Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

rauzino.files.wordpress.com
from rauzino.files.wordpress.com More from this publisher
05.05.2015 Views

220 Ischitella dai primi insediamenti agli ultimi feudatari La Casina di Caccia è all’interno di una tenuta agricola, dove insistono una serie di edifici adibiti ad usi agricolo-zootecnici. L’accesso al recinto, in cui è inserita la costruzione, è definito da due alberi di cipresso, che sostituiscono egregiamente la secolare quercia, che invece segna e indica la via a tutta la tenuta. Quella dell’albero architettonico per eccellenza, non è cosa rara ad incontrarsi nel paesaggio garganico. Infatti la presenza del cipresso, oltre che nel ruolo classico di definire i viali delle città dei morti, la si trova nei pressi di numerose case sparse o in alcuni fondi agricoli a segnare quote e tramezzature dei crinali. Come, ad esempio, in una casa che si incontra percorrendo la strada statale 89 in direzione per Monte Sant’Angelo o come si può osservare nei terreni coltivati sulle dorsali delle colline che precedono Cagnano Varano, provenendo da San Giovanni Rotondo. La Casina di Caccia dei Pinto-Ventrella è un piccolo condensato del fare architettura. In essa viene sperimentato in anticipo quello che nel XX secolo Alexander Klein avrebbe proposto come existenzium minimun ovvero la teoria dell’uso razionale dello spazio, ancorché minimo. La Casina di Caccia è prima di tutto un luogo dove il periodo di soggiorno è breve, ma non per questo deve essere privo di confort. Luce e spazio sono stati sapientemente dosati dal progettista Carlo Vanvitelli. Il riferimento va ad un’altra Casina di Caccia e pesca ubicata su di un lago: la Casina del Fusaro nel napoletano. Un impianto stellare, che si eleva per due piani fuori terra, dove ogni braccio della stella corrisponde ad un piccola stanza. Gli ingressi delle camere sono affaccianti su una sala comune di ritrovo e di disimpegno. Il tutto servito da un aerea scala elicoidale in pietra, posta in asse a formare uno dei bracci della stella. In un contesto come questo, non poteva mancare il decoro pittorico. Come in tutte le costruzioni del XVIII e XIX secolo, qui l’intervento, sempre a secco e con tempere, ci restituisce una visione di questi luoghi all’epoca della costruzione del Casino. Il voltino della scala, infatti, ospita sui quattro lati alcune vedute rurali, di tipo fantastico, a cui si unisce una veduta del paesaggio della stessa tenuta. Sulla destra, la casina di caccia, sulla sinistra la valle con le colline circostanti Ischitella, e su uno di questi un edificio che ancora oggi rimarca il paesaggio: il palazzo di città, posto nella località detta Solagna. Anche in questo caso, come nei giardini posti alle spalle di palazzi edificati dal XVII al XIX secolo, come il Palazzo Chirò a San Nicandro Garganico, la presenza dell’acqua zampillante da una monumentale fontana fa bella mostra di sé davanti alla costruzione.

G. PIEMONTESE LI palazzi dei Pinto 221 Peschici. Il Recinto Baronale e il Castello Anche Peschici, come Ischitella, nel XVIII secolo, è stata feudo della famiglia Pinto, pertanto sono presenti anche in questa città opere che hanno visto protagonista il principe Francesco Emanuele Pinto. Si tratta dello stesso che mise mano ai ruderi del Castello ischitellano. A Peschici, il Pinto è autore di un ampliamento della cinta difensiva, così come decantato sul bastione a lato della Porta del Ponte, porta che oggi affaccia sulla Piazza Municipio. In questo punto della città, zona marginale di quello che poi è il nucleo antico di Peschici, si possono evidenziare due elementi di trasformazione di una parte delle mura di cinta: una in abitazione, è il caso della Torre-bastione; l’altro all’interno della cinta in un trappeto. Singolare l’ubicazione di una edicola in forma di nicchia, posta sulla chiave di volte della Porta del Ponte, nella quale ha trovato alloggio un’effige scolpita di San Michele Arcangelo, che sovrasta una lapide con i dati amministrativi relativi al XIX secolo, sicuramente postunitari. Il superamento della Porta del Ponte immette in un contesto architettonico complesso, quale è il centro storico di un paese come Peschici. Vie segnate da un uso del ciottolo e della basola calcarea, come elementi di pavimentazione a cui si unisce una serie di costruzioni che segnano il percorso verso la punta estrema del nucleo abitato. In quella parte che sporge sul mare si è sedimentato un insieme di costruzioni che insieme formano il Castello e che sono unite all’interno di un Recinto Baronale. Un piccolo sistema di cinta, all’interno di quel sistema più vasto che circondava il nucleo abitato. Anche su questo accesso, un fornice a tutto sesto, campeggia una lapide dedicatoria del Principe Francesco Emanuele Pinto, che ne ricorda l’apertura. Il testo a caratteri capitali così recita: D. O. M. HAEC EST FRANCISCI PINTO VENERANDA VIA ISCHITELLARUM PRINCIPIS ILLA SCIAS QUAE RUITURA SUO GENIO ILLUSTRATA SUPERBO NON FAVET RATAS TEMPORIS AULA MINAS A. D. MDCCXXXV (A Dio Ottimo Massimo. Questa è la gloriosa via di Francesco Pinto, principe di Ischitella sappi che il cortile reso illuste dalla sua eccelsa intelligenza non cade in rovina per le minacce ineluttabili del tempo. Anno del signore 1735). Una corte ampia su cui si affaccia la piccola chiesa di San Michele, e ciò che resta del castello. Tutta l’area ha un sistema di pavimentazione realizzato con ciottoli e mattoni laterizi posti in opera di coltello. Una breve discesa permette di raggiungere una parte del Castello recuperata e restaurata: le segrete. I locali sono caratterizzati dalla possibilità di vedere parte delle fondazioni della struttura. Infatti il Castello, per la sua ubicazione, utilizza le balze della roccia, e su di essa i costruttori hanno impostato un sistema di arcate e di muri portanti che ha permesso di avere ulteriori locali al disotto della quota esterna corrispondente alla corte interna. Qui si arriva tramite la Porta del Recinto o da quella da Basso. Quest’ultima porta, oggi si presenta ridimensionata per l’occlusione di una zona del fornice, che

