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Lectio divina<br />
XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C<br />
Es 17,8-13 Sal 120 - 2Tm 3,14-4,2 Lc 18,1-8<br />
Perché la preghiera è un combattimento?<br />
La preghiera è un dono della grazia, ma presuppone sempre una risposta decisa da<br />
parte nostra, perché colui che prega combatte contro se stesso, l'ambiente, e soprat<strong>tutto</strong><br />
contro il Tentatore, che fa di <strong>tutto</strong> per distoglierlo dalla preghiera. Il combattimento<br />
della preghiera è inseparabile dal progresso della vita spirituale. Si prega come si vive,<br />
perché si vive come si prega. (CCCC 572)<br />
Nel lungo cammino nel deserto “scuola” del popolo di Israele dopo l’episodio dell’acqua<br />
che sgorga dalla roccia, battuta dal bastone di Mosè, dopo la vittoria sulla siccità, Israele si<br />
imbatte in un altro nemico: la resistenza militare dei popoli del deserto simboleggiata dal<br />
popolo degli Amaleciti. La scena è dominata dalla figura di Mosè a braccia alzate sorretto<br />
dagli anziani; la sua intercessione perseverante ottiene a Israele, guidato da Giosuè, la<br />
vittoria sui nemici, come il suo bastone picchiato sulla roccia ne aveva fatto scaturire<br />
acqua. La preghiera, l’altare che viene poi edificato sulla collina, il sostegno dei due<br />
anziani, due ministeri di servizio sono tutti elementi che aiutano a connotare questa scena<br />
come un atto liturgico. Inoltre è la prima volta nel racconto in cui compare Giosuè, il<br />
successore designato. Mentre egli combatte Mosè intercede, gli anziani lo sostengono.<br />
Mosè è anche il Capo che nel capitolo successivo provvede all’istituzione dei giudici…Di<br />
tutti questi rimandi la liturgia trattiene l’insegnamento sull’efficacia della preghiera, in<br />
tempo di combattimento. Ma anche, nel vangelo, l’insegnamento sulla preghiera<br />
perseverante segue l’annuncio del tempo escatologico. La preghiera è allora veramente il<br />
momento in cui la nostra vita più si avvicina alla vita eterna, e nello stesso tempo è il<br />
momento in cui la vita cristiana è espressa come testimonianza e come lotta.<br />
1
[9] Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che<br />
furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa.<br />
[10] E gridarono a gran voce:<br />
"Fino a quando, Sovrano,<br />
tu che sei santo e verace,<br />
non farai giustizia<br />
e non vendicherai il nostro sangue<br />
sopra gli abitanti della terra?". (Cfr. Apc 6)<br />
Questa è l’immagine che fa da sfondo alla voce della vedova nella sua insistente petizione.<br />
Essa prega, supplica. Non è una protesta violenta, non è una ribellione arrogante contro<br />
l’ingiustizia. Ma in quest’umile preghiera possiamo vedere e sentire la voce dei tanti<br />
poveri che dal sangue di Abele in poi fanno silenziosamente salire il loro grido a Dio. Il<br />
giudice non aveva forse una funzione di tutela dei più poveri? Eppure è proprio lui che<br />
ingiuria questa vedova che è per antonomasia povera, privata, defraudata del marito e<br />
forse anche dei figli. Così Agostino ne fa l’immagine della preghiera:<br />
Poiché qual altra maggior occupazione avresti dovuto avere nella tua vedovanza che persistere nella<br />
preghiera notte e giorno, secondo la raccomandazione dell'Apostolo?(Ep 130 8,15)<br />
Ma il contesto di combattimento nella prima lettura, di combattimento contro l’ingiustizia<br />
nel Vangelo, nell’orizzonte del discorso escatologico fa diventare la supplica di una povera<br />
vedova la voce dei poveri che notte e giorno gridano a Dio, e la condizione della vedova<br />
diventa il segno della condizione di tutti coloro che in qualche misura sperimentano la<br />
privazione e possono desiderare la consolazione solo dalla presenza di Cristo.<br />
2
Commenti<br />
I<br />
Sr. Monica della Volpe<br />
Commento alla Vita di san Benedetto di San Gregorio Magno<br />
Capitolo alla comunità del 09-08-09<br />
