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Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

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N. BARONE La vita e i tempi di Francesco Pinto<br />

II, dopo aver indirizzato al popolo un dignitoso proclama, abbandonò la capitale.<br />

Il giorno dopo Garibaldi entrò in Napoli, accolto da una folla in delirio. Nei mesi<br />

successivi: la campagna d’autunno, l’intervento piemontese, l’incontro di Teano,<br />

<strong>il</strong> Plebiscito, l’estrema difesa di Gaeta e la proclamazione del regno d’Italia, che<br />

inserirono nel più vasto contesto italiano ed europeo l’antico regno delle Due Sic<strong>il</strong>ie,<br />

rimasto nella sua integrità territoriale fin dall’XI secolo.<br />

Ritornando al nostro personaggio, una domanda sorge spontanea a noi, appassionati<br />

studiosi di memorie storiche. Se Pinto avesse agito, avesse preso iniziative<br />

o semplicemente avesse obbedito, com’era suo dovere, <strong>agli</strong> ordini del suo legittimo<br />

sovrano, sarebbe riuscito a modificare i tragici avvenimenti del 1860?<br />

Noi crediamo di no. E non è senno di poi. Francesco Pinto era stato ministro<br />

della guerra e, per molti anni, aiutante di campo del re. Questa importante funzione<br />

gli dette agio di conoscere fatti che altri ignoravano. Se non accettò di andare in<br />

Sic<strong>il</strong>ia, molto probab<strong>il</strong>mente conosceva <strong>il</strong> morale di quelle truppe, um<strong>il</strong>iate nello<br />

spirito guerriero perché impiegate in estenuanti operazioni di polizia e, soprattutto,<br />

da troppo tempo assenti <strong>dai</strong> campi di batt<strong>agli</strong>a. I pochi m<strong>il</strong>itari, che nel 1848<br />

avevano partecipato alla campagna contro gli austriaci, erano esuli o al confino o<br />

attendib<strong>il</strong>i 35 . Fra tutti i generali inviati a fermare Garibaldi, nessuno riuscì a riportare<br />

una vittoria. La crisi nei comandi m<strong>il</strong>itari era la faccia della stessa med<strong>agli</strong>a di<br />

quella gestione paternalistica e assolutistica del potere che Ferdinando II esercitò,<br />

soprattutto dopo <strong>il</strong> 1848, in tutti i rami dell’amministrazione statale.<br />

Il 12 giugno 1860, <strong>Ischitella</strong> accettò la nomina a comandante della guardia<br />

nazionale, nomina in linea con la sua reputazione moderatamente liberale. Stando,<br />

per questo incarico, a contatto quotidiano con Francesco II, contribuì ad intralciare<br />

qualunque decisione sia m<strong>il</strong>itare che politica. Con l’età si erano acuiti i lati negativi<br />

del suo carattere, la gelosia verso chiunque entrasse in contatto col re ed un’impulsività,<br />

unita a una sostanziale paura di compromettersi in scelte sb<strong>agli</strong>ate, esplicata<br />

con modi sempre più bruschi e arroganti. Si dimise da quell’importante incarico<br />

perorando <strong>il</strong> comando generale dell’esercito, che non gli fu concesso. Credeva, forse,<br />

di vincere Garibaldi ormai padrone di metà del Regno, e con numerose province<br />

continentali già guadagnate alla rivoluzione. Ma a lui mancavano sicuramente<br />

le doti richieste ad un comandante generale. Era stato in gioventù un br<strong>il</strong>lante ed<br />

eroico ufficiale, ma non si dimentichi che <strong>il</strong> grado di tenente, nel 1808, gli fu dato<br />

solo perché era nob<strong>il</strong>e. Erano anni in cui, per accedere al grado di sottotenente, si<br />

e di morte.<br />

34<br />

P. G. JAEGER, Francesco II, l’ultimo re di Napoli, Mondadori Editore, M<strong>il</strong>ano, 1982, pag. 67.<br />

L’episodio della penna spezzata è riportato anche da R. DE CESARE, op. cit., pag. 910.<br />

35<br />

Erano ritenuti attendib<strong>il</strong>i, e quindi sorvegliati dalla polizia anche i semplici soldati, come<br />

Michele d’Addetta di Carpino, che avevano m<strong>il</strong>itato nel 10° reggimento di fanteria Abruzzo che si<br />

era distinto, insieme ai piemontesi, alla batt<strong>agli</strong>a di Goito del 30 maggio 1848. Cfr., T. PEDIO, Il 1848

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