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Corso di astronomia, Lezione 1, 11/11/2010. Daniele Gasparri.

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<strong>Corso</strong> <strong>di</strong> <strong>astronomia</strong>, <strong>Lezione</strong> 1, <strong>11</strong>/<strong>11</strong>/<strong>2010.</strong> <strong>Daniele</strong> <strong>Gasparri</strong>.<br />

• Che cosa è l’<strong>astronomia</strong><br />

• Grandezze dell’Universo<br />

• Il sistema solare<br />

Che cosa è l’<strong>astronomia</strong><br />

L'<strong>astronomia</strong> è una scienza che non va confusa con tra<strong>di</strong>zioni, credenze popolari o vere e proprie truffe, quali<br />

l'astrologia. Astronomia e astrologia non hanno nulla in comune.<br />

L'<strong>astronomia</strong> osserva e stu<strong>di</strong>a, con leggi fisiche, quin<strong>di</strong> oggettive e non interpretabili, il cielo. L'astrologia<br />

cerca <strong>di</strong> dare un'interpretazione fantasiosa, antropocentrica, superstiziosa, senza alcun fondamento ne<br />

scientifico ne, spesso, ad<strong>di</strong>rittura logico. L'astrologia è una superstizione che non ha senso <strong>di</strong> esistere se non<br />

come un <strong>di</strong>vertente gioco.<br />

L'<strong>astronomia</strong> stu<strong>di</strong>a tutti gli eventi che si verificano nell'Universo.<br />

L'Universo è uno spazio sterminato pieno <strong>di</strong> stelle, pianeti, gas, galassie.<br />

Gli oggetti e i corpi celesti in esso contenuti hanno comportamenti unici, completamente estranei alla<br />

comune esperienza, per questo, spesso, risultano assolutamente spettacolari, strani, impressionanti.<br />

L'<strong>astronomia</strong> spesso è fatta <strong>di</strong> teorie, concetti e situazioni completamente fuori da ogni esperienza, alcune<br />

davvero contro-intuitive. Occorre fare un notevole sforzo mentale per cercare <strong>di</strong> uscire dall'antropocentrismo<br />

nel quale viviamo ogni giorno e pensare secondo canoni molto più generali: il mondo non funziona secondo<br />

quello che i nostri occhi possono vedere.<br />

Il mondo funziona a suo modo e noi, che <strong>di</strong>sponiamo <strong>di</strong><br />

sensi limitati, lo interpretiamo secondo il nostro essere.<br />

L'<strong>astronomia</strong>, e la scienza in generale, si pone l'obiettivo,<br />

ambizioso, <strong>di</strong> capire fino in fondo il funzionamento<br />

dell'intero Universo, a prescindere dai limiti dell'essere<br />

umano.<br />

L'<strong>astronomia</strong>, a qualunque livello è condotta, richiede degli<br />

strumenti per approfon<strong>di</strong>re la conoscenza che abbiamo<br />

degli oggetti del cielo. Generalmente questi strumenti sono<br />

i telescopi, che permettono <strong>di</strong> osservare più da vicino, più in<br />

profon<strong>di</strong>tà e a lunghezze d'onda invisibili ai nostri occhi.<br />

Fare <strong>astronomia</strong> per i professionisti significa osservare certi<br />

oggetti e fenomeni, come ad esempio la forma delle<br />

galassie, e cercare <strong>di</strong> estrapolare delle teorie e dei risultati<br />

assolutamente oggettivi. L'<strong>astronomia</strong> dei professionisti va<br />

molto più a fondo della contemplazione, si sposta verso la<br />

conoscenza delle leggi naturali che regolano il cosmo.<br />

Come ogni scienza condotta a livello professionale, essa<br />

non si fa generalmente con le parole ma con la matematica,<br />

l'unico linguaggio universale e oggettivo che abbiamo a<br />

<strong>di</strong>sposizione.<br />

Ve<strong>di</strong>amo un piccolo esempio: siamo degli astronomi che<br />

stu<strong>di</strong>ano la forma delle galassie chiamate a spirale e<br />

scopriamo con molta sorpresa che tutte hanno delle<br />

L'<strong>astronomia</strong> professionale analizza in modo rigoroso<br />

gli eventi e gli oggetti dell'Universo<br />

<strong>di</strong>mensioni definite; inoltre, maggiori sono le <strong>di</strong>mensioni, maggiori sono le stelle contenute. Questa teoria,<br />

per essere accettabile, deve quantificare con numeri le parole espresse, le quali sono interpretabili e non<br />

forniscono dati oggettivi. Dire, ad esempio, che tutte le spirali hanno <strong>di</strong>mensioni inferiori a 100 mila anni<br />

luce e che le <strong>di</strong>mensioni sono proporzionali al numero <strong>di</strong> stelle contenute, è già un buon metodo per<br />

esprimere la propria teoria. La matematica, oltre ad avere il pregio dell'oggettività e dell'universalità, ha<br />

anche la proprietà <strong>di</strong> essere estremamente sintetica. La frase precedente potrebbe essere espressa in<br />

linguaggio matematico con due semplici formule che richiedono un quarto <strong>di</strong> riga: semplice, breve, oggettivo<br />

e NON interpretabile!<br />

Fare <strong>astronomia</strong> per passione non significa sottostare sempre e comunque alle rigide regole scientifiche o<br />

utilizzare complicate espressioni matematiche.


L'<strong>astronomia</strong> <strong>di</strong>lettantistica, detta anche amatoriale, ha moltissimi livelli: dalla contemplazione del cielo<br />

notturno senza l'ausilio <strong>di</strong> un telescopio, ai progetti <strong>di</strong> ricerca in collaborazione con la comunità<br />

professionale. Non occorre conoscere matematica e fisica, ma avere solamente passione, pazienza e tanta<br />

curiosità.<br />

Ricordatevi che avete sempre a che fare con una <strong>di</strong>sciplina scientifica e come tale va considerata, ma<br />

l'<strong>astronomia</strong> offre possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento e conoscenza a chiunque, a prescindere dal vostro livello <strong>di</strong><br />

preparazione.<br />

La Via Lattea si staglia nitida sopra le nostre teste. Al <strong>di</strong> la della bellezza <strong>di</strong> questa immagine, cosa possiamo vedere? Quante stelle<br />

ci sono? Cosa sono quei solchi scuri? Perché ha una forma così strana? Quanto è grande? Perché a destra è più luminosa? Noi dove<br />

ci troviamo? Perché le stelle sono concentrate lungo una sottile linea? Ogni visione contiene in se gran<strong>di</strong>ssime quantità <strong>di</strong><br />

informazioni, risposte, domande, possibilità <strong>di</strong> crescita e miglioramento personale.<br />

Fare <strong>astronomia</strong> amatoriale significa alzare lo sguardo al cielo con consapevolezza; riconoscere le<br />

costellazioni, i colori delle stelle e gli oggetti non stellari. Significa farsi domande su tutto ciò che i nostri<br />

occhi riescono ad ammirare; significa non deliziare solo il nostro senso estetico ma anche e soprattutto la<br />

mente.<br />

Gli astronomi amatoriali, detti anche astrofili, sono persone comuni animate da una passione per il cielo e per<br />

i segreti che contiene, molti alla portata dei nostri telescopi amatoriali.<br />

Nel cielo esistono spettacoli magnifici da ammirare, quasi come delle vere e proprie opere d'arte naturali.<br />

A questo punto credo che dovrebbe venire fuori il lato scientifico dell'<strong>astronomia</strong>, che poi si riduce a<br />

semplice curiosità <strong>di</strong> conoscere. I quadri che possiamo ammirare attraverso le immagini, o la visione per<br />

mezzo <strong>di</strong> un telescopio, non dovrebbero essere fini a se stessi, non dovrebbero essere visti come delle<br />

semplici fotografie spettacolari.<br />

Proprio come un'opera d'arte non va solo vista, ma osservata, interpretata, capita, anche l'<strong>astronomia</strong>, va<br />

osservata, interpretata, capita, questa volta con il linguaggio della scienza. Un'immagine spettacolare che<br />

ritrae una galassia a spirale può deliziare moltissimo la nostra vista, ma essa contiene molto <strong>di</strong> più:<br />

un'importante mole <strong>di</strong> informazioni e <strong>di</strong> domande, alcune con delle risposte, altre no. Essa contiene<br />

potenzialmente una teoria, un ragionamento che può farci spingere fino ai confini della mente umana. Ecco<br />

cosa è l'<strong>astronomia</strong> amatoriale, ecco cosa sono le immagini che vedrete qui e al telescopio: delle porte sulla<br />

conoscenza del nostro Universo e lo stimolo più grande per la vostra mente.<br />

Osservate non solo con gli occhi, ma con la mente: ponetevi domande, interrogativi, questioni. L'<strong>astronomia</strong><br />

è curiosità, è sete <strong>di</strong> conoscenza, è una continua ricerca delle leggi naturali, presenti in questo Universo da<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni, eppure ancora così sconosciute.<br />

Essere consapevoli<br />

Per affrontare l’osservazione del cielo, ma anche per apprezzare le opere d’arte <strong>di</strong> qualche artista, o la<br />

filosofia greca, occorre acquisire una certa consapevolezza, in modo da avere le basi ed i mezzi per<br />

apprezzare davvero ciò che deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> apprendere.


Proprio per questo motivo, prima <strong>di</strong> tuffarsi verso l’osservazione del cielo bisogna acquisire le necessarie<br />

basi teoriche e pratiche, per fare in modo che la nostra passione possa trovare terreno fertile per essere<br />

sviluppata in pieno.<br />

In tutte le <strong>di</strong>scipline scientifiche la fretta è sempre cattiva consigliera.<br />

Non possiamo pretendere <strong>di</strong> fare <strong>astronomia</strong>, sebbene amatoriale, senza conoscere i fondamenti delle<br />

osservazioni, senza saper riconoscere le costellazioni o senza sapere quali sono i corpi celesti che popolano<br />

l’Universo. Non possiamo ignorare le leggi base della natura e spendere migliaia <strong>di</strong> euro per un telescopio<br />

che non sappiamo utilizzare.<br />

Se volete intraprendere l’arte e la scienza dell’osservazione del cielo, dovete prima conoscere le basi<br />

dell’<strong>astronomia</strong> e della tecnica <strong>di</strong> osservazione. Capisco la frenesia, a volte incontrollabile, il desiderio che si<br />

trasforma quasi nell’impulso <strong>di</strong> comprare il telescopio ed iniziare ad osservare, senza dover affrontare altre<br />

fasi più noiose e in apparenza inutili, ma occorre mantenere la calma e ragionare.<br />

L’acquisto <strong>di</strong> un telescopio dovrebbe rappresentare la fine <strong>di</strong> un percorso formativo che vi ha introdotto nel<br />

mondo dell’<strong>astronomia</strong>, attraverso lo stu<strong>di</strong>o delle leggi fondamentali, delle basi dell’osservazione e con una<br />

certa conoscenza pratica del cielo.<br />

Se doveste acquistare un telescopio in questo momento, quando ancora non siete pronti, siete sicuri che<br />

riuscireste ad usarlo? E siete sicuri che la vostra passione è così forte, tanto da spenderci almeno 500 euro?<br />

Supponiamo che avete comprato uno strumento astronomico, un bel telescopio venduto come grande e<br />

professionale dal ven<strong>di</strong>tore. Se questo è il vostro caso, bè, avete già fatto un errore. Nessun ven<strong>di</strong>tore serio vi<br />

venderebbe un telescopio spacciandolo per professionale: gli strumenti professionali hanno <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong><br />

una casa e pesano qualche tonnellata.<br />

Se il negoziante è serio e non avete preso il telescopio da E-bay (se la marca è Seben, avete combinato un<br />

<strong>di</strong>sastro!) allora forse vi trovate con uno strumento effettivamente valido. Bene, allora provate a montarlo e a<br />

capire come funziona la sua montatura equatoriale. Probabilmente vi blocchereste già a questo punto, prima<br />

ancora <strong>di</strong> portare lo strumento fuori.<br />

Se riuscite a leggere le istruzioni e a montarlo, siete davvero in gamba.<br />

Lo portate fuori <strong>di</strong> notte e provate ad osservare. Sapete come si osserva nel telescopio? Sapete cosa sono gli<br />

oculari e come variare l’ingran<strong>di</strong>mento? E per puntare gli oggetti celesti? E la montatura si muove in modo<br />

strano!<br />

Od<strong>di</strong>o, l’immagine è sottosopra, c’è qualcosa che non va! Riesco a vedere qualcosa ma è tutto sfuocato e<br />

debole. Una volta che ho osservato la Luna, che faccio? I pianeti come li trovo? Le stelle sono belle da<br />

osservare? No, sembrano sempre dei puntini, forse lo strumento non funziona a dovere. E adesso che faccio?<br />

Mah, secondo me è una grande fregatura, non si vede niente. Che delusione, meglio lasciare perdere.<br />

Questo riassunto, con un tono volutamente esagerato, è il percorso che molti appassionati <strong>di</strong> <strong>astronomia</strong><br />

compiono quando danno ascolto all’istinto e comprano un telescopio senza avere la minima idea <strong>di</strong> come<br />

utilizzarlo e dove puntarlo.<br />

La regola numero uno, quin<strong>di</strong>, è questa: acquistate il telescopio solamente quando conoscerete bene il cielo,<br />

le costellazioni, gli oggetti contenuti, i principi base dell’osservazione e della strumentazione astronomica.<br />

Leggete libri, documentatevi, cercate risposta alle vostre domande, improvvise e stravaganti, su internet, o<br />

comunicando con qualche persona già esperta <strong>di</strong> <strong>astronomia</strong>. Questo è il modo migliore per capire ed<br />

osservare le meraviglie dell’Universo.


Alcune grandezze dell’Universo<br />

Alcune grandezze molto comuni, come le <strong>di</strong>stanze, le <strong>di</strong>mensioni, i tempi, con le quali siamo abituati a<br />

vivere nelle comuni esperienze, sono molto <strong>di</strong>verse se rapportate all’Universo, un posto dove tutto tende ad<br />

essere incre<strong>di</strong>bilmente grande, ben maggiore <strong>di</strong> quanto la nostra immaginazione è in grado <strong>di</strong> visualizzare.<br />

Le <strong>di</strong>stanze<br />

Le <strong>di</strong>stanze degli oggetti dell’Universo sono molto più gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelle alle quali siamo abituati.<br />

La Luna è il corpo celeste a noi più vicino, orbitando intorno al nostro pianeta ad una <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

380000 Km.<br />

Il pianeta più vicino a noi è Venere, che nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> massima vicinanza arriva a circa 30 milioni <strong>di</strong> Km. Il<br />

Sole, la stella che ci da la vita, e intorno alla quale orbitano tutti i pianeti, si trova a circa 150 milioni <strong>di</strong> Km.<br />

Questa <strong>di</strong>stanza è presa come unità <strong>di</strong> misura per il sistema solare ed è identificata con la sigla UA o AU,<br />

ovvero Unità Astronomica.<br />

Giove, il più grande pianeta del sistema Solare, <strong>di</strong>sta circa 600 milioni <strong>di</strong> Km dalla Terra, ovvero circa 4,2<br />

UA. Saturno, il più <strong>di</strong>stante visibile ad occhio nudo, si trova a circa 1,5 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Km, 10 UA. Questi<br />

numeri sembrano già enormi, eppure siamo nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze del nostro pianeta!<br />

La <strong>di</strong>stanza della stella più vicina, Proxima Centauri, visibile solamente dall’emisfero australe, è <strong>di</strong> circa 40<br />

mila miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> chilometri, ovvero 267000 UA, ed è la più vicina!<br />

Per misurare le <strong>di</strong>stanze stellari si utilizza una unità <strong>di</strong> misura più adatta dei Km o dell’UA, l’anno luce.<br />

Proxima Centauri, in questo caso, <strong>di</strong>sta 4,23 anni luce, il Sole, dalla Terra, solamente 8 minuti luce; la<br />

galassia più vicina alla nostra 2,4 milioni <strong>di</strong> anni luce!<br />

Lontano nello spazio, lontano nel tempo<br />

Tutti gli oggetti che possiamo vedere emettono ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica, <strong>di</strong> cui fa parte anche la luce.<br />

Qualsiasi onda elettromagnetica, compresa la luce, nel vuoto ha una velocità elevatissima ma fissa, ovvero<br />

quasi 300000Km/s: si tratta della massima velocità raggiungibile nell’Universo, un limite invalicabile da<br />

parte <strong>di</strong> qualsiasi corpo.<br />

Nonostante sia una velocità impensabile per qualsiasi manufatto costruito dall’uomo, è veramente piccola in<br />

confronto alle enormi <strong>di</strong>stanze che ci sono nell’Universo.<br />

La conseguenza della velocità finita della luce è che noi la osserviamo solamente quando essa ha compiuto il<br />

lungo tragitto che ci separa dall’oggetto che l’ha emessa.<br />

Un anno luce è la <strong>di</strong>stanza che un raggio <strong>di</strong> luce percorre in un anno. Se in un secondo percorre 300000<br />

chilometri, in un anno copre l’esorbitante <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 9 mila e 600 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> chilometri!<br />

In questi termini, come abbiamo visto, la stella più vicina <strong>di</strong>sta circa 4,23 anni luce.<br />

Questa unità <strong>di</strong> misura è molto utile anche da un altro punto <strong>di</strong> vista. Poiché la luce è ciò che viaggia più<br />

forte nell’Universo intero, e poiché l’informazione che abbiamo <strong>di</strong> ogni corpo celeste è la luce da esso<br />

emessa (stelle) o riflessa (pianeti), osservando una stella posta a 4 anni luce <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in realtà noi stiamo<br />

osservando la luce emessa 4 anni fa, che finalmente è riuscita a raggiungere la Terra dopo un viaggio <strong>di</strong> 38<br />

mila miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> chilometri!<br />

In altre parole, noi osserviamo gli oggetti come erano nel passato, al tempo nel quale è stata emessa la luce<br />

che riceviamo.<br />

Non abbiamo alcun dato per osservare il presente <strong>di</strong> questi oggetti e mai ne avremo.<br />

Una stella <strong>di</strong>stante 10 anni luce appare come era 10 anni fa; noi la stiamo osservando lontano nel tempo <strong>di</strong> 10<br />

anni. Se la volessimo osservare come è oggi, nell’anno 2010, dovremo aspettare 10 anni, il tempo per il<br />

quale la luce emessa ora raggiungerà la Terra<br />

Gli stessi pianeti e il Sole ci appaiono nel passato, sebbene molto più recente. La luce del Sole raggiunge la<br />

Terra 8 minuti dopo: noi ve<strong>di</strong>amo la nostra stella come era 8 minuti fa.<br />

Le stelle che possiamo osservare in cielo appartengono alla nostra Galassia e sono situate a <strong>di</strong>stanze<br />

comprese tra 4 e 2000 anni luce. Il <strong>di</strong>ametro reale della nostra Galassia è <strong>di</strong> circa 100000 anni luce: un raggio<br />

<strong>di</strong> luce impiega 100000 anni per attraversare il <strong>di</strong>ametro del <strong>di</strong>sco galattico.<br />

La Via Lattea è solo una dei miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> galassie contenute nell’Universo.<br />

La galassia <strong>di</strong> Andromeda è quella a noi più vicina e l’oggetto più lontano visibile ad occhio nudo, proprio<br />

nei mesi autunnali ed invernali, altissima nei nostri cieli.<br />

La <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> questa isola <strong>di</strong> stelle, molto simile alla Via Lattea, è <strong>di</strong> 2,4 milioni <strong>di</strong> anni luce! Noi<br />

osserviamo questa galassia come era 2,4 milioni <strong>di</strong> anni fa!


