Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari
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M. BELLOLI<br />
La vitaMemorie e ricordi di un Principe<br />
Il nostro esercito prese posizione sulla collina, nella città; due batterie di artiglieria,<br />
in batt<strong>agli</strong>a sul nostro fronte, protessero per tutta la giornata <strong>il</strong> movimento<br />
della ritirata, che fu eseguita dal re con la cavalleria e tutti gli equipaggiamenti,<br />
non lasciando indietro un solo uomo.<br />
La sera, dopo che tutto si era concluso bene, per nascondere la nostra uscita dalla<br />
città, feci accendere due fuochi di bivacco. Del resto, <strong>il</strong> nemico aveva sofferto così<br />
tanto durante la giornata, in tutti gli attacchi che aveva portato per farci sgomberare<br />
dalla nostra posizione, da non aver alcuna voglia di seguirci.<br />
Feci chiudere le grate della città e ci mettemmo in marcia per ritirarci. La ritirata<br />
venne eseguita in perfetto ordine. Il conte Spaur, ministro del re di Baviera presso<br />
Sua Santità, mi fece i complimenti. Arrivati a Terracina, <strong>il</strong> re lasciò l’esercito per<br />
raggiungere Napoli, lasciandomene <strong>il</strong> comando affinché io lo riconducessi nel<br />
reame.<br />
Durante questo tempo <strong>il</strong> generale F<strong>il</strong>angieri, dopo aver battuto i rivoltosi a<br />
Catania, aveva riconquistato tutta la Sic<strong>il</strong>ia; era a Palermo. Le difficoltà in cui <strong>il</strong><br />
re si trovava nel suo reame, un reggimento svizzero che aveva dovuto rinviare a<br />
Napoli dopo la nostra spedizione di Albano, gli facevano desiderare di guadagnare<br />
al re l’affetto dei Sic<strong>il</strong>iani, che credevano di aver perso la ricchezza di cui l’isola<br />
godeva durante la guerra continentale dal 1815, anno in cui la corte li aveva lasciati<br />
per trasferirsi a Napoli.<br />
Tutte queste circostanze insieme portarono <strong>il</strong> generale F<strong>il</strong>angieri a promettere<br />
ai Sic<strong>il</strong>iani che <strong>il</strong> principe ereditario sarebbe andato a risiedere in Sic<strong>il</strong>ia. Questa<br />
promessa sollevò una tempesta a corte: ci furono persone che osarono persino<br />
suggerire al re di mettere <strong>il</strong> generale sotto accusa, come per un crimine di alto<br />
tradimento, per aver voluto allontanare <strong>il</strong> principe dal re.<br />
Il ministero del re era composto da liberali moderati e faceva tutto <strong>il</strong> suo possib<strong>il</strong>e<br />
per andare d’accordo con la camera dei deputati. Non c’era modo: erano dei<br />
rivoluzionari che volevano rovesciare <strong>il</strong> governo; noi eravamo convinti che, una<br />
volta rotto questo accordo, <strong>il</strong> re sarebbe caduto nelle braccia del partito reazionario<br />
da cui era circondato. Fummo, malgrado la nostra volontà, obbligati a sciogliere<br />
la Camera. Il ministro, principe di Torella, coraggioso liberale, l’annunciò alla<br />
Camera.<br />
Ciò che era previsto accadde. Il re rinviò tutti i ministri, ricompensandoli: <strong>il</strong><br />
generale Carrascosa ed io fummo esenti da ciò. I servizi che gli avevo appena resi<br />
resero impossib<strong>il</strong>e al re allontanarmi dalla sua persona, malgrado le insinuazioni<br />
del partito reazionario, che prendeva per la seconda volta <strong>il</strong> posto dei rivoluzionari<br />
e che avrebbe causato la rovina del paese e della dinastia. Quale cecità!<br />
Ebbi la soddisfazione di essere ricompensato, per la mia condotta durante <strong>il</strong><br />
mio ministero, da sovrani stranieri che si degnarono di decorarmi: nel 1849 l’imperatore<br />
d’Austria mi decorò con la gran croce di Leopoldo; Sua santità Pio IX con