Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

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05.05.2015 Views

L. BERTOLDI LENOCI Presentazione 9 di un nobile nella capitale del Viceregno. La piccola Ischitella, portata in dote da una giovane fanciulla, si aggrega al carro dei vincenti dell’epoca e condivide la loro gloria. La realtà nobiliare di Ischitella prosegue nell’ampio ed articolato studio di Teresa Maria Rauzino, che produce una rassegna dei vari feudatari, allargando il panorama ai luoghi e ai rapporti sociali. Secondo le cronache del Giustiniani, il territorio di Ischitella è descritto come idilliaco. Diversamente la pensa il Manicone che, attento studioso di fisica, guarda la natura con occhi disincantati e, pensando alla malaria e a tutte le malattie dei poveri, considera i luoghi negativamente. Interessante ed importante lo scontro tra i Turbolo e l’Università che si ribella ai soprusi ed esce vincitrice dallo scontro, anticipando i tempi nuovi che troveranno un loro compimento con la futura presenza francese. L’obiettivo si restringe nel momento in cui lo studio si occupa specificatamente dei Pinto, della loro partenza dal Portogallo, perché probabilmente ebrei, e della loro scalata al prestigio e agli onori grazie al loro potere economico, che oscura l’ipotesi che siano o no dei convertiti. Importante il loro ruolo ad Ischitella con la costruzione di un Palazzo e di un Casino di Caccia progettato da Carlo Vanvitelli, opere di sicuro prestigio per i luoghi. La residenza di città è affiancata dalla cappella privata della famiglia, dedicata a San Michele, una chiesa che sarà poi ceduta all’Università desiderosa di trovare una degna sede al patrono Sant’Eustachio. Particolarmente interessante, se visto nell’ottica di un percorso storico-familiare, lo studio di Nazario Barone su Francesco Pinto (1788-1875) e i suoi tempi. Il Principe vive in un periodo storico molto particolare per il regno di Napoli e, quasi segno di tempi nuovi, si denominerà solo Ischitella. Padrone, meglio ex padrone e suddito, si uniscono in modo indissolubile in un solo nome. Fu sempre soldato e ricevette onorificenze sia dai napoleonici che dai Borbone per trascorrere la sua esistenza prima, per quindici anni, in esilio a Parigi, e concluderla morendo a Napoli, a Regno d’Italia ormai formato. Personaggio discusso e criticato, Francesco Pinto ritenne opportuno scrivere le sue memorie, per difendersi dalle tante calunnie che gli venivano fatte. Le Mèmoires et souvenirs de ma vie, del 1864, firmate Ischitella, tradotte e commentate da Mariagraziella Belloli, sembra siano più che altro da segnalare come documento di un’epoca. Ma raccontare memorie e ricordi di un soldato, che servì quattro re, non priva il lettore del piacere di scoprire da solo i piccoli segreti che questo tipo di documenti cela e che la grande storia non svela mai. Naturalmente, la grande storia consentirà di sovrapporvi queste Mémoires, fornendo quasi una piattaforma di base sulla quale innestare preziosi particolari, assolutamente inediti, che danno vita alla storia stessa. La morte di Francesco Pinto conclude il percorso in linea maschile di questa famiglia. Le sue proprietà entreranno, per matrimonio, a fare parte di quella dei de

10 Ischitella dai primi insediamenti agli ultimi feudatari Vargas Machuca, come evidenziato dalla relazione Lopriore-Rauzino che, partendo da un diploma del 12 luglio 1084, percorre le vicende della famiglia de Vargas fino alle soglie del ventesimo secolo. A Francesco Pinto, uomo di mondo, possiamo affiancare una piacevole figura di “padrona allegra”, con la sua corte di cicisbei, detta la “pampinosa”, tanto famosa da essere ricordata nel Decameron. Feudatari famosi per i loro splendidi palazzi di Napoli, la cui bellezza fa la storia dell’urbanistica della capitale del regno. Feudatari famosi per occupare posizioni importanti come il de Vargas Machuca, che firmerà centinaia di regi assensi, prima del Re, presso la Camera di Santa Chiara a Napoli, dopo il 1741. Ci sono gli onnipresenti principi de’ Sangro, i Pinto di origine portoghese, forse ebrei convertiti per salvare vita e ricchezze. C’è Napoleone. Una lunga galleria di ricchi, la cui ricchezza si è lentamente costruita sullo sfruttamento di quei tanti poveri sconosciuti che firmeranno con il segno di croce lo statuto di una delle quattro confraternite presenti ad Ischitella. La loro presenza, per il secolo XVII, è documentata dalla visita pastorale ad Ischitella dell’Orsini, brevissimamente sintetizzata da Grazia Silvestri. Vi emerge la realtà devozionale ed assistenziale della cittadina. Una realtà nella quale i feudatari sono totalmente assenti, come risulta dagli statuti confraternali settecenteschi studiati dalla scrivente. Sono documenti che testimoniano una profonda religiosità, spirito di organizzazione e solidarietà di quelle persone lavoratrici, semplici, assolutamente non note o importanti le quali, nonostante il loro anonimato, il loro essere dei nessuno, hanno fatto veramente, con la loro faticosa operosità, la storia di Ischitella e di Varano. I cittadini di Ischitella, discendenti degli antichi confratelli, sono, infatti, ancora presenti in città, gli antichi feudatari non più. Di questi restano soltanto alcune tracce. La relazione di Gianfranco Piemontese, supportata da un ricco apparato iconografico, illustra con puntualità le tipologie architettoniche e il contesto territoriale in cui si collocano le prestigiose costruzioni, sia di tipo militare che di tipo residenziale-ricreativo, realizzate dai principi Pinto sul Gargano. Ci sembra che la giornata di studio organizzata per ricostruire una parte della storia di una microarea come la “Terra di Ischitella” e i successivi approfondimenti di altri studiosi, vadano valutati e considerati in questa chiave e gli atti qui pubblicati siano da leggere con molta attenzione per le molteplici sfaccettature che contengono, alle quali accennammo, scontornandole appena, molte delle quali necessitano di ulteriori approfondimenti, per non rimanere in parte inespresse. Prof.ssa LIANA BERTOLDI LENOCI Università degli Studi di Trieste Centro Studi “Giuseppe Martella” Peschici (FG)

