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Non so cosa fare. Immagino – in verità, ne sono certa – che tutte le persone sposate provino una<br />
segreta attrazione per qualcun altro. È qualcosa di proibito – ma l’illecito costituisce l’aspetto più<br />
stimolante della vita. Sono pochi quelli che trasformano le fantasie in realtà: uno su sette, secondo<br />
le statistiche ufficiali. Però credo che soltanto uno su cento arrivi al punto di lasciarsi trasportare<br />
dall’immaginazione, com’è accaduto a me. Per la maggior parte delle persone, si tratta solo di una<br />
passione passeggera – fin dall’inizio, si sa che non durerà molto. Brevi momenti carichi d’emozione<br />
per rendere il sesso più erotico, accompagnati da esclamazioni<br />
come “Ti amo” nel momento dell’orgasmo. Non più di questo.<br />
Ma se mio marito avesse un’amante, come reagirei? Sarei dura e risoluta. Direi che la vita è<br />
ingiusta, che non valgo niente, che sto invecchiando; poi gli farei una scenata, piangerei a dirotto<br />
per la gelosia – in realtà, sarebbero lacrime d’invidia: ‘Perché lui ci riesce, e io no?’ Me ne andrei<br />
sbattendo la porta, mi trasferirei a casa dei miei genitori con i bambini. Due o tre mesi più tardi, mi<br />
pentirei del mio gesto e cercherei una scusa per tornare, immaginando che sarebbe qualcosa che<br />
vuole anche lui. Dopo quattro mesi, sarei terrorizzata al pensiero di dover ricominciare tutto<br />
daccapo con un’altra persona. Al quinto mese, mi inventerei un modo per ritornare sui miei passi,<br />
“per il bene dei bambini”, ma sarebbe troppo tardi: lui vivrebbe già con l’amante, una tipa molto<br />
affascinante, più giovane e piena di energia, con la quale avrebbe ritrovato il gusto di vivere.<br />
Squilla il cellulare. Il direttore mi chiede come sta mio figlio. Gli dico che sono alla fermata di un<br />
autobus e sento malissimo: comunque, è tutto a posto, tra poco sarò al giornale.<br />
Se un individuo vive nel terrore, non riesce a vedere la realtà. Preferisce rifugiarsi nelle proprie<br />
fantasie. Io non posso continuare a trascinarmi in questo stato: devo assolutamente riprendermi.<br />
Forse il lavoro potrebbe aiutarmi.<br />
Mi alzo dalla panchina alla fermata dell’autobus e mi avvio verso la macchina. Guardo le foglie<br />
morte sul selciato. Mi dico che, a Parigi, le avrebbero già raccolte. Ginevra è una città molto più<br />
ricca, eppure quel fogliame disseccato è ancora lì.<br />
Un giorno, quelle foglie appartenevano a un albero, a un essere vivente che ora si appresta a<br />
scivolare nella quiescenza. Quella pianta si è mai preoccupata delle fronde che la coprivano, la<br />
alimentavano e le consentivano di respirare? No. Ha mai pensato agli insetti che stavano lassù, che<br />
impollinavano i fiori, mantenendo viva la natura? No. L’albero pensa solo a se stesso: le foglie e gli<br />
insetti vengono abbandonati al proprio destino quando non sono più necessari.<br />
Ecco, io sono come una di quelle foglie cadute sul selciato, che ha vissuto credendo di essere<br />
eterna ed è morta senza conoscerne il motivo, che ha amato il sole e la luna, che ha assistito<br />
silenziosa al passaggio degli autobus e dei tram sferraglianti – nessuno l’ha mai avvertita della<br />
presenza dell’inverno. Le foglie hanno vissuto un’esistenza magnifica sino al giorno in cui sono<br />
ingiallite e l’albero gli ha detto addio.<br />
Non “Arrivederci”, ma “Addio”, poiché sapeva che non sarebbero tornate mai più. Per staccarle<br />
dai rami e allontanarle da sé, ha chiesto aiuto al vento. L’albero sa che potrà crescere soltanto se<br />
riuscirà a riposare. E se crescerà, sarà rispettato. E potrà generare dei fiori ancora più belli.<br />
* * *<br />
Basta! Per me, ora, la terapia migliore è il lavoro, perché ho già pianto ogni mia lacrima e<br />
rimuginato su tutto. Senza riuscire a liberarmi di niente.<br />
Come un automa, arrivo nella strada dove ho parcheggiato e vedo un ausiliare del traffico che<br />
scansiona la targa della mia auto con un aggeggio elettronico.<br />
“È sua quest’auto?”<br />
“Sì.”<br />
Senza parlare, il sorvegliante continua il suo lavoro. Anch’io resto in silenzio. A questo punto, i dati<br />
della targa saranno già stati acquisiti dal sistema informatico cittadino e, dopo un’elaborazione<br />
quasi istantanea, avranno generato un accertamento di infrazione che mi sarà recapitato in una