03.04.2015 Views

domenica

domenica

domenica

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Ogni posto è una miniera.<br />

Basta lasciarsi andare.<br />

Darsi tempo, stare seduti in<br />

una casa da tè ad osservare<br />

la gente che passa, mettersi<br />

in un angolo del mercato, andare<br />

a farsi i capelli e poi<br />

seguire il bandolo di una matassa<br />

che può cominciare con<br />

una parola, con un incontro,<br />

con l’amico di un amico di una<br />

persona che si è appena incontrata<br />

e il posto più<br />

scialbo, più insignificante<br />

della terra diventa uno specchio<br />

del mondo, una finestra<br />

sulla vita, un teatro di umanità<br />

davanti al quale ci si potrebbe<br />

fermare senza più<br />

bisogno di andare altrove.<br />

La miniera è esattamente là<br />

dove si è: basta scovare.<br />

(Tiziano Terzani da<br />

“Un indovino mi disse”)<br />

Tre Cime di Lavaredo<br />

disegno di E.T. Compton<br />

(arch. CAI)<br />

Tre Cime di Lavaredo da<br />

Forcella Passaporto del<br />

Paterno<br />

(Ph Ugo Scortegagna)


39<br />

Gennaio<br />

2012<br />

L’uomo e la roccia (pietre e minerali)


Miniere e minerali in Italia<br />

40<br />

Cadini di Misurina<br />

di Misurina<br />

(Ph M.S.)<br />

L’Italia non è certo un paese ricco di grandi giacimenti minerari.<br />

Se si escludono i giacimenti di mercurio del Monte Amiata, tra<br />

i più importanti al mondo, peraltro ormai non più sfruttati, il nostro<br />

paese non può certo competere con i colossi dell’estrazione<br />

mineraria. Tuttavia, se invece si fa riferimento alla<br />

eterogeneità di situazioni, si può ben dire che il territorio italiano,<br />

e il territorio alpino in particolare, presentano una quantità<br />

davvero ragguardevole di motivi di estremo interesse.<br />

La presenza di una grandissima varietà di rocce, la situazione<br />

geologica particolarmente complessa, in corrispondenza di una<br />

grande sutura di contatto tra zolle continentali, l’esistenza di<br />

alte montagne, di vulcani, di antichi bacini di accumulo di evaporiti<br />

e altri contesti peculiari rende il nostro territorio un crogiolo<br />

di varietà mineralogiche, tanto che da tempo<br />

immemorabile attira l’attenzione degli studiosi a livello internazionale.<br />

Basti pensare che delle circa 4.000 diverse specie<br />

mineralogiche conosciute, solo 200 delle quali comuni, in Italia<br />

ne sono segnalate oltre 1000, il che è moltissimo se si con-


sidera la limitata estensione territoriale. Alcune specie sono<br />

addirittura esclusive dell’Italia, cioè esistono solo da noi e in<br />

nessun’altra parte del globo, altre sono state scoperte in Italia<br />

e prendono il nome dalle località nelle quali furono descritte la<br />

prima volta, come ad esempio Bavenite, Canavesite, Fassaite,<br />

Piemontite, Vesuvianite, Vigezzite, o il nome dei loro scopritori,<br />

come Scacchite, Artinite ecc.. La gran parte di queste specie<br />

mineralogiche non presenta interesse estrattivo ed economico,<br />

tuttavia ha notevole interesse scientifico e potrebbe in futuro<br />

anche trovare applicazioni in campo tecnologico.<br />

Non a caso la storia della ricerca mineralogica italiana ha origini<br />

antiche, nascendo con gli Etruschi e con i Romani, che<br />

estraevano ferro, rame e metalli preziosi in molte regioni, e continuando<br />

con illustri scienziati che diedero fondamentali contributi<br />

alla conoscenza delle scienze della terra, tra i quali<br />

annoveriamo anche Quintino Sella, fondatore del CAI<br />

Tra le regioni più ricche e interessanti, procedendo da nord a<br />

sud, citiamo tutte le regioni alpine, specialmente nel settore<br />

occidentale, oltre a Liguria, Marche, Toscana, Lazio, Campania,<br />

Sicilia e Sardegna, regione della quale si parla specificamente<br />

in un’altra parte di questa Agenda.<br />

Lungo sarebbe l’elenco dei “gioielli” mineralogici italiani, ricercatissimi<br />