L. BERTOLDI LENOCI Presentazione 9<br />

di un nob<strong>il</strong>e nella capitale del Viceregno. La piccola <strong>Ischitella</strong>, portata in dote da<br />

una giovane fanciulla, si aggrega al carro dei vincenti dell’epoca e condivide la<br />

loro gloria.<br />

La realtà nob<strong>il</strong>iare di <strong>Ischitella</strong> prosegue nell’ampio ed articolato studio di<br />

Teresa Maria Rauzino, che produce una rassegna dei vari <strong>feudatari</strong>, allargando <strong>il</strong><br />

panorama ai luoghi e ai rapporti sociali. Secondo le cronache del Giustiniani, <strong>il</strong><br />

territorio di <strong>Ischitella</strong> è descritto come id<strong>il</strong>liaco. Diversamente la pensa <strong>il</strong> Manicone<br />

che, attento studioso di fisica, guarda la natura con occhi disincantati e, pensando<br />

alla malaria e a tutte le malattie dei poveri, considera i luoghi negativamente.<br />

Interessante ed importante lo scontro tra i Turbolo e l’Università che si ribella ai<br />

soprusi ed esce vincitrice dallo scontro, anticipando i tempi nuovi che troveranno<br />

un loro compimento con la futura presenza francese. L’obiettivo si restringe nel<br />

momento in cui lo studio si occupa specificatamente dei Pinto, della loro partenza<br />

dal Portogallo, perché probab<strong>il</strong>mente ebrei, e della loro scalata al prestigio e <strong>agli</strong><br />

onori grazie al loro potere economico, che oscura l’ipotesi che siano o no dei<br />

convertiti. Importante <strong>il</strong> loro ruolo ad <strong>Ischitella</strong> con la costruzione di un Palazzo<br />

e di un Casino di Caccia progettato da Carlo Vanvitelli, opere di sicuro prestigio<br />

per i luoghi. La residenza di città è affiancata dalla cappella privata della famiglia,<br />

dedicata a San Michele, una chiesa che sarà poi ceduta all’Università desiderosa<br />

di trovare una degna sede al patrono Sant’Eustachio.<br />

Particolarmente interessante, se visto nell’ottica di un percorso storico-fam<strong>il</strong>iare,<br />

lo studio di Nazario Barone su Francesco Pinto (1788-1875) e i suoi tempi. Il<br />

Principe vive in un periodo storico molto particolare per <strong>il</strong> regno di Napoli e, quasi<br />

segno di tempi nuovi, si denominerà solo <strong>Ischitella</strong>. Padrone, meglio ex padrone<br />

e suddito, si uniscono in modo indissolub<strong>il</strong>e in un solo nome. Fu sempre soldato<br />

e ricevette onorificenze sia <strong>dai</strong> napoleonici che <strong>dai</strong> Borbone per trascorrere la sua<br />

esistenza prima, per quindici anni, in es<strong>il</strong>io a Parigi, e concluderla morendo a Napoli,<br />

a Regno d’Italia ormai formato.<br />

Personaggio discusso e criticato, Francesco Pinto ritenne opportuno scrivere le<br />

sue memorie, per difendersi dalle tante calunnie che gli venivano fatte. Le Mèmoires<br />

et souvenirs de ma vie, del 1864, firmate <strong>Ischitella</strong>, tradotte e commentate da<br />

Mariagraziella Belloli, sembra siano più che altro da segnalare come documento<br />

di un’epoca. Ma raccontare memorie e ricordi di un soldato, che servì quattro re,<br />

non priva <strong>il</strong> lettore del piacere di scoprire da solo i piccoli segreti che questo tipo<br />

di documenti cela e che la grande storia non svela mai. Naturalmente, la grande<br />

storia consentirà di sovrapporvi queste Mémoires, fornendo quasi una piattaforma<br />

di base sulla quale innestare preziosi particolari, assolutamente inediti, che danno<br />

vita alla storia stessa.<br />

La morte di Francesco Pinto conclude <strong>il</strong> percorso in linea masch<strong>il</strong>e di questa<br />

famiglia. Le sue proprietà entreranno, per matrimonio, a fare parte di quella dei de

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