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Il sistema bancario italiano - Etudes économiques du Crédit Agricole

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HORIZONS BANCAIRES<br />

NUMERO 340 – NOVEMBRE 2010<br />

sufficienti livelli di redditività. Infatti nel 2008, pur segnando<br />

una significativa ca<strong>du</strong>ta, il ROE netto medio delle<br />

banche italiane si è mantenuto al valore di 4,5 mentre<br />

è sceso a 3,6 nel 2009; e l’aspettativa è che il ROE<br />

netto raggiunga solo nel 2012 valori non lontani da 5<br />

(cfr. AFO 2010).<br />

Queste previsioni non sorprendono e appaiono persino<br />

troppo ottimistiche. Specie per l’Europa, il quadro<br />

macroeconomico per i prossimi anni non è incoraggiante.<br />

Vi è una probabilità non bassa che, a causa dei<br />

vincoli posti dalla dinamica dei debiti sovrani e dal<br />

conseguente mancato rilancio della domanda interna,<br />

i paesi dell’area euro puntino su una crescita export led.<br />

Se però la stessa strategia verrà perseguita anche<br />

dagli Stati Uniti e dai paesi emergenti, la somma delle<br />

parti non potrà essere coerente con il tutto (problema<br />

di “fallacia dell’aggregazione”); e le aree sottoposte ai<br />

maggiori vincoli, come l’area dell’euro, non potranno<br />

realizzare i loro obiettivi di crescita e si condanneranno<br />

a una fase di stagnazione. Una situazione del genere<br />

prolungherebbe la politica dei bassi tassi di interesse,<br />

ma minerebbe anche la solvibilità di molte piccole<br />

e medie imprese e aggraverebbe la disoccupazione. In<br />

un tale quadro i detentori di ricchezza troverebbero<br />

buone giustificazioni per rafforzare l’avversione al<br />

rischio, già accresciuta <strong>du</strong>rante la crisi finanziaria, e per<br />

interrompere così i cauti processi di riallocazione dei loro<br />

portafogli verso scadenze di più lungo periodo.<br />

Rispetto al settore <strong>bancario</strong> europeo, ciò implicherebbe<br />

una ri<strong>du</strong>zione dei già bassi ricavi sui servizi tradizionali<br />

offerti alle imprese, un peggioramento nella dinamica<br />

dei crediti incagliati o in sofferenza e una ca<strong>du</strong>ta nei proventi<br />

derivanti dall’amministrazione della ricchezza<br />

delle famiglie a causa della loro fuga verso la liquidità<br />

o verso investimenti di breve termine. Per giunta, non<br />

sussistendo problemi di reperimento di liquidità privata<br />

da parte delle banche europee, la BCE potrebbe<br />

decidere di proseguire il gra<strong>du</strong>ale processo di sterilizzazione<br />

delle generose politiche di “mercato aperto”,<br />

varate <strong>du</strong>rante la crisi finanziaria, per concentrarsi sul<br />

sostegno alla domanda dei titoli di debito sovrano; il che<br />

prosciugherebbe una fonte di facile guadagno per il settore<br />

<strong>bancario</strong> europeo. Quest’ultimo avrebbe così un<br />

incentivo, rafforzato dalla mancata riforma delle regole<br />

e della vigilanza europea sui mercati finanziari, per<br />

espandere nuovamente quelle rischiose attività di investimento<br />

che ne hanno sostenuto la redditività fino a<br />

metà del 2007 ma che sono anche state un fattore<br />

determinante della crisi del 2007-09.<br />

Data la sua specializzazione tradizionale, il settore<br />

<strong>bancario</strong> <strong>italiano</strong> sarebbe particolarmente colpito da<br />

un’evoluzione così negativa del quadro macroeconomico<br />

e dell’attività bancaria europee. Per giunta, rispetto<br />

al periodo pre-crisi, esso potrebbe incontrare maggiori<br />

difficoltà a salvaguardare performance soddisfacenti<br />

grazie ai proventi dall’amministrazione della ricchezza<br />

finanziaria delle famiglie. Nel recente passato la forte<br />

avversione al rischio, che ha caratterizzato in media le<br />

scelte finanziarie delle famiglie italiane, ha probabilmente<br />

facilitato il collocamento di obbligazioni bancarie (anche<br />

strutturate) che offrivano, alla scadenza, rendimenti<br />

minimi garantiti. Prova ne sia che, come già accennato,<br />

le banche italiane non hanno incontrato difficoltà nel<br />

collocare tali attività a condizioni allineate a quelle dei<br />

meno rischiosi titoli del debito pubblico. Combinandosi<br />

con gli insegnamenti più evidenti della crisi finanziaria,<br />

un ulteriore rafforzamento dell’avversione al rischio<br />

potrebbe però spingere le famiglie italiane a meglio<br />

apprezzare i rischi di liquidità e di controparte delle<br />

obbligazioni bancarie che, in molti casi, sono attività<br />

finanziarie complesse o non negoziabili su mercati<br />

‘spessi’. In questo senso è interessante notare che, nel<br />

dopo crisi, le condizioni di collocamento delle obbligazioni<br />

bancarie italiane sono avvenute a condizioni relativamente<br />

più favorevoli per i sottoscrittori.<br />

Qualche conclusione<br />

Nei prossimi anni il settore <strong>bancario</strong> <strong>italiano</strong> si troverà,<br />

quindi, a fronteggiare una nuova e difficile sfida.<br />

Anche a causa della nuova regolamentazione internazionale<br />

dei mercati finanziari, esso sarà costretto a<br />

proseguire nel proprio rafforzamento patrimoniale; il che<br />

richiederà di realizzare un’adeguata redditività per<br />

accrescere le risorse interne e per assicurare una<br />

remunerazione attraente agli investitori di mercato.<br />

D’altro canto però, nel dopo-crisi, i grandi gruppi bancari<br />

e le altre banche italiane dovranno finanziare<br />

mutuatari più rischiosi e collocare le proprie passività<br />

finanziarie presso risparmiatori più tutelati e più avversi<br />

al rischio; il che ri<strong>du</strong>rrà la fonte di quei facili, anche<br />

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