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Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

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M. BELLOLI<br />

La vitaMemorie e ricordi di un Principe<br />

si svolgeva come se <strong>il</strong> re andasse a fare una gita di piacere.<br />

La stessa sera mi trovavo nel suo studio con alcuni generali, tra i quali <strong>il</strong> comandante<br />

della guardia nazionale De Sauget. Il re ci disse di esser deciso a lasciare<br />

Napoli ed <strong>il</strong> reame e che stava per sciogliere l’esercito, quei batt<strong>agli</strong>oni che aveva<br />

appena formato. Io mi sono ribellato a questa decisione: gli ho detto che avevamo<br />

40.000 uomini attorno alla capitale, di cui 4.000 della cavalleria. Con questo esercito<br />

potevamo opporci ad un esercito regolare, mentre non avevamo a fare che con<br />

qualche migliaio di briganti.<br />

Il giorno seguente, <strong>il</strong> 6, di mattina, avendo riunito nel suo salone i ministri ed<br />

alcuni generali per congedarsi, volle giustificare la sua partenza con <strong>il</strong> fatto di non<br />

voler esporre la città.<br />

Sono stati i vigliacchi ed i traditori che gli hanno messo questo in testa per allontanarlo<br />

da Napoli: era <strong>il</strong> loro scopo. Mi incaricò di andare con <strong>il</strong> duca di Sangro 2<br />

e <strong>il</strong> principe di Ruffano, per fare un rapporto sullo stato delle truppe.<br />

Il colonnello Antonelli, sotto capo di stato maggiore, fu incaricato di redigerlo.<br />

Dai termini di questo rapporto, non si poteva dedurre la necessità di abbandonare la<br />

città ed <strong>il</strong> reame. Poiché i Signori Sangro e Ruffano se ne erano andati, rimasi solo<br />

a firmarlo. Lo feci per rendere un servizio al re. Non potevo certamente aspettarmi<br />

che un giorno me ne avrebbero fatta una colpa. Tuttavia, rientrando nel salone, non<br />

potei fare a meno dal dirgli che voleva sempre compromettermi.<br />

La sera <strong>il</strong> re si imbarcò e partì. Nello stesso momento partiva da Napoli un bel<br />

batt<strong>agli</strong>one di cacciatori, forte di 1.000 uomini, e quattro squadroni di ussari della<br />

guardia che presero la via di Capua, dove dovevano essere sciolti e licenziati, e<br />

non la via di Salerno, per andare incontro al nemico. Tutta la popolazione guardava<br />

con tristezza partire queste belle truppe.<br />

Il giorno 7, al mattino, per finire questa farsa, si fecero partire, su ordine del re,<br />

<strong>il</strong> sindaco e <strong>il</strong> principe d’Alessandria con <strong>il</strong> comandante della guardia nazionale,<br />

per pregare Garibaldi di affrettare <strong>il</strong> suo ingresso in città, per occupare <strong>il</strong> trono<br />

vacante. In effetti a mezzogiorno egli fece <strong>il</strong> suo ingresso in città, in una vettura,<br />

con due uomini del suo seguito. Si sarebbe creduto che egli fosse <strong>il</strong> luogotenente<br />

del re Francesco che, secondo i suoi ordini, veniva a Napoli.<br />

Il pretesto accampato per sollecitare Garibaldi ad entrare in città fu che si voleva<br />

impedire <strong>agli</strong> emigrati a Torino di proclamare re Vittorio Emanuele II, non voluto<br />

affatto e al quale si preferiva <strong>il</strong> dittatore Garibaldi.<br />

Dal 1815 sino al 1848, benché non abbia avuto di che lodare <strong>il</strong> modo in cui<br />

2<br />

Il duca di Sangro era Riccardo, III duca di Sangro e I duca di Martina Franca, cfr. L. LOPRIORE,<br />

Diritto di patronato del Duca de’Sangro sulle chiese di Orta di Capitanata e rapporti con <strong>il</strong> Vescovo<br />

di Ascoli Satriano, in “La Capitanata”, Rivistra quadrimestrale della Biblioteca Provinciale di Foggia<br />

n. 10, Foggia 2001, pag. 165.

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