassinio di Penderei. Che ha trovato il cadavere nella carrozza,<br />

ma ha nascosto l'informazione...»<br />

«Mi domando, signor Hadley, cosa avreste fatto voi» disse Butler semplicemente.<br />

«Avreste spiattellato tutto e scatenato il panico nel museo?<br />

Avrei detto ogni cosa più tardi, naturalmente, dopo aver portato a spasso<br />

Illingworth con un taxi. Ma il vostro agente è arrivato là prima di me e visto<br />

che loro avevano già giurato e spergiurato di non aver messo piede nel<br />

museo, non potevo certamente sbugiardarli e annunciare la notizia. Se ci<br />

sarà da ingoiare una medicina amara, sono disposto a prenderla, ma non<br />

rendete il mio reato più grave di quello che è... Quanto a quello, anche il<br />

vecchio Illingworth ha visto il cadavere nella carrozza, ma immagino che<br />

non accuserete anche lui di complicità.»<br />

Sorrise di nuovo con l'aria di ritrovarsi completamente a suo agio e si<br />

tolse il cappello.<br />

«Sedetevi tutti e due» dissi. «Fumate pure, se volete. Vi rendete conto,<br />

signor Butler, dì essere in una posizione molto sgradevole?»<br />

«Sì, grazie.»<br />

Mi girai. «E voi, signor Wade, sapete che, a meno che non credano interamente<br />

al racconto di Illingworth... e lui è un uomo piuttosto strambo...<br />

potreste essere arrestato per omicidio?»<br />

«Uh, Gesù!» esclamò Jerry, e si bruciò le dita con un fiammifero. «Ehi,


un momento! lo? Perché?»<br />

«Perché tutti gli altri, con la possibile eccezione del signor Butler, hanno<br />

alibi che non dipendono dalla testimonianza di un vecchio ecclesiastico<br />

strambo che potrebbe dire qualunque cosa.»<br />

«Be', credeteci o no, io non l'ho ucciso» disse lui. «Ma è un'ipotesi cui<br />

non avevo pensato. È verissimo, e posso dirlo per i miei peccati, che il<br />

vecchio soffre dì allucinazioni. Per le budella di Giobbe, non so cos'abbia<br />

quell'uomo... a meno che per la costante lettura di libri gialli non gli abbia<br />

dato di volta il cervello! Quando ieri si è presentato in casa per vedere il<br />

mio vecchio non era armato soltanto di un libro intitolato Il pugnale del<br />

destino, ma anche di un altro che ne sembrava il seguito, intitolato Il ritorno<br />

del dottor Chianti che qualcuno a Selfridge gli aveva dato in un momento<br />

di distrazione. Se mai qualcuno gli regalerà una storia del vecchio<br />

West, farà bene a stare attento a quello che può scatenare a Edimburgo.<br />

Comunque» si asciugò la fronte, «avrà anche allucinazioni ma... accidenti...<br />

voglio dire, noi eravamo veramente là.»<br />

Troncai di botto le sue proteste. «A proposito, signor Butler, è vero, no,<br />

che quattro di voi hanno un alibi di ferro? La signorina Wade, la signorina<br />

Kirkton, il signor Holmes e voi stesso?»<br />

Capirete che era inutile mettere trappole in quel senso. Che dicessero la<br />

verità o mentissero, erano già ben decisi sul da farsi. Adottai la tattica dell'assoluta<br />

franchezza. Butler mi osservava da sotto le palpebre pesanti, girava<br />

i pollici, sbirciava Harriet con aria interrogativa (la quale fumava placidamente)<br />

e adottò la stessa aria diretta.<br />

«Suppongo di sì» riconobbe in tono secco. «Non c'è dubbio che eravamo<br />

di sopra quando quel... quel tizio è arrivato. Alle undici meno un quarto,<br />

no? Ma, ascoltate, perché lasciate fuori il povero Sam?»<br />

«Era con voi il signor Baxter?»<br />

«Sicuro che c'era. Cioè, è venuto esattamente alle undici meno un quarto.»<br />

«Tenevate continuamente d'occhio l'orologio per poterlo dire con certezza?»<br />

Lui rise rumorosamente. «No, ma nella Galleria Araba dove eravamo c'è<br />

un orologio: un orologio da mostra, ma funziona bene. Certo che lo tenevo<br />

d'occhio. Tutti lo guardavamo per vedere quanto mancava alle undici. Era<br />

esattamente un quarto alle undici meno un secondo o due quando Sam è<br />

entrato.»<br />

«Ci giurereste, naturalmente?»


Quello che sembrò disorientare Butler fu il mio modo di fare casuale registrando<br />

semplicemente la sua dichiarazione come se fosse un fatto di<br />

nessuna importanza. Suo malgrado mi fissò. Io stavo guardando attentamente<br />

le mie mani intrecciate. Sbirciò Harriet, poi Jerry, mosse i piedi su e<br />

giù e finalmente parve annusare una trappola. «Giurare?» ripeté. «Ah. Oh,<br />

sì. Sicuro. Il... il fatto è che temevo che mi deste del bugiardo.»<br />

«Perché?»<br />

«Perché? La polizia fa così, no? Comunque è affar vostro. Dove sareste<br />

se nessuno mentisse mai?»<br />

«È abbastanza vero» dissi. «Ora vediamo la vostra parte in questa faccenda,<br />

signor Butler. Potremmo parlare di Raymond Penderei.»<br />

I tre si scossero. La ragazza gettò la sigaretta nel fuoco e appoggiò la testa<br />

alla spalliera della sedia. Jerry Wade pescò un'armonica a bocca dalla<br />

tasca e la tirò fuori.<br />

«Avevate mai sentito il nome di Raymond Penderei prima di venerdì, signor<br />

Butler?»<br />

«No» rispose Butler, deciso. «E non lo avevo mai sentito finché l'ispettore<br />

Carruthers non l'ha nominato dopo aver scoperto il cadavere.»<br />

«Avevate telefonato all'agenzia Brainerd, per un attore, vero?»<br />

«Sì.»<br />

«Nel pomeriggio di venerdì avevate incontrato Penderei in un bar di<br />

Piccadilly per spiegargli la sua parte, vero?»<br />

«Sì» convenne Butler e rise di nuovo. «Voi non capite una cosa. Io ho<br />

telefonato all'agenzia, ho spiegato che cosa volevamo e loro hanno detto:<br />

"Si dà il caso che abbiamo proprio la persona che fa per voi, il signor Caio<br />

Sempronio". Non ho affatto prestato attenzione al nome, credo di non averlo<br />

neppure udito. Permettete che vi faccia una domanda: quante persone<br />

incontrate nella vita sociale... non professionale... delle quali sapreste ricordare<br />

subito il nome? I nomi non si ricordano mai a meno di non avere<br />

un motivo. Credete che potrei ricordare un nome di una persona astratta<br />

come X nel nostro caso, un nome che mi è stato mormorato per telefono...<br />

anche se lo avessi udito? Quindi è verissimo, sovrintendente. Non conoscevo<br />

quel nome. Ho detto: "Be', ditegli che vada al Caliban Bar alle due<br />

del pomeriggio e chieda di me". L'ho incontrato. L'aspetto di quel maiale<br />

non mi è piaciuto nemmeno allora. Ma sembrava abbastanza in gamba.<br />

Quando gli ho chiesto come si chiamava, ha risposto: "Oh, non importa,<br />

per stasera mi chiamerò Illingworth". Lì per lì ho pensato che si comportasse<br />

in modo un po' strano, sghignazzando come il bruto di un melo-


dramma...»<br />

«Un momento. Se non sapevate nulla sul suo conto perché dite che l'aspetto<br />

di quel "maiale" non vi era piaciuto nemmeno allora? Sapete qualcosa<br />

di lui, ora?»<br />

Butler s'interruppe. Disse a Jerry: «Lo sapevo che dovevamo portarci<br />

dietro quello stramaledetto avvocato».<br />

«Non serve, Rink» disse Harriet, le guance in fiamme. «Sa tutto. Cioè,<br />

sa di me e sa che Miriam aveva avuto una relazione con Penderei.»<br />

Pronunciò la parola relazione senza calcarvi molto su. Stavamo finalmente<br />

camminando su un sentiero che sin da principio era stato inevitabile,<br />

e io da tempo avevo deciso la linea da seguire. "Relazione" e una relazione<br />

seria era un movente abbastanza serio in quella faccenda. A meno che non<br />

fosse assolutamente necessario, non c'era alcun bisogno di tirare in ballo il<br />

bambino. Dissi, scandendo le parole per evitare errori:<br />

«Sì, c'era una relazione. La signorina Wade divenne l'amante di Penderei.<br />

Questo è quanto so ufficialmente, e se voi tenete la testa a posto, è<br />

quanto sarà necessario far sapere al mondo.»<br />

Seguì un silenzio. Erano amici leali. Harriet Kirkton aveva le lacrime agli<br />

occhi. Jerry Wade aveva chinato il capo e si era portato l'armonica alla<br />

bocca.<br />

«Va...» borbottò Harriet, «... va bene» aggiunse con una strana misera<br />

scelta di parole. «Ma, e quel vostro terribile magistrato inquirente?»<br />

«Prendete un buon avvocato per difendervi. Non perdete la testa e non<br />

fatevi raggirare. Ve la caverete. Ma ricordatevi: non mentite a me. Ve lo<br />

chiedo di nuovo. Qualcuno di voi mi ha mentito su qualcosa?»<br />

«No» disse Jerry Wade tranquillamente. Alzò la testa. La sua faccia era<br />

arrossata e non aveva ancora riassunto la sua maschera di amabile cinismo.<br />

«E... grazie. Nessuno vi mentirà, ora.»<br />

«Sapevate di vostra sorella e di Penderei, signor Wade?»<br />

«No, non lo sapevo. Cioè, non lo sapevo fino a ieri sera. Poi lei me l'ha<br />

detto. Il nome di Penderei però mi era stato accennato: accennato per iscritto.<br />

Moltissimo tempo fa, Miriam mi scrisse di una persona "molto affascinante"<br />

che aveva conosciuto, con quel nome... Ma lei faceva sempre<br />

così. Mi era rimasto impresso quel nome perché mi ricordava il personaggio<br />

di un racconto di Michael Arlen.» Soffiò cinicamente alcune note<br />

sull'armonica a bocca. «Cosa dovevo fare? "Signore, vi scudiscerò sui gradini<br />

di questo club!"? Vorrei averlo saputo, però. Avrei fatto qualcosa di<br />

utile. Ma non un gran che. Ah, Cristo! Il vigliacco.»


Suonò una lunga nota e chiuse gli occhi.<br />

Mi rivolsi a Butler. «Ora sentiamo il vostro racconto di venerdì notte.<br />

Perché, per esempio, eravate così ansioso di mettere in ridicolo il signor<br />

Mannering?»<br />

Butler sembrò perplesso. «Francamente non lo so. Per quello che avevo<br />

sentito di lui, o forse il mio solito desiderio di inscenare qualcosa. In effetti,<br />

non è poi un cattivo ragazzo, quando lo si conosce.» Indicò il dente<br />

mancante. «Non credo che potrò mai diventare un suo amico intimo, ma...<br />

be', la vita sarebbe più semplice se non si rompessero le scatole alla gente.<br />

Non so se lo sapete, ma abbiamo avuto un altro scontro. D'un tratto, mentre<br />

ce le davamo, mi è sembrato talmente ridicolo che due persone dovessero<br />

picchiarsi solo per farsi ammirare o per divertire la gente, che mi è<br />

scappato da ridere. In quel minuto ho acquistato qualcosa, una filosofia,<br />

forse. È stato come camminare in una nuvola di gas venefico e accorgersi<br />

che era gas esilarante. Chissà se ci sarebbero molte guerre se quello stato<br />

d'animo diventasse universale. Ma quanto allo scherzo... be', date la colpa<br />

alla mania dilettantesca di dare spettacolo.»<br />

Il suo rendiconto della serata era talmente preciso a quello degli altri in<br />

tutti i particolari che non starò a riferirvelo. Lo interruppi soltanto in un<br />

punto. Stava raccontando quella storia di Miriam che scendeva nella cantina<br />

per prendere i chiodi mentre lui e Harriet andavano su nella Galleria<br />

Araba.<br />

«Siete andati di sopra» dissi. «Ora, quando la signorina Wade ha raccattato<br />

il pugnale dalle scale, cos'ha detto?»<br />

Butler si bloccò come se avesse inciampato in qualcosa. Poi mi guardò.<br />

«Ehi!» gridò, come uno che ha ricevuto una botta sotto la cintura. «Ehi, dico,<br />

maledizione...»<br />

Harriet disse seccamente: «Se ho fatto una gaffe, mi dispiace. Non fa la<br />

minima differenza, l'ho detto dozzine di volte: dobbiamo essere leali col<br />

signor Hadley come promesso. Non so se tu avevi visto, ma pensavo che<br />

avessi udito. Miriam ha preso il pugnale e l'ha rimesso giù, naturalmente,<br />

perciò non può nuocerle in nessun modo, perché indubbiamente è stata al<br />

piano di sopra con noi tutto il tempo... Non mi guardare in quel modo!»<br />

«Io non ti guardo in quel modo» protestò Butler in tono addolorato. Tirò<br />

fuori un fazzoletto e si asciugò la fronte. «Ripensandoci, le ho udito dire<br />

qualcosa come: "Lo darò a Sam". Sì, perdio! L'ha detto! Ma questa è la<br />

prima volta che se ne parla...»<br />

«Miriam e io ne abbiamo parlato insieme» ribatté la ragazza di scatto.


«E dato che abbiamo convenuto di dire la verità, ecco.»<br />

«Be', cosa diavolo ne ha fatto?» domandò lui. «L'ha dato a Sam? Io non<br />

l'ho visto metterselo sotto la cintura in nessun momento. Ma non riesco a<br />

ricordare quando ho visto quel maledetto arnese l'ultima volta. La sola cosa<br />

che ricordo è che decisamente non era sulle scale quando Sam e io, alle<br />

undici, abbiamo portato giù la bara, perché lo cercavo. Per amor del cielo,<br />

dove l'aveva messo?»<br />

Lo interruppi. «Secondo quanto dice la signorina Kirkton non sappiamo<br />

niente, tranne il fatto che l'ha posato da qualche parte. Ma ci torneremo su.<br />

Dato che il suo alibi è valido, questo non è necessariamente pericoloso.<br />

Torniamo all'ultimo atto della faccenda: la scoperta del cadavere.»<br />

A quel punto si calmarono. Per la prima volta Butler parve sinceramente<br />

a disagio oltre che nervoso.<br />

«Ah, sì. Quello. Come avete sentito, Sam e io abbiamo portato giù la<br />

"bara" poco prima delle undici. Non so di cosa stessero cianciando davanti<br />

alla porta di bronzo. Pensavo soltanto che non erano ancora le undici. Poi<br />

mi è sembrato di ricordare di aver lasciato lo sfollagente di sopra...»<br />

«Perché lo sfollagente? Eravate travestito da agente del traffico.»<br />

«Davvero?» esclamò lui, vago. «Sì. Veniva con l'uniforme e inoltre era<br />

molto necessario. Vedete, io ero il poliziotto, un personaggio molto importante.<br />

Avete capito, vero, che la nostra piccola farsa doveva avere una conclusione?<br />

Cioè: quando Sam sta per chinarsi su Mannering, minacciandolo<br />

con il coltello, l'azione non si doveva fermare lì né esaurirsi rendendo lo<br />

scherzo troppo palese, sia che Mannering si fosse spaventato o meno. No,<br />

no. La recitazione non era meravigliosa, però volevamo tenere in serbo la<br />

cosa per l'avvenire. Mentre Sam si china con il coltello e mentre l'attore nel<br />

ruolo di Illingworth tiene a bada gli altri con una pistola, Harriet doveva<br />

liberarsi e fuggire urlando. In quel momento entro in scena io. Illingworth,<br />

il diabolico maomettano travestito, mi spara di punto in bianco. Io piombo<br />

a terra, spaccando una fialetta d'inchiostro rosso che ho dentro la tunica,<br />

ma sono sempre pieno d'energia anche se fingo di essere malamente ferito.<br />

Quando lui si avvicina per spararmi di nuovo, io gli paralizzo il polso con<br />

lo sfollagente e gli arraffo la pistola. A questo punto il principe Abù 'Obiad<br />

di Tàif e il traditore Illingworth sono in mio potere. Li prendo e li chiudo<br />

nella stanza del conservatore mentre loro sbraitano con quanto fiato hanno<br />

in gola. Poi io, malamente ferito, sprono Mannering a prendere la pistola e<br />

a badare a quei disperati delinquenti. O rifiuta o accetta. Se accetta io dico:<br />

"Hai il coraggio di portarli a Scotland Yard?". Sì, sì, grida l'intrepido


Mannering. Conducimi da loro! Mentre lui tiene la pistola con cupa determinazione,<br />

io dico, con voce rauca: "Tienti forte!" e spalanco la porta. Digrignando<br />

i denti, lui si precipita dentro.<br />

«Alla scrivania, uno di qua e uno di là, parrucche e barbe da una parte, i<br />

piedi sulla scrivania, Sam Baxter e l'attore se ne stanno comodamente seduti<br />

con una bottiglia di whisky tra loro.<br />

«"Permettimi" dico io con un grande inchino, "permettimi di presentarti<br />

il dottor William Augustus Illingworth e il principe Abù 'Obiad di Tàif."»<br />

Io dissi: «Sono lietissimo, naturalmente, di sentire la fine della puntata.<br />

Ma...».<br />

Butler gesticolò violentemente.<br />

«Oh, so che sembra maledettamente stupido qui e ora» scattò. «Tutto farebbe<br />

questo effetto qua dentro. Ma secondo noi era un'idea spettacolosa, e<br />

uno studio ravvicinato della faccia di Mannering sarebbe stato interessante.<br />

Non capite? Non si può organizzare una scena di lotta veramente convincente,<br />

ma una botta su un braccio imbottito, sì. Così, quando ho scoperto<br />

che il momento si stava avvicinando e io non ero ancora riuscito a trovare<br />

lo sfollagente, sono andato a cercarlo affannosamente. Poi mi è venuto in<br />

mente che, quando ero arrivato, per levarlo di mezzo, lo avevo cacciato in<br />

una delle carrozze.<br />

«Mentre gli altri erano nella sala accanto alla porta, dall'altro lato di<br />

quell'affare, ho aperto la portiera della diligenza dal lato della sala. Non so<br />

perché avevo scelto quella. Forse perché era la più imponente... E c'era<br />

quella cosa infernale a faccia in giù sul pavimento proprio appena sotto il<br />

livello dei miei occhi.<br />

«La mia prima idea è stata che mi avessero fatto uno scherzo micidiale.<br />

Perciò non ho dato in escandescenze né ho aperto bocca. Sono semplicemente<br />

salito nella carrozza e ho tirato su quella cosa per darvi un'occhiata.»<br />

«Lo avete riconosciuto?»<br />

Di nuovo Butler si asciugò il viso col fazzoletto. «Sì, certo. La barba gli<br />

si stava staccando dalle guance. L'ho riconosciuto quasi subito. Così l'ho<br />

tenuto su quasi ritto, sono saltato giù e gli ho sbattuto la porta in faccia... I<br />

due minuti successivi li ricorderò fin che campo. Mi pareva che tutti mi<br />

chiamassero gridando, ma io non riuscivo a connettere chiaramente. Vedevo<br />

tutto come annebbiato. Quando sono tornato in me, ho visto vagamente<br />

la sagoma di una testa dietro il ventilatore nell'ascensore. Non c'era nulla<br />

di spaventoso, in quella testa, ma per me sì.»


