Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari
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40 Ischitella dai primi insediamenti agli ultimi feudatari Concordo sull’esistenza di una barra sull’isola di Varano, ma il problema è verificare se questa barra interessasse tutta l’attuale isola di Varano oppure solamente una parte di essa. È utile perciò considerare quanto riportato da Vincenzo Russi. Egli sostiene che la barra litoranea delimitante la laguna di Varano si è formata in epoca molto antica, non altrimenti precisata. Osserva che spesso, a meno di un metro di profondità, si trova un conglomerato molto duro nel quale furono scavate tombe dell’età del ferro, venute alla luce nei pressi della masseria De Vita, di cui parla l’Angelucci 9 . Si tratta, quindi, di localizzare geograficamente e territorialmente queste due località che corrispondono la prima a Cava La Rena, nella parte iniziale dell’Isola, a poca distanza dall’attuale Capojale, e l’altra vicino alla Masseria De Vita, nei pressi del Centro Isola. Di certo, possiamo quindi asserire solo che la barra esisteva per circa 5,5 Km, sino a metà Isola. Ma, per i rimanenti 5,5 Km la barra esisteva oppure no? La risposta ce la fornisce il Del Viscio 10 nel suo libro Uria, dicendoci che se l’Isola è attualmente emersa dal mare, ciò si deve al sollevamento lento e costante che hanno subito quelle coste per effetto di bradisismi ascendenti, fenomeno evidente per tante manifestazioni. Noi possiamo, oggi, calcolare la quantità di sollevamento annuale subita da quella costa, basandoci sui dati fornitici da Plinio e sulla potenza massima raggiunta dall’Isola di Varano. Lo scrittore latino, dando al seno di Uria il nome di porto, avvalla l’ipotesi che, ai suoi tempi, la barra non si era del tutto formata. Pur ammettendo che nel I secolo dell’era cristiana la potenza della barra medesima fosse equivalente a zero, che è la peggiore delle ipotesi, per raggiungere l’altezza di metri 2,74 sul livello del mare, essa avrebbe impiegato, al ritmo di circa un millimetro e mezzo all’anno, diciannove secoli. La formazione dell’Isola di Varano sarebbe, dunque, recentissima. È perciò probabile che, all’epoca, solo metà Isola si fosse formata, mentre l’altra metà si andò formando successivamente. Laddove c’era acqua, comparve la barra. Ciò portò alla decadenza di Uria. Il sinus di Uria, quindi, esisteva. Doveva iniziare subito dopo la località Masseria de Vita. Probabilmente si estendeva anche al di là dell’attuale Foce di Varano. Esistono ancora, nei pressi, zone con toponimi come Paluda di Rodi, attuale Lido del Sole, e Pantanello, che lasciano presupporre che nel passato in quei posti ci fosse dell’acqua. Su una cartina topografica del 1853, le attuali zone Paluda, Muschiaturo e Idrovoro, zone limitrofe al Crocifisso, sono attraversate da numerosissimi canali e paludi. Un porto esiste tuttora a Foce Varano, ma a quanto pare sembra essere sempre esistito. Infatti, la località Porto della Barca è citata nel 1642. Padre Ciro Cannarozzi, in Ischitella, riporta un documento in cui la suddetta località è attestata: più si debba contentare esso signor marchese di levare il passo sul ponte che v’è nella 7 Ivi. 8 Ivi, pag. 91.