dai collezionisti di tutto il mondo, quindi ci limitiamo<br />

a citare gli esempi più famosi: i quarzi del ghiacciaio del<br />

Cadini di Misurina<br />

(Ph M.S.)<br />

Cadini di Misurina<br />

di Misurina<br />

(Ph M.S.)<br />

41


42<br />

Miage, già ricercati nel Medioevo, quando i “cristallieri” li portavano<br />

ai mastri vetrai veneziani; l’oro delle miniere della Valle<br />

d’Aosta, con masserelle e pepite del peso di centinaia di grammi;<br />

le vesuvianiti, gli epidoti e i granati di Bellecombe (Aosta) e<br />

delle valli d’Ala e Antrona; i rarissimi minerali a livello mondiale<br />

della Val Vigezzo e della Val Formazza, come cafarsite, armenite,<br />

vigezzite, fersmite, roggianite, synchisite, xenotimo, talvolta<br />

accompagnate a cristalli di berillo nella varietà smeraldo;<br />

i quarzi ametista, le scheeliti e le dolomiti di Traversella nel Canavese;<br />

i grandi ortoclasi e le oltre cento specie diverse segnalate<br />

nelle sole cave di Baveno sul lago Maggiore; i favolosi<br />

granati nella varietà verde detta demantoide della Val Malenco,<br />

i più belli del mondo per la specie; le titaniti e gli zirconi della<br />

Valle Aurina; le piriti e le ematiti di Massa Marittima e dell’Isola<br />

d’Elba; ancora le gigantesche piriti di Gavorrano (Grosseto) e i<br />

trasparenti gessi di Niccioleta; i piccoli ma purissimi quarzi e i<br />

rari solfosali contenuti nei marmi di Carrara e nelle Alpi Apuane;<br />

gli zolfi del Montefeltro e della Sicilia (questi ultimi sono i più<br />

grossi cristalli esistenti al mondo); i minerali delle rocce vulcaniche<br />

della Toscana meridionale, del Lazio e del Vesuvio, per<br />

terminare con le rarissime e spettacolari fosgeniti, ormai introvabili<br />

per la chiusura delle miniere di piombo di Monteponi,<br />

e altri minerali di argento e rame della Sardegna.<br />

Un cenno particolare riguarda i minerali alpini. A volte non si


tratta di cristallizzazioni di grosse dimensioni, tuttavia per la<br />

purezza e la bellezza di certe specie, oltre che per la grande<br />

varietà morfologica e cromatica, sono ricercatissimi e spesso<br />

oggetto di collezioni tematiche. La ricerca in ambiente di alta<br />

montagna è particolarmente difficile, avara e faticosa, ma avvincente.<br />

I luoghi migliori dove cercare sono le morene glaciali<br />

e gli sfasciumi ai piedi delle cime, oltre alle discariche delle vecchie<br />

miniere. Tra i minerali tipicamente alpini, citiamo albite,<br />

adularia, titanite, brookite, anatasio, rutilo, zircone, zeoliti, oltre<br />

a quarzi con forme inconsuete (“avvitati” su se stessi, a “scettro”,<br />

“fantasma”, policromi ecc.).<br />

Per concludere questa breve rassegna sui minerali alpini e italiani<br />

in genere, va detto che la ricerca mineralogica è bellissima<br />

e appassionante, ma che tuttavia richiede buona preparazione<br />

tecnico-scientifica e anche buona esperienza di montagna, ad<br />

evitare situazioni pericolose per sé e per gli altri. Va ricordato<br />

inoltre che l’ingresso in miniere o cave anche abbandonate è<br />

molto rischioso e di norma severamente vietato, e che se ci si<br />

vuole dedicare a questa bellissima attività occorre preventivamente<br />

informarsi su eventuali divieti o limitazioni locali esistenti<br />

e richiedere in anticipo i permessi necessari, ad evitare<br />

severe sanzioni e anche procedimenti penali nei casi più gravi.<br />

A differenza della raccolta dei fossili, vietata su tutti il territorio<br />

nazionale, la ricerca e la raccolta dei minerali è generalmente<br />

consentita, salvo limitazioni o totali proibizioni nelle aree<br />

protette, parchi nazionali e regionali, e per questo occorre sempre<br />

informarsi prima di programmare un’uscita. In tutte le regioni<br />

esistono gruppi di amatori ai quali consigliamo di<br />

rivolgersi per compiere in tutta sicurezza le prime visite guidate.<br />

L’attrezzatura richiesta comprende una mazzetta di almeno<br />

un kg di peso, un paio di scalpelli, guantoni per<br />

proteggere le mani, occhiali protettivi contro le schegge, robuste<br />

pedule, una lente a 8 ingrandimenti, scatoline e carta per<br />

imballare i campioni raccolti, oltre all’abbigliamento adatto alla<br />

quota e alla stagione.<br />

Non bisogna pretendere di trovar con facilità campioni con cristalli<br />

di grandi dimensioni, mentre è abbastanza frequente rinvenire<br />

cristallizzazioni di pochissimi millimetri che però<br />

all’osservazione con la lente o meglio ancora con il microscopio<br />

binoculare a 12 o 24 ingrandimenti appaiono ancor più belli e<br />

spettacolari dei campioni macroscopici. Il pregio di un esemplare<br />

è molto maggiore se i cristalli sono ancora ben impiantati<br />

sulla loro “roccia madre”, mentre se sono staccati da essa il<br />

pregio del campione diminuisce moltissimo. Esiste una folta<br />

schiera di collezionisti specializzati nella ricerca dei “micro<br />

mounts”, cioè delle “microscopiche montagne”. Il personale ritrovamento<br />

dei primi campioni, sempre operando nel rigoroso<br />

rispetto dell’ambiente, è una soddisfazione che resta indelebilmente<br />

