Undici tipi di personalità : quattro anni dopo
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Articolo scaricato dal sito www.scuolamaraselvini.it<br />
<strong>Un<strong>di</strong>ci</strong> <strong>tipi</strong> <strong>di</strong> personalità:<br />
<strong>quattro</strong> <strong>anni</strong> <strong>dopo</strong><br />
Matteo Selvini 1<br />
Premessa<br />
Settembre 2010 – seconda versione<br />
Nel 2006 ho elaborato una prima stesura delle mie riflessioni<br />
sull’utilizzo della <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> personalità nella clinica sistemica, articolo<br />
che poi sarà pubblicato nel 2008 sulla rivista Ecologia della Mente. Questo<br />
lavoro ha suscitato un certo interesse, la traduzione francese sta per<br />
apparire su Thérapie Familiale (grazie alla collaborazione <strong>di</strong> Zoe Stockart<br />
e Marco Vannotti) con un commento <strong>di</strong> Nicolas Duruz, sta per uscire<br />
anche la traduzione spagnola e sono stato invitato ad illustrarlo in vari<br />
seminari in Italia e all’estero. Essendo passati <strong>quattro</strong> <strong>anni</strong> varie idee<br />
sono state messe alla prova e nuovi spunti hanno colpito la mia<br />
attenzione. Ho quin<strong>di</strong> pensato <strong>di</strong> poter aggiungere qualche nota per dar<br />
conto dello sviluppo del <strong>di</strong>battito e chiarire alcune contrad<strong>di</strong>zioni.<br />
1 MATTEO SELVINI: Psicologo e Psicoterapeuta, è Co-responsabile della Scuola <strong>di</strong><br />
Psicoterapia “Mara Selvini Palazzoli”, Viale Vittorio Veneto, 12 – 20124 Milano,<br />
tel/fax 02 29524089.<br />
1
Entrare nella <strong>di</strong>mensione esistenziale dei nostri pazienti<br />
Nel lavoro <strong>di</strong> formazione successivo alla stesura <strong>di</strong> “<strong>Un<strong>di</strong>ci</strong> <strong>tipi</strong>” ho<br />
visto confermate le mie preoccupazioni sui rischi <strong>di</strong> un pensiero<br />
ipersistemico che banalizzi la complessità e lo spessore esistenziale<br />
dell’in<strong>di</strong>viduo, l’entità della sua ferita originaria, le risorse e i limiti della<br />
sua identità presente. Molte volte ne ho <strong>di</strong>scusso con gli allievi del terzo<br />
o quarto anno della Scuola. Non ho invece mai avvertito il rischio<br />
opposto, e cioè che lo stu<strong>di</strong>o della psicopatologia <strong>di</strong> primo e secondo<br />
asse apra la strada agli eccessi <strong>di</strong> un pensiero stigmatizzante, ad un uso<br />
lineare e me<strong>di</strong>calistico delle <strong>di</strong>agnosi in<strong>di</strong>viduali. Credo che trenta, o<br />
quarant’<strong>anni</strong> <strong>di</strong> pratica sistemica, intensamente vissuti dai responsabili e<br />
dai docenti della scuola, siano stati un potente, definitivo, “vaccino”.<br />
Resta tuttavia aperto il problema <strong>di</strong> cosa ci forma a vedere lo spessore<br />
esistenziale nella vita dei nostri pazienti. È infatti certo che lo stu<strong>di</strong>o<br />
della personalità e della psicopatologia è solo uno dei contesti <strong>di</strong><br />
appren<strong>di</strong>mento, e sarebbe pericoloso restasse isolato, usare anche gli<br />
altri cinque sistemi <strong>di</strong> valutazione è fondamentale (domanda, sistema,<br />
attaccamento, trigenerazionale, emozioni del terapeuta).<br />
In particolare le emozioni del terapeuta aprono ad una grande<br />
complessità, ci fanno entrare in un mondo ben lontano dalle<br />
semplificazioni delle etichette <strong>di</strong>agnostiche: sicuramente lavorare sulle<br />
nostre risonanze, sulla nostra storia, è un aiuto fondamentale per vedere<br />
lo spessore esistenziale dei nostri pazienti, nel “gioco” delle<br />
2
