Il sistema bancario italiano - Etudes économiques du Crédit Agricole
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Banche e antitrust: le specificità italiane<br />
SERGIO EREDE & MASSIMO MEROLA<br />
L’era della Banca d’Italia<br />
La prima legge italiana sulla tutela della concorrenza del<br />
1990 stabiliva un regime speciale per il settore <strong>bancario</strong>.<br />
La legge interveniva in una fase di transizione per il <strong>sistema</strong><br />
<strong>bancario</strong> <strong>italiano</strong>, appena uscito da una prima<br />
ondata di liberalizzazioni, ma che restava soggetto, in<br />
termini operativi, a pesanti vincoli legislativi e normativi.<br />
Poiché all’epoca l’opinione dominante, o almeno<br />
quella del legislatore, era che la stabilità del <strong>sistema</strong><br />
dovesse prevalere sulla sua efficienza, l’applicazione<br />
delle nuove regole della concorrenza doveva essere affidata<br />
necessariamente ad un’istituzione specializzata in<br />
questioni bancarie e monetarie, in grado di operare con<br />
la necessaria competenza. Indipendente e dotata di una<br />
reputazione inattaccabile, la Banca d’Italia assumeva<br />
quindi la responsabilità della supervisione delle regole<br />
della concorrenza nel settore <strong>bancario</strong>, al posto dell’autorità<br />
della concorrenza appena costituita, l’Autorità<br />
Garante della Concorrenza e del Mercato o AGCM, la<br />
cui competenza in questo settore si limitava alla possibilità<br />
di emettere un parere non vincolante sui casi esaminati<br />
dalla Banca d’Italia.<br />
Come era prevedibile, l’applicazione delle regole della<br />
concorrenza da parte di un’autorità non specializzata<br />
in questo campo si tra<strong>du</strong>ceva in un controllo meno<br />
penetrante sugli istituti bancari. L’AGCM, dal canto<br />
suo, maturava forse una certa frustrazione per l’impossibilità<br />
d’intervenire in un settore che non appariva<br />
particolarmente dinamico e concorrenziale, soprattutto<br />
a fronte del fenomeno crescente di despecializzazione<br />
che portava le banche ad allargare il proprio<br />
raggio d’azione a servizi non tradizionali e non più<br />
necessariamente legati all’interesse generale. In questo<br />
quadro, l’AGCM cercava pertanto di allargare la propria<br />
competenza alle attività che esulavano dai servizi<br />
tradizionalmente riservati per legge alle banche.<br />
L’entrata in campo dell’AGCM<br />
Confrontato al rischio crescente di conflitti di competenze<br />
fra l’AGCM e la Banca d’Italia e di fronte alla crisi<br />
d’immagine di quest’ultima, causata della sua opposizione<br />
all’acquisizione di grandi banche italiane da parte<br />
di istituti esteri – si pensi soprattutto alle vendite<br />
AntonVeneta e BNL –, il legislatore ha modificato nel<br />
2005 la legislazione sulla concorrenza, riattribuendo<br />
all’AGCM il controllo dell’applicazione delle regole della<br />
concorrenza agli istituti bancari. La legge italiana si è così<br />
allineata alla normativa europea. Alcune disposizioni, tuttavia,<br />
testimoniano tuttora l’attenzione particolare del<br />
legislatore <strong>italiano</strong> per il settore <strong>bancario</strong>: su richiesta<br />
della Banca d’Italia, per motivi legati rispettivamente<br />
all’efficienza dei pagamenti e alla stabilità dei mercati<br />
monetari, l’AGCM può infatti autorizzare accordi anche<br />
restrittivi dal punto di vista della concorrenza o concentrazioni<br />
che creino o rafforzino una posizione dominante,<br />
a condizione che tali restrizioni siano necessarie<br />
per conseguire l’obiettivo prefissato. Tali disposizioni<br />
non sono ancora mai state utilizzate, nemmeno <strong>du</strong>rante<br />
la crisi, il che non è però sorprendente se si considera<br />
che, a seguito della riforma, la Banca d’Italia si è<br />
concentrata sulla supervisione prudenziale degli istituti<br />
bancari e ha adottato un atteggiamento molto rispettoso<br />
nei confronti delle competenze tecniche dell’AGCM<br />
in materia di concorrenza. D’altra parte quest’ultima, da<br />
quando le è stato affidato il controllo del settore <strong>bancario</strong>,<br />
ha dato prova di grande rigore nell’applicazione<br />
agli istituti delle regole della concorrenza e i suoi rappresentanti<br />
hanno più volte dichiarato che non sarebbe<br />
stata concessa alcuna deroga, anche <strong>du</strong>rante la crisi,<br />
per non indebolire il settore nel lungo termine.<br />
L’AGCM ha in particolare chiaramente privilegiato la<br />
“regolamentazione” del settore, attraverso l’imposizione<br />
in capo alle imprese di obblighi di rimediare alle distorsioni<br />
della concorrenza da esse provocate con condotte<br />
positive, rispetto ad interventi puramente<br />
sanzionatori. In questo senso basterà ricordare, per<br />
citare solo qualche esempio, le iniziative dell’AGCM<br />
nei confronti dell’associazione bancaria italiana (ABI), con<br />
particolare riferimento alla modifica unilaterale delle<br />
condizioni dei conti correnti bancari, alle tariffe di interconnessione<br />
per i prelievi di contanti ed ai costi e condizioni<br />
interbancarie relativi al trattamento degli assegni.<br />
Nell’ambito della politica di controllo delle concentrazioni<br />
tra imprese, i suoi interventi hanno riguardato principalmente<br />
la cessione di sportelli in aree in cui le fusioni<br />
creavano sovrapposizioni eccessive, la ri<strong>du</strong>zione di<br />
alcuni costi legati ai prelievi di contanti e la rimozione dei<br />
legami fra concorrenti, attraverso la cessione di partecipazioni<br />
nel capitale di altre banche concorrenti o lo<br />
scioglimento di società compartecipate.<br />
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