Tirò un profondo respiro.<br />

«Ma c'è una cosa che Illingworth non ha visto, se ho capito bene dal suo<br />

racconto fatto al vecchio Wade. Poiché lui era ruzzolato giù dal suo trespolo,<br />

non mi ha visto mentre mi avvicinavo alla carrozza, mi ha visto soltanto<br />

spalancare la portiera per avere più luce.<br />

«Quando ho aperto la portiera è caduto qualcosa. Qualcosa che doveva<br />

essere stata su di lui o vicino, ed era finita contro la portiera. Io l'ho presa,<br />

non ho potuto farne a meno. Devo essermela cacciata in tasca, anche se<br />

non ricordo d'averlo fatto. Quando l'ho ritrovata... in effetti quando ci ho<br />

pensato... è stato stamattina mentre frugavo nelle tasche dell'uniforme prima<br />

di riportarla alla ditta che me l'aveva noleggiata. Non l'ho ancora detto<br />

a nessuno e non so cosa significa. Ma sono venuto qui per darvela. Eccola.»<br />

Gli altri erano balzati in piedi e io ebbi una certa difficoltà a mantenere<br />

una faccia impenetrabile. Posò sulla mia scrivania una chiave di metallo<br />

dalla forma piuttosto strana. Aveva un'asta lunga e stretta con un forellino<br />

sulla testa e quattro piccole flange uguali a un'estremità sagomate come<br />

una freccia.<br />

«Ma, accidenti» esclamò Jerry, e s'interruppe.<br />

«Sì?»<br />

«Io so che cos'è. È uno dei disegni speciali che piacciono a mio padre.<br />

Sembrerebbe la chiave del cancello posteriore del museo.»<br />

Lo interruppi bruscamente.<br />

«È tutto» dissi. «Potete andare ora, tutti quanti.»<br />

21<br />

L'impronta sullo specchio<br />

Tuttavia, prima di lasciarli andare, dovetti appurare qualche altra cosa.<br />

Da quanto avevo potuto accertare, soltanto tre persone avevano la chiave<br />

per il cancello posteriore del museo: Ronald Holmes, il vecchio Geoffrey<br />

Wade e Miriam. Jerry non sapeva affatto che Miriam possedesse una chiave,<br />

ma Harriet si ricordava che la sera prima Miriam le aveva detto che lei<br />

(Miriam) se n'era fatta dare una da Holmes. Nondimeno Harriet dichiarò<br />

che la sua amica l'aveva sempre, come lei stessa aveva visto la sera prima.<br />

La chiave trovata da Butler era nuova e lucida, fatta di recente, e per giunta<br />

su di essa c'era inciso il nome della ditta che l'aveva forgiata: Bolton, Arundel<br />

Street, Strand.


Alla fine chiesi se qualcuno di loro avrebbe avuto niente da obiettare a<br />

farsi prendere le impronte digitali. Molti si rifiutano, com'è nel loro diritto.<br />

Ma quei tre sembrarono interessati all'idea, e Butler arrivò persino a insistere.<br />

«Voglio chiarire ogni cosa, perché io ho toccato quel coltello» ammise<br />

tranquillamente. «Non che l'abbia afferrato o maneggiato, capite. L'ho solamente<br />

toccato... forse volevo assicurarmi che quell'arnese fosse autentico.<br />

Dove dobbiamo andare?»<br />

Appena se ne andarono, prima di recarmi al museo Wade, mi sedetti a<br />

esaminare e a catalogare tutti i rapporti. <strong>Le</strong> varie impronte sul pugnale,<br />

come mi resi conto esaminando le fotografie, erano talmente confuse e<br />

sbafiate da risultare quasi inutili; non saremmo mai stati in grado di ottenere<br />

una condanna su una prova simile. Ma c'erano altri indizi che mi dettero<br />

molta soddisfazione. Mandai il sergente Betts da Bolton con la chiave. Telefonai<br />

a Carruthers in Vine Street e lo pregai di farmi un piacere fuori<br />

servizio e di indagare su una certa faccenda in Prince-Regent Court, Pall<br />

Mall Place, e poi di raggiungermi al museo. Era quasi ora di pranzo quando<br />

mi avviai al museo.<br />

La pioggia era quasi cessata, ma c'era sempre un vento fresco. E anche<br />

se le idee fantasiose di Carruthers riguardanti un edificio solido qual era<br />

quel museo fossero troppo colorite, fui costretto a convenire con lui almeno<br />

per quanto concerneva l'aspetto desolato. Quel giorno non c'erano sfaccendati<br />

intorno al museo che era chiuso al pubblico.<br />

La porta mi venne aperta dall'inserviente diurno che mi disse di chiamarsi<br />

Warburton. La sala principale era illuminata soltanto da una fila di<br />

lumi così da essere quasi semibuia. Di nuovo fui costretto ad ammettere<br />

che mi faceva l'effetto di una sala qualunque molto simile a quella di altri<br />

musei. L'aura poetica va benissimo, ma non serve per prendere misure e<br />

vedere chiaramente.<br />

Dalla famosa Galleria dei Bazar che era il mio primo punto d'interesse<br />

(capite perché?) qualcuno stava venendo verso di me. La persona che mi si<br />

avvicinò e mi parlò nella semioscurità era, dalla descrizione che ne avevo<br />

avuto, il signor Ronald Holmes. Ebbi di lui un'impressione molto favorevole,<br />

mi fece l'effetto di un giovane capace, energico e tranquillo, che poteva<br />

guardarti negli occhi senza lasciarsi ingannare da stupidaggini. Anche<br />

se sembrava piuttosto teso, mi parlò schiettamente senza nervosismi.<br />

«Sì, signore» disse. «Sir Herbert ci aveva avvertito della vostra visita. Il<br />

signor Wade è nella stanza del conservatore, con il dottor Illingworth:


stanno esaminando alcuni suoi nuovissimi acquisti. Se volete andare là...»<br />

«Lasciamo perdere la stanza del conservatore» risposi. «Vorrei dare un'occhiata<br />

alla cantina. Ma prima un'altra cosa. Potreste fare accendere tutte<br />

le luci nella sala?»<br />

Lui mi guardò incuriosito, ma andò a parlare con Warburton senza fare<br />

commenti. Nel frattempo io mi avvicinai alla parete sporgente della sala in<br />

cui era stato gettato il carbone: il segno era ancora visibile sull'intonaco<br />

giallo-rossiccio al di sopra della mia testa. Era, come avete sentito, sopra<br />

un cubicolo ricoperto da tendaggi, per l'esposizione di aggeggi vari d'ottone.<br />

Mi misi di spalle all'ingresso di quel cubicolo e calcolai la visuale da lì<br />

attraverso il grandissimo, alto arco nella sala. <strong>Le</strong> luci erano state accese.<br />

Da quella posizione potevo a malapena vedere un segmento dell'arco che<br />

portava alla Galleria Persiana di fronte. Ma avevo una chiara visione, obliqua,<br />

di tutte e cinque le carrozze in fila, di una parte dell'arco che portava<br />

alla Galleria Egiziana e dell'uscio della cantina, in fondo. Dato che la Galleria<br />

dei Bazar era buia, quella parte della sala brillava davanti a me come<br />

un palcoscenico illuminato e non c'era possibilità di errore.<br />

Quando notai tutte quelle cose mi misi a fischiettare piuttosto soddisfatto.<br />

(Capite perché?) Poi feci un cenno a Holmes perché lui avrebbe potuto<br />

darmi informazioni preziose e scesi in cantina. Holmes mi osservava con<br />

espressione attenta e io mi chiesi se avesse un'idea di quello che stavo pensando.<br />

Ma lui non disse niente.<br />

Carruthers vi ha già dato una parziale descrizione della cantina. Si oltrepassa<br />

l'uscio e si scende giù per una rampa di scale di cemento. Quelle scale<br />

sono di fronte al muro posteriore di tutto il museo. Sulla destra, mentre<br />

si scende, c'è un divisorio di legno che separa una parte lunga e stretta dal<br />

resto della cantina. Sulla sinistra c'è un recinto per il carbone. Sul muro in<br />

fondo, a un tre metri di distanza dalle scale, vi sono tre finestre quasi a metà<br />

del livello stradale. Il pavimento della cantina è di pietra e le pareti intonacate<br />

sono relativamente pulite. Chiaro?<br />

Vidi tutto ciò quando Holmes accese la luce elettrica. Forse ricorderete<br />

che Carruthers, nel suo rapporto, accennò a questo fatto: quando, la notte<br />

del delitto, scese giù attraverso lo scivolo del carbone e s'incamminò verso<br />

il fondo della cantina, sentì una corrente d'aria. In aggiunta a quanto già<br />

sapevo, quello era un suggerimento. Accanto alla carbonaia, trovai una decrepita<br />

sedia da cucina. Salii su quella sedia e provai le tre finestre a turno<br />

e trovai esattamente quello che ero sicuro di trovare. La finestra di mezzo<br />

non era bloccata.


Allora mi voltai verso Holmes in piedi sotto la penzolante lampadina elettrica<br />

che dava ai suoi occhiali un riflesso opaco e gli gettava ombre sulla<br />

faccia. Lui se ne stava lì con le mani in tasca fischiettando un motivetto in<br />

sordina.<br />

«Per il momento accantoniamo la vostra storia sugli avvenimenti di venerdì<br />

notte. Ho i resoconti di diverse persone e sembra che collimino. Voglio<br />

chiedervi del cancello nel muro posteriore che recinta il cortile di questo<br />

edificio. Lo tenete sempre chiuso a chiave?»<br />

Lui parve palesemente sorpreso. «Sempre, signore. Alludete al cancello<br />

nel muro? Sì, sempre, per ordine del signor Wade. Naturalmente abbiamo<br />

sufficiente protezione contro i ladri, ma il signor Wade non vuole vagabondi<br />

a dormire nel giardino. Sì, anche nelle vicinanze di St. James si possono<br />

trovare vagabondi. E...» esitò e si strusciò la fronte col dorso della<br />

mano. «Posso chiedervi perché volete saperlo?»<br />

«Mi hanno detto che ci sono soltanto tre chiavi per quel cancello. Voi ne<br />

avete una, il signor Wade un'altra e la signorina Wade un'altra ancora. Giusto?»<br />

«Non proprio, signore. <strong>Le</strong> chiavi sono soltanto due.»<br />

«Due?»<br />

«Sì, vedete. La signorina Wade ha preso in prestito la mia. E così, quando<br />

il signor Wade è partito venerdì mattina, io ho dovuto prendere la sua.<br />

Inoltre avevamo fatto un bel piano.» Sorrise. «A quest'ora saprete tutto di<br />

quello spettacolino idiota. Io sono stato tanto cretino da acconsentire, perciò,<br />

dato che avevo acconsentito, ho pensato che tanto valeva fare le cose<br />

per bene per non correre il rischio di vederci arrivare il signor Wade all'improvviso<br />

piombando qui dal cancello posteriore.»<br />

«Così da venerdì mattina il signor Wade era rimasto senza chiave per il<br />

cancello?»<br />

«Esatto. Questa è la sua chiave, se volete vederla.» Era ansioso di fare le<br />

cose coscienziosamente. Tirò fuori di tasca la copia esatta della chiave trovata<br />

da Butler nella diligenza, tranne che quella era vecchia e scolorita.<br />

«Dovrò restituirgliela. Sta già scatenando abbastanza rogne. Pare che<br />

quando Miriam è venuta qui venerdì sera per cercare i chiodi abbia fatto un<br />

po' di confusione nel suo amato laboratorio.» Holmes indicò con un gesto<br />

del capo il divisorio di legno. «Ha rovistato tra i suoi guanti di lavoro e tra<br />

i cacciavite e arnesi vari, proprio come fa lui. Se non avessi saputo il contrario,<br />

avrei giurato che il vecchio fosse stato lì a lavorare.»<br />

Meditai un secondo o due su quei fatti, poi esaminai la chiave.


«Anche l'altra chiave» dissi, «quella che ora ha la signorina Wade... è<br />

vecchia?»<br />

«Vecchia?»<br />

«Non è stata fatta di recente?»<br />

«Buon Dio, no!» La sua espressione si faceva sempre più perplessa,<br />

sebbene lui restasse cortese e attento. «<strong>Le</strong> abbiamo da un paio d'anni, almeno.»<br />

«Sapete cosa ne voleva fare della chiave, la signorina?»<br />

«Non ne ho la più pallida idea. È quello che le ho chiesto. Ma Miriam è<br />

una ragazza strana, sovrintendente.» Il suo sorriso, ora più cupo, lo fece<br />

apparire più vecchio. «Capricci, sapete. "Oh, via, ora non fare domande!<br />

Accontenta un mio capriccio!" Io non le rifiuto niente. Sentite, non vorrei<br />

sembrarvi eccessivamente curioso, ma cosa diavolo succede?»<br />

«Grazie. Volete tornare su per un poco?» suggerii. «Devo fare un lavoretto<br />

da solo...»<br />

Lui si strinse nelle spalle. «Come credete. Devo dire al signor Wade<br />

che...»<br />

«No, non voglio parlare col signor Wade finché non avrò visto la signorina<br />

Wade. Preparatemi campo libero per uscire di qui alla chetichella. Se<br />

dovesse arrivare l'ispettore Carruthers, mandatelo da me. C'è solo un altro<br />

punto che voglio chiarire. Venerdì sera, quando il dottor Illingworth è<br />

scappato e voialtri lo avete trascinato giù per questo scivolo, siete stato voi<br />

a farlo?»<br />

«Io ero qui, sì. Ma giù per lo scivolo l'ha tirato il signor Richard Butler<br />

aiutato dal signor Baxter. Mi rendo ben conto, signore, che non abbiamo<br />

scusanti...»<br />

«Sì. Certo. Quando siete scesi qui e siete entrati nella carbonaia, quelle<br />

casse da imballaggio erano già accatastate là perché fosse più facile arrivare<br />

alla strada? <strong>Una</strong> specie di ponte naturale?» Lui annuì, stringendo gli occhi,<br />

e io continuai: «Quindi nessuno di voi si è sporcato le suole delle<br />

scarpe con polvere di carbone, vero?».<br />

«Non credo. In effetti non ho notato alcuna traccia, però devo dire che<br />

non avevo nessun motivo per farci attenzione.»<br />

«E tranne la carbonaia vera e propria non c'è qualche altro posto dove<br />

tenete il carbone, a parte quel recipiente là?»<br />

«No, quello è l'unico posto.»<br />

«Alla fine, per chiarire bene questo punto, signor Holmes, c'è uno specchio<br />

da qualche parte in questa cantina?»


«Uno specchio!» ripeté. «È quasi l'ultima cosa che si trova in una cantina.<br />

Ma, in effetti, ce n'è un paio. In un certo momento, il signor Wade, da<br />

showman qual è, ebbe la grandiosa idea di una Sala degli Specchi, come<br />

quella di Madame Tussaud... solo che riuscimmo a dissuaderlo. Comprò<br />

un paio di quei grossi specchi deformanti, sapete: li teneva qui e vi si metteva<br />

davanti ridendo come un matto. Ma non sono mai stati usati e li abbiamo<br />

accatastati là, accanto alla carbonaia.»<br />

«È tutto» dissi, e Holmes, con un sorriso grave sulla faccia, indietreggiò<br />

allontanandosi da me, continuando a fissarmi finché non urtò le scale col<br />

tallone. Poi, sempre sorridendo, se ne andò. Se non avessi saputo il fatto<br />

mio, avrei pensato che l'idea che quegli specchi venissero trovati non gli<br />

andasse a genio.<br />

Li trovai appoggiati oltre la carbonaia dove c'era pochissima luce. Il<br />

primo voltato in fuori e così polveroso che era percettibile soltanto un'immagine<br />

nebulosa. La superficie era formata da una serie di una specie di<br />

bordi sporgenti... sapete come... che deformano la figura umana da quella<br />

che Dio ci ha dato e presentano una visione considerata divertente dalle<br />

persone che hanno la mentalità di ridere davanti a una gabbia di scimmie<br />

anche se dovrebbero ridere di se stesse. Tirai fuori la torcia elettrica, ne<br />

gettai il raggio sullo specchio e per un attimo mi presi un grosso spavento.<br />

Su una superficie tutta bianca di polvere, una faccia guardava direttamente<br />

verso di me: larga e schiacciata, da incubo e forse peggio, con lunghi baffoni<br />

e una fila di denti simili a quelli di un lupo. Era soltanto la mia faccia,<br />

naturalmente. Ma nulla, in tutto quel caso, era stato così spaventoso, come<br />

quella mostruosità che mi fissava dalla polvere nel silenzio e nel buio della<br />

cantina.<br />

Ma il mio interesse non era lì. Vedevo la mia faccia e nient'altro perché<br />

sulla superficie polverosa dello specchio era stato ripulito soltanto quel<br />

tondo in cui mi specchiavo. Mi chinai per esaminare quel tondo ripulito ed<br />

ebbi quella fortuna inattesa che perfino gli investigatori a volte ricevono.<br />

Proprio al limite della polvere c'era una strisciata confusa che finiva in una<br />

chiara impronta.<br />

Avevo l'assassino. Non mi restava che dare qualche ordine, un'ispezione<br />

di quella carbonaia, per esempio, con una luce più forte della mia lampadina,<br />

poi un colloquio con Miriam Wade e avevo l'assassino. Non ne ero particolarmente<br />

compiaciuto, ero persino un po' demoralizzato. Ma dovevo tirare<br />

avanti, il che è la maledizione di avere una coscienza.<br />

L'uscio in cima alle scale si aprì e io spensi la torcia.


«... ma se qualche screanzato ha davvero preso i guanti dalla vostra scrivania»<br />

disse una voce misurata, forte, polemica, «posso suggerire immediatamente<br />

una descrizione, rilevata da...»<br />

«... e il cacciavite!» strillò un'altra voce. «Perdio, hanno arraffato il mio<br />

piccolo cacciavite per aprire quel maledetto cofano arabo, e dov'è quello<br />

grosso? Attento allo scalino.»<br />

I loro piedi, specialmente quelli appartenenti all'uomo alto e magro che<br />

io individuai come il dottor Illingworth, fecero un gran fracasso sulle scale<br />

di cemento. Il vecchio Geoffrey Wade arrivò per primo tutto agitato, perfino<br />

i suoi lunghi baffi parevano agitati. Dietro di lui, muovendo le spalle a<br />

scatti in avanti a ogni scalino, veniva traballando l'altra figura con i suoi<br />

grossi occhiali e il lungo mento grinzoso cacciato nel colletto. C'era abbastanza<br />

luce e il vecchio Wade mi vide subito nell'angolo dove stavo. Si<br />

fermò così bruscamente in fondo alle scale che Illingworth gli andò addosso.<br />

«Ehi!» gracchiò. «Chi è là? Chi c'è?»<br />

Io accesi la torcia e spiegai. Lui mi si fermò davanti, un po' distante.<br />

«Ah!» esclamò facendo tintinnare le monete in tasca mentre gonfiava il<br />

petto. «Hadley, eh? Sì, sì, sì. Bert Armstrong me l'aveva detto. Be', ma non<br />

dovevate introdurvi qua dentro in questo modo furtivo.» Poi gettò la testa<br />

all'indietro e scoppiò a ridere sgangheratamente. «A curiosare... Comunque<br />

vi interessano i miei specchi buffi? Venite, andiamo a darci un'occhiata!»<br />

Scattò così velocemente che io non ebbi il tempo di muovermi. Mi passò<br />

accanto e prima che avessi il tempo di afferrarlo per il braccio in modo da<br />

allontanarlo, strusciò la manica sullo specchio. Ormai il danno era fatto.<br />

L'impronta era sparita.<br />

Seguì un silenzio quasi tangibile. Poi lui gracchiò con rabbiosa, ghignante<br />

ilarità: «Sentite, cosa diavolo state facendo?» domandò. «Cos'è quest...»<br />

Fell, ammetterai, credo, che sono un tipo abbastanza calmo, che cerco di<br />

occuparmi degli affari miei e che considero segno di debolezza proferire<br />

minacce. Ma fu quella sua risata gracchiante senza senso che lui mi gettava<br />

in faccia come fosse acqua, e acqua sporca se è per quello, che mi fece<br />

perdere il lume degli occhi. E non fu neanche l'ultima volta che provai<br />

quella sensazione, in quel caso, o che mi capitò.<br />

«Sapete cosa avete fatto?» dissi con una voce che parve strana anche a<br />

me stesso.<br />

«Fatto? Fatto? Cosa volete dire? Piantatela di guardarmi con quella faccia.»


