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Antonio SOCCI - Vitanostra-nuovaciteaux.it

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7 – San Bernardo<br />

Da <strong>Antonio</strong> Soci, Cristiani. L’avventura umana di 14 santi…<br />

tratto da: <strong>Antonio</strong> Socci<br />

Cristiani. L’avventura umana di 14 santi,<br />

suppl. a 30 Giorni, anno IX, dicembre 1991, p. 28ss<br />

Per alcuni decenni l'Europa guardò a lui. Un vero ciclone toccato dalla grazia: salvò il suo<br />

Ordine, combatté le eresie, ev<strong>it</strong>ò uno scisma, predicò una crociata, disputò con Abelardo.<br />

La storia del monaco cistercense nato 900 anni fa.<br />

È un mattino fresco e luminoso di primavera dell'anno 1112. Al portale della grande<br />

abbazia di Cîteaux si affaccia il monaco portinaio, con scontata rassegnazione. La stessa<br />

del suo abate Stefano Harding, ormai impotente ed amareggiato di fronte alla decadenza<br />

di Cîteaux, fondata appena dodici anni prima con il grande sogno di rinnovare il<br />

monachesimo benedettino: era stato l'inizio dell'avventura cistercense (da Cistercium, o<br />

Cîteaux). Ebbene, quella mattina il monaco portinaio si trova di fronte uno strano<br />

spettacolo: un giovanotto, sui vent'anni e, dietro di lui, una trentina di suoi amici e<br />

coetanei.<br />

Quel giovane all'apparenza timido è un autentico conquistatore. Alcuni di quei giovanotti<br />

se li è trascinati con sé mentre erano impegnati nell'assedio al castello di Grancey: armi e<br />

cavalli cost<strong>it</strong>uivano il passatempo della gioventù aristocratica dell'epoca. Bernardo era<br />

nato da una famiglia aristocratica a Fontaine nel 1090; con gli anni anche il padre<br />

Tescelino, cavaliere, sei fratelli, zii e cugini, si faranno monaci con lui. Egli diverrà «la<br />

colonna della Chiesa», secondo le parole del suo biografo Goffredo d'Auxerre. Tutta la<br />

cristian<strong>it</strong>à, papi, re, poveracci, cavalieri, monaci, per decenni, da tutta Europa,<br />

guarderanno a lui. La pattuglia che lo segue a Cîteaux è fatta da uomini affascinati da lui.<br />

Li raccoglie così: ha un amico a Mâcon: «Bisogna che diventi anche lui dei nostri» dice ai<br />

fratelli. E quelli, sbigott<strong>it</strong>i, si guardano: «Ma Bernardo, tu lo conosci, ha una posizione, è<br />

un uomo importante. E poi, alla sua età!». Bernardo però non si ferma.<br />

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L'abbazia di Cîteaux, che era ornai semivuota, si riempie di questa sorprendente<br />

compagnia. E col passare delle settimane e dei mesi continuano ad arrivare altri amici<br />

(molti sono sposati e per le mogli che vogliono prendere l'ab<strong>it</strong>o viene allora fondato un<br />

monastero a Juilly). L'abate Stefano, che prima di quel fresco mattino di primavera stava<br />

pensando addir<strong>it</strong>tura di chiudere l'abbazia e andarsene, è stupefatto. Adesso le mura di<br />

Cîteaux non bastano più. Bisogna costruire nuove abbazie. Stefano spedisce due gruppi di<br />

monaci nel 1113 e nel 1114. Poi l'anno dopo, per una nuova fondazione sceglie Bernardo: il<br />

giovane è in monastero da appena due anni, non ha nemmeno 25 anni, non ha ricevuto<br />

neanche l'ordinazione e poi -vien fatto notare all'abate- è pure cagionevole di salute, oltre a<br />

non aver alcuna esperienza amministrativa (per guidare un'abbazia erano necessarie certe<br />

doti "manageriali"). Ma Stefano ha già deciso. Bernardo, dunque, parte da Cîteaux con un<br />

gruppetto di monaci. Si stabiliscono in una vallata sol<strong>it</strong>aria e luminosa, Clara Vallis,<br />