G. LAGANELLA Ischitella e Varano sua padule la quale sta dentro del demanio dell’università all’incontro del fi ume e propriamente nello stretto ove si dice Porto del Perazzo 11 . Anzi, doveva esistere già il 6 settembre 1593 e lo si deduce dal Regolamento dell’Università di Ischitella. In esso si afferma che il Barone d’Ischitella di quel tempo era stato diffidato riguardo al tagliare legname che potesse servire alla costruzione di vascelli. Clausola che fa presupporre l’esistenza di un cantiere navale, e quindi di un porto 12 . Infine, il Regesto di Timoteo Mainardi attesta che nel 1129, quindi già in epoca normanna, in prossimità di Foce Varano esisteva il cosiddetto Porto della Fosuggia dell’Imbuto 13 . E il sinus Uriae doveva configurarsi come profundis, come ricorda Strabone 14 , nel senso che doveva penetrare in profondità dall’attuale Foce Varano sino alla penisoletta del Crocifisso. Pomponio Mela lo descrive come piccolo e di difficile accesso (modicus spatio pleraque asper accesso). Entrambi gli storici avvalorano l’idea di un golfo a forma di imbuto, largo all’entrata e stretto all’altra estremità, in corrispondenza della zona del Crocifisso. Anche il Mainardi conferma questa ipotesi. Un documento del 1129 del suo Regesto cita il cosiddetto Porto della Fosuggia dell’Imbuto, in prossimità di Foce Varano. Il toponimo indica palesemente che doveva avere la forma di un imbuto, largo all’entrata, che penetrando in profondità (profundis) verso l’altra estremità si restringeva, diventando di difficile accesso (asper accessu) e di spazio angusto (modico spatio). Consentiva tuttavia un sicuro rifugio alle navi dell’epoca 15 . Uno dei punti cardini che negherebbe il sinus di Uria nel territorio di Ischitella mi sembra, a questo punto, documentatamente scardinato. Circa le altre ipotesi che negherebbero la localizzazione di Uria in queste zone, non può bastare il fatto che a Vieste siano stati trovati insediamenti dello stesso periodo 16 , perché sappiamo benissimo dell’esistenza di altre città romane nel territorio viestano come Apeneste, che Tolomeo 17 ricorda contemporaneamente ad Uria. Come non può bastare il fatto che siano state trovate, nella zona di Vieste, tracce del culto della dea Venere, perché il culto di questa divinità nel mondo romano era assai diffuso, tanto che Silla e Pompeo avevano eletto la dea a loro protettrice già nel 46 a.C. Il culto era celebrato con solenni giochi e nel 113 Traiano volle che fosse associato, nel nuovo 9 Cfr V. RUSSI, in Uria garganica, pag. 54. 10 G. DEL VISCIO, Uria, STEB, Bari, 1921, pag.103. 11 C. CANNAROZZI, Ischitella, Candela, 1955, pag.77. 12 ARCHIVIO DI STATO DI LUCERA, notaio de Cando Gian Tommaso. 13 ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Regesto manoscritto di T. MAINARDI, Raggioni di Santa Maria di Tremiti, cavate da divesi stromenti et altri. Mainardi. Le diapositive del documento sono state acquisite dalla prof.ssa Teresa Rauzino (per conto del Centro Studi Martella); Cfr. articolo di G. LAGANELLA, Il Gargano Nuovo, dicembre 2000, n. 12). 14 STRABONE, libri IV, cit. da G. DEL VISCIO, Uria, cit, pag. 99. 15 P. MELA, De situ Orbis, lib. II, cap. IV, cit. da C. CANNAROZZI, Ischitella, cit. pag.186.