La situazione è simmetrica: un eventuale osservatore <strong>di</strong> Andromeda che puntasse la Terra con un<br />

supertelescopio, la vedrebbe popolata dai primi omini<strong>di</strong>, gli antenati primitivi dell’uomo, che comparvero sul<br />

nostro pianeta circa 2,5 milioni <strong>di</strong> anni fa! Questo p il presente degli abitanti <strong>di</strong> Andromeda, sebbene non il<br />

nostro, e viceversa.<br />

Guardando lontano nello spazio guar<strong>di</strong>amo lontano nel tempo: l’Universo è una macchina del tempo, che ci<br />

permette <strong>di</strong> guardare nel passato, ma mai nel presente o nel futuro.<br />

Le <strong>di</strong>mensioni<br />

Le <strong>di</strong>mensioni degli oggetti contenuti nell’Universo sono anche esse quantità inimmaginabili. Se la Terra ci<br />

appare enorme, con il suo <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 12750 Km, essa è in realtà un puntino in<strong>di</strong>stinto nel sistema Solare<br />

stesso, figuriamoci nell’Universo.<br />

Giove, il pianeta più grande, ha un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 142000 Km, circa <strong>11</strong> volte più grande del nostro pianeta.<br />

Possiamo accontentarci <strong>di</strong> essere il pianeta più grande <strong>di</strong> quelli cosiddetti rocciosi, Mercurio, Venere e<br />

Marte.<br />

Il Sole, una stella <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>o-piccola, ha un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 1 milione e 400 mila Km!<br />

La stella più grande che si conosca (quanto a <strong>di</strong>mensioni) ha un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> quasi 3 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Km. Essa, se<br />

si trovasse al posto del Sole, arriverebbe fino all’orbita <strong>di</strong> Saturno!<br />

Le nebulose sono <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> gas caldo o freddo, molto più rarefatto dell’aria che respiriamo, estese per decine<br />

<strong>di</strong> anni luce all’interno delle galassie; queste ultime hanno <strong>di</strong>ametri fino ad 1 milione <strong>di</strong> anni luce!<br />

Lo stesso Universo che possiamo osservare ha un <strong>di</strong>ametro stimato <strong>di</strong> circa 78 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni luce! Riuscite<br />

ad immaginare una tale <strong>di</strong>stanza?<br />

Le <strong>di</strong>mensioni dell’Universo. In alto a sinistra, la Terra confrontata con gli altri pianeti. Giove è ben <strong>11</strong> volte più grande. A destra,<br />

confronto tra Giove, il Sole e alcune stelle giganti, oltre 100 volte maggiori del Sole, il quale è 10 volte più grande <strong>di</strong> Giove e circa<br />

100 volte più della Terra. In basso a sinistra, la posizione del Sole nella Via Lattea, l’immensa isola formata da almeno 100 miliar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> stelle, dalle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> circa 100000 anni luce, ovvero circa mille miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> volte più estesa del Sole. A destra, ogni punto<br />

rappresenta una galassia nell’Universo, dalle <strong>di</strong>mensioni paragonabili a quelle della Via Lattea. Si pensa che l’intero Universo abbia<br />

<strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> circa 78 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni luce, ovvero un 1 seguito da 24 zeri!


I tempi<br />

Non va certo meglio per quanto riguarda i tempi.<br />

L’intero Universo è un luogo estremamente <strong>di</strong>namico, in continua evoluzione.<br />

Il fatto che a noi sembri essenzialmente statico è causato dalla scala dei tempi cui siamo abituati. La gran<br />

parte dei fenomeni che avvengono nell’Universo, come la nascita delle stelle, la loro morte, gli scontri<br />

galattici, la formazione <strong>di</strong> pianeti e ammassi stellari o nuove galassie, avvengono su tempi scala <strong>di</strong> migliaia,<br />

milioni o ad<strong>di</strong>rittura miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni. La scala temporale dell’Universo è totalmente <strong>di</strong>versa da quella degli<br />

esseri umani.<br />

La formazione <strong>di</strong> una stella richiede qualche centinaio <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> anni, un tempo considerato brevissimo<br />

su scala cosmica.<br />

Gli ammassi aperti sono generalmente molto giovani, superando raramente il mezzo miliardo <strong>di</strong> anni. Uno<br />

scontro tra galassie è un evento che richiede qualche decina <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni per completarsi. La stessa<br />

rivoluzione del Sole e dell’intero sistema solare attorno al centro della Galassia richiede 225 milioni <strong>di</strong> anni!<br />

Una stella come il Sole ha una vita me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni, mentre alcune stelle, 20 volte più massicce,<br />

vivono pochissimo, non oltre qualche milione <strong>di</strong> anni.<br />

Quando si parla <strong>di</strong> oggetti giovani, stiamo parlando generalmente <strong>di</strong> corpi celesti che non hanno più <strong>di</strong><br />

qualche centinaio <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni. Oggetti <strong>di</strong> mezza età sono quelli come il nostro Sole, con un’età <strong>di</strong> 4,5<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni. Si può parlare <strong>di</strong> vecchiaia solamente per corpi celesti che superano i 7-8 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni.<br />

L’intero Universo ha un’età finita e si è formato 13,7 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa. Non esistono oggetti che hanno più<br />

<strong>di</strong> 13,7 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni, semplicemente perché prima non esisteva l’Universo, o meglio, non esisteva<br />

neanche un prima!<br />

Secondo le attuali<br />

teorie l’Universo si è<br />

formato da una specie<br />

<strong>di</strong> esplosione, detta big<br />

bang, avvenuta 13,7<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa, la<br />

quale ha creato la<br />

materia, ma anche lo<br />

spazio e il tempo come<br />

li conosciamo.<br />

Guardando lontano<br />

nello spazio, a causa<br />

della velocità finita<br />

della luce, noi<br />

riusciamo a guardare<br />

lontano nel tempo e a<br />

risalire alla storia<br />

evolutiva<br />

dell’Universo, fino a<br />

circa 300000 anni dopo<br />

la sua nascita.<br />

Nell’Universo tempi<br />

inferiori a 100 milioni<br />

<strong>di</strong> anni sono<br />

considerati brevi. Nulla<br />

è statico, ma spesso è<br />

in movimento estremamente lento. Le stelle possono vivere anche decine <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni, lo scontro tra galassie può richiedere<br />

milioni <strong>di</strong> anni per completarsi. La rotazione del sistema solare attorno al centro della Via Lattea richiede 225 milioni <strong>di</strong> anni. In<br />

quasi tutti i casi abbiamo a che fare con tempi molto oltre la nostra immaginazione.<br />

Le grandezze astronomiche sono, come appena visto, completamente fuori da ogni esperienza comune e da<br />

ogni immaginazione. Occorre fare uno sforzo notevole per cercare perlomeno <strong>di</strong> immaginare tali <strong>di</strong>stanze e<br />

tali tempi. Appare evidente che il ruolo e l’esperienza dell’uomo non è sufficiente a spiegare eventi, <strong>di</strong>stanze<br />

e fenomeni così <strong>di</strong>versi dalla sua esperienza. Sta a noi fare uno sforzo logico notevole per uscire dal mondo<br />

così come si presenta ai suoi sensi e cercare <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are l’Universo nel quale è immerso.


I corpi del sistema solare<br />

Una proficua osservazione del cielo non può prescindere dalla descrizione e proprietà dei corpi celesti in<br />

esso contenuti. In questo capitolo parliamo del sistema solare, un luogo che non contiene solo i pianeti più<br />

conosciuti, ma anche una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> corpi minori residui fossili della sua formazione, avvenuta circa 4,5<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa.<br />

Dimensioni relative dei<br />

corpi principali del<br />

sistema solare, ovvero<br />

degli 8 pianeti, del Sole<br />

e della classe dei pianeti<br />

nani, <strong>di</strong> cui fa parte<br />

anche Plutone. Giove e<br />

Saturno dominano<br />

quanto a <strong>di</strong>mensioni e<br />

massa, contenendo circa<br />

l’80% della materia <strong>di</strong><br />

tutti i corpi. Nonostante<br />

ciò, il Sole è <strong>di</strong> gran<br />

lunga il corpo celeste <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni maggiori,<br />

con un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> quasi<br />

700000 km, contro i<br />

12700 della Terra. Il<br />

Sole è una stella e<br />

contiene circa il 99%<br />

della massa dell’intero sistema solare. La luce solare rende possibile lo sviluppo della vita sulla Terra e l’attività delle atmosfere <strong>di</strong><br />

ogni corpo celeste del Sistema Solare. Le <strong>di</strong>stanze non sono in scala.<br />

Il Sole<br />

La nostra stella, osservata con un opportuno filtro<br />

solare, mostra molti dettagli; oltre alle piccole<br />

macchie scure in alto (macchie solari) è visibile una<br />

certa rugosità lungo tutto il <strong>di</strong>sco, (granulazione<br />

fotosferica), causata dal movimento <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> masse<br />

<strong>di</strong> gas dagli strati inferiori fino a quelli superficiali,<br />

e viceversa<br />

Il Sole, la nostra stella, è una gigantesca sfera <strong>di</strong> gas, dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa 1,4 milioni <strong>di</strong> chilometri, <strong>11</strong>0<br />

volte il <strong>di</strong>ametro dalla Terra, 10000 volte più massiccio, composto da idrogeno (circa il 75% della massa),<br />

elio (circa il 24%) e da materiali più pesanti, chiamati genericamente metalli (i più abbondanti sono<br />

ossigeno, carbonio neon e azoto).


Nonostante le sue ragguardevoli <strong>di</strong>mensioni, il Sole è una stella <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>o-piccola; nell’Universo ne<br />

esistono anche <strong>di</strong> 100 volte più massicce o 100 volte più gran<strong>di</strong>!<br />

Come tutte le stelle, essa emette ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica, quasi tutta nello spettro visibile, percepita<br />

quin<strong>di</strong> dai nostri occhi come luce.<br />

La temperatura superficiale è <strong>di</strong> 5770 K*.<br />

In realtà, in questi casi il termine superficie non può avere lo stesso significato dei pianeti rocciosi e neanche<br />

<strong>di</strong> quelli gassosi (una spiegazione per questi ultimi verrà data in seguito). Nel caso delle stelle, composte<br />

esclusivamente <strong>di</strong> gas, la superficie è identificata come il primo strato gassoso opaco che si incontra e che<br />

emette gran parte della luce che giunge a noi.<br />

L’energia prodotta e successivamente emessa sottoforma <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica proviene dal<br />

processo <strong>di</strong> fusione nucleare, che si sviluppa nella zona nucleare (non oltre un raggio del 10% del totale),<br />

relativamente facile da capire. L’idrogeno, che è l’elemento principale, al centro si trova in forma ionizzata,<br />

cioè si presenta privo del suo elettrone; l’atomo <strong>di</strong> idrogeno privato dell’elettrone si riduce ad una singola<br />

particella: il protone, <strong>di</strong> carica positiva. E’ noto a tutti che due particelle <strong>di</strong> carica positiva (analogamente a<br />

due poli uguali <strong>di</strong> una calamita), si respingono.<br />

Al centro del Sole tuttavia, la temperatura è molto alta, così<br />

come la pressione del gas: alta temperatura ed alta pressione<br />

significano altissima densità e alta velocità delle singole<br />

particelle (la temperatura è una misura della velocità,<br />

casuale, <strong>di</strong> una particella); se due atomi <strong>di</strong> idrogeno<br />

ionizzato collidono molto violentemente, invece <strong>di</strong><br />

respingersi si fondono e formano una nuova specie atomica,<br />

costituita da due protoni legati.<br />

Durante il processo <strong>di</strong> fusione si libera una grande quantità<br />

<strong>di</strong> energia sottoforma <strong>di</strong> raggi gamma: questa è la fonte <strong>di</strong><br />

energia del Sole e <strong>di</strong> qualsiasi stella: due protoni che urtano<br />

molto violentemente, si fondono, liberando energia e<br />

formando un nucleo <strong>di</strong> una nuova sostanza: l’elio. In realtà<br />

Le macchie solari sono gran<strong>di</strong> regioni nelle quali la<br />

il ciclo <strong>di</strong> reazioni, chiamate protone-protone, è più granulazione solare è assente. Di fatto si tratta <strong>di</strong><br />

complicato e vi sono coinvolti 4 atomi <strong>di</strong> idrogeno che depressioni nella fotosfera solare, con temperature <strong>di</strong><br />

portano alla formazione <strong>di</strong> un nucleo <strong>di</strong> elio 4, cioè formato un migliaio <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> inferiori all’ambiente circostante.<br />

da 2 protoni e 2 neutroni, in una catena composta da <strong>di</strong>verse Esse appaiono scure per contrasto; in realtà emettono<br />

luce propria e sono facili da osservare al telescopio.<br />

reazioni, ognuna delle quali produce energia sotto forma <strong>di</strong><br />

raggi gamma.<br />

L’energia prodotta in questo modo è spaventosamente alta; basti pensare che un grammo <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong><br />

<strong>11</strong><br />

idrogeno, fondendosi, produce 6.4<br />

⋅ 10 Joule (600<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Joule), cioè l’energia consumata in un anno<br />

intero da 200 lampa<strong>di</strong>ne sempre accese da 100 watt l’una!<br />

Nel Sole, ogni secondo, in questo modo viene prodotta<br />

un’energia spaventosa, pari a 3.8<br />

⋅ 10<br />

26 Watt . In un anno<br />

l’energia prodotta è <strong>di</strong> 1.2<br />

⋅ 10<br />

34 Joule , miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> volte la produzione dell’intero genere umano in tutta la<br />

sua storia.<br />

Questa enorme energia, principalmente sottoforma <strong>di</strong> raggi<br />

gamma, non riesce però a raggiungere la superficie della<br />

nostra stella a causa della densità elevatissima del gas; un<br />

raggio gamma prodotto da una reazione nucleare percorre<br />

meno <strong>di</strong> 1 cm nel luogo dove è stato prodotto, prima <strong>di</strong> Le protuberanze sono enormi getti <strong>di</strong> gas<br />

colpire un nucleo atomico e trasferirgli la sua energia, allo incandescente (10000 K) che si elevano dalla fotosfera<br />

stesso modo <strong>di</strong> un proiettile che si conficca in un sacco <strong>di</strong> solare. Osservabili solamente con particolari telescopi<br />

solari in luce H-alpha<br />

sabbia.<br />

* In <strong>astronomia</strong>, la temperatura dei corpi celesti si esprime in gra<strong>di</strong> Kelvin (K). Questa scala è chiamata temperatura assoluta. Zero<br />

gra<strong>di</strong> kelvin corrispondono a -273,16°C e lo zero Celtius ha una temperatura <strong>di</strong> 273,16 K


Il nucleo atomico colpito acquista un’energia in più che provvede a riemettere poco dopo verso un altro<br />

atomo; questa catena prosegue lentamente, fino a quando, dopo un percorso durato milioni <strong>di</strong> anni, l’energia<br />

prodotta riesce ad uscire dal Sole; tuttavia non si tratta più <strong>di</strong> un fotone <strong>di</strong> raggi gamma ma molto meno<br />

energetico, poiché gran parte dell’energia è stata ceduta agli atomi trovati nel suo percorso sottoforma <strong>di</strong><br />

quantità <strong>di</strong> moto, e ciò che ve<strong>di</strong>amo uscire dalla fotosfera è un fotone <strong>di</strong> lunghezza d’onda visibile,<br />