«Andate di sopra» dissi, e questa volta la mia voce era più calma.<br />

«Ah, ah!» esclamò Wade, piegando la testa da una parte, con i pugni sui<br />

fianchi. «Allora è così, eh? Avreste il coraggio fottuto di ordinare a me,<br />

nel mio proprio...»<br />

«<strong>Le</strong>vatevi di torno» dissi, «e levatevi di torno subito. Ho cercato di fare<br />

del mio meglio per la vostra famiglia, in questa storia. Me ne frego io se<br />

siete Geoffrey Wade o il Khan della Tartaria, ma perdio, andate di sopra<br />

quando ve lo ordino o vi schiaffo in carcere e vi ci lascio. Cosa preferite?»<br />

Lui avrebbe gradito scorticarmi vivo, ma di lì a poco obbedì. Illingworth<br />

non rendeva certo la situazione meno tesa continuando a domandare gentilmente<br />

e ansiosamente se c'era qualcosa che non andava. Appena sgombrarono<br />

il campo, mi misi a camminare su e giù per la cantina per riordinare<br />

le idee. Deve succedere una specie di combustione interna quando dentro<br />

sei furioso e ciononostante non permetti alla tua voce di alterarsi... comunque,<br />

dopo, l'effetto è tremendo. Quel tiranno baffuto, al quale nessuno<br />

aveva mai fatto abbassare la cresta, mi scherniva dalle scale minacciandomi<br />

di cose spaventose non appena avesse messo in moto la sua influenza.<br />

La miglior cura per calmarmi fu di rimettermi tranquillamente al lavoro<br />

per vedere se riuscivo a trovare altri indizi che non fossero stati distrutti.<br />

Trovai una macchia sull'intonaco che poteva e non poteva essere un'impronta<br />

digitale. Ma era dubbio. Quando qualche minuto più tardi arrivò<br />

Carruthers, io stavo sempre cercando.<br />

«Avevate perfettamente ragione, signore» mi disse. «Vengo ora da Prince-Regent<br />

Court. E... riguardo a quanto mi avete detto di chiedere... ci avete<br />

azzeccato.»<br />

Gli detti alcune istruzioni tra cui quella di restare lì finché io non avessi<br />

telefonato a Scotland Yard perché mandassero Betts e Preston a frugare in<br />

mezzo a quel carbone e portassero l'equipaggiamento per le impronte. Poi<br />

me ne andai. Mentre attraversavo la sala, Holmes era sulla balconata che<br />

correva lungo tutto il piano di sopra. Stava appoggiato con le braccia sulla<br />

balaustra di marmo, non molto distante dal tetto della grossa carrozza. Stava<br />

lì, immobile, con i suoi occhiali, una specie di Illingworth in miniatura<br />

sotto la luce bianco-azzurrognola. E sebbene mi salutasse cortesemente<br />

con un gesto del capo, mi chiesi se il vecchio Jeff fosse sceso nella cantina<br />

per una coincidenza o se non fosse stato avvertito da lui. C'erano ancora<br />

molte cose da chiarire in quel museo, ma prima dovevo vedere Miriam<br />

Wade.<br />

Fuori, dopo qualche boccata dell'aria piovigginosa, mi sentii più calmo.


Da una cabina telefonica in St. James Street, parlai con Scotland Yard e<br />

poi, salito sull'auto della polizia, m'infilai nel flusso del traffico di mezzogiorno<br />

e mi diressi verso Hyde Park Gardens. Dall'esterno la casa di Geoffrey<br />

Wade non era più pretenziosa delle altre case di pietra grigiastre che<br />

fiancheggiavano la strada, e nemmeno diversa: era soltanto più grande.<br />

Ma dentro, sì, era pretenziosa. Io non sono un'autorità in questo campo,<br />

essendo smodatamente fiero della mia magione di sei stanze in East Croydon,<br />

giardino e tutto; ciononostante capisco, se non altro per il mio lavoro<br />

di poliziotto, quando un maggiordomo si comporta veramente da maggiordomo<br />

e quando si comporta come in una commedia da salotto. Quel fatto<br />

mi mise subito di malumore. Dopo avermi fatto attraversare un salone dove<br />

erano dei cavalli di gesso, mi fece passare in un salottino arredato in<br />

quello stile che chiamano rinascimentale. Poi, portandosi via delicatamente<br />

il mio biglietto da visita, se ne andò per vedere se la signorina Wade poteva<br />

ricevermi.<br />

Non dovetti aspettare a lungo. Dal corridoio udii uno scalpiccio e un bisbigliare,<br />

dominati da una voce decisa che dichiarò: "Me la vedo io con<br />

lui". Poi le portières furono scostate da un gesto alla Cirano de Bergerac e<br />

io mi ritrovai davanti il ghigno tranquillo del signor Gregory Mannering.<br />

«Ebbene, brav'uomo?» disse.<br />

22<br />

Perché Miriam Wade scese nella cantina<br />

Capii che doveva essere Mannering perché non poteva essere nessun altro.<br />

Entrò nella stanza con aria disinvolta, picchiettando le dita sul mio biglietto<br />

da visita, e dietro quella sua aria c'era odio... perché, non potevo saperlo.<br />

Ma lo osservai attentamente. Era di buona statura, spalle larghissime<br />

e vita stretta, che il suo vestito grigio chiaro metteva in evidenza pur senza<br />

accentuarle troppo. Tutto nel suo vestiario denotava quello che Fell avrebbe<br />

chiamato frenetico buon gusto. Teneva la testa all'indietro, ma non<br />

troppo all'indietro, il suo marcato volto abbronzato aveva una patina di divertito<br />

disprezzo; i suoi capelli neri erano accuratamente spazzolati e da<br />

sotto quelle "sopracciglia cespugliose" di cui aveva parlato Carruthers -<br />

qualunque cosa significasse - mi squadrava da capo a piedi. Della piacevole<br />

spavalderia e della repressa eccitabilità, anche quelle menzionate da<br />

Carruthers, non c'era segno. Io non lo avrei definito un tipo gradevole. Indubbiamente<br />

però dava una certa impressione di forza. Entrò illuminato


dalla luce proveniente dai finestroni e si mise di spalle contro quei mobili<br />

Rinascimento che sembravano falsi ma che con tutta probabilità erano autentici.<br />

E sorrise.<br />

«Mio buon signore» mi disse con grave cortesia, «ve ne intendete un poco<br />

dei sistemi della polizia?»<br />

Quella non era semplice impudenza, era una specie di follia. A suo modo<br />

era serissimo. Per la prima volta nella giornata mi venne voglia di ridere<br />

e quasi gli risi in faccia. Lui capì che trattenevo la mia ilarità dal modo<br />

in cui stringevo le mascelle, e quel suo strano odio per me crebbe.<br />

«Be'» dissi. «Sono un sovrintendente del CID, ma dipende dal punto di<br />

vista, immagino. Voi non siete forse il giovane che risolve i delitti degli<br />

strangolatori m India?»<br />

«Conoscete la zona a nord di Hyderabad?» domandò gentilmente.<br />

«No.»<br />

«O il nord di Jumma?»<br />

«Mai sentito nominare.»<br />

«Allora nella vostra ignoranza credete di essere qualificato a parlare come<br />

parlate?»<br />

Per quanto la ragione potrebbe avere qualcosa da ribattere, dire che quell'individuo<br />

non mi stava facendo imbestialire sarebbe una bugia. Comunque<br />

ero disposto a lasciar perdere e andare al sodo quando lui riprese: «Vi<br />

ho chiesto, signor...» fece finta di guardare il biglietto da visita, lo trovò<br />

troppo faticoso e proseguì: «Vi ho chiesto se conoscete i sistemi della polizia.<br />

Il motivo è questo: voi volete vedere la signorina Wade. Se sapeste<br />

qualcosa della legge, sapreste che lei non è obbligata a rispondere a nessuna<br />

domanda e anche in tal caso può esigere la presenza di un avvocato».<br />

«Sì, lo sapevo. Ed è per questo che ho chiesto se voleva ricevermi.»<br />

«Vi sto facendo osservare tutto questo, capite, perché stamani avete oltrepassato<br />

i limiti. Avete invitato tre persone nel vostro ufficio e le avete<br />

tempestate di domande, cosa che non avevate nessun diritto di fare, e loro<br />

sono stati tanto deboli da rispondervi. Buon Dio!» Aprì la bocca e sghignazzò.<br />

«Sono venuti da voi contro il mio consiglio. Io gli avevo detto che<br />

se proprio dovevano farlo si portassero dietro un avvocato... come dicevo,<br />

quali possono essere state le vostre trappole non lo so, né quali le vostre<br />

prepotenze, ma...»<br />

Un'agitazione delle portières e Harriet Kirkton entrò precipitosamente<br />

nella stanza. Era seguita più tranquillamente da un giovanotto tarchiato i


cui capelli color rosso acceso mi fecero subito individuare la sua identità.<br />

Sam Baxter indossava una giacca da casa che gli stava piuttosto larga e aveva<br />

in mano un bicchiere di whisky e soda. I suoi pesanti occhi castani<br />

erano gonfi e le sue palpebre arrossate, e la sua espressione, mentre guardava<br />

Mannering, palesava una tale antipatia che lui stesso, con la sua natura<br />

accomodante, ne pareva stupito.<br />

«Non essere sciocco, Greg» disse Harriet in tono brusco e sensato. «È un<br />

amico. Sa la verità...»<br />

«La verità» disse Mannering, e sorrise, e dalle sue narici parve quasi uscire<br />

un nitrito. «Sì, anch'io, vedi, so la verità. Ed è per questo che tento di<br />

nasconderla»<br />

Baxter gesticolò col bicchiere e disse in tono di protesta: «Ma, accidenti,<br />

lei vuole vederlo! E lo vedrà, comunque. Ecco, sovrintendente, sarei venuto<br />

volentieri anch'io stamattina, solo che stavo smaltendo una sbornia.<br />

Chiedetemi quello che volete. Io ero il principe Abù, sapete...». A quel<br />

punto il ghigno di Mannering si fece più marcato. «... e forse posso aiutarvi.»<br />

«Vorrei sapere» dissi, «se il signor Mannering è disposto a rispondere a<br />

qualche domanda.»<br />

«Io no, naturalmente» disse Mannering.<br />

«Perché no?»<br />

«Perché non ho nessun obbligo e non ne ho voglia» m'informò lui sorridendo<br />

freddamente.<br />

«Preferite rispondere a me o al magistrato inquirente?»<br />

Lui rise. «La solita vecchia domanda, la solita vecchia storia, l'eterna<br />

minaccia della polizia! Mio buon signor Hadley, credete di potermi citare<br />

per questa inchiesta?»<br />

«Mio buon signor Mannering» ribattei perché quella faccenda cominciava<br />

a darmi terribilmente ai nervi, «citerebbero l'arcivescovo di Canterbury<br />

se ritenessero che avesse qualcosa a che fare col delitto. Particolarmente se<br />

potessero provare che, almeno sotto un certo punto di vista, Sua Grazia è<br />

un bugiardo.»<br />

Pensavo che la mia frase avrebbe fatto una certa impressione, invece ebbe<br />

soltanto un debole effetto. Per la prima volta gli vidi unire le sopracciglia<br />

in quella maniera che lo faceva sembrare strabico, ma il suo disprezzo<br />

era così strano e completo e totale che lui mosse la bocca come una maschera<br />

greca e ghignò di nuovo.<br />

«Lo sono davvero?» disse, con aria indulgente. «La solita storia e il soli-


to bluff. Si dà il caso che io non menta. Non mi disturbo a mentire, io, tutto<br />

qui.»<br />

«Si dà il caso che io non mi disturbi a bluffare. Non è esattamente necessario<br />

che vi interroghi perché avete già fatto alcune dichiarazioni all'ispettore<br />

Carruthers che sono state registrate. Mi stavo domandando se vi<br />

atterrete a quelle dichiarazioni.»<br />

«Quali dichiarazioni?»<br />

«Capisco. Allora, dopotutto, siete disposto a rispondere a qualche domanda?»<br />

«È un cavillo piuttosto misero, sapete. Risponderò se ne avrò voglia, altrimenti<br />

no, naturalmente.»<br />

«Abbastanza giusto. Nemmeno un colpevole potrebbe parlare diversamente,<br />

non vi pare? Benissimo. Venerdì notte avete detto all'ispettore Carruthers<br />

di essere andato in Prince-Regent Court, Pall Mall Place, alle undici<br />

meno venti. Che il ragazzo del centralino vi ha informato che di sopra<br />

c'era un festino, ma voi lo avete fatto tacere e siete salito ugualmente.»<br />

Non detti alle mie parole l'inflessione di una domanda: lessi solo dal mio<br />

blocco di appunti. Lui alzò leggermente una spalla, mi guardò fisso e non<br />

disse niente.<br />

«Cito questo» spiegai, «non per darvi del bugiardo, ma perché bisogna<br />

decidere se la verità è quella che avete detto voi o quella che hanno detto<br />

tutti gli altri. La signorina Kirkton stamattina nel mio ufficio mi ha detto<br />

che il ragazzo era stato istruito di dire che al piano di sopra c'era un party<br />

soltanto dopo il loro ritorno dal museo, un bel po' dopo le undici. Fino ad<br />

allora il ragazzo non aveva avuto ordine di dire alcunché: per quanto ne<br />

sapeva lui, erano usciti tutti. Quello era tutto ciò che sapeva. Così, tutta la<br />

chiesa canta un coro sbagliato tranne voi?... A proposito, questo è quanto<br />

avete detto, vero, signorina Kirkton?»<br />

La ragazza si sedette su una poltrona dallo schienale alto guardandosi attorno<br />

a disagio.<br />

«Io non so se è questo ciò che ha detto» esclamò Baxter con violenza,<br />

«comunque è la verità. Voglio dire, me ne ricordo bene. Il ragazzo si è<br />

beccato un paio di sterline per dire che eravamo stati su tutta la sera.»<br />

La risata di Mannering cominciava a diventare monotona, simile a quelle<br />

interminabili bobine di filmetti parlati che i ragazzi proiettano sui loro piccoli<br />

schermi. Ma era stridente e irritante ed evidentemente stava urtando i<br />

nervi di Harriet. «È tutto qui quello che avete, amico mio?» domandò lui<br />

con aria divertita.


«No, non tutto. Per esempio, a che ora siete andato veramente là, e a che<br />

ora vi siete veramente arrivato?»<br />

Questo lo scosse. «Ah! allora dubitate che vi sia andato? Un gran peccato.<br />

Perché, vedete, io ci sono andato.»<br />

Era su un terreno sicuro, lì, e lo sapeva, ma evidentemente aveva preso il<br />

mondo intero per un covo di cretini.<br />

«Non dubito affatto che ci siate andato. Vi chiedevo soltanto: a che ora?<br />

Non certo alle undici meno venti. Il ragazzo ha detto di no. L'ispettore Carruthers<br />

ha parlato con lui mezz'ora fa.»<br />

Alzando lievemente le spalle, Mannering girò intorno al tavolo e si mise<br />

di schiena alla luce. Sembrava che meditasse. La sua baldanza era così assoluta<br />

che nel passarmi accanto mi dette perfino una spinta.<br />

«Molto abile da parte vostra, monsieur l'inspecteur» disse. «In effetti il<br />

ragazzo non può avermi visto perché sono salito dalle scale posteriori in<br />

modo da passare inosservato. Volete sapere perché desideravo passare inosservato<br />

e perché desideravo visitare l'appartamento del buon signor<br />

Holmes? Mio buon signore, lo saprete al momento opportuno, ma non da<br />

me, perché mi piace tenervi sulle spine e perciò preferisco non rispondere.<br />

Ah, be'! Lahm khanzeer yuhfaz muddah izâ mullih! Permettete che vi traduca,<br />

mio eccellente rompiscatole, in modo che possiate trascriverlo sul<br />

vostro blocchetto. Significa che il maiale non va a male se lo si sala, e io vi<br />

raccomando questo trattamento. Intanto voi non vedrete la signorina Wade.»<br />

<strong>Una</strong> voce di donna disse: «Perché no?».<br />

Non l'avevo vista entrare. Finalmente vidi la signorina Miriam Wade:<br />

stava lì, con le mani sulla spalliera di una sedia. Da quale punto di vista razionale,<br />

da quale punto di vista pratico e sensato si doveva guardare quella<br />

ragazza?<br />

Era indubbiamente piacevole e, tranne una certa tensione intorno agli<br />

occhi, sembrava anche in ottima salute. Cosa avrebbe pensato di lei la signora<br />

Hadley posso immaginarlo, ma questo non c'entra con la mia testimonianza.<br />

Dico in ottima salute perché fu la prima cosa che mi colpì. Indossava<br />

una vestaglia e sebbene io abbia sempre considerato il rosa un colore<br />

osceno, si adattava divinamente al suo corpo. Lo metteva in evidenza,<br />

se capite cosa voglio dire: Carruthers lo capirebbe. E fino a un certo punto<br />

posso dire perché tutti le fossero attaccati... anche se non era bella, non<br />

imponente, non (Dio lo sa) furba. Al suo ingresso l'atmosfera della stanza<br />

cambiò. No, no, Fell, non sono un vecchio satiro e non sto indulgendo in


voli poetici, sono semplicemente un uomo che precisa dei fatti. Stava lì<br />

con le mani sulla spalliera della sedia scura, capelli scuri, occhi scuri e sono<br />

convinto che se qualunque altra donna, a Londra, fosse entrata in un salotto<br />

con una veste da camera all'una del pomeriggio, avrebbe sbalordito<br />

ugualmente. Uno non era consapevole di niente di simile, ma si sentiva<br />

soltanto colpevole di notare quello che notava. Mi sono spiegato?<br />

Disse, bruscamente: «Perché non dovrebbe vedermi?».<br />

«Vuol mandarti sulla forca, tutto qui» rispose Mannering. «Se ciò non<br />

significa niente per te...»<br />

«Stupidaggini!» gridò Miriam sorridendo. «Dov'è quell'altro funzionario<br />

di polizia, quello tanto carino? Oh, dico, che sciocchezze spaventose.»<br />

Mannering si girò di scatto. «Ti sto solamente avvisando, mia cara» le<br />

disse con lo stesso tono freddo, «che se fai quello che ti ho detto dì non fare...<br />

be', tra noi è finita. E dove lo trovi un altro marito quando questa storia<br />

sarà di dominio pubblico?»<br />

<strong>Le</strong>i sbiancò ma non rispose. Non ho mai visto, su nessun palcoscenico,<br />

l'espressione fredda e altezzosa che aveva Mannering quando disse quella<br />

frase... era gelido, pazzo, ma pronunciò quella frase... detta da qualunque<br />

altro uomo a qualunque altra donna o di fronte a chiunque altro, avrebbe<br />

scatenato tuoni e fulmini... la disse in una maniera tale che nessuno aprì<br />

bocca. Poi si voltò, mi salutò con uno scintillio negli occhi e senza aggiungere<br />

altro uscì dalla stanza.<br />

E quello che vidi negli occhi di Miriam Wade era paura. <strong>Le</strong>i si mosse, si<br />

lasciò scivolare sulla sedia e all'improvviso cominciò a piangere.<br />

Uhm! Capisco che nel riportare la scena e nel descriverla con tutti i particolari<br />

affinché Fell possa capire, ho forse oltrepassato i limiti di un uomo<br />

pratico. Nondimeno è così. Accompagnai gli altri fuori della stanza dicendo<br />

loro che volevo interrogare Miriam da solo. Poi accostai le portières.<br />

Ma sentivo che, a meno di non andarci con molta cautela, ero fregato.<br />

<strong>Le</strong>i si era alzata ed era andata a sedersi su un divano, un affare con uno<br />

schienale di cuoio ornato da teste di chiodi d'ottone, vicino a uno dei finestroni.<br />

Stava protesa in avanti e la fioca luce le illuminava un lato del viso<br />

e della gola, il corpo avvolto nella vestaglia rosa; protesa in avanti con i<br />

grandi occhi fissi su di me; protesa in avanti in un modo che qualunque<br />

giuria di donne l'avrebbe fatta impiccare solo per il suo aspetto anche se,<br />

sono disposto a giurare, senza malizia. Tuttavia mi sedetti su una sedia a<br />

una certa distanza e le spiegai chi ero.<br />

«E» conclusi, «non dovete lasciarvi spaventare da lui.»


