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. Santa Teresa di Lisieux maestra di fede<br />
Giovanni Paolo II ha voluto Teresa di Lisieux come “dottore della<br />
Chiesa” perché essa <strong>in</strong>segna cosa è l’<strong>in</strong>fanzia spirituale e come <strong>in</strong>terpretare<br />
esistenzialmente l’espressione evangelica «se non diventerete<br />
come i bamb<strong>in</strong>i, non entrerete nel regno dei cieli».<br />
È stupefacente come la piccola Teresa, la santa dell’<strong>in</strong>fanzia spirituale,<br />
da un lato descrive la necessità di uscire dall’<strong>in</strong>fanzia per poter veramente<br />
amare <strong>il</strong> Signore. Infanzia spirituale non significa, nel suo messaggio,<br />
presunta <strong>in</strong>nocenza dell’età <strong>in</strong>fant<strong>il</strong>e (come una valutazione<br />
superficiale dell’espressione potrebbe far pensare), o ancora nostalgia<br />
di un ritorno ai primi anni della vita <strong>in</strong>tesi come modello tout court<br />
– questi anni sono anzi da lei visti come età di ipersensib<strong>il</strong>ità ed eccessivo<br />
attaccamento a se stessi.<br />
Nel descrivere la grazia del Natale che ricevette nel 1886, la grazia della<br />
conversione, ne parla proprio come del momento dell’uscita dall’<strong>in</strong>fanzia.<br />
Possiamo qui leggere <strong>il</strong> testo stupendo scritto dalla stessa Teresa<br />
che descrive questo momento:<br />
«Se <strong>il</strong> Cielo mi colmava di grazie, non era già perché io le meritassi, ero<br />
ancora tanto imperfetta! Avevo, è vero, un gran desiderio di praticare<br />
la virtù, ma lo facevo <strong>in</strong> un buffo modo, ecco un esempio: … dopo che<br />
Maria fu entrata nel Carmelo, mi accadeva talvolta, per far piacere al<br />
buon Dio, di rifarmi <strong>il</strong> letto, oppure, <strong>in</strong> assenza di Cel<strong>in</strong>a, rimettere<br />
dentro, a sera, i suoi vasi da fiori: come ho detto, era per <strong>il</strong> buon Dio<br />
solo che facevo quelle cose, perciò non avrei dovuto attendere <strong>il</strong> grazie<br />
delle creature. Ahimé! Le cose andavano ben diversamente; se per disgrazia<br />
Cel<strong>in</strong>a non aveva l’aspetto felice e stupito per i miei servizietti,<br />
non ero contenta, e glielo provavo con le lacrime. Ero veramente<br />
<strong>in</strong>sopportab<strong>il</strong>e per la mia sensib<strong>il</strong>ità eccessiva. Così, se mi accadeva<br />
di dare <strong>in</strong>volontariamente un po’ di dispiacere a qualcuno cui volessi<br />
bene, <strong>in</strong>vece di dom<strong>in</strong>armi e non piangere,… piangevo come una<br />
Maddalena, e quando com<strong>in</strong>ciavo a consolarmi della cosa <strong>in</strong> sé, piangevo<br />
per aver pianto…<br />
Non so come io mi cullassi nel pensiero caro di entrare nel Carmelo,<br />
trovandomi ancora nelle fasce dell’<strong>in</strong>fanzia! Bisognò che <strong>il</strong> buon<br />
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