Eravamo al capitolo III della Vita – ben lungi dall’averlo esaurito. Ma qui non ci interessa<br />
esaurire gli argomenti, vogliamo piuttosto iniziare a gettare uno sguardo sulla realtà che<br />
nasce da quell’abitare di Benedetto con se stesso, nella propria coscienza.<br />
Come Benedetto ha stabilito i suoi monasteri? Ancora non era stata scritta la Regola; però<br />
il come è detto molto chiaramente nei 4 capitoli che seguono, i capitoli 4,5,6,7, che fondano<br />
la vita dei monaci su quattro pilastri:<br />
1. la stabilità nella preghiera – nonostante le astuzie del demonio (cap IV)<br />
2. la stabilità nel monastero – nonostante la fatica (cap V)<br />
3. la perseveranza nel lavoro manuale e spirituale – nonostante le vicissitudini(cap VI)<br />
4. l’ubbidienza pronta, fatta con <strong>tutto</strong> il cuore e in qualsiasi circostanza (cap VII). Ma<br />
forse, potremmo anche dire: l’ubbidienza benedetta.<br />
Vediamo oggi il primo pilastro: la preghiera<br />
Cap. IV: La correzione del monaco che non riusciva a concentrarsi nella preghiera.<br />
In uno di quei monasteri che aveva fondati nelle vicinanze, c’era un monaco che non riusciva a<br />
concentrarsi nella preghiera, ma, non appena i fratelli si inginocchiavano per pregare, se ne<br />
usciva fuori e con la mente rivolta ora a una cosa ora a un’altra (mente vaga) si occupava<br />
di faccende terrene e quotidiane. Numerose le ammonizioni del suo abate, che lo fece<br />
accompagnare pure dal Santo, il quale condannò a sua volta con aspro rimprovero un<br />
comportamento così insensato. Il monaco, ritornato al suo monastero, si ricordò degli<br />
3
ammonimenti del Santo appena per due giorni, perché al terzo ritornò all’abitudine sua<br />
propria e, al momento della preghiera, cominciò ad andarsene in giro a fare altro. Il Servo<br />
di Dio, avvertito dall’abate del monastero da lui stesso nominato, diede questa risposta: Verrò io in<br />
persona a correggerlo. E così fece; ma quando, dopo la recita dei salmi, venne l’ora in cui i fratelli si<br />
raccolsero in preghiera, vide che un diavoletto trascinava fuori, prendendolo per il lembo della<br />
veste, quel monaco che non riusciva a fermarsi a pregare. Allora, chiamato in disparte l’abate del<br />
monastero, di nome Pompeiano, e il servo di Dio Mauro, disse: “Non vedete chi è che trascina fuori<br />
questo monaco?". Alla loro risposta negativa, aggiunse: “Preghiamo, perché anche voi possiate<br />
vedere chi è che si fa seguire da questo monaco”. Dopo due giorni di preghiera, Mauro riuscì a<br />
vederlo, ma non l’abate Pompeiano. Il giorno dopo, alla fine della preghiera, l’uomo di Dio uscì<br />
dall’oratorio e trovò fuori il monaco: un colpo di verga fu la punizione di chi non vedeva con la<br />
sua mente il vero bene (pro caecitate cordis sui virga percussit). E da quel giorno il diavoletto<br />
non ebbe più con le sue tentazioni alcuna influenza su di lui che rimaneva immobile a pregare, e<br />
così l’antico avversario non ebbe più l’ardire di farla da padrone sui pensieri del monaco (dominari<br />
non ausus est in eius cogitatione), come se fosse stato proprio lui a essere fustigato.<br />
Più tardi Benedetto scriverà la sua Regola posandola sul basamento di 12 capitoli dedicati<br />
all’Ufficio divino più un solo breve capitolo dedicato alla preghiera personale (oratio).<br />
Conosciamo i pochi accenni che la Regola fa a questo tema: Lo spirito nostro si accordi con la<br />
nostra voce (cap XIX). Chiedere con umiltà e riverenza. Supplicare il Dio dell’universo con tutta<br />
l’umiltà di un cuore puro (omni humilitate et puritatis devotione. Non in multiloquio, sed in<br />
puritate cordis et compunctione lacrima rum. Brevis debet esse et pura oratio, a meno che non<br />
sia prolungata dalla grazia divina con un affetto ispirato.(cap XX). L’insistenza sulla brevità, è<br />
chiaro, va insieme a quella sulla purezza: sembra che Benedetto più di ogni altra cosa tema<br />
il fiume putrido che esce con flusso continuo dal cuore impuro, e l’abitudine, ahimè, di<br />