Seguì un silenzio. Ma io non riuscivo a interpretare correttamente la sua<br />

espressione. <strong>Le</strong>i fissava il tappeto.<br />

«Oh, non mi spaventa. Cioè, non so cosa voglia dire. Non riesco a capirlo!<br />

Stamattina mi ha chiamato piccola lurida sgualdrina.»<br />

«Sa quello che sappiamo tutti noi?»<br />

«Non lo so» rispose lei con semplice candore, e mi guardò. «Io non<br />

gliel'ho detto e non vedo come potrebbe averglielo detto qualcun altro.<br />

Forse fa lo stesso. A volte mi piace, a volte mi fa venire la pelle d'oca. Io...»<br />

s'interruppe.<br />

«Quando stamattina è venuta nel mio ufficio, la signorina Kirkton era<br />

molto preoccupata perché teme che tutta la faccenda, sapete a cosa alludo,<br />

possa diventare di dominio pubblico. Voi come vi sentite al riguardo?»<br />

<strong>Le</strong>i mi guardò di nuovo con espressione indecifrabile: uno di quegli<br />

sguardi nudi un po' imbarazzanti in cui poteva esserci stanchezza e perfino<br />

un certo umorismo. Poi inclinò il capo da una parte come se pensasse e<br />

parlò con lo stesso semplice candore.<br />

«Be', per dirvi la verità... sempre che non venga fuori la storia del bambino...<br />

sempre che non tirino fuori quello, sarebbe terribile... allora se devo<br />

dirvi la verità, non me ne importerebbe troppo. Non capisco perché Harriet<br />

sia tanto preoccupata. Naturalmente se mio padre non fosse già al corrente,<br />

morirei di paura, ma dato che sa già tutto, non mi farà niente... solo quello<br />

mi preoccupa. Quanto al resto, pubblicità o qualunque altra cosa del genere,<br />

non vedo perché dovrei preoccuparmi, no?» Spalancò gli occhi, con espressione<br />

viva, e sorrise. «Cerchiamo di essere sinceri, volete?»<br />

Quella frase era un po' sconvolgente, ma non lo diedi a vedere.<br />

«Allora» dissi, «non c'è ragione perché non dobbiate dirmi tutta la verità,<br />

no?»<br />

«Non lo so!» esclamò, torcendosi le mani.<br />

«Cosa intendete dire?»<br />

<strong>Le</strong>i disse, petulante: «Esattamente quello che ho detto. Cosa volete sapere?».<br />

«Prima di tutto venerdì sera, al museo, circa alle dieci e diciotto minuti,<br />

voi e la signorina Kirkton siete uscite dalla stanza del conservatore. E voi<br />

siete scesa in cantina... apparentemente per prendere i chiodi. È vero?»<br />

«Sì.»<br />

«E in cantina vi siete trovata con Raymond Penderei. Anche questo è vero,<br />

no?»<br />

<strong>Le</strong>i impallidì. Avevo cercato di parlare casualmente come se tutto ciò


fosse implicito, ma lei se ne spaventò quasi a morte.<br />

«Sì. Ma non c'è n... niente contro di me, vero? Sì! Come fate a saperlo?»<br />

«Un momento! Gli avevate dato appuntamento?»<br />

«Appun... oh, mio Dio, no! NO!» Si alzò e tornò a sedersi con una serietà<br />

devastante come il suo candore. «No, credetemi, non sapevo nemmeno<br />

che fosse a Londra. Neppure mio padre lo sapeva. È stato il più grosso<br />

choc della mia vita. Sono scesa giù e lui era là, in piedi sotto la lampadina<br />

e mi stava facendo un inchino. Per un secondo non ho capito chi fosse perché<br />

aveva una barba nera e occhiali colorati che gli alteravano l'aspetto, e<br />

sembrava più vecchio. Ma lui si è avvicinato, si è tolto gli occhiali e mi ha<br />

detto: "Buona sera, tesoro. Non mi riconosci?"» Rabbrividì. «E ora è morto.»<br />

«Andate avanti. Cos'è successo dopo?»<br />

«Io ho detto: "Come sei arrivato qui?..." intendevo dire a Londra, ma lui<br />

ha detto: "Sono venuto prima della chiusura del museo, tesoro, e sono sceso<br />

giù strisciando come un topolino quando il custode non guardava". Poi<br />

ha detto: "Come sta il nostro...?"» S'interruppe, poi riprese in fretta: «Era<br />

questo che volevo chiedervi, signor Hadley, quando me lo chiederanno,<br />

devo dire del bambino? Questo è il punto. Non potrei dire solo che voleva<br />

denaro per tutto il resto e basta?».<br />

«Se volete. Vi ha detto di essere l'attore mandato dall'agenzia?»<br />

«No. Continuava semplicemente a parlare: cose orribili. Voleva denaro...<br />

diecimila sterline. Io ero fuori di me. Ho detto: "Farai meglio ad andartene<br />

perché..."» Di nuovo s'interruppe a mezza frase. «"Perché..."» evidentemente<br />

alterò con uno sforzo quello che aveva voluto dire, «perché, ho detto<br />

che avrei chiamato gli altri e lo avrei fatto buttar fuori... Lui ha riso e ha<br />

detto che non avrei osato. E io pensavo: oh Dio, se non prendo questi<br />

chiodi e non torno su verranno tutti giù. Mi affrettai a correre nel laboratorio<br />

e tornai indietro di corsa mentre lui mi seguiva sempre parlando. Mi<br />

seguì anche sulle scale, non dimenticherò mai quella sua barba nera, il<br />

cappello a cilindro e la sua faccia che oscillava su e giù dietro le mie spalle<br />

come succede nei sogni. Poi mi sono messa a urlare. Ho detto: "Va' via di<br />

qui in ogni modo, se proprio vuoi vedermi, vieni quando sono sola, non<br />

qui. C'è una finestra là. Va' via!" E mi sono precipitata su per le scale. Ho<br />

creduto che mi seguisse, ma non l'ha fatto. Quando sono arrivata di sopra,<br />

ho dato i chiodi a Rinkey, che stava venendo a cercarli, poi ho camminato<br />

su e giù per un poco davanti alle scale principali per paura che salisse su<br />

dalla cantina. Ma non l'ha fatto e io volevo andare da qualche parte per


pensare. Potete immaginare come mi sentivo. Così sono andata nella Galleria<br />

Persiana dove c'era buio e nessuno poteva vedermi. Ma continuavo a<br />

pensare: se viene su, oh Signore, se viene su!» Di nuovo si controllò. «Non<br />

ha importanza quello che ho pensato, tranne che alla fine ho deciso di<br />

scendere giù per vedere se era andato via. Così ci sono tornata... e la cantina<br />

era vuota sebbene la luce fosse sempre accesa. Sentivo una corrente d'aria<br />

venire da una finestra di fronte. Così ho pensato: be', per ora se n'è andato,<br />

è già qualcosa. Poi ricordo di aver notato che si era fatto crescere la<br />

barba!<br />

«Ma, come potete immaginare, quando sono tornata di sopra ero ancora<br />

terribilmente sconvolta. Mentre arrivavo in cima alle scale mi sono scontrata<br />

faccia a faccia con l'uomo che ho scambiato per l'attore dell'agenzia.<br />

Ma sono andata su dagli altri come vi ha detto Harriet...»<br />

Il caso si stava chiarendo, unendosi lentamente ma inevitabilmente in un<br />

disegno compatto come sin da principio sapevo che sarebbe successo.<br />

«Quando poi l'ho visto morto in quella carrozza o sul pavimento davanti<br />

a essa... be', cosa dovevo pensare?» domandò. «Ho cercato di telefonare ad<br />

Harriet per chiederle cosa dovevo fare o dire, perché lei è intelligente,<br />

ma...»<br />

«Ancora un momento, per favore, signorina Wade. Abbiamo dimenticato<br />

alcune cose che chiariranno tutto... Quando siete scesa la prima volta<br />

nella cantina, vi siete portata dietro il pugnale e i baffi finti, vero? Non lo<br />

negate, vi prego. La signorina Kirkton ha detto che voi non avevate obiezione<br />

a che venisse risaputo. Perché avete portato giù quegli oggetti?»<br />

<strong>Le</strong>i mi fissava, spalancando gli occhi sempre di più.<br />

«Ehi!...» Un nuovo pensiero la colpì. «Io non l'ho ucciso! Santissimo Iddio,<br />

non l'ho ucciso. È questo che pensate? È questo?»<br />

«No. Affatto. Calma, adesso! Forse posso aiutarvi a spiegare perché li<br />

avete portati giù. Ma se non volete rispondere a questo, lasciate che vi domandi:<br />

cosa ne avete fatto dopo?»<br />

«Ma, non lo so! Davvero! Non riesco a ricordare. Me n'ero perfettamente<br />

dimenticata, dimenticata in pieno! Non ho il minimo ricordo di cosa ne è<br />

successo dopo che sono scesa nella cantina! Lo choc di vedere lui là... me<br />

ne sono ricordata dopo e per quanto ci abbia pensato e ripensato non riesco<br />

a ricor...»<br />

«Infatti, li avete lasciati nella cantina, no?»<br />

«Dev'essere stato così» disse lei stancamente, «perché non ricordo di averli<br />

avuti quando sono risalita.»


Mi sporsi in avanti. «Finalmente! È proprio certo che il signor Mannering<br />

non avesse saputo dello scherzo che gli avreste giocato quella sera?»<br />

«No!»<br />

«Pensateci ancora, vi prego. Non è forse vero che lo avevate informato<br />

in anticipo per prepararlo in modo che non si rendesse ridicolo? Non è forse<br />

vero che volevate essere sicura che si salvasse la faccia perché vi eravate<br />

tanto vantata di lui?<br />

«Non è forse vero che non sapevate, e non dovevate sapere, tutti i particolari<br />

del complotto fino a venerdì sera? Per l'eventualità che saltasse fuori<br />

qualcosa di nuovo, non è forse vero che gli avevate dato appuntamento<br />

nella cantina del museo prima che avesse inizio lo scherzo per informarlo?<br />

Non è stato a quello scopo che avete chiesto in prestito a Holmes una chiave<br />

per il cancello posteriore, il cancello che veniva tenuto sempre chiuso?<br />

Non è forse vero che lui si è fatto fare un duplicato di quella chiave da<br />

Bolton in Arundel Street? Non gli avete detto di entrare dal cancello posteriore...<br />

e di venire a parlare con voi attraverso la finestra della cantina del<br />

museo? Non era forse per quello? Non era per quella ragione che eravate<br />

così spaventosamente ansiosa di correre nella cantina per giacche o chiodi<br />

e di non lasciare che nessun altro vi andasse al vostro posto? Non è forse<br />

vero che, mentre scendevate nella cantina, avete visto il pugnale sulle scale<br />

e avete pensato di farvi una risata mostrandogli con che cosa lo avrebbero<br />

ucciso? Non è per quello che avete preso il pugnale? Quando avete alzato<br />

gli occhi e avete visto la Kirkton che vi osservava, non avete forse detto<br />

qualcosa come "Li darò io a Sam" e perché considerasse la cosa normale<br />

avete preso anche i baffi finti insieme al pugnale? Non li avete forse portati<br />

giù? E là, invece, avete trovato Penderei.<br />

«Non avete forse lasciato tutti e due quegli oggetti e li avete poi dimenticati?<br />

E finalmente non è forse vero che, a causa del vostro stesso piano,<br />

Mannering deve aver udito ogni parola della vostra conversazione con<br />

Penderei dall'esterno della finestra della cantina?»<br />

Dopo un lungo silenzio durante il quale potei udire ogni scricchiolio<br />

dell'edificio, lei si prese la faccia tra le mani come una bambina e cominciò<br />

a piangere.<br />

«Sì» disse.<br />

Due giorni più tardi, dopo la sensazionale ma inutile inchiesta, dopo che<br />

un certo appartamento era stato perquisito, una certa prova trovata e ogni<br />

filo della rete tessuto, due giorni più tardi chiesi, con un'analisi particola-


eggiatissima del delitto che mi propongo di dimostrare, un mandato per<br />

l'arresto di Gregory Mannering con l'accusa d'omicidio.<br />

23<br />

La tesi dell'accusa<br />

Il mercoledì pomeriggio, previo appuntamento, m'incontrai con l'altocommissario,<br />

il procuratore generale e sir Herbert, nell'ufficio di sir Herbert.<br />

Là spiegai la mia tesi punto per punto come intendo fare adesso nella<br />

maniera più logica e concisa possibile.<br />

Quindi vi prego, allo scopo di ottenere un'assoluta chiarezza, di dimenticare<br />

la testimonianza di Miriam Wade, di dimenticare che ora conoscete<br />

ogni pezza d'appoggio e di rivedere con me i fatti come sono stati presentati<br />

a noi sin dall'inizio. Non vi chiedo di concentrarvi su alcuna persona o<br />

cosa, ma semplicemente di seguire la pura dimostrazione delle prove.<br />

Il primo attore ad apparire sulla scena quella sera, le cui domande e risposte<br />

sono state registrate, è Gregory Mannering. Sull'apparente svitato<br />

che saltò giù dal muro e attaccò il sergente Hoskins, non sappiamo ancora<br />

niente. Ma sappiamo qualcosa di Mannering.<br />

Alle undici e dieci del venerdì sera, dopo che lo svitato è sparito e il sergente<br />

se n'è andato, Mannering si presenta al museo Wade, sotto gli occhi<br />

dell'agente Jameson, e scatena un tafferuglio per una questione piuttosto<br />

banale. Non vogliamo ancora asserire che sia stato un tafferuglio superfluo,<br />

ci limitiamo a registrare il fatto. Quando Jameson gli chiede di accompagnarlo<br />

al posto di polizia per rispondere ad alcune domande riguardanti<br />

una "sparizione", lui accetta di buon grado: è quindi descritto come<br />

un tipo che non fa tante storie (dall'aspetto "molto strano"), ma che tenta<br />

ripetutamente di interrogare Jameson sulla questione.<br />

Carruthers ci ha lasciato una descrizione di lui. È alto poco più di un metro<br />

e ottanta, con spalle larghe e fianchi stretti, faccia abbronzata, capelli<br />

neri e occhi azzurri; è vestito da sera, con soprabito nero, cilindro e bastone.<br />

Nel raccontare la sua storia appare in preda a un'agitazione nervosa: e<br />

cioè che Miriam Wade gli aveva telefonato nel pomeriggio invitandolo ad<br />

andare al museo per una riunione privata durante la quale avrebbero "violato<br />

una tomba", ma che quando vi era arrivato, il museo era inesplicabilmente<br />

chiuso. Tuttavia non succede niente di notevole finché Carruthers<br />

non dice le seguenti parole: "I fantasmi portano barbe finte? Quel particolare<br />

fantasma era sdraiato per terra molto tranquillamente, e poi era sparito


proprio sotto gli occhi del sergente, era stato portato via".<br />

E, inesplicabilmente, Mannering svenne.<br />

Ciononostante registriamo tutto questo solo come una circostanza strana,<br />

dato che Carruthers si riferiva allo svitato con la barba bianca. Poi Carruthers<br />

va al museo dove la sua prima scoperta, dopo una conversazione con<br />

Pruen, è una serie di orme sbaffate fatte con polvere di carbone. Queste<br />

tracce si estendono alcuni metri dalla porta principale del museo, poi svaniscono;<br />

ma poiché nessuna di esse è chiara, non servono per un'eventuale<br />

identificazione.<br />

Carruthers poi trova un cadavere nella carrozza-diligenza, cadavere che<br />

era stato appoggiato alla portiera e che quando la portiera viene aperta ruzzola<br />

fuori. Quando esamina il cadavere, nota un fatto che evidentemente<br />

non lo colpisce troppo, ma che invece è di una tale importanza che non<br />

può non essere preso in grandissima considerazione. È questo: non solo c'è<br />

una patina di polvere di carbone sulle suole delle scarpe dell'uomo assassinato,<br />

ma è una patina spessa.<br />

Vi prego di rifletterci attentamente. Qualcuno, con polvere di carbone<br />

sulle suole delle scarpe, è entrato nel museo... lasciando tracce sul pavimento<br />

di marmo bianco finché sulle suole non c'è più abbastanza polvere<br />

di carbone per farle, così, di conseguenza, le tracce svaniscono. Ma nella<br />

carrozza c'è un cadavere le cui suole sono pesantemente ricoperte di polvere<br />

di carbone. Perciò sappiamo che, chiunque sia entrato nel museo e abbia<br />

lasciato quelle tracce sul pavimento, non può, concepibilmente, essere stato<br />

l'uomo assassinato. Questo è il punto naturale e perfino molto ovvio su<br />

cui dobbiamo cominciare a ragionare.<br />

Un uomo con uno spesso e intatto strato di polvere di carbone sulle suole<br />

delle scarpe giace dentro una carrozza chiusa. Come c'è arrivato là dentro,<br />

vivo o morto? Non è assolutamente possibile che abbia camminato sino<br />

a lì perché intorno a lui, da ogni lato, c'è una distesa di marmo bianco<br />

che indubbiamente avrebbe mostrato tracce qualora lui vi fosse passato sopra.<br />

Ma da nessun'altra parte del museo vi sono tracce di polvere di carbone<br />

tranne quelle che si estendono dalla porta principale per una dozzina di<br />

passi. Benissimo, il morto è stato trasportato dove è stato trovato.<br />

Trasportato da dove? Dato che il museo ha il riscaldamento centrale e<br />

dato che non esistono caldaie o contenitori di carbone da nessun'altra parte,<br />

dev'essere stato portato dalla cantina.<br />

Esaminiamo il cadavere. L'uomo ha i baffi neri, autentici, ma porta la<br />

barba nera finta. Dico "porta" ma non è esatto. Sebbene sul mento e sulle


guance vi sia un luccichio di gomma e una specie di lanugine a dimostrare<br />

che vi era stata appiccicata, ora gli penzola lungo la guancia da un punto<br />

non più grosso di una monetina. Non era stata strappata durante una lotta<br />

perché non c'è segno di abrasione o lacerazione come vi sarebbe se fosse<br />

stata tirata via violentemente. Era stata tolta delicatamente, ma poi era stata<br />

lasciata lì penzolante da un punto.<br />

Chi l'aveva tolta in quel modo? Sembra chiaro che non può essere stato<br />

il morto. È una barba piuttosto grande e pesante; perfino nell'eventualità<br />

che l'uomo avesse deciso di andare in giro nella vita con la barba penzolante<br />

da un punto delle dimensioni di una monetina, è più che improbabile<br />

che con quella minima quantità di gomma riuscisse a restarvi appiccicata.<br />

Insieme alla nostra convinzione che l'uomo è stato trasportato sulla carrozza,<br />

è chiaro che qualcun altro, l'assassino, deve aver fatto quel lavoretto<br />

dopo che la sua vittima era morta. Perché?<br />

Ora, sui movimenti dell'assassino abbiamo due alternative. O l'assassino<br />

(1) ha tolto delicatamente la barba dalla faccia tranne quel minuscolo punto<br />

e l'ha lasciata penzolare così com'è stata poi trovata; oppure (2) gliela ha<br />

tolta tutta e dopo gliela ha riappiccicata così in fretta che ha aderito soltanto<br />

in quel piccolissimo punto.<br />

Lasciando le nostre due alternative per un momento, andiamo avanti con<br />

altre prove. Intorno al collo del morto, attaccato a un cordone nero, troviamo<br />

un paio di occhiali colorati. Ma questo cordone è messo intorno al<br />

collo sopra il colletto del soprabito. Di nuovo, signori, riflettete attentamente.<br />