220 <strong>Ischitella</strong> <strong>dai</strong> <strong>primi</strong> <strong>insediamenti</strong> <strong>agli</strong> <strong>ultimi</strong> <strong>feudatari</strong><br />

La Casina di Caccia è all’interno di una tenuta agricola, dove insistono una serie<br />

di edifici adibiti ad usi agricolo-zootecnici. L’accesso al recinto, in cui è inserita la<br />

costruzione, è definito da due alberi di cipresso, che sostituiscono egregiamente la<br />

secolare quercia, che invece segna e indica la via a tutta la tenuta. Quella dell’albero<br />

architettonico per eccellenza, non è cosa rara ad incontrarsi nel paesaggio garganico.<br />

Infatti la presenza del cipresso, oltre che nel ruolo classico di definire i viali delle<br />

città dei morti, la si trova nei pressi di numerose case sparse o in alcuni fondi agricoli<br />

a segnare quote e tramezzature dei crinali. Come, ad esempio, in una casa che<br />

si incontra percorrendo la strada statale 89 in direzione per Monte Sant’Angelo o<br />

come si può osservare nei terreni coltivati sulle dorsali delle colline che precedono<br />

Cagnano <strong>Varano</strong>, provenendo da San Giovanni Rotondo.<br />

La Casina di Caccia dei Pinto-Ventrella è un piccolo condensato del fare<br />

architettura. In essa viene sperimentato in anticipo quello che nel XX secolo<br />

Alexander Klein avrebbe proposto come existenzium minimun ovvero la teoria<br />

dell’uso razionale dello spazio, ancorché minimo. La Casina di Caccia è prima di<br />

tutto un luogo dove <strong>il</strong> periodo di soggiorno è breve, ma non per questo deve essere<br />

privo di confort. Luce e spazio sono stati sapientemente dosati dal progettista<br />

Carlo Vanvitelli. Il riferimento va ad un’altra Casina di Caccia e pesca ubicata su<br />

di un lago: la Casina del Fusaro nel napoletano. Un impianto stellare, che si eleva<br />

per due piani fuori terra, dove ogni braccio della stella corrisponde ad un piccola<br />

stanza. Gli ingressi delle camere sono affaccianti su una sala comune di ritrovo e<br />

di disimpegno. Il tutto servito da un aerea scala elicoidale in pietra, posta in asse<br />

a formare uno dei bracci della stella.<br />

In un contesto come questo, non poteva mancare <strong>il</strong> decoro pittorico. Come in<br />

tutte le costruzioni del XVIII e XIX secolo, qui l’intervento, sempre a secco e con<br />

tempere, ci restituisce una visione di questi luoghi all’epoca della costruzione del<br />

Casino. Il voltino della scala, infatti, ospita sui quattro lati alcune vedute rurali, di<br />

tipo fantastico, a cui si unisce una veduta del paesaggio della stessa tenuta. Sulla<br />

destra, la casina di caccia, sulla sinistra la valle con le colline circostanti <strong>Ischitella</strong>,<br />

e su uno di questi un edificio che ancora oggi rimarca <strong>il</strong> paesaggio: <strong>il</strong> palazzo di<br />

città, posto nella località detta Solagna. Anche in questo caso, come nei giardini<br />

posti alle spalle di palazzi edificati dal XVII al XIX secolo, come <strong>il</strong> Palazzo Chirò<br />

a San Nicandro Garganico, la presenza dell’acqua zamp<strong>il</strong>lante da una monumentale<br />

fontana fa bella mostra di sé davanti alla costruzione.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!