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adulterio - paulo coelho

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È ora di pranzo – per me, l’unico momento di pausa della giornata. Nella mia vita, gli eventi più<br />

interessanti sono accaduti all’ora di pranzo – incontri con amiche, politici, fonti e spacciatori.<br />

Le aule saranno vuote. Non posso dirigermi alla mensa universitaria dove, con nonchalance,<br />

Marianne – cioè Madame König – si starà scostando una ciocca di capelli biondi dal viso, mentre gli<br />

studenti più grandi saranno immersi in mille fantasticherie per escogitare la maniera di sedurre<br />

quella donna così affascinante, e le ragazze staranno ammirando e invidiando quel modello di<br />

eleganza, classe e intelligenza.<br />

Vado alla reception e domando dove si trova lo studio di Madame König. Vengo informata che<br />

adesso non può ricevermi perché è l’orario del pranzo. Replico dicendo che non ho alcuna<br />

intenzione di interrompere la sua ora di pausa e che l’aspetterò davanti alla porta della stanza.<br />

Sono vestita in modo quasi anonimo: sono una di quelle persone cui si rivolge uno sguardo<br />

appena, dimenticandosi subito di averle incontrate. C’è un unico elemento che può destare<br />

qualche sospetto: gli occhiali scuri indossati in un giorno nuvoloso. Faccio in modo che la<br />

receptionist noti i piccoli cerotti al di sotto delle lenti: di sicuro, penserà che sono reduce da un<br />

intervento di chirurgia plastica.<br />

Sorpresa del mio autocontrollo, mi incammino verso l’aula dove Marianne fa lezione. Immaginavo<br />

che avrei avuto paura e che avrei rinunciato a metà strada – e invece no. Sono nella tana del<br />

nemico, e mi sento completamente<br />

a mio agio. Se un giorno dovessi decidere di scrivere qualcosa su me stessa, mi ispirerei a Mary<br />

Shelley e al suo Victor Frankenstein: anch’io sarei animata dal desiderio di spezzare la routine e<br />

cercare una ragione appagante per la mia vita priva di interesse e di sfide. Chissà se riuscirei a<br />

creare un mostro capace di far condannare gli innocenti e salvare i colpevoli.<br />

In ognuno di noi esiste un lato oscuro. In fondo, tutti bramano di sperimentare il potere assoluto.<br />

Allorché mi è capitato di leggere storie di tortura e di guerra, ho notato che, nel momento in cui<br />

esercitano il potere, i carnefici sembrano dominati da un’entità perversa e sconosciuta ma,<br />

quando fanno ritorno a casa, si trasformano in docili padri di famiglia e in mariti eccellenti.<br />

Mi ricordo di un giorno, quando ero ancora giovane, nel quale il mio fidanzato di allora mi chiese<br />

di occuparmi del suo barboncino – un cane che detestavo. Dovevo dividere con quell’essere<br />

peloso le attenzioni del ragazzo che amavo. E invece io volevo tutto il suo amore.<br />

In quell’occasione, decisi di vendicarmi di quell’animale irrazionale, che non dava alcun contributo<br />

alla crescita del genere umano, e la cui passività scatenava amore e affetto. Cominciai a<br />

tormentarlo fisicamente, premurandomi di non lasciare segni: lo punzecchiavo con uno spillo<br />

infilzato sulla punta di una scopa. Il cane gemeva e abbaiava, ma io continuai finché non ebbi<br />

saziato il mio insano desiderio di rivalsa.<br />

Quando il mio ragazzo tornò, mi abbracciò e mi baciò, ringraziandomi per essermi occupata del<br />

suo barboncino. Facemmo l’amore, e la nostra vita proseguì. I cani non parlano.<br />

Ripenso a quella storia, mentre mi dirigo verso lo studio di Marianne. Come ho potuto essere così<br />

cattiva? Probabilmente perché la cattiveria alligna in ogni essere umano. Ho visto uomini<br />

perdutamente innamorati delle mogli perdere la testa e picchiarle e, un attimo dopo, chiedere<br />

scusa in lacrime.

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