nel ricordo di ogni collezionista, a prescindere dal valore<br />

o dall’importanza del minerale.<br />

Marco Majrani<br />

(CAI Milano)<br />

Rifugio Zsigmondy-Comici<br />

e Cima Undici<br />

(Ph D.B.)<br />

a fianco:<br />

Le Tre Cime dai Monti di Rudo<br />

(Ph A.F.)<br />

Dolomiti di Sesto<br />

(Ph M.S.)<br />

43


44<br />

Cave a cielo aperto<br />

e in galleria


47<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Domenica<br />

Lunedì<br />

Martedì<br />

Mercoledì<br />

Giovedì<br />

Venerdì<br />

Sabato<br />

Domenica<br />

Lunedì<br />

Martedì<br />

Mercoledì<br />

Giovedì<br />

Venerdì<br />

Sabato<br />

Domenica<br />

Lunedì<br />

Martedì<br />

Mercoledì<br />

Giovedì<br />

Venerdì<br />

Sabato<br />

Domenica<br />

Lunedì<br />

Martedì<br />

Mercoledì<br />

Giovedì<br />

Venerdì<br />

Sabato<br />

Domenica<br />

Lunedì<br />

Martedì<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8<br />

9<br />

10<br />

11<br />

12<br />

13<br />

14<br />

15<br />

16<br />

17<br />

18<br />

19<br />

20<br />

21<br />

22<br />

23<br />

24<br />

25<br />

26<br />

27<br />

28<br />

29<br />

30<br />

31<br />

GENNAIO 2012


G E N N A I O 20 1 2<br />

1. I primi utensili dell’uomo (selce, ossidiana, ecc.)<br />

cedonio, opale, quarzo ecc, alle<br />

rocce metamorfiche quali la quarzite).<br />

In Europa è stata sfruttata<br />

più frequentemente la selce, che<br />

si trova in varie formazioni calcaree<br />

sotto forma di noduli di diverse<br />

dimensioni e forme,<br />

distribuiti in banchi, o sotto forma<br />

di straterelli lenticolari.<br />

I primi utensili erano semplici<br />

ciottoli scheggiati, non rifiniti, sia<br />

su una sola faccia “chopper”, sia<br />

su entrambe “chopping-tool”.<br />

Questo strumento si ottiene da<br />

ciottoli o blocchi spigolosi ricavando<br />

un margine tagliente più o<br />

meno sinuoso attraverso uno o<br />

più distacchi effettuato su uno o<br />

su entrambi i lati.<br />

Per produrre un chopper sono<br />

necessari una decina di colpi di un<br />

percussore sulla pietra da lavorare.<br />

La lavorazione della pietra<br />

implica una fratturazione intenzionale<br />

mediante percussione<br />

con un oggetto solido. Questo<br />

manufatto è detto percussore;<br />

esso può essere di pietra, di legno<br />

duro, d’osso o di corno animale.<br />

La percussione può essere:<br />

percussione diretta, realizzata<br />

colpendo direttamente il nucleo<br />

Ricostruzione di neandertaliano nell’atto<br />

di scheggiare la selce; il modello<br />

è esposto nel Neandertal<br />

Museum di Mettmann in Germania<br />

(da Archeo,<br />

n.7, 1999).<br />

48<br />

Chopper<br />

Bifacciale<br />

Manufatto<br />

litico<br />

10 cm<br />

Staufer-Allison coll.<br />

Chase Co.<br />

L’uomo si differenzia dalle altre<br />

specie viventi per la sua capacità<br />

di manipolare la materia prima disponibile<br />

in natura. L’uomo preistorico<br />

ha utilizzato pietra, legno,<br />

argilla, ossa, pelle, conchiglie<br />

nella produzione di manufatti. I<br />

primi utensili in pietra costruiti<br />

dall’uomo hanno un’età di due milioni<br />

di anni.<br />

La tecnica utilizzata per la lavorazione<br />

della pietra è la scheggiatura.<br />

Successivamente, a partire<br />

dal Neolitico, oltre alla scheggiatura<br />

entra in uso la levigatura. I<br />

tipi di rocce utilizzate per la<br />

scheggiatura spazia da quelle di<br />

origine vulcanica quali lava,<br />

ignimbrite ed ossidiana, a quelle<br />

sedimentarie quali selce, chert<br />

(molto simile alla selce ma dal colore<br />

più chiaro e meno ricca in<br />

contenuto di silice), diaspro, cal-<br />

con un percussore; percussione<br />

indiretta, realizzata interponendo<br />

tra il percussore e il nucleo uno<br />

scalpello (di osso o di corno); percussione<br />

su incudine, realizzata<br />

battendo un blocco di pietra o un<br />

nucleo su una pietra fissa a terra<br />

usata come incudine.<br />

Successivamente si riconobbero<br />

tre grandi categorie di industrie<br />

litiche: le industrie bifacciali, le industrie<br />

della scheggia e le industrie<br />

della pietra scheggiata in<br />

lame.<br />

Le prime due caratterizzano il Paleolitico<br />

inferiore e medio, l’ultima<br />

il Paleolitico superiore.<br />

Successivamente nel Neolitico<br />

l’uomo compì grandi passi e le<br />

principali innovazioni riguardano<br />

principalmente il campo agricolo.<br />

L’aratro fece la sua comparsa nel<br />

6° millennio a.C. ed è un invenzione<br />

che si può attribuire alle<br />

culture della Mesopotamia (parte<br />

dell’attuale Iraq, compreso tra il<br />

Tigri e l’Eufrate) e dal quale si diffuse<br />

in Egitto.<br />

L’aratura fu fondamentale per<br />

l’agricoltura, dato che le zolle si<br />

terreno devono essere smosse<br />

per portare gli strati ricchi di Sali<br />

minerali in superficie e favorire<br />

la penetrazione dell’acqua e dell’aria.<br />

Già alla fine del Mesolitico<br />

l’uomo aveva scoperto le proprietà<br />

dell’argilla che, impastata<br />

con acqua ed essiccata al sole,<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

