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Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

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M. BELLOLI<br />

La vitaMemorie e ricordi di un Principe<br />

dermi notizie di mio nipote, che gli avevo presentato, mi fece qualche domanda<br />

sulla fortezza di Gaeta, dove stava <strong>il</strong> re, e mi salutò. Mi ritirai.<br />

Non entro in alcun particolare su ciò che successe nel reame dopo la mia partenza.<br />

Rimasi a Parigi in una crudele incertezza su quello che dovessi fare. La resa<br />

di Gaeta fu <strong>il</strong> segno dell’insurrezione, che iniziò a scoppiare nel regno contro gli<br />

invasori. La rivolta aumentava e così cercai, a metà 1861, di vedere <strong>il</strong> conte Walewski.<br />

Non essendo stato possib<strong>il</strong>e incontrarlo, gli scrissi una lettera nella quale gli<br />

prospettavo ciò che sarebbe avvenuto in questo misero paese, che sarebbe stato<br />

saccheggiato e rovinato dalla guerra civ<strong>il</strong>e. L’unica possib<strong>il</strong>ità di salvezza sarebbe<br />

consistita in un intervento. Se si erano commessi errori, sballottato tra reazionari<br />

e rivoluzionari, <strong>il</strong> paese non ne era colpevole. I Napoletani avrebbero sopportato<br />

la dominazione piemontese soltanto sotto la pressione delle baionette e delle fuc<strong>il</strong>ate.<br />

Tutto quello che ho detto con tre anni d’anticipo si è ben presto verificato.<br />

Non esiste, negli annali della guerra, nessun episodio così vergognoso, non esiste<br />

esempio di un tale abuso di forza come quello di essere obbligati a mantenere la<br />

calma nel paese grazie a un esercito di 100.000 uomini.<br />

L’Italia è <strong>il</strong> focolaio delle rivoluzioni in Europa. Il principio di non intervento non<br />

è applicab<strong>il</strong>e nel regno di Napoli. I Piemontesi sono arrivati grazie ad un intervento;<br />

non avevano nulla da spartire con la rivoluzione, se si vuol chiamare rivoluzione<br />

una cospirazione. Col pretesto di voler fermare Garibaldi, <strong>il</strong> loro esercito è entrato<br />

nel regno. I Piemontesi non sono più napoletani dei Francesi o degli Inglesi. Il regno<br />

di Napoli non ha mai fatto parte del regno d’Italia. Se avessero conquistato <strong>il</strong> regno<br />

dopo una dichiarazione di guerra, godrebbero del diritto di conquista, ma non quello<br />

di spogliare <strong>il</strong> paese.<br />

I Francesi hanno conquistato <strong>il</strong> reame nel 1806: i principi che vi regnarono lasciando<br />

<strong>il</strong> paese, vi hanno lasciato le loro ricchezze, invece di saccheggiarlo. La capitale<br />

del regno di Napoli, la terza in Europa, non potrà mai sopportare di essere una città<br />

di provincia del reame di Torino. Il paese chiede e vuole la sua autonomia.<br />

Mentre scrivo, nel 1864, Garibaldi sta ottenendo <strong>il</strong> suffragio degli elettori perché<br />

promette l’autonomia, ma non so sotto quale forma di governo.<br />

I Piemontesi, armando tutte le Guardie Nazionali, hanno organizzato la guerra<br />

civ<strong>il</strong>e. Alla prima occasione tutti si ribelleranno: hanno creduto di avere degli amici,<br />

avranno soltanto nemici. Rivoluzionari e reazionari ripeteranno le orrib<strong>il</strong>i carneficine<br />

del 1799; ne avranno a soffrire le persone oneste e moderate.<br />

Lo stato in cui versa <strong>il</strong> regno di Napoli è un’onta per l’Europa.

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