<strong>di</strong>rettamente collegato alla temperatura dello strato <strong>di</strong> gas da cui esce. La pressione esercitata dei raggi<br />

gamma prodotti dalle reazioni nucleari è, insieme alla pressione del gas, ciò che impe<strong>di</strong>sce al Sole <strong>di</strong><br />

collassate su se stesso a causa della forza <strong>di</strong> gravità e <strong>di</strong> continuare a vivere e splendere a seguito<br />

dell’equilibrio trovato con la forza <strong>di</strong> gravità, che tende sempre a farlo contrarre fino ad uno stato<br />

densissimo; se il contributo della cosiddetta pressione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione dovesse cessare, il Sole comincerebbe a<br />

contrarsi e niente potrebbe fermare la sua corsa, che si arresterebbe solo quando verrebbe raggiunto uno stato<br />

della materia densissimo e particolare (nana bianca o stella <strong>di</strong> neutroni).<br />

In effetti questo è il destino che attende la nostra e tutte le altre dell’universo; quando un giorno il<br />

combustibile nucleare finirà (il Sole ne brucia migliaia <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Kg ogni secondo), la pressione <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>azione cesserà <strong>di</strong> esistere e la sola pressione del gas non sarà sufficiente ad evitare che la forza <strong>di</strong> gravità<br />

lo faccia contrarre, e dopo degli sta<strong>di</strong> semi-stabili, il suo destino sarà segnato e si trasformerà in una stella<br />

calda grande come la Terra ma migliaia <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> volte più densa, destinata a spegnersi nel tempo;<br />

nessuna paura, poiché la nostra stella è solamente a metà della sua vita, e per altri 4,5 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni<br />

potremmo stare tranquilli.<br />

Gran parte della materia solare è concentrata nella regione nucleare, dove si raggiungono temperature <strong>di</strong> oltre<br />

15 milioni <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> e pressioni <strong>di</strong> 300 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> atmosfere; nella fotosfera invece, lo strato atmosferico<br />

spesso 400 Km che emette la luce che giunge sulla Terra, la densità è molto bassa, 100000 volte inferiore<br />

alla densità dell’aria dell’atmosfera terrestre in prossimità del livello del mare. Anche la temperatura è scesa<br />

<strong>di</strong> molto, nonostante continui ad essere <strong>di</strong> 5770 K, cioè 5500°C.<br />

Oltre la fotosfera inizia l’atmosfera, che si estende, sebbene con densità bassissime, per milioni <strong>di</strong> Km nello<br />

spazio; essa è modellata dall’intenso campo magnetico solare che la rende incandescente fino a 2 milioni <strong>di</strong><br />

gra<strong>di</strong> e ne modella la forma, visibile da Terra solamente durante le eclissi solari totali (corona solare).<br />

Mercurio<br />

Planisfero (parziale) <strong>di</strong> Mercurio, costruito con osservazioni eseguite durante il giorno con un filtro infrarosso e una webcam. Sono<br />

evidenti chiaroscuri, una combinazione <strong>di</strong> zone a <strong>di</strong>versa luminosità e gran<strong>di</strong> crateri da impatto. In questo e nei seguenti planisferi il<br />

sud del pianeta è in alto. Questa e tutte le altre immagini planetarie sono state ottenute dall’autore con un telescopio da 235 mm e<br />

rappresentano quanto <strong>di</strong> meglio l’astrofilo può osservare all’oculare <strong>di</strong> uno strumento simile, sotto con<strong>di</strong>zioni atmosferiche perfette.<br />

Mercurio fu identificato come pianeta sin dall’antica Grecia, quando gli osservatori, naturalmente ad occhio<br />

nudo, avevano notato come questo piccolo punto si muovesse nel cielo, sempre vicino al Sole,<br />

contrariamente al resto delle stelle considerate fisse. Benché non si conoscesse la ragione <strong>di</strong> questo


movimento, le gran<strong>di</strong> capacità osservative degli antichi furono più che sufficienti per considerarlo un oggetto<br />

peculiare.<br />

Attualmente sappiamo che Mercurio è il primo, in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, dei pianeti del sistema solare, che<br />

secondo le attuali classificazioni sono 8, visto che Plutone appartiene alla nuova classe dei pianeti nani.<br />

Come ogni pianeta, sappiamo quin<strong>di</strong> che esso ruota intorno al Sole, la stella che rende possibile l’esistenza<br />

stessa del sistema solare e in particolare della vita sulla Terra.<br />

Proviamo ad immaginare <strong>di</strong> non conoscere nulla <strong>di</strong> questo pianeta e <strong>di</strong> voler scoprire qualche sua<br />

particolarità con le nostre forze; in fin dei conti è questo il lavoro <strong>di</strong> un astronomo, osservare e capire. Allora,<br />

seguendo questo approccio investigativo, cosa potremmo scoprire?<br />

I dati in nostro possesso dalle osservazioni condotte al telescopio o anche semplicemente ad occhio nudo ci<br />

possono fornire molti dettagli, come nel caso del Sole e <strong>di</strong> tutti gli altri corpi dell’Universo.<br />

Analizziamo il primo dato che abbiamo: Mercurio non si <strong>di</strong>scosta mai dal<br />

Sole più <strong>di</strong> 18°, a volte anche meno, 16 o anche 14°: le elongazioni non<br />

sono tutte uguali ed esso, al telescopio mostra le fasi. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un<br />

pianeta posto su un’orbita più interna al nostro, cioè più vicino al Sole.<br />

Visto che le sue elongazioni sono le minori rispetto agli altri pianeti,<br />

possiamo supporre che esso sia il più vicino al Sole e che sia posto su<br />

un’orbita non circolare ma piuttosto ellittica. In effetti, l’eccentricità<br />

orbitale è la più alta <strong>di</strong> tutti i pianeti, pari a 0,20. La superficie si presenta<br />

grigio-marrone con contrasti che si enfatizzano aumentando la lunghezza<br />

d’onda e che tendono a restare immutabili anche nel corso <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi giorni.<br />

Al telescopio quin<strong>di</strong> osserviamo <strong>di</strong>rettamente la sua superficie che appare<br />

simile a quella lunare, poiché i chiaro scuri visibili possono essere<br />

interpretati come crateri da impatto. Osservandolo nel corso dei giorni è<br />

facile stabilire il suo periodo <strong>di</strong> rivoluzione intorno al Sole, <strong>di</strong> 87.88 giorni<br />

terrestri, così come il periodo <strong>di</strong> rotazione intorno al proprio asse, <strong>di</strong> 58.65<br />

giorni terrestri. Utilizzando la terza legge <strong>di</strong> Keplero siamo in grado <strong>di</strong><br />

ricavarci il semiasse maggiore della sua orbita, che può essere assimilata anche alla <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a alla quale<br />

orbita, pari a 57,8 milioni <strong>di</strong> Km, circa un decimo della <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a Terra-Sole.<br />

Il suo raggio risulta essere poco superiore a quello lunare, pari a 2424 Km.<br />

Data la sua vicinanza alla nostra stella, risente molto della sua influenza,<br />

sia a causa della notevole quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione che vi giunge, producendo<br />

temperature me<strong>di</strong>e stimate intorno ai 450°C, sia per gli effetti<br />

gravitazionali provocati dall’immensa massa solare che si riscontrano nel<br />

periodo <strong>di</strong> rotazione-rivoluzione e nella particolarità della sua orbita.<br />

Le forze <strong>di</strong> marea hanno prodotto un notevole rallentamento del periodo <strong>di</strong><br />

rotazione attorno al proprio asse, esattamente i 2/3 del periodo <strong>di</strong><br />

rivoluzione (87,88 giorni terrestri); questo rapporto semplice non è casuale<br />

e si chiama risonanza. L’orbita <strong>di</strong> Mercurio è molto ellittica (0,20) e non è<br />

chiusa, nel senso che il pianeta, dopo un giro completo, non ritorna<br />

esattamente alla stessa posizione, pur essendo il suo moto stabile per<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni. Ciò che si verifica è uno spostamento del perielio, o in<br />

modo più semplice, è come se l’orientazione dell’orbita cambiasse<br />

leggermente da una rotazione ad un’altra e questo è in parte dovuto alla<br />

presenza del Sole che curva lo spazio secondo la teoria della relatività<br />

generale.<br />

Mercurio è un pianeta interno,<br />

quin<strong>di</strong> mostra le fasi. La sua<br />

superficie, priva <strong>di</strong> atmosfera e<br />

piena <strong>di</strong> crateri, ricorda da vicino<br />

quella lunare<br />

Mercurio in fase quasi piena. In<br />

questi momenti si presenta molto<br />

vicino al Sole e può essere<br />

osservato solamente <strong>di</strong> giorno<br />

Mercurio praticamente non possiede atmosfera e <strong>di</strong> questo ci si può accorgere anche osservandolo al<br />

telescopio; la quasi totale assenza <strong>di</strong> gas si spiega con la piccola massa e con le gran<strong>di</strong> temperature a quelle<br />

<strong>di</strong>stanze dal Sole, che scendono a -150°C nella parte non illuminata (a causa della mancanza <strong>di</strong> atmosfera).<br />

In effetti la sua superficie ricorda molto quella lunare, con una colorazione grigio-marrone e numerosissimi<br />

crateri, molti dei quali sono antichissimi e sono la testimonianza del bombardamento subito da tutti i corpi<br />

del sistema solare poco dopo la loro formazione.


Venere<br />

Planisfero dell’atmosfera <strong>di</strong> Venere nel vicino ultravioletto, reso in falsi colori e risalente alla rotazione del 7-10 Aprile 2007. Ripresa<br />

con webcam e filtro violetto N. 47 + filtro taglia infrarosso. Le nubi equatoriali ruotano in circa 4 giorni, mentre quelle situate presso<br />

le me<strong>di</strong>e latitu<strong>di</strong>ni sono più lente. Questi dettagli sono estremamente <strong>di</strong>fficili da osservare all’oculare, ma con un po’ <strong>di</strong> allenamento e<br />

la giusta tecnica si possono comunque percepire.<br />

E’ il pianeta a noi più vicino e simile, come <strong>di</strong>mensioni e massa; tuttavia è molto <strong>di</strong>verso dalla Terra. Venere,<br />

come Mercurio, mostra le fasi e non si allontana mai dal Sole più <strong>di</strong> pochi gra<strong>di</strong>, in quanto ha un’orbita più<br />

interna rispetto alla nostra e quin<strong>di</strong> si vede sempre prospetticamente vicino al Sole anche se non tanto quanto<br />

Mercurio; questo significa che è più vicino alla Terra e più lontano dal Sole.<br />

Nonostante una <strong>di</strong>stanza minima dalla Terra <strong>di</strong> 40 milioni <strong>di</strong><br />

Km e l’apparente somiglianza, Venere ha subito un’<br />

evoluzione molto <strong>di</strong>versa, che lo a portato ad essere il<br />

pianeta più inospitale e caldo del sistema Solare.<br />

Le osservazioni <strong>di</strong> imponenti sistemi nuvolosi, sia in<br />

ultravioletto che in infrarosso, nonché un’emissione termica<br />

superficiale e pressoché costante sia ai poli che all’equatore,<br />

si spiegano con l’esistenza <strong>di</strong> una spessa e densa atmosfera<br />

(pressione al suolo circa 90 atm!) costituita per la gran parte<br />

da anidride carbonica (96,5%) e per il restante da azoto.<br />

Sono presenti piccolissime quantità <strong>di</strong> altri gas, come<br />

idrogeno, acido solforico, elio ossigeno ed acqua.<br />

La presenza <strong>di</strong> anidride carbonica e acido solforico è<br />

responsabile dell’elevatissimo effetto serra che fa<br />

aumentare la temperatura del pianeta <strong>di</strong> ben 500°C,<br />

portandola da un teorico -44°C a 480°C.<br />

L’intensa circolazione atmosferica poi <strong>di</strong>stribuisce questo<br />

Venere è il pianeta più vicino alla Terra, simile per<br />

forma e <strong>di</strong>mensioni. E’ sempre avvolto da una spessa<br />

coltre nuvolosa, composta da anidride carbonica e<br />

acido solforico, che introduce un enorme effetto serra,<br />

rendendo il pianeta il più caldo del Sistema Solare.<br />

calore in modo pressoché uniforme su tutta la superficie, con il risultato che Venere, nonostante non sia il più<br />

vicino al Sole, è il pianeta più caldo del sistema Solare. La parte non illuminata, analogamente ad un pezzo<br />

<strong>di</strong> ferro riscaldato, emette una debole luce alle lunghezze d’onda infrarosse, detta emissione termica Se non<br />

avesse posseduto questo spesso involucro gassoso, Venere avrebbe sperimentato, nella parte in ombra,<br />

temperature <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> sotto lo zero.<br />

L’atmosfera è completamente opaca alla ra<strong>di</strong>azione visibile e del vicino infrarosso, nascondendo<br />

perennemente ogni dettaglio superficiale, che si è potuto stu<strong>di</strong>are solamente con tecniche radar e sonde<br />

inviate sulla sua superficie. L’estensione dell’inviluppo atmosferico è notevole, così come la sua struttura e<br />

<strong>di</strong>namica.<br />

Durante il transito del pianeta sul <strong>di</strong>sco solare, avvenuto l’8 giugno del 2004, l’estensione dell’atmosfera<br />

venusiana si è resa visibile anche con telescopi amatoriali, sia in prossimità del bordo solare, sia durante tutte<br />

le fasi dell’attraversamento; nel primo caso come un anello brillante che deviava la luce solare, nel secondo<br />

caso come una zona leggermente meno luminosa e sfocata attorno al <strong>di</strong>sco scuro che si stagliava sulla<br />

fotosfera solare.


Quasi tutta l’atmosfera è compresa entro una sfera <strong>di</strong> 700-800 Km <strong>di</strong> altezza ma le nubi e la grande <strong>di</strong>namica<br />

si sviluppa a quote molto più basse. Intorno a 70-80 Km, si trovano nubi composte da piccole goccioline <strong>di</strong><br />

acido solforico, ad una temperatura intorno ai -50°; mano a<br />

mano che si scende, la temperatura aumenta e si mo<strong>di</strong>ficano<br />

anche le strutture nuvolose presenti, fino a circa 45 Km <strong>di</strong><br />

altitu<strong>di</strong>ne, quota minima <strong>di</strong> condensazione dell’acido<br />

solforico nell’atmosfera venusiana. Al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> tale quota,<br />

si ha uno strato <strong>di</strong> foschia causata dal vapore <strong>di</strong> acido<br />

solforico, mentre negli strati interiori, fino alla superficie,<br />

l’atmosfera è piuttosto limpida. La sommità, dove si<br />

possono osservare i maggiori sistemi nuvolosi, ruota molto<br />

velocemente intorno al pianeta, in soli 4 giorni, implicando<br />

velocità dei venti con punte anche <strong>di</strong> 350-400 Km/h. Mano<br />

a mano che si scende <strong>di</strong> quota, la velocità dei venti<br />

<strong>di</strong>minuisce fino ad arrivare ai 4-5 Km/h.<br />

La superficie è stata stu<strong>di</strong>ata sia con tecniche radar, sia<br />

(seppur per breve tempo) da 2 sonde Russe che vi<br />

atterrarono; nonostante esse furono costruite per resistere a<br />

con<strong>di</strong>zioni estreme, l’ambiente venusiano (altissima<br />

L’atmosfera del pianeta è 90 volte più densa <strong>di</strong> quella<br />

terrestre e spessa oltre 1000 km, tanto da essere<br />

visibile quando il pianeta attraversa il <strong>di</strong>sco solare<br />

(transito)<br />

temperatura, in grado <strong>di</strong> fondere piombo e stagno, acido solforico in quota, e pressione <strong>di</strong> 90 atm) le ha rese<br />

inoperative e <strong>di</strong>strutte nel giro <strong>di</strong> un paio <strong>di</strong> ore. Le informazioni che <strong>di</strong>sponiamo della superficie del pianeta<br />

ci in<strong>di</strong>cano un luogo infernale e molto secco, prevalentemente pianeggiante, non molto craterizzato e quin<strong>di</strong><br />

relativamente giovane (si pensa attorno ai 500 milioni <strong>di</strong> anni), ricco <strong>di</strong> vulcani che potrebbero essere ancora<br />

attivi. Fu proprio nel 1989 che la sonda Magellano, in orbita attorno al pianeta rilevò nell’atmosfera<br />

concentrazioni particolarmente elevate <strong>di</strong> acido solforico, che nel giro <strong>di</strong> qualche mese tornarono nella<br />

norma; probabilmente questo fu il segno <strong>di</strong> imponenti eruzioni vulcaniche che riversarono negli strati<br />

atmosferici gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> polveri e gas.<br />