D L M M G V S D L M M G V S D


Percussione diretta Percussione indiretta Percussione su incudine<br />

Isernia La Pineta: ciotoli scheggiati<br />

Isernia La Pineta: manufatti in selce<br />

Notarchirico (Potenza): bifacciale<br />

Arago (Francia)<br />

hacherreau<br />

1<br />

S.<br />

DOMENICA<br />

Maria Madre di Dio<br />

⧖ 52 . 1 - 365 7,38 - 16,49<br />

G E N N A I O 20 1 2<br />

49<br />

conservava la forma con cui era<br />

stata plasmata. Nel Neolitico l’essiccatura<br />

fu fatta col calore del<br />

sole o la cottura nel forno. I vasi<br />

così ottenuti divenivano più resistenti<br />

ed impermeabili. Col passare<br />

del tempo i vasi furono<br />

anche decorati.<br />

La ruota si diffuse nel 4 millennio<br />

a.C. e fu usata per la prima volta<br />

in Mesopotamia.<br />

All’inizio la ruota era pesante e il<br />

suo perno si spezzava facilmente,<br />

ma nel 2° millennio si utilizzò la<br />

ruota a raggi, più leggere e maneggevole,<br />

dalla quale derivarono<br />

anche il carro ed il tornio. Il carro<br />

facilitò le comunicazioni via terra,<br />

che rimanevano comunque difficoltose<br />

per l’assenza di vere e<br />

proprie strade. Le vie d’acqua furono<br />

le preferite e il mezzo che<br />

rese possibile viaggiarci attraverso<br />

fu la barca. Le prime barche<br />

ritrovate risalgono al 7500<br />

a,C. ed erano rudimentali e senza<br />

vela; solo dopo, infatti, essa fu aggiunta.<br />

Claudia Palandri<br />

(CAI Ferrara)<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31<br />

L M M G V S D L M M G V S D L M


50G E N N A I O 2 0 1 2<br />

2<br />

SS.<br />

LUNEDÌ<br />

Nome del Signore<br />

⧖ 1 . 2 - 364 7,38 - 16,50<br />

3<br />

S.<br />

2. Le pietre da costruzione<br />

Nell’antichità, ma anche in tempi<br />

relativamente recenti, le popolazioni<br />

tendevano ad utilizzare i<br />

materiali locali per la costruzione<br />

delle proprie abitazioni. Il trasporto<br />

dalla pietra era ovviamente<br />

un’operazione molto<br />

faticosa e impegnativa, soprattutto<br />

quando il luogo dove edificare<br />

si trovava in zone impervie,<br />

lontano dal mare e dai fiumi, cioè<br />

in luoghi distanti dalle naturali vie<br />

di trasporto dei materiali pesanti.<br />

Questo limite appare particolarmente<br />

evidente nei luoghi di alta<br />

montagna, dove spesso le case, le<br />

chiese e tutte le strutture create<br />

dall’uomo appaiono ancor oggi<br />

come “emanazioni” stesse del<br />

substrato roccioso, quasi mimetizzate<br />

con esso. E così in Valmalenco<br />

troviamo le malghe<br />

costruite con le lastre di serpentino,<br />

in Val d’Ossola con le lastre<br />

di gneiss dette “beole”, nell’Appennino<br />

ligure con i tetti di ardesia<br />

e nelle Dolomiti con le pareti<br />

di dolomia o calcare. Se ciò appare<br />

evidente in montagna, nelle<br />

MARTEDÌ<br />

Genoveffa<br />

⧖ 1 . 3 - 363 7,38 - 16,51<br />

località costiere o situate lungo<br />

fiumi navigabili, invece, riscontriamo<br />

spesso anche in tempi antichissimi<br />

l’utilizzo di materiali da<br />

costruzione provenienti da zone<br />

lontane o addirittura situate oltremare.<br />

E’ questo il caso ad<br />

esempio dei templi di Roma, a<br />

volte edificati con marmo di Carrara<br />

o addirittura con pietre ornamentali<br />

provenienti dall’Egitto<br />

o dalla Grecia, anche se più frequentemente,<br />

come nel caso ad<br />

esempio del Colosseo, costruiti<br />

con blocchi di travertino che venivano<br />

estratti da cave situate nei<br />

dintorni di Tivoli, quindi a poca distanza<br />

dalla capitale dell’impero.<br />

A partire dal XV secolo, la fabbrica<br />

del Duomo di Milano si serviva<br />

dei materiali marmorei<br />

provenienti dalle cave di Candoglia,<br />

in Val d’Ossola: i materiali<br />

però arrivavano al capoluogo grazie<br />

al trasporto sul Lago Maggiore<br />

e quindi sul Ticino e sui<br />

canali navigabili fatti realizzare su<br />

progetti di Leonardo da Vinci. Nei<br />

tempi antichi come ancor oggi un<br />

4<br />

S.<br />

MERCOLEDÌ<br />

Ermete e S. Tito<br />

⧖ 1 . 4 - 362 7,38 - 16,52<br />

