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Autovalori ed autovettori - Danielegasparri.com

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Cosa sono gli autovalori e gli <strong>autovettori</strong><br />

di Daniele Gasparri<br />

Geometricamente <strong>ed</strong> intuitivamente possiamo pensare ad autovalori <strong>ed</strong> <strong>autovettori</strong> nel seguente<br />

modo.<br />

Consideriamo una trasformazione lineare geometrica su uno spazio vettoriale V qualsiasi e andiamo<br />

ad analizzare <strong>com</strong>e vengono trasformati i vettori appartenenti a tale spazio; in generale, direzione,<br />

verso e modulo cambieranno; tuttavia, per certe trasformazioni, può succ<strong>ed</strong>ere che ci siano vettori la<br />

cui direzione non cambia: tali vettori sono chiamati auto vettori.<br />

Sono <strong>autovettori</strong> tutti i vettori che ad esempio vengono moltiplicati per un coefficiente scalare; tale<br />

coefficiente scalare viene detto autovalore ( λ ); ad un autovalore λ possono restare associati<br />

diversi <strong>autovettori</strong>, che possono costituire uno spazio di <strong>autovettori</strong> con relativa base.<br />

Un tipico esempio è considerare lo spazio tridimensionale ν 0<br />

, scegliere una base ortonormale<br />

(versori i, j, k ), considerare una certa trasformazione lineare e andare ad analizzare l’eventuale<br />

presenza di <strong>autovettori</strong>: Consideriamo la trasformazione lineare che ruota ogni vettore dello spazio<br />

attorno all’asse z (cioè all’asse generato dal versore k ) di un angolo di 180° (π ). Non è difficile<br />

⎧T<br />

( i)<br />

= −i<br />

⎪<br />

immaginare che la direzione dei vettori della base ortonormale non cambi: ⎨T<br />

( j)<br />

= −j<br />

. Inoltre<br />

⎪<br />

⎩T<br />

( k)<br />

= k<br />

possiamo scrivere facilmente la matrice che rappresenta tale endomorfismo nella base assegnata:<br />

−1<br />

0 0<br />

Λ = 0 −1<br />

0 cioè una matrice diagonale.<br />

0<br />

0<br />

1<br />

In termini più rigorosi, possiamo dare la seguente definizione, estendendola ad ogni spazio<br />

vettoriale V:<br />

Considero T: V → V un endomorfismo, con V = spazio di dimensione finita sul campo generico K.<br />

Il vettore generico v ∈V<br />

è un autovetture per T, corrispondente all’autovalore λ se e solo se:<br />

T ( v)<br />

= λv , cioè se il trasformato del vettore v è lo stesso vettore v a meno di un coefficiente<br />

scalare λ che prende il nome di autovalore. In generale non ci sono limiti al numero di <strong>autovettori</strong><br />

per un certo autovalore λ e quindi possiamo definire:<br />

Autospazio V<br />

λ<br />

di peso λ il sottospazio: V<br />

λ<br />

= { v ∈V<br />

|T ( v)<br />

= λv<br />

}<br />

La prima applicazione di autovalori <strong>ed</strong> <strong>autovettori</strong> l’abbiamo già vista: se siamo in grado di trovare<br />

gli <strong>autovettori</strong> di un certo endomorfismo la matrice di trasformazione ad esso associata è in forma<br />

diagonale; possiamo quindi porci il problema più generale: Dato un endomorfismo T, esiste una<br />

base rispetto alla quale la matrice associata si scriva in forma diagonale?<br />

Consideriamo T: V → V ; se V ammette una base di <strong>autovettori</strong> v1 , v<br />

2<br />

,..., v<br />

n<br />

di autovalori<br />

λ<br />

1<br />

, λ2<br />

,..., λ n<br />

; allora la matrice di T in questa base è la matrice diagonale Λ i cui elementi sono gli<br />

autovalori e viceversa.<br />

La dimostrazione è abbastanza semplice (e per questo te la faccio!!):<br />

E’ chiaro che se si ha una base di <strong>autovettori</strong> di T, allora, per definizione si ha:<br />