chiamare questo: preghiera – perché lo si fa in ginocchio!<br />
Per il Resto, la Regola, fin dal prologo, v.4, ci chiederà: Prima di <strong>tutto</strong>, quando cominci a fare<br />
qualsiasi cosa buona, chiedi con preghiera insistentissima che sia da Lui portata a<br />
compimento. E tutta la Regola, dal principio alla fine, è intessuta con le parole di Dio e le<br />
risposte umane, con le richieste umane e le risposte di Dio; tutta la vita è vissuta sotto gli<br />
occhi di Colui che ci guarda dall’alto; tutta la vita è preghiera.<br />
Ma perché si arrivi a questo, due cose sono di somma importanza: la seconda è il paziente<br />
lavoro di purificare il cuore (sradicare); la prima, è che il monaco rimanga fermo nei<br />
momenti di preghiera comune, sia che si tratti dell’ufficio divino, sia che la comunità sia<br />
riunita in orazione – che dovrà però essere breve.<br />
Dal capitoletto che abbiamo appena letto si deduce chiaramente che l’impossibilità di<br />
stare alla preghiera è un segno chiaro di mozione diabolica. In altri termini, è un vizio. E<br />
se questo capitolo è posto per primo fra quelli che parlano della vita nei monasteri di<br />
4
Benedetto, è perché l’instabilità, l’incapacità di stare nella preghiera è il primo dei vizi<br />
del monaco.<br />
Qui ciascuna esamini se stessa, per imparare a vedere nel proprio cuore.<br />
Interrogando noi stesse, sappiamo bene che tutte, almeno in qualche periodo di aridità,<br />
accidia, notte oscura o quel che volete, attraversiamo questo problema, attraversiamo il<br />
deserto.<br />
Come lo affrontiamo? Se non lo affrontiamo, se smettiamo semplicemente di pregare, la<br />
nostra vita monastica affonda nelle sabbie mobili.<br />
Il rimedio è uno solo: ricominciare a pregare. Nel modo più semplice che conosciamo, ma<br />
ricominciare. Prima di <strong>tutto</strong>, attaccandosi alla presenza nella comunità riunita. E poi, agli<br />
strumenti: lectio, meditatio, oratio…E’ importante che ciascuna impari l’arte di discernere, di<br />
vedere in se stessa. A volte, per accorgermi che sto accampando delle scuse: la stanchezza,<br />
il caldo, la salute, il carattere… A volte, al contrario, per imparare a vedere che quello che<br />
io considero uno stato semi-sonnacchioso è invece un prezioso riposo davanti al Signore,<br />
che è contentissimo di questo semplice abbandono filiale e non pretende che ci sfiniamo in<br />
lunghe preghiere. Ciascuna deve imparare a capire qual è il modo in cui si lascia,<br />
personalmente, ingannare e trascinare dal nemico. Chiediamo allo Spirito Santo che ci<br />
liberi dalla cecità del cuore, perché possiamo vedere e quindi sradicare i vizi che lo<br />
invadono, ed ottenere alfine un cuore puro.<br />
5
II<br />
Agostino<br />
Dalla lettera a Proba *<br />
Occorre pregare senza stancarsi<br />
8. 15. Perché mai dunque ci perdiamo dietro a tante considerazioni e cerchiamo di sapere<br />
che cosa dobbiamo chiedere nelle nostre preghiere per timore di non riuscire a pregare<br />
come dovremmo? Perché non diciamo piuttosto col salmo: Una cosa sola ho chiesta al<br />
Signore, quella sola io ricercherò: di restare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita per<br />
contemplare le delizie di Dio e visitare il suo tempio 32 ? Lì tutti i giorni non si sommano col<br />
venire e col passare, e l'inizio dell'uno non è la fine dell'altro: sono tutti insieme senza fine,<br />
dove non ha fine neppure la vita a cui quei giorni appartengono. Per l'acquisto di questa<br />
vita beata la vera Vita beata in persona c'insegnò a pregare, ma non con molte parole,<br />
come se ci esaudisse di più quanto più siamo loquaci, dal momento che la nostra preghiera<br />
è rivolta a Colui che conosce, come dice il Signore medesimo, ciò che ci è necessario prima<br />
che glielo chiediamo 33 . Potrebbe sembrare strano che, pur proibendo il multiloquio, Colui<br />
il quale conosce, prima che glielo chiediamo, ciò che ci è necessario, ci abbia esortato con<br />