buon compromesso viene ottenuto<br />

realizzando le parti “portanti”<br />

della costruzione con<br />

materiali magari più poveri ma<br />

più facilmente reperibili in loco, e<br />

le parti di rivestimento con materiali<br />

invece più pregiati, che venivano<br />

lavorati e tagliati nei luoghi<br />

di estrazione e trasportati a destinazione<br />

in lastre o piccoli blocchi.<br />

Tra le pietre di origine alpina<br />

più pregiate e utilizzate citiamo i<br />

graniti rosa di Baveno, i bianchi di<br />

Montorfano, le sieniti del Biellese,<br />

gli gneiss ossolani, il marmo Botticino,<br />

i porfidi della Val di Cembra,<br />

il calcare rosso ammonitico<br />

di Verona, le dolomie e i calcari<br />

delle Alpi orientali, le trachiti dei<br />

Colli Euganei.<br />

Di Marco Majrani<br />

(CAI Milano)<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

D L M M G V S D L M M G V S D


5<br />

S.<br />

GIOVEDÌ<br />

Amelia<br />

⧖ 1 . 5 - 361 7,38 - 16,53<br />

6<br />

Epifania<br />

VENERDÌ<br />

del Signore<br />

⧖ 1 . 6 - 360 7,38 - 16,54<br />

7<br />

S.<br />

SABATO<br />

Luciano e S. Raimondo<br />

⧖ 1 . 7 - 359 7,38 - 16,55<br />

G E N N A I O 20 1 2<br />

8<br />

Battesimo<br />

DOMENICA<br />

del Signore<br />

51<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31<br />

L M M G V S D L M M G V S D L M


G E N N A I O 20 1 2<br />

52<br />

9<br />

S.<br />

LUNEDÌ<br />

Giuliano martire<br />

⧖ 2 . 9 - 357 7,37 - 16,57<br />

3. Miniere<br />

Attualmente l’estrazione mineraria<br />

in Italia è ridotta ai minimi termini.<br />

La consistenza e<br />

l’estensione dei giacimenti non è<br />

tale da giustificarne la coltivazione<br />

in termini economicamente<br />

convenienti. Per questo motivo,<br />

soprattutto negli ultimi cinquant’anni,<br />

quasi la totalità delle<br />

miniere nazionali hanno chiuso i<br />

battenti. L’eterogeneità delle situazioni<br />

geologiche presenti sul<br />

nostro territorio, tuttavia, consentirono<br />

in passato di creare numerosi<br />

distretti minerari di<br />

notevole importanza e tali da<br />

poter soddisfare buona parte del<br />

fabbisogno locale. Le miniere italiane,<br />

come nel resto del mondo,<br />

sono di due tipi: in galleria o a<br />

“cielo aperto”. Le prime, di gran<br />

lunga le più diffuse nella nostra<br />

Penisola, sono di gestione e di impostazione<br />

più complessa, anche<br />

se consentono di limitare il volume<br />

dei materiali di scarto, le seconde<br />

sono invece più<br />

convenienti e facili da coltivare ed<br />

espongono i minatori a rischi<br />

10<br />

S.<br />

MARTEDÌ<br />

Aldo eremita<br />

⧖ 2 . 10 - 356 7,37 - 16,58<br />

11<br />

S.<br />

MERCOLEDÌ<br />

Igino Papa<br />

⧖ 2 . 11 - 355 7,37 - 16,59<br />

assai minori. Le principali miniere<br />

a cielo aperto erano quelle di pirite<br />

ed ematite dell’Isola d’Elba e<br />

della Toscana meridionale, e<br />

quelle di amianto di Balangero in<br />

Piemonte, mentre la citazione<br />

delle principali miniere con sviluppo<br />

in profonde gallerie è assai<br />

più lunga e complessa. Partiamo<br />

dalle Alpi dove troviamo i giacimenti<br />

auriferi della Valle d’Aosta<br />

(soprattutto in Val d’Ayas) e di Pestarena<br />

in Valle Anzasca; le miniere<br />

piombo-zincifere e di<br />

tungsteno di Brosso e Traversella<br />

nel Canavese; le miniere di<br />

piombo delle valli bergamasche; i<br />

piccoli giacimenti uraniferi della<br />

Val Rendena, delle Orobie e del<br />

Cunese (Peveragno, Lurisia e Roburent);<br />

le miniere piombo-zincifere<br />

del Tarvisiano; nella Penisola<br />

erano importanti i giacimenti di<br />

zolfo del Montefeltro; di mercurio<br />

del Monte Amiata (tra i più importanti<br />

del mondo); gli zolfi siciliani;<br />

il carbone del Sulcis e<br />

sempre in Sardegna i giacimenti<br />

piombo-zinco-argentiferi di Monteponi<br />

e Montevecchio. Tutte queste<br />

miniere ormai mantengono<br />

un interesse solo per i collezionisti<br />

di minerali, essendo ormai<br />

chiuse da parecchi anni.<br />

Marco Majrani<br />

(CAI Milano)<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

