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adulterio - paulo coelho

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Non l’ho detto a nessuno – né a mio marito né al mio direttore. Il primo specialista – un uomo<br />

abbastanza strano, con un accento britannico – si è premurato di avvisarmi che non lavorava in<br />

convenzione con gli enti previdenziali. Ho avuto il sospetto che esercitasse in Svizzera illegalmente.<br />

Con molta calma, gli ho spiegato che cosa mi stava succedendo. Ho usato gli esempi di<br />

Frankenstein e della sua creatura mostruosa, e del Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Gli ho chiesto di aiutarmi<br />

a gestire il mostro che viveva in me e che minacciava di sfuggire al mio controllo. Mi ha<br />

domandato che cosa realmente rappresentavano quei riferimenti. Di certo, non gli avrei mai<br />

rivelato i dettagli della mia situazione, poiché avrebbero potuto compromettermi – specialmente il<br />

piano elaborato per far incriminare Marianne König con l’accusa di traffico di stupefacenti.<br />

Ho deciso di raccontargli una bugia: gli ho spiegato che ero tormentata da pulsioni omicide, e<br />

pensavo di uccidere mio marito nel sonno. Quando mi ha chiesto<br />

se io o lui avessimo un amante, gli ho detto di no. Capiva perfettamente: comunque era una<br />

situazione ancora nella norma. Un anno di terapia, con tre sedute alla settimana, avrebbe ridotto<br />

del 50% il mio istinto assassino. Sono rimasta scioccata dalla sua affermazione. E se, nel frattempo,<br />

avessi ucciso mio marito? Mi ha risposto che stavo vivendo soltanto un “transfert”, una “fantasia”,<br />

giacché i veri potenziali omicidi non cercano mai aiuto.<br />

Prima che uscissi, mi ha comunicato che il suo onorario ammontava a 250 franchi; poi ha detto alla<br />

segretaria di fissare degli appuntamenti regolari a partire dalla settimana successiva. L’ho<br />

ringraziato, dicendo che avrei dovuto consultare la mia agenda, prima di poter confermare gli<br />

impegni. Quando ho chiuso la porta, sapevo già che non sarei tornata.<br />

Il secondo psichiatra era una donna. Non aveva alcuna preclusione sulle convenzioni con gli enti<br />

previdenziali, e mi sembrava più disposta ad ascoltarmi. Ho ripetuto la storia che talvolta avvertivo<br />

il desiderio di uccidere mio marito.<br />

“Be’, è qualcosa che capita anche a me,” ha replicato, con un sorriso sulle labbra. “Comunque<br />

entrambe sappiamo che, se le donne realizzassero i loro desideri segreti, moltissimi bimbi<br />

sarebbero orfani di padre. Si tratta di un impulso ‘normale’.”<br />

Normale?<br />

Dopo una conversazione durante la quale mi ha spiegato che ero “intimidita dal matrimonio”, che<br />

“non avevo spazio per crescere” e che la mia sessualità “mi procurava una serie di scompensi<br />

ormonali ampiamente citati nella letteratura medica”, ha preso un ricettario<br />

e ha scritto il nome di un noto antidepressivo. Ha aggiunto che gli effetti del farmaco si sarebbero<br />

consolidati nel giro di un mese e che, fino ad allora, avrei dovuto convivere con i miei disagi: poi,<br />

tutto sarebbe stato soltanto uno spiacevole ricordo.<br />

Purché continuassi a prendere le compresse, ovviamente. Per quanto tempo?<br />

“La durata della cura è assai variabile. Ma credo che, nel giro di tre anni, potrà ridurre la dose<br />

giornaliera.”<br />

Un problema derivante dall’utilizzo delle casse previdenziali consiste nel fatto che la parcella dello<br />

specialista viene inviata a casa del paziente. Ecco il motivo per cui ho pagato in contanti, prima di<br />

chiudermi la porta dello studio alle spalle e giurare – ancora una volta – di non tornare più in quel<br />

posto.<br />

A quel punto, mi sono recata al terzo consulto. Di nuovo, un uomo in uno studio il cui<br />

arredamento, con ogni probabilità, era costato una fortuna. Al contrario dei due colleghi, ha preso<br />

sul serio la mia immaginaria pulsione omicida, dopo avermi ascoltato con attenzione. Correvo<br />

davvero il rischio di uccidere mio marito. Ero una potenziale assassina. Stavo perdendo il controllo<br />

di me stessa: se il mostro che viveva nel mio intimo fosse riuscito a liberarsi, non sarei più stata in<br />

grado di fermarlo.<br />

Alla fine, con grande prudenza, mi ha domandato se facessi uso di stupefacenti.<br />

“Mi è accaduto solo una volta,” ho risposto.

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