La gente che porta occhiali non li porta con il cordone intorno al<br />

colletto del cappotto. Perfino nel caso che un uomo si dimentichi gli occhiali<br />

e se li metta intorno al collo dopo aver indossato il cappotto, non lascerà<br />

il cordone in quel modo; l'infilerà sotto il cappotto e perfino sotto la<br />

giacca dove deve stare. Quindi sembra chiaro che gli occhiali sul morto<br />

devono essere stati messi là da qualcun altro, e in fretta, dopo che l'uomo<br />

era morto.<br />

Ma questo diventa insensato se accettiamo la prima alternativa: cioè che<br />

la barba era stata staccata delicatamente tranne quel pezzettino sulla mascella.<br />

Perché in tal caso abbiamo un inesplicabile assassino che mette e<br />

leva. Mette un paio di occhiali intorno al collo ma stacca la barba sebbene<br />

la lasci lì ciondoloni. Tuttavia abbiamo una spiegazione decisamente razionale<br />

se accettiamo la seconda alternativa: che la barba era stata tolta<br />

completamente in un primo tempo e poi rimessa così in fretta che è rimasta<br />

attaccata solo in quel punto. Perché ora vediamo che dev'essere successa la


stessa cosa con gli occhiali. Anche quelli erano stati tolti al morto... e poi<br />

rimessi in fretta intorno al bavero del cappotto.<br />

<strong>Le</strong> nostre conclusioni sono queste: un uomo è stato assassinato nella<br />

cantina e il suo cadavere è stato trasportato da lì alla carrozza. L'uomo, da<br />

vivo, aveva portato un paio di occhiali colorati e la barba finta nera; la barba<br />

era stata staccata dalla sua faccia e poi rimessa a posto. E alla fine qualche<br />

altra persona in un certo momento di quella notte è entrata nel museo<br />

con le scarpe sporche di polvere di carbone.<br />

Ora, a questo punto dell'analisi sarebbe un passo troppo lungo, e logicamente<br />

inammissibile, dire che questo secondo uomo sia l'assassino. D'altro<br />

canto, considerando che quelle due persone sole hanno polvere di carbone<br />

sulle suole delle scarpe, è possibile collegarle e dire che probabilmente il<br />

secondo uomo sa qualcosa del delitto. Di tutte le conclusioni cui siamo arrivati<br />

sinora, soltanto una presenta un enigma che è questo: perché l'assassino<br />

dovrebbe aver tolto sia la barba sia gli occhiali al morto per poi rimetterli<br />

a posto? Potremmo arrovellarci per una risposta, ma la risposta più attendibile<br />

e più logica dovrebbe essere questa: che li voleva per sé, che li<br />

voleva per un travestimento. Ma se li voleva per sé, perché era stato necessario<br />

restituirli al morto? Di nuovo abbiamo la risposta in effetti non troppo<br />

difficile: perché si doveva presumere che non fossero mai stati tolti al<br />

morto. Messi insieme questi punti (1) che l'assassino voleva quegli oggetti<br />

per mascherarsi ma (2) che nondimeno nessuno doveva pensare che fossero<br />

mai stati presi dal morto, arriviamo alla conclusione che voleva camuffarsi<br />

per sembrare il morto. Voleva personificare uno che era morto.<br />

Lasciamo la situazione così per un momento e andiamo avanti. Dopo la<br />

testimonianza di Carruthers, il giorno seguente sentiamo le storie del dottor<br />

Illingworth e di Pruen. Queste ci forniscono una serie quasi completa di<br />

fatti, rispetto alle circostanze esterne, per seguire il nostro filo logico.<br />

E subito veniamo a conoscenza di alcuni fatti significativi circa<br />

"quest'altro uomo", il secondo uomo, l'uomo che ha lasciato le tracce sul<br />

pavimento. Quest'uomo, dichiarando di essere Penderei, appare al museo<br />

alle undici meno un quarto e viene fatto passare. E qui c'è la conferma del<br />

nostro ragionamento: qui c'è un impostore travestito per personificare Penderei<br />

con gli occhiali e la barba di quest'ultimo. Dato che porta quegli oggetti,<br />

dobbiamo presumere che Penderei è già morto, che è stato ucciso in<br />

un qualche momento prima delle undici meno un quarto.<br />

Prima di discutere su chi possa essere quest'impostore, cerchiamo di appurare<br />

quando è stato assassinato Penderei. Pruen dichiara che è arrivato


"la prima volta" al museo alle dieci meno dieci. Abbiamo ragione di credere<br />

che si sia nascosto nella cantina, e questo rafforza la nostra convinzione<br />

che sia stato assassinato nella cantina. Non potrebbe essere stato ucciso<br />

prima delle 10 e 15 perché alle 10 e 15 il pugnale era sulla scala sotto gli<br />

occhi di tutti e non era stato ancora rubato. Non potrebbe essere stato ucciso<br />

dopo le 10 e 45 perché l'impostore è arrivato alla porta principale con le<br />

cose di sua proprietà. Possiamo in qualche modo restringere quella mezz'ora<br />

per decidere?<br />

Sì, possiamo. Se fosse stato ucciso nella cantina tra le 10 e 15 e le 10 e<br />

45, quando è stato portato il suo cadavere nella carrozza? È stato scoperto<br />

nella carrozza da Butler un minuto o due prima delle undici. Benissimo.<br />

Ora è inconcepibile che l'assassino mascherato, travestito da Penderei,<br />

possa aver trasportato il cadavere di sopra tra le 10 e 45 e le 11. Perché,<br />

per farlo, sarebbe dovuto andare fino in fondo alla sala, scendere le scale<br />

della cantina sotto gli occhi di Pruen, prendere il cadavere della vittima,<br />

portare quell'enorme peso - Penderei era alto più di un metro e ottanta - di<br />

sopra e, dopo aver attraversato la porta direttamente sotto gli occhi di<br />

Pruen, mettere il cadavere nella carrozza e tagliare la corda. Tutte queste<br />

improbabilità possiamo scartarle subito. Di conseguenza abbiamo eliminato<br />

quindici minuti; sappiamo ora che Penderei deve essere stato assassinato<br />

e il suo cadavere dev'essere stato messo nella carrozza tra le 10 e 15 e le 10<br />

e 45.<br />

Ma se un uomo che porta quel pesantissimo fardello attraverso l'uscio<br />

della cantina sarebbe stato sicuramente visto tra le 10 e 45 e le 11, sarebbe<br />

stato anche visto da Pruen in qualunque altro momento precedente... in cui<br />

Pruen era di guardia con la visione completa di tutta la sala. Sarebbe stato<br />

visto da Pruen in qualsiasi momento tranne che durante quei cinque minuti,<br />

tra le 10 e 40 e le 10 e 45 in cui l'attenzione di Pruen era stata completamente<br />

distratta dalla sala. Quello è stato l'unico momento in cui Pruen<br />

non era di guardia; e l'unico momento in cui il cadavere poteva essere portato<br />

su senza essere visto e messo nella carrozza.<br />

Perché, cos'era accaduto? Pruen sente un rumore provenire dalla Galleria<br />

dei Bazar, corre là a indagare, e scopre che un pezzo di carbone è stato tirato<br />

sulla parete di quella galleria. Perde cinque minuti in un'inutile ricerca.<br />

E non si accorge di qualcosa di cui pare non si siano accorti anche altri,<br />

sebbene sembrerebbe abbastanza chiaro. Pare che tutti abbiano pensato che<br />

il carbone doveva averlo tirato qualcuno che era nella Galleria dei Bazar.<br />

Ma Pruen dichiara che nessuno era entrato in nessun momento nella Galle-


ia tranne Baxter; e se l'avesse tirato Baxter, dove avrebbe preso Baxter<br />

quel pezzo di carbone... dato che non era sceso nella cantina in tutta la sera?<br />

Infatti, proprio la scelta di quel missile ci deve portare verso un'unica<br />

direzione. Ci porta prima alla supposizione che Il carbone dev'essere stato<br />

tirato da una certa distanza, e tirato dalla direzione dell'uscio della cantina.<br />

Ora, se visitate il museo, o guardate questa pianta, vedrete qualcosa che vi<br />

darà la sicurezza di questo fatto. Il carbone andò a sbattere su quella parete:<br />

lanciato in linea diretta. Se vi mettete di spalle contro la parete colpita<br />

dal carbone, capirete che c'è solo una linea di lancio: una linea obliqua verso<br />

l'uscio della cantina. Se fosse stato lanciato da qualsiasi altro uscio, avrebbe<br />

descritto un cerchio o un mezzo cerchio come un boomerang.<br />

Per giunta, l'uscio della cantina è quasi nascosto per metà dalla carrozza<br />

più vicina. C'è un vasto spazio tra quell'uscio e la carrozza più vicina e (alla<br />

fine) l'uscio si apre in fuori verso il muro di sinistra, guardando il fondo.<br />

Quindi qualcuno deve aver aperto uno spiraglio di quell'uscio, dev'essere<br />

sgusciato fuori stando chinato, poi, raddrizzandosi, ha lanciato; una distanza<br />

non superiore ai sei metri. Quando Pruen è andato a indagare, l'assassino<br />

ha portato di sopra il suo fardello, scegliendo la diligenza perché era<br />

l'unica completamente chiusa, ha nascosto il cadavere ed è tornato nella<br />

cantina per... per cosa? Vediamo.<br />

Il cadavere, dunque, è stato messo nella carrozza alle 10 e 40. Abbiamo<br />

eliminato altri cinque minuti per stabilire l'ora della morte. Possiamo avvicinarci<br />

ulteriormente. Se il pugnale dal manico d'avorio era conficcato nel<br />

petto di Penderei alle 10 e 40, quando e come era arrivato nella cantina?<br />

L'unica persona nel museo che era scesa nella cantina (dato che Pruen era<br />

di guardia in tutti gli altri momenti) era stata Miriam Wade. Quindi, innocentemente<br />

o colpevolmente, lei deve aver portato giù il pugnale. Dato che<br />

Pruen, durante l'interrogatorio fattogli da sir Herbert, aveva insistentemente<br />

esitato, schivato e tentennato su quell'unico punto, la prima visita della<br />

ragazza nella cantina, era probabile che il pugnale fosse stato rubato la<br />

prima volta che era scesa giù, intorno alle 10 e 18 circa. Perciò Penderei è<br />

stato ucciso tra le 10 e 20 e le 10 e 40, e già i nostri formidabili tre quarti<br />

d'ora possono restringersi a venti minuti.<br />

Benissimo. Questo può mettere in cattivissima luce Miriam Wade, dato<br />

che è stata incontestabilmente lei a rubare il pugnale. Ora, se avesse ucciso<br />

lei Penderei, doveva certamente avere un complice: l'impostore che si era<br />

camuffato da Penderei ed era entrato nel museo alle 10 e 45. E per giunta<br />

quest'impostore dev'essere stato una persona di fuori, dato che tutte le per-


sone del museo possono rendere conto della loro presenza durante i momenti<br />

critici. Ma lasciando perdere questo per un momento, chiedetevi:<br />

perché, quando Miriam è scesa nella cantina, ha preso il pugnale? Sapeva<br />

forse che Penderei l'aspettava là e lo ha preso per ucciderlo? A parte il fatto<br />

che non abbiamo un briciolo di prova per pensare che lei sapesse che<br />

Penderei fosse a Londra, ci sono serie obiezioni a quest'ipotesi. Se fosse<br />

andata giù pensando di trovare Penderei o pensando di dover usare il pugnale,<br />

allora possiamo dire che doveva essere completamente pazza. Perché<br />

richiama l'attenzione sul fatto che va in cantina; insiste clamorosamente<br />

per andare a prendere i chiodi, e sotto gli occhi di Pruen, come di altri,<br />

lo sapremo più tardi, lei raccatta apertamente il pugnale dallo scalino. Non<br />

si progetta un assassinio e poi ci si dà tanta pena per richiamare l'attenzione<br />

su di esso in quella maniera scanzonata e ridanciana. No, possiamo solo<br />

presumere che lei abbia portato giù quel pugnale in tutta innocenza... innocenza<br />

di delitto, almeno.<br />

Ma perché si è portata dietro il pugnale, e perché era così ansiosa di<br />

scendere nella cantina? Per incontrarsi con qualcuno? Perché immediatamente<br />

ricordiamo l'impostore che è apparso più tardi e ha sostenuto il ruolo<br />

di Penderei. Uno di fuori; bene, vediamo se riusciamo a costruire una<br />

descrizione di questo estraneo.<br />

Penderei, il vero Penderei, è stato descritto da Carruthers. Penderei è alto<br />

un metro e ottanta e più, con spalle larghe e fianchi stretti; ha capelli neri,<br />

carnagione leggermente scura, occhi castani e baffi neri, indossa un abito<br />

da sera, un cilindro e un cappotto nero. C'è qualcuno in questo caso che,<br />

nascosto dietro una barba cespugliosa e occhiali colorati che nascondono il<br />

colore dei suoi occhi, potrebbe passare per Penderei di fronte agli occhi<br />

deboli e lacrimosi di Pruen? Pruen, naturalmente, non aveva mai visto<br />

Penderei in vita sua, basta soltanto convincerlo che l'uomo è questo quando<br />

più tardi viene scoperto il cadavere. E in tutto il caso c'è soltanto una<br />

persona che si adatta alla descrizione: Gregory Mannering. I vestiti giusti,<br />

la statura giusta, i capelli giusti, la giusta abbronzatura che può essere<br />

scambiata per carnagione scura: perché gli occhi sono nascosti dagli occhiali<br />

e mezza faccia dalla barba. Di primo acchito c'è solo una difficoltà:<br />

Penderei aveva baffi neri autentici. Se Mannering per un caso prendeva e<br />

si metteva la barba, come poteva supplire i baffi? E qui abbiamo la risposta<br />

immediata per quei baffi neri evasivi e inesplicabili i cui movimenti erano<br />

stati tanto difficili da rintracciare e che era sembrato non avessero alcuna<br />

parte nel quadro.


Lasciamo perdere la questione baffi per un istante, vediamo come la descrizione<br />

fisica di Mannering si accorderebbe col quadro che stiamo costruendo.<br />

Miriam va nella cantina per incontrarsi con qualcuno... è ragionevole<br />

supporre che quell'estraneo possa essere Mannering? Lo è, decisamente.<br />

Incontrarsi con lui, perché? La deduzione è così lampante che non<br />

avrei neanche bisogno di parlarne. Stavano organizzando uno scherzo contro<br />

Mannering, e Miriam Wade, che ne aveva tanto decantato le lodi, doveva<br />

fare in modo che non sfigurasse troppo, quindi lo aveva messo al corrente<br />

e, per giunta, aveva combinato di incontrarsi con lui nella cantina per<br />

dargli gli ultimi particolari. Questa deduzione si accorda con la prova fisica?<br />

Sì: perché la cantina è l'unico posto in cui lei avrebbe potuto vederlo in<br />

segreto e che aveva anche finestre accessibili per permettergli di entrare. E,<br />

in appoggio a questa supposizione, abbiamo la dichiarazione di Carruthers<br />

secondo la quale, mentre lui raccontava i fatti a Miriam Wade dopo la scoperta<br />

del cadavere, lei aveva mormorato le parole "finestra della cantina".<br />

Poteva Mannering essere entrato nel terreno intorno al museo per accedere<br />

a quelle finestre? Sì, poiché sappiamo che Miriam aveva una chiave per il<br />

cancello posteriore. <strong>Le</strong>i perciò aveva portato giù il pugnale per mostrargli<br />

con che cosa lo avrebbero "ucciso"; probabilmente per un impulso umoristico<br />

quando aveva visto il pugnale sulle scale; e aveva preso anche i baffi<br />

finti.<br />

La prossima domanda è: i due avevano combinato di trovarsi nella cantina<br />

col proposito di uccidere Penderei? Questo si può scartare subito per<br />

le stesse ragioni che riguardano Miriam sola: lei non avrebbe richiamato<br />

tanta attenzione sulla propria condotta. Tutto indica che il delitto non era<br />

premeditato, ma che Penderei era apparso nella cantina dove non era affatto<br />

aspettato.<br />

Sistemando i nostri fatti e le conclusioni in ordine consecutivo, abbiamo<br />

ora un disegno più o meno così: Miriam, senza alcun pensiero di delitto, ha<br />

combinato di incontrarsi con Mannering nella cantina. Penderei arriva al<br />

museo all'insaputa di tutti e si nasconde nella cantina. Alle 10 e 18 o 10 e<br />

20, Miriam scende nella cantina, porta con sé il pugnale e i baffi. Cinque o<br />

sette minuti più tardi, esce dalla cantina. Più di cinque minuti dopo, scende<br />

di nuovo nella cantina, uscendone quasi subito, alle 10 e 35, e va al piano<br />

di sopra. Alle 10 e 40 un pezzo di carbone è gettato, quasi certamente da<br />

Mannering, per distrarre l'attenzione di Pruen. Il cadavere è portato nella<br />

carrozza, Mannering ritorna nella cantina, sale in strada servendosi dello<br />

scivolo del carbone, suona il campanello del museo, ed esegue la sua rap-


presentazione. Deve rimettere barba e occhiali al morto. Si avvia lungo la<br />

sala e, voltando le spalle a Pruen, lancia quel sibilo: "Ssst!". Fermandosi e<br />

guardando verso le carrozze, dà l'impressione a Pruen che quel sibilo sia<br />

stato fatto da qualcun altro. Chinandosi sotto la carrozza, apre la portiera<br />

dall'altra parte, dove il cadavere è appoggiato... ma può soltanto attaccare<br />

in fretta la barba, mettere il libro di cucina nella mano morta e gli occhiali<br />

intorno al collo. E alla fine si Libera dei baffi finti, trovati più tardi sotto la<br />

carrozza. Tutto ciò porta via solo pochi secondi, poi Pruen sente di nuovo i<br />

passi rapidi di Mannering. Nella susseguente confusione, lui può scendere<br />

nella cantina e scappare dalla finestra e dal cancello posteriore.<br />

Perché doveva eseguire quella rappresentazione?<br />

Questo è il punto cruciale del problema. Nel decidere chi è il vero assassino<br />

abbiamo due alternative che sono:<br />

1) Che, sebbene il delitto non fosse premeditato, Miriam Wade e Gregory<br />

Mannering lo abbiano commesso insieme quando hanno trovato Penderei<br />

nella cantina. O Miriam o Mannering ha ucciso Penderei col pugnale.<br />

Poi Mannering, per poter fare in modo che Miriam avesse un alibi di ferro,<br />

ha eseguito la rappresentazione... mentre lei risaliva e si preoccupava di<br />

stabilire la sua presenza tra i suoi amici.<br />

2) Assassinio e rappresentazione sono stati fatti da Mannering, e Miriam<br />

non ne sapeva nulla.<br />

Alla prima occhiata, le probabilità sembrano quasi in favore della prima<br />

alternativa in modo schiacciante. In appoggio a questa alternativa si possono<br />

portare ragioni talmente poderose e convincenti che la fanno sembrare<br />

addirittura al di là d'ogni dubbio poiché procura ostensibilmente l'unica<br />

ragione valida per cui l'impostura dovesse essere eseguita. Miriam sapeva<br />

di essere stata vista andare apertamente nella cantina, portandosi dietro il<br />

pugnale. <strong>Le</strong>i era la sola ad essere scesa nella cantina. Perciò era necessario<br />

che il cadavere non venisse trovato lì a indicare così chiaramente la sua<br />

colpa. Per rischiare una farsa così pericolosa come quella rappresentazione<br />

ci doveva essere solo un incentivo di quella forza, altrimenti Mannering<br />

cacciava inutilmente la testa nel cappio.<br />

Ma esaminiamo di nuovo la questione. Io ho ribadito sulla necessità di<br />

cercare la spiegazione più naturale; ma se questa finora è la spiegazione<br />

più naturale, è sicuramente il sistema più anormale che sia mai stato scelto,<br />

o che abbia la probabilità di essere scelto, da due cospiratori. Del tutto credibile<br />

fino a qui, diventa pazzesco. Perché: se Miriam aveva pugnalato<br />

Penderei, o se Miriam e Mannering lo avevano pugnalato insieme, dove-


vano averlo fatto soltanto durante i primi cinque-sette minuti, quando Miriam<br />

era scesa nella cantina la prima volta. Se lei aveva una parte di colpa<br />

nella faccenda, l'aveva avuta allora. Non è credibile pensare che lei sia scesa<br />

nella cantina col pugnale, che abbia trovato Penderei, abbia parlato con<br />

lui, sia tornata di sopra per pensarci su, portandosi dietro il pugnale oppure<br />

lasciandolo lì, poi, dopo aver pensato, sia tornata giù, sotto gli occhi di<br />

