Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

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70 Ischitella dai primi insediamenti agli ultimi feudatari territorio era a seminativo oppure addetta alla piantagione delle viti. Anche qui si trovavano ricche sorgenti d’a cqua ed i terreni erano fertili. Gli oliveti, che davano un prodotto di ottima qualità, allignavano bene sulle colline; non mancavano frutta ed ortaggi di ogni tipo. Il Giustiniani rileva i dati demografici e socio-economici, oltre ai limiti del territorio: Ischitella confina con le Terre di Vico, Rodi, Carpino; l’abitato dista circa cinque miglia dal lago di Varano. La popolazione è di 3.070 abitanti, che praticano la pastorizia nei boschi, l’agricoltura in pianura ed in collina e la pesca nel lago, da tutto ciò ricavando essi molto profi tto commerciale con altre popolazioni del Regno. Costituivano altresì fonte (capo) di guadagno: l’estrazione della pece, la raccolta del miele, della man na, del legname e la concia delle pelli 2 . Quasi in contemporanea al Giustiniani, l’illuminista francescano Michelangelo Manicone, ne La Fisica Appula, descrive il territorio di Ischitella, soffermandosi sulle caratteristiche del lago di Varano: Intorno a questo lago vi sono numerose paludi prodotte dallo stravaso delle sue acque e di quella del canale di comunicazione fra il lago e il mare 3 . La Foce, lunga circa due miglia, è tortuosa e profonda. Il livello delle acque dell’Adriatico è inferiore a quello delle acque lacustri, come dimostra la corrente del canale. Quasi mai vi penetrano le acque marine: Ecco perché nelle paludi si pescano in gran copia delle grosse tinche, nemiche nate del salso 4 . Alla fine del Settecento, le paludi del Varano erano, quindi, ancora paludi d’acqua dolce 5 . Il Manicone mette in evidenza i precari equilibri ambientali, che rendono alquanto critica la salubrità di tutta l’area gravitante intorno al Varano: l’acqua stagnante vizia l’aria, e decima la popolazione. Le sostanze organiche in decomposizione sono una gravissima fonte d’inquinamento. Nei primi due mesi dell’autunno, l’aria vi acquista codesta velenosa caratteristica, che non solo arreca malattie dannose per la salute umana, ma spesso provoca l’esterminio, e la morte. Le paludi sono dei veri e propri carnefi ci dell’uomo e delle bestie: le micidiali esalazioni provocano la morte degli armenti di vitelli (animali baccinj) che vi pascolano intorno 6 . A quel tempo, nel Piano di Varano si coltivava una grande quantità di lino, che veniva macerato nelle paludi del lago. Per il Manicone, la prova tangibile che la macerazione in acque stagnanti di questa fibra tessile sia una pericolosa sorgente di malattie e di morte, è costituita dalla immediata morìa dei pesci, e dall’insopportabile fetore che si sente nel tratto di lago interessato a questa attività produttiva. Secondo il frate vichese, la fermentazione ottimale 2 L. GIUSTINIANI, Dizionario storico-geografi co, tomo VII, Napoli 1804, pp. 160-163. 3 M. MANICONE, La Fisica Appula, Napoli, 1806-1807, voll.5, p.537. 4 Ivi. 5 Ivi. Le Foci di Varano e di Capojale, che resero le acque salmastre, vennero aperte successivamente. 6 M. MANICONE, La Fisica Appula, Napoli, 1806-1807, voll.5, pag. 539.

T. M. RAUZINO La vitaI Pinto Principi di Ischitella e Peschici 71 delle fibre del lino avveniva meglio nell’acqua stagnante che in quella corrente: La macerazione fassi più presto in quella, che in questa. Ma i vantaggi economici comportano quelli che egli chiama mortali svantaggi fi sico-medici. Ecco perché, da buon illuminista, ammonisce gli ischitellani che, troppo presi dalla smania del guadagno, preferiscono trattare la fibra in acque stagnanti, dicendo che è meglio aver un lino meno forte, che morire, o quanto meno ammalarsi. E li invita a seguire l’esempio dei vichesi, che macerano il lino nelle acque correnti: In Ischitella far potrebbesi altrettanto; perché vi è abbondanza di tali acque 7 . Ischitella, distante poche miglia dalle paludi di Varano, all’inizio dell’Ottocento è quindi un paese mefitico, nonostante il territorio sia ricchissimo di boschi, con alberi di faggi, cerri, carpini, e nonostante la sua valle sia sempre verde, giocondissima per l’amenità dei giardini di agrumi e circondata da deliziose e fruttifere colline 8 . L’aria vitale, emessa dalla copiosa vegetazione presente sul territorio, viene trasportata dai venti ad Ischitella, ma il Libeccio ed il Maestro provenienti dal Varano vi conducono i letali gas che da esse paludi si svolgono. Manicone, per convincere i lettori di questa sua tesi, li invita a osservare i volti degli abitanti, in primis quelli delle donne: generalmente sono volti mefitici 9 . Egli individua anche un’altra causa accidentale di insalubrità ambientale: le infime condizioni igieniche dell’abitato. A Ischitella quasi tutte le strade interne sono strettissime perché non vi può marciare che un asino appresso l’altro; né si tengon nette, e monde. Or dove le strade sono anguste, sporche ed ombrate, ivi vi è il mefi tismo. Ogni casa ha la sua fogna, detta luogo comune, ma gli orifizi mancano di coperchi o se li hanno non riescono a impedire la fuoriuscita dei gas letali. E conclude sconsolatamente: Soffi ando o Levante o Scirocco, o Libeccio, il puzzo ti ammorba! 10 . Il suo consiglio agli ischitellani è di ricoprire, ogni mattina, le fogne con cenere oppure con terriccio umido. Per non mefi tizzare l’aria di un luogo, le cloache dovrebbero confluire nel mare oppure in qualche fiume vicino. Una soluzione, quella proposta dal Manicone, che non corrisponde affatto ai moderni criteri di trattamento e smaltimento dei reflui organici. Si può spiegare pensando che allora essi venivano lasciati a cielo aperto nelle strade interne del paese oppure buttati oltre le mura esterne. Ecco perché tali mura erano brutte, schifose e puzzolenti 11 . Il Manicone, a questo punto, lancia uno strale polemico contro i principi Pinto, illustri Possessori dei luoghi cennati: Qui la strada da passeggio è quella, che dalla porta del ponte va verso la taverna. In questa strada, e propriamente vicino al sontuoso palazzo del Principe, vi han dei mucchi di letame, e quivi putrefar si 7 Ivi, pp. 540-542. 8 Ivi, pag. 547. 9 Ivi. pp. 547-548. 10 M. MANICONE, La Fisica Appula, Napoli, 1806-1807, voll.5, pag. 548. 11 Ivi.

T. M. RAUZINO La vitaI Pinto Principi di <strong>Ischitella</strong> e Peschici 71<br />

delle fibre del lino avveniva meglio nell’acqua stagnante che in quella corrente:<br />

La macerazione fassi più presto in quella, che in questa. Ma i vantaggi economici<br />

comportano quelli che egli chiama mortali svantaggi fi sico-medici. Ecco perché,<br />

da buon <strong>il</strong>luminista, ammonisce gli ischitellani che, troppo presi dalla smania del<br />

guadagno, preferiscono trattare la fibra in acque stagnanti, dicendo che è meglio<br />

aver un lino meno forte, che morire, o quanto meno ammalarsi. E li invita a seguire<br />

l’esempio dei vichesi, che macerano <strong>il</strong> lino nelle acque correnti: In <strong>Ischitella</strong> far<br />

potrebbesi altrettanto; perché vi è abbondanza di tali acque 7 .<br />

<strong>Ischitella</strong>, distante poche miglia dalle paludi di <strong>Varano</strong>, all’inizio dell’Ottocento<br />

è quindi un paese mefitico, nonostante <strong>il</strong> territorio sia ricchissimo di boschi, con<br />

alberi di faggi, cerri, carpini, e nonostante la sua valle sia sempre verde, giocondissima<br />

per l’amenità dei giardini di agrumi e circondata da deliziose e fruttifere<br />

colline 8 . L’aria vitale, emessa dalla copiosa vegetazione presente sul territorio,<br />

viene trasportata <strong>dai</strong> venti ad <strong>Ischitella</strong>, ma <strong>il</strong> Libeccio ed <strong>il</strong> Maestro provenienti<br />

dal <strong>Varano</strong> vi conducono i letali gas che da esse paludi si svolgono. Manicone, per<br />

convincere i lettori di questa sua tesi, li invita a osservare i volti degli abitanti, in<br />

<strong>primi</strong>s quelli delle donne: generalmente sono volti mefitici 9 . Egli individua anche<br />

un’altra causa accidentale di insalubrità ambientale: le infime condizioni igieniche<br />

dell’abitato. A <strong>Ischitella</strong> quasi tutte le strade interne sono strettissime perché non vi<br />

può marciare che un asino appresso l’altro; né si tengon nette, e monde. Or dove<br />

le strade sono anguste, sporche ed ombrate, ivi vi è <strong>il</strong> mefi tismo. Ogni casa ha la<br />

sua fogna, detta luogo comune, ma gli orifizi mancano di coperchi o se li hanno<br />

non riescono a impedire la fuoriuscita dei gas letali. E conclude sconsolatamente:<br />

Soffi ando o Levante o Scirocco, o Libeccio, <strong>il</strong> puzzo ti ammorba! 10 .<br />

Il suo consiglio <strong>agli</strong> ischitellani è di ricoprire, ogni mattina, le fogne con cenere<br />

oppure con terriccio umido. Per non mefi tizzare l’aria di un luogo, le cloache<br />

dovrebbero confluire nel mare oppure in qualche fiume vicino. Una soluzione,<br />

quella proposta dal Manicone, che non corrisponde affatto ai moderni criteri di<br />

trattamento e smaltimento dei reflui organici. Si può spiegare pensando che allora<br />

essi venivano lasciati a cielo aperto nelle strade interne del paese oppure buttati<br />

oltre le mura esterne. Ecco perché tali mura erano brutte, schifose e puzzolenti 11 .<br />

Il Manicone, a questo punto, lancia uno strale polemico contro i principi Pinto,<br />

<strong>il</strong>lustri Possessori dei luoghi cennati: Qui la strada da passeggio è quella, che<br />

dalla porta del ponte va verso la taverna. In questa strada, e propriamente vicino<br />

al sontuoso palazzo del Principe, vi han dei mucchi di letame, e quivi putrefar si<br />

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Ivi, pp. 540-542.<br />

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Ivi, pag. 547.<br />

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Ivi. pp. 547-548.<br />

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M. MANICONE, La Fisica Appula, Napoli, 1806-1807, voll.5, pag. 548.<br />

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Ivi.

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