Un’altra particolarità del pianeta: il suo periodo <strong>di</strong> rotazione è retrogrado (ruota cioè in senso contrario<br />

rispetto agli altri pianeti del sistema solare) e molto lento (243 giorni terrestri) è più lungo del periodo <strong>di</strong><br />

rivoluzione attorno al Sole (222 giorni). La misura del periodo <strong>di</strong> rotazione estremamente lento è un dato <strong>di</strong><br />

recente acquisizione poiché con le osservazioni telescopiche è quasi impossibile da stimare a causa<br />

dell’inosservabilità della sua superficie. Solamente con tecniche radar, che sono in grado <strong>di</strong> penetrare la<br />

spessa coltre <strong>di</strong> nubi, si è riusciti a misurare la velocità <strong>di</strong> rotazione, attraverso l’effetto doppler, e quin<strong>di</strong> il<br />

periodo.<br />

Una delle pochissime immagini esistenti della superficie <strong>di</strong> Venere, eseguita dalla sonda russa Venera 13, il 1 Marzo 1982. Le<br />

con<strong>di</strong>zioni atmosferiche erano così estreme che la sonda sopravvisse solamente per circa 90 minuti, prima <strong>di</strong> venire schiacciata dalla<br />

pressione <strong>di</strong> 90 atm e dalla torrida temperatura <strong>di</strong> circa 400°C


La Terra<br />

Il nostro pianeta è unico nel sistema solare e, almeno per quanto ne sappiamo, nell’Universo (per ora!).<br />

La presenza <strong>di</strong> acqua allo stato liquido, un’atmosfera ricca <strong>di</strong> ossigeno, con il giusto effetto serra per avere<br />

una temperatura ideale, ha permesso lo sviluppo imponente della vita. La sua attività geologia permette il<br />

riciclo degli elementi alla base della nutrizione e sostentamento <strong>di</strong> tutti gli esseri viventi.<br />

Il nostro pianeta, inoltre, ha caratteristiche orbitali che lo rendono il luogo ideale per il tipo <strong>di</strong> vita che oggi<br />

conosciamo.<br />

L’orbita terrestre è ellittica; la <strong>di</strong>stanza Terra-Sole varia tra 147 (in inverno) e 152 milioni <strong>di</strong> Km (in estate).<br />

Il susseguirsi delle stagioni permette all’intera superficie <strong>di</strong> beneficiare degli influssi positivi della ra<strong>di</strong>azione<br />

solare, il moto <strong>di</strong> ogni attività terrestre e dell’intero ciclo dell’acqua.<br />

Vi siete mai chiesti da cosa sono causate le stagioni?<br />

Di sicuro non dalla <strong>di</strong>stanza variabile dal Sole, anche perché d’estate (nell’emisfero nord), quando fa più<br />

caldo, la Terra è più <strong>di</strong>stante dal Sole rispetto all’inverno.<br />

Il susseguirsi delle stagioni è determinato dall’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita,<br />

detto eclittica, il cammino celeste nel quale noi ve<strong>di</strong>amo proiettato il Sole ed i pianeti.<br />

L’inclinazione dell’asse<br />

terrestre, rispetto alla<br />

perpen<strong>di</strong>colare al piano<br />

dell’orbita (eclittica), è <strong>di</strong><br />

23°,27’ A causa <strong>di</strong> questa<br />

proprietà, nel corso<br />

dell’anno la superficie<br />

terrestre non riceve sempre<br />

la stessa quantità <strong>di</strong> luce<br />

solare, e si crea il ciclo delle<br />

stagioni. Quando il Sole si<br />

trova perpen<strong>di</strong>colare<br />

all’equatore, si hanno gli<br />

equinozi, mentre quando<br />

esso è perpen<strong>di</strong>colare ai<br />

tropici (del Cancro e del<br />

Capricorno) si verificano i<br />

solstizi.<br />

L’asse terrestre ha un’inclinazione <strong>di</strong> 23° e 27’ rispetto alla perpen<strong>di</strong>colare al piano dell’orbita, ovvero<br />

l’eclittica. Questa particolare configurazione fa si che durante il moto <strong>di</strong> rivoluzione intorno al Sole i due<br />

emisferi terrestri ricevano una quantità variabile <strong>di</strong> energia solare.<br />

In estate, alle nostre latitu<strong>di</strong>ni il Sole si trova molto alto sull’orizzonte e le giornate durano <strong>di</strong> più.<br />

L’orientazione dell’asse terrestre fa si che il polo nord terrestre sia inclinato nella <strong>di</strong>rezione del Sole: i raggi<br />

solari arrivano in modo più <strong>di</strong>retto, scaldando l’atmosfera e la superficie. Nello stesso periodo, nell’emisfero<br />

sud è inverno.<br />

Il polo sud è orientato nella parte opposta al Sole e si trova al buio completo. I raggi solari che giungono alle<br />

me<strong>di</strong>e latitu<strong>di</strong>ni sono molto inclinati e vengono assorbiti dall’atmosfera terrestre in modo più efficiente,<br />

producendo minore riscaldamento del suolo.<br />

Nel solstizio d’estate il Sole si trova sulla verticale del tropico del Cancro (ad una latitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 23°,27’ nord)<br />

il 21 giugno <strong>di</strong> ogni anno, determinando l’inizio dell’estate per l’emisfero nord e dell’inverno per il sud.<br />

Il giorno dell’equinozio, che avviene il 20 o il 21 Giugno, la nostra stella si trova prospetticamente nella<br />

costellazione del Toro, al confine con i Gemelli. Queste figure risultano quin<strong>di</strong> completamente invisibili,<br />

mentre risultano osservabili per tutta la notte quelle poste nella parte opposta, ovvero con una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

ascensione retta <strong>di</strong> 12 ore: Scorpione e Sagittario.


Il solstizio d’estate segna l’inizio della stagione estiva per<br />

l’emisfero nord e <strong>di</strong> quella invernale per quello sud. Il polo nord è<br />

rivolto verso il Sole e riceve luce 24 ore su 24, mentre il sud è<br />

completamente al buio. L’altezza dei raggi solari, alle latitu<strong>di</strong>ni<br />

italiane, è massima e raggiunge i 70°, producendo un notevole<br />

riscaldamento della superficie e dell’atmosfera. Il solstizio si<br />

verifica il 20 o 21 giugno <strong>di</strong> ogni anno; in questi giorni si ha la<br />

massima durata del giorno, <strong>di</strong> circa 15 ore e i raggi solari sono<br />

perpen<strong>di</strong>colari al tropico del Cancro, non a caso posto alla<br />

latitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 23°,27’ nord, esattamente il valore dell’inclinazione<br />

dell’asse terrestre.<br />

Raggiunto il punto più alto, il Sole sembra tornare in<strong>di</strong>etro. L’orientazione dell’asse terrestre rispetto alla<br />

nostra stella cambia e allontana il polo nord dal Sole.<br />

Durante l’equinozio <strong>di</strong> autunno l’asse terrestre è perfettamente parallelo al Sole; giorno e notte hanno la<br />

stessa durata e la nostra stella è perpen<strong>di</strong>colare, ovvero allo zenit, all’equatore. Il polo nord sta per salutare il<br />

Sole, dopo averlo avuto sempre presente nel cielo per 6 mesi, mentre al polo sud, finalmente, si rivede la luce<br />

dopo 6 mesi.<br />

Il Sole non tramonterà più fino al prossimo equinozio, quello <strong>di</strong> primavera.<br />

Nel giorno dell’equinozio d’autunno il Sole si trova nella costellazione del Leone; essa e le zone a<strong>di</strong>acenti<br />

sono quin<strong>di</strong> inosservabili, mentre le costellazioni nella parte opposta (Acquario, Pesci) risultano visibili per<br />

tutta la notte. In questo periodo, quin<strong>di</strong>, è del tutto inutile cercare <strong>di</strong> osservare l’ammasso M44 nel Cancro o<br />

l’ammasso <strong>di</strong> galassie della Vergine: dovrete avere pazienza ed aspettare almeno un paio <strong>di</strong> mesi, quando<br />

queste zone <strong>di</strong> cielo cominceranno ad emergere lentamente dal chiarore del Sole poco prima del suo sorgere.


Dopo il solstizio d’estate, il polo nord comincia ad allontanarsi dal<br />

Sole, fino a quando, il 22 o 23 Settembre <strong>di</strong> ogni anno, i raggi<br />

della nostra stella cadono perpen<strong>di</strong>colari all’equatore: i poli sono<br />

equi<strong>di</strong>stanti dal Sole e ricevono la stessa quantità <strong>di</strong> luce. Il polo<br />

nord sta per salutare il giorno e verrà lentamente avvolto dalle<br />

tenebre per circa 6 mesi, mentre il Sud vede finalmente la luce del<br />

Sole dopo altrettanto tempo al buio. L’estate nell’emisfero nord<br />

lascia il posto all’autunno, mentre il Sud è appena entrato in<br />

primavera.<br />

Trascorsi altri tre mesi, l’orientazione dell’asse terrestre fa si che ora il Sole, per l’emisfero boreale,<br />

raggiunge il punto più basso sull’orizzonte. Adesso è il polo nord ad essere inclinato nella <strong>di</strong>rezione opposta<br />

al Sole e ad essere avvolto dal buio totale per tutto il giorno. Alle nostre latitu<strong>di</strong>ni il Sole arriva ma è molto<br />

basso e pallido.<br />

L’assorbimento da parte dell’atmosfera, l’inclinazione dei raggi solari e la minore durata del giorno fanno si<br />

che la temperatura sia molto più bassa che in estate: siamo in pieno inverno.<br />

Nell’emisfero sud, invece, è arrivata l’estate; il sole è alto sopra l’orizzonte e al polo sud non tramonta mai<br />

fino alla fine della stagione estiva.<br />

Il Sole è perpen<strong>di</strong>colare al tropico del Capricorno (latitu<strong>di</strong>ne 23°,27’ sud), come possiamo vedere nella<br />

figura della pagina seguente.<br />

Il Sole si trova al confine tra le costellazioni dello Scorpione e del Sagittario, rendendole inosservabili a<br />

qualsiasi ora. Toro e Gemelli, do Orione più in basso, dominano il cielo invernale, alti nel cielo ed<br />

osservabili per l’intera durata della notte.


Il 21 o 22 Dicembre <strong>di</strong> ogni anno, il Sole raggiunge la minima<br />

altezza nell’emisfero nord. Per le località italiane essa è <strong>di</strong> circa<br />

23°,30’, davvero piccola, tanto che la luce solare appare molto più<br />

debole rispetto all’estate, e molto meno calda. Siamo, infatti, nel<br />

pieno dell’inverno. Le giornate <strong>di</strong> luce sono brevi, e proprio il<br />

giorno del solstizio d’inverno raggiungono il minimo, <strong>di</strong> circa 9<br />

ore. I raggi solari, molto inclinati e assorbiti dall’atmosfera, non<br />

riescono a scaldare efficientemente la superficie: per questo<br />

motivo il freddo contrad<strong>di</strong>stingue questa stagione, nonostante<br />

siamo circa 4 milioni <strong>di</strong> km più vicini al Sole rispetto all’estate.<br />

Nell’emisfero sud, <strong>di</strong> contro, ha inizio la stagione estiva, con<br />

giorni lunghi e cal<strong>di</strong>.<br />

A questo punto il cammino apparente del Sole si inverte <strong>di</strong> nuovo e comincia a risalire lentamente nel cielo.<br />

L’orientazione dell’asse terrestre cambia e, esattamente tra il 20 e il 21 Marzo, si ha l’equinozio <strong>di</strong><br />

primavera: il Sole è allo zenit all’equatore, giorno e notte hanno <strong>di</strong> nuovo la stessa durata. Il polo nord, fino a<br />

quel momento rimasto sempre al buio, vede sorgere il Sole dopo 6 mesi e non vi tramonterà più per altri sei.<br />

Il polo sud, invece, piomba nell’oscurità e nel freddo fino all’equinozio d’autunno.<br />

L’altezza del Sole per l’emisfero boreale è destinata ad aumentare fino al solstizio d’estate. La Terra ha<br />

compiuto una rivoluzione completa e il ciclo delle stagioni può proseguire.<br />

Nel cielo sono perfettamente visibili le costellazioni del Leone, Canrco e Vergine, mentre risultano<br />

inosservabili le regioni attorno ai Pesci, costellazione nella quale si trova il punto gamma, ovvero quel punto<br />

in cui avviene l’equinozio <strong>di</strong> primavera. Come certamente ricordate (ve<strong>di</strong> 1.6) questo è il punto <strong>di</strong><br />

riferimento adottato per la misura dell’ascensione retta. In questo punto il Sole e tutti gli astri hanno<br />

coor<strong>di</strong>nate equatoriali pari a Dec: 0°,0’,0” e AR: 00h,00m,00s. La situazione geometrica è rappresentata<br />

nella figura della pagina seguente.


Dopo il solstizio d’inverno, il Sole comincia a risalire nel cielo. Il<br />

polo nord della terra, con tutto l’emisfero nord, cominciano a<br />

riavvicinarsi al Sole. Il 20 o 21 Marzo, i raggi solari sono <strong>di</strong> nuovo<br />

perpen<strong>di</strong>colari all’equatore. L’equinozio <strong>di</strong> primavera segna la<br />

fine della stagione invernale nell’emisfero boreale e l’inizio <strong>di</strong><br />

quella autunnale al sud. Il Sole si trova sull’equatore celeste, ad<br />

una declinazione <strong>di</strong> 0°, e giorno e notte hanno esattamente la<br />

stessa durata, pari a 12 ore. Solamente durante gli equinozi si<br />

verifica questa particolare circostanza (non a caso il nome<br />

equinozio ha proprio questo significato)<br />

I movimenti della Terra<br />

Abbiamo visto che il nostro pianeta presenta almeno due tipi <strong>di</strong> movimento: quello <strong>di</strong> rotazione e quello <strong>di</strong><br />

rivoluzione. Il movimento <strong>di</strong> rotazione sul proprio asse determina la durata del giorno.<br />

Il giorno siderale è il tempo impiegato dalla Terra per compiere un giro intorno al proprio asse ed è pari a 23<br />

ore e 56 minuti.<br />

Il giorno solare, invece, è il tempo impiegato dal Sole per raggiungere uno stesso punto nel cielo. Il giorno<br />

solare è più lungo <strong>di</strong> quello siderale <strong>di</strong> 4 minuti perché, mentre la Terra ruota su se stessa, essa si sposta<br />

anche intorno al Sole, percorrendo un tratto <strong>di</strong> orbita lungo ben 2,6 milioni <strong>di</strong> Km. Per far si che il Sole, il<br />

giorno seguente, si trovi nella stessa posizione del precedente, la Terra deve ruotare un altro po’, per circa 4<br />

minuti.<br />

24 ore è la durata del giorno civile, ovvero il giorno che tutti noi utilizziamo.<br />

Il moto <strong>di</strong> rivoluzione intorno all’asse si compie in 365 giorni, 5 ore e quasi 49 minuti, ad una velocità<br />

orbitale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quasi 30 chilometri al secondo!<br />

Esistono altri movimenti che coinvolgono il nostro pianeta e l’interno sistema solare, generalmente più lenti<br />

o meno evidenti. I principali sono:<br />

• precessione degli equinozi. L’orientazione nello spazio dell’asse terrestre non è sempre la stessa ma<br />

cambia con il tempo. Come una trottola che gira, la Terra si comporta allo stesso modo. Sebbene<br />

l’inclinazione rispetto all’eclittica resta circa costante, la <strong>di</strong>rezione del cielo nella quale punta l’asse<br />

cambia con un periodo <strong>di</strong> circa 26000 anni. Conseguenza <strong>di</strong> ciò è lo spostamento <strong>di</strong> tutte le<br />

costellazioni nella volta celeste e dei punti nei quali avvengono equinozi e solstizi. Duemila anni fa,<br />

ad esempio, l’equinozio <strong>di</strong> primavera avveniva in quello che si chiama punto gamma, nella<br />

costellazione dell’ariete. Adesso, a causa dello spostamento dell’intera sfera celeste, il punto gamma<br />

avviene nella costellazione dei Pesci. Per lo stesso motivo, tra 13000 anni sarà Vega la nuova stella<br />

che in<strong>di</strong>cherà il polo nord celeste e non più l’attuale polare, la quale tornerà tra circa 26000 anni. Il<br />

moto <strong>di</strong> precessione è molto lento ed è <strong>di</strong>fficile da notare se non quando si utilizzano le coor<strong>di</strong>nate<br />

astronomiche per puntare gli oggetti celesti. Le coor<strong>di</strong>nate equatoriali vengono aggiornate ogni 50<br />

anni, per tenere in considerazione il moto <strong>di</strong> precessione.