Clairvaux, vicino al fiume Aube, a sud-est di Parigi. Vi costruiscono delle capanne. Alla<br />

durezza della regola si aggiunge il freddo e la fame. Il cibo, perlopiù, è fatto di zuppa di<br />

foglie di frassino. Qualche monaco ha momenti di sconforto, anche perché il lavoro qui è<br />

ancor più duro che a Cîteaux. Bernardo non si occupa molto della organizzazione: ha a<br />

cuore innanz<strong>it</strong>utto quelle persone che gli sono state affidate. Da allora farà così per tutta la<br />

v<strong>it</strong>a, nonostante la gigantesca fior<strong>it</strong>ura, in tutta Europa, delle sue abbazie. Ormai avanti<br />

con gli anni, costretto dalle necess<strong>it</strong>à della Chiesa universale a vivere per mesi in giro per<br />

l'Europa fuori dalle sue amate mura, scriverà ai suoi: «La mia anima è triste finché non<br />

r<strong>it</strong>ornerò e non vuol essere consolata se non lì, fra voi». La dolcezza e il vigore della sua<br />

amicizia sostengono fin dall'inizio la fondazione di Clairvaux: «Vi scongiuro, fratelli, vi<br />

scongiuro per il bene comune (la v<strong>it</strong>a della nostra comun<strong>it</strong>à): afferrate con zelo l'occasione<br />

a voi data di operare la vostra salvezza» dice in un sermone. I monaci costruiscono pietra<br />

su pietra l'abbazia, bonificano, seminano piantano un frutteto, creano un grande orto<br />

diviso geometricamente e irrigato da piccoli rivoli. Grazie a una splendida opera di<br />

ingegneria idraulica, infatti, i monaci sono riusc<strong>it</strong>i a incanalare metà delle acque dell'Aube,<br />

deviandole verso l'abbazia. Le acque sono utilizzate per il sistema di irrigazione e per tutti<br />

i laboratori dell'abbazia; fanno funzionare il mulino, servono ai monaci per la<br />

fabbricazione della birra, per la follatura e la conceria (e quando la portata d'acqua è<br />

eccessiva l'abbazia è difesa da un sistema di dighe). Bernardo, nonostante la cattiva salute<br />

e la debolezza, non si sottrae alla fatica, anzi vi sono dei racconti dove appare felice di<br />

essere il più bravo nella miet<strong>it</strong>ura del grano che i fratelli volevano risparmiargli.<br />

Un giorno, mentre i monaci stanno pregando, Bernardo vede arrivare dalle colline una<br />

quant<strong>it</strong>à di persone: gente di ogni condizione, di ogni età, di ogni dove. Comincia così,<br />

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quasi inattesa, non preordinata, la grande fior<strong>it</strong>ura cistercense: al momento della morte di<br />

Bernardo, nel 1153, saranno ormai 350 i monasteri nati in tutte le valli, le foreste, le<br />

montagne d'Europa, dalla Scandinavia all'Italia. «Nei monasteri noi ammettiamo tutti,<br />

nella speranza che diventino migliori» dice Bernardo in un passo del «De consideratione». E<br />

aggiunge con ironia, rivolgendosi al Papa, che invece per la Curia romana è bene che trovi<br />

uomini già buoni, benché ciò sia raro, perché lì «è più facile ricevere uomini buoni che farli<br />

diventare tali». Bernardo chiede innanz<strong>it</strong>utto a chi vuol entrare in monastero di «conoscere<br />

se stesso"», di riconoscere qual è la comune condizione dei mortali: «ogni uomo è<br />

