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Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari

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122 <strong>Ischitella</strong> <strong>dai</strong> <strong>primi</strong> <strong>insediamenti</strong> <strong>agli</strong> <strong>ultimi</strong> <strong>feudatari</strong><br />

del <strong>feudatari</strong>o soltanto nello stato dell’attuale possesso, dichiarando altresì che i<br />

coloni avevano diritto a godere delle disposizioni a loro favore contenute nei Reali<br />

decreti del 16 ottobre 1809 e del 17 gennaio 1810.<br />

I Principi d’<strong>Ischitella</strong> e di Tarsia, sostenendo che tutti i coloni perpetui che<br />

occupavano i loro territori non avevano corrisposto loro alcuna prestazione, chiesero<br />

che su di essi fosse applicato un canone proporzionato alle fi de delle erbe autunnali<br />

e vernotiche, e delle spighe solitamente riscosse. Chiesero di acquisire altresì<br />

<strong>il</strong> deposito della fida, riscossa l’anno precedente dalla Difesa suddetta. Secondo <strong>il</strong><br />

verbale del 17 settembre 1810, redatto dal Giudice di pace del circondario di Vico,<br />

l’importo di tale fida ammontava a 550 ducati.<br />

Il Sindaco d’<strong>Ischitella</strong> si oppose anche contro tali pretese. Sostenne che, essendo<br />

la difesa di <strong>Varano</strong> un aggregato di colonie perpetue, gli ex padroni non avevano<br />

diritto alla fida; e che <strong>il</strong> deposito spettava soltanto ai coloni. Da un’ispezione oculare<br />

effettuata nella Difesa, si r<strong>il</strong>evò che tutto <strong>il</strong> territorio incolto misurava circa tre carri.<br />

Dovendosi dividere tra i fidatari ed i coloni in base all’estensione del territorio,<br />

soltanto i tre carri saldi dovevano essere considerati per interi, invece i restanti<br />

38 carri coltivati erano da valutare soltanto per la metà. L’anno precedente, infatti,<br />

questo terreno non era stato soggetto al pascolo, in quanto coperto <strong>dai</strong> seminati e<br />

dalle maggesi.<br />

Il Commissario Zurlo<br />

Visti anche gli atti della divisione fra i cittadini del demanio comunale detto<br />

<strong>il</strong> Moschiaturo, la censuazione della Palude grande, delle paludi e delle mesole<br />

demaniali, e paludette a fianco al fiume, eseguita in base all’articolo V della medesima<br />

ordinanza;<br />

considerati insussistenti i reclami dei principi di Tarsia e d’<strong>Ischitella</strong> contro la<br />

ricognizione dei confini effettuata dal Capitano Tomey, e contro la censuazione dei<br />

luoghi di pesca fatta a favore del Comune nel lago, e nel fiume o fra foce;<br />

considerata l’offerta di 6 ducati prodotta dal signor Vincenzo Agricola per la<br />

censuazione di una casa rurale posta nella mesola della palude, e del territorio di<br />

circa 7 versure posto intorno, molto bassa per la sola casa e che la mesola, ossia<br />

<strong>il</strong> suolo che la circondava, fosse indispensab<strong>il</strong>e per i censuari delle paludi, che vi<br />

asciugavano anche i loro attrezzi da pesca;<br />

vista la decisione della commissione feudale con cui si dichiarava libero l’uso<br />

della pesca sul fiume collegante le acque del lago di <strong>Varano</strong> con quelle del mare<br />

Adriatico;<br />

visto <strong>il</strong> verbale del 9 maggio del corrente anno con cui gli agenti dei principi<br />

di Tarsia ed <strong>Ischitella</strong> e <strong>il</strong> Decurionato del Comune, dopo aver fatto osservare che

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