• Moto attorno al centro della galassia. All’incre<strong>di</strong>bile velocità <strong>di</strong> 200 Km/s la Terra e tutto il<br />

sistema solare ruotano attorno al centro della nostra galassia, compiendo una rivoluzione completa in<br />

circa 225 milioni <strong>di</strong> anni. Tutte le stelle che possiamo vedere nel cielo ruotano attorno al centro<br />

galattico, ma non tutte con la stessa velocità. Ne consegue che tra qualche decina <strong>di</strong> milione <strong>di</strong> anni<br />

il cielo che osserveranno gli uomini sarà totalmente <strong>di</strong>verso da quello che possiamo vedere ora, così<br />

come quello al tempo dei <strong>di</strong>nosauri lo era rispetto al nostro.<br />

Il nostro pianeta osservato dagli<br />

astronauti della missione lunare<br />

Apollo 17. La Terra è un pianeta<br />

unico nel sistema solare, con<br />

caratteristiche che lo hanno reso il<br />

luogo ideale per lo sviluppo della<br />

vita: acqua in abbondanza allo stato<br />

liquido, un’atmosfera che ci<br />

protegge dalle ra<strong>di</strong>azioni provenienti<br />

dal Sole e dallo spazio profondo, e<br />

che allo stesso tempo ci riscalda. La<br />

giusta presenza <strong>di</strong> Ossigeno,<br />

in<strong>di</strong>spensabile per la vita; i gas serra,<br />

fanno si che la temperatura sia molto<br />

più mite dei teorici -44°C che si<br />

avrebbe senza alcun effetto serra. Il<br />

ciclo dell’acqua e un suolo che si<br />

rigenera completamente, a causa <strong>di</strong><br />

movimenti tettonici, completano il<br />

quadro e rendono il nostro pianeta<br />

perfetto per la vita, così come la<br />

conosciamo.<br />

La Luna<br />

La Luna è il nostro unico satellite naturale e <strong>di</strong> gran lunga il corpo celeste che più attrae l’attenzione, dal<br />

semplice curioso che alza spora<strong>di</strong>camente la testa verso il cielo, agli astrofili esperti, che trovano in esso un<br />

ambiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento e stu<strong>di</strong>o dalle risorse infinite. Data la sua vicinanza, infatti, in me<strong>di</strong>a 380000 Km, la<br />

Luna ci appare <strong>di</strong> generose <strong>di</strong>mensioni anche all’osservazione ad occhio nudo, superando il mezzo grado,<br />

<strong>di</strong>ametro simile a quello solare (ma da tenere presente le enormi <strong>di</strong>fferenze in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze!). La Luna<br />

orbita intorno alla Terra in poco meno <strong>di</strong> un mese* e durante il suo tragitto ci mostra le fasi, ma sempre la<br />

stessa faccia. Questo è dovuto ad una strana (solo in apparenza) coincidenza tra il periodo <strong>di</strong> rotazione<br />

attorno al proprio asse e quello <strong>di</strong> rivoluzione intorno alla Terra. In qualsiasi momento, da qualsiasi luogo, la<br />

Luna ci mostrerà quasi sempre lo stesso emisfero.<br />

In realtà, le cose sono un po’ più complicate ed esiste il fenomeno della librazione, che consente <strong>di</strong> osservare<br />

il 59% del nostro satellite. Benché, infatti, il periodo <strong>di</strong> rotazione e rivoluzione coincidano, l’orbita lunare è<br />

ellittica e questo significa che la velocità orbitale cambia a seconda della <strong>di</strong>stanza alla Terra, consentendo <strong>di</strong><br />

osservare più dell’esatta metà.<br />

* Il periodo orbitale è <strong>di</strong> 27 giorni 7 ore e 43 minuti, quello sino<strong>di</strong>co <strong>di</strong> 29 giorni 12 ore e 44 minuti. Si definisce periodo orbitale il<br />

tempo impiegato per compiere un giro completo. Si definisce periodo sino<strong>di</strong>co il tempo impiegato (dalla Luna in questo caso) per<br />

raggiungere in cielo la stessa posizione rispetto al Sole (considerato fisso). Il periodo sino<strong>di</strong>co è maggiore <strong>di</strong> quello orbitale poiché la<br />

posizione del Sole cambia a causa dell’orbita terrestre.


Confronto tra la faccia vicina (e quin<strong>di</strong> visibile) e quella lontana (far side, quin<strong>di</strong> invisibile) della Luna riprese dalla sonda della<br />

NASA Clementine. La faccia lontana è molto <strong>di</strong>versa dall’emisfero a noi accessibile ma non è mai osservabile se non con una sonda<br />

che si porti nella sua <strong>di</strong>rezione. La coincidenza tra il periodo <strong>di</strong> rotazione della Luna attorno alla Terra, con la rotazione attorno al<br />

proprio asse, fa si che essa sembri non ruotare se osservata dalla superficie del nostro pianeta; ma attenzione, questa è un’illusione, in<br />

realtà la Luna ruota su se stessa. Se potessimo osservare la Terra dalla superficie selenica, il nostro pianeta apparirebbe sempre quasi<br />

completamente fermo nel cielo.<br />

La Luna ci mostra le fasi, ovvero la superficie<br />

che ci appare illuminata varia nel tempo ed ha<br />

un periodo pari al periodo sino<strong>di</strong>co della Luna<br />

intorno alla Terra.<br />

E’ facile intuire che quando la Luna si trova tra<br />

la Terra e il Sole, noi non ve<strong>di</strong>amo affatto il<br />

nostro satellite: siamo nella fase <strong>di</strong> luna nuova<br />

o novilunio. Mano a mano che percorre la sua<br />

orbita intorno alla Terra, sempre maggiore<br />

superficie ci appare illuminata, fino alla fase <strong>di</strong><br />

primo quarto, quando la Luna si mostra<br />

illuminata esattamente a metà. Dopo circa 7<br />

giorni la Luna si trova dalla parte opposta al<br />

Sole e possiamo vederla completamente<br />

illuminata: siamo nella fase <strong>di</strong> luna piena o<br />

plenilunio. Trascorsi poco più <strong>di</strong> sette giorni<br />

arriviamo all’ultimo quarto: la falce lunare è<br />

esattamente metà, ma dalla parte opposta<br />

rispetto al primo quarto. Dopo poco più <strong>di</strong><br />

un’altra settimana si ha la luna nuova e il ciclo<br />

lunare inizia <strong>di</strong> nuovo.<br />

Ogni giorno la Luna ritarda il suo sorgere nel<br />

cielo <strong>di</strong> circa 50 minuti, compiendo un<br />

percorso a ridosso dell’eclittica, sebbene con<br />

oscillazioni che possono raggiungere i 5° a<br />

nord e a sud, a causa dell’inclinazione<br />

dell’orbita lunare rispetto all’equatore celeste.<br />

Schematizzazione delle fasi lunari. Quando il nostro satellite si trova<br />

tra la Terra e il Sole, noi non lo ve<strong>di</strong>amo perché la parte illuminata è<br />

rivolta totalmente verso il Sole. Quando l’angolo Luna-Terra-Sole è <strong>di</strong><br />

90° possiamo osservare metà del <strong>di</strong>sco lunare: siamo al primo quarto.<br />

Il nostro satellite prosegue il suo cammino attorno alla Terra e arriva<br />

al punto in cui si trova <strong>di</strong>etro il nostro pianeta, apparendo, quin<strong>di</strong>,<br />

totalmente illuminato: siamo nella fase <strong>di</strong> Luna piena. A questo punto<br />

la fase comincia a <strong>di</strong>minuire, fino ad arrivare all’ultimo quarto, circa 7<br />

giorni dopo la Luna Piena. Trascorsi altri 7 giorni siamo nel punto <strong>di</strong><br />

partenza: luna nuova o novilunio.<br />

L’inclinazione dell’orbita impe<strong>di</strong>sce che ad ogni lunazione si verifichi un’eclisse solare ed una lunare. Questi<br />

eventi si verificano solamente quando la Luna si trova in fase nuova (solari) o piena (lunari) e allo stesso<br />

tempo quasi esattamente sullo stesso piano contenente il Sole e la Terra, ovvero solamente quando la sua


orbita, in quei momenti, interseca o quasi l’equatore celeste. Questo punti si chiamano no<strong>di</strong>. Vedremo le<br />

eclissi alla fine <strong>di</strong> questa trattazione sui corpi del sistema solare, quando parleremo dei fenomeni transienti.<br />

Uno sguardo d’insieme, a bassa risoluzione, ci mostra un mondo sostanzialmente grigio e statico, ricchissimo<br />

<strong>di</strong> crateri da impatto.<br />

Un telescopio amatoriale ve ne mostrerà <strong>di</strong>verse<br />

migliaia, dalle <strong>di</strong>mensioni e forme più <strong>di</strong>sparate: dai<br />

gran<strong>di</strong> bacini, come Clavius, dal <strong>di</strong>ametro eccedente i<br />

200 Km, ai più piccoli crateri che è possibile<br />

identificare con uno strumento da 20-25 cm, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni inferiori al Km.<br />

Quando la luna è in fase sottile, ovvero ci mostra<br />

solamente una sottile falce illuminata dal Sole, la<br />

superficie in ombra sembra brillare <strong>di</strong> una debole<br />

luce: si tratta della luce cinerea. La Terra, vista dalla<br />

Luna, appare quasi completamente illuminata e la<br />

Luce riflessa dal nostro pianeta è sufficiente ad<br />

illuminare la parte in ombra del nostro satellite<br />

naturale.<br />

L’elevato tasso <strong>di</strong> craterizzazione dovrebbe far venire<br />

il legittimo dubbio in merito al nostro pianeta: è<br />

possibile che la Terra sia stata oggetto <strong>di</strong> un<br />

bombardamento meteorico analogo, se non superiore,<br />

date le <strong>di</strong>mensioni 4 volte maggiori? Gli scienziati, analizzando il suolo lunare, hanno scoperto che la gran<br />

parte degli impatti si sono verificati in un’era compresa tra 2 e 3,5 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa, quando le regioni del<br />

sistema solare erano affollate <strong>di</strong> meteoriti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni superiori a qualche Km.<br />

Perché il nostro pianeta non si mostra come la Luna?<br />

La risposta è semplice: il nostro satellite è pressoché privo <strong>di</strong> atmosfera e acqua liquida, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> qualsiasi<br />

fenomeno <strong>di</strong> erosione ad essi associato. Inoltre, è un<br />

corpo celeste geologicamente inattivo, nel quale sono<br />

assenti, da miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni, fenomeni come<br />

vulcanesimo e tettonica a zolle, in grado <strong>di</strong> rigenerare<br />

continuamente la crosta superficiale: esattamente il<br />

contrario del nostro pianeta.<br />

Qualsiasi evento, <strong>di</strong> natura chiaramente esterna,<br />

modelli la superficie lunare (impatti meteorici o le<br />

impronte lasciate dagli astronauti) provoca dei segni<br />

che possono durate per milioni o miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni,<br />

cancellabili solamente da altri eventi esterni (tra cui il<br />

vento solare). Sulla Terra, invece, un’impronta<br />

lasciata sulla sabbia del deserto (che ricorda per<br />

consistenza la superficie lunare) ha una vita molto<br />

breve, giusto l’intervallo <strong>di</strong> tempo tra una folata <strong>di</strong><br />

vento e l’altra.<br />

Il nostro unico satellite naturale è pieno <strong>di</strong> crateri, ovvero<br />

gran<strong>di</strong> voragini causate dall’impatto <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> corpi celesti,<br />

detti asteroi<strong>di</strong>. Molti <strong>di</strong> questi impatti risalgono a miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

anni fa; l’assenza <strong>di</strong> atmosfera ha preservato ogni traccia,<br />

contrariamente a quanto successo sulla Terra.<br />

Oltre ai gran<strong>di</strong> crateri, sono presenti montagne, valli, scarpate,<br />

tutte perfettamente visibili al telescopio.<br />

Oltre ai numerosi crateri da impatto, risultano evidenti i mari, gran<strong>di</strong> regioni più scure e meno craterizzate<br />

(da non intendersi quin<strong>di</strong> con il significato letterale che <strong>di</strong> solito viene attribuito alla parola!), prodotti dalla<br />

fuoriuscita <strong>di</strong> imponenti colate laviche verificatesi miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa.<br />

Imponenti catene montuose, piccole colline o montagne isolate, valli e scarpate, chiamate rimae, sono tutte<br />

testimoni <strong>di</strong> un’attività geologica remota, risalente agli istanti successivi la sua formazione.<br />

Il problema della formazione della Luna è uno dei gran<strong>di</strong> interrogativi che i planetologi si sono portati <strong>di</strong>etro<br />

per molto tempo, e solamente in questi ultimi anni sembra essersi trovato un accordo tra la comunità<br />

internazionale. Il sistema Terra-Luna è infatti molto raro nel sistema solare. Molti pianeti possiedono<br />

satelliti, ma tutti <strong>di</strong> massa estremamente minore rispetto ad essi. Il rapporto tra le masse della Luna e della<br />

Terra è invece <strong>di</strong> 1:81 (la Luna è 81 volte meno massiccia della Terra) e quello dei raggi solamente 1:4.<br />

Questo, unito alla composizione chimica lunare povera <strong>di</strong> elementi pesanti e che ricorda quella del mantello<br />

terrestre, ha portato gli scienziati ad ipotizzare che la Luna si sia formata da una “costola” della Terra, a<br />

seguito <strong>di</strong> un immane impatto <strong>di</strong> un planetoide delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> Marte con il nostro pianeta, qualche


decina <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni dopo la formazione del sistema solare (la Luna ha infatti un’età stimata <strong>di</strong><br />

4 ,527 ± 0,010 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni, contro i 4,6 stimati per il Sistema Solare, compresa la Terra). L’impatto<br />

avrebbe strappato alla Terra parte della sua massa che si sarebbe stabilizzata su un’orbita ed aggregatasi nel<br />

corso degli anni fino a formare la Luna. Altre teorie, come la cattura gravitazionale o l’accrescimento<br />

simultaneo, non possono essere accettate a causa della massa comparabile dei due corpi, che rende<br />

impossibili questi due meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> formazione.<br />

La Luna è l’unico corpo<br />

celeste ad essere stato<br />

visitato dagli esseri umani.<br />

Tra il 1969 e il 1972 la<br />

NASA ha mandato ben 12<br />

astronauti sul suolo lunare.<br />

Nonostante alcune voci<br />

complottiste, lo sbarco sulla<br />

Luna è stato reale ed è un<br />

evento accettato dall’intera<br />

comunità scientifica: non<br />

esiste una sola prova seria<br />

contraria a questo evento<br />

epocale, che dovrebbe unire<br />

i popoli in nome <strong>di</strong> ideali<br />

ben più alti <strong>di</strong> quelli che<br />

invece scatenano spesso<br />

guerre inutili e sanguinose.<br />

In questa immagine<br />

possiamo osservare la<br />

Terra, poco dopo il primo<br />

quarto, come appare dal<br />

suolo lunare.


Marte<br />

Planisfero <strong>di</strong> Marte: il pianeta rosso è il più bello e interessante dei pianeti rocciosi e mostra molti dettagli superficiali e atmosferici.<br />

In questa mappa, realizzata con immagini riprese durante l’opposizione del 2005, con una webcam e telescopio da 235 mm, si<br />

possono notare molte nubi, intorno al polo nord (in basso), e sparse nell’emisfero sud (in alto). Al centro in basso è evidente il monte<br />

Olimpo (il punto luminoso), il più grande vulcano del sistema solare. L’appen<strong>di</strong>ce scura sulla destra è Syrtis Mayor, il dettaglio<br />

meglio visibile con qualunque telescopio. Questi dettagli sono facili da osservare con telescopi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro simile e con una certa<br />

esperienza<br />

Marte, detto anche pianeta rosso a causa della sua<br />

colorazione, è l’ultimo dei pianeti rocciosi e per certi<br />

versi quello più simile alla Terra; nonostante le<br />

<strong>di</strong>mensioni inferiori <strong>di</strong> quasi la metà (0,53) rispetto<br />

al nostro pianeta, una massa <strong>di</strong> 1/10 quella terrestre e<br />

quin<strong>di</strong> una gravità <strong>di</strong> poco superiore ad 1/3 e una<br />

durata dell’anno pari a 686 giorni, ha un periodo <strong>di</strong><br />

rotazione simile a quello terrestre (24 ore e 37<br />

minuti), così come l’inclinazione dell’asse <strong>di</strong><br />

rotazione, <strong>di</strong> 25.19° contro i 23.27° del nostro<br />

pianeta. Marte inoltre possiede un’atmosfera che<br />

seppur molto tenue, può ricordare da lontano, come<br />

<strong>di</strong>namica, quella terrestre, con la comparsa <strong>di</strong> nubi e<br />

nebbie, specialmente intorno ai rilievi e lungo il<br />

bordo. In prossimità dei poli inoltre, ci sono due<br />

calotte polari composte principalmente <strong>di</strong> ghiaccio<br />

secco (anidride carbonica congelata) e ghiaccio<br />

d’acqua che, durante le stagioni, analogamente alla<br />

Terra, si espandono o si ritirano.<br />

Marte, il pianeta rosso, è il più simile alla terra, sebbene si<br />

tratti si un mondo arido e privo <strong>di</strong> vita. In questa immagine,<br />

ottenuta con un telescopio da 235 mm, possiamo vedere la<br />

tenue atmosfera <strong>di</strong> colore azzurro, alcuni dettagli superficiali<br />

più scuri, e il monte Olimpo (la chiazza chiara in basso a<br />

sinistra), la montagna più alta del sistema solare, con i suoi 25<br />

Km <strong>di</strong> altezza.<br />

Tutti questi dati si possono ricavare semplicemente analizzando le immagini <strong>di</strong> ogni astronomo amatoriale, o<br />

compiendo osservazioni ad<strong>di</strong>rittura ad occhio nudo.<br />

Proprio osservando le nostre immagini, risulta chiaro ben presto che la somiglianza con il nostro pianeta è<br />

solo apparente; un’attenta analisi mette in luce molte <strong>di</strong>fferenze, a cominciare proprio dall’atmosfera, molto<br />

tenue (1/100 <strong>di</strong> quella terrestre), composta quasi esclusivamente da anidride carbonica (95%), azoto (2.7%) e<br />

tracce <strong>di</strong> Argon, vapore acqueo, ossigeno, del tutto simile a quella <strong>di</strong> venere ma molto meno densa e quin<strong>di</strong>,<br />

con un effetto serra notevolmente minore. In effetti Marte è un pianeta freddo, con una temperatura me<strong>di</strong>a<br />

intorno ai -60°C, ma che in estate, in zone prossime all’equatore, può arrivare anche a +20-+30°C, quin<strong>di</strong><br />

non troppo <strong>di</strong>stante da quella terrestre. Questo dato conferma il fatto che la tenue atmosfera deve essere<br />

composta da gas serra che innalza la temperatura me<strong>di</strong>a del pianeta rosso <strong>di</strong> qualche decina <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>. La sua<br />

superficie è ricoperta da una polvere <strong>di</strong> color rosso formata in larga misura da ossido <strong>di</strong> ferro (cioè ruggine).<br />

Le calotte polari, composte da ghiaccio d’acqua e anidride carbonica, durante le estati marziane si sciolgono<br />

e perdono completamente lo strato <strong>di</strong> anidride carbonica che viene immesso nell’atmosfera.


