18.02.2015 Views

adulterio - paulo coelho

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Non so cosa fare. Immagino – in verità, ne sono certa – che tutte le persone sposate provino una<br />

segreta attrazione per qualcun altro. È qualcosa di proibito – ma l’illecito costituisce l’aspetto più<br />

stimolante della vita. Sono pochi quelli che trasformano le fantasie in realtà: uno su sette, secondo<br />

le statistiche ufficiali. Però credo che soltanto uno su cento arrivi al punto di lasciarsi trasportare<br />

dall’immaginazione, com’è accaduto a me. Per la maggior parte delle persone, si tratta solo di una<br />

passione passeggera – fin dall’inizio, si sa che non durerà molto. Brevi momenti carichi d’emozione<br />

per rendere il sesso più erotico, accompagnati da esclamazioni<br />

come “Ti amo” nel momento dell’orgasmo. Non più di questo.<br />

Ma se mio marito avesse un’amante, come reagirei? Sarei dura e risoluta. Direi che la vita è<br />

ingiusta, che non valgo niente, che sto invecchiando; poi gli farei una scenata, piangerei a dirotto<br />

per la gelosia – in realtà, sarebbero lacrime d’invidia: ‘Perché lui ci riesce, e io no?’ Me ne andrei<br />

sbattendo la porta, mi trasferirei a casa dei miei genitori con i bambini. Due o tre mesi più tardi, mi<br />

pentirei del mio gesto e cercherei una scusa per tornare, immaginando che sarebbe qualcosa che<br />

vuole anche lui. Dopo quattro mesi, sarei terrorizzata al pensiero di dover ricominciare tutto<br />

daccapo con un’altra persona. Al quinto mese, mi inventerei un modo per ritornare sui miei passi,<br />

“per il bene dei bambini”, ma sarebbe troppo tardi: lui vivrebbe già con l’amante, una tipa molto<br />

affascinante, più giovane e piena di energia, con la quale avrebbe ritrovato il gusto di vivere.<br />

Squilla il cellulare. Il direttore mi chiede come sta mio figlio. Gli dico che sono alla fermata di un<br />

autobus e sento malissimo: comunque, è tutto a posto, tra poco sarò al giornale.<br />

Se un individuo vive nel terrore, non riesce a vedere la realtà. Preferisce rifugiarsi nelle proprie<br />

fantasie. Io non posso continuare a trascinarmi in questo stato: devo assolutamente riprendermi.<br />

Forse il lavoro potrebbe aiutarmi.<br />

Mi alzo dalla panchina alla fermata dell’autobus e mi avvio verso la macchina. Guardo le foglie<br />

morte sul selciato. Mi dico che, a Parigi, le avrebbero già raccolte. Ginevra è una città molto più<br />

ricca, eppure quel fogliame disseccato è ancora lì.<br />

Un giorno, quelle foglie appartenevano a un albero, a un essere vivente che ora si appresta a<br />

scivolare nella quiescenza. Quella pianta si è mai preoccupata delle fronde che la coprivano, la<br />

alimentavano e le consentivano di respirare? No. Ha mai pensato agli insetti che stavano lassù, che<br />

impollinavano i fiori, mantenendo viva la natura? No. L’albero pensa solo a se stesso: le foglie e gli<br />

insetti vengono abbandonati al proprio destino quando non sono più necessari.<br />

Ecco, io sono come una di quelle foglie cadute sul selciato, che ha vissuto credendo di essere<br />

eterna ed è morta senza conoscerne il motivo, che ha amato il sole e la luna, che ha assistito<br />

silenziosa al passaggio degli autobus e dei tram sferraglianti – nessuno l’ha mai avvertita della<br />

presenza dell’inverno. Le foglie hanno vissuto un’esistenza magnifica sino al giorno in cui sono<br />

ingiallite e l’albero gli ha detto addio.<br />

Non “Arrivederci”, ma “Addio”, poiché sapeva che non sarebbero tornate mai più. Per staccarle<br />

dai rami e allontanarle da sé, ha chiesto aiuto al vento. L’albero sa che potrà crescere soltanto se<br />

riuscirà a riposare. E se crescerà, sarà rispettato. E potrà generare dei fiori ancora più belli.<br />

* * *<br />

Basta! Per me, ora, la terapia migliore è il lavoro, perché ho già pianto ogni mia lacrima e<br />

rimuginato su tutto. Senza riuscire a liberarmi di niente.<br />

Come un automa, arrivo nella strada dove ho parcheggiato e vedo un ausiliare del traffico che<br />

scansiona la targa della mia auto con un aggeggio elettronico.<br />

“È sua quest’auto?”<br />

“Sì.”<br />

Senza parlare, il sorvegliante continua il suo lavoro. Anch’io resto in silenzio. A questo punto, i dati<br />

della targa saranno già stati acquisiti dal sistema informatico cittadino e, dopo un’elaborazione<br />

quasi istantanea, avranno generato un accertamento di infrazione che mi sarà recapitato in una

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!