D L M M G V S D L M M G V S D


12<br />

S.<br />

GIOVEDÌ<br />

Moodesto<br />

⧖ 2 . 12 - 354 7,37 - 17,00<br />

13<br />

S.<br />

VENERDÌ<br />

Ilario<br />

⧖ 2 . 13 - 353 7,36- 17,01<br />

14<br />

S.<br />

SABATO<br />

Felice<br />

⧖ 2 . 14 - 352 7,36 - 17,02<br />

DOMENICA<br />

Mauro<br />

15S.<br />

⧖ 2 . 15 - 351 7,36 - 17,03<br />

G E N N A I O 20 1 2<br />

53<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31<br />

L M M G V S D L M M G V S D L M


54G E N N A I O 2 0 1 2<br />

16<br />

S.<br />

LUNEDÌ<br />

Marcello Papa<br />

⧖ 3 . 16 - 350 7,35 - 17,04<br />

17<br />

S.<br />

4. La calcara e la calce<br />

MARTEDÌ<br />

Antonio abate<br />

⧖ 3 . 17 - 349 7,35 - 17,06<br />

18<br />

S.<br />

MERCOLEDÌ<br />

Liberata e S. Prisca<br />

⧖ 3 . 18 - 348 7,34 - 17,07<br />

La calcàra (o calchera) era una<br />

rustica fornace dove si cocevano<br />

i sassi calcarei per produrre la<br />

calce. Essa aveva una forma a<br />

“nuraghe”, ovvero a tino in parte<br />

interrato, con una piccola apertura<br />

in alto. Sul lato anteriore si<br />

trovava la porta. Il suo profilo era<br />

circolare e l’altezza variabile fra i<br />

3 e i 5 metri,c on un diametro<br />

massimo di 3 metri, e risultava<br />

più stretta alle due estremità. La<br />

struttura di sostegno era costituita<br />

da grossi massi squadrati<br />

grossolanamente, e doveva resistere<br />

ad alte temperature, oscillanti<br />

intorno ai 1000°C.<br />

La parte sotterranea interessava<br />

la calcàra per una profondità di<br />

circa un metro ed era formata da<br />

un anello di sassi resistenti al calore,<br />

i quali costituivano il fornello.<br />

Sopra il fornello si poggiava<br />

quindi, con grande perizia, la<br />

volta, composta da sassi calcarei.<br />

La volta aveva doppia funzione di<br />

servire da forno per legna di cottura<br />

e da sostegno per i sassi da<br />

cuocere, che venivano caricati<br />

sopra. Ad ogni cotta la volta doveva<br />

essere rifatta. Un volta murata<br />

la porta, la calcàra<br />

conservava due aperture: una<br />

maggiore, detta bocàra, dalla<br />

quale si introducevano fascine e<br />

legna da ardere,e d una minore<br />

collocate in posizione inferiore<br />

alla bocàra, che serviva da respiro<br />

al fornello della calcàra. La calcàra<br />

si costruiva preferibilmente<br />

nei pressi di un pendio, per facilitare<br />

il caricamento dei massi dall’alto,<br />

e nelle vicinanze di un<br />

bosco, magari di una carbonaia,<br />

per procacciare in rapidità il combustibile;<br />

inoltre essa doveva trovarsi<br />

non molto distante da corsi<br />

d’acqua. Una volta preparato il<br />

tutto, massi e legname in sufficiente<br />

quantità, si accendeva il<br />

fuoco. Doveva essere un fuoco<br />

molto vivace, ottenuto bruciando<br />

tronchi di faggio o di abete finemente<br />

tagliati, e doveva durare<br />

ininterrottamente fino a otto<br />

giorni circa (in media 4-5 giorni in<br />

base al tipo di calcare). La temperatura<br />

tra gli 800 e 1000°C e<br />

l’operazione di mantenimento del<br />

fuoco erano seguite da almeno<br />

quattro addetti e sorvegliate da<br />

una persona di grande esperienza,<br />

il forniciaio. Per controllare<br />

lo stato di cottura si prendeva<br />

uno dei sassi e lo si buttava nell’acqua<br />

fredda per verificarne la<br />

tumultuosa (e pericolosa) reazione.<br />

Oppure si tendeva di forare un<br />

sasso utilizzando un apposito<br />

punteruolo di ferro; se si riusciva<br />

a penetralo la calce era pronta. Infine<br />

la calce veniva estratta dal<br />

forno mediante un lavoro delicatissimo<br />

e pericolosissimo. I sassi<br />

erano dunque strasformati in<br />

bianca calce, detta appunto calce<br />

viva. Questa veniva gettata in<br />

un’apposita fossa scavata sul terreno<br />

e irrorata d’acqua che provocava<br />

una vivace reazione<br />

chimica. Si otteneva così la calce<br />

idrata o calce spenta, pronta per<br />

essere utilizzata nella preparazione<br />

di malte per intonaci e per<br />

l’edilizia.<br />

Ugo Scortegagna (CAI Mirano)<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