ment<strong>it</strong>ore, vacillante, misero, impotente, fragile, mutevole». Questa è la miseria quotidiana<br />

che nessuno slancio di entusiasmo può cancellare. Ma da questo «lago della miseria e dal<br />

fango melmoso», annuncia Bernardo, Gesù il Verbo incarnato ci salva. Bernardo lo dice<br />

con «un'amicizia tenera, premurosa, devota», che «eccelle nella capac<strong>it</strong>à di penetrare gli<br />

stati d'animo altrui, per consolare e confortare» (Leclercq). Bernardo sa chi sono, di che<br />

pasta sono fatti, coloro che bussano ai suoi monasteri. Dice dunque in un sermone: «Dio<br />

ha offerto la carne a degli esseri che godono della carne affinché imparino, attraverso di<br />

essa, a godere in egual modo dello Spir<strong>it</strong>o». Cioè della presenza di Gesù, Dio fatto uomo. Il<br />

motivo dominante dei suoi sermoni è appunto questo: historia Verbi, «la storia del Verbo»<br />

e, all'interno di quel mirabile mistero dell'Incarnazione, la grandezza di Maria e la sua<br />

matern<strong>it</strong>à universale.<br />

«Chi siamo noi sulla terra se non piccole formiche indaffarate in lavori inutili e vani? Che<br />

vantaggio avrà l'uomo da tutte le opere per le quali si affatica sotto il sole?». Bernardo non<br />

ha dubbi: solo per gustare la presenza di Cristo vale la pena vivere. Lo dice<br />

magnificamente in un suo inno: Jesu, dulcis memoria / dans vera cordis gaudia: / sed super mel<br />

et omnia, / Ejus dulcis praesentia. / Nil can<strong>it</strong>ur suavius; / nil aud<strong>it</strong>ur jucundius / nil cog<strong>it</strong>atur<br />

dulcius / guam Jesu Dei Filius. / Jesu, spes paen<strong>it</strong>entibus / quam pius es petentibus! / Quam bonus<br />

Te quaerentibus! / Sed quid invenientibus? / Nec lingua valet dicere, / nec l<strong>it</strong>tera esprimere: /<br />

expertus potest credere, / quid s<strong>it</strong> Jesum diligere. / Sis, Jesu, nostrum gaudium, / Qui es futurum<br />

praemium: / sii nostra in Te gloria, / per cuncta semper saecula. Amen<br />

(O Gesù, dolce memoria / sorgente di vera gioia al cuore: / ma sopra ogni dolcezza / dolce<br />

è la Sua presenza. / Nulla si canta di più soave, / nulla si sente di più lieto, / nulla di più<br />

dolce si pensa, / che Gesù, Figlio di Dio. / Gesù, speranza per chi r<strong>it</strong>orna al bene / quanto<br />

sei pietoso verso chi Ti desidera! / Quanto sei buono verso chi Ti cerca! / Ma che sarai per<br />

chi Ti trova? / Nessuna bocca può dire, / nessuna parola può esprimere; / solo chi ne ha<br />

fatto esperienza può comprendere / cosa sia amare Gesù. / Sii Tu, o Gesù, la nostra gioia, /<br />

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Tu che sei il futuro premio eterno: / sia in Te la nostra gloria, / sempre, in ogni tempo.<br />

Amen).<br />

Se c'è una parola chiave per comprendere Bernardo e la sua intuizione del cristianesimo,<br />

questa è: esperienza. Lo scrive e lo ripete instancabilmente: «Solo chi ne fa esperienza può<br />

comprendere cosa sia amare Gesù». E nel «De diligendo Deo» insiste senza tregua:<br />

«Amiamo Dio perché abbiamo provato e sappiamo quanto sia dolce il Signore». Tutto ciò<br />

che fa o che dice, tutto ciò che di lui è rimasto di grande nella storia della Chiesa, non può<br />

essere compreso se non come difesa, inc<strong>it</strong>amento, aiuto, nella esperienza della amicizia di<br />