Lo squilibrio <strong>di</strong> pressione che si crea con le zone circostanti, così<br />

come l’intensa ra<strong>di</strong>azione solare al perielio, che a causa della<br />

notevole eccentricità dell’orbita è molto più intenso rispetto<br />

all’afelio, può causare forti venti che sollevano gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong><br />

sabbia, generando delle vere e proprie tempeste che possono<br />

avvolgere anche l’intero pianeta, come è accaduto nel 2001 e alla<br />

età del 2007, con venti fortissimi e polvere alzata per oltre 20 Km<br />

nell’atmosfera del<br />

pianeta. Più spesso tali tempeste sono <strong>di</strong> natura locale, ma sempre<br />

ben visibili anche con piccoli strumenti.<br />

L’atmosfera è comunque piuttosto <strong>di</strong>namica e variabile nel tempo.<br />

Spesso intorno ai rilievi si possono trovare nubi cosiddette<br />

orografiche, oppure delle foschie o vere e proprie nebbie, ben<br />

visibili lungo il bordo o lungo i principali vulcani, la cui attività<br />

sembra essere cessata da <strong>di</strong>versi milioni (se non miliar<strong>di</strong>) <strong>di</strong> anni.<br />

Una delle due calotte polari è generalmente, durante la tarda estate<br />

e l’autunno marziano, avvolta da uno spesso cappuccio <strong>di</strong> nubi che condensando porteranno alla sua<br />

estensione nel corso dell’inverno. Alle me<strong>di</strong>e latitu<strong>di</strong>ni invece non mancano formazioni nuvolose del tutto<br />

simili ai cirri terrestri composte da ghiaccio d’acqua e <strong>di</strong><br />

anidride carbonica, <strong>di</strong> colore bianco-azzurro, spesso molto<br />

estese, ma poco dense. La combinazione tra temperatura<br />

me<strong>di</strong>a e pressione al suolo non permette all’acqua liquida <strong>di</strong><br />

poter esistere in modo stabile sulla superficie, ed essa si<br />

trova quasi esclusivamente in stato <strong>di</strong> ghiaccio, raccolta<br />

nella calotte polari ma anche nel sottosuolo, formando uno<br />

strato ghiacciato chiamato permafrost. Benché si possano<br />

osservare nubi e foschie la cui componente principale sono<br />

cristalli <strong>di</strong> ghiaccio, la loro densità è molto bassa, così come<br />

estremamente bassa è la concentrazione <strong>di</strong> vapore acqueo<br />

negli strati atmosferici a bassa quota, dell’or<strong>di</strong>ne dello<br />

0,1%. L’atmosfera è quin<strong>di</strong> un ambiente estremamente<br />

secco e la formazione delle nubi è consentita dal fatto che la<br />

soglia <strong>di</strong> saturazione del vapore acqueo in atmosfera è<br />

bassissima: in altre parole bastano quantità trascurabili <strong>di</strong><br />

questo gas affinché esso condensi in ghiaccio e formi le<br />

nubi. In alcuni luoghi, in prossimità dell’equatore, si pensa<br />

che vi siano bacini d’acqua liquida sotterranei che ogni<br />

tanto riaffiorano in superficie dando luogo a dei veri e<br />

propri canali <strong>di</strong> scolo, prima che essa evapori senza lasciare<br />

traccia.<br />

La superficie del pianeta rosso è molto interessante e si può<br />

<strong>di</strong>videre in due gran<strong>di</strong> zone: una, l’emisfero sud, piuttosto<br />

rugosa e craterizzata, e quin<strong>di</strong> antica, presenta gran<strong>di</strong> bacini<br />

da impatto (Hellas, con 1800 km è il più grande), mentre<br />

l’emisfero nord sembra un’enorme depressione ad una<br />

quota me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 2 Km inferiore all’emisfero sud ed appare<br />

molto più liscio, quasi levigato, prevalentemente<br />

pianeggiante ad eccezione <strong>di</strong> alcune formazioni montuose<br />

tra le quali spiccano il monte Olimpo, un gigantesco<br />

Nuvole e nebbie nell’atmosfera <strong>di</strong> Marte,<br />

principalmente concentrate nei bor<strong>di</strong>, ai poli e<br />

presso le maggiori catene montuose (nubi<br />

orografiche)<br />

In questa immagine <strong>di</strong> marte sono evidenti la calotta<br />

polare, composta da ghiaccio d’acqua e anidride<br />

carbonica, ed uno spesso cappuccio <strong>di</strong> nubi che<br />

avvolge il polo opposto. Il pianeta è molto attivo ed<br />

interessante dal punto <strong>di</strong> vista atmosferico.<br />

Differenze geologiche tra l’emisfero sud, molto<br />

craterizzato e scosceso, e quello nord, piuttosto piatto:<br />

un antico oceano o un gigantesco impatto?<br />

vulcano estinto alto ben 25000 metri (il più alto del sistema solare) e la regione <strong>di</strong> Tharsis, con la presenza <strong>di</strong><br />

tre gran<strong>di</strong> vulcani. Considerata anche la notevole mole <strong>di</strong> dati proveniente dalle numerose sonde che vi sono<br />

arrivate sia in orbita che sulla sua superficie, sembra che su Marte un tempo scorreva acqua liquida in<br />

abbondanza e si pensa ad<strong>di</strong>rittura che tutto l’emisfero nord, liscio e ad una quota più bassa, fosse stato un<br />

tempo un grande oceano d’acqua liquida, quando miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa Marte era probabilmente un pianeta più<br />

caldo e attivo geologicamente, del tutto simile alla Terra attuale. Attualmente le uniche testimonianze della<br />

presenza <strong>di</strong> acqua liquida in un tempo molto lontano, sono date dalle immagini <strong>di</strong> sonde che hanno ripreso


dettagli che sulla Terra sono riconducibili ad antichi laghi o antichi fiumi prosciugati, dalla portata<br />

impressionante.<br />

Marte possiede, come abbiamo visto, due Lune, chiamate Phobos e Deimos, che in realtà si pensa siano<br />

asteroi<strong>di</strong> catturati dal suo campo gravitazionale qualche miliardo <strong>di</strong> anni fa.<br />

Uno spettacolare tramonto su Marte, osservato dalla sonda robotica Opportuity, che nel 2003 è atterrat sulla superficie del pianeta<br />

rosso.<br />

La Terra vista da Marte appare come un punto luminoso<br />

quanto Giove. Questa fotografia è ciò che vedrebbe un<br />

osservatore posto sulla superficie del pianeta rosso, guardando<br />

nella <strong>di</strong>rezione del Sole, poiché la Terra, per lui, è un pianeta<br />

interno.<br />

Ecco come apparirebbero la Terra e la Luna se un ipotetico<br />

osservatore su Marte puntasse un modesto telescopio da 100 mm.<br />

E’ impressionante notare come il nostro pianeta appaia piccolo ed<br />

in<strong>di</strong>stinto, e <strong>di</strong> una bellissima colorazione azzurra.<br />

Suggestivo panorama marziano ripreso dal robot Opportunity, atterrato nel 2003 sul pianeta. Sono visibili anche le tenui nubi che<br />

solcano il cielo rosso. Questo è quello che vedrebbe un ipotetico astronauta


Giove<br />

Planisfero dell’atmosfera <strong>di</strong> Giove, realizzato con immagini ottenute nell’aprile del 2005 con webcam e telescopio da 235 mm. Al<br />

centro è ben evidente la grande macchia rossa (GRS) le cui <strong>di</strong>mensioni solo <strong>di</strong> 2,5 volte la Terra. Oltre alle bande (scure) e le zone<br />

(chiare) sono visibili molte altre piccole macchie, chiare e scure che sono dei (relativamente) piccoli cicloni, rapidamente variabili<br />

nell’arco <strong>di</strong> alcuni giorni. L’atmosfera del pianeta può cambiare ra<strong>di</strong>calmente nel giro <strong>di</strong> qualche mese (ve<strong>di</strong> immagini successive).<br />

Giove è il pianeta in assoluto più grande del sistema<br />

Solare, ben <strong>11</strong>,19 volte più grande della Terra e 318<br />

volte più massiccio. Questo si può osservare molto<br />

bene osservandolo ad occhio nudo o al telescopio: ha<br />

un moto molto lento con un conseguente periodo <strong>di</strong><br />

rivoluzione <strong>di</strong> <strong>11</strong>,8 anni.<br />

Nonostante le impressionanti <strong>di</strong>mensioni, è ancora<br />

circa 1000 volte meno massiccio del sole e 10 volte<br />

più piccolo. Giove è il capostipite <strong>di</strong> una classe <strong>di</strong><br />

pianeti molto <strong>di</strong>versi da quelli finora visti: i giganti<br />

gassosi. Contrariamente ai piccoli pianeti rocciosi,<br />

Giove (e, come vedremo, altri 3), non hanno una<br />

superficie solida, ma sono composti quasi<br />

esclusivamente da un enorme involucro <strong>di</strong> gas, la cui<br />

composizione chimica è simile a quella del Sole, così<br />

come la loro densità. In effetti, dal punto <strong>di</strong> vista<br />

chimico e morfologico sono più simili al Sole che<br />

agli altri pianeti ai quali siamo abituati a pensare;<br />

tuttavia, al contrario della nostra stella, essi hanno<br />

Giove è il pianeta più attivo e <strong>di</strong>namico del Sistema Solare,<br />

presentando centinaia <strong>di</strong> dettagli atmosferici. In questa<br />

immagine possiamo osservare la grande macchia rossa, un<br />

ciclone grande due volte la Terra, che imperversa da almeno<br />

400 anni (ma potrebbero essere molti <strong>di</strong> più, solamente che<br />

non c’erano telescopi per osservarla).<br />

troppa poca massa per avviare nel loro interno le reazioni <strong>di</strong> fusione nucleare e quin<strong>di</strong> brillare. Giove è un<br />

pianeta molto affascinante perché molto <strong>di</strong>namico e ricco <strong>di</strong> dettagli. E’ costituito in gran parte da Idrogeno<br />

(89%) ed elio (10%), con tracce <strong>di</strong> altri gas (Metano, Ammoniaca e Zolfo principalmente) e la sua atmosfera<br />

è ricca <strong>di</strong> fenomeni interessanti.<br />

Nel seguito della <strong>di</strong>scussione continueremo a parlare <strong>di</strong> atmosfera e superficie, anche se, per quanto detto,<br />

ciò può sembrare improprio, essendo un pianeta gassoso e quin<strong>di</strong> privo <strong>di</strong> superficie. Affinché questi termini<br />

continuino ad avere ancora un senso, occorre dare delle nuove definizioni che si adattino alla famiglia dei<br />

pianeti giganti. Definiamo allora superficie lo strato gassoso che si trova alla pressione (arbitraria) <strong>di</strong> 1 bar;<br />

definiamo atmosfera tutto lo strato gassoso che si trova a pressioni minori (e quin<strong>di</strong> altezze maggiori rispetto<br />

alla superficie). Questa definizione, però, non deve essere confusa con il significato più letterale dei termini:<br />

i pianeti giganti e le stelle non hanno una superficie rocciosa e non c’è quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione tra superficie<br />

(roccia) e atmosfera (gas), ma si può pensare il tutto come una gigantesca atmosfera.<br />

L’atmosfera <strong>di</strong> Giove è molto <strong>di</strong>namica e ricca <strong>di</strong> dettagli con nubi, tempeste, giganteschi cicloni che<br />

possono vivere fino a <strong>di</strong>verse centinaia <strong>di</strong> anni; un esempio tipico è la grande macchia rossa, un ciclone dal<br />

<strong>di</strong>ametro due volte maggiore della Terra, visibile anche con piccoli telescopi. Possiamo identificare <strong>di</strong>verse


macro strutture nell’atmosfera, frutto dei moti convettivi del gas a seguito dell’irraggiamento solare e dalla<br />

rapida rotazione attorno al proprio asse, <strong>di</strong> sole 9 ore e 50 minuti in prossimità dell’equatore:<br />

1) Zone: parti atmosferiche più chiare, quasi<br />

bianche, formate da nubi a quote alte,<br />

composte principalmente da cristalli <strong>di</strong><br />

ammoniaca e da gas più caldo che sale<br />

2) Bande: zone più scure formate da nubi più<br />

dense, poste a quote più basse e formate da<br />

gas freddo che <strong>di</strong>scende verso l’interno<br />

3) Cicloni: piccole aree circolari perturbate che<br />

spesso assumono una colorazione biancastra<br />

(e per questo chiamati WOS = White Oval<br />

Spot); più raramente possono <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong><br />

taglia terrestre o maggiore ed assumere<br />

colorazioni tendenti al rosso mattone; esempi<br />

tipici sono la grande macchia rossa (GRS) e,<br />

recentemente la cosiddetta macchia rossa<br />

junior.<br />

Sebbene la struttura macroscopica delle bande e delle<br />

zone sia sempre la stessa, la loro forma e i dettagli<br />

Giove ruota sul proprio asse in circa 10 ore. A causa <strong>di</strong> ciò,<br />

appare piuttosto schiacciato. In questa immagine, ottenuta<br />

sempre con un telescopio da 235 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, possiamo<br />

notare moltissimi dettagli, tutti osservabili da un occhio<br />

esperto, sebbene con colorazioni più tenui.<br />

all’interno <strong>di</strong> esse cambiano rapidamente, anche nel corso <strong>di</strong> qualche giorno; spesso l’aspetto del pianeta può<br />

cambia ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong> anno in anno, con l’assottigliamento delle bande o l’espansione delle bande e la<br />

comparsa <strong>di</strong> macchie bianche (WOS) o mo<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> dettagli già presenti, come la macchia rossa, il cui<br />

aspetto è cambiato ra<strong>di</strong>calmente in pochi anni. Giove quin<strong>di</strong> è un laboratorio sia per gli scienziati che per gli<br />

astrofili perché non si presenta mai come lo si è osservato in precedenza.<br />

Oltre alla variabilità data dall’atmosfera del pianeta, giove possiede numerosi satelliti, <strong>di</strong> cui 63 sono<br />

attualmente quelli noti, moti dei quali non sono altro che piccoli asteroi<strong>di</strong> o massi irregolari. Di questi infatti,<br />

solamente 4 sono alla portata <strong>di</strong> strumenti amatoriali e si tratta dei famosi satelliti galileiani, scoperti da<br />

Galileo mentre osservava il pianeta con il suo cannocchiale che si chiamano, in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal<br />

pianeta: Io, Europa, Ganimede e Callisto. Ganimede è il satellite più grande del sistema solare con un<br />

<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 5200 Km, più grande della Luna e <strong>di</strong> Mercurio. Io è invece il più attivo dal punto <strong>di</strong> vista<br />

geologico, con eruzioni vulcaniche spesso immense e visibili anche da terra con telescopi professionali. Tutti<br />

e 4 i satelliti hanno un periodo <strong>di</strong> rotazione attorno al gigante gassoso, dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> qualche giorno (da 1,7<br />

giorni per Io ai 16,7 per Callisto) e quin<strong>di</strong> la loro posizione è rapidamente variabile nel tempo e rappresenta<br />

un altro importante vantaggio per l’osservazione <strong>di</strong> Giove.<br />

Il pianeta possiede anche un debole sistema <strong>di</strong> anelli, sebbene la sua osservazione sia riservata solamente a<br />

qualche strumento professionale o alle 3 sonde che fino ad ora lo hanno visitato.