D L M M G V S D L M M G V S D


19<br />

S.<br />

GIOVEDÌ<br />

Mario e S. Canuto<br />

⧖ 3 . 19 - 347 7,34 - 17,08<br />

VENERDÌ<br />

Sebastiano e S. Fabiano<br />

20S.<br />

⧖ 3 . 20 - 346 7,33 - 17,09<br />

21<br />

S.<br />

SABATO<br />

Agnese<br />

⧖ 3 . 21 - 345 7,32 - 17,10<br />

DOMENICA<br />

Vincenzo e S. Anastasio<br />

22S.<br />

⧖ 3 . 22 - 344 7,32 - 17,12<br />

G E N N A I O 20 1 2<br />

55<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31<br />

L M M G V S D L M M G V S D L M


56G E N N A I O 2 0 1 2<br />

LUNEDÌ<br />

Emerenziana<br />

23S.<br />

⧖ 4 . 23 - 343 7,31 - 17,13<br />

24<br />

S.<br />

MARTEDÌ<br />

Francesco di Sales<br />

⧖ 4 . 24 - 342 7,30 - 17,14<br />

5. La lavorazione dei metalli<br />

La preistoria dell’umanità è passata<br />

attraverso diverse epoche,<br />

che vengono tradizionalmente<br />

chiamate età della pietra, del<br />

rame, del bronzo, del ferro. I metalli<br />

si trovano raramente allo<br />

stato puro, o , come si dice in mineralogia,<br />

allo stato nativo: è il<br />

caso per esempio dell’oro, che è<br />

detto metallo nobile proprio perché<br />

si combina difficilmente con<br />

altri elementi.<br />

Anche l’argento e il rame si trovano<br />

spesso quasi puri, mentre il<br />

ferro nativo è molto raro. Piccoli<br />

oggetti di ferro, ricavato da qualche<br />

peraltro rara meteorite,<br />

erano già presenti nell’età del<br />

bronzo, ma la vera e propria età<br />

del ferro ebbe inizio solo quando<br />

si imparò a estrarlo dai suoi minerali<br />

più comuni, come magnetite<br />

ed ematite. Il bronzo è una<br />

lega di rame e stagno, molto più<br />

dura e resistente dei due metalli<br />

da cui prende origine.<br />

La vera e propria arte della metallurgia<br />

ebbe inizio quando<br />

l’uomo imparò a estrarre i metalli<br />

MERCOLEDÌ<br />

di S. Paolo<br />

25Conversione<br />

⧖ 4 . 25 - 341 7,30 - 17,15<br />

dai loro minerali principali, soprattutto<br />

ossidi e solfuri.<br />

Per farlo è necessaria una forte<br />

fonte di calore; non è sufficiente<br />

quindi la temperatura di un semplice<br />

fuoco di legna all’aria<br />

aperta, ma è indispensabile che il<br />

calore della combustione sia in<br />

qualche modo “concentrato” e<br />

non si possa disperdere facilmente.<br />

Quindi ci voleva un forno, al cui<br />

interno era posto il minerale sminuzzato;<br />

al disotto il fuoco, abbondantemente<br />

ventilato e<br />

alimentato da una gran quantità<br />

di legna (il carbone verrà scoperto<br />

solo in tempi più recenti). Il<br />

prodotto fuso veniva quindi convogliato<br />

in alcuni stampi scavati<br />

nella pietra, e poi rifinito con un<br />

paziente lavoro di martellatura e<br />

affilatura.<br />

Uno degli oggetti più interessanti<br />

per l’archeologia è l’ascia di rame<br />

rinvenuta accanto al famoso Ötzi<br />

, l’uomo trovato congelato sul<br />

ghiacciaio del Similaun e risalente<br />

al 3200 avanti Cristo. Nei suoi capelli<br />

è stato riscontrato un alto tenore<br />

di arsenico, un sottoprodotto<br />

comune nei minerali di<br />

rame, il che fa pensare che svolgesse<br />

anche l’attività di fonditore<br />

o fabbro.<br />

Alberto Majrani<br />

(CAI Milano)<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

D L M M G V S D L M M G V S D


GIOVEDÌ<br />

Tito e S. Timoteo<br />

26S.<br />

⧖ 4 . 26 - 340 7,29 - 17,17<br />

VENERDÌ<br />

Angela Merici<br />

27S.<br />

⧖ 4 . 27 - 339 7,28 - 17,18<br />

SABATO<br />

Tommaso d’Aquino<br />

28S.<br />

⧖ 4 . 28 - 338 7,27 - 17,19<br />

DOMENICA<br />

Costanzo<br />

29S.<br />

⧖ 4 . 29 - 337 7,26 - 17,20<br />

G E N N A I O 20 1 2<br />

57<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31<br />

L M M G V S D L M M G V S D L M


58G E N N A I O 2 0 1 2<br />

LUNEDÌ<br />

Martina<br />

30S.<br />

⧖ 5 . 30 - 336 7,25 - 17,22<br />

31<br />

S.<br />

MARTEDÌ<br />

Giovanni Bosco<br />

⧖ 5 . 31 - 335 7,24 - 17,23<br />

6. Non solo cave: le maestranze apuane della lavorazione della pietra<br />

L’escavazione del marmo.<br />

Oggi, grazie alle innovazioni tecniche,<br />

pur rimanendo un lavoro<br />

difficile e pericoloso, l’attivitˆ di<br />

cava si avvale di strumentazioni<br />

precise e macchinari efficaci, che<br />

permettono di estrarre grandi<br />

quantitˆ di marmo e trasportarlo<br />

su ruota fino al laboratorio o all’<br />

Ma fino agli inizi del secolo<br />

scorso...<br />

Prima di tutto l’escavazione era<br />

realizzata mediante l’’esplosivo.<br />

Il blocco prescelto, ancora inglobato<br />

nella montagna, era delimitato<br />

dai “tecchiaioli”, operai legati<br />

ad una corda, che<br />

infiggevano cunei di legno in nicchie<br />

scavate con lo scalpello<br />

(sciubbia) e che bagnati progressivamente<br />

si gonfiavano e permettevano<br />

il distacco del marmo.<br />

A questo punto il blocco si trovava<br />

in prossimitˆ del piazzale di<br />

cava, ma non c’erano strade che<br />

permettessero di spostarlo.<br />

Gli stessi cavatori arrivavano in<br />

cava percorrendo difficili sentieri<br />

per raggiungere il luogo dell'escavazione<br />

prima dell’alba.<br />

Per portare il masso a valle<br />

quindi, occorreva costruirsi una<br />

“via”.<br />

Queste “vie”, chiamate “vie di<br />

lizza” dovevano reggere il peso<br />

del o dei blocchi ed essere sufficientemente<br />

sicure per le persone<br />

che accompagnavano il<br />

prezioso materiale a valle.<br />

Solitamente era scelto un percorso<br />

lungo la massima pendenza<br />

del versante.<br />

Il tracciato era liberato da eventuali<br />

ingombri di piante e reso<br />

pianeggiante con una lastricata<br />

sul fondo. Una massicciata laterale<br />

rendeva stabile il percorso.<br />

Tutta l’opera era realizzata con la<br />

tecnica della muratura a secco e<br />

con il materiale che si trovava sul<br />

luogo. L’operazione si svolgeva<br />

nel seguente modo: veniva decisa<br />

una squadra di cavatori, chiamata<br />

la “squadra di lizza” e scelto un<br />

“capolizza”.<br />

Con il legname delle piante del<br />

luogo (solitamente castagno) ve-<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

D L M M G V S D L M M G V S D


G E N N A I O 20 1 2<br />

59<br />

niva costruita una slitta, la “lizza”<br />

appunto.<br />

Su questa era assicurato il carico<br />

di marmo, “la carica”.<br />

La lizza, era manovrata dalla<br />

squadra che la calava lentamente<br />

lungo la via di lizza.<br />

Lungo il tracciato, ad intervalli regolari,<br />

erano realizzati, sempre<br />

con lo scalpello, fori circolari o<br />

quadrati nei massi di maggiori dimensioni<br />

e chiamati “piri”.<br />

Dentro ai fori venivano messe fascine<br />

di legno (solitamente faggio<br />

e castagno) che rappresentavano<br />

una sorta di “anima”: attorno a<br />

questa erano avvolte le corde di<br />

canapa che reggevano la carica<br />

e il suo attrito ne permetteva la<br />

frenatura Il capolizza era di fronte<br />

alla carica e decideva il percorso<br />

migliore da seguire.<br />

Sotto alla lizza venivano messi e<br />

spostati progressivamente i “parati”<br />

Uno o due cavatori quindi,<br />

facevano avanti e indietro vicino<br />

alla carica per passarsi i parati<br />

che rimanevano indietro e ne<br />

controllavano il grado d’usura e<br />

l’entitˆ d’insaponatura o<br />

ingrassatura e procedevano<br />

all’eventuale sostituzione.<br />

Il capolizza controllava lo<br />

stato della via e la traiettoria<br />

della carica. Altri membri<br />

della squadra, stavano<br />

a monte e manovravano la<br />

carica: la lizza era legata<br />

con lunghe corde di canapa<br />

(i “canapi”) che<br />

erano arrotolate con un<br />

numero di spire variabile<br />

attorno ai piri. o si fermava<br />

in caso di problema o pericolo<br />

la carica.<br />

I diversi ordini erano dati<br />

ai vari membri della squadra<br />

mediante grida e fischi convenzionali.<br />

Ovviamente i membri della squadra<br />

erano scelti in funzione della<br />

prestanza fisica e nel caso del capolizza,<br />

dell’esperienza.<br />

Ciononostante si sono verificati<br />

numerosi incidenti spesso mortali,<br />

dovuti proprio al cedimento<br />

della via di lizza.<br />

Poco dopo l’abitato di Codena, nei<br />

pressi dellacava a cielo aperto.<br />

Qui, un ex cavatore ha realizzato<br />

un modello che riproduce fedelmente<br />

i diversimomenti dell’escavazione<br />

e ha realizzato un piccolo<br />

museo con le vecchie attrezzature<br />

che si usavano in cava.<br />

Erica Carlotti<br />

(CAI Massa)<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31<br />

L M M G V S D L M M G V S D L M

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!