Pruen, lo abbia pugnalato in quei pochi momenti che era rimasta giù, abbia<br />

detto a Mannering che aspettava: "Fai il resto" e sia corsa su nuovamente.<br />

Benissimo. Se lei avesse qualcosa a che fare con l'uccisione di Penderei,<br />

l'avrebbe commessa tra le 10 e 18 e le 10 e 25. Penderei, nel corso di una<br />

violenta lite, era stato ucciso allora. <strong>Le</strong>i dice a Mannering, che aveva udito<br />

e visto tutto oppure era arrivato subito dopo: "Devi aiutarmi" e l'uno o l'altro<br />

dei due pensa alla rappresentazione. Prima di tutto, il cadavere deve essere<br />

portato di sopra senza che nessuno veda.<br />

Quella, naturalmente, è la parte più pericolosa del piano, più pericolosa<br />

perfino della rappresentazione. L'attenzione di Pruen deve essere distratta<br />

per potersi liberare del cadavere. Se questi due agiscono in combutta c'è<br />

soltanto una cosa naturale e persino inevitabile da fare: Miriam deve distrarre<br />

l'attenzione mentre Mannering fa il lavoro. Questa sarebbe non soltanto<br />

una cosa semplicissima per Miriam, dato che Pruen ha una vera adorazione<br />

per lei, ma le procurerebbe anche l'alibi che apparentemente sta<br />

cercando. Portarlo nella Galleria dei Bazar o nella Galleria Persiana, ovunque<br />

per far sì che la sala sia libera per un minuto o due...<br />

Invece cosa fa lei? <strong>Le</strong>i sale su poco dopo le 10 e 25, gironzola attorno,<br />

va nella Galleria Persiana, torna indietro, scende le scale e torna su di nuovo...<br />

per raggiungere gli amici al piano di sopra. Stanno sempre preparando<br />

l'impostura? E se è così, perché lei non distrae l'attenzione di Pruen in<br />

nessun momento? Non è attendibile pensare che si sia persa d'animo, perché<br />

non ha nessuna esitazione nello scendere nella cantina una seconda<br />

volta; non si è persa d'animo per nessun'altra cosa quella notte; e finalmente,<br />

cosa rischiava a parlare semplicemente con Pruen? E nemmeno avrebbe<br />

abbandonato Mannering poiché era il proprio collo che era in pericolo.<br />

Come ultima considerazione, abbiamo il secondo punto pericoloso del<br />

progetto: l'entrata dell'impostore, la sua restituzione della barba e degli occhiali<br />

e la sua sparizione per la seconda volta. E se Pruen avesse insistito<br />

nel seguirlo? E se Pruen avesse scatenato un qualche tafferuglio o avesse<br />

chiamato gli altri? Mannering sarebbe stato rovinato. Non è una convinzione<br />

molto inverosimile pensare che, se c'era stata una cospirazione, il se-


condo cospiratore avrebbe fatto di tutto perché ogni cosa andasse nel modo<br />

più liscio: perché Pruen non sospettasse di nulla e per distrarre di nuovo la<br />

sua attenzione mentre l'impostore sgattaiolava via; e di nuovo non ci sarebbe<br />

stato un briciolo di pericolo per Miriam. Anzi, tutto ciò le avrebbe<br />

procurato un ottimo alibi.<br />

A questo punto, signori, avevo passato la domenica a confrontare tutti i<br />

rapporti. Esaminato il caso, non riuscivo a trovare nessun punto da nessuna<br />

parte compatibile con una convinzione della complicità di Miriam. Il delitto<br />

mi sembrava opera di una sola persona: un uomo forte, drammatico, audace,<br />

dalla vanità smodata. Nella mia analisi, il corso degli eventi dev'essere<br />

stato questo:<br />

Miriam è andata in cantina, e inaspettatamente ci ha trovato Penderei.<br />

Mannering, arrivato dietro la finestra, ha udito tutto, ma non ha fatto notare<br />

la sua presenza. Pochissimi uomini, udendo simili rivelazioni quali lui<br />

deve aver udito, si sarebbero fatti avanti immediatamente. Miriam, dopo<br />

aver ordinato a Penderei di andarsene, e temendo che gli altri potessero<br />

scendere giù da un momento all'altro per sapere come mai lei non tornava<br />

su con i chiodi, corre di sopra lasciandosi dietro pugnale e baffi. A quel<br />

punto Mannering entra dalla finestra... e agisce. Ha passato molto tempo in<br />

Oriente, e sa come maneggiare un'arma orientale in modo che arrivi direttamente<br />

al cuore. Perché agisce? Io vi dico che può essere stato spinto da<br />

amore sincero, dalla vanità, dal desiderio di annientare il futuro, o da tutte<br />

e tre le cose; comunque un uomo del tipo di Mannering, preso improvvisamente<br />

da una delle sue abituali furie alla rivelazione di un fatto che lo feriva<br />

e offendeva la sua vanità in maniera superlativa, avrebbe inevitabilmente<br />

affrontato Penderei e (facciamo un nostro piccolo sforzo di immaginazione)<br />

"uccide il cane orientale con la sua arma orientale". Per nasconderlo,<br />

nell'eventualità che qualcuno possa scendere giù, trascinerà il cadavere<br />

nell'unico posto possibile: la carbonaia Il vicino. Il suo ardore eroico<br />

sarà sempre fortissimo. E... a quel punto, sente scendere qualcuno. È Miriam<br />

che dopo essersi guardata attorno nella cantina vuota, pensa che Penderei<br />

se ne sia andato, e torna su di corsa.<br />

Date a quell'uomo ciò che gli spetta. A me non è simpatico, arrivo perfino<br />

a dire che non lo posso soffrire, ma non si può negare che abbia dimostrato<br />

d'aver fegato. Si è reso conto, quando ha visto Miriam per la seconda<br />

volta, che lei sarebbe stata inevitabilmente accusata di quel delitto. <strong>Le</strong>i aveva<br />

portato giù il pugnale, gli altri sapevano che era stata lì, e Penderei<br />

era stato il suo amante. Che fosse o meno sinceramente innamorato di lei,


Mannering sapeva che una fidanzata accusata d'assassinio lo avrebbe messo<br />

in una situazione imbarazzante. Ha perciò deciso una di quelle prodezze<br />

spettacolari e drammatiche che facevano parte della sua vita. Soltanto<br />

Mannering avrebbe potuto concepire un simile piano pericolosissimo e tuttavia<br />

riuscito, soltanto Mannering avrebbe avuto la forza di portare il cadavere<br />

di sopra, soltanto Mannering poteva farsi passare per il morto. Per<br />

trasferire quella roba sulla propria faccia aveva bisogno di una cosa: uno<br />

specchio. Però conosceva lui abbastanza bene il museo per sapere esattamente<br />

come fare? Sì, perché abbiamo testimonianze per provare che Holmes<br />

gli aveva fatto fare il giro di tutto l'edificio "compresa la cantina". E<br />

sul pavimento c'è la cosa che lo aiuta a completare il suo travestimento: i<br />

baffi neri finti per imitare quelli autentici di Penderei. Come si spiega il<br />

suo svenimento, dopo, al posto di polizia? Non ci hanno forse raccontato<br />

di un altro simile svenimento capitato a Mannering qualche giorno prima,<br />

dopo che aveva portato al piano di sopra un baule terribilmente pesante?<br />

Il venerdì notte, la reazione del suo cuore era stata causata dall'aver portato<br />

un cadavere terribilmente pesante.<br />

La domenica, come dicevo, ero arrivato a queste conclusioni, e il lunedì<br />

cominciai a metterle alla prova. Dato che il mio secondo nome è Cautela,<br />

non volevo scartare completamente la possibilità di una complicità di Miriam,<br />

ma decisi che se lei avesse risposto alle mie domande liberamente e<br />

sinceramente, senza nascondere di aver portato il pugnale nella cantina o<br />

di aver visto Penderei là, potevamo escluderla come i miei ragionamenti<br />

esigevano. Fino a questo punto, sapete il risultato.<br />

Rimane soltanto da sottoporvi le prove fisiche della colpa di Mannering<br />

che abbiamo messo insieme in vista del processo e che mercoledì ho sottoposto<br />

all'alto-commissario e al procuratore generale. Il recipiente del carbone<br />

nella cantina è stato rovesciato ed esaminato, col risultato che vi è<br />

stata trovata una buona quantità di macchie di sangue, dimostrando non solo<br />

che il delitto era stato commesso nella cantina, ma che il corpo del morto<br />

era stato prima appoggiato contro il muro in una posizione accovacciata<br />

come un Budda, così che sulle scarpe la polvere di carbone era spessa, ma<br />

poca sugli indumenti. È stato ottenuto un mandato di perquisizione per<br />

l'appartamento di Mannering in Bury Street. Nell'appartamento abbiamo<br />

trovato un paio di guanti di pelle bianca - i guanti che aveva portato con<br />

l'abito da sera la notte del delitto - i quali guanti erano sporchi di carbone e<br />

avevano macchie di sangue sulla punta delle dita. C'era anche una fotografia<br />

di lui con un costume persiano, e con un pugnale alla cintura perfetta-


mente identico a quello con cui era stato commesso il delitto.<br />

La chiave che Butler aveva trovato nella carrozza se l'era fatta fare da<br />

Bulton in Arundel Street: una copia della chiave di Miriam Wade.<br />

La nostra unica chiara impronta, come vi ho detto, era stata cancellata<br />

dallo specchio nella cantina da Geoffrey Wade; ne abbiamo trovato un'altra<br />

dubbia che forse non sarebbe stata considerata sufficiente dagli esperti,<br />

ma abbastanza solida da portare davanti a una Corte.<br />

L'alibi di Mannering fu ridotto in briciole. Avevamo la testimonianza di<br />

due centralinisti in Prince-Regent Court che dimostrava come non soltanto<br />

il venerdì sera lui non era stato là alle 10 e 40, ma che non c'era mai stato<br />

in tutta la sera. Mannering aveva detto di essere salito dalla scala posteriore,<br />

ma non fu possibile provarlo. Caso mai fu possibile provarlo a nostro<br />

vantaggio poiché il portiere disse che la porta posteriore era stata chiusa a<br />

chiave tutta la sera. Ma eravamo disposti ad ammettere la sua visita-visto<br />

che era chiaro che non l'aveva fatta tra le 10 e 30 e le 11, i tempi cruciali<br />

della nostra indagine.<br />

Dopo aver messo la mia deposizione sul tavolo nell'ufficio di sir Herbert,<br />

mi appoggiai allo schienale della sedia e aspettai che il procuratore<br />

generale e l'alto-commissario decidessero. Non credo che dimenticherò<br />

molto facilmente quel pomeriggio, a causa della sorprendente interruzione<br />

che ebbe luogo subito dopo.<br />

Il procuratore generale fu il primo a parlare.<br />

«Può andare, credo» bofonchiò, «mi sarebbe piaciuto avere più prove e<br />

reperti da sbattergli sotto il naso... ma può andare, credo.»<br />

L'alto-commissario borbottò.<br />

«Un vero peccato che Jeff Wade abbia rovinato quell'impronta» disse,<br />

«ci avrebbe fatto molto comodo. Comunque non ho alcun dubbio sulla<br />

colpevolezza di Mannering. Cosa ne dici, Armstrong?»<br />

Sir Herbert non disse niente. Non ho certo intenzione di rivangare vecchie<br />

liti o divergenze specialmente alla presenza del mio capo dipartimento:<br />

sarei veramente pazzo a farlo. Ma proprio mentre il procuratore generale<br />

stava radunando le sue carte e noi tutti stavamo spegnendo i sigari, l'inestimabile<br />

Popkins entrò frettolosamente. Sembrava perplesso.<br />

«Scusate, signori» disse. «Ma c'è...» cambiò tono. «Il signor Geoffrey<br />

Wade è di là, col signor Mannering, e chiede di vedervi. Dice di avere la<br />

prova sicura dell'innocenza del signor Mannering.»<br />

24


Alibi<br />

Di nuovo non credo che dimenticherò tanto facilmente quella scena né le<br />

facce intorno al nostro tavolo. Era una splendida giornata di giugno e il sole<br />

brillava sulle lussuose suppellettili che un vice alto-commissario può<br />

permettersi, e nonostante le finestre aperte c'era una leggera nube di fumo.<br />

Il procuratore generale era evidentemente scocciato di quell'interruzione<br />

perché aveva pensato di andarsene al golf.<br />

Ma non ci fu tempo per eccepire adducendo altri appuntamenti. Il vecchio<br />

Jeff entrò spavaldamente... spavaldamente è la parola giusta. Era agghindato<br />

con un vestito sgargiante, un cappello a bombetta grigio, e un fiore<br />

all'occhiello. Era di un umore smagliante, perfino i suoi baffoni bianchi<br />

scintillavano; gracchiante, ma sicuro di sé. Dietro di lui entrò Mannering,<br />

soave come un divo del cinema. Geoffrey Wade si avvicinò, spostò le carte<br />

da una parte, e si sedette sul bordo della scrivania.<br />

«Bella giornata, eh?» disse cordialmente. «Nel caso che non lo sappiate,<br />

sono Jeff Wade. Volevo fare una chiacchierata con tutti voi.»<br />

«Davvero?» domandò l'alto-commissario nel tono più acido possibile.<br />

«Be'?»<br />

L'altro sghignazzò allegramente. Poi cacciò il mento nel colletto e lo<br />

guardò. «Credete d'avere una tesi d'accusa contro il giovane Mannering,<br />

eh?» domandò.<br />

«Be'?»<br />

Il vecchio avvizzito volpone si stava divertendo. Infilò la mano nel taschino<br />

della giacca e tirò fuori un portafoglio. Da quel portafoglio estrasse<br />

qualcosa che non avevo mai visto in vita mia e che non credevo neppure<br />

che esistesse. Era una banconota da cinquemila sterline e la mise sulla<br />

scrivania dicendo:<br />

«Metteteci sopra una moneta da dieci pence.»<br />

«Dio onnipotente» borbottò il procuratore generale. «State cercando<br />

di...»<br />

«No, signori» intervenne Mannering con voce soave, molto cortesemente.<br />

«Non si tratta di corruzione, altrimenti mio suocero non arriverebbe a<br />

tanto; oso dire che sarebbe possibile comprare ognuno di voi con meno.<br />

Tirate fuori una moneta.»<br />

Nessuno parlò, perché la cosa superava ogni limite. Il vecchio Wade batté<br />

la mano sulla banconota.<br />

«Nessuno se la sente di rischiare dieci pence?» domandò. «Sicuramente


non sarete tutti così avari! Voglio scommettere questo pezzettino di carta<br />

contro dieci pence che non avete un capo d'accusa contro Mannering e che<br />

se ci provate non oltrepasserete nemmeno la Corte istruttoria. Be'?»<br />

«Jeff» disse sir Herbert dopo una pausa di silenzio, «adesso esageri. Io ti<br />

ho seguito e sopportato fino a un certo punto, ma ora passi i limiti, porca<br />

miseria. Esci di qui e subito.»<br />

«Un momento» disse l'alto-commissario, «perché siete così sicuro?...<br />

Ehi, cos'è questo chiasso?»<br />

A quel punto interloquì Popkins, perché dall'altra stanza veniva un gran<br />

fracasso. «Penso che si tratti del gruppo del signor Wade, signore» ci informò<br />

tranquillamente. «Un gruppo veramente considerevole.»<br />

«Testimoni» dichiarò, imperturbabile, Wade. «Tredici. Sono testimoni<br />

che provano come la sera di venerdì, quattordici giugno, dalle nove fino alle<br />

undici meno un quarto, Mannering era con me nel ristorante grecopersiano<br />

in Dean Street. Ci sono i due proprietari, i signor Shattu e Aguinopopolos.<br />

Quattro camerieri, un guardarobiere e un portiere. Quattro testimoni<br />

indipendenti che stavano cenando là...»<br />

«Il che fa soltanto dodici» disse l'alto-commissario calmo.<br />

«Oh, c'è un tredicesimo per qualcos'altro» ribatté il vecchio, con uno<br />

strano sorriso. «Aspettate e vedrete. Sono tutti ottimi sudditi britannici e<br />

accettabili da una giuria britannica. Con una testimonianza simile, proverò<br />

che un pesce non ha mai bevuto un goccio d'acqua. Questo è ciò che voi<br />

chiamate avere un alibi. Credete di poterlo demolire? Volete provarci? I<br />

testimoni sono tutti qui: forza, provateci. Portate pure il vostro caso in tribunale<br />

e io otterrò il ritiro dell'accusa, subito, non appena il giudice si metterà<br />

a sedere sul suo scanno. Ma non arriverete mai fino a lì perché io faccio<br />

una piccola scommessa che la Corte istruttoria rigetterà l'accusa. Perciò<br />

ecco perché vi avverto: lasciate cadere questa faccenda subito altrimenti vi<br />

ritroverete nei guai più seri.»<br />

Sir Herbert disse: «Maledizione, hai comprato quel ristorante...».<br />

«Provalo» replicò il vecchio, sogghignando. «Stanne fuori, Bert. Mi sei<br />

stato utile, e non voglio darti addosso.»<br />

«Suppongo che sarà permesso di chiedervi se avete comprato qualcos'altro<br />

insieme col ristorante» disse il procuratore generale, impassibile.<br />

«Provate a chiederlo» disse Wade sporgendosi in avanti e lo fissò scuotendo<br />

la testa, «e vi ritroverete con la più bella querela per diffamazione<br />

che vi è mai capitata in vita vostra. Ah, non lo farete, vero? Quello è l'uomo<br />

che sistemerò per le feste.» Puntò il dito su di me. «Ho idea, signor so-


vrintendente dei miei stivali, che scoprirete come non sia mai molto salutare<br />

tentare di minacciarmi.»<br />

«Davvero?» dissi. «Sentiamo cos'ha da dire il signor Mannering. Signor<br />

Mannering, dite che eravate in quel ristorante tra le nove e le dieci e quarantacinque<br />

di venerdì sera?»<br />

Mannering annuì con un'espressione di grave cortesia e di tronfia compiacenza.<br />

«Sì.»<br />

«Anche se avete dichiarato all'ispettore Carruthers e più tardi a me che<br />

alle undici meno venti siete andato in Prince-Regent Court?»<br />

«Scusatemi» ribatté Mannering, sempre in tono grave, «credo proprio<br />

che mi abbiate frainteso. Naturalmente quando venerdì sera ho parlato con<br />

l'ispettore Carruthers ero piuttosto eccitato, lo comprenderete sicuramente,<br />

e di conseguenza non ero del tutto responsabile. Non ricordo bene cosa ho<br />

detto in quell'occasione, ma l'ispettore potrà testimoniare che non ho firmato<br />

né siglato alcuna deposizione. In effetti sono quasi sicuro di avergli<br />

detto quello che ho detto a voi lunedì e cioè che, mentre sostenevo di essere<br />

realmente andato in Regent Court venerdì sera, non avevo nessuna intenzione<br />

di dirvi quando c'ero andato. Ho dichiarato soltanto di essere passato<br />

dalla parte posteriore e mi sono giustamente rifiutato di darvi ulteriori<br />

informazioni. Uhm, potete negarlo?»<br />

«No, è quanto mi avete detto.»<br />

Lui fece un gesto magnanimo. «Tuttavia, ora» tuonò con voce trionfante,<br />

«sono disposto a dirvi cos'è effettivamente accaduto venerdì notte, tanto<br />

per impedirvi di fare un altro dei vostri sciocchi errori. Sino a questo momento<br />

non ho detto niente perché non volevo mettere in imbarazzo il signor<br />

Wade.<br />

«Vedete, mi è capitato di incontrare il signor Wade, alle nove, quando<br />

lui stava tornando dalla stazione Waterloo con i suoi due amici... i gestori<br />

del ristorante... e ho accettato il suo invito a cena. Dopo saremmo dovuti<br />

andare al museo com'era stato combinato; il signor Wade mi aveva informato<br />

di aver mandato un telegramma al dottor Illingworth invitandolo a<br />

raggiungerci al museo alle dieci e mezzo. Disgraziatamente il signor Wade<br />

si è talmente ingolfato in una conversazione sulla Persia col signor Shattu<br />

che ha deciso... diciamo la verità, signori... di piantare in asso il dottor Illingworth.<br />