tanta insistenza a pregare, da dire: Occorre pregare di continuo e non stancarsi 34 . Così dicendo<br />
ci propose l'esempio d'una vedova che, desiderando ottenere giustizia contro il proprio<br />
avversario, piegò un giudice iniquo ed empio col sollecitarlo spesso a darle ascolto, mosso<br />
non già da un senso di giustizia o di compassione, ma vinto dalla noia. Ci volle così<br />
ricordare che molto più sicuramente è disposto ad ascoltarci Dio, Signore misericordioso e<br />
giusto, quando preghiamo senza interruzione, dal momento che quella vedova, grazie alle<br />
sue assidue sollecitazioni, non poté essere trascurata neppure da un giudice iniquo. Ci<br />
volle anche insegnare quanto volentieri e benignamente è disposto a compiere i buoni<br />
desideri di coloro che Egli sa che perdonano i peccati altrui, se la vedova, che voleva le si<br />
facesse giustizia, raggiunse lo scopo desiderato. Anche quel tale, presso cui era giunto un<br />
amico da un viaggio e che non aveva nulla da servirgli a tavola, desiderando che da un<br />
altro suo amico gli fossero prestati tre pani, sotto i quali è adombrata forse la Trinità di<br />
un'unica sostanza, a forza di supplicare con grande petulanza e molestia, lo svegliò<br />
quando già dormiva coi suoi servitori, perché gli desse i pani che voleva. L'amico glie li<br />
* www.augustinus.it<br />
32<br />
Sal 26, 4<br />
33<br />
Mt 6, 8.<br />
34<br />
Lc 18, 1.<br />
6
diede più per evitare d'essere infastidito che per benevolenza 35 . Volle il Signore che da<br />
questa parabola comprendessimo che se è costretto a dare chi, mentre dorme, è svegliato<br />
suo malgrado da un supplicante, tanto più benevolmente dà Colui che non dorme mai e<br />
stimola noi che dormiamo a fargli delle richieste.<br />
35<br />
Lc 11, 5-8.<br />
7
III<br />
Origene<br />
Dall’Omelia XI sull’Esodo *<br />
L’intercessione di Mosè, figura della croce<br />
3. Dopo questi fatti viene raccontata la guerra contro gli amaleciti, e si riferisce che il<br />
popolo combatté e vinse. non si riferisce peraltro che il popolo abbia combattuto prima di<br />
aver mangiato il pane del cielo e bevuto l’acqua della pietra, ma gli viene detto: Il Signore<br />
combatterà per voi e voi farete silenzio (Es 14,14). C’è dunque un tempo in cui il Signore<br />
combatte per noi e non permette che siamo tentati al di là di quello che possiamo, non<br />
permette che veniamo a battaglia contro il forte con forze ineguali. Infatti anche Giobbe<br />
sostenne <strong>tutto</strong> il famoso combattimento della sua tentazione quando era già perfetto.<br />
Anche tu, quando comincerai a mangiare la manna, il pane celeste della parola di Dio, e a<br />
bere l'acqua dalla pietra, cioè quando sarai giunto al cuore della dottrina spirituale,<br />
attenditi la battaglia e preparati alla guerra. Vediamo ora che cosa comanda Mosè<br />
nell'imminenza della guerra. Disse a Gesù: Scegliti degli uomini e domani va' a combattere<br />
con Amalec. Fino a questo punto non si è fatta mai menzione del nome santo di Gesù: qui<br />
per la prima volta rifulse lo splendore di questo nome, qui per la prima volta Mosè chiamò<br />
Gesù e gli disse: Scegliti degli uomini. Mosè chiama Gesù, la Legge invoca Cristo affinché<br />
si scelga uomini potenti dal popolo. Mosè non avrebbe potuto scegliere: solo Gesù può<br />
scegliere uomini potenti, lui che ha detto: Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi. E lui<br />
la guida degli eletti, il principe dei potenti, è lui che combatte contro Amalec: è lui infatti<br />
che entra nella casa del forte , lo lega e gli porta via i beni.<br />
4. Consideriamo per ora il significato storico di questo racconto: Mosè - dice - sali sulla cima<br />
del colle. Non sale ancora sulla cima del monte, ma sulla cima del colle: gli era infatti<br />
riservata l'ascesa sulla cima del monte quando vi sarebbe salito Gesù, e con lui Mosè ed<br />
Elia, e là si sarebbe trasfigurato in aspetto glorioso. Ora invece, in quanto non ancora<br />
glorificato dalla trasfigurazione di Gesù, non sale sulla cima del monte ma sulla cima del<br />
