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Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

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176 <strong>Ischitella</strong> <strong>dai</strong> <strong>primi</strong> <strong>insediamenti</strong> <strong>agli</strong> <strong>ultimi</strong> <strong>feudatari</strong><br />

ministro di una potenza amica. Il giorno stesso, dopo l’udienza, non riuscii a fare a<br />

meno di condurre con me <strong>il</strong> duca di Cajanello per denunciargli tutto quello che era<br />

accaduto <strong>il</strong> giorno prima nel suo studio; l’alterco che avevo avuto con alcuni suoi<br />

ministri era stato riportato la sera da alcuni ufficiali piemontesi, che si permetteva<br />

di far ricevere, come amici, nelle logge degli ufficiali di marina, altro errore che<br />

produsse i suoi effetti. Con franchezza, ho fatto <strong>il</strong> nome di coloro che lo tradivano.<br />

Forse si sarebbe ancora fatto in tempo a por riparo alla catastrofe. Il re non prese<br />

alcuna risoluzione. C’era di che impazzire. Il re mi disse che voleva mettermi a<br />

capo dell’esercito, per marciare contro i rivoluzionari che venivano dalle pianure<br />

del salernitano; per far ciò avrei dovuto accordarmi con <strong>il</strong> suo ministro della guerra<br />

Pianell; ci siamo andati insieme al ministero della guerra; dopo molte discussioni,<br />

al momento di firmare <strong>il</strong> rapporto, <strong>il</strong> ministro rifiutò; io fui <strong>il</strong> solo a firmare, ed <strong>il</strong><br />

rapporto venne presentato al re in questo modo.<br />

C’erano delle persone al ministero che ascoltavano le nostre discussioni, nelle<br />

quali mettevo molto calore; una sera, rientrando a cas, mi avvertirono che si voleva<br />

attentare alla mia vita. Ho disdegnato queste minacce: avevo fatto <strong>il</strong> mio dovere.<br />

Come maggior generale, ho ordinato a tutte le truppe delle diverse guarnigioni di<br />

venire a concentrarsi a Napoli, al fine di meglio assicurare la loro fedeltà.<br />

Avendo preso seriamente la notizia che <strong>il</strong> re mi avrebbe dato <strong>il</strong> comando<br />

delle truppe, ho dovuto inviargli le mie dimissioni da comandante delle guardie<br />

nazionali, titolo incompatib<strong>il</strong>e con la mia posizione. Il generale De Sauget mi ha<br />

sostituito: Questa dimissione, in questo momento, ha messo contro di me la guardia<br />

nazionale.<br />

Sarebbe mai possib<strong>il</strong>e credere che <strong>il</strong> comando dell’esercito, di cui <strong>il</strong> re voleva<br />

incaricarmi, non mi sarebbe mai stato dato e che persone attorno a lui lo facevano<br />

dubitare della mia fedeltà, dopo tutto quello che avevo fatto?<br />

Poiché avevo detto al re che non avrebbe potuto salvarsi se non con l’aiuto<br />

dell’imperatore dei Francesi, una quindicina, forse, di giorni prima di lasciare<br />

Napoli, mi ha fatto dire di volermi inviare in missione da lui, per esporre la sua<br />

posizione e cercare di farlo intervenire in suo favore. Mi sono rifiutato: era troppo<br />

tardi. Il duca di Cajanello è andato al mio posto. Era a Napoli che potevo essergli<br />

ut<strong>il</strong>e, se solo lo avesse voluto. Avevamo 40.000 uomini riuniti attorno alla capitale,<br />

che non avrebbero né disertato né tradito se avessero avuto alla loro testa qualcuno<br />

su cui poter contare. Forse dieci giorni prima di andarsene, <strong>il</strong> re si decise a cambiare<br />

i suoi ministri. Volle assolutamente incaricarmi di formargli un ministero. Con la<br />

miglior volontà, feci tutto <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e per servirlo, ma tutti rifiutarono di divenire<br />

ministri in quel momento, quando era tangib<strong>il</strong>e la dissoluzione del reame: non<br />

volevano compromettersi.<br />

Il 5 settembre, di mattina, <strong>il</strong> re ricevette i dodici capi di batt<strong>agli</strong>one della guardia<br />

nazionale, si congedò da loro pregandoli di mantenere l’ordine in città. Tutto questo

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