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adulterio - paulo coelho

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Scorro la lista delle incombenze che dovrò obbligatoriamente portare a termine. Quanto più lungo<br />

è l’elenco, tanto più produttiva sarà la mia giornata. Molte annotazioni dell’organizer riguardano<br />

cose che mi ero ripromessa di fare il giorno prima, o nel corso della settimana, e che finora non<br />

sono riuscita a evadere. Ecco perché la lista continua ad allungarsi: di tanto in tanto, però, vengo<br />

assalita da una sorta di furore e cancello tutto, per ricominciare daccapo. È in quel momento che<br />

mi rendo conto che niente era davvero importante.<br />

Nelle annotazioni non figurano un paio di attività delle quali, di sicuro, non mi dimenticherò:<br />

scoprire dove abita Jacob König e trovare un momento per passare in macchina davanti a casa sua.<br />

Quando scendo, la tavola è apparecchiata alla perfezione – una grossa ciotola con la macedonia di<br />

frutta, un’ampolla con l’olio d’oliva, un tagliere di formaggi, pane integrale, yogurt, susine. C’è<br />

anche una copia del mio giornale, posato a sinistra della tazza per il caffè – un gesto davvero<br />

gentile. Da tempo, mio marito ha abbandonato la carta stampata e legge le riviste e i quotidiani<br />

sull’iPad. Il nostro figlio maggiore chiede che cosa significa “ricatto”. Non mi spiego la sua<br />

domanda, fino al momento in cui il mio sguardo scivola sull’articolo in prima pagina, dove<br />

campeggia una grande foto di Jacob – una delle molte inviate alla stampa. Ha un’aria pensierosa,<br />

riflessiva. Accanto all’immagine, il titolo: “Deputato denuncia un tentativo di ricatto”.<br />

Non sono io l’autrice del pezzo. Mentre ero ancora per strada, il direttore mi aveva telefonato per<br />

dirmi che potevo annullare l’appuntamento con König: avevano appena ricevuto un comunicato<br />

dal dipartimento federale delle Finanze e stavano lavorando al caso. Gli avevo spiegato che<br />

l’incontro era già avvenuto, che si era svolto in maniera più rapida di quanto avessi immaginato e<br />

che non era stato necessario usare la “procedura di routine”. A quel punto, il caposervizio della<br />

cronaca mi aveva spedito in un sobborgo (che si considera città, e ha persino un consiglio<br />

comunale) per “coprire” la protesta contro un negozio di alimentari accusato di vendere cibi<br />

scaduti. Avevo ascoltato il proprietario dell’esercizio, i vicini di casa e i loro amici, ed ero sicura<br />

che, per il pubblico, questo argomento fosse ben più interessante del fatto che un politico avesse<br />

denunciato un tentativo di estorsione.<br />

Tra parentesi, stamane l’articolo era in prima pagina, ma senza alcun rilievo: “Cibi scaduti: negozio<br />

di alimentari multato. Finora nessun intossicato in ospedale”.<br />

La foto di Jacob sul tavolo della colazione mi disturba profondamente.<br />

Dico a mio marito che stasera vorrei parlargli.<br />

“Lasceremo i bambini da mia madre e andremo a cena fuori,” replica lui. “Anch’io ho voglia di<br />

passare un po’ di tempo con te. Noi due soli. E senza il rumore di quell’orribile musica da<br />

discoteca: non riesco proprio a capire come possa aver successo.”<br />

* * *<br />

Era una mattina di primavera.<br />

Io mi trovavo in un angolo del piccolo parco, in una zona di solito deserta. Contemplavo le<br />

mattonelle del muro della scuola. Sapevo che c’era in me qualcosa che non andava.<br />

Gli altri bambini dicevano che mi davo arie di superiorità, e io non facevo alcunché per smentirli. Al<br />

contrario! Volevo che mia madre continuasse a comprarmi abiti griffati e mi accompagnasse a<br />

scuola con l’automobile di lusso.<br />

Poi, quel giorno nel parco, mi resi conto di essere davvero sola. E che forse sarei rimasta tale per il<br />

resto dei miei giorni. Sebbene avessi soltanto otto anni, mi sembrava già troppo tardi per<br />

cambiare, per dire agli altri che, in realtà, ero come loro.<br />

* * *<br />

Era estate.<br />

Frequentavo il liceo, e i ragazzi si inventavano sempre modi nuovi per corteggiarmi, sebbene mi<br />

sforzassi di tenerli a distanza. Le altre ragazze mi invidiavano, non accettavano quella sorta di

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