Cristo.<br />

Bernardo s'intromette nelle nomine dei vescovi, chiedendo la deposizione di alcuni,<br />

percorre l'Europa predicando contro l'eresia catara e contro quella di Arnaldo da Brescia, è<br />

veemente, appassionato, infuocato contro ecclesiastici, teologi, contro i suoi stessi<br />

cistercensi ed altri Ordini (ad esempio, nella polemica con l'abbazia di Cluny, dove<br />

l'osservanza della Regola è ormai molto rilassata, Bernardo, ripete, seppur dolorosamente,<br />

con san Gregorio: «E' meglio far sorgere uno scandalo che trascurare la ver<strong>it</strong>à»). Ma su<br />

tutto prevale l'appassionato inv<strong>it</strong>o a far proprio il tesoro: la esperienza della dolcezza di<br />

Gesù, quell'«amor cordis» che è «quodammodo carnalis» verso il Corpo di Cristo. Bernardo<br />

odia il vaniloquio intellettuale, non sopporta le inutili dispute dialettiche che già allora<br />

cominciavano ad insinuarsi nelle univers<strong>it</strong>à. La sottigliezza accademica lo nausea. È quasi<br />

provocatorio: «Haec mea subtilior, interior philosophia, scire Jesum, et hunc crucifixum». Nel<br />

«De gradibus» attacca proprio la «curios<strong>it</strong>as», con la sua apparente innocenza, come la<br />

«radice di ogni peccato», addir<strong>it</strong>tura di quello di Lucifero e di quello di Eva. La «curios<strong>it</strong>as»<br />

è perdersi dietro alle cose che non valgono dimenticando Colui che è il Sommo Bene.<br />

Non per sua volontà, ma solo per obbedienza, Bernardo viene trascinato nella disputa con<br />

Abelardo, il gran dottore la cui dialettica andava per la maggiore a Parigi, pur avendo già<br />

avuto una censura nel 1121 dal Concilio di Soissons. Bernardo, per anni, usa con Abelardo<br />

ogni dolcezza, ogni discrezione. Inoltre ha particolarmente a cuore la libertà di giudizio di<br />

ciascuno su ciò che non è essenziale alla fede. Ma verso la primavera del 1140 le cose<br />

precip<strong>it</strong>ano. Bernardo si persuade che adesso non si tratta più solo di ricerca dialettica di<br />

un professore: «Christus est in causa». Con questo nuovo magistero intellettuale «si deride<br />

la fede dei cuori semplici, si frugano i misteri di Dio». E questo Bernardo non può<br />

sopportarlo: la fede nel Salvatore siglata dal Suo sangue è minacciata e allora Bernardo<br />

non può più tacere. Egli freme pensando a quanti ingenui possono esserne travolti (e<br />

persino nella Curia romana c'è chi si lascia solleticare da questa nov<strong>it</strong>à che, per Bernardo,<br />

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assembla gli antichi errori di Ario, di Pelagio e di Nestorio). Inconcepibile è per Bernardo<br />

anche il fatto che Abelardo, che si dice monaco -e che dunque dovrebbe aver provato la<br />

delizia del cenobio- possa trovare in quei sofismi intellettuali e nel successo dei salotti<br />

parigini il proprio appagamento. Abelardo tenta il grande coup de théâtre: una disputa<br />

pubblica con Bernardo, un'arte in cui lui eccelle, tanto quanto Bernardo ne è nauseato.<br />