identificazioni empatiche e delle contro identificazioni (<strong>di</strong>stanza,<br />
irritazione, ostilità, ecc.).<br />
Il lavoro <strong>di</strong> gruppo del genogramma ci fa crescere perché ci fa entrare<br />
profondamente nella vita <strong>di</strong> persone che hanno con noi importanti<br />
affinità e con cui con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo una parte della nostra vita (Cirillo et al.<br />
2010). Cos’altro ci può aiutare? Contano sicuramente “le ore <strong>di</strong> volo”<br />
cioè gli <strong>anni</strong> passati con i nostri pazienti, sentendo quello che loro<br />
sentono, vedendo quello che loro vedono e cercando <strong>di</strong> guidarli. Il<br />
tempo è importante anche quando ci consente <strong>di</strong> ri-incontrare i nostri<br />
pazienti <strong>dopo</strong> <strong>anni</strong>: possiamo ripensare al primo incontro con loro,<br />
capire con loro e da loro cosa abbiamo fatto insieme, vedere lo sviluppo<br />
longitu<strong>di</strong>nale dei processi in<strong>di</strong>viduali e relazionali (<strong>di</strong> qui l’importanza <strong>di</strong><br />
tutti gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> follow-up) (Selvini, Pasin 2005). Il tempo conta<br />
moltissimo anche nel seguire lo sviluppo dei problemi e dei sintomi dei<br />
nostri familiari e dei nostri migliori amici: come siamo stati capaci <strong>di</strong><br />
integrare il nostro pensiero, inevitabilmente professionale, con il nostro<br />
essere ed agire che, altrettanto inevitabilmente, professionale non può<br />
essere?<br />
Il cinema e la letteratura sono due ulteriori veicoli <strong>di</strong> arricchimento,<br />
perché con grande imme<strong>di</strong>atezza e coinvolgimento ci fanno entrare in<br />
mon<strong>di</strong> spesso totalmente <strong>di</strong>versi dal nostro. In particolare, in questi<br />
ultimi <strong>anni</strong>, sono stato colpito dagli scritti <strong>di</strong> Yalom, e non solo per<br />
l’aspetto teorico che fa riferimento alla psicologia esistenziale -<br />
fenomenologica, ma proprio per la sua capacità <strong>di</strong> trasformarla e<br />
renderla viva nella narrazione delle sue esperienze sul campo come<br />
3
psicoterapeuta. Caldamente consiglio la lettura del suo libro <strong>di</strong> racconti:<br />
Love’s executioner (il carnefice dell’amore) purtroppo non ancora tradotto<br />
in italiano (è reperibile anche in francese e in spagnolo).<br />
Gli opposti rischi del pensiero iper-relazionale sistemico e del suo<br />
contrario: l’etichettatura rassegnata<br />
Il nostro lavoro terapeutico è molto spesso finalizzato a combattere due<br />
fondamentali drammatizzazioni patogene delle relazioni dei familiari<br />
con il paziente: l’ostilità e la rassegnazione all’incurabilità. Frequentemente<br />
gli stessi familiari confliggono tra loro proprio nel polarizzarsi su queste<br />
opposte <strong>di</strong>mensioni. Ci confrontiamo così con l’ostilità <strong>di</strong> atteggiamenti<br />
del tipo: “<strong>di</strong>pende tutto da lei/lui”, “non possiamo farci niente”, “fa<br />
apposta a non mangiare”, “è un capriccio”, “vuol togliermi la pelle <strong>di</strong><br />
dosso”: sono atteggiamenti <strong>di</strong> negazione della sofferenza in cui i<br />
sintomi del paziente vengono letti come una lotta per il potere, cioè<br />
all’interno <strong>di</strong> un sistema motivazionale competitivo. In questo contesto<br />
cognitivo il pensiero sistemico sul modello <strong>di</strong> I giochi psicotici nella famiglia<br />
(Selvini Palazzoli et al 1988), cioè i concetti <strong>di</strong> provocatore<br />
attivo/passivo, imbroglio ed istigazione, possono risultare pericolosi in<br />
quanto collusivi con l’ottica competitiva/conflittuale che alimenta la<br />