Saturno<br />

Planisfero dell’atmosfera <strong>di</strong> Saturno (proiezione cilindrica) ottenuto con 4 riprese effettuate nel marzo 2005. La mappa copre solo<br />

l’emisfero sud, poiché quello nord era nascosto dagli anelli. Si notano zone e bande, analogamente a Giove, anche se sono presenti<br />

molti meno dettagli<br />

Saturno è sicuramente il pianeta più strano e<br />

affascinante, con i suoi caratteristici anelli,visibili<br />

con qualsiasi strumento. Simile per composizione<br />

chimica a Giove, ha una densità me<strong>di</strong>a minore<br />

dell’acqua: se potesse essere contenuto in un<br />

ipotetico oceano d’acqua, l’intero pianeta<br />

galleggerebbe. Si tratta <strong>di</strong> un gigante gassoso simile<br />

per <strong>di</strong>mensioni e composizione chimica a Giove, 9,5<br />

volte più grande della Terra, 1/3 meno massiccio del<br />

pianeta gigante.<br />

La sua orbita è molto larga e quasi circolare, posta ad<br />

una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 9,54 AU, cioè, circa 1 miliardo e 400<br />

milioni <strong>di</strong> Km, quasi il doppio <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Giove<br />

(5.20 AU). Il suo periodo <strong>di</strong> rivoluzione è quin<strong>di</strong> più<br />

lento, <strong>di</strong> poco inferiore ai 30 anni (29.46), mentre il<br />

periodo <strong>di</strong> rotazione, come quello <strong>di</strong> tutti i pianeti<br />

giganti, è molto rapido, 10,6 ore, tanto da schiacciare<br />

il globo ai poli a causa dell’elevata forza centrifuga.<br />

Essendo posto ad una <strong>di</strong>stanza doppia dal gigante del sistema Solare, Saturno riceve 4 volte meno energia da<br />

parte del Sole, energia che è la causa principale dell’attività atmosferica <strong>di</strong> ogni corpo celeste; per questo<br />

motivo la sua atmosfera, benché molto simile a quella <strong>di</strong> Giove, è molto più calma. Come per ogni pianeta<br />

gassoso, non esiste una superficie solida, separata dallo strato atmosferico, come per i pianeti rocciosi,<br />

piuttosto la <strong>di</strong>stinzione a è fatta in base ad una<br />

definizione arbitraria: definiamo superficie la quota<br />

alla quale corrisponde una pressione atmosferica <strong>di</strong> 1<br />

bar; strati gassosi superiori costituiscono l’atmosfera<br />

del pianeta, quelli inferiori fanno parte della<br />

superficie. La temperatura dello strato superficiale è<br />

<strong>di</strong> soli 134 K, cioè -139°C e scende <strong>di</strong> 35° ad una<br />

quota <strong>di</strong> <strong>11</strong>0 Km dove la pressione atmosferica si è<br />

ridotta ad 1/10. In modo del tutto simile a quella <strong>di</strong><br />

giove, l’atmosfera <strong>di</strong> Saturno contiene molto<br />

idrogeno (92.5%), il 6% <strong>di</strong> elio ed il restante è<br />

costituito da metano, ammoniaca ed acqua.<br />

Non possiamo naturalmente non parlare del<br />

magnifico sistema si anelli, la cui densità ed<br />

estensione lo rendono unico nel sistema solare.<br />

Saturno è il pianeta più affascinante del Sistema Solare, con i<br />

suoi magnifici anelli. Poco più piccolo <strong>di</strong> Giove, è il secondo<br />

pianeta, per <strong>di</strong>mensioni, del sistema solare, composto quasi<br />

interamente <strong>di</strong> gas, tanto che potrebbe galleggiare se posto in<br />

un ipotetico oceano d’acqua. La sua densità me<strong>di</strong>a, infatti, è<br />

inferiore a quella dell’acqua.<br />

L’inclinazione degli anelli cambia nel corso degli anni, a causa<br />

dell’inclinazione dell’asse del pianeta, proprio come succede<br />

alla Terra e Marte, ma con tempi maggiori (Periodo <strong>di</strong><br />

rivoluzione <strong>di</strong> 30 anni). Quando gli anelli sono <strong>di</strong>sposti <strong>di</strong><br />

profilo risultano meno spettacolari.


Molto si è <strong>di</strong>scusso e ancora lo si fa in merito alla loro formazione; la teoria più accre<strong>di</strong>tata prende in<br />

considerazione il passaggio troppo ravvicinato <strong>di</strong> un satellite che è stato <strong>di</strong>sintegrato a causa della fortissima<br />

forza mareale; i detriti, hanno costituito gli anelli che possiamo osservare, la cui massa è molto simile a<br />

Mimas, uno dei numerosi satelliti del pianeta, estesi per centinaia <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> Km ma spessi solamente<br />

poche centinaia <strong>di</strong> metri (al massimo 250), e in effetti semi trasparenti. Il sistema <strong>di</strong> anelli è molto complesso<br />

e presente delle <strong>di</strong>visioni più o meno marcate, frutto <strong>di</strong> una combinazione tra l’attrazione gravitazionale <strong>di</strong><br />

Saturno e la presenza <strong>di</strong> piccoli corpi, dette lune pastore, all’interno <strong>di</strong> essi, che ne modellano la forma e<br />

l’estensione.<br />

Oltre alle piccole luna pastore, che si pensa possano essere anche molte decine, il sistema <strong>di</strong> satelliti <strong>di</strong><br />

Saturno è comunque il più ricco; il più famoso ed interessante è sicuramente Titano, una luna orbitante a<br />

circa 1,5 milioni <strong>di</strong> Km la seconda, per <strong>di</strong>mensioni, del sistema Solare, ma <strong>di</strong> gran lunga la più interessante.<br />

Titano infatti è un satellite avvolto da una spessa atmosfera, 1,5 volte più densa <strong>di</strong> quella terrestre,<br />

completamente opaca alle lunghezze d’onda visibili, composta principalmente da azoto, argon e metano,<br />

presente in quantità anche in superficie dove forma dei veri e propri laghi. Nonostante la temperatura, a<br />

causa della <strong>di</strong>stanza dal Sole, è <strong>di</strong> soli 94 K (-179°C), Titano ricorda da vicino l’ambiente terrestre<br />

antecedente lo sviluppo della vita e non è escluso che i mattoni della vita possano essere presenti. Nella sua<br />

atmosfera vi sono imponenti sistemi nuvolosi costituiti principalmente da metano e non è escluso che esso<br />

sia la controparte dell’acqua sulla Terra, creando un ciclo simile in tutto e per tutto a quello terrestre.<br />

Urano<br />

E’ il sesto pianeta del sistema solare, orbitando a quasi 3 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> chilometri dalla nostra stella. Si tratta<br />

ancora una volta <strong>di</strong> un pianeta gassoso, ma più piccolo dei giganti giove e Saturno, con un <strong>di</strong>ametro 4 volte<br />

maggiore <strong>di</strong> quello terrestre. La sua composizione chimica comunque è molto simile a quella dei giganti, con<br />

una netta abbondanza <strong>di</strong> idrogeno (83%), ed elio (15%) e un 2% <strong>di</strong> metano, responsabile della colorazione<br />

verde-azzurra del pianeta. La particolarità <strong>di</strong> Urano risiede nell’inclinazione del suo asse <strong>di</strong> rotazione rispetto<br />

al piano dell’orbita, <strong>di</strong> ben 98°; in pratica, il pianeta rotola sul piano dell’orbita e i poli sono le regioni<br />

maggiormente esposte alla luce solare (è come se ruotassimo l’asse terrestre <strong>di</strong> 70°, con i poli che finirebbero<br />

al posto dell’equatore e viceversa), benché molto debole a quelle <strong>di</strong>stanze. La temperatura degli strati<br />

atmosferici del pianeta infatti non supera i 58°K, cioè i -215°C. Come gli altri pianeti gassosi, mano a mano<br />

che aumenta la profon<strong>di</strong>tà, aumenta la temperatura, la pressione e la densità del gas. Si pensa che al suo<br />

interno vi sia un nucleo roccioso avvolto da un oceano caldo (2000°C) composto da idrogeno, elio e<br />

ammoniaca, che sfuma lentamente nell’atmosfera del pianeta. Urano è l’unico pianeta gigante a non avere<br />

una fonte interna <strong>di</strong> calore: l’esame della luce incidente e quella riemessa dal pianeta è in perfetto equilibrio.<br />

La sua atmosfera, benché simile in composizione a quella <strong>di</strong> Giove e Saturno, è molto meno attiva, anche se<br />

mostra una notevole <strong>di</strong>namicità, con venti che soffiano a 180 m/s alle latitu<strong>di</strong>ni equatoriali.<br />

Non tutti forse sanno che Urano possiede un sistema <strong>di</strong> anelli, simili a quelli <strong>di</strong> Saturno, ma molto più deboli<br />

e rarefatti, visibili solo con strumentazione professionale. L’anello maggiore è esteso solo un centinaio <strong>di</strong><br />

chilometri e spesso solo qualche decina <strong>di</strong> metri.<br />

Urano è un pianeta gassoso grande circa 4<br />

volte la Terra. Distante circa 3 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Km, appare molto debole e privo <strong>di</strong> una<br />

efficiente circolazione atmosferica.<br />

Come tutti i pianeti gassosi, possiede un<br />

sistema <strong>di</strong> anelli e numerosi satelliti<br />

naturali (27). In questa immagine come<br />

appariva nel 1986 quando la sonda<br />

automatica Voyager 2, l’unica che lo abbia<br />

raggiunto, si è avvicinata, prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigersi<br />

verso Nettuno.


Nettuno<br />

L’ottavo e ultimo pianeta del sistema solare è ancora una volta un gigante gassoso, leggermente più piccolo<br />

<strong>di</strong> Urano, ma comunque grande 3,81 volte la Terra e con una massa 17 volte superiore. Alla <strong>di</strong>stanza dal Sole<br />

<strong>di</strong> 30 UA, cioè 4,5 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Km, Nettuno impiega ben 165 anni terresti per compiere un giro intorno al<br />

Sole, mentre il periodo <strong>di</strong> rotazione, come tutti i pianeti gassosi, è relativamente breve, <strong>di</strong> 19,2 ore<br />

(all’equatore) e la temperatura si aggira intorno ai 38°K, cioè -235°C. La composizione chimica ricorda<br />

molto quella <strong>di</strong> Urano, con idrogeno, elio, tracce <strong>di</strong> ammoniaca e metano, che gli conferisce un colore<br />

azzurro-verde. La sua atmosfera è stranamente più attiva <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Urano e ricorda quella <strong>di</strong> Saturno, con<br />

la comparsa non rara <strong>di</strong> macchie scure e chiare, e <strong>di</strong> nubi, simili a cirri terrestri, ma molto <strong>di</strong>verse in<br />

composizione chimica (composte da idrocarburi pesanti in questo caso). La sua struttura interna si pensa<br />

essere composta da un nucleo centrale roccioso, da un mantello superiore composto da ghiacci flui<strong>di</strong> (acqua,<br />

ammoniaca e metano) e da un guscio superiore <strong>di</strong> idrogeno ed elio che sfuma lentamente nell’atmosfera.<br />

Come per tutti gli altri pianeti giganti, anche Nettuno possiede una numerosa famiglia <strong>di</strong> satelliti e un sistema<br />

<strong>di</strong> anelli, molto tenue e variabile (in spessore e densità) nel tempo, ancora oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>.<br />

I satelliti finora scoperti sono 13, <strong>di</strong> cui, il maggiore e più interessante è senza dubbio Tritone, una luna<br />

geologicamente attiva, con geyser che fuoriescono dalla sua superficie, povera <strong>di</strong> crateri e quin<strong>di</strong><br />

relativamente giovane.<br />

Nettuno è l’ultimo pianeta del<br />

sistema solare, istante oltre 5<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Km dalla terra. Si<br />

tratta ancora <strong>di</strong> un pianeta<br />

gassoso, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni pari a 6<br />

volte la Terra. E’ stato<br />

raggiunto solamente da una<br />

sonda, l’americana Voyager 2,<br />

nel 1989. Le immagini e le<br />

informazioni <strong>di</strong> cui<br />

<strong>di</strong>sponiamo, quin<strong>di</strong>,<br />

provengono in gran parte da<br />

questo unico incontro, dopo un<br />

viaggio durato ben 12 anni.<br />

Anche Nettuno possiede un<br />

tenue sistema <strong>di</strong> anelli, molto<br />

deboli ed inosservabili da Terra<br />

con telescopi amatoriali.


Plutone<br />

Un tempo il nono ed ultimo pianeta del sistema solare, è stato declassificato a pianeta nano nel 2006<br />

dall’unione astronomica internazionale (IAU), a causa delle sue caratteristiche che lo rendono molto simile<br />

ad una gigantesca cometa piuttosto che ad un pianeta vero e proprio.<br />

E’ stato scoperto il 18 Febbraio del 1930<br />

dall’astronomo Clyde Tombaugh a seguito <strong>di</strong><br />

previsioni (poi rivelatesi errate) eseguite analizzando<br />

il moto <strong>di</strong> Nettuno.<br />

La <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a dal Sole è <strong>di</strong> 39,5 UA, cioè quasi 6<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Km. In realtà a causa della sua elevata<br />

eccentricità (0,24, più simile alle comete che ai<br />

pianeti) essa varia molto tra il perielio (minima<br />

<strong>di</strong>stanza dal Sole) e l’afelio (massima <strong>di</strong>stanza dal<br />

Sole), passando dai 4,4 ai 7,37 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Km, con<br />

un’inclinazione sul piano dell’eclittica <strong>di</strong> ben 17°.<br />

Durante il periodo <strong>di</strong> minima <strong>di</strong>stanza dal Sole, la sua<br />

orbita attraversa quella <strong>di</strong> Nettuno portandolo per<br />

qualche decina <strong>di</strong> anni più vicino dell’ottavo pianeta;<br />

Capostipite <strong>di</strong> una classe <strong>di</strong> corpi celesti chiamata pianeti nani,<br />

Plutone è un oggetto quasi completamente ghiacciato, con una<br />

temperatura superficiale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 43 K, ovvero circa -230°C!<br />

Nessuna sonda, fino ad ora, lo ha visitato, ma nel 2015 la<br />

New-Horizon, partita nel 2006, farà luce su questo<br />

sconosciuto corpo celeste.<br />

nonostante ciò, non è possibile che i due corpi celesti entrino in collisione perché esiste un rapporto semplice<br />

e costante tra il periodo <strong>di</strong> rivoluzione <strong>di</strong> Nettuno e Plutone e quin<strong>di</strong> i due pianeti non si troveranno mai<br />

troppo vicini. Sebbene non sia stato ancora visitato da alcuna sonda, grazie alle osservazioni condotte con<br />

gran<strong>di</strong> telescopi, possiamo affermare che Plutone è un corpo celeste formato quasi completamente da<br />

ghiaccio, tra cui una quantità apprezzabile <strong>di</strong> acqua. A queste enormi <strong>di</strong>stanze, gran parte dei composti che<br />

sulla Terra sono volatili si presentano in forma solida, come l’anidride carbonica, l’azoto, il metano e<br />

l’acqua, questi ultimi due costituenti principali della superficie del pianeta.<br />

Plutone possiede anche una tenue atmosfera; si pensa che in realtà essa non sia stabile ma si sviluppi quando<br />

il pianeta nano si trova prossimo al passaggio al periastro (punto più vicino al Sole), quando la ra<strong>di</strong>azione<br />

solare riesce a sciogliere gli elementi più volatili, i quali, trasformandosi in gas, vanno a costituire un sottile<br />

involucro gassoso, simile ad una debole chioma cometaria.<br />

Nonostante le sue <strong>di</strong>mensioni, inferiori a quelle della Luna, Plutone possiede ben tre satelliti, <strong>di</strong> cui uno è<br />

particolarmente grande, soprattutto se rapportato alle sue <strong>di</strong>mensioni: si tratta <strong>di</strong> Caronte, scoperto nel 1978,<br />

orbitante ad appena 19500 Km dal centro <strong>di</strong> Plutone, in rotazione sincrona, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 1207 Km e massa<br />

pari ad 1/9 del pianeta nano. In effetti, spesso la coppia Plutone-Caronte è classificata come un pianeta nano<br />

doppio, poiché le masse dei due corpi non sono poi così <strong>di</strong>verse, così come la composizione chimica, che nel<br />

caso <strong>di</strong> Caronte sembra sia leggermente più abbondante <strong>di</strong> ghiaccio. Gli altri due satelliti sono stati scoperti<br />

recentemente e si chiamano Notte e Idra, a <strong>di</strong>stanze rispettivamente <strong>di</strong> 49000 e 65000 Km, si pensa siano dei<br />

piccoli corpi ghiacciati dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> qualche decina <strong>di</strong> Km.<br />

Le Comete<br />

Sono gli oggetti del sistema solare più appariscenti, sorprendenti ed impreve<strong>di</strong>bili, quelli che più<br />

appassionano le persone all’osservazione del cielo.<br />

Fisicamente le comete, citando la definizione del<br />

grande astronomo Fred Whipple, sono delle palle <strong>di</strong><br />

neve sporca; in effetti sono piccoli corpi celesti<br />

composti principalmente da ghiaccio d’acqua,<br />

provenienti dalle regioni più esterne del sistema<br />

solare, spesso da un enorme serbatoio posto ben oltre<br />

l’orbita <strong>di</strong> Plutone, chiamato nube <strong>di</strong> Oort.<br />

Il nucleo <strong>di</strong> una cometa ha <strong>di</strong>mensioni tipiche <strong>di</strong><br />

qualche chilometro ed è invisibile fino a quando,<br />

raggiunta una certa <strong>di</strong>stanza dal Sole (tipicamente<br />

all’altezza dell’orbita <strong>di</strong> Giove) i composti più<br />

volatili cominciano a sublimare, cioè si trasformano<br />

da soli<strong>di</strong> a gas, andando a formare una gigantesca<br />

(ma estremamente rarefatta) atmosfera attorno al nucleo cometario, denominata chioma.<br />

La cometa Q4 Neat, inseguita nel suo veloce spostamento tra<br />

le stelle e resasi visibile ad occhio nudo nel Maggio del 2004.


