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adulterio - paulo coelho

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Ovviamente mi ha fatto piacere rivederlo, per quanto sinora non mi abbia chiesto cosa ne sia stato<br />

della mia vita da quando, dopo la maturità, ognuno ha preso la propria strada. È concentrato su se<br />

stesso, sulla carriera, sul futuro, mentre io sono stupidamente attaccata<br />

al passato, come se fossi ancora un’adolescente che, nonostante l’apparecchio per i denti, è<br />

invidiata dalle compagne.<br />

Dopo qualche minuto, smetto di ascoltarlo e inserisco il pilota automatico. Sempre il medesimo<br />

copione, gli stessi argomenti – ridurre le tasse, combattere la criminalità, rafforzare il controllo<br />

sull’impiego dei francesi, i cosiddetti “frontalieri” (occupano posti di lavoro che spettano agli<br />

svizzeri). Anno dopo anno, i programmi politici si ripetono identici, e i problemi restano irrisolti,<br />

giacché nessuno li affronta in modo serio.<br />

Dopo venti minuti di conversazione, comincio a domandarmi se il disinteresse sia una conseguenza<br />

della mia difficile condizione attuale. Assolutamente no. Non c’è niente di più noioso che<br />

intervistare un politico. Sarebbe stato meglio se mi avessero incaricato di occuparmi di un delitto:<br />

gli assassini sono molto più autentici.<br />

Se paragonati ai rappresentanti del popolo di qualsiasi altro luogo del pianeta, i nostri politici sono<br />

quelli meno interessanti e più scialbi. A nessuno importa della loro vita privata. Soltanto due<br />

elementi possono far esplodere uno scandalo: la corruzione e la droga. In un simile frangente, la<br />

storia acquista proporzioni gigantesche e, per l’assoluta mancanza di argomenti dei giornali,<br />

cattura un pubblico sempre più vasto.<br />

Ma chi vuole davvero sapere se i nostri politici hanno un’amante, se frequentano bordelli o se<br />

hanno deciso di rivelare la propria omosessualità? Nessuno. Che continuino a svolgere il lavoro per<br />

cui sono stati eletti, che si preoccupino di non sforare il bilancio pubblico, e tutti vivremo tranquilli.<br />

Il presidente svizzero cambia ogni anno (proprio così, ogni anno), ma non è eletto dalla<br />

popolazione, bensì dal Consiglio Federale, un organismo costituito da sette “ministri” che governa<br />

il paese. In qualsiasi caso, il popolo adora decidere su ogni questione attraverso i referendum – il<br />

colore dei sacchi per la spazzatura (ha vinto il nero), il permesso per il porto d’armi (approvato da<br />

una maggioranza schiacciante: la Confederazione Elvetica è lo stato con più armi pro capite del<br />

mondo), il numero massimo di minareti che si possono costruire (quattro), la concessione di asilo<br />

ai profughi (non ho seguito il dibattito, ma penso che la legge sia stata approvata e sia ormai in<br />

vigore) – e, ogni volta che passo davanti al Museo di Belle Arti, vedo i manifesti di nuovi quesiti<br />

referendari.<br />

“Signor König…”<br />

Siamo stati interrotti già una volta. Con gentilezza, Jacob chiede all’assistente di posticipare il<br />

prossimo impegno. Poiché il mio giornale è il più importante della Svizzera francese, l’intervista<br />

potrebbe diventare un elemento determinante per le prossime elezioni.<br />

Lui insiste falsamente per convincermi a rimanere e, per un momento, io fingo di accettare.<br />

Ma sono già soddisfatta. Quindi mi alzo, lo ringrazio e gli dico che ho tutto il materiale necessario<br />

per l’articolo.<br />

“Non manca niente?”<br />

Certo che manca qualcosa. Ma non tocca a me dire che cosa.<br />

“Perché non ci vediamo più tardi, dopo il lavoro?”<br />

Gli spiego che devo andare a prendere i miei figli a scuola. Penso che abbia notato l’enorme vera<br />

d’oro al mio dito e abbia pensato: ‘Be’, quel che è stato, è stato.’<br />

“Ah, certo. Allora che ne dici di pranzare insieme, uno di questi giorni?”<br />

Accetto. Anche se so di sbagliarmi spesso, mi dico: ‘Forse ha qualcosa di veramente importante da<br />

rivelarmi: un segreto di stato, una notizia che cambierà la politica nazionale e mi procurerà<br />

un’enorme considerazione presso il direttore del giornale.’

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