Ma non volendo offendere il buon dottore, mi ha pregato di andare<br />

al museo, dove il dottor Illingworth lo stava certamente aspettando, e<br />

di inventargli una qualche scusa plausibile. Erano le undici meno un quarto<br />

precise quando sono uscito dal ristorante. Uno dei proprietari, il signor


Aguinopopolos, tiene la sua macchina nelle scuderie dietro Pall Mall Place;<br />

poiché stava andando a casa, si è offerto di accompagnarmi. Durante il<br />

tragitto, tuttavia, all'improvviso mi è venuto in mente che c'era stato un errore.<br />

Non solo il signor Wade aveva mandato un telegramma al dottor Illingworth<br />

alterando l'ora... come sapete la nostra prima idea era di tenere la<br />

riunione al museo alle undici, ma aveva anche dimenticato di informare gli<br />

altri che la riunione che la mattina aveva disdetto avrebbe avuto luogo ugualmente.<br />

Loro non avevano ricevuto nessun telegramma e di conseguenza<br />

al museo non ci sarebbe stato nessuno. Io non sarei potuto entrare e così<br />

il dottor Illingworth, che ormai doveva essere lì sugli scalini ad aspettare.<br />

Comunque mi sono ricordato che il signor Holmes abitava in Pall Mall<br />

Place. Ho detto al signor Aguinopopolos di entrare nelle scuderie dalla<br />

parte posteriore, dove abitualmente lascia la macchina, perché sarei andato<br />

a cercare il signor Holmes. Quando sono sceso sul retro di Prince-Regent<br />

Court ho incontrato il signor George Dennison, l'amministratore degli appartamenti...»<br />

A quel punto sir Herbert Armstrong dette una botta alla scrivania. «Maledetto<br />

porco spergiuro!» ruggì. «Jeff, quel blocco di appartamenti ti appartiene<br />

come il ristorante! Pruen ha detto a Carruthers...»<br />

«Provalo» disse freddamente Wade. «Ti avverto di nuovo, Bert: stanne<br />

fuori. Prosegui, giovanotto.»<br />

Mannering riprese con soave sostenutezza: «Sì, certo. Bene, il signor<br />

Dennison... che sarebbe il tredicesimo testimone cui ha accennato il signor<br />

Wade... mi ha aperto ed è salito con me fino all'appartamento del signor<br />

Holmes. Ma non c'era nessuno e da certe prove ho capito che, dopotutto,<br />

dovevano essere andati al museo. Saranno state le undici circa. Sono tornato<br />

giù, ho parlato col signor Dennison e, a piedi, sono andato al museo.<br />

Pensavo che gli altri dovevano essere dentro, perciò ho suonato il campanello<br />

a lungo. Mentre lo facevo è arrivato un poliziotto. E naturalmente,<br />

pur intuendo che fraintendeva la situazione, non mi sono sentito di strombazzare<br />

le cattive maniere del signor Wade verso un illustre ospite come il<br />

dottor Illingworth solo per scagionarmi.»<br />

Mannering sorrise di nuovo, ma ci guardava con le sopracciglia unite e<br />

con un'espressione cortese che somigliava molto a un ghigno di scherno.<br />

«È tutto, credo. A proposito... siete ancora dell'idea di arrestarmi?»<br />

«È una formalità» disse l'alto-commissario guardandolo curiosamente,<br />

«che mi farebbe moltissimo piacere.»<br />

Il vecchio si sporse in avanti con espressione gaia.


«Lo farete?» domandò. «Bene! Be', nessuno vuole accettare la mia<br />

scommessa, signori?»<br />

Di nuovo ci buttò in faccia quell'insensata sghignazzata che ci piovve<br />

addosso come acqua sporca. E poteva ben permettersi di ridere.<br />

Tre settimane più tardi, la Corte istruttoria rigettò l'accusa.<br />

E con questo, Fell, ho quasi finito la mia deposizione. Ora capirai le mie<br />

dichiarazioni sin dall'inizio. Nessuno si batterà certo il petto in preda all'angoscia<br />

per l'ingiustizia o per il timore di eterna dannazione a causa della<br />

dipartita di Penderei, sebbene si potrebbe anche pensare che l'assassinio<br />

sia una punizione piuttosto forte per qualcuno che si è approfittato della<br />

leggerezza di Miriam Wade. Ma tutta la faccenda era un tale pugno nell'occhio<br />

che non potevamo passarci sopra. Capirai la nostra situazione.<br />

Non possiamo processare Mannering per assassinio, né Wade per falsa<br />

testimonianza. Siamo convinti che la storia di Mannering al ristorante sia<br />

una bugia bell'e buona inventata di sana pianta. Ne siamo convinti... e capisco<br />

dal tuo cenno d'assenso che ne sei convinto anche tu. Ciononostante<br />

non siamo riusciti in alcun modo a smantellare la testimonianza di un singolo<br />

testimone. (È questo, a proposito, che ha spinto Jeff ad accusarci di<br />

usare metodi da terzo grado, incluso il manganello. Non era vero, naturalmente,<br />

ma è stata l'unica volta della mia vita che avrei ardentemente desiderato<br />

usare un manganello.) Con un intero reggimento di avvocati al suo<br />

fianco per essere sicuro di non commettere errori, il vecchio ha informato<br />

la stampa che soltanto il nostro contorto desiderio di ottenere una condanna<br />

e la necessità di nascondere la nostra incompetenza ci aveva fatto credere<br />

di avere per le mani una tesi d'accusa.<br />

Perciò cosa potevamo fare? Con Mannering escluso, non potevamo fare<br />

un voltafaccia e accusare la ragazza, perfino se l'avessimo creduta colpevole.<br />

Mannering era il protagonista della vicenda, chiunque fosse il colpevole.<br />

Ci aveva battuto... e il vecchio lo sapeva. Quel vecchio ciarlatano che<br />

non ha mai subito uno smacco in tutta la sua vita, ci ha semplicemente<br />

messi nel sacco. Anche sir Herbert, suo vecchio amico, è rimasto molto<br />

avvilito.<br />

Ecco perché abbiamo passato un'intera notte a parlare. Non che ce ne<br />

importi un corno di consegnare l'assassino di Penderei alla giustizia, sebbene<br />

Penderei fosse, se non altro, un essere umano vivente. Ma quel diabolico<br />

vecchio va in giro a vantarsi di aver preso la legge per i capelli e sta<br />

provocando rogne. Come ultima risorsa... e probabilmente senza alcun


successo... sottoponiamo la questione a te. Tu, come noi, sarai certamente<br />

convinto che Mannering ha commesso Tassassimo e che Wade ha dato falsa<br />

testimonianza. Ma c'è qualche modo di prenderli in trappola?<br />

Questi fatti sono successi più di tre mesi fa e ci sono soltanto alcune cose<br />

da aggiungere come conclusione. Abbiamo tenuto d'occhio tutti quanti e<br />

sappiamo cosa è accaduto. Ti può interessare. Un mese dopo che la Corte<br />

istruttoria aveva rigettato l'accusa e le acque si erano calmate, Miriam e<br />

Mannering hanno rotto il fidanzamento, apparentemente di comune accordo.<br />

Mannering è andato in Cina, ma ora è un uomo più ricco. Attraverso<br />

canali discreti e privati, abbiamo saputo che, prima della sua partenza, il<br />

vecchio ha versato sul suo conto in banca un bell'assegno di ventimila sterline.<br />

Ti dice niente questo fatto?<br />

Quanto agli altri, sono più o meno come prima. Abbiamo dato alla signora<br />

Reilly quello che si meritava sebbene non avessimo alcun piacere di<br />

aiutare il vecchio. Il museo Wade è ancora più affollato di quello di<br />

Madame Tussaud; Pruen è sempre l'inserviente notturno e Holmes il vice<br />

conservatore. Baxter ha dovuto dare le dimissioni dalla legazione a causa<br />

dello scandalo sollevato dall'inchiesta, ma i rapporti tra tutti loro sembrano<br />

ancora più amichevoli. Jerry, Butler e Harriet Kirkton sono più o meno<br />

come li abbiamo lasciati. Illingworth... be', Illingworth ha avuto il suo<br />

momento di gloria.<br />

Quanto a Miriam, posso dirti soltanto che un mese fa l'ho vista e se anche<br />

avesse sofferto di un qualche ostracismo sociale, non lo dimostra quasi<br />

per niente. Anzi sembra che se la spassi molto più di prima. L'ho incontrata<br />

in un bar dove ero entrato per beccare un tizio accusato di falso: era seduta<br />

su un alto sgabello, elegantemente vestita e più bella che mai. Con<br />

una certa discrezione le ho chiesto di Mannering e lei mi ha risposto che<br />

era un bel po' che non ne sapeva niente. Poi, mentre mi alzavo per andarmene,<br />

le ho domandato:<br />

«Ditemi francamente, tra noi, cosa ne pensate veramente di Mannering?»<br />

<strong>Le</strong>i ha guardato lo specchio dietro il banco del bar e ha sorriso con aria<br />

quasi sognante. «Penso» ha detto, «ciò che disse quel personaggio nella<br />

commedia di Shaw. "Splendido! Meraviglioso! Superbo! E, oh, come l'ho<br />

scampata bella!" A proposito, se vedete quel simpatico, giovane poliziotto,<br />

ditegli che sta bene per giovedì sera.»<br />

Così finiamo, come abbiamo cominciato, con Carruthers.


Epilogo<br />

«Ehi!» esclamò Carruthers. «È giorno.»<br />

<strong>Le</strong> finestre nella grande stanza zeppa di libri erano grigie e la luce elettrica<br />

sopra il tavolo sembrava cruda e irreale. Nonostante i continui rifornimenti,<br />

il fuoco era diventato di nuovo un grosso mucchio di braci nel<br />

grande caminetto di pietra. C'era freddo nella stanza e l'aria sapeva di rinchiuso.<br />

L'alto-commissario aprì gli occhi.<br />

«È stata una prodezza stupida» borbottò sir Herbert Armstrong, sempre<br />

piuttosto stizzoso a quell'ora. «Star su tutta la notte. Bah!» Si mise la mano<br />

in tasca e con fare sonnolento esaminò una specie di diario. «Diciassettesima<br />

domenica dopo la Trinità. Il sole sorge alle sei e venti. Abbiamo sentito<br />

tante cose stanotte che potete sentire anche questa. Posso inoltre informarvi<br />

che la vostra assicurazione contro l'incendio cessa domani. Nessuno<br />

di voi fessacchiotti va in chiesa? Carruthers, dovreste vergognarvi.<br />

"Se vedete quel simpatico giovane poliziotto..."»<br />

«Mi spiace, signore» rispose Carruthers con umiltà sospetta. «Io non ho<br />

detto nulla. Il sovrintendente...»<br />

Soltanto Hadley sembrava fresco come una rosa, e tirava la pipa spenta.<br />

«Io l'ho detto semplicemente» spiegò con sospetta serietà, «per arrotondare<br />

il racconto. Il punto è, ora che abbiamo sprecato una notte per ripassare<br />

tutti i fatti, cosa dice l'oracolo? Cosa pensa Fell di tutta la face... Maledizione,<br />

dorme! Fell!»<br />

Il dottor Fell, seduto nella sua più comoda e decrepita poltrona, se ne<br />

stava lì stravaccato, gli occhiali penzoloni e le mani sugli occhi.<br />

«Non dormo» ribatté dignitosamente. «Il vostro linguaggio mi addolora<br />

e mi sorprende. Uhm.» Si strofinò le tempie ansimando. «Mi stavo solo<br />

chiedendo» continuò, schiarendosi la voce, «forse per la millesima volta,<br />

come faccio sempre alla fine di ogni caso: cos'è la giustizia? Il tempo, come<br />

quel burlone di Pilato, non ci risponderà. Uhm, non ci badate. A<br />

quest'ora del mattino voi avete bisogno di un buon tè forte e scuro, spruzzato<br />

di cognac. State zitti un minuto.»<br />

Si tirò su ansimando e si avvicinò pesantemente al caminetto appoggiandosi<br />

ai suoi due bastoni. Su un tavolino, dietro una pila di documenti,<br />

c'era un fornellino a gas. Il dottor Fell tirò fuori un bollitore e lo scosse per<br />

assicurarsi che vi fosse acqua dentro. Accese il gas, e le fiammelle gialle e<br />

azzurre, sibilando debolmente, formarono l'unica luce in quella stanza semibuia.<br />

Per un istante il dottor Fell rimase chino sul fuoco come l'alchimi-


sta di un racconto medievale. Poi scosse la testa.<br />

«Prima di tutto, Hadley» borbottò pensosamente, «devo congratularmi<br />

con te per il tuo bel lavoro. Vai da un punto all'altro, sicuro, come uno di<br />

quei disegni fatti di numeri che quando unisci le linee formano un quadro.»<br />

«Lascia perdere» disse Hadley piuttosto sospettoso. «La questione è: sei<br />

d'accordo? Credi che sia giusto?»<br />

Il dottor Fell annuì. «Sì» disse, «sì, penso che sia giustissimo, fino a un<br />

certo punto.»<br />

Sir Herbert Armstrong mise giù il suo diario e si drizzò di scatto. «Fino<br />

a un certo punto?» ruggì. «Non venite fuori a dirmi che c'è qualche altra<br />

cosa! Non potrei sopportarlo! Uh, via! Troviamo una scatola decorata da<br />

misteriosi caratteri. L'apriamo e dentro c'è un'altra scatola. Apriamo anche<br />

quella e... ecco, il mago spara un colpo e finalmente la colomba vola via.<br />

Non c'è nient'altro, vero?»<br />

«Aspettate un minuto, signore» disse Hadley, meticoloso come sempre.<br />

«Sentiamo, Fell. Non tirar fuori scherzetti a quest'ora. Cosa vuoi dire?»<br />

Il dottor Fell scrollò le spalle con un movimento che dette l'impressione<br />

di un lento terremoto. Si sedette in una grossa poltrona vicino al fornellino<br />

a gas e tirò fuori la pipa. Restò a guardarla per un istante sbattendo le palpebre.<br />

Poi disse bruscamente:<br />

«Secondo il mio umile pensiero, signori, non riuscirete mai a far condannare<br />

Mannering per assassinio e non riuscirete mai a far condannare<br />

Wade per falsa testimonianza. Se vi può essere di qualche consolazione,<br />

credo di vedere un modo per mettere una paura del diavolo in corpo al vecchio<br />

e vincere la vostra partita, cosa che, mi par di capire, tutti voi desiderate.<br />

Ma quanto al vero corso dei...»<br />

Dì nuovo si strofinò le tempie con le mani.<br />

«Sì, Hadley, hai fatto un buon lavoro. Ora c'è una buona vecchia frase<br />

per descrivere me, e la frase è: colui che si scervella. Il mio vecchio cervello<br />

schizza qua e là. Io sono come il cacciatore strabico che sparò un po'<br />

qua e un po' là e non lasciò selvaggina per nessuno. Sono come l'uomo di<br />

quella vecchia storiella che cercava affannosamente a Piccadilly uno scellino<br />

perduto in Regent Street perché là c'era più luce. Ma spesso ci sono da<br />

dire molte cose a favore del fatto di cercare un indizio nel luogo dove si sa<br />

che non c'è. Si vedono cose che altrimenti non avremmo mai notato.<br />

«Voi, signori, vi siete posti un problema e lo avete risolto brillantemente,<br />

ma avete trovato una risposta senza sapere esattamente di quale parte


del problema si trattava. E non credo che abbiate visto "una" parte del problema.<br />

Lasciate che la chiami "Il mistero dell'alibi non necessario". Non<br />

credo che abbiate alcun dubbio sul fatto che l'alibi di Mannering era falso.<br />

Jeff Wade, con una grandezza degna del Conte di Montecristo, ha minacciato<br />

e corrotto tredici testimoni per ottenere una testimonianza inattaccabile.<br />

Dodici di quei testimoni erano necessari, cioè quello che dicevano era<br />

molto necessario, anche se non importava portarne tanti per dirlo. Ma il<br />

tredicesimo era un sovrappiù. Il tredicesimo non era nemmeno compatibile<br />

con una falsa testimonianza su larga scala: era un estraneo, per ottenere la<br />

falsa testimonianza del quale Jeff deve aver sudato parecchio... per nessun<br />

motivo, se accettiamo l'analisi di Hadley.<br />

«Ora lasciatemi dire cosa credo io. Io credo che la ricostruzione del delitto<br />

fatta da Hadley sia perfettamente corretta tranne un piccolo particolare,<br />

probabilmente banale. Quel particolare è che Gregory, in effetti, non ha<br />

ucciso Penderei.<br />

«A me sembra chiaro che il vero assassino sia il giovane Jerry Wade, ma<br />

dubito che riuscirete mai ad avere abbastanza prove contro di lui.<br />

«Temo di avervi sorpreso» continuò il dottor Fell dopo un lungo silenzio<br />

interrotto soltanto da una violenta imprecazione di Hadley. Nella semioscurità<br />

il dottore si appoggiò allo schienale, le fiammelle del fornellino illuminavano<br />

appena il suo viso, ansimò e scosse il capo su e giù pensosamente.<br />

«Nel dirvi questo lasciate che vi spieghi le cose a modo mio e che<br />

cominci dalla fine del caso per poter mettere in risalto qualcosa. E lasciatemi<br />

anche cominciare con un'analogia.<br />

«Supponiamo che Carruthers qui presente sia accusato di aver ucciso sua<br />

nonna a Islington tra le undici e mezzanotte. Tu, Hadley, sir Herbert e io ci<br />

mettiamo insieme per combinargli un alibi falso per l'ora tra le undici e<br />

mezzanotte. Acchiappiamo il direttore del Dorchester Hotel (uno scellerato<br />

sul nostro libro paga) e il suo socio; acchiappiamo sette inservienti e tre estranei<br />

(anche questi prezzolati) che chiameremo D. Lloyd-George, S.<br />

Baldwin e N. Chamberlain... che avevano cenato lì. Tutte queste persone<br />

giureranno che Carruthers era in sala da pranzo tra le undici e mezzanotte e<br />

che è uscito a mezzanotte.<br />

«Ora, questo lo scagiona completamente. A nessuno importa dov'è stato<br />

dopo la mezzanotte, dato che concepibilmente non può aver ucciso la nonna<br />

dopo, e comunque tutto quel tempo impiegato per andare da Park Lane<br />

a Islington dopo la mezzanotte gli dà abbastanza margine per rafforzare il<br />

suo alibi. Quindi non abbiamo bisogno di correre rischi per corrompere


ancora un altro testimone in modo da provare che è sceso al Savoy a mezzanotte<br />

e un quarto e ha fatto una chiacchierata col direttore. È del tutto<br />

superfluo persino per l'alibi più scrupoloso. Se ci cacciamo dentro anche<br />

quello, significa che abbiamo un motivo piuttosto importante.<br />

«Così è per Mannering in questo caso. Jeff ha provato che Mannering<br />

non è uscito dal ristorante greco-persiano fino alle undici meno un quarto...<br />

precisamente il momento in cui l'uomo travestito entrava nel museo Wade.<br />

Era più che sufficiente. Per quale ragione, allora, dovevano escogitare tante<br />

storie elaborate facendo accompagnare Mannering da Aguinopopolos<br />

fino a Regent Court, facendogli incontrare l'amministratore degli appartamenti,<br />

e facendolo salire dalla parte posteriore? Risposta: perché era assolutamente<br />

necessario appoggiare la dichiarazione fatta da Mannering secondo<br />

la quale quella sera era stato nell'appartamento di Holmes.<br />

«Perché era tanto necessario? A voi non importava un corno, come ha<br />

detto Hadley, che ci fosse andato, finché potevate provare che non era arrivato<br />

alla porta principale del museo alle undici meno venti. Non insistevate<br />

nemmeno molto su quel fatto: tu, Hadley, glielo hai più o meno detto,<br />

quando hai parlato con lui in casa di Wade. Comunque dev'essere chiaro<br />

per voi... che quel suo ribadire di essere stato in Prince-Regent Court in un<br />

momento o l'altro era la cosa di cui Mannering voleva assolutamente convincervi.<br />

«Se c'è un fatto che ci colpisce nel suo comportamento, è l'instancabile<br />

insistenza, quasi fanatica, con cui asseriva di esser andato in quell'appartamento.<br />

Ve lo getta in faccia, anche se voi non ne dubitate affatto, sin dalla<br />

prima volta che parla con Carruthers fino al momento in cui tira fuori i<br />

suoi testimoni nell'ufficio di sir Herbert. Che lui desideri che la sua storia<br />

sia verificata in tutti i particolari è naturale, ma su un punto che non ha<br />

nulla a che fare col delitto, sembra una strana monomania. Ora cosa diavolo<br />

ha fatto in Prince-Regent Court, secondo la sua deposizione? È andato<br />

di sopra, ha trovato la porta dell'appartamento di Holmes aperta, ha curiosato<br />

in giro e ha raccattato dal focolare una lettera piegata, incompiuta,<br />

scritta da Jerry Wade...<br />

«Qui, signori, sta tutto il segreto. Lui ha raccattato (dice) dal focolare un<br />

biglietto che era caduto dalla tasca di qualcuno. Spiega soltanto di averlo<br />

trovato là quando cade dalla propria tasca al posto di polizia, e deve pure<br />

trovare una spiegazione.<br />

«A questo punto sappiamo che Mannering è un bugiardo, sappiamo che<br />

non è andato affatto in Prince-Regent Court. Dove, allora, ha veramente


trovato quel biglietto e perché era così necessario che insistesse sul fatto di<br />

averlo trovato in quell'appartamento? Quando vediamo che il biglietto è<br />

sporco di polvere di carbone, sappiamo che deve averlo trovato sulla scena<br />

del delitto. Perché Mannering, per spiegare quella polvere di carbone, ha<br />

commesso un errore grossolano dicendo di averlo trovato sul focolare del<br />

caminetto nell'appartamento di Holmes, vicino a un fuoco di carbone. Carruthers<br />

è stato in quell'appartamento, ha visto tutt'e due le stanze e non ha<br />

visto nessun fuoco, né di legna né di carbone. Voi dovreste sapere che negli<br />

appartamenti dei residence ci sono soltanto quei caminetti con il fuoco<br />

elettrico che formano una delle vergogne della nostra era.<br />

«Temo che non abbiate prestato troppa attenzione a quel biglietto. "Caro<br />

G. Ci vuole un cadavere... un vero cadavere" semplicemente perché serviva<br />

per fare uno scherzo. Come tale è stato spiegato, e dimenticato. Ma<br />

questo non era l'importante riguardo a quel biglietto. L'importante era che,<br />

sebbene il suo contenuto non avesse significato, lo aveva il posto in cui era<br />

stato trovato. Non faceva alcuna differenza che Jerry Wade avesse scritto a<br />

uno studente di medicina chiedendo un cadavere. La differenza invece stava<br />

nel fatto che il biglietto era caduto vicino a un fuoco di carbone, inesistente<br />

nell'appartamento di Holmes, e caduto accanto a un cadavere nella<br />

cantina del museo Wade. Spiega un sacco di cose che erano rimaste oscure.<br />

Spiega perché Jeff Wade si è dato da fare per scagionare Mannering:<br />

scagionava suo figlio. Credo che spieghi anche quel piccolo assegno di<br />

ventimila sterline che spingerà Mannering a cimentarsi in avventure più<br />

fantastiche e più succose, in Oriente.<br />

«Con quello che Hadley chiama il mio particolare ramo di perversità, vi<br />

ho dato prima il finale. Comunque mi sembra lampante che l'assassino di<br />

Penderei sia Jerry Wade...<br />

«Avete parlato di sospetti ovvi. Avete detto che poiché Miriam Wade<br />

era stata assolutamente la sola persona a scendere in quella cantina e poiché<br />

non c'era altro mezzo per arrivare giù tranne che attraverso l'uscio della<br />

cantina, l'assassino doveva per forza essere Miriam o qualcuno che era<br />

entrato dalla finestra. Il guaio è che c'era un'altra strada per scendere in<br />

quella cantina. C'era un ascensore bello grosso. Sarà per la mia congenita<br />

avversione per le scale, ma quell'ascensore spiccava con caratteri di fuoco.<br />

Da qualunque parte vi rigiriate in questo caso, vi inciampate contro. L'ascensore<br />

grida a perdifiato. E la prima cosa che sentiamo nei riguardi di<br />

quell'ascensore è... che è fuori servizio.<br />

«Carruthers ne sente parlare per la prima volta da Pruen la notte del de-


litto, quando entra e trova la prova della comica fuga di Illingworth dallo<br />

stesso. Pruen, a proposito, fa, in quell'occasione, un'osservazione (come<br />

alcune altre) che dovrebbe richiamare la vostra attenzione. Pruen dice che<br />

il vecchio giura che qualcuno deve averlo messo fuori uso deliberatamente,<br />

perché il vecchio aveva l'abitudine di usarlo malamente e un paio di volte<br />

aveva perfino rischiato di restare decapitato.<br />

«Chi avrebbe potuto metterlo fuori uso, mi domandavo? Be', Jerry Wade,<br />

a sentire quello che il padre ha detto ad Armstrong, era un ingegnere...<br />

«Voglio che diate un'attenta occhiata a quell'ascensore e alla sua storia<br />

durante gli avvenimenti di venerdì notte. Illingworth è molto illuminante al<br />

riguardo. Credo di aver cominciato a dubitare di Jerry dal momento in cui<br />

Illingworth è entrato nel museo. Il che succedeva alle dieci e mezzo, e Miriam<br />

stava venendo su dalla cantina. (Era scesa giù per la seconda volta,<br />

aveva trovato la cantina apparentemente vuota, aveva creduto che Penderei<br />

se ne fosse andato, ed era tornata su di corsa.) Illingworth le era passato<br />

accanto e si era diretto verso la stanza del conservatore. Proprio in quel<br />

momento la porta si spalanca e ne esce Jerry Wade in una gloria di barba e<br />

di nervosismo. Dice a Illingworth che il vecchio dottore non deve perder<br />

tempo lì fuori a chiacchierare: perché mai Illingworth dovrebbe star lì a<br />

chiacchierare? Questo è quanto dice Jerry Wade.<br />

«Qui c'è un altro piccolo punto al quale, di nuovo, non è stata prestata<br />

troppa attenzione. Abbiamo sentito da Illingworth un sacco di fatti pertinenti<br />

sulla stanza del conservatore e sull'ascensore. La porta, è stato ripetuto,<br />

è rivestita d'acciaio; non si può sentire niente al di là di essa. Gli sportelli<br />

dell'ascensore sono così spessi che Illingworth, imprigionato là dentro,<br />

non può udire ciò che Jerry e Holmes si dicono nella stanza del conservatore.<br />

Qualunque conversazione che ha luogo nella sala... d'accordo?... può<br />

essere udita soltanto quando gli sportelli dell'ascensore sono aperti. Oppure<br />

attraverso i grossi sfiatatoi del ventilatore, altrimenti niente in assoluto.<br />

«Quando Illingworth era arrivato al museo aveva parlato con Pruen in<br />

fondo alla sala, e con Baxter non molto più in su. Come ha fatto, allora,<br />

Jerry Wade a udirlo? Come, infatti, Jerry Wade avrebbe potuto sapere che<br />

l'uomo era arrivato se fosse stato chiuso nella stanza senza vedere né sentire?<br />

Veniamo alla conclusione non troppo fasulla che doveva essere dentro<br />

l'ascensore. Non c'è altra spiegazione. Doveva essere nell'ascensore, e ritto<br />

su quella cassa per sbirciare fuori.<br />

«Molto strano tutto questo, al principio. Perché quando Illingworth è entrato<br />

nella stanza del conservatore ha osservato... vi accenna quando rac-


conta di star pensando al modo di uscire... che gli sportelli dell'ascensore<br />

erano ben chiusi e su di essi era appeso un cartello con la scritta FUORI<br />

SERVIZIO. Se Jerry era stato nell'ascensore, perché nasconderlo? Ma, Dio,<br />

signori!... ha nascosto molto più di questo! Fate un bel salto al giorno<br />

dopo e sentite cosa dicono gli uomini delle impronte riguardo all'ascensore<br />

quando vogliono assicurarsi che Illingworth vi fosse veramente stato: hanno<br />

trovato le sue impronte. Ma lo strano non era quello. Lo strano è che<br />

non hanno trovato nessun'altra impronta.<br />

«Nessun'altra impronta. Uhm. Jerry dev'essere stato nell'ascensore, ma<br />

non c'è un'impronta digitale in tutta la cabina. E questo può accadere soltanto<br />

se le impronte sono state accuratamente tolte. Perché un uomo toghe<br />

le proprie impronte? Perché nasconde il fatto di essere stato in quell'ascensore?<br />

La lettera che comincia con "Caro G..." che gli è caduta nella cantina<br />

mentre uccideva Penderei, vi darà la risposta.<br />

«Vedete, io non ero per niente soddisfatto del suo comportamento di<br />

quella sera. Non ero soddisfatto della sua docile accettazione del dottor Illingworth<br />

come l'attore dell'agenzia. Mi sono detto: probabilmente non esiste<br />

sulla terra un essere umano che potrebbe parlare mezz'ora con il dottor<br />

Illingworth e credere veramente che venga da un'agenzia teatrale. Jerry<br />

Wade non era ingenuo fino a quel punto. Ha finto di credere a Illimgworth,<br />

ha recitato la sua scena a beneficio di Illingworth perché, per salvarsi la<br />

pelle, gli conveniva fingere di credere che Illingworth fosse l'uomo mandato<br />

dall'agenzia. Non sarebbe servito a niente far capire che il vero attore<br />

giaceva, morto, in cantina. Riconosco che l'attore dilettante ha recitato meravigliosamente<br />

a beneficio di Illingworth, subito dopo aver pugnalato l'attore<br />

professionista.<br />

«Hadley, adatta la tua idea del delitto alla mia, e vedrai che combaciano<br />

alla perfezione. Cercherò, nella mia maniera confusa, di spiegarmi. Perché<br />

un altro formidabile indizio lo abbiamo in quella breve conversazione che<br />

tu stesso hai udito lunedì pomeriggio, mentre Jeff Wade e Illingworth<br />

scendevano nella cantina, prima che Jeff Wade cancellasse l'impronta sullo<br />

specchio...»<br />

Hadley si alzò, rigido, dalla poltrona, e lo fissò.<br />

«Alludi» disse, «a ciò che Illingworth stava dicendo al vecchio? Illingworth<br />

diceva qualcosa come: "Se qualche screanzato ha davvero preso i<br />

guanti dalla vostra scrivania...". Al che Jeff ha risposto: "Sì, e un cacciavite...".»<br />

Il dottor Fell annuì.


«Uhm, esatto, ragazzo mio. Qualcuno aveva rubato guanti e cacciavite<br />

dalla scrivania di Jeff al piano di sopra. Cosa ti suggerisce questo? I nostri<br />

pensieri vanno subito a quell'ascensore che si presume guasto e che qualcuno<br />

poteva aver rimesso in uso...<br />

«Quando Miriam e Harriet se ne vanno, Jerry Wade rimane solo nella<br />

stanza del conservatore dalle dieci e diciotto alle dieci e trentacinque. Rimane<br />

solo per più di quindici minuti. Si era messo la barba, lavoro non<br />

troppo lungo, dato che Harriet ha dichiarato che lui aveva già quasi finito<br />

di applicarsela quando lei e Miriam lo avevano lasciato. Miriam era uscita<br />

dicendo che andava a prendergli... cosa? <strong>Una</strong> delle giacche del vecchio<br />

nella cantina per completare la sua rappresentazione. Ti dirò cos'ha pensato<br />

e fatto come se fossi stato lì. "Il vecchio è via: bene. Nessun pericolo di<br />

ammazzarsi con quest'ascensore. Tra poco gli altri porteranno giù quella<br />

grossa bara di piombo: rendiamogli le cose più facili, dato che dovranno<br />

portarla qui. Ripariamo l'ascensore... ci vorrà solo un secondo o due visto<br />

che sono stato io a metterlo fuori uso." Prende un cacciavite e un paio di<br />

guanti, per evitare di sporcarsi, dalla scrivania del padre. Entra nell'ascensore.<br />

"Ecco fatto! Semplicissimo. Proviamolo. Dove lo porto? Be', accidenti,<br />

andiamo in cantina, prenderò io quella giacca del vecchio..."<br />

«E va giù ed esce dall'ascensore nella parte recintata della cantina dov'è<br />

il laboratorio. E ode delle voci.<br />

«Dopo aver preso il pugnale e i baffi, Miriam scende in cantina per incontrarsi<br />

con Mannering. Invece vi trova Penderei. E Jerry, là nel buio,<br />

sente tutta la storia...<br />

«Tu, Hadley, hai visto quel giovane senza la sua maschera cinica, l'hai<br />

visto diverse volte. Abbiamo sentito gli altri schernirlo per la sua inefficacia:<br />

una voce che stride, che colpisce e fa male. "Zitto, tu, gnomo supercresciuto!"<br />

Lo abbiamo sentito ironizzare su se stesso, torturarsi nello<br />

sfondo perché lui è solo "il buon vecchio Jerry" che non avrebbe osato far<br />

del male neanche a una mosca. Ma hai anche visto la sua faccia quando hai<br />

detto che avresti fatto in modo di non rendere di pubblico dominio la faccenda<br />

del bambino di Miriam. Quel piccolo gnomo peggiore di qualunque<br />

altro gnomo scaturito dal buio. Ed è scaturito dal buio... contro Penderei...<br />

«Miriam, gridando a Penderei di andarsene, torna frettolosamente di sopra.<br />

Penderei, più o meno soddisfatto, aspetta e medita sul da farsi. Ed ecco<br />

che Jerry sbuca dall'altra parte del divisorio di legno. Mi par di vedere<br />

la scena sotto la lampada elettrica oscillante. Il pugnale è là, per terra. Forse<br />

c'è stato solo un grido: "Eccoti, maledetto" e l'inetto fratello balza in


quella faccenda micidiale con la stessa rapidità con cui più tardi balza nella<br />

sua scena finta con Illingworth per richiamare l'attenzione sul suo alibi.<br />

Con quel pugnale può aver trafitto il cuore per puro caso, o forse aveva<br />

imparato qualcosa sull'uso di simili strumenti dal suo amico Randall; ma<br />

per me è stato un caso. E Penderei piomba giù, morto come Harun-ar-<br />

Rashid. "Devo togliere di mezzo questo cadavere, per l'eventualità che<br />

venga giù qualcuno. Trasciniamolo... nella carbonaia." Credi che non ne<br />

avrebbe avuto la forza? Aveva avuto la forza di trascinare Illingworth,<br />

uomo grande e grosso, nell'ascensore. Che ore sono? Solo le dieci e mezzo.<br />

"Devo andare via di qui..."<br />

«Torna nel laboratorio, nasconde i guanti e il cacciavite. "Devo tornare<br />

di sopra, devo fingere che l'ascensore non sia stato ancora riparato." Si<br />

precipita di sopra con l'ascensore, e subito si dà da fare per togliere tutte le<br />

sue impronte. Deve aver fatto un buon lavoro, dopo di che rimette l'ascensore<br />

fuori uso. Nel frattempo, ode delle voci nella sala. Con la cassetta<br />

messa per ritto nell'ascensore, può vedere fuori. Illingworth. Chi diavolo<br />

è? Non sa che pesci pigliare, comunque è meglio che finga di credere che<br />

sia l'attore dell'agenzia. Richiude l'ascensore, ne esce, e un minuto o due<br />

dopo ha la faccia tosta di andare incontro a Illingworth...»<br />

Il dottor Fell tirò ansimando la pipa spenta.<br />

«Ma giù? Mannering ha visto tutto dalia finestra. Ha visto Miriam scendere<br />

per la seconda volta... subito dopo l'arrivo di Jerry... e l'ha vista andare<br />

via...<br />

«I pensieri di Mannering? Attenzione! Il fratello ha commesso il delitto<br />

e probabilmente i sospetti cadranno sulla sorella. Date pure la vostra interpretazione<br />

ai suoi motivi, ma la mia è questa. Quella notte, con un gesto<br />

eroico, recitando una parte pericolosa, pazzesca, può mettere fuori gioco<br />

quel diabolico fratello sbeffeggiatore costringendolo in una posizione tale<br />

che, se non fosse stato per l'abilità e il fegato di Mannering, sorella e fratello<br />

sarebbero entrambi accusati d'assassinio. Questa è la forma che ha preso<br />

l'inestinguibile vanità di Mannering. Li avrebbe costretti, tutti quanti, a rimangiarsi<br />

le loro parole e a cacciarsele in gola! Poi avrebbe detto a Miriam:<br />

"Grazie. Ti ho fatto vedere chi sono io. E ora buongiorno a te". Ricordate<br />

la storia di quel tizio che saltò nell'arena dei leoni per raccattare il<br />

guanto della dama solo per poi tirarglielo in faccia? Bandiere sgargianti e<br />

suono di fatue trombe: Mannering si è visto in quella situazione. Ne è beato.<br />

E ha fatto... quello che avete detto che ha fatto. Dal pavimento della<br />

carbonaia, dov'era caduto dalla tasca di Jerry, ha raccattato quel maledetto


iglietto che è l'ultima prova che a commettere il delitto è stato Jerry Wade.<br />

«Dopo, naturalmente, Mannering ha cominciato ad agitarsi. Di qui l'aiuto<br />

del vecchio Jeff. Questo, credo, spiega le ventimila sterline del padre riconoscente.<br />

Alla fine ci resta un enigma. Era Mannering un uomo galante<br />

dal cuore nobile, anche se ispirato e spronato e spinto dalla pura vanità, o<br />

era, a suo modo, un farabutto come Penderei? Dubito che lui stesso lo sappia<br />

e se quando si troverà a scalare la vetta più alta dell'Himalaya o a attraversare<br />

a nuoto la Manica inseguito dagli squali, capirà cos'ha fatto. È<br />

sempre l'uomo saggio che ci può dire qualcosa di un uomo come Mannering<br />

e anche se noi riuscissimo a scoprire l'ultimo enigma della vita non lo<br />

sapremo ugualmente.»<br />

Al di là delle finestre la luce stava schiarendo. Il dottor Fell si alzò in<br />

mezzo al silenzio assoluto e si avvicinò per aprirne una e respirare l'aria<br />

fresca del mattino.<br />

«Ma non c'è alcuna prova...» disse Hadley all'improvviso.<br />

«Certo che ora non c'è nessuna prova» rispose il dottor Fell gaiamente.<br />

«Altrimenti non vi avrei detto tutte queste cose. Non voglio che arrestiate<br />

il giovane. È già stato fatto anche troppo chiasso intorno alla faccenda. Fate<br />

pure vedere i sorci verdi a Jeff Wade ma (per fare un paragone che mi<br />

dà il voltastomaco) lasciate che la colomba che vola via allo sparo della pistola<br />

del mago abbia un ramoscello d'olivo in bocca e lo lasci cadere sulle<br />

nostre coscienze.»<br />

Si guardarono tutti l'un l'altro e di lì a poco Hadley cominciò a ridere.<br />

«D'accordo» disse sir Herbert grattandosi la nuca. «Io non parlerò.»<br />

Il dottor Fell, con un sorriso raggiante, si girò e si avvicinò pesantemente<br />

al caminetto. «Continuerete a domandarvi se ci ho azzeccato» disse, «e così...<br />

farò io. Ma quest'acqua ha bollito abbastanza.»<br />

Spense il gas. Un leggero tonfo e il bollitore smise di sibilare. E a quel<br />

punto, con appetito imperturbato, tutti quanti si prepararono a fare colazione.<br />

FINE

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