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G. LAGANELLA <strong>Ischitella</strong> e <strong>Varano</strong><br />
sua padule la quale sta dentro del demanio dell’università all’incontro del fi ume e<br />
propriamente nello stretto ove si dice Porto del Perazzo 11 . Anzi, doveva esistere già<br />
<strong>il</strong> 6 settembre 1593 e lo si deduce dal Regolamento dell’Università di <strong>Ischitella</strong>. In<br />
esso si afferma che <strong>il</strong> Barone d’<strong>Ischitella</strong> di quel tempo era stato diffidato riguardo<br />
al t<strong>agli</strong>are legname che potesse servire alla costruzione di vascelli. Clausola che fa<br />
presupporre l’esistenza di un cantiere navale, e quindi di un porto 12 .<br />
Infine, <strong>il</strong> Regesto di Timoteo Mainardi attesta che nel 1129, quindi già in epoca<br />
normanna, in prossimità di Foce <strong>Varano</strong> esisteva <strong>il</strong> cosiddetto Porto della Fosuggia<br />
dell’Imbuto 13 . E <strong>il</strong> sinus Uriae doveva configurarsi come profundis, come ricorda<br />
Strabone 14 , nel senso che doveva penetrare in profondità dall’attuale Foce <strong>Varano</strong><br />
sino alla penisoletta del Crocifisso.<br />
Pomponio Mela lo descrive come piccolo e di diffic<strong>il</strong>e accesso (modicus spatio<br />
pleraque asper accesso). Entrambi gli storici avvalorano l’idea di un golfo a<br />
forma di imbuto, largo all’entrata e stretto all’altra estremità, in corrispondenza<br />
della zona del Crocifisso.<br />
Anche <strong>il</strong> Mainardi conferma questa ipotesi. Un documento del 1129 del suo<br />
Regesto cita <strong>il</strong> cosiddetto Porto della Fosuggia dell’Imbuto, in prossimità di Foce<br />
<strong>Varano</strong>. Il toponimo indica palesemente che doveva avere la forma di un imbuto,<br />
largo all’entrata, che penetrando in profondità (profundis) verso l’altra estremità<br />
si restringeva, diventando di diffic<strong>il</strong>e accesso (asper accessu) e di spazio angusto<br />
(modico spatio). Consentiva tuttavia un sicuro rifugio alle navi dell’epoca 15 .<br />
Uno dei punti cardini che negherebbe <strong>il</strong> sinus di Uria nel territorio di <strong>Ischitella</strong><br />
mi sembra, a questo punto, documentatamente scardinato. Circa le altre ipotesi<br />
che negherebbero la localizzazione di Uria in queste zone, non può bastare <strong>il</strong> fatto<br />
che a Vieste siano stati trovati <strong>insediamenti</strong> dello stesso periodo 16 , perché sappiamo<br />
benissimo dell’esistenza di altre città romane nel territorio viestano come Apeneste,<br />
che Tolomeo 17 ricorda contemporaneamente ad Uria. Come non può bastare <strong>il</strong><br />
fatto che siano state trovate, nella zona di Vieste, tracce del culto della dea Venere,<br />
perché <strong>il</strong> culto di questa divinità nel mondo romano era assai diffuso, tanto che<br />
S<strong>il</strong>la e Pompeo avevano eletto la dea a loro protettrice già nel 46 a.C. Il culto era<br />
celebrato con solenni giochi e nel 113 Traiano volle che fosse associato, nel nuovo<br />
9<br />
Cfr V. RUSSI, in Uria garganica, pag. 54.<br />
10<br />
G. DEL VISCIO, Uria, STEB, Bari, 1921, pag.103.<br />
11<br />
C. CANNAROZZI, <strong>Ischitella</strong>, Candela, 1955, pag.77.<br />
12<br />
ARCHIVIO DI STATO DI LUCERA, notaio de Cando Gian Tommaso.<br />
13<br />
ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Regesto manoscritto di T. MAINARDI, Raggioni di Santa Maria di<br />
Tremiti, cavate da divesi stromenti et altri. Mainardi. Le diapositive del documento sono state acquisite<br />
dalla prof.ssa Teresa Rauzino (per conto del Centro Studi Martella); Cfr. articolo di G. LAGANELLA,<br />
Il Gargano Nuovo, dicembre 2000, n. 12).<br />
14<br />
STRABONE, libri IV, cit. da G. DEL VISCIO, Uria, cit, pag. 99.<br />
15<br />
P. MELA, De situ Orbis, lib. II, cap. IV, cit. da C. CANNAROZZI, <strong>Ischitella</strong>, cit. pag.186.