Dunque a Sens, il 2 giugno del 1140, per l'ottava di Pentecoste, Abelardo arriva con lo<br />

stuolo dei suoi ammiratori. Bernardo invece solo con un appunto che gli è stato preparato<br />

da Guglielmo di Saint Thierry, un amico di entrambi i contendenti. Ed ecco il colpo di<br />

scena. Tutto sembra pronto per il grande spettacolo, ma Bernardo prende la parola per<br />

primo e legge le proposizioni eretiche o assurde, che chiede ad Abelardo di rinnegare, di<br />

correggere o di dimostrare. La ver<strong>it</strong>à non è da inseguire con una disputa, ma da<br />

riconoscere e sperimentare. E basta. Abelardo s'indigna e s'infuria. Già pregustava il<br />

sapore della disputa (e magari del successo) e invece Bernardo non fa proprio nessuna<br />

disputa. Abelardo con i suoi fans se ne va scandalizzato, appellandosi al Papa. Ma a Roma<br />

le sue tesi vengono egualmente condannate. Come ha mostrato dom Knowles, «a distanza,<br />

san Bernardo ci appare come l'aggressore, mun<strong>it</strong>o di una potente armatura. Ma quando<br />

queste cose accadevano egli assomigliava piuttosto al giovane Davide... Quando attaccò<br />

Abelardo, uscì dalle file come colui che viene a sfidare, sul suo proprio terreno, il maestro<br />

più adorato, più brillante del suo tempo».<br />

D'altronde sempre più la Chiesa universale sembra aver bisogno di Bernardo. Appena<br />

pochi anni prima proprio lui aveva dovuto addir<strong>it</strong>tura salvare la Chiesa da un grave<br />

scisma. Morto Onorio II, nel febbraio 1130, due fazioni romane opponevano i cardinali<br />

pretendenti al soglio pontificio. Così, nel giro di poche ore, viene eletto Papa il cardinale<br />

Guido di Saint Ange, col nome di Innocenzo II e poi il cardinale Pietro di Leon, che sarà<br />

chiamato Anacleto II. Quest'ultimo da anni tramava per ottenere l'elezione, comprando il<br />

consenso del popolo e dei sovrani a suon di mance e bustarelle. La Chiesa si trova in una<br />

s<strong>it</strong>uazione penosa, con un Papa ed un antipapa. Un dramma che si trascinerà per anni.<br />

Bernardo percorrerà l'Europa in lungo e in largo per aiutare Innocenzo II. Sarà una lotta<br />

durissima e spesso cruenta; Bernardo dovrà difendere la Chiesa dalle pesanti intromissioni<br />

del potere mondano. Un anno dopo l'altro, papi, cardinali e re continueranno a chiamare<br />

Bernardo «per porre rimedio alle difficoltà della Chiesa». Non c'è causa giudiziaria,<br />

disputa ecclesiastica, che non si sottoponga a Bernardo. «Statum ecclesiae miseramur»,<br />

esclama con amarezza il monaco.<br />

Eppure questo stesso uomo a cui si aggrappa tutta la Chiesa, che tratta con tutti i potenti<br />

del mondo, che riempirà della sua presenza la storia del suo secolo, è lo stesso che si<br />

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preoccupa di parlare con i gen<strong>it</strong>ori di uno dei tanti giovani che vogliono entrare nel suo<br />

monastero e accoratamente dice loro: «Non piangete! Il vostro Goffredo corre verso la<br />

gioia, non verso le lacrime, e io sarò per lui un padre, una madre, un fratello e una<br />

sorella». Bernardo è commosso di fronte a ciascun ragazzo che decide di seguirlo e, in<br />

fondo, sa che questo solo vale. E solo di Dio vorrebbe occuparsi. Ma Dio vuole che egli sia<br />

abate del mondo intero e così, quando nel 1145 viene eletto Papa un suo monaco, col nome<br />

di Eugenio III, scriverà una autentica guida di v<strong>it</strong>a per il Papa stesso. Con grande<br />

venerazione, ma anche con grande libertà («Venerabundus, sed libere») lo chiama alle sue<br />

responsabil<strong>it</strong>à. Il «De consideratione» è un'opera straordinaria. Bernardo mette in guardia il<br />

nuovo Papa da quella schiera di prof<strong>it</strong>tatori famelici che si troverà attorno («sono lupi,<br />