negazione degli aspetti <strong>di</strong> sofferenza e <strong>di</strong> limite del paziente.<br />
Il rischio opposto è quello della patologizzazione o etichettatura come<br />
rinuncia: “è malato”, “non c’è niente da fare”. Un atteggiamento<br />
4
negativo per la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> speranza, la sfiducia in ogni possibile<br />
cambiamento. Noi lavoriamo per trovare un’integrazione, una terza via<br />
interme<strong>di</strong>a, nell’in<strong>di</strong>viduare un limite, una sofferenza, cioè un tratto<br />
<strong>di</strong>sfunzionale, una <strong>di</strong>fesa, un dramma esistenziale che può essere<br />
affrontato, magari risolto, o perlomeno reso più sopportabile.<br />
Con un linguaggio <strong>di</strong>verso sono gli stessi concetti che il filone<br />
psichiatrico dell’Emotività Espressa (Leff e Vaghn 1985) e che abbiamo<br />
già commentato in passato Cirillo at al. 2002, pp. 10 e 141-142) ha<br />
mutuato dalla tra<strong>di</strong>zione sistemica: ipercriticismo e ipercoinvolgimento.<br />
Combattere l’ipercriticismo vuol <strong>di</strong>re costruire empatia ed accoglienza,<br />
per ipercoinvolgimento si deve qui intendere un’iperprotettività che<br />
risulta tossica in quanto squalificante/cronicizzante. Al contempo non<br />
abbandoniamo certo la grande tra<strong>di</strong>zione sistemica della connotazione<br />
positiva, nel senso della ricerca/valorizzazione delle risorse vive e vitali<br />
dei nostri interlocutori.<br />
Il concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa<br />
Per combattere l’ostilità dei familiari dare un senso come <strong>di</strong>fesa dalla<br />
sofferenza a comportamenti sgradevoli del paziente è molto utile ed<br />
efficace. Ad esempio, il bambino/adolescente tir<strong>anni</strong>co può essere visto<br />
come un “piccolo” spaventato che ha imparato a cancellare le sue paure<br />
facendo il cattivo, il duro, il prepotente (ne riparleremo a proposito<br />
delle cinque strategie <strong>di</strong> riorganizzazione).<br />
5
Conoscere la vasta letteratura psico<strong>di</strong>namica sui vari <strong>tipi</strong> e livelli <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fese è quin<strong>di</strong> certamente utile, tuttavia si deve tener conto che quella<br />
tra<strong>di</strong>zione si è sviluppata dentro un modello <strong>di</strong> sistema motivazionale<br />
pulsionale/istintuale/sessuale. Questo ci richiede una<br />
traduzione/trasposizione <strong>di</strong> quei concetti e <strong>di</strong> quei linguaggi nei sistemi<br />
motivazionali della teoria dell’attaccamento<br />
(attaccamento/accu<strong>di</strong>mento, competizione, corteggiamento,<br />
esplorazione, cooperazione) (Attili 2007).<br />
Le cinque strategie <strong>di</strong> riorganizzazione<br />
Ricerche recenti su popolazioni non cliniche calcolano circa al 15/20%<br />
i soggetti con un attaccamento <strong>di</strong>sorganizzato, tale percentuale sale al<br />
50-80% (Monticelli et al. 2008, p.45) nelle popolazioni <strong>di</strong> pazienti in<br />
trattamento. È quin<strong>di</strong> altamente probabile che una grande parte dei<br />
nostri pazienti presenti questa matrice nella storia evolutiva.<br />
Liotti seguendo Lyons-Ruth (2009) e altri concepiscono la<br />
<strong>di</strong>sorganizzazione come una frattura, cioè come uno stato soggettivo <strong>di</strong><br />
angoscia elevata nel <strong>di</strong>lemma paura-bisogno rispetto alla/alle figure <strong>di</strong><br />
riferimento: un tipo <strong>di</strong> ambivalenza impossibile da sopportare. I già<br />
citati storici concetti <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa possono quin<strong>di</strong> essere riletti come<br />
