Il sistema bancario italiano - Etudes économiques du Crédit Agricole
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<strong>Il</strong> rapporto tra banche e territori dopo la Grande Crisi del 2007-2009<br />
GIOVANNI FERRI<br />
fitto non è né l’unico fine né, generalmente, quello<br />
prioritario.<br />
In effetti, a nostro modo di vedere, la spinta all’enfasi<br />
esasperata del profitto di breve periodo per le banche<br />
commerciali e quella alla diffusa trasformazione di banche<br />
stakeholder value in banche shareholder value – es.<br />
attraverso i processi di “demutualizzazione” – sono<br />
state <strong>du</strong>e forze determinanti nella genesi dei problemi<br />
poi sfociati nella crisi finanziaria.<br />
Per sintetizzare, ci sono tre aspetti principali connessi<br />
alla questione. In primo luogo, come detto, si è<br />
avuto un mutamento nel modello di affari <strong>bancario</strong>.<br />
Inoltre, come testé accennato, i sistemi bancari hanno<br />
sperimentato sostanziali ondate di demutualizzazione,<br />
in cui ampi segmenti del <strong>sistema</strong> <strong>bancario</strong> sono stati<br />
trasformati da uno status mutualistico o cooperativo in<br />
banche shareholder value. Da ultimo, la percezione che<br />
il rischio di credito potesse essere scomposto ha<br />
determinato una mancanza di considerazione – o,<br />
quantomeno, una sottostima – del grado in cui rompendo<br />
relazioni finanziarie complesse in contratti segmentati<br />
si sarebbe indebolita la capacità delle banche<br />
di valutare e governare la dimensione complessiva di<br />
quel rischio. Dal canto loro, del resto, la teoria economica<br />
prevalente e la regolamentazione bancaria hanno<br />
contribuito a diffondere questa visione erronea. Vi sono<br />
ovvie conseguenze sul rapporto tra banche e territorio.<br />
Nel resto del contributo, la seconda parte è dedicata alla<br />
doppia subordinazione delle banche stakeholder value:<br />
esse, in quanto banche, hanno condiviso con le altre<br />
banche la subordinazione della banca alle logiche del<br />
mercato finanziario e, inoltre, sono state insidiate da un<br />
orientamento prevalente in base al quale anch’esse<br />
sarebbero dovute convergere verso il modello della<br />
società per azioni. Nella terza parte si osserva e si svolgono<br />
alcune riflessioni sul fatto che la crisi finanziaria ha<br />
generato maggiore instabilità per le banche shareholder<br />
value rispetto a quelle stakeholder value. La quarta<br />
parte trae le principali lezioni della crisi per il tema onde<br />
trattasi e raccoglie le considerazioni conclusive.<br />
L’impostazione teorica:<br />
la doppia subordinazione delle<br />
banche stakeholder value 2<br />
Subordinazione della banca<br />
al mercato finanziario<br />
Le teorie di riferimento del <strong>sistema</strong> finanziario si suddividono<br />
in <strong>du</strong>e rami principali: la teoria dei mercati finanziari<br />
e la teoria della banca. La prima si basa su ipotesi<br />
di mercati completi e di informazione perfetta 3 . In<br />
particolare, se vale l’ipotesi dei mercati efficienti i prezzi<br />
delle attività finanziarie dovrebbero riflettere tutte le<br />
informazioni pubblicamente disponibili (Fama, 1970). Se<br />
le informazioni correnti e passate sono immediatamente<br />
incorporate nei prezzi correnti, allora solamente<br />
nuove informazioni potranno causare un cambiamento<br />
nei prezzi, i quali fanno riferimento sempre al<br />
funzionamento del meccanismo della domanda e dell’offerta.<br />
Dall’altro lato, la teoria della banca si basa su ipotesi di<br />
mercati incompleti e di informazione imperfetta.<br />
Dall’intuizione originaria di Stiglitz e Weiss (1981) la<br />
teoria degli intermediari evolve verso il monitoring sui<br />
debitori, delegato alle banche da parte dei risparmiatori/depositanti<br />
(Diamond, 1984). Ne segue che le<br />
banche svolgono una funzione essenziale di rimedio al<br />
fallimento del mercato del credito, dato che, accumulando<br />
informazioni sui debitori, possono ri<strong>du</strong>rre il grado<br />
di asimmetria informativa e impartire a questi ultimi gli<br />
incentivi corretti temperando i problemi di selezione<br />
avversa e di azzardo morale.<br />
Di conseguenza, sembra mancare un ponte tra le <strong>du</strong>e<br />
teorie: quella delle banche, che ci dice che esse esistono<br />
per rimediare a un fallimento del mercato, e<br />
quella dei mercati finanziari, che postula l’assenza di fallimenti<br />
del mercato 4 .<br />
Si è così generata un’incoerenza teorica di fondo<br />
quando, in seguito alla deregolamentazione e alla<br />
liberalizzazione finanziarie, prassi e regolamentazione<br />
bancarie si sono via via mosse verso modalità operative<br />
tipiche dei mercati finanziari. Le banche che fanno <br />
2. Per una più diffusa trattazione, si rimanda a Coco e Ferri (2010).<br />
3. Questo nonostante una crescente parte della letteratura abbia messo in discussione l’efficienza dei mercati finanziari in termini generali (es. Grossman e Stiglitz,<br />
1980) o ipotizzando che nel mercato operino soggetti disinformati, i cosiddetti noise traders (es. Delong e altri, 1990; Shleifer e Summers, 1990).<br />
4. Fanno eccezione alcuni autori (es. Allen e Gale, 2000) che hanno lavorato alla costruzione di questo ponte, concludendo che tra banche e mercati esistono forti<br />
complementarità, piuttosto che sostituibilità. Ma tale opera è ampiamente incompleta e, per di più, non ha avuto – almeno fino a prima della crisi – successo nel<br />
determinare l’impostazione delle prassi e della regolamentazione delle banche.<br />
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