colle . Quando - dice - Mosè innalzava le mani, Israele vinceva. Mosè innalza le mani, non le<br />
stende; invece Gesù il quale, esaltato sulla croce, avrebbe stretto nelle sue mani tutta la<br />
terra, dice: Ho steso le mie mani a un popolo incredulo, che mi contraddiceva. Mosè dunque alza<br />
le mani, e quando innalzava le mani Amalec era vinto. Innalzare le mani vuol dire<br />
* ORIGENE, Omelie sull’Esodo, Città <strong>Nuova</strong> 2005, trad. Maria Ignazia Danieli<br />
8
innalzare a Dio azioni e opere, e non compiere azioni rivolte in basso e che giacciono a<br />
terra, ma bene accette a Dio ed erette verso il cielo. Innalza le mani colui che accumula un<br />
tesoro in cielo; perché dov'è il suo tesoro là sono anche il suo occhio e la sua mano. Innalza<br />
le mani anche colui che dice: L'elevazione delle mie mani è sacrificio vespertino. Se perciò le<br />
nostre azioni s'innalzano e non stanno a terra, Amalec viene vinto. Anche l’Apostolo<br />
raccomanda di innalzare mani sante, senza ira e discussione, mentre ad altri veniva detto:<br />
Raddrizzate le mani fiacche e le ginocchia vacillanti, e percorrerete vie dritte con i vostri piedi . Se<br />
dunque il popolo osserva la Legge, Mosè innalza le mani e il nemico è vinto; se il popolo<br />
non osserva la Legge, Amalec prevale. Perciò, dato che la nostra lotta è contro i prìncipi, le<br />
potenze e i reggitori di questo mondo di tenebre, se vuoi vincere, se vuoi avere la meglio,<br />
innalza le mani: cioè innalza i tuoi atti e la tua vita non sia sulla terra, ma come ha detto<br />
l'Apostolo: Mentre camminiamo sulla terra, abbiamo la vita in cielo . Così potrai trionfare su<br />
Amalec, il popolo che ti combatte, sicché anche di te si dica: Con mano nascosta il Signore<br />
combatteva contro Amalec.<br />
Innalza anche tu le mani a Dio, adempì il comandamento dato dall’Apostolo: Pregate senza<br />
interruzione , e si compirà ciò che è stato scritto: Come il vitello bruca nei campi l'erba verde,<br />
così questo popolo brucherà il popolo che è sopra la terra . Questo significa, come ci hanno<br />
trasmesso gli antichi, che il popolo di Dio combatteva non tanto con le mani e le armi<br />
quanto piuttosto con la voce e la lingua, cioè abbatteva i nemici effondendo preghiere a<br />
Dio. Perciò anche tu, se vuoi vincere i nemici, innalza i tuoi atti, grida a Dio come dice<br />
l'Apostolo: Perseveranti nella preghiera e vegliando in essa . Questa è la battaglia del cristiano,<br />
con la quale vince il nemico. Ritengo inoltre che con questa figura Mosè stia a significare i<br />
due popoli, mostrando che uno è il popolo proveniente dai pagani, che innalza le mani a<br />
Dio e le tiene in alto, cioè solleva in alto quanto ha scritto Mosè, ne stabilisce in cielo<br />
l'intelligenza e in questo modo vince. L'altro è il popolo che non innalza le mani di Mosè e<br />
non le solleva da terra, cioè non considera in lui alcunché di significato alto e sottile, sicché<br />
è vinto e prostrato dai nemici.<br />
5. Dopo questi fatti Mosè giunge al monte di Dio e là gli va incontro Iothor, suo suocero.<br />
Ma egli esce incontro a lui fuori dell'accampamento, e non lo conduce al monte di Dio<br />
bensì nella propria tenda. Infatti un sacerdote di Madian non poteva salire al monte di<br />
Dio, e neppure aveva potuto discendere in Egitto, né lui né la moglie di Mosè, la quale ora<br />
viene a lui con i suoi figli. Infatti non può discendere in Egitto e affrontarne i<br />
combattimenti se non chi è atleta provato e tale quale dice l'Apostolo: Ognuno che<br />
combatte nella lotta si astiene da <strong>tutto</strong>: essi per ricevere una corona corruttibile, noi invece<br />
incorruttibile. Dunque io corro, ma non quasi alla cieca; combatto, ma non come dando<br />
colpi all'aria. Mosè era atleta grande e forte: perciò discese in Egitto, discese ai<br />
9
combattimenti e agli esercizi delle virtù. Anche Abramo era disceso in Egitto, giacché<br />
anche lui era atleta grande e forte.<br />
10