necessità <strong>di</strong> trovare una via <strong>di</strong> uscita rispetto a vissuti insopportabili.<br />
6
Lyons-Ruth e altri ricercatori sull’attaccamento hanno in<strong>di</strong>viduato due<br />
fondamentali strategie per riprendere il controllo, cioè per riorganizzare la<br />
<strong>di</strong>sorganizzazione:<br />
1. PROTETTIVA. Si tratta della classica inversione dei ruoli, il<br />
bambino <strong>di</strong>viene nonno <strong>di</strong> se stesso ponendosi come genitore<br />
del proprio genitore/figura <strong>di</strong> riferimento. Risulta evidente che<br />
il prevalere <strong>di</strong> questa scelta esistenziale condurrà all’identità (o<br />
sottoidentità nei <strong>tipi</strong>ci quadri <strong>di</strong>sorganizzati) del tipo parentificato.<br />
2. PUNITIVA. Il bambino <strong>di</strong>viene tir<strong>anni</strong>co/dominante sulla<br />
figura <strong>di</strong> riferimento. Troviamo questa riorganizzazione<br />
soprattutto nei quadri border (il vertice “carnefice” del<br />
triangolo) però è possibile sia anche una delle matrici delle<br />
personalità antisociali o narcisiste.<br />
A queste due fondamentali strategie Liotti ne aggiunge altre tre:<br />
3. SOTTOMISSIONE. Il bambino può apprendere che per<br />
controllare la figura <strong>di</strong> riferimento, e quin<strong>di</strong> renderla meno<br />
minacciosa e più preve<strong>di</strong>bile, funziona il suo mettersi totalmente<br />
“ai suoi or<strong>di</strong>ni” in uno stato <strong>di</strong> totale<br />
compiacenza/assoggettamento. Questa idea mi ha molto<br />
colpito perché risolve una grossa contrad<strong>di</strong>zione che mi aveva<br />
tormentato nella stesura del tipo “<strong>di</strong>pendente-simbiotico”.<br />
Infatti l’esperienza clinica molto spesso non confermava affatto<br />
la presenza <strong>di</strong> un contesto <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento iper-protettivo, al<br />
contrario incontravamo storie <strong>di</strong> gravi carenze al limite con il<br />
maltrattamento, parallelamente anche nella letteratura troviamo<br />
7
il riferimento alla genitorialità <strong>di</strong> tipo autoritario. Posso così<br />
ipotizzare l’esistenza <strong>di</strong> due <strong>tipi</strong> <strong>di</strong> personalità <strong>di</strong>pendenti, così<br />
<strong>di</strong>verse tra loro da far seriamente dubitare della sensatezza <strong>di</strong><br />
conservare un identico termine. Infatti questo bambino<br />
sottomesso sembrerebbe meglio rimandare all’idea <strong>di</strong><br />
masochismo o <strong>di</strong> passivo aggressivo, cioè appunto ad<br />
un’identità basata sulla sottomissione alla volontà della figura <strong>di</strong><br />
riferimento. Dobbiamo quin<strong>di</strong> ben <strong>di</strong>stinguere tra l’incapacità a<br />
pensare e fare da solo sulla base <strong>di</strong> una infantilizzazione<br />
ansiosamente iperprotettiva e la medesima incapacità sulla base<br />
della strategia <strong>di</strong> sottomissione ad un riferimento<br />
inatten<strong>di</strong>bile/minaccioso.<br />
4. SEDUZIONE. Arriviamo qui su un terreno classico della storia<br />
della psicoterapia: le famose isteriche <strong>di</strong> Freud oggi ribattezzate<br />
istrioniche: bambine spaventate dal non essere viste che cercano<br />
<strong>di</strong> esistere con attive strategie <strong>di</strong> ipercoinvolgimento della figura<br />
<strong>di</strong> riferimento (usando appunto la seduzione ma anche il<br />
malessere e la malattia). Ben mi guardo dal negare che queste<br />
bambine siano, in molti casi, soprattutto vittime <strong>di</strong> abusi,<br />
tuttavia l’idea <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> riorganizzazione ci aiuta ad<br />
ipotizzare una loro parte attiva (co-responsabilità), appunto sul<br />
terreno specifico della ricerca dell’attenzione.<br />
5. Infine quella che Liotti definisce lo “staccare la spina<br />
dell’attaccamento”, cioè gli attaccamenti fortemente evitanti che<br />
rimandano al retroterra delle personalità ossessive, schizoi<strong>di</strong> o<br />
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paranoi<strong>di</strong> ma che incontriamo spesso come instabilmente<br />
presente nei quadri border e psicotici. Si veda la ragazza<br />
schizofrenica del mio “classico” seminario sulle psicosi: se la<br />
mia figura <strong>di</strong> riferimento mi fa paura la cancello, ne farò a meno. È<br />
ovvio il collegamento tra queste strategie e molti <strong>di</strong>sturbi della<br />
fiducia nell’altro.<br />
Questo semplice modello <strong>di</strong> cinque <strong>tipi</strong> <strong>di</strong> riorganizzazione mi pare<br />
clinicamente assai utile, innanzitutto per rifondare su basi più etologiche<br />
il classico concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa. Inoltre ci aiuta a vedere in una luce più<br />
chiara i possibili percorsi evolutivi che portano ai <strong>di</strong>versi <strong>tipi</strong> <strong>di</strong><br />
personalità. Come per tutti i <strong>tipi</strong> <strong>di</strong> personalità, anche queste cinque<br />
riorganizzazioni (che ai <strong>tipi</strong> <strong>di</strong> personalità si sovrappongono come<br />
spiegazione della genesi del <strong>di</strong>fetto evolutivo) <strong>di</strong>fficilmente verranno<br />
incontrate nella pratica clinica in una forma pura <strong>di</strong> prototipo come già<br />
esemplificato. Sono molto più comuni le forme miste dove i pazienti<br />
oscillano tra due <strong>tipi</strong> <strong>di</strong> riorganizzazione. Ad esempio Federica,<br />
un’anoressica bulimica, passa bruscamente dalla totale autarchia<br />
“attaccamento cancellato” alla totale sottomissione quando entra in una<br />
relazione affettiva, oppure Veronica, che presenta una depressione, un<br />
blocco <strong>di</strong> tutta la sua vita, un’obesità, oscilla tra tir<strong>anni</strong>a e sottomissione<br />
in tutte le sue relazioni fondamentali.<br />
La riorganizzazione sottomessa-masochistica non credo <strong>di</strong> averla mai<br />
incontrata nella sua forma pura o prototipale.<br />
9
Matrice <strong>di</strong> personalità evitante ed ambivalente<br />
Per usare la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> personalità come guida della nostra presa in<br />
carico è opportuno partire dal livello <strong>di</strong> classificazione più semplice per<br />
poi via via, nel corso del trattamento, renderlo più complesso e<br />
specifico.<br />
Nella prima seduta è quin<strong>di</strong> utile classificare il nostro paziente rispetto<br />
ad una matrice ambivalente piuttosto che evitante. Infatti questa<br />
classificazione rimanda ad un’imme<strong>di</strong>ata linea guida da seguire: il<br />
paziente ambivalente richiederà soprattutto guida e contenimento<br />
(mastering) e quello evitante accoglienza e benevolenza (mirroring).<br />
Con il primo è infatti più facile entrare in contatto, ma la relazione<br />
terapeutica deve dare da subito una bussola, una <strong>di</strong>rezione. Con i<br />
secon<strong>di</strong> c’è invece da superare una chiusura autistica, una sfiducia <strong>di</strong><br />
base e l’entrare in contatto è obiettivo fondamentale. Infatti, citando<br />
Sorrentino a proposito <strong>di</strong> pazienti autarchici, parlavo dell’importanza<br />
del dare sul piano dell’accu<strong>di</strong>mento piuttosto che della guida. Invece a<br />
proposito <strong>di</strong> pazienti narcisisti e antisociali ho fatto riferimento al tema<br />
della sfida. E qui pare proprio emergere una chiara contrad<strong>di</strong>zione.<br />
Ripensando alla nostra esperienza clinica ricostruisco che la sfida si<br />
riferisce al contesto della terapia familiare, dove le personalità narcisiste<br />
ed antisociali arrivano come familiari cosiddetti “accompagnatori sani”:<br />
metterli in crisi fa parte allora <strong>di</strong> una fondamentale strategia <strong>di</strong> tutela del<br />
paziente, <strong>di</strong> attacco alla leadership patologica <strong>di</strong> certi familiari,<br />
10
all’interno delle classiche strategie sistemiche della “parificazione” delle<br />
responsabilità del paziente con quelle degli altri familiari.<br />
Quando invece è il narcisista/antisociale ad essere il paziente<br />
richiedente la sfida non è certamente la strategia d’ingresso. Si pensi, ad<br />
esempio, al recente seminario <strong>di</strong> Semerari ed alla sua simulazione <strong>di</strong> una<br />
prima seduta con un paziente narcisista, basata sull’arrivare a valorizzare<br />
le parti migliori del paziente (connotazione positiva).<br />
Certamente con narcisisti ed antisociali non possiamo nemmeno cadere<br />
nel ciclo <strong>di</strong>sfunzionale della sottomissione, permettendo loro <strong>di</strong><br />
dominarci, tuttavia la <strong>di</strong>mensione dell’accoglienza e della cooperazione<br />
fornirà le linee guida per la costruzione dell’alleanza terapeutica:<br />
specifici aspetti <strong>di</strong> sfida saranno possibili solo <strong>dopo</strong> che una relazione<br />
positiva si sia consolidata.<br />
È più probabile che lo stesso classico concetto <strong>di</strong> “connotazione<br />
positiva”, negli <strong>anni</strong> <strong>di</strong> Paradosso e contro paradosso, sia stato inventato per<br />
consentire la costruzione <strong>di</strong> una relazione terapeutica con pazienti e<br />
familiari fortemente evitanti.<br />
Bibliografia<br />
Attili G., (2007), Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente.<br />
Raffaello Cortina, Milano.<br />
Cirillo S., Selvini M., Sorrentino A.M., (2010) “Il genogramma. Percorso<br />
<strong>di</strong> autoconoscenza, integrato nella formazione <strong>di</strong> base dello<br />
psicoterapeuta”, articolo inviato alla rivista Terapia Familiare,<br />
consultabile sul sito www.scuolamaraselvini.it.<br />
11
Liotti G, Monticelli F., (a cura <strong>di</strong>) (2008), I sistemi motivazionali nel <strong>di</strong>alogo<br />
clinico. Raffaello Cortina, Milano.<br />
Lyions-Ruth K., Dutra L., Schuder M.R., Bianchi I. (2009), “Il legame<br />
tra <strong>di</strong>sorganizzazione dell’attaccamento e <strong>di</strong>ssociazione in età adulta” in<br />
Williams R. (a cura <strong>di</strong>) (2009).<br />
Monticelli F., Panchieri L., Armovi<strong>di</strong> C., Liotti G., (2008), “Dinamiche<br />
motivazionali e psicopatologia” in Liotti Monticelli (a cura <strong>di</strong>) (2008).<br />
Selvini M., Pasin E., (2005), “Il follow-up dei pazienti gravi trattati da<br />
Mara Selvini Palazzoli e dalle sue équipe”, Terapia Familiare, n 79.<br />
Selvini M. (2008) “<strong>Un<strong>di</strong>ci</strong> <strong>tipi</strong> <strong>di</strong> personalità - L’integrazione della<br />
<strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> personalità nel pensiero sistemico complesso”. In Ecologia<br />
della mente 31, 1, giugno, pp 29-55.<br />
Selvini Palazzoli M. et al., (1988), I giochi psicotici nella famiglia. Raffaello<br />
Cortina, Milano.<br />
Yalom I.D. (1989), Love's Executioner and Other Tales of<br />
Psychotherapy. New York: Basic Books, 1989. Paperback Harper<br />
Collins, 1990.<br />
Williams R. (a cura <strong>di</strong>) (2009) Trauma e relazioni. Raffaello Cortina,<br />
Milano.<br />
12