altro che agnelli»), dall'abuso di potere, dalla superbia. E poi ancora: «Come mai i tuoi<br />

predecessori hanno r<strong>it</strong>enuto di stabilire dei lim<strong>it</strong>i al Vangelo, di sospendere la<br />

predicazione della fede, mentre persiste ancora il paganesimo? Per quale ragione, mi<br />

domando, s'è arrestato quell'annuncio che rapido corre? Chi per primo ha bloccato questa<br />

corsa della salvezza? Quale scusa abbiamo noi di nascondere la ver<strong>it</strong>à?». Ma Bernardo,<br />

grande conosc<strong>it</strong>ore dell'animo umano e delle cose del mondo, dedica la stessa attenzione<br />

alle cose apparentemente più trascurabili e invece più insidiose nella missione di un Papa:<br />

«Non è inutile riflettere sui mezzi e sui modi per riordinare la tua casa, e su come<br />

provvedere a quelli che vivono nella tua intim<strong>it</strong>à e fanno v<strong>it</strong>a comune con te. Direi persino<br />

che è necessario. Ascolta Paolo: "Se qualcuno non riesce a dirigere la propria casa, come<br />

potrà prendersi cura della Casa di Dio?"». L'uomo libero che così scrive al Papa è lo stesso<br />

che a lui obbedirà con rigore monastico. Come nel 1146, quando il Papa ordina a Bernardo<br />

che predichi e organizzi una nuova crociata. Il Papa pensa soprattutto ad una spedizione<br />

mil<strong>it</strong>are sotto la corona di Francia. Ma Bernardo immagina un immenso santo<br />

pellegrinaggio di tutti i peccatori della cristian<strong>it</strong>à europea per riscattare non solo quelle<br />

terre dove è trascorsa la «storia del Verbo», ma anche la loro v<strong>it</strong>a.<br />

Bernardo vede in questo santo viaggio proprio un giubileo straordinario voluto da Dio:<br />

«Considerate, o peccatori, di quale grande artificio Egli si serva per salvarvi e stup<strong>it</strong>e;<br />

contemplate l'abisso della sua tenerezza senza fine e confidate... Non è infatti un mezzo di<br />

salvezza straordinario, che solo Dio poteva trovare, il fatto che l'Onnipotente si degni di<br />

chiamare al suo servizio rapinatori, adulteri, spergiuri, uomini macchiati di ogni sorta di<br />

crimine, come persone che abbiano coltivato la giustizia? Non disperate, peccatori, Dio è<br />

buono».<br />

Dal punto di vista mil<strong>it</strong>are quella crociata fu un fallimento, per le lotte intestine fra re e<br />

principi, per le tante meschin<strong>it</strong>à umane. E per Bernardo fu un dolore indelebile. Fino alla<br />

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fine dei suoi giorni Bernardo servirà per obbedienza la Chiesa difendendo la fede dei<br />

semplici, nonostante il peso sempre più gravoso delle malattie e della vecchiaia. Tante<br />

storie affascinanti che non è possibile ricordare. D'altronde queste brevi note non fanno<br />

cenno né alla gran quant<strong>it</strong>à di miracoli che attraverso di lui furono compiuti, né<br />

all'intim<strong>it</strong>à mistica con il Signore e la Vergine che egli ebbe la grazia di vivere in modo<br />

speciale, come ricorda Dante nel Paradiso.<br />

Un vero miracolo, visibile a tutti, fu lui stesso e la sua Clairvaux, che era come l'anticamera<br />

del Paradiso. Dopo aver desiderato inutilmente di poterci vivere, poté perlomeno morirci,<br />

il 20 agosto 1153. Aveva appena pronunciato, per i suoi fratelli, il suo ultimo sermone<br />

commentando le parole di san Paolo: «Per me vivere è Cristo e morire un guadagno».<br />

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