Sotto l’influenza del campo magnetico solare e della pressione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione, la chioma viene deformata fino<br />

a formare due <strong>di</strong>stinte code, l’una <strong>di</strong> ioni e l’altra <strong>di</strong> polveri.<br />

La coda <strong>di</strong> ioni, come suggerisce il nome, è composta da<br />

particelle cariche (atomi o molecole private almeno <strong>di</strong> un<br />

elettrone). La ra<strong>di</strong>azione ultravioletta proveniente dal Sole<br />

riesce a ionizzare parte del gas neutro presente nella<br />

chioma, frutto della sublimazione a causa della ra<strong>di</strong>azione<br />

solare. Il componente principale è il monossido <strong>di</strong> carbonio<br />

+<br />

−<br />

(CO ) : CO + hυ → CO + e (dove h υ rappresenta un<br />

fotone, espresso attraverso la sua energia, data dal prodotto<br />

−<br />

della frequenza per la costante <strong>di</strong> Planck, ed e rappresenta<br />

un elettrone). Le particelle ionizzate, cioè cariche, sentono<br />

la presenza del campo magnetico solare trasportato dal<br />

vento solare e vengono sottoposte alla forza magnetica<br />

(forza <strong>di</strong> Lorentz) formando una lunga coda in <strong>di</strong>rezione<br />

quasi perfettamente anti-solare.<br />

+<br />

Gli ioni CO <strong>di</strong>ffondono maggiormente la luce blu rispetto<br />

a quella rossa (come succede per ogni tipo <strong>di</strong> gas, ad<br />

esempio l’aria dell’atmosfera terrestre) e la coda <strong>di</strong> ioni<br />

assume la tipica colorazione azzurra.<br />

La coda <strong>di</strong> polveri è invece composta da particelle solide, generalmente silicati, sui quali agisce la pressione<br />

della ra<strong>di</strong>azione e la forza <strong>di</strong> gravità solare.<br />

Qualsiasi tipo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione produce, sul corpo colpito, una forza netta nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione.<br />

Sebbene l’intensità della forza sia piuttosto modesta, quando esercitata su particelle piccole e in assenza <strong>di</strong><br />

altre forze <strong>di</strong> intensità maggiore, può provocare degli effetti ben visibili, come formazione della coda <strong>di</strong><br />

polveri delle comete.<br />

Le particelle inoltre sentono l’attrazione gravitazionale del Sole e della cometa e vengono deviate su orbite<br />

solari. E’ per questo motivo che la coda <strong>di</strong> polveri appare spesso incurvata. La colorazione è generalmente<br />

bianca e l’aspetto piuttosto <strong>di</strong>ffuso, poiché le <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni delle particelle (e il <strong>di</strong>verso albedo, cioè<br />

riflettività) subiscono in modo <strong>di</strong>verso la pressione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione.<br />

L’analisi delle immagini eseguite con filtri colorati permette <strong>di</strong> determinare con precisione le proporzioni tra<br />

la coda <strong>di</strong> ioni e quella <strong>di</strong> polveri e <strong>di</strong> capire la<br />

composizione chimica ed il comportamento della<br />

cometa. C’è anche una terza componente della coda,<br />

invisibile da Terra perché emette ra<strong>di</strong>azione<br />

ultravioletta alla quale la nostra atmosfera è<br />

completamente opaca*, il cosiddetto inviluppo <strong>di</strong><br />

idrogeno.<br />

L’idrogeno si forma a causa della foto-<strong>di</strong>ssociazione<br />

del vapore acqueo da parte dei raggi ultravioletti<br />

solari: 2H 2O<br />

+ hυ → 2H<br />

2<br />

+ O2<br />

.<br />

Il gas liberato forma un immenso alone che si allunga<br />

a causa della pressione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione e<br />

dell’interazione con le particelle del vento solare.<br />

Le code cometarie possono raggiungere centinaia <strong>di</strong><br />

milioni <strong>di</strong> Km <strong>di</strong> lunghezza.<br />

Quando osserviamo una cometa non siamo mai in<br />

grado <strong>di</strong> osservare e risolvere il nucleo, piccolo e<br />

nascosto dalla chioma.<br />

Mano a mano che essa si avvicina al Sole aumenta il<br />

tasso <strong>di</strong> evaporazione dei gas e aumenta quin<strong>di</strong> la<br />

luminosità e l’estensione della coda e della chioma.<br />

La cometa Hale Bopp nel 1997 è stata una delle più<br />

spettacolari. Sono ben visibili la coda <strong>di</strong> ioni (azzurra)<br />

e quella <strong>di</strong> polveri. Ripresa <strong>di</strong> Danilo Pivato su<br />

pellicola e astrografo da 190 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro.<br />

L’inviluppo <strong>di</strong> idrogeno della comata Hale Bopp, ripreso in<br />

ultravioletto dalla sonda Soho. Confrontate le sue <strong>di</strong>mensioni<br />

con quelle delle due code cometarie e, in basso a destra, con il<br />

Sole!<br />

* La ra<strong>di</strong>azione ultravioletta si estende da 10 nm a 380 nm. La nostra atmosfera è (parzialmente) trasparente solamente dai 300 nm in<br />

poi. Se si vuole operare al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> questa lunghezza d’onda occorre trasferirsi nello spazio.


Asteroi<strong>di</strong>, KBO ed oggetti della nube <strong>di</strong> Oort<br />

Corpi celesti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni variabili tra qualche centinaio <strong>di</strong> Km e pochi metri o centimetri, denominati<br />

anche relitti fossili poiché si tratta quasi sempre <strong>di</strong> detriti formatisi al tempo della nascita del sistema solare e<br />

rimasti immutati per miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni. Sparsi per il sistema solare esistono milioni <strong>di</strong> corpi, concentrati<br />

perlopiù in una zona compresa tra l’orbita <strong>di</strong> Marte e quella <strong>di</strong> Giove, chiamata fascia principale degli<br />

asteroi<strong>di</strong>. In questo spazio vi si trova gran parte <strong>di</strong> questi piccoli oggetti rocciosi e irregolari, nel posto in cui,<br />

a causa dell’intensa forza gravitazionale <strong>di</strong> Giove, non si è potuto formare un pianeta. I detriti sono quin<strong>di</strong><br />

rimasti immutati per 4,5 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni (l’età del Sistema Solare).<br />

Esistono altri gruppi <strong>di</strong> asteroi<strong>di</strong>, ad esempio quello dei Troiani, posti sulla stessa orbita <strong>di</strong> Giove in due<br />

punti lagrangiani (<strong>di</strong> equilibrio), oppure i Centauri, oltre l’orbita del gigante. Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> Nettuno, l’ultimo<br />

pianeta, troviamo la fascia <strong>di</strong> Edgeworth-Kuiper (i KBO) <strong>di</strong> cui fa parte lo stesso Plutone, classificato però, a<br />

causa delle sue <strong>di</strong>mensioni e forma, come pianeta nano. Spingendoci oltre troviamo il <strong>di</strong>sco <strong>di</strong>ffuso e la nube<br />

<strong>di</strong> Oort; quest’ultima si pensa possa essere un gigantesco serbatoio <strong>di</strong> piccoli corpi ghiacciati che circonda<br />

tutto il sistema solare e si estende fino a 150000 unità astronomiche, cioè fino a 2 anni luce, circa metà strada<br />

che separa il Sole dalla stella più vicina, Proxima Centauri (4,23 anni luce).<br />

La <strong>di</strong>fferenza maggiore tra gli oggetti appartenenti alla fascia principale e quelli esterni è sostanzialmente la<br />

composizione chimica. Tutti i corpi esterni hanno componenti importanti <strong>di</strong> ghiaccio, sia <strong>di</strong> acqua che <strong>di</strong> altri<br />

materiali più volatili (anidride carbonica, azoto, ammoniaca, metano), sono cioè potenzialmente tutti delle<br />

comete, compreso lo stesso Plutone, poiché se si dovessero avvicinare al Sole gran parte della loro superficie<br />

comincerebbe ad evaporare generando una chioma e una coda. In effetti questo comportamento è stato<br />

osservato per almeno due corpi celesti: Plutone, che quando è in prossimità del perielio (punto più vicino al<br />

Sole) sviluppa una tenue atmosfera che ricorda una chioma cometaria, e Chirone, componente principale dei<br />

Centauri, il quale durante i suoi passaggi nelle zone più interne del sistema solare sviluppa anche una coda,<br />

alla stregua <strong>di</strong> una gigantesca cometa. In effetti la <strong>di</strong>fferenza tra le comete e questi corpi remoti è solamente<br />

<strong>di</strong> natura osservativa e in parte <strong>di</strong>namica: sono comete tutti quei corpi celesti composti da percentuali non<br />

trascurabili <strong>di</strong> elementi ghiacciati che, se si ritrovano a passare a <strong>di</strong>stanze relativamente vicine al Sole<br />

(generalmente almeno alla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> Giove) sviluppano una chioma e una coda. Morfologicamente e<br />

fisicamente tutte le comete appartengono alle <strong>di</strong>verse famiglie <strong>di</strong> asteroi<strong>di</strong> posti oltre l’orbita <strong>di</strong> Giove;<br />

alcune, quelle non perio<strong>di</strong>che, si pensa siano corpi celesti provenienti dalla nube <strong>di</strong> Oort, proiettati nelle zone<br />

interne a causa dell’interazione gravitazionale con altri corpi in quelle remote regioni del sistema solare (o<br />

anche il passaggio <strong>di</strong> una stella). D’altra parte tutte le comete perio<strong>di</strong>che appartengono alle famiglie <strong>di</strong> corpi<br />

posti nelle vicinanze <strong>di</strong> Giove, <strong>di</strong>sturbati dalla sua intensa forza gravitazionale.<br />

Estensione del sistema solare e della nube <strong>di</strong> Oort, un immenso serbatoio <strong>di</strong> piccoli corpi celesti che si estende fino a circa 100000<br />

UA, cioè metà della <strong>di</strong>stanza tra il Sole e la stella Alpha Centauri. La scala delle <strong>di</strong>stanze è logaritmica e non lineare.


Cenni sulla formazione del sistema solare<br />

Fino a questo punto abbiamo osservato i pianeti ed i corpi contenuti nel sistema solare come ci appaiono<br />

oggi. Una domanda legittima allora potrebbe essere: il sistema solare è sempre stato così? Può aver avuto<br />

un’origine ed una successiva evoluzione? Se si, quale? Rispondere in modo esauriente a questa domanda non<br />

è affatto facile perché non possiamo invertire il tempo ed osservare i pianeti come erano miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa.<br />

Fortunatamente l’Universo è ricchissimo <strong>di</strong> situazioni che possono esserci davvero utili nel cercare <strong>di</strong><br />

comprendere la nascita e del nostro vicinato cosmico. Prima <strong>di</strong> tutto, è bene sottolineare in modo ancora più<br />

esplicito che tutto nell’Universo è in perenne evoluzione: sebbene i nostri tempi non coincidano con i tempi<br />

delle stelle o delle galassie, nulla è immobile ed eterno, quin<strong>di</strong> è presumibile ipotizzare che anche il nostro<br />

sistema solare abbia avuto un’origine, si sia evoluto e continuerà a farlo fino al termine della sua esistenza.<br />

Il gran<strong>di</strong>ssimo numero <strong>di</strong> oggetti e la varietà delle situazioni dell’Universo, ci forniscono i dati <strong>di</strong> cui<br />

abbiamo bisogno. L’osservazione <strong>di</strong> numerose stelle e nebulose <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse età, quin<strong>di</strong> a <strong>di</strong>versi sta<strong>di</strong><br />

evolutivi, ci fornisce un’istantanea abbastanza precisa delle tappe che presumibilmente ha percorso il sistema<br />

solare nel momento della sua formazione.<br />

Secondo le numerose osservazioni e conseguenti simulazioni, la teoria più accre<strong>di</strong>tata è quella della<br />

“nebulosa primor<strong>di</strong>ale", cioè <strong>di</strong> un'immensa nube <strong>di</strong> gas e polvere in rotazione dalla quale si sarebbero<br />

formati il sole e i pianeti, mantenendo lo stesso moto <strong>di</strong> rotazione della nube. E’ curioso come questa teoria<br />

sia stata ipotizzata ben prima delle evidenze scientifiche da alcuni illustri filosofi del passato, tra i quali Kant.<br />

Le conseguenti osservazioni hanno effettivamente dato atten<strong>di</strong>bilità a questa che fino a cento anni fa era una<br />

mera speculazione filosofica.<br />

Lo scenario della formazione del Sistema Solare, come pure <strong>di</strong> eventuali altri sistemi planetari, può essere<br />

quin<strong>di</strong> il seguente: una nube fredda molto estesa <strong>di</strong> gas interstellare, composta <strong>di</strong> idrogeno, elio, e una<br />

piccola parte <strong>di</strong> elementi pesanti aggregati in forma <strong>di</strong> polveri, si contrae per effetto della propria forza<br />

gravitazionale.<br />

Il meccanismo <strong>di</strong> contrazione può essere spontaneo, oppure stimolato dal passaggio <strong>di</strong> un'onda d'urto (per<br />

esempio dovuta all'esplosione <strong>di</strong> una supernova) attraverso la nube.<br />

Durante questa contrazione, che dura <strong>di</strong>versi milioni <strong>di</strong> anni, la nube comincia a ruotare sempre più<br />

velocemente e assume, a causa della forza centrifuga, la forma appiattita <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sco, con un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong><br />

circa 10 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> chilometri ed uno spessore <strong>di</strong> circa 100 milioni <strong>di</strong> chilometri.<br />

Nel centro della nube si accumula una grande quantità <strong>di</strong> gas e la contrazione gravitazionale lo riscalda da<br />

una temperatura <strong>di</strong> circa -270°C fino a circa 2000°C: si e' formata una protostella.<br />

Il gas che ruota attorno alla protostella forma un <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> accrescimento e vi cade sopra lentamente, fino a<br />

quando, dopo poche migliaia <strong>di</strong> anni, si innesca il vento stellare, cioè un flusso <strong>di</strong> gas dalla protostella verso<br />

l'esterno, che trasferisce parte del momento angolare (rotazione) <strong>di</strong> quest'ultima al gas del <strong>di</strong>sco.<br />

Nel frattempo, il calore e la ra<strong>di</strong>azione sprigionati dalla protostella e il flusso <strong>di</strong> gas che essa emette<br />

vaporizzano i grani <strong>di</strong> polvere nella nube. La protostella, accrescendo gas, comincia la sua evoluzione in<br />

stella. Il <strong>di</strong>sco comincia a raffreddarsi irraggiando energia. A seconda della quantità e della <strong>di</strong>stribuzione del<br />

gas, esso può essere gravitazionalmente stabile, oppure essere instabile e formare un'altra protostella o più. In<br />

questo modo si crea un sistema <strong>di</strong> stelle doppio o multiplo.<br />

Abbastanza lontano dalla stella, il gas si e' raffreddato a sufficienza affinché una parte si ricondensi in<br />

polvere e ghiaccio; le particelle <strong>di</strong> polvere si aggregano per collisione fino a formare piccoli pezzi <strong>di</strong> roccia<br />

detti planetesimi.<br />

Dall'unione dei planetesimi si originano i protopianeti; la massima <strong>di</strong>mensione che essi possono raggiungere<br />

<strong>di</strong>pende dalla loro <strong>di</strong>stanza dalla stella e dalla composizione e densità della nube primor<strong>di</strong>ale: nelle regioni<br />

più interne essa sarà molto minore che in quelle esterne, perché la protostella tende a <strong>di</strong>sgregare e<br />

vaporizzare le polveri.<br />

La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni tra i pianeti rocciosi e quelli giganti testimonia la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> questo scenario. La<br />

formazione dei protopianeti può richiedere da circa centomila anni ad una ventina <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni.<br />

A questo punto, la stella comincia ad emettere un forte vento che spazza via il gas residuo del <strong>di</strong>sco. Se un<br />

protopianeta è abbastanza massiccio da trattenerne una parte con la propria gravità, si formerà un pianeta<br />

gassoso, altrimenti verrà spogliato del gas e darà origine ad un pianeta roccioso; e' logico che i pianeti più<br />

vicini alla stella, essendo anche i più piccoli, appartengano a questa seconda categoria.<br />

L'evoluzione successiva del sistema planetario è regolata dagli impatti tra i corpi che lo compongono. Gli<br />

impatti <strong>di</strong> meteoriti e planetesimi sui protopianeti e sui satelliti che vi ruotano attorno producono crateri sulla<br />

loro superficie, <strong>di</strong> molti dei quali ancora rimangono le tracce. Quando sono particolarmente violenti, gli


impatti possono ad<strong>di</strong>rittura deviare i corpi dalla loro orbita originaria. Questa fase è stata attraversata dal<br />

nostro Sistema Solare da 4 a 4.5 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa.<br />

Dopo qualche decina <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni, gli ultimi planetesimi ancora presenti si saranno <strong>di</strong>sgregati per<br />

collisione e il sistema <strong>di</strong> stella e pianeti potrà essere <strong>di</strong>ventato <strong>di</strong>namicamente stabile, formando un sistema<br />

planetario.<br />

Dalla contrazione iniziale della protonube a questo momento sono trascorsi all'incirca 100 milioni <strong>di</strong> anni.<br />

Per quanto riguarda il nostro Sistema Solare, varie evidenze <strong>di</strong> tipo chimico e geologico fanno risalire la sua<br />

formazione a circa 4.6 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa.<br />

Schematizzazione della formazione del sistema<br />

solare. A partire da una nube <strong>di</strong> gas in lenta<br />

contrazione gravitazionale si forma una<br />

condensazione centrale, detta protostella. Attorno<br />

alla protostella si forma un <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> gas e polveri in<br />

lenta rotazione. Quando la massa della protostella è<br />

sufficiente, essa si accende <strong>di</strong>ventando una stella e<br />

scagliando nello spazio un forte vento stellare che<br />

tende a ripulire le regioni più interne e allo stesso<br />

tempo a trasferire una parte della rotazione al <strong>di</strong>sco<br />

<strong>di</strong> accrescimento. Lontano dalla stella cominciano<br />

ad aggregarsi i planetesimi e a seconda delle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> densità e temperatura delle regioni<br />

nelle quali si trovano, daranno origine a pianeti<br />

rocciosi o gassosi.

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