T ( v1 ) λ<br />

1<br />

v1,<br />

T ( v<br />

2<br />

) = λ2v<br />

2,....,<br />

T ( v<br />

n<br />

) = λnv<br />

n<br />

e quindi la matrice è diagonale. Viceversa, se nella base<br />

λ 0 0<br />

v la matrice è nella forma diagonale:<br />

1<br />

, v<br />

2<br />

,..., v<br />

n<br />

1<br />

Λ = 0 λ2<br />

0 allora ogni vettore v i<br />

è un<br />

0 0<br />

λ n


autovetture corrispondente all’autovalore λ i<br />

: basta calcolare i trasformati, secondo T, dei vettori<br />

v<br />

1<br />

, v<br />

2<br />

,..., v<br />

n<br />

; poiché il vettore v<br />

i<br />

ha tutte le coordinate nulle tranne la i-esima che vale 1, se ne<br />

d<strong>ed</strong>uce che esso viene trasformato in λ<br />

i<br />

v<br />

i<br />

.<br />

Come si determinano analiticamente autovalori <strong>ed</strong> <strong>autovettori</strong>?<br />

Considero un endomorfismo T sul campo K e seleziono una base qualunque dello spazio V, tale che<br />

la trasformazione si scrive: y = Ax<br />

dove (SPECIFICARE Y E X) In questo caso, utilizzando le<br />

coordinate del generico vettore v , la condizione affinché esista un autovetture è:<br />

Ax = λx Ax<br />

= λIx<br />

( A − λ I)x = 0 . Affinché esista un tale vettore non nullo, occorre che la<br />

matrice A − λI<br />

sia singolare, cioè det( A − λ I)<br />

= 0 Questa è la condizione che ci porta alla<br />

definizione di polinomio caratteristico, le cui radici (ne esiste almeno una nel campo dei <strong>com</strong>plessi)<br />

ci danno gli autovaloti per l’endomorfismo T al quale è associata la matrice di trasformazione A.<br />

Una volta trovati gli autovalori, che sono propri di un certo endomorfismo, possiamo risalire ai<br />

relativi autospazi e quindi agli <strong>autovettori</strong> (per ogni autovalore) e ad eventuali basi.<br />

Esempio geometrico:<br />

Nello spazio ν 0<br />

si consideri la trasformazione (lineare) che ruota tutti i vettori dello spazio di un<br />

angolo pari a 90° attorno all’asse Z generato dal versore k ; in questo caso k resta invariato, poiché<br />

T ( k ) = k , così <strong>com</strong>e ogni altro vettore della retta da esso generata. Per gli altri vettori della base<br />

T ( i)<br />

= j<br />

ortonormale si ha: e quindi la matrice di trasformazione rispetto a questa base si scrive:<br />

T ( j)<br />

= −i<br />

A =<br />

0 −1<br />

1<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0 . Troviamo ora il polinomio caratteristico di questa matrice; utilizzando la<br />

1<br />

definizione, si ha: ( λ ) = det( A − λI)<br />

= 0 e quindi:<br />

p<br />

A<br />

− λ<br />

−1<br />

0<br />

p A<br />

( λ)<br />

= det 1 − λ 0<br />

2<br />

= (1 − λ)(<br />

λ + 1) = 0 . Essendo di terzo grado esso ammette 3 radici, di<br />

0 0 1−<br />

λ<br />

cui una reale e due <strong>com</strong>plesse. Occorre ora capire e definire meglio il campo sul quale si lavora; se<br />

è quello dei numeri reali, allora dobbiamo considerare la sola radice reale, altrimenti, se parliamo<br />

del campo dei <strong>com</strong>plessi occorre considerarle tutte e tre. Nel nostro caso geometrico il campo dei<br />

<strong>com</strong>plessi non ha chiaramente senso e dobbiamo limitarci a quello reale. In questo caso l’unica<br />

radice reale è λ = 1<br />

1: questo è l’unico autovalore che genera la rotazione di 90°. Per trovare<br />

l’autospazio generato da tale autovalore occorre risolvere il sistema: ( A − λ I)x = 0 e quindi:<br />

−1<br />

1<br />

0<br />

−1<br />

−1<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

x 0<br />

y = 0 <br />

z<br />

0<br />

⎧x<br />

+ y = 0<br />

⎨<br />

⎩x<br />

− y = 0<br />

. Le soluzioni sono terne: ( 0,0, z ) ; questo è il risultato trovato<br />

qualitativamente in prec<strong>ed</strong>enza: all’autovalore λ = 1<br />

1corrisponde l’auovettore k (